Il Polietico 10

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Giugno 2007, Anno 4 - N.10 Periodico di informazione

Riservato ai medici e agli operatori sanitari

Cura quotidiana e ricerca scientifica

L’

attività del Gruppo Policlinico di Monza continua a svilupparsi, anno dopo anno, aggiungendo continuamente tessere a quel mosaico complesso che è la sanità portata verso il cittadino: presso tutte le cliniche del Gruppo aumentano per i pazienti le opportunità di accertamenti diagnostici di laboratorio, mentre a Monza è entrato pienamente in funzione il Pronto Soccorso, che accoglie le emergenze ortopediche e chirurgiche, di medicina generale e cardiologiche. Crescono i numeri delle prestazioni e cresce la ricerca medica, ormai attiva in diversi ambiti, dalla neuro-bio-oncologia alla cardiologia, passando per la gastroenterologia: nelle prossime pagine illustriamo alcuni significativi progetti di studio che vedono impegnati gli specialisti del Gruppo Policlinico, e del Centro Ricerche da questo sostenuto e finanziato, senza dimenticare la partecipazione a importanti ricerche e sperimentazioni cliniche internazionali. Infine, vi presenteremo le novità della Riabilitazione a Monza e i reparti di Medicina della Clinica San Giuseppe di Asti, che a fianco della Medicina Generale includono anche Psichiatria e Lungodegenza. Buona lettura a tutti! Il P residente Gian Paolo Vergani

In questo numero: La ricerca pag. 2 Il laboratorio analisi Il Pronto Soccorso pag. 15 La riabilitazione La Clinica San Giuseppe di Asti pag. 19

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N Il Gruppo e la ricerca: una scelta portata avanti con impegno

Il Prof. Elio Guido Rondanelli, Direttore Scientifico del Gruppo Policlinico di Monza

egli ultimi decenni alcune strutture ospedaliere in Italia hanno concretizzato un importante obiettivo: quello dell’embricazione interdipendente fra assistenza, ricerca e didattica. Ciò ha determinato, in positivo, un notevole ritorno sulla crescita qualitativa e quantitativa della prestazione sanitaria. Questo risultato è stato ottenuto mediante la creazione di: 1) “Ospedali di insegnamento universitario”, alcuni a diretta gestione universitaria, altri con l’utilizzo di peculiari convenzioni Università – Ospedali pubblici; 2) “Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS)” alcuni dei quali a carattere privatistico.

Sin dal momento della sua fondazione il Gruppo Policlinico di Monza aveva inserito fra i punti essenziali e prioritari della propria missione aziendale la promozione della didattica e della ricerca scientifica (applicata sia al ricovero e cura sia a modelli sperimentali), promozione regolata da un codice di valori tipico della “impresa sociale no-profit”, caratterizzata dall’irrilevanza dello scopo di lucro e dalla conseguente scelta di reinvestire in azienda l’intero profitto. L’utilizzo del modello di Società Etica “no profit” ha consentito al Gruppo Policlinico di Monza il potenziamento dell’intera area della “qualità aziendale” con riflessi di grande e positiva rilevanza in riferimento a quattro punti fondamentali: la didattica e ricerca applicata sia al ricovero e cura sia a modelli sperimentali; la qualità della tecnologia, con la possibilità di acquisire apparecchiature di elevato standard; l’ottimizzazione dei modelli gestionali rigorosamente certificati; la qualità delle tipologie alberghiere dei servizi. Il Gruppo Policlinico di Monza, vero modello di Società Etica, rappresenta oggi un ente sanitario altamente tecnologico che è stato realizzato in preordinata e rigorosa modulazione con gli archetipi sanitari europei, e la cui eccellenza in ambito assistenziale è mediata positivamente e condizionata dalla proficua e stretta collaborazione fra ricerca biomedica, didattica e assistenza supportate da scelte tecnologiche d’avanguardia. L’attività didattica svolta nel complesso del Gruppo Policlinico di Monza nel corso dell’ultimo triennio si è espressa con l’attuazione di 116 Corsi E.C.M. - monitorizzati sia per il personale medico sia per quello infermieristico - con la partecipazione di 4390 discenti.Hanno avuto anche parziale svolgimento presso il Policlinico di Monza due Master di grande rilevanza coordinati rispettivamente dal Prof. Pipino in ambito ortopedico e dal Prof. Cerri su specifici argomenti di posturologia. L’erogazione da parte del Gruppo Policlinico di Monza di ventotto “Borse di Studio” per le Scuole di Specialità medico-chirurgiche ha già consentito l’acquisizione del rispettivo titolo di specializzazione a dieci specializzandi, che hanno compiuto, con piena soddisfazione, il loro iter formativo presso i vari Istituti e i Centri di ricerca del Gruppo. Le Università con cui sono state stipulate Convenzioni per Scuole di Specialità sono le seguenti: Università Amedeo Avogadro (Novara); Università di Milano Bicocca; Università di Parma; Università di Pavia; Università di Roma Tor Vergata; Università di Torino; Università di Sassari. Le collaborazioni che si sono sviluppate nell’ambito di comuni programmi di ricerca con Istituti medici o biologici Universitari, con IRCCS, con Ospedali di insegnamento universitari di ricerca, sono state numerosissime e saranno analiticamente elencate nel volume “Struttura e organizzazione del Gruppo Policlinico di Monza - Relazione clinico-Scientifica anni 2004 – 2005 – 2006” (in corso di approntamento a cura della Direzione Scientifica). Nel contesto verranno analizzati e commentati tutti gli aspetti assistenziali, di ricerca e di impegno didattico del Policlinico di Monza.


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I Centri di Ricerca del Gruppo Policlinico di Monza 1. Centro di Neuro-bio-oncologia Direttore Prof. Schiffer – Sede Vercelli Convenzione Policlinico di Monza con Università di Torino

5. Centro di ricerche in Scienze Oftalmologiche Direttore Prof. Miglior – Sede Policlinico di Monza Convenzione Policlinico di Monza con Università Milano Bicocca

2. Centro Studi di Tecniche Riabilitative Direttore Prof. Cerri – Sede Policlinico di Monza Convenzione Policlinico di Monza con Università di Milano Bicocca

6. Centro Studi di genetica cardiovascolare Direttore Prof. J. Schwartz – Sede Policlinico di Monza Convenzione Policlinico di Monza con Università di Pavia – IRCCS Istituto Auxologico Italiano

3. Centro Studi sull’ipertensione e rischio cardiovascolare Direttore Prof. Cuspidi – Sede Policlinico di Monza Convenzione Policlinico di Monza con Università Milano Bicocca

7. Centro di Ricerca di neuro cardiologia Direttore Prof. Vanoli – Sede Policlinico di Monza Convenzione Policlinico di Monza con Università di Pavia

4. Centro di ricerca sulle patologie neurodegenerative e neuroinfezioni Direttore Prof. Mauro Ceroni – Sede Policlinico di Monza Convenzione Policlinico di Monza con IRCCS Mondino Pavia

Studi internazionali: la partecipazione del Gruppo

Il Prof. Emilio Vanoli, Responsabile della Ricerca del Dipartimento di Cardiologia del Policlinico di Monza

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8. Centro di Ricerca in Scienze Gastroenterologiche e Nutrizionali Direttore Prof. A. Giacosa - Sede Policlinico di Monza 9. Centro di Alta Specializzazione in Malattie Intestinali Direttori Prof. A. Giacosa, Dr. E. Ganio, Coordinatore Scientifico Dott. R. J Nicholls, Sede Clinica S.Rita (Vercelli)

l percorso del Policlinico di Monza nell’ambito della sperimentazione clinica internazionale continua. Dopo il completamento della partecipazione allo studio GISSI-HF e la realizzazione del progetto HHH sul monitoraggio domiciliare del paziente scompensato (diretto dal dottor Mortara) a giorni il Dipartimento di Cardiologia diverrà parte attiva nel reclutamento di pazienti nell’ambito di due studi internazionali: lo studio CANDAHEART e lo studio SHIFT. Lo studio CANDAHEART si propone di valutare l’effetto di un farmaco, il “Candesartan” su un indice biochimico, il Brain Natruretic Peptide (BNP) oggi comunemente utilizzato nella diagnosi dello scompenso cardiaco. Il candesartan è una molecola di provata efficacia sia sull’ipertensione arteriosa che sullo scompenso cardiaco e agisce bloccando i recettori per l’Angiotensina, un ormone che svolge un’importante funzione di regolazione del sistema cardiovascolare ma che, se in eccesso, come avviene nello scompenso di cuore, può creare seri problemi. Capire se il candesartan è in grado di modificare i livelli di BNP, riducendoli, in pazienti con scompenso di cuore vuol dire capire un aspetto importante dell’azione di questo farmaco e dei meccanismi che portano a scompenso cardiaco. Lo studio SHIFT invece vuole studiare se l’ivabradina è in grado di ridurre la mortalità e la morbilità, ancora una volta, in pazienti con scompenso di cuore. L’ivabradina è un farmaco già in commercio per la cura dell’angina in grado di rallentare, entro i limiti di un suo buon funzionamento, il battito del cuore. Nello scompenso il cuore accelera il suo battito nel tentativo di mantenere adeguata la perfusione dei nostri organi vitali. Ciò avviene al costo di un enorme consumo di energia che alla fine porta ad esaurimento la forza del muscolo cardiaco. Modulare la frequenza del battito vuol dire dare al muscolo il tempo di respirare e di continuare il suo lungo cammino anche se un po’ a fatica. Il Dipartimento di Cardiologia del Policlinico di Monza attraverso il lavoro del professor Specchia, del dottor Mortara e del professor Vanoli, ha sviluppato una vasta esperienza nella cura e gestione dello scompenso cardiaco, una delle cause dominanti di morte e la voce di spesa sanitaria oggi più pesante nel mondo occidentale. Non è quindi un caso che le grandi aziende farmaceutiche e le organizzazioni di ricerca internazionale si rivolgano anche al Policlinico di Monza.


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La sperimentazione clinica Qualche informazione ulteriore può essere utile per comprendere cosa significa partecipare alle sperimentazioni cliniche, come operatori o come pazienti. È soprattutto importante chiarire, proprio ai pazienti che frequentano le strutture del Policlinico, che non devono temere di essere utilizzati come ‘cavie’: non è così, la sperimentazione clinica a questo livello è un passo fondamentale che permette di migliorare la capacità di capire e curare. Senza sperimentazione non ci sarebbe progresso in medicina. Quindi, il farmaco contenuto nella scatola bianca senza nome non deve spaventare: oggi gli studi sono strettamente controllati dal Ministero della Sanità e dai Comitati Etici, che hanno una funzione fondamentale nel controllo della correttezza scientifica e metodologica di ogni studio. I farmaci che giungono a questa fase della sperimentazione sono di sicura tollerabilità e, spesso, di già comprovata efficacia in altre malattie. L’Ivabradina per esempio è stata provata in migliaia di pazienti con angina ed è risultata ben tollerata ed efficace. Per poterla usare in pazienti con scompenso di cuore, per fare sì che il medico specialista o di base possa prescrivere il farmaco, è necessaria la conferma in uno studio in cui i pazienti sono periodicamente controllati e i cui dati vengano rigorosamente raccolti. Lo studio SHIFT, ad esempio, è direttamente coordinato dal presidente della Società Europea di Cardiologia, professor Roberto Ferrari. Il paziente aiuta a capire ma dall’altra parte riceve un’assistenza specifica. È fondamentale sapere che l’entrare a far parte di uno studio internazionale non comporta nessuna modifica della terapia che il paziente avrebbe comunque ricevuto. Il nuovo farmaco si aggiunge ma, per definizione, non sostituisce nessuno dei farmaci che il paziente deve assumere per il suo miglior beneficio.

