Il polietico 31

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Giugno 2014, Anno 11 - N 31 Periodico di informazione

Riservato ai medici e agli operatori sanitari

IL CUORE COME VERO MOTORE DEL MONDO uovi innesti per il Team medico del Policlinico di Monza che vede l’arrivo di due grandi nomi. Il primo è il Prof. Giuseppe Mancia, specialista in cardiologia nonché massimo esponente europeo nel settore della cura e della ricerca dell’ipertensione arteriosa e delle patologie ad essa collegate. Il Prof. Mancia dirigerà il nuovo Centro Studi Ipertensione e Malattie Vascolari dell’Istituto Clinico Universitario di Verano Brianza. Arriva poi il Dott. Gianluca Martinelli, nuovo Direttore del Dipartimento di Cardiochirurgia del Policlinico di Monza. Il cardiochirurgo romano, con formazione parigina, insieme ai tre membri della sua Équipe andrà ad infoltire il già importante Team del cuore, portando con sé idee chiare e nuove tecniche terapeutiche che andranno a sviluppare ulteriormente le potenzialità della Struttura. Rimanendo sempre in ambito cardiologico, l’intervista al Dott. Gheorghe Cerin racconterà dei recenti e dei futuri traguardi dell’Équipe di ecocardiochirurgia della Clinica San Gaudenzio di Novara per poi proseguire con la presentazione dell’importante campagna di screening nazionale a prevenzione degli aneurismi dell’aorta. Il Dott. Adelmo Antonucci illustrerà infine i progressi della chirurgia mininvasiva nel trattamento dei tumori a fegato, pancreas e colon mentre in chiusura il Prof. Schiffer presenterà gli ultimi risultati di una recente ricerca sui biomarker. Buona lettura

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In questo numero: Il Prof. Mancia sarà il nuovo Direttore del Centro Studi Ipertensione di Verano Brianza

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Cardiochirurgia di Monza: il nuovo primario è il Dott. Martinelli 8 L’Èquipe del cuore di Novara presto a Vienna 11

Fegato, pancreas e colon: la chirurgia mininvasiva si affina Considerazioni sulla “scienza che sbaglia”

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L’ECCELLENZA NELLO STUDIO E CURA DELL’IPERTENSIONE

I L P ROF. E LIO G UIDO RONDANELLI INSIEME AL P ROF. G IUSEPPE MANCIA

IL PROF. GIUSEPPE MANCIA ENTRA NEL TEAM DEL POLICLINICO DI MONZA l’ipertensione arteriosa la prima causa di morte al mondo. Una malattia subdola, troppo spesso sottovalutata, con scarsi sintomi, ma un potenziale altamente pericoloso per la salute degli individui di qualsiasi etnia e di qualsiasi nazione. Il controllo dell’ipertensione arteriosa è purtroppo ancora oggi inadeguato, un recente studio del 2013 infatti mette in luce che solamente il 30% dei pazienti ipertesi riceve cure adeguate. Si deduce quindi come il miglioramento in questo campo rappresenti un obiettivo di enorme rilevanza per la salute della popolazione ed è proprio per venire incontro a questa necessità che il Policlinico di Monza ha deciso di offrire un nuovo servizio specialistico per la diagnosi e cura dell’ipertensione arteriosa e delle malattie vascolari associate. Il Centro Studi Ipertensione e Malattie Vascolari dell’Istituto Clinico Universitario di Verano Brianza nasce con l’obiettivo di mettere a punto un sistema che permetta un’efficace prevenzione delle complicanze cardiache e vascolari legate a questa patologia. A dirigere il Centro sarà il massimo esponente europeo nel settore della cura e della ricerca dell’ipertensione arteriosa e delle patologie ad essa collegate, il Prof. Giuseppe Mancia, specialista in cardiologia. “Dai 60 anni in su l’ipertensione arteriosa diventa, sia negli uomini che nelle donne, la principale causa di ictus, infarti, scompenso cardiaco e insufficienza renale – spiega il Prof. Mancia – e andiamo incontro ad un enorme paradosso se pensiamo che, nonostante i tanti farmaci per la cura dell’ipertensione, solo il 20% dei pazienti risulta avere la pressione arteriosa entro valori normali durante i controlli”. Un paradosso si, dovuto soprattutto alla scarsa aderenza dei pazienti alla terapia prescritta dal proprio medico. Spesso infatti succede che la persona affetta da ipertensione arteriosa non mostri sintomi evidenti e quindi non ritenga così necessario curarsi oppure può capitare che i leggeri effetti col-