La Ricerca in Area Gastroenterologica

Il Prof. Attilio Giacosa, Direttore del Dipartimento di Gastroenterologia del Gruppo Policlinico di Monza con il Dott. Claudio Monti (a destra) e il Dott. Gianluca Bassanini (al centro)

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l Dipartimento di Gastroenterologia del Policlinico di Monza, diretto dal professor Attilio Giacosa, ha avviato lo sviluppo di un ampio programma di ricerca articolato nei vari settori della gastroenterologia con valenze cliniche, endoscopiche, chirurgiche, e con marcato coinvolgimento di specialisti in discipline che possano integrare l’attività dei gastroenterologi (Oncologi, radioterapisti, radiologi, anatomopatologi, anestesisti, etc.). In accordo con le Indicazioni del Direttore Scientifico, professor Elio Guido Rondanelli, sono stati varati progetti collaborativi con istituzioni di elevato valore scientifico operanti in Italia e in ambito internazionale. Il programma di ricerca gastroenterologico vede oggi il coinvolgimento di due sedi operative, il Policlinico di Monza e la Clinica Santa Rita di Vercelli, con intendimento alla futura espansione in altre sedi del Gruppo. Uno degli aspetti cruciali del progetto operativo è rappresentato dalla caratterizzazione selettiva dei progetti con focalizzazione sulle tematiche intestinali presso la Clinica Santa Rita, ove è in sviluppo un Centro di elevata specializzazione per le malattie intestinali mediante collaborazione fra gastroenterologi e chirurghi coloproctologi. Le tematiche prioritarie della ricerca alla Clinica S Rita, saranno le patologie funzionali intestinali (sindrome da colon irritabile, stipsi, incontinenza), le malattie infiammatorie intestinali e la diverticolosi del colon. Per contro presso il Policlinico di Monza la ricerca gastroenterologica sarà focalizzata sulle patologie oncologiche digestive, sulla fitoterapia in gastroenterologia e sulla nutrizione clinica. Il canovaccio delle progettualità in corso o in fieri distingue progetti volti alla ottimizzazione della “good clinical practice” in aree ben definite della gastroenterologia (ad es. tumori del retto, metastasi epatiche, fast track surgery, etc.) e progetti di ricerca propriamente detti nei vari settori testè citati. Il programma di lavoro è stato illustrato e discusso in più meetings collegiali, con il coinvolgimento di tutti i gastroenterologi e i chirurghi interessati al problema.


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Programma di Ricerca in Scienze Gastroenterologiche presso il Policlinico di Monza Team di ricerca: A. Giacosa, P. Pizzi, C. Monti, G. Bassanini, D. Lochis, S. Agradi, A. Gramaglia, M. Taverna, L. Fibbi, M. Spinelli, A. Porta, A. Raspanti, , T. Khouri, F. Mortillaro, R. Navone

PROGETTI DI COLLABORAZIONE CLINICA CON REDAZIONE DI LINEE GUIDA ISTITUZIONALI I tumori del retto Programma collaborativo per la definizione e attivazione di linee guida sulla diagnosi e cura dei tumori del retto, con coinvolgimento di gastroenterologi, chirurghi, anatomopatologi, radioterapisti, oncologi e radiologi del Policlinico di Monza Le metastasi epatiche Programma collaborativo per la standardizzazione e ottimizzazione della gestione clinica e terapeutica di pazienti con metastasi epatiche, con il coinvolgimento di gastroenterologi, epatologi, chirurghi, anatomopatologi, oncologi, radioterapisti, radiologi La familiarità quale fattore di rischio per la patologia oncologica del colon-retto Il progetto si propone l’avvio di un programma collaborativo per la diagnosi precoce di lesioni preneoplastiche e neoplastiche del colon-retto in familiari di pazienti con neoplasia di tale distretto

PROGETTI DI RICERCA A AREA ONCOLOGICA 1. Comportamenti alimentari e rischio oncologico (Progetti collaborativi con IRCCS Oncologici e con l’Istituto Mario Negri, con finanziamento della Lega Italiana per la lotta contro i Tumori) • Studio epidemiologico sul rischio di tumore del colon-retto in relazione all’esposizione a lungo termine ai prodotti disinfettanti per le acque (progetto già in essere) 2. L’esofago di Barrett • Studio caso-controllo sui fattori di rischio per il cancro dell’esofago e per l’esofago di Barrett. Studio collaborativo con l’Istituto Mario Negri e con l’Università di Milano e l’IRCCS Oncologico di Aviano (PN) 3. Tecniche innovative nella diagnostica e tipizzazione endoscopica delle lesioni preneoplastiche e neoplastiche • Cromoendoscopia • Magnificazione endoscopica • La EMR (mucosectomia endoscopica) 4. La Chemioprevenzione oncologica 5. La cachessia e anoressia oncologica • Progetto collaborativo con l’Università la Sapienza di Roma e con Network internazionale 6. Le stomatiti ed enteriti post chemioterapiche e postattiniche • Progetto di ricerca con intervento fitoterapico in collaborazione con Radioterapia e Oncologia Medica del Policlinico di Monza


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AREA DELLE MALATTIE INFIAMMATORIE INTESTINALI

La celiachia: caratterizzazione diagnostica e clinica delle lesioni minime. Progetto collaborativo con gli anatomopatologi del Policlinico di Monza e della Clinica Santa Rita di Vercelli Il ruolo del Micobatterio Paratubercolare nella patogenesi del morbo di Crohn. Progetto collaborativo del Dipartimento di Gastroenterologia del Policlinico di Monza con l’Istituto di Malattie Infettive dell’Università di Pavia, con il Gruppo coloproctologico della Clinica Santa Rita di Vercelli, con l’Istituto Zooprofilattico di Pavia e di Piacenza e con la Società Biodiversity di Brescia Valutazione dell’efficacia della mesalazina nella prevenzione a lungo termine delle recidive in pazienti affetti da diverticolite. Studio multicentrico randomizzato coordinato dal professor Giacosa, con il coinvolgimento di gastroenterologi e chirurghi del Policlinico di Monza e supportato da Sofar Spa, Milano Aspetti morfologici macro e microscopici delle mucose digestive prossimali negli ultraottuagenari. Studio collaborativo condotto in collaborazione con l’anatomopatologia della Clinica Santa Rita di Vercelli (dottor A. Marsico)

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AREA DELLA FITOTERAPIA

1. La fitoterapia nella dispepsia funzionale Studio randomizzato in avanzata fase di programmazione 2. La fitoterapia nella stipsi funzionale Studio in fase di sviluppo programmatico sulla base di progetto terapeutico innovativo legato a ricerca di base condotta dal professor Giacosa

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AREA NUTRIZIONALE CLINICA

1. La nutrizione enterale perioperatoria nella chirurgia digestiva 2. La nutrizione parenterale: ruolo di specifici substrati (omega-3, glutamina) nella gestione della cachessia oncologica 3. La grelina e i BCAA nella gestione dell’anoressia oncologica 4. Gli alimenti funzionali nella prevenzione (e terapia) di patologie dell’uomo • Il riso e i suoi derivati bioattivi • L’olio e le sue componenti bioattive • Il vino e le sue componenti bioattive


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Centro di Alta Specializzazione in Malattie Intestinali Clinica Santa Rita di Vercelli Team di ricerca: A. Giacosa, E. Ganio, M. Trompetto, A. Realis Luc, G. Clerico, I. Giani, G. Bassanini, M. Berzero, D. Messori, A. Marsico, G. Lazzari, R. Navone

PROGETTI DI COLLABORAZIONE CLINICA Fast Track Surgery (coordinamento Chirurgia coloproctologica e Anestesiologia) Il progetto si propone di attivare modelli gestionali della chirurgia del colonretto in accordo alle metodologie note come “Fast Track” con l’obiettivo di migliorare la performance chirurgica, la compliance del paziente e ridurre la degenza ospedaliera.

PROGETTI DI RICERCA La patologia funzionale del colon-retto (progetto redatto dal Gruppo Coloproctologico della Clinica S Rita di Vercelli) Le fistole del colon-retto e ano (progetto redatto dal Gruppo Coloproctologico della Clinica S Rita di Vercelli) La diverticolosi del colon (coordinatore: professor Giacosa) L’infezione da Micobatterio Paratubercolare nell’eziopatogenesi del morbo di Crohn (progetto coordinato dal professor Giacosa)

Focus 1

La diverticolosi del colon La malattia diverticolare è una condizione patologica catterizzata da elevata prevalenza nei Paesi occidentali, prova ne è che il 60% della popolazione sviluppa tale disturbo nell’arco della vita. Le cause della patologia diverticolare risultano ad oggi incerte, ma crescente interesse è connesso al potenziale ruolo della flogosi cronica della parete intestinale. In tale ambito si identifica un’innovativa area di ricerca scientifica dedicata alla valutazione degli aspetti patogenetici e a nuove potenzialità terapeutiche di tale condizione morbosa, con specifico riferimento al controllo della flogosi e alla modulazione della flora colica. Si segnala l’attivazione di un protocollo di ricerca in linea con queste premesse, dal titolo: “Valutazione dell’efficacia della mesalazina nella prevenzione a lungo termine delle recidive in pazienti affetti da diverticolite”. Lo studio multicentrico, controllato, randomizzato, in doppio cieco è avallato dalla Direzione Scientifica del Policlinico di Monza e dal Comitato Etico di riferimento per il Policlinico di Monza. Altra area di significativo interesse scientifico, con ampie ricadute clinico-applicative, è rappresentata dalla definizione di nuove procedure terapeutiche di tipo chirurgico con riferimento al timing operativo, alla tipologia d’intervento e al ruolo della videolaparoscopia. Bibliografia di riferimento Floch H e White JA Management of diverticular disease is changing World J Gastroenterol 2006, 3225-3228


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Focus 2

La fitoterapia nella gestione clinica del paziente affetto da patologia del colon-retto La fitoterapia costituisce un potenziale di grande rilievo nell’approccio alla gestione clinica di molte patologie e sintomi gastrointestinali, con particolare riferimento ai disordini di tipo funzionale. In termini epidemiologici, clinici e sociali tale capitolo assume grande rilievo data la marcata prevalenza di disturbi quali la dispepsia, la sindrome da colon irritabile, la stipsi, la diarrea, il meteorismo. In queste condizioni patologiche la fitoterapia offre un’ampia gamma di opportunità terapeutiche. È però chiara l’esigenza di affrontare il problema alla luce di evidenze scientifiche rigorose, supportate da ricerca di base e studi clinici controllati. Ci si propone pertanto di avviare un programma operativo basato sui seguenti obiettivi: 1 identificazione e caratterizzazione farmacologica di principi attivi di tipo fitoterapico e nutriceutico 2 ricerca traslazionale con utilizzo in ambito clinico di principi attivi estratti da prodotti naturali, con realizzazione di studi clinici controllati per la terapia di problematiche coloproctologiche 3 collaborazione con altre Istituzioni pubbliche e private quali: • Istituto di Farmacologia dell’Università di Pavia (Prof. Tonini) • Istituto Mario Negri di Milano (Prof. La Vecchia) • Università di Milano (Prof. Solimene) • Università di Pavia (Prof.ssa Rondanelli) • Università di Milano-Bicocca, Cattedra di Riabilitazione (Sede operativa presso Policlinico di Monza) • Aziende Farmaceutiche • Regione Piemonte, Regione Lombardia • Ministero della Salute

Focus 3

L’infezione da Micobatterio paratubercolare (MAP) e il morbo di Crohn Il morbo di Crohn è una patologia infiammatoria cronica umana a prevalente localizzazione intestinale. Questa malattia, caratterizzata da dolore addominale, perdita di peso e diarrea cronica, compare spesso in giovane età in eguale misura in maschi e femmine. In italia si calcola che le persone ammalate siano circa 40.000. Sin dall’inizio del secolo scorso è stata ipotizzata un’associazione fra questa malattia e un’infezione tipica dei ruminanti. L’ipotesi del coinvolgimento del Micobatterio paratubercolare (MAP) nella genesi del morbo di Crohn non è stata ancora confermata in modo definitivo, ma l’importanza di questa possibile evenienza ha motivato la creazione di un gruppo di ricerca multidisciplinare italiano (“MICRO”), coordinato dal Prof. Giacosa. Il gruppo coinvolge i gastroenterologi del Gruppo Sanitario Policlinico di Monza, i Chirurghi (coordinati dal Gruppo coloproctologico della Clinica S. Rita di Vercelli), esperti in infettivologia e microbiologia (coordinati dal Prof. Marone del Policlinico S. Matteo di Pavia), esperti in Veterinaria (coordinati dal Dr. Fabbi e dalla Dr.ssa Arrigoni degli Istituti Zooprofilattici di Pavia e di Piacenza) e la Società Biodiversity di Brescia. Più meetings e un workshop presieduto dal Prof. Redi (Direttore Scientifico dell’IRCCS Policlinico S. Matteo di Pavia) e dal Prof. Rondanelli (Direttore Scientifico del Gruppo


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Policlinico di Monza) hanno condotto alla pianificazione di un progetto di ricerca collegiale ripartito in tre linee di programmatiche: 1) caratterizzazione dell’infezione MAP in ruminanti e in pazienti affetti da morbo di Crohn in Italia 2) caratterizzazione della potenziale predisposizione genetica in pazienti affetti da morbo di Crohn, suscettibili alla infezione MAP 3) identificazione di percorsi terapeutici innovativi con eradicazione della infezione MAP in pazienti con morbo di Crohn e futuro avvio di un progetto di ricerca per lo sviluppo di vaccinoterapia.

Focus 4

Progetti di ricerca del Gruppo Coloproctologico della Clinica S Rita di Vercelli 1. La patologia funzionale del colon-retto Obiettivo ambizioso è la ricerca delle basi fisiopatologiche di una patologia di grande impatto sulla popolazione moderna: la stipsi. Attraverso la ricerca delle alterazioni anatomiche, sia strutturali che ultrastrutturali, e delle alterazioni funzionali alla base della stipsi, sia questa dovuta ad un transito rallentato o ad un quadro di defecazione ostruita, il Colorectal Eporediensis Centre vuole finalmente offrire delle soluzioni veramente efficaci per il trattamento di questa patologia. Di indiscusso valore scientifico risulta il contributo dato alla crescita della Neuromodulazione Sacrale in ambito Coloproctologico. Questa metodica, applicata sia per il trattamento dell’incontinenza fecale sia per la stipsi, sta dimostrando una efficacia ben superiore ad ogni previsione. L’obiettivo è quello di allargare l’ambito di applicazione della Neuromodulazione Sacrale a patologie il cui trattamento risulta ancora oggi molto complesso e controverso e la ricerca scientifica delle basi fisiopatologiche del funzionamento. In una seconda fase si prevede la messa a punto di una nuova metodica di mappatura cerebrale per lo studio dei centri cerebrali implicati nella continenza e nell’evacuazione e la valutazione delle alterazioni cerebrali nelle diverse situazioni patologiche e le variazioni indotte dalla Neuromodulazione sacrale

L’équipe dei coloproctologi della Clinica Santa Rita di Vercelli. Da destra il Dott. Mario Trompetto, il Dott. Ezio Ganio, il Prof. Ralph John Nicholls (Coordinatore Scientifico), il Dott. Giuseppe Clerico ed il Dott. Alberto Luc Realis

2. Le fistole del colon-retto e ano Altro settore di interesse è quello della ricerca di nuovi trattamenti e di nuovi materiali da impiegare nella cura di pazienti portatori di fistola perianale: particolare attenzione è riservata all’applicazione di nuove metodologie, di nuovi materiali che consentano una efficace e più rapida cura di questi pazienti. L’applicazione delle nuove ricerche sull’uso delle cellule staminali, di nuovi tessuti prodotti dell’ingegneria biomedica risulta un campo di sicuro interesse ed ampio orizzonte per il futuro. 3. La Endorectal proctopessy (ERPP) L’esperienza del Colorectal Eporediensis Centre ha dato alla luce questa nuova tecnica chirurgica per il trattamento dei pazienti affetti da defecazione ostruita. Scopo della ricerca è la valutazione funzionale completa dei pazienti trattati tesa non solo ad una accurata validazione della metodica, ma anche alla ricerca delle basi fisiopatologiche di questa malattia la cui incidenza sembra essere in continuo aumento.


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Centro di Neurobio-oncologia di Vercelli, un anno di attività

Il Centro di Neuro-bio-oncologia di Vercelli - diretto dal professor Davide Schiffer e a cui collaborano i dottori Alessandro Bulfone, Marta Mellai, Valentina Caldera, Laura Annovazzi, Elisa Andreoli e Simona De Rosa - ha cominciato a funzionare nel marzo 2006 ed è attualmente impegnato in varie attività di ricerca, mentre altre sono in progetto per il prossimo futuro. La prima attività iniziata nel Centro è stata lo studio della Tenascina nei tumori cerebrali maligni. Si tratta di un trial terapeutico, che ha però risvolti traslazionali, coordinato dalla Sigma Tau: prevede una selezione di pazienti operati di glioblastoma cerebrale in base al contenuto tumorale in Tenascina, per essere sottoposti a radioimmunoterapia presso l’Istituto Europeo di Oncologia. La Tenascina è un antigene espresso nel corso dello sviluppo embrionale che scompare con l’età adulta. Nei gliomi maligni essa ricompare con l’anaplasia e l’immaturità delle cellule ed è implicata nella neo-angiogenesi. Nei soggetti idonei il protocollo prevede la somministrazione di un anticorpo monoclonale antitenascina biotinilato e seguita da quella di avidina e di biotina marcata con Ittrio (90Y ). Il protocollo ancillare per valutare i biomarkers, inclusa la Tenascina, è condotto presso il Centro, mentre quello per il profilo genetico è condotto presso l’Istituto Neurologico Besta. Lo studio della Tenascina è immunoistochimico, così come quello di una serie di biomarkers di oncogeni che accompagnano la progressione tumorale nel glioblastoma, e la sua analisi è anche quantitativa, comportando un cut-off nella selezione dei pazienti. A tutt’oggi sono stati esaminati oltre 26 campioni tumorali, provenienti da varie parti d’Italia e d’Europa.

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Fig. 1 Dimostrazione immunoistochimica della Tenascina: A) Parenchimale, 400x; B) Pervasale, 200x.

Il Prof. Davide Schiffer, con l’équipe del Centro di Neuro-Bio-Oncologia di Vercelli

La seconda ricerca iniziata e attualmente quasi al termine è quella relativa allo studio di MGMT (metil-guanina-metil-transferasi). Molte ricerche tese a identificare nuovi approcci diagnostici e bersagli terapeutici nella cura delle neoplasie hanno focalizzato l’attenzione su geni con metilazione aberrante associati ai tumori. Uno di questi geni è la O-6-metilguanina-DNA metiltransferasi che codifica per una proteina di riparo del DNA. La sua funzione consiste nel rimuovere sostanze mutagene o citotossiche dalla O-6-guanina, che vengono addotte per l’azione di agenti alchilanti (molecole altamente reattive). Attraverso questo meccanismo MGMT causa resistenza ai farmaci alchilanti, in particolare alla Temozolomide (TMZ), comunemente utilizzata nella chemioterapia. Il livello di espressione della proteina varia ampiamente nei diversi tipi di tumori e anche nello stesso tumore, a causa del silenziamento genico di MGMT. È stato valutato lo stato di metilazione del promotore del gene MGMT su 80 gliomi maligni operati, secondo una metodica concordata col dottor Gaetano Finocchiaro dell’Istituto Neurologico “C. Besta” di Milano, consulente del Centro. Il profilo di metilazione del gene è stato determinato mediante analisi molecolare con Methylation Specific PCR (MSP) (Esteller et al, 2004) e separazione elettroforetica capillare (Fig. 2), utilizzando il sequenziatore automatico del


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Laboratorio di Genetica Umana del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale di Novara diretto dalla professoressa Momigliano Richiardi. Fig. 2 Elettroferogrammi dei prodotti della reazione di MSP in gliomi con MGMT metilato e non-metilato

Parallelamente all’analisi genetica, è stata eseguita l’analisi immunoistochimica della proteina utilizzando uno specifico anticorpo monoclonale (MAB16200, Chemicon International Inc., Temecula, CA) contro l’enzima MGMT (Fig. 3) ed è quasi al termine la sua analisi qualitativa e quantitativa in Western Blotting. Attualmente è in corso di valutazione il confronto dei risultati ottenuti dall’analisi immunoistochimica, genetica e di Western Blotting e soprattutto il rapporto con la sopravvivenza dei pazienti. Il tutto avrà un valore retrospettivo importante perché fungerà di base alla progettazione di uno studio su campioni neurochirurgici freschi sia di GBM sia di altre forme neoplastiche cerebrali che afferiranno al Centro per la predizione di sopravvivenza e di risposta tumorale agli agenti alchilanti. Lo studio di metilazione di MGMT sarà anche effettuato in vitro su linee cellulari di GBM umano isolate da biopsie, non appena sarà completato l’avviamento nel Centro la sezione di Colture Cellulari. Fig. 3 Dimostrazione immunoistochimica di cellule di glioblastoma esprimenti MGMT, 40X.

Con l’entrata in funzione a pieno ritmo del Centro, altri progetti sono stati iniziati e perseguiti, fra i quali lo studio della Survivina. Questa è una molecola codificata dal gene su 17q25.3 che comprende 142 aminoacidi ed è un membro della famiglia IAP (Inhibitory apoptotic proteins). La sua funzione principale è quella di regolare la mitosi e di inibire l’apoptosi con meccanismi piuttosto complicati. Presente nei tessuti embrionali, scompare nell’adulto, ma nei tumori è altamente espressa proporzionalmente al grado di malignità. Tentativi terapeutici sono stati fatti per bloccarla, con molecole anti-senso o anticorpi, e in coltura con la sua introduzione si è ottenuto un arresto delle mitosi o l’induzione di apoptosi. Questo ha reso molto interessante la molecola per fini terapeutici nei tumori umani. Lo studio è stato condotto su materiale d’archivio di una cinquantina di casi di glioblastoma multiforme, di provenienza dal Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino, con tecniche immunoistochimiche e di Western Blotting quantitativo. È stato osservato che l’indice di Survivina e cioè la percentuale di nuclei positivi in confronto a tutti i nuclei correla linearmente con gli indici proliferativi (mitotico o di Ki.67/MIB.1),


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ma non correla con l’apoptosi, la cui inibizione da parte della Survivina è molto mediata e consiste nell’invio della caspasi-9, responsabile dell’apoptosi, al sistema proteasomaubiquitina per la degradazione. Il dato vuole fornire un aiuto all’allestimento di strategie terapeutiche contro i glioblastomi. I risultati ottenuti sono stati inviati al Congresso Nazionale di Neuropatologia francese (Parigi, dicembre 2006) e a quello Americano di Neuropatologia (Washington, giugno 2006). Il lavoro definitivo è stato inviato in USA per la pubblicazione su Neuro-oncology. In tutte le ricerche finora svolte, così come in quelle in fase di svolgimento, la dimostrazione delle proteine codificate dai geni interessati dallo studio è stata accompagnata dall’esecuzione del Western Blotting con sua valutazione quantitativa. Questa procedura è stata eseguita con una variante tecnica per adattarla all’uso di sezioni in paraffina, che rende il risultato più aderente a quello contemporaneo immunoistochimico o di biologia molecolare. Le proteine vengono dapprima estratte dal tessuto con l’uso di adeguati tamponi di lisi, solubilizzate con detergenti e agenti riducenti e successivamente separate mediante elettroforesi su gel di poliacrilamide in condizioni denaturanti (SDS-PAGE). Vengono poi trasferite mediante passaggio di corrente su una membrana di nitrocellulosa, dove può avvenire una reazione tra anticorpi specifici per ogni singola proteina target. Il legame con l’anticorpo viene infine rilevato (sotto forma di banda) con metodi colorimetrici o di chemiluminescenza grazie a particolari reattivi. In questo modo è stato possibile valutare non solo qualitativamente la presenza della Survivina nei campioni in studio, bensì ottenere un’informazione di tipo quantitativo dall’indagine densitometrica delle singole bande. Il Western Blotting è una tecnica altamente sensibile, in grado di rilevare quantità di proteine dell’ordine di 1-5 ng. Nel caso specifico della Survivina, si è potuto confermare il dato quantitativo fornito dall’analisi immunoistochimica che indica una correlazione positiva tra aumentata espressione di Survivina e grado di malignità dei glioblastomi esaminati (Fig. 4). Sono ancora in corso esperimenti di Western Blotting per lo studio dell’enzima MGMT, implicato nei processi di riparo del DNA e responsabile della resistenza ai chemioterapici. L’indagine verrà completata in tutti gli 80 campioni di gliomi maligni già studiati. Si prevede una sua larga parte negli studi sulle cellule staminali tumorali, sia su materiale in paraffina, che fresco che sulle colture cellulari. Fig. 4 A - Western Blotting dell’espressione di Survivina. 1 Adenocarcinoma del colon (AC); 2 Tessuto nervoso normale (NNT); 3, 4, 5, 6 campioni di glioblastoma. B - Analisi quantitative dei livelli di Survivina normalizzati con il contenuto di Vimentina.