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A DIRIGERE IL CENTRO SARÀ IL MASSIMO ESPONENTE EUROPEO NEL SETTORE DELLA CURA E DELLA RICERCA DELL’IPERTENSIONE ARTERIOSA E DELLE PATOLOGIE AD ESSA COLLEGATE, IL PROF. GIUSEPPE MANCIA, SPECIALISTA IN CARDIOLOGIA

DA SINISTRA: IL DOTT. FILIPPO SCALISE E IL DOTT. G IUSEPPE SCARDINA, RISPETTIVAMENTE R ESPONSABILE DELLA CARDIOLOGIA INTERVENTISTICA E DELL’U NITÀ OPERATIVA DI R IABILITAZIONE CARDIOLOGICA DEL P OLICLINICO DI MONZA

L’IPERTENSIONE DA CAMICE BIANCO È SOLO UNA DELLE VARIABILI SCOPERTE DALLO STUDIO PAMELA

laterali del farmaco scoraggino il paziente a proseguire con la terapia che, è bene ricordare, è assolutamente fondamentale per non incorrere in gravi patologie, anche mortali, soprattutto in quelle persone che presentano anche elevati valori di colesterolo o siano affette da diabete. “È sconvolgente vedere che un terzo dei pazienti in cura, non rinnova neppure la prima prescrizione del farmaco – continua il Prof. Mancia – diventa quindi difficile per il medico valutare in maniera precisa la reale condizione del paziente. Vengono quindi da porsi molte domande su quelle persone che si dice affette da ipertensione resistente ai farmaci. Qui il vero quesito è: siamo davvero sicuri che questi pazienti stiano assumendo regolarmente il farmaco prescritto? No, molte volte purtroppo non è così”. Il Prof. Mancia all’inizio degli anni ’90 è stato il Responsabile ricercatore dell’importante progetto PAMELA (Pressioni Arteriose

Monitorate E Loro Associazioni). Si tratta di uno studio epidemiologico in cui sono stati ottenuti i valori di pressione arteriosa mediante diverse metodologie di misurazione (tradizionale sfigmomanometrica, domiciliare, monitoraggio ambulatoriale delle 24 ore) su un ampio campione della popolazione generale di Monza. In ogni soggetto è stato inoltre effettuato uno studio del danno d’organo cardiaco mediante misurazione ecocardiografica della massa ventricolare sinistra. Le misurazioni sono state effettuate una prima volta nel 1990/91 e una seconda volta nel 2000/1. Sono stati ottenuti importanti risultanti su diversi aspetti clinici ed epidemiologici riguardanti l’ipertensione arteriosa e il danno d’organo cardiovascolare. Successivamente sono stati sistematicamente raccolti gli eventi mortali totali e cardiovascolari, mortali e non, durante un follow up di dodici anni, fra i più lunghi quindi della storia della ricerca epidemiologica cardiovascolare. Il vantaggio rilevante di questi dati è quello di essere stati ottenuti su una popolazione generale casualmente selezionata, offrendo di conseguenza informazioni sulla distribuzione reale dei diversi parametri misurati. “Tra i tanti dati utili che ci offrì lo studio PAMELA – spiega il Prof. Mancia - emerse anche la cosiddetta ipertensione da camice bianco. Diversi soggetti dimostravano valori pressori più alti quando la misurazione veniva fatta in ambulatorio dal medico, mentre magari nelle rilevazioni casalinghe i valori erano nella norma. All’infuori del progetto PAMELA, ci sono stati anche moltissimi studi sugli animali, in particolare le scimmie, che hanno evidenziato come la pressione arteriosa sia suscettibile allo stress, a situazioni d’ansia e simili. Ma ad oggi tuttavia, non si conosce la vera causa dell’ipertensione definita primaria ovvero quella di cui è affetta la maggioranza della popolazione. Al contrario l’ipertensione secondaria ha una causa identificabile e si manifesta in un individuo normoteso che durante l’arco della giornata presenta picchi ipertensivi scatenati da altre patologie come per esempio un’insufficienza renale, la coartazione dell’aorta, l’obesità e altre malattie”. Dalle parole del Prof. Mancia si evince chiaramente che il mondo dell’ipertensione arteriosa sia altamente sfaccettato e a questo proposito il Centro Studi Ipertensione e


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“TRA I TANTI DATI UTILI CHE CI OFFRÌ LO STUDIO PAMELA - SPIEGA IL PROF. MANCIA - EMERSE ANCHE LA COSIDDETTA IPERTENSIONE DA CAMICE BIANCO. DIVERSI SOGGETTI DIMOSTRAVANO VALORI PRESSORI PIÙ ALTI QUANDO LA MISURAZIONE VENIVA FATTA IN AMBULATORIO DAL MEDICO, MENTRE MAGARI NELLE RILEVAZIONI CASALINGHE I VALORI ERANO NELLA NORMA ESAME