È iniziata la fase preparatoria di un progetto che ha per finalità la contribuzione alla soluzione di un dilemma di ordine tumorigenetico: esistono e come si identificano le cellule staminali tumorali nei gliomi? Esistono ormai numerose dimostrazioni che la tumorigenesi dei gliomi segue le tappe della citogenesi nervosa e che la composizione cellulare e antigenica delle cellule tumorali corrisponde alle tappe della citogenesi, a partire dagli elementi neuroepiteliali primitivi o


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stem cells fino alle cellule adulte, attraverso i progenitori e precursori. Nei gliomi poi si troverebbero ad accompagnare l’anaplasia alterazioni degli stessi geni che regolano la citogenesi normale. Secondo l’ipotesi di Ryan, nei tumori in genere la proliferazione cellulare sarebbe sostenuta da un piccolo numero di cellule che hanno conservato aspetto embrionale e capacità proliferativa, mentre la massa delle cellule del tumore sarebbe quiescente e in fase G0. Queste sarebbero cellule staminali tumorali e l’ipotesi è stata estesa anche ai gliomi, Il problema nei gliomi riguarda l’origine di queste cellule (Fig. 5): derivano da cellule staminali neurali o loro progenitori/precursori trasformati oppure da elementi tumorali de-differenziati, cioè che hanno perso le capacità differenziative e riacquistato proprietà embrionali, compresa la potenza proliferativa, per effetto dell’accumulo delle mutazioni, e acquisito così uno stem cell-like status. Se così fosse, queste dovrebbero mostrare tutte le alterazioni genetiche accumulate nel corso dell’anaplasia che le ha prodotte. Fig. 5

Il progetto di ricerca che sta per iniziare riguarda proprio l’identificazione della natura di queste cellule staminali tumorali. In letteratura vi sono molti tentativi di identificarle usando anticorpi contro antigeni normalmente espressi nella citogenesi nei primi stadi, quali Nestina, Musashi, CD133, Olig2, BMP4, che funzionano in coltura in vitro, ma non nelle sezioni oppure in modo non soddisfacente. È previsto il loro studio in linee cellulari di glioblastoma su cui è soprattutto previsto lo studio di una serie di alterazioni genetiche riconosciute caratterizzare i glioblastomi: PDGFR, EGFR, EGFRvIII, PTEN, MDM2, TP53, Akt, Survivina, MGMT, mTOR, etc. Questa ricerca dovrebbe chiarire il dilemma di cui sopra e rientra in un progetto più generale cui partecipa la dottoressa Galli del San Raffaele di Milano per le colture in vitro e le cellule staminali, e la professoressa Rinaudo del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Oncologia dell’Università di Torino per lo studio del ubiquitina-proteasoma nelle colture cellulari di gliobastoma. Fra i risultati attesi è da contemplare la possibilità che le cellule de-differenziate possano riacquistare la capacità di esprimere antigeni di differenziazione dei primi stadi persi durante il processo di differenziazione, secondo lo schema: 1) Cellule neurali trasformate esprimenti Nestina 2) Cellule de-differenziate ri-esprimenti Nestina 3) Cellule esogene attratte dal tumore Un’altra parte di questo progetto generale dal titolo “Cellule staminali tumorali: identificazione, mediante analisi computazionale e validazione sperimentale, di nuovi marcatori molecolari”, condotta dal Dr. Bulfone, mira 1) a identificare e caratterizzare nuovi marcatori molecolari (i.e. proteine di superficie e RNA non-codificanti), specifici delle cellule staminali tumorali del glioblastoma; 2) a produrre anticorpi policlonali murini generati su epitopi specifici delle proteine di superficie identificate, o di sonde molecolari adatte alla rivelazione di trascritti mediante ibridazione in-situ; 3) analizzare sistematicamente la distribuzione dei marcatori identificati. Esiste infine un progetto di studio sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica, che prevede in materiale spinale e corticale autoptico di casi di SLA lo studio di PARP.1, quale molecola inserita al bivio fra riparazione del DNA e induzione di apoptosi. PARP-1 attivato da


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p53 dopo un signaling di danno al DNA può polimerizzare ribosi per la sua riparazione oppure può indurre apoptosi con caspasi-3, come risulta dallo schema (Fig. 6). L’induzione di apoptosi viene studiata con metodi adeguati alla sua evidenziazione, mentre la riparazione del DNA viene studiata evidenziando la sua attività polimerasica. Fig. 6

Pubblicazioni e partecipazione a congressi nel 2006 Pubblicazioni del Centro nel corso del 2006 - Piccinini M, Rinaudo MT, Schiffer D: The ubiquitin proteasome system in the pathobiology of human gliomas. In: The UPS in the nervous system. From physiology to pathology (M. Di Napoli and C Wojcik eds). Nova Science Publ USA 2006. - Mellai M, Schiffer D: Studio della metilazione del promotore del gene MGMT nei gliomi maligni. Il Polietico 2006 - Schiffer D, Manazza A, Tamagno I. Nestin expression in neuroepithelial tumors. Neurosci Lett. 2006, 29: 80-5 - Tamagno I, Schiffer D. Nestin expression in reactive astrocytes of human pathology. J Neuro-oncol. 2006, 80: 227-33. - Mellai M, Schiffer D. Apoptosis in brain tumors: prognostic and therapeutic considerations. Anticancer Res. 2007, 27: 437-48. Capitoli - Schiffer D. Citologia del sistema nervosa centrale. In: Fitopatologia diagnostica. Boccato editore. Piccin, Padova, 2006 - Vigliani MC, Polo P, Schiffer D. Citologia del liquido cefalo-rachidiano in condizioni normali e nelle malattie infiammatorie. In: Dicotpatologia diagnostica. Piccin Padova, 2006 - Cavalla P, Vigliani MC, Schiffer D. Citologia del liquido cefalo-rachidiano in corso di tumori metastatici. In: Fitopatologia diagnostica, Piccin, Padova, 2006. Libri - Schiffer D. Brain tumor pathology: current diagnostic hotspots and pitfalls. Springer, Dordrecht, 2006.

Partecipazioni a Congressi - Maggio 2005, Saluzzo, Congresso nazionale di Neuropatologia Schiffer D, Fiano V. “Tumor progression”. Proc. In Clinical Neuropathology - Ottobre 2005, Corfù, Congresso di Anticancer Research Schiffer D, Ghimenti C, Tamagno I. “Apoptosis in brain tumors: prognostic and therapeutic considerations”. Abstract su Anticancer Research - Maggio 2006, Roma, Congresso nazionale di Neuropatologia, Tamagno I, Mellai M, Panattaro G, Schiffer D. “Inferences from nestin distribution in gliomas”. Abstract pubblicato su Clinical Neuropathology, 2006


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- Maggio 2006, Roma. Schiffer D. “Italian Neuropathology between past and future”. Clinical Neuropathology 2006. - Giugno 2006, San Francisco, International Congress of Neuropathology Schiffer D, Mellai M, Panattaro G: “Nestin expression in malignant gliomas”. Abstract pubblicato su Brain Pathology 2006-10-03 - Settembre, 2006, Washington, American Assoc. Neuropathology. Schiffer D, Mellai M, Panattaro G. “Nestin expression in gliomas and reactive astrocytes”. JNEN, 2007. - Ottobre, 2006, Bari Congresso Nazionale di Neurologia Schiffer D, Mellai M, Panattaro G: “Intermediate filament proteins in reactive astrocytes in different pathological conditions”. Abstract pubblicato su Neurological Sciences 2006 - Parigi, dicembre 2006. Réunion de la Societé de Neuropatologie française Schiffer D, Mellai M, Panattaro G. “La survivine dans les gliomes cérébrales”. Revue Neurol. 2007. - Arezzo, aprile 2007. Incontro italo-americano di Neurochirurgia. Sciabello N, Boccaletti R, Ducati A, Lanotte M, Mutani R, Mellai M, Schiffer D. “Survivin: a possibile therapeutic target in glioblastomas”. Proceedings

Attività didattica Nel corso del 2006 sono stati tenuti 10 conferenze-seminari in Italia dal prof. Schiffer in rappresentanza del Centro di Neuro-bio-oncologia. È prevista per l’autunno l’organizzazione di un incontro didattico presso il Centro dal titolo “L’origine e la prognosi dei gliomi in rapporto alle terapie” con la partecipazione dell’Istituto Neurologico “Besta” di Milano e il Dipartimento di ricerca biologica e tecnologica del Dibit –Fondazione Centro S. Raffaele del Monte Tabor.

Pronto Soccorso, una nuova realtà per Monza

La recente apertura del Pronto Soccorso del Policlinico di Monza è stato un evento accolto da tutti come l’inizio di un nuovo e importante periodo per la cittadinanza, oltre che per la struttura stessa. Infatti, superate le validazioni istituzionali e concordato un percorso ideale con il 118 territoriale, il Policlinico ha inaugurato l'attività con un’impostazione della guardia prevalentemente di tipo traumatologico-chirurgico, supportata da una serie di consulenti specialistici (cardiologi, neurologi, etc.) e da una guardia internistica dipendente dall’organico della Medicina Interna. A illustrare l'attività dell'area ortopedica è il professor Francesco Pipino, responsabile dell'Ortopedia del Gruppo. “In Italia le discipline dell’Ortopedia e della Traumatologia hanno sempre marciato affiancate, tanto nelle Università come nei reparti ospedalieri: ma pur riguardando la stessa area, ossia le patologie del sistema scheletrico e dell’apparato locomotore, presentano importanti differenze quando si tratta di affrontare l’emergenza. È quindi fondamentale, quando si organizza un Pronto Soccorso, identificare persone capaci di gestire problemi traumatologici impegnativi in tempi molto rapidi. Il Policlinico di Monza, che annovera nel suo ambito quasi tutte le specialità, ha fin dall’inizio impostato il pronto soccorso come un piccolo DEA: il paziente viene trattato dal medico di guardia, che convoca lo specialista reperibile di competenza. Se occorre intervenire chirurgicamente, ad esempio nel caso di fratture, il paziente viene ricoverato e, una volta operato e dimesso, continuerà ad essere seguito dal traumatologo che ha effettuato l’intervento, così da Il Prof. Francesco Pipino, garantire una continuità terapeutica basata sulla Direttore del Dipartimento conoscenza diretta del singolo caso”. di Ortopedia del Policlinico di Monza


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Come è stata curata l’impostazione traumatologica del pronto soccorso? “Anzitutto, ho portato qui la mia esperienza, maturata sia all’estero sia nella scuola di Traumatologia che ho diretto a Genova. Poi abbiamo organizzato un corso di aggiornamento in Traumatologia avvalendoci della competenza del professor Santolini, della professoressa Sanguineti e del dottor Cremaschi, in qualità di docenti. Vorrei sottolineare come i nostri specialisti del Policlinico abbiano accolto con consapevolezza, volontà di fare e serenità la novità del Pronto Soccorso: una struttura in crescita, attenta alle nuove esigenze che man mano si manifestano, creata per offrire un migliore servizio e una maggiore tranquillità non solo ai cittadini di Monza, ma anche di tutto il territorio circostante”.

Il Prof. Giuseppe Specchia, Direttore del Dipartimento di Cardiologia del Policlinico di Monza

Molte delle urgenze in arrivo in un Pronto Soccorso riguardano casi di problemi acuti di cuore. Chiediamo al professor Giuseppe Specchia, responsabile del Dipartimento di Cardiologia, cosa cambia per questi pazienti. “L’apertura del Pronto Soccorso era nei desideri dei cardiologi sin da quando questa specialità ha iniziato la sua attività all’interno del Policlinico. La sua assenza rendeva infatti impossibile ricevere nel Dipartimento pazienti con patologie cardiologiche acute e ciò, oltre a essere oggettivamente riduttivo rispetto alle potenzialità assistenziali della struttura, determinava anche un limite culturale degli operatori, soprattutto dei più giovani. Negli ultimi trent’anni, infatti, l’attenzione della cardiologia si è progressivamente diretta sempre più verso la diagnosi e terapia delle forme acute, identificando in queste il momento cruciale per un intervento destinato non solo a determinare la sopravvivenza, ma anche a influenzare, nei sopravvissuti, la successiva qualità della vita. Così che, se si considera come è cambiato in questi anni il destino di un paziente affetto da una sindrome cardiologica acuta come l’infarto miocardico, dal primo salto di qualità terapeutico, che ha portato alla costituzione delle unità coronariche, fino alle odierne procedure di rivascolarizzazione percutanea (angioplastica) o chirurgica, la mortalità ospedaliera si è ridotta da oltre il 30% a poco più del 5%”. Quanto conta il fattore tempo in questi casi? “È fondamentale. Il concetto che la rapidità dell’intervento terapeutico sia in grado di salvare il muscolo cardiaco dalla distruzione e dalla successiva sostituzione con tessuto inerte, inutile per l'essenziale funzione di pompa, ha portato a cercare di realizzare il percorso più diretto e rapido tra l’inizio del sintomo e l’arrivo del paziente al primo soccorso. Era frustrante pensare che il Policlinico di Monza fosse, sin dall’inizio, la sola struttura in un esteso territorio in grado di offrire al paziente colpito da una forma acuta un'assistenza specialistica cardiologica e cardiochirurgica completa, lungo tutto l’arco delle 24 ore, ma che l’assenza di un Pronto Soccorso impedisse, di fatto, al territorio di usare questa risorsa. D’altra parte se si considera che nel 2005 in Lombardia sono stati effettuati 18.791 interventi di angioplastica nell’infarto acuto e, nel territorio

Personale sanitario all’interno della camera calda del Pronto Soccorso


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comprendente Desio, Vimercate e Monza solo 207 (in Monza città solo 66), si comprende quanti pazienti non abbiano potuto usufruire di questa possibilità terapeutica, oppure come sia stato necessario inviarli, con inevitabile maggior rischio e minore vantaggio, in strutture ospedaliere più lontane. Oggi per fortuna gli ostacoli che portavano a questa grave lacuna, in termini di salute pubblica, sono stati superati e, con questi, anche situazioni imbarazzanti come quelle di pazienti già seguiti con loro soddisfazione in questo centro i quali, in caso di necessità urgenti dovevano recarsi altrove, dove il loro caso non era noto”. Quali sono le principali patologie cardiache a essere trattate nel Pronto Soccorso? “La cardiologia ha purtroppo un ampio spettro di pazienti, oltre a quelli con infarto miocardico o comunque con dolore al petto sospetto, nei quali i primi segni della malattia coincidono con la fase più grave. Intense palpitazioni, affanno ingravescente, sincopi, possono essere la spia di situazioni patologiche che, se non soccorse in tempo e diagnosticate in ritardo, possono costare la vita. Un accesso in un Pronto Soccorso cui sia affiancato un Ospedale altamente specializzato e provvisto di tutte le necessarie competenze cardiologiche, cardiochirurgiche e rianimatorie, oltre che di servizi d’appoggio fondamentali e dotati di alta tecnologia (Radiologia, Laboratorio) è per Monza e il suo territorio una risorsa che sarebbe stato incomprensibile continuare a non sfruttare”.

Il Dott. Alvaro Porta, Responsabile dell’Unità Operativa di Medicina Interna del Policlinico di Monza

Il locale osservazione del Pronto Soccorso (4 posti letto)

Presso il Pronto Soccorso del Policlinico è disponibile assistenza anche per i casi che ricadono sotto le ampie competenze riferibili alla Medicina Interna: il dottor Alvaro Porta, responsabile di questo Dipartimento, illustra le tipologie più frequentemente trattate. “La nostra attività è particolarmente orientata alla risoluzione dei problemi dell'emergenza e della medicina d'urgenza, con competenze specialistiche nell'ambito internistico come pneumologia, endocrinologia, diabetologia, epatologia, reumatologia, ematologia e nefrologia, rendendo possibile un efficace approccio multidisciplinare alle condizioni cliniche più complesse. La prevalenza delle prestazioni effettuate ha riguardato patologie del distretto broncopolmonare sia acute sia croniche riacutizzate, seguite da eventi cardiovascolari, patologie oncologiche e diabetologiche. Possiamo giudicare l’esperienza iniziale incoraggiante e ricca di spunti per affinare il servizio prestato, proprio in previsione di un costante aumento dell'attività. I servizi correlati, Radiologia e Laboratorio, sono a nostra disposizione 24 ore su 24, compreso il supporto trasfusionale adattato alle nuove esigenze. Anche il servizio di endoscopia digestiva assiste con continuità l’emergenza gastroenterologica. La struttura, organica e funzionale in ogni sua parte, può inoltre contare su un personale infermieristico motivato e competente soprattutto nell’applicazione del triage e nella gestione dell’emergenza e urgenza. Un'ultima annotazione: oltre alle prestazioni urgenti di pronto intervento, i pazienti di


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tutte le specialità (affiancate da emato-immunologia, gastroenterologia, epatologia, reumatologia e diabetologia) possono essere seguiti anche in regime ambulatoriale per quanto riguarda le prestazioni dilazionabili di pronto soccorso.

Il Dott. Marco Chiumenti (secondo da sinistra), Responsabile della Traumatologia del Pronto Soccorso del Policlinico di Monza, con il relativo personale infermieristico

Personale sanitario nella sala emergenza del Pronto Soccorso

Il dottor Marco Chiumenti è il responsabile della Traumatologia del Pronto Soccorso, e vive quindi in prima linea l’attività quotidiana. “I nostri pazienti arrivano sia direttamente, con i propri mezzi, sia portati qui in ambulanza dal 118. Il primo inquadramento viene effettuato dagli infermieri professionali addetti al triage, ossia alla prima valutazione della gravità dei parametri vitali (pressione, battito cardiaco, stato di coscienza, respirazione…), in base alla quale viene attribuito un codice. Li ricordo brevemente, perché sono alla base della priorità di intervento: il codice rosso segnala un’urgenza assoluta, con necessità di soccorso immediato, in quanto i parametri vitali sono alterati, o ad alto rischio di alterazione, e il paziente può essere in pericolo di vita. Il codice giallo indica un paziente in condizioni serie, con funzioni vitali compromesse, ma che può sopportare una breve attesa rispetto a un paziente con codice rosso. Il codice verde identifica una situazione in cui le funzioni vitali non sono compromesse, e il rischio di alterazione dei parametri vitali è basso, ma in cui è presente una situazione di sofferenza. Infine, il codice bianco viene attribuito alle situazioni che non hanno alcuna priorità, e che non dovrebbero essere risolte in un servizio d’urgenza. I codici bianchi vengono comunque considerati ricorsi appropriati se necessitano di cure in un tempo non superiore alle 24 ore. Se invece il problema può essere affrontato anche in un tempo maggiore delle 24 ore, viene considerato ricorso improprio, e quindi sottoposto al pagamento del ticket regionale. Dopo il triage, il paziente viene visitato dal medico di guardia, che convoca il responsabile di competenza, ad esempio il cardiologo o l’internista, il quale stabilisce tutte le azioni necessarie per la diagnosi e il trattamento, e decide per l’eventuale ricovero o intervento chirurgico o terapeutico”. Come può descrivere questo primo periodo di attività del Pronto Soccorso del Policlinico? “Per prima cosa va sottolineato come le aspettative da parte della popolazione monzese siano molto alte: chi già ci conosce, e dopo dodici anni di presenza sul territorio si tratta davvero di tante persone, viene da noi sicuro di trovare lo stesso tipo di servizio e di rapporto umano precedentemente sperimentato in altre occasioni. Una riprova? Il giorno in cui abbiamo inaugurato il pronto soccorso il primo paziente si è presentato alle 6 del mattino! Altri arrivano perché hanno sentito dire che le attese sono brevi, e finora la maggior parte dei casi trattati sono ‘veri’, ossia che giustificano il passaggio in pronto soccorso. Un’ultima parola la vorrei spendere per ringraziare il personale infermieristico del pronto soccorso, che sta affrontando la nuova attività con un lavoro di eccezionale qualità professionale e umana, e con grande entusiasmo”.


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Il raggruppamento di Medicina della Clinica San Giuseppe di Asti, entrata a far parte della famiglia Policlinico di Monza lo scorso anno, comprende le specialità di Medicina Generale, Neuropsichiatria e Lungodegenza.

Clinica San Giuseppe di Asti: il raggruppamento di Medicina

Il Dott. Piereugenio Fea, responsabile dell’Unità Operativa di Medicina Generale della clinica San Giuseppe di Asti, insieme alla Dott.ssa Lucia Klingly

Fra le attività di ricovero della Clinica, vi è l’Unità Operativa di Medicina Generale, di cui è responsabile il dottor Piereugenio Fea, coadiuvato dalla dottoressa Lucia Klingly. Nel corso degli anni, questo reparto si è sempre più affermato come punto di riferimento per pazienti e medici di famiglia della provincia di Asti, per la diagnosi del trattamento delle più svariate patologie internistiche acute o per le riacuzie di patologie croniche. In linea con le percentuali di prevalenza delle entità nosologiche su scala nazionale, si può affermare che le malattie cardiovascolari e le loro complicanze, quali lo scompenso cardiaco acuto, le crisi ipertensive, la cardiopatia ischemica sintomatica, l’ischemia cerebrale acuta sono all’ordine del giorno; il diabete mellito scompensato (tipo 1 e tipo 2) con le sue importanti complicanze a livello vascolare periferico e renale è una patologia frequentemente trattata, tanto che empiricamente si può dire che in reparto siano sempre presenti uno o più diabetici con problematiche acute. Le riacuzie di broncopneumopatia cronica con insufficienza respiratoria severa, così come i focolai broncopneumonici e le pleuriti si rilevano anche frequentemente. Particolare attenzione va riservata anche agli stati di grave deperimento da calo ponderale e disidratazione, talora correlati a patologie neoplastiche in via di accertamento e talora al multiforme quadro clinico della sindrome involutiva da insufficienza cerebrovascolare cronica. Le patologie infiammatorie dell’intestino (morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa, etc.), le collagenopatie in via di diagnosi o in riacuzie, le osteomalacie con le loro complicanze, completano il panorama dell’eclettica attività di questa Unità Operativa. Caratteristica frequente poi del paziente ricoverato in Medicina è quella di presentare contemporaneamente più patologie. La qualità del servizio offerto ai pazienti non potrebbe essere garantita se l’esperienza clinica degli internisti che vi operano non fosse sostenuta da un competente e tempestivo apporto delle attività di diagnosi strumentale, del laboratorio analisi, degli specialisti operanti nelle altre unità operative. Tale collaborazione è sempre stata perseguita con impegno e consapevolezza della sua essenzialità; con le più recenti modifiche dell’organizzazione delle attività in clinica questo aspetto è una certa e confortante realtà. Va sottolineato come gli internisti operanti nell’Unità di Medicina generale si impegnino costantemente ad accostare il malato non solo come portatore di uno squilibrio organico da correggere, ma come uomo sofferente nella sua totalità, con i suoi affetti, le sue abitudini, le sue peculiarità culturali e psicologiche. Il rispetto per questa visione globale del paziente è parte essenziale del buon esito dell’episodio di ricovero. In questo tipo di approccio è molto importante inoltre la collaborazione di personale paramedico attento e motivato, quale sempre più si cerca di individuare in questa Unità Operativa. L’inserimento della Clinica San Giuseppe nel Gruppo Policlinico di Monza garantisce inoltre a questo reparto la possibilità di avvalersi dei servizi diagnostici “di gruppo” e di accedere alle strutture ad Alta specializzazione di riferimento quando ve ne è la necessità.

Il reparto di Lungodegenza Il reparto di Lungodegenza della Clinica San Giuseppe di Asti è stato inaugurato nel 1994. Lo dirige il responsabile, dottor Alberto Caratti, insieme agli assistenti dottori Daniela Nencioni e Andrea Rinaldi. Inizialmente dotato di dieci posti letto, il reparto ne conta oggi venti, di cui sedici sono a disposizione di strutture ospedaliere. Ogni camera è a due letti, con bagno privato e televisore. Le principali patologie che determinano il ricovero riguardano prevalentemente pazienti con vasculopatia cerebrale cronica (esiti di ictus cerebri), pazienti operati per fratture di femore o per protesi d’anca, e pazienti con tumori, operati o meno. Questi ultimi sono i malati più impegnativi e anche quelli che maggiormente necessitano di un’assistenza non solo di tipo farmacologico, ma anche di un supporto psicologico per essere accompagnati con umanità alla fase finale.


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Il responsabile del reparto di Lungodegenza della Clinica San Giuseppe, Dott. Alberto Caratti (al centro), insieme agli assistenti dottori Daniela Nencioni e Andrea Rinaldi

La filosofia che ispira l’attività della Lungodegenza della Clinica San Giuseppe è quella di lenire il dolore fisico nel modo più efficace possibile: fortunatamente la farmacologia odierna mette a disposizione una vasta gamma di farmaci, compresi gli oppiacei, in grado di affrontare in modo radicale tale problema. Nel contempo, però, la stessa filosofia di rispetto verso il paziente e la sua qualità di vita impone di evitare un accanimento non solo di tipo terapeutico ma anche di tipo diagnostico. Si ritiene infatti che, una volta che la diagnosi di tali patologie sia stata formulata con certezza assoluta, sottoporre tali pazienti a ulteriori iter diagnostici, a meno che non si siano presentati eventi nuovi, rappresenti un ulteriore momento stressante per loro e per i parenti, oltre a essere del tutto inutile ai fini terapeutici. Gli altri pazienti sono per la maggior parte persone anziane con sindromi da allettamento: purtroppo accade spesso che giungano nel nostro reparto con decubiti importanti. Decubiti che vengono affrontati con professionalità e dedizione dal personale infermieristico della Clinica San Giuseppe, mirando alla completa risoluzione. Molti di questi pazienti presentano inoltre disturbi psichici satelliti, che possono andare dallo scadimento delle condizioni cognitive sino a vere turbe psicotiche con disorientamento spazio temporale e con variazioni del ritmo sonno-veglia. In questi casi il supporto farmacologico può essere utile, ma risolutiva è una terapia atta a reidratare adeguatamente tali pazienti. Il rischio concreto è, infatti, che la sola terapia farmacologica alteri ulteriormente il ritmo sonno-veglia, creando situazioni in cui i pazienti dormano di giorno e siano poi svegli e agitati di notte, ma soprattutto, non si alimentino e non introducano una quantità sufficiente di liquidi. Appena si è giunti ad un punto di equilibrio questi pazienti vengono stimolati a reintegrarsi gradualmente con l’ambiente che li circonda e si procede con la mobilizzazione. In questo senso è molto utile l’apporto della fisioterapista. Non di rado al reparto di Lungodegenza approdano pazienti afflitti da patologie associate: sono frequenti i casi di diabetici scompensati o i casi di processi bronco pneumonici resistenti a selettiva terapia antibiotica e aggravati dalle scadenti condizioni generali e dall’allettamento prolungato. A questi pazienti è doveroso riservare una grande attenzione dal punto di vista sanitario, ma non meno importante è l’approccio umano: di fronte a persone che rappresentano casi complessi, ancor più che per gli altri pazienti, una buona collaborazione del team diventa indispensabile, così come uno spirito all’occorrenza creativo nei rapporti. Di rilevante importanza è anche il colloquio con i parenti, con cui si deve instaurare un rapporto fiduciario e collaborativo nell’interesse dei degenti.

Neuropsichiatria L’Unità di Neuropsichiatria della Clinica San Giuseppe è composta da un’équipe multidisciplinare di psichiatri, psicologi, educatori e infermieri che operano in modo coordinato e sinergico. Primario è il dottor Giuseppe Rosso, psichiatra; il dottor Carlo Rosso, professore a contratto di psicopatologia sessuale all’Università di Torino, è corresponsabile, mentre la dottoressa Maura Garombo, psicologa, è coordinatrice delle attività psicologiche dell’Unità. L’obiettivo generale dell’intervento attuato nel corso della degenza è la comprensione della dimensione psicologica, sociale, familiare ed economica della vita della persona, al fine di individuare i fattori di rischio psicosociale di recidiva della patologia e definire un programma di trattamento territoriale che favorisca la continuità terapeutico/assistenziale nel periodo che segue la dimissione. L’obiettivo specifico è, invece, l’assessment e il trattamento della dimensione psicopatologica, cioè il tratto personologico e il quadro sintomatologico/sindromico, spesso non convergenti (la persona non è mai completamente riconducibile alla sua


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Il Dott. Giuseppe Rosso, primario dell’Unità di Neuropsichiatria della Clinica San Giuseppe di Asti

malattia né ad essa si consegna completamente). Il fine è di formulare diagnosi corrette e individuare trattamenti efficaci nell’acuzie, tollerabili e utili per prevenire le possibili ricadute. Diversi sono gli strumenti utilizzati per realizzare questi ambiziosi obiettivi. Oltre a quelli della tradizione medica, quali il trattamento psicofarmacologico, vengono utilizzati anche trattamenti biologici non farmacologici (manipolazione del ritmo sonno veglia). A questi si aggiungono le indagini psicodiagnostiche, i colloqui di supporto psicoterapeutico, le attività di gruppo riabilitative (gruppo per la cura del sé, gruppo di arte terapia, gruppo di elaborazione delle dinamiche interpersonali), gli interventi di collegamento con le altre agenzie terapeutiche territoriali, i colloqui con la famiglia, e, infine, la psicoeducazione del paziente e dei familiari sulle caratteristiche della malattia e delle terapie al fine di migliorare la compliance terapeutica. È ovvio che un intervento così articolato necessiti di momenti di integrazione e confronto tra i membri dell’équipe per permettere la convergenza e la condivisione delle conoscenze sul paziente e potenziare la valenza terapeutica generale dell’intervento. Queste riunioni di équipe svolgono anche la funzione di contrastare il pessimismo diagnostico e prognostico e il conseguente logoramento emotivo e assistenziale dell’operatore che rischia di devitalizzare le relazioni di cura e gli interventi tecnici. Un ultimo importante strumento terapeutico è la collaborazione con i medici internisti e chirurghi della clinica che vigilando sulla salute fisica dei nostri pazienti aiutano ad attuare un approccio bio-psico-sociale alla salute del paziente. Nell’unità di Neuropsichiatria vengono trattate diverse patologie afferenti all’area psichiatrica: i disturbi dello spettro affettivo (varie forme di depressione, disturbi di panico, d’ansia, disturbo ossessivo compulsivo, fobie); i disturbi dello spettro psicotico (schizofrenia, disturbi schizoaffettivi, psicosi reattive brevi, complicanze psicotiche in corso di altri disturbi); i disturbi di dipendenza, soprattutto quelli in comorbidità con altre patologie psichiatriche (dipendenza da alcool, dipendenza da gioco d’azzardo, dipendenza da sostanze, bulimia, dipendenza sessuale); e infine tutte le complicanze psichiatriche riscontrabili in corso di demenza e in corso di malattie neurologiche quali ad esempio lo stroke e il morbo di Parkinson. Due ambiti di problematicità in cui l’Unità è particolarmente coinvolta sono quello dei disturbi dell’umore e quello delle problematiche alcol correlate. Cura della depressione La malattia depressiva è sicuramente una delle patologie più trattate dall’équipe di Neuropsichiatria della San Giuseppe. Circa il 54% dei pazienti dimessi dall’Unità nell’anno 2006 presentavano una patologia depressiva associata o meno ad altri disturbi psichiatrici. La depressione rappresenta una sindrome clinica, ossia una costellazione di segni e sintomi da intendersi primariamente come espressione di una disregolazione di sistemi funzionali cerebrali. Essa può manifestarsi con quadri diversificati, sia per sintomatologia che per decorso, epidemiologia, risposta terapeutica e familiarità. I riscontri di cui oggi disponiamo indicano che i fattori genetici rivestono un ruolo di primo piano nel determinismo di alcuni specifici disturbi dell’umore quali il disturbo bipolare e il disturbo depressivo ricorrente. È una patologia misconosciuta non solo dai familiari ma spesso anche dai medici. Le conseguenze di ciò sono spesso nefaste in senso prognostico, infatti gli studi scientifici offrono una solida evidenza della natura spesso ricorrente di questi disturbi che si accentua in caso di mancato trattamento. La depressione è una condizione psicopatologica molto diffusa nella popolazione generale: interessa almeno un individuo su otto nel corso della vita, con esordio in ogni età, e ha maggiore frequenza nel sesso femminile. Il grado di sofferenza personale ed il livello di disabilità sociale conseguenti sono notevoli; quest’ultimo è legato alle manifestazioni proprie dell’episodio, a fenomeni residui o alla risoluzione incompleta dello stesso. Le complicanze sono molto frequenti, in particolare è aumentato il rischio per altri disturbi psichiatrici o somatici, per abuso o dipendenza da sostanze, per suicidio. I costi personali e sociali, diretti e indiretti, sono enormi: spese per il trattamento, ricoveri, disadattamento residuo, interruzione della carriera, interruzione curriculum di studi.


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Il Dott. Carlo Rosso, corresponsabile dell’Unità di Neuropsichiatria della Clinica San Giuseppe di Asti

La facciata della Clinica San Giuseppe di Asti

Troppo spesso la depressione non è diagnosticata oppure è mal trattata; si calcola che meno del 50% dei pazienti con depressione siano riconosciuti come tali, e che di questi meno del 20% ricevano un trattamento appropriato. È quindi incalcolabile l’aumento dei costi personali e sociali. Lo stesso quadro sindromico può essere l’espressione di un disturbo primario dell’umore (alla cui espressione convergono fattori bio-psico-sociali) oppure la conseguenza di varie condizioni mediche o di trattamenti farmacologici non psichiatrici, la complicanza di un altro disturbo psichiatrico (ad esempio disturbi d’ansia o della condotta alimentare) o di dipendenza o astinenza da sostanze. Sia il riconoscimento sia la diagnosi di depressione si basano sull’attenzione ai fattori di rischio tanto quanto sulla ricerca di segni e sintomi chiave, e sull’anamnesi. I fattori di rischi includono: • Precedenti episodi depressivi • Anamnesi familiare positiva per disturbo depressivo • Precedenti anticonservativi • Sesso femminile • Età di comparsa prima dei 40 anni • Periodo post partum • Patologia medica associata • Perdita di supporto sociale • Eventi vitali stressanti • Presenza di abuso di sostanze Esistono diversi quadri clinici della depressione. Oltre all’abbassamento del tono dell’umore possiamo osservare altri sintomi caratteristici quali il rallentamento psicomotorio in cui i movimenti spontanei sono globalmente ridotti: l’andatura è lenta, trascinata, qualsiasi azione risulta difficile e richiede un notevole sforzo per essere portata a termine. Un profondo senso di astenia, prevalente nelle prime ore del mattino, rende terribilmente faticoso l’inizio della giornata. Nelle forme più gravi si può verificare un vero e proprio blocco o arresto psicomotorio: il paziente giace a letto, mutacico, non reagisce alle sollecitazioni ed è del tutto incapace di provvedere a se stesso. Sempre nella depressione possiamo osservare quadri di depersonalizzazione affettiva in cui il paziente soffre per l’incapacità di provare sentimenti ed emozioni e la sensazione di svuotamento può essere così marcata da indurlo a ritenere di aver perduto i valori di riferimento in grado di dare significato alla propria esistenza. Sul piano cognitivo, la compromissione delle prestazioni intellettuali, la sensazione di aridità affettiva e di inefficienza portano il paziente all’autosvalutazione, al disprezzo di sé, alla convinzione della propria indegnità, talora accompagnati da un continuo ripensare a colpe ed errori lontani. Anche una sequela di sintomi vegetativi può caratterizzare il quadro clinico e confondere il medico. I pazienti, infatti, tendono a perdere gradualmente ogni interesse per il cibo che sembra loro privo di sapore. Si osserva anche la presenza di difficoltà digestive e stitichezza dovute all’ipotonia intestinale che spesso si associa al quadro clinico. L’insonnia angustia la vita di questi pazienti e si manifesta con risvegli notturni, precoci o sensazione di non ristoro del sonno. Infine, nelle forme più gravi si osservano manifestazioni deliranti con tematiche di persecuzione, di rovina, di colpa che possono spingere il paziente a commettere gesti autolesivi. La mutevolezza e, talora, la gravità del quadro clinico, spesso reso ancora più complesso dalla comorbidità medica e psichiatrica, in associazione alla grave disabilità sociale e relazionale, fanno delle malattie depressive un fenomeno clinico e sociale che necessita di interventi terapeutici pluridisciplinari e integrati.


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La Dott.ssa Maura Garombo è coordinatrice delle attività psicologiche dell’Unità di Neuropsichiatria della Clinica San Giuseppe di Asti

La hall della Clinica San Giuseppe di Asti

Alcolismo e dipendenze Un’altra area clinica che contraddistingue il lavoro della unità di Neuropsichiatria è il trattamento delle problematiche alcol-correlate e complesse (sostanze illegali, gioco d’azzardo). È nozione scientificamente consolidata che i fenomeni legati all’uso di sostanze psicoattive, legali e illegali, creano condizioni neuro-biologiche che hanno le caratteristiche delle abitudini consolidate e degli automatismi ripetitivi. Il consumo di bevande alcoliche è da considerarsi un comportamento a rischio. L’alcol in quanto sostanza psicoattiva è in grado di alterare il comportamento dell’individuo e sviluppare seri danni alla salute (patologie alcolcorrelate internistiche, neurologiche, psichiatriche), ma soprattutto si sviluppano problematiche in ambito relazionale, familiare e sociale. In ambito familiare si assiste spesso ad un elevato livello di conflittualità, fino al maltrattamento. Le dinamiche familiari risultano estremamente complesse: a volte la persona che beve è quella su cui vengono riversate tutte le responsabilità e insoddisfazioni rispetto ad obiettivi mancati, e tale comportamento non rappresenta altro che un sintomo di disagio, spesso di tipo relazionale. Le condizioni sociali risultano compromesse dalla perdita del lavoro, dall’emarginazione, dall’isolamento e dalla precarietà delle condizioni di vita. I costi sociali sono elevatissimi non solo in termini di ricoveri, ma per gli estesi danni che il fenomeno porta con sé. L’Organizzazione Mondiale della Sanità da molti anni ha posto l’accento sulle priorità, in termini di tutela della salute, rappresentate dall’incidenza e dalla prevalenza dei problemi alcol-correlati individuando in particolare che: • Il carico globale di malattia trova l’alcol quale principale determinante di patologia nella popolazione. • L’alcol etilico, anche a dosi non eccessivamente elevate, induce stati di disinibizione che favoriscono comportamenti aggressivi e trasgressivi, determinando rischi per l’incolumità individuale e collettiva, soprattutto nel campo della sessualità, e di maltrattamenti in famiglia con il coinvolgimento dei minori. • Il consumo di alcol è uno dei fattori determinanti nella gestione della malattia mentale, sia in termini d’impostazione, sia di gestione dei trattamenti farmacologici sia, inoltre, per quanto riguarda la slatentizzazione di alcuni disturbi psichiatrici. Sulla base di quanto indicato dalle linee guida - valutata l’incidenza e la prevalenza dei ricoveri presso l’Unità di Neuropsichiatria di soggetti con problematiche alcolcorrelate (fisiche, famigliari, sociali, lavorative) misurate nel corso degli anni con una media del 10% del totale dei ricoveri, collocandosi al terzo posto dopo i disturbi dell’umore e i disturbi psicotici - si è resa indispensabile l’individuazione di una metodologia d’intervento che garantisse la continuità di trattamento anche successivamente al periodo di disassuefazione e sensibilizzazione al problema attuato nel corso del ricovero. Il metodo che maggiormente soddisfa i criteri di complessità è l’approccio ecologicosociale. Tale approccio è frutto di una evoluzione metodologica iniziata nel 1954 ad opera del Prof. Hudolin, psichiatra croato, già consulente dell’OMS per le problematiche alcolcorrelate e introdotta nel 1979 in Italia. Il metodo, pur non costituendo un trattamento psicoterapeutico, trae spunto da modelli scientifici di matrice psicologica e sociologica quali: l’approccio sistemico-familiare e l’approccio di comunità. Il nucleo portante del metodo è costituito dal Club degli alcolisti in trattamento (CAT): un insieme di famiglie, una comunità multifamiliare che grazie al confronto settimanale e al sostegno reciproco permette il recupero di potenzialità e risorse delle singole persone. Il CAT è autonomo ed indipendente, aderisce all’Associazione regionale dei Club degli Alcolisti in trattamento ARCAT ed è parte della comunità locale costituendo un nodo della rete territoriale al servizio della collettività.


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Differentemente da altri approcci il Club collabora con i Servizi Pubblici Territoriali in quanto costituisce un tipo di trattamento che spesso il Servizio di Salute Mentale, il Sert, i Servizi sociali e i Medici di base identificano come modalità d’intervento. Attualmente costituisce l’approccio più diffuso, a livello nazionale, nel trattamento dei disagi legati all’uso di sostanze alcoliche e alle nuove “dipendenze”. Attualmente in Piemonte sono attivi 280 Club e 2800 sono i Club attivi su tutto il territorio nazionale. Grazie a corsi di sensibilizzazione tenuti a Grado e a Firenze, in lingua inglese, il metodo si è diffuso ed è utilizzato in 32 paesi nel mondo. L’area psicologica dell’Unità di Neuropsichiatria, a partire dagli anni ’90, si è formata all’utilizzo di questa metodica attraverso la partecipazione al Corso di sensibilizzazione alle problematiche alcol-correlate e complesse e lo stesso metodo è oggetto di formazione all’interno dei differenti tirocini post-laurea di psicologia. Tale formazione è stata proposta anche al corpo infermieristico. Durante il ricovero, oltre agli interventi dell’area clinica, quali la valutazione e il trattamento della comorbidità psichiatrica, medica e la disassuefazione, si effettuano valutazioni psicodiagnostiche, colloqui individuali e familiari finalizzati alla presa di consapevolezza del problema e al sostegno delle difficoltà dell’individuo e della famiglia. L’elaborazione di un programma d’intervento da effettuare alle dimissioni viene elaborato dall’équipe nonché concordato con il paziente e la sua famiglia. Già nella fase di ricovero si offre la possibilità di partecipare al Club con la propria famiglia. Qualora il nucleo familiare non risieda sul territorio si prendono contatti con altri riferimenti regionali o nazionali affinché, grazie ad un corretto invio, la famiglia possa continuare il percorso che ha già avviato nella struttura. Per dare continuità a quanto proposto durante la fase di ricovero a partire dal dicembre 2004 sono stati creati 2 Club afferenti all’Unità, attualmente attivi, uno dei quali ha sede presso la stessa Unità di Neuropsichiatria e accoglie 7 famiglie (Servitore-insegnante: dottoressa Stefania Musso, psicologa). Il secondo Club ha trovato ospitalità presso i locali dell’oratorio della parrocchia di Santa Maria Nuova ed è formato da 3 famiglie (Servitore-insegnante: Iole Chiorra, infermiera). Tale attività viene effettuata in regime di volontariato. L’approccio prevede inoltre cicli di educazione alla salute denominati Scuole Alcologiche Territoriali (SAT) destinate non solo alle famiglie in trattamento, ma alla collettività per stimolare una riflessione circa il bere e le sue conseguenze. L’équipe svolge mensilmente una riunione di auto-mutua supervisione e partecipa al programma di formazione ed aggiornamento continuo organizzato a livello regionale e nazionale. Dal 30 marzo 2007 la Clinica San Giuseppe è componente del Coordinamento Nazionale dei servizi pubblici e privati aderenti all’approccio ecologico-sociale


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Il servizio dietro al test diagnostico

Il Dott. Luigi Lattuada, Direttore Responsabile di Laboratorio del Centro Analisi Fleming di Brescia

Per offrire ai pazienti un servizio caratterizzato da tempestività, accuratezza dei referti, qualità ed esami innovativi, il Gruppo Policlinico di Monza ha da tempo avviato una partnership con il Centro Analisi Fleming di Brescia. A illustrare le modalità di questa collaborazione sono il Prof. Filippo Mortillaro, Responsabile del Laboratorio analisi del Policlinico di Monza, e il dottor Luigi Lattuada, Direttore Responsabile di Laboratorio del Centro Analisi Fleming. Dottor Lattuada, cosa significa “Service di laboratorio”? “Per Service di laboratorio si intende tutto il servizio che sottende l’effettuazione di analisi cliniche per strutture sanitarie quali Laboratori, Istituti di Cura privati e Ospedali pubblici. In altri termini significa: proposta sempre ampia di esami, accettazione e ritiro dei referti, gestione logistica dei trasporti dei referti, analisi e successiva consegna. Per fare questo e per garantire l’alta qualità del servizio, i laboratori Fleming di Brescia, attivi ormai da 30 anni, hanno messo a punto un notevole sistema logistico e informatico con l’utilizzo di un applicativo web, Labgate, in grado di accelerare notevolmente la fase di accettazione degli esami, garantire refertazioni veloci, sempre monitorabili on line anche dagli utenti. Questa organizzazione conta su un organico di 300 collaboratori, oltre 70 automezzi, con una media settimanale di 3.000 passaggi con trasporti refrigerati ottimizzati per materiali biologici, comunicazioni dirette fra gli automezzi e i laboratori, rotazioni giornaliere pianificate. Un servizio logistico-organizzativo attivo 6 giorni alla settimana per tutto l’anno”. Prof. Mortillaro, cosa caratterizza la partnership? “Tra le due strutture esiste un’intesa ormai consolidata da anni di attività. Una sintonia che ha creato fiducia e capacità di lavorare in team. Siamo soddisfatti del rapporto che ci lega. Il nostro servizio può essere completo grazie a questa partnership. Non solo. In questo tipo di attività il rapporto umano è essenziale. E con il Fleming possiamo contare su un contatto costante tra dirigenti e tra direttori di laboratorio. Inoltre, va ricordato come il Gruppo Policlinico di Monza conti numerosi presidi in Lombardia e in Piemonte: la Clinica Santa Rita a Vercelli, la Clinica San Gaudenzio a Novara, la Clinica Eporediese a Ivrea, la Nuova Casa di Cura Città di Alessandria, la Clinica La Vialarda di Biella, Istituto Clinico Salus in Alessandria e la Clinica San Giuseppe in Asti. Poter contare su un servizio costante in un’area così vasta significa essere in grado di offrire garanzie di qualità e coordinamento del servizio, anche nella lunga distanza, con rapidità e accuratezza. E con la sicurezza che deriva dalla lunga esperienza del Fleming e per l’alto livello di organizzazione di cui dispone”. Dottor Lattuada, come è organizzato il Centro Analisi Fleming? “Il nostro centro di analisi conta su una struttura in grado di operare a più livelli. In ambito locale si rivolge agli utenti di Brescia e provincia avvalendosi di 3 laboratori certificati e accreditati, 22 punti prelievo e 1 poliambulatorio multifunzionale. A livello nazionale offre a laboratori e strutture sanitarie pubbliche e private su tutto il territorio nazionale analisi cliniche con un’ampia gamma di test diagnostici. La divisione Service Italia si avvale di 10 sedi logistiche decentrate, serve circa 800 clienti al giorno in 600 località”. Prof. Mortillaro, quali sono i valori aggiunti nel servizio che offre un Service di laboratorio? “Il Gruppo Policlinico di Monza è un gruppo sanitario privato che per scelta aziendale si caratterizza come Società Etica, ispirandosi a principi precisi, primo tra i quali, porre al centro dell’attività l’uomo con i suoi bisogni sanitari. Il contatto diretto con il paziente lo abbiamo noi medici. Gli esami diagnostici, nella sostanza, sono solo dati numerici, in se stessi possono dire poco o nulla. È essenziale analizzare la sintomatologia con i dati di laboratorio. Per farlo si deve sfruttare l’intuizione del medico, il confronto con il paziente e con la propria esperienza. In questo senso il rapporto di sinergia tra Service e Istituto di cura è essenziale: se si nutre un dubbio è vitale decidere di rifare un esame, confrontarsi sui dati, chiedere di accelerare la consegna di un referto in particolare. Quando in un Service si incontra la totale disponibilità, accompagnata da un servizio ottimale in termini efficienza e qualità, la partnership diventa vincente”.


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Il Prof. Filippo Mortillaro, Coordinatore dei Servizi di Patologia del Gruppo Policlinico di Monza

Monza, la Riabilitazione cresce

Quali tipologie di esami siete in grado di offrire al Fleming? “Grazie alla rete di collaborazioni e partnership nazionali e internazionali il nostro Centro è in grado di soddisfare richieste di ogni tipo: ematologia, coagulazione, chimico clinica, citologia, istologia, tossicologia, microbiologia, biologia molecolare, autoimmunità, sierologia, citogenetica, allergologia, farmaci e droghe, intolleranza alimentare. Per fare un esempio proprio sull’intolleranza alimentare, l’ultimo test diffuso da Fleming è il test Higea. Una tipologia di analisi rapida e non invasiva, in grado di individuare le intolleranze alimentari che infastidiscono la vita di numerose persone. La precisione del test è uno degli aspetti più innovativi: Higea indica quali cibi siano da evitare ottenendo una diagnosi clinica differenziale. Basa i parametri di misurazione degli anticorpi IgG su standard internazionali rendendolo più attendibile e confrontabile con altri test. Per citare un altro esempio di novità diagnostica che Fleming ha introdotto, come nuovo approccio diagnostico, giudico notevolmente importante l’analisi integrata denominata GASTROPANEL: mediante un solo prelievo è possibile dosare alcuni metaboliti e anticorpi che diagnosticano in maniera approfondita la presenza di gastrite, e sono in grado di evidenziare se questa gastrite è determinata da Helicobacter o può avere, in alcuni casi, altre cause, evidenziando inoltre la gravità della gastrite e la sua localizzazione a livello delle varie parti dello stomaco. Questo test può in molti casi sostituirsi o essere propedeutico alla gastroscopia, coadiuvando correttamente il clinico. I laboratori Fleming sono quindi orientati al cliente eminentemente per quanto riguarda l’organizzazione logistica e la produzione analitica, ma rappresentano un partner sempre all’avanguardia anche nella proposizione di nuovi test diagnostici”.

Nell'ambito dell'attività ambulatoriali del Dipartimento di Riabilitazione del Policlinico di Monza, presso la sede di via Modigliani sono stati attivati due nuovi servizi clinici che vengono a completare quell'approccio globale al paziente che costituisce l'essenza della medicina riabilitativa.

L’incontinenza urinaria femminile Il primo concerne l'attività di riabilitazione dell'incontinenza urinaria femminile, e ha come obiettivo primario il miglioramento della qualità della vita delle persone affette da una sintomatologia intrinsecamente sgradevole e spesso sottovalutata. Infatti l'uso di mezzi meccanici o del pannolino non risolve il problema e può rappresentare la via per infezioni o irritazioni locali che possono portare ad ulteriori complicanze, mentre l'intervento chirurgico ha la sua validità e ragion d'essere in casi selezionati e a fronte di problemi complessi, oppure dopo il fallimento della terapia conservativa. I dati pubblicati in letteratura e le più recenti Cochrane reviews confermano che l'approccio riabilitativo permette, in un considerevole numero di casi, di risolvere l'incontinenza da disfunzione del pavimento pelvico, che è la più frequente, sia nel post-parto che nella menopausa. Il progetto terapeutico riabilitativo si attua in media attraverso una decina di sedute finalizzate al rinforzo e alla presa di coscienza della muscolatura perineale, sia attraverso esercizi con la terapista sia con tecniche di tipo feed-back ed elettrostimolazione computerizzata (sempre sotto controllo della terapista). I risultati sono notevoli, con un ritorno all'assenza di perdite nella quasi totalità dei casi non complicati da altra patologia, con un buon recupero della funzionalità nei casi con complicanze quali il prolasso o pregressi interventi chirurgici e, infine, con migliori sopportazione ed esiti nella situazione in cui sussista l'indicazione chirurgica. La visita specialistica effettuata dalla ginecologa facente riferimento all’équipe riabilitativa del Policlinico di Monza consente direttamente la formulazione del programma di riabilitazione previsto dalla normativa per l'accesso alle prestazioni riabilitative a carico del servizio sanitario regionale; in caso di visite ginecologiche effettuate presso altre strutture, la stesura del piano riabilitativo può essere effettuata presso l'ambulatorio di medicina riabilitativa di via Modigliani con una corsia preferenziale per gli appuntamenti.


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Valutazione psicoriabilitativa

Il Prof. Cesare Cerri (a destra), Direttore del Corso di Laurea di Medicina Fisica e Riabilitazione dell’Università di Milano Bicocca, con alcuni collaboratori

La seconda attività riguarda gli aspetti psicoemotivi che possono contribuire alla genesi o complicare la risoluzione delle patologie di interesse riabilitativo. La situazione di disabilità conseguente a patologie croniche invalidanti senza possibilità di superamento della lesione non infrequentemente comporta conseguenze anche sul versante emotivo affettivo; questa constatazione è anche confermata da riscontri delle visite presso l'ambulatorio di Medicina Riabilitativa del Policlinico di Monza. Nella maggior parte dei casi la persona è comunque in grado di gestire la propria frustrazione o tristezza senza ricorrere a specifici presidi farmacologici o psicodinamici. In una piccola ma non trascurabile percentuale dei casi è invece opportuno il ricorso ad un sostegno specialistico ma, come è facilmente intuibile, si viene a creare una situazione in cui gli aspetti funzionali fisici si intrecciano con quelli psichici (per fare un esempio: “mi muovo con difficoltà e perciò divento triste, sono triste e ho meno voglia di muovermi: come conseguenza meno mi muovo e meno mi muoverò e, dal punto di vista psichico, più sono triste e meno mi muovo, meno mi muovo e più divento triste” generandosi così un doppio circolo vizioso). Per ovviare a questo inconveniente e soprattutto per poter sfruttare al massimo la sinergia e il lavoro in team della riabilitazione, presso la struttura di via Modigliani si è aperto un ambulatorio per la valutazione psichica a disposizione dei pazienti con patologie potenzialmente invalidanti o sintomatologie apparentemente banali, ma fastidiose per la loro componente dolorosa (dai postumi di lesione del sistema nervoso alle cervicalgie passando per l'artrite reumatoide e il Parkinson, e così via). Lo scopo di questo servizio è offrire da una parte la possibilità di una valutazione approfondita delle dinamiche psicologiche, dall'altra la possibilità di una messa a punto di eventuali terapie così che, soprattutto nella popolazione che per motivi organici assume politerapie farmacologiche, diventi possibile ottimizzare la terapia riducendo i tempi di somministrazione e i dosaggi di eventuali farmaci psicoattivi assunti dal paziente.

Accesso ai nuovi servizi Per l’Uroriabilitazione è necessaria una richiesta di visita ginecologica ambulatoriale presso il Policlinico di Monza o, se la visita è già stata effettuata presso un ginecologo esterno, la richiesta di visita fisiatrica per progetto riabilitativo: a questo punto viene stilato un progetto terapeutico e si prendono gli appuntamenti per le sedute di terapica. Le terapie sono a carico del Servizio Sanitario Regionale, alla paziente viene richiesto il pagamento del ticket per visita. Per la valutazione psicoriabilitativa è necessaria la richiesta di visita specialistica psichiatrica; rimane a carico del paziente, se non esente, il ticket per visita specialistica. La Dott.ssa Savina Dipasquale, Psichiatra e Psicoterapeuta, consulente presso gli Ambulatori di Riabilitazione del Policlinico di Monza


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Direttore Scientifico: Prof. Elio Guido Rondanelli Monza Via Amati 111 - Monza Tel. 039 28101 www.policlinicodimonza.it Dir. Sanitario: Dott. Giulio Cesare Papandrea

Cardiochirurgia, Chirurgia generale, Chirurgia plastica e maxillo facciale, Chirurgia toracica, Chirurgia vascolare, Neurochirurgia, Ortopedia e traumatologia, Urologia, Cardiologia, Medicina generale, Neurologia, Riabilitazione cardiologica, Riabilitazione neuromotoria, Emodinamica, Pronto Soccorso, Terapia intensiva, Unità coronarica

Novara Via Bottini 3 - Novara Tel. 0321 3831 www.clinicasangaudenzio.com Dir. Sanitario: Prof. Ugo Filippo Tesler

Cardiochirurgia, Chirurgia generale, Neurochirurgia, Ortopedia, Oculistica, Cardiologia, Medicina interna, Terapia fisica, Riabilitazione e Fisiokinesiterapia, Emodinamica, Terapia intensiva

Alessandria Via Bruno Buozzi 20 Alessandria - Tel. 0131 314500 www.nccalessandria.it Dir. Sanitario: Dott. Alfred Qalqili

Cardiochirurgia, Chirurgia generale, Oculistica, Ortopedia, Urologia, Cardiologia, Medicina generale, Emodinamica, Terapia intensiva

Vercelli Via dell’Aeronautica 14/16 - Vercelli Tel. 0161 2221 www.clinicasrita.it Dir. Sanitario: Dott. Salvatore Pignato

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Ivrea Via Castiglia 27 - Ivrea Tel. 0125 645611 www.clinicaeporediese.it Dir. Sanitario: Dott. Biagio Spaziante

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Biella Via Ramella Germanin 26 - Biella Tel. 015 35931 www.lavialarda.it Dir. Sanitario: Prof. Gianni Bottura

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Alessandria Chirurgia generale, Day Surgery, Ortopedia, Medicina generale, Neurologia, Neuro Riabilitazione III Livello, Riabilitazione neuromotoria II Livello

Asti Via De Gasperi 9 - Asti Tel. 0141 34385 Dir. Sanitario: Dott.Giuseppe Veglio

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Chirurgia generale, Chirurgia della mano, Chirurgia proctologica, Oculistica, Otorinolaringoiatria, Urologia, Medicina generale, Lungodegenza, Neuropsichiatria, Terapia intensiva Anno IV numero 10 - giugno 2007 Autorizzazione del Tribunale di Monza n. 1724 del 5 marzo 2004 Direttore responsabile: Marco Pirola Stampa: Grafica Santhiatese, Santhià Progetto grafico: Brunazzi&Associati, Torino Immagini: Policlinico di Monza


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