ECOCARDIOGRAFICO

Malattie Vascolari vuole porsi come obiettivo quello di seguire il paziente da vicino e a 360 gradi, educandolo e sensibilizzandolo sulla propria patologia, rinforzandolo con raccomandazioni sulle stile di vita da seguire con lo scopo di aumentare la sua aderenza alla terapia farmacologica. Un’altra importante funzione del Centro Studi Ipertensione e Malattie Vascolari di Verano, sarà quella di verificare lo stato di salute degli organi bersaglio dell’ipertensione arteriosa ovvero: cuore, cervello, reni, vasi e occhi. “Dovremo essere un valido supporto per i medici di base del territorio con cui instaurare un rapporto di massima collaborazione – prosegue ancora il Prof. Mancia – la stessa che dovrà esserci tra i medici che opereranno all’interno del Centro. Il nostro punto di forza dovrà essere la sinergia di più specialità per affrontare la patologia sotto tutti gli aspetti e garantire ai pazienti più difficili da trattare o con gravi ipertensioni secondarie, un percorso di diagnosi e cura completo e personalizzato sul singolo caso”. Dopo una fase iniziale in cui il paziente, in base alla sua storia clinica, verrà valutato con diversi esami (ecocardiografia, profilo glicemico e lipidico, ecocolordoppler delle carotidi, ecografia renale, esame urine e monitoraggio della pressione ed eventuale visita oculistica), gli specialisti del Centro impo-

FIG. 1 L’IPERTENSIONE

ARTERIOSA RAPPRESENTA IL PIÙ IMPORTANTE FATTORE DI RISCHIO CEREBRO - CARDIOVASCOLARE AL MONDO

FIG. 2 TECNICA

DI DENERVAZIONE RENALE

FIG. 3 I NCROCI

ARTERO -VENOSI CON INIZIALI SEGNI DI COMPRESSIONE DELLA PARETE VENOSA

steranno la terapia del paziente che tornerà ad essere seguito dal proprio medico di base per poi sottoporsi a controlli biennali, o comunque in base al decorso della patologia, al Centro di Verano. Ad affiancare il Prof. Mancia nelle attività del Centro Studi Ipertensione e Malattie Vascolari ci saranno anche il Dottor Filippo Scalise, specialista in cardiologia nonchè Responsabile della cardiologia interventistica del Policlinico di Monza e il Dottor Giuseppe Scardina, specialista in cardiologia, Responsabile della Cardiologia Riabilitativa del Policlinico di Monza. Fig. 2

Fig. 1

Fig. 3

GIUSEPPE MANCIA Giuseppe Mancia è Professore Emerito all’Università degli Studi MilanoBicocca e Direttore del Centro di Epidemiologia e Trial Clinici dell'IRCSS, Istituto Auxologico Italiano. È anche Presidente della Fondazione della Società Europea dell' Ipertensione ESH a Zurigo e della Fondazione Italiana su "Ricerca e Innovazione per Ipertensione e Protezione Cardiovascolare". È dal 2006 Chairman della European Society of Hypertension per le attività Formative, e dal 2008 Coordinatore della Consulta delle 15 Società Scientifiche nazionali operanti nel settore della prevenzione cardiovascolare. È stato Professore Ordinario di Medicina Interna presso le Università di Mi-

lano e Milano-Bicocca dal 1985 sino al 2012 ed ha diretto la Clinica Medica ed il Dipartimento di Medicina all’Ospedale S.Gerardo di Monza. Giuseppe Mancia è stato Presidente della European Society of Clinical Investigation (1980-1982), della International Society of Hypertension (1988-1990). della European Society of Hypertension (1999-2001) e della Società Italiana per l’Ipertensione arteriosa (1997-1999). Ha fatto parte (unico europeo) del Direttivo della American Society of Hypertension

(1996-2008) e del Comitato Scientifico Esecutivo della European Society of Hypertension (1996-1998). È stato Chairman delle linee-guida delle Società Europea dell’Ipertensione e di Cardiologia nel 2003, 2007, 2009 e 2013 e del Comitato estensore delle linee-guida su ipertensione dell’American College of Cardiology,OMS, e World Health Federation. Ha organizzato o è stato Presidente onorario di vari meeting annuali della European ed International Society of

Hypertension. Le ricerche di Giuseppe Mancia si incentrano sulla epidemiologia, fisiopatologia, diagnosi e terapia dell’ipertensione arteriosa, dell’insufficienza cardiaca e della patologia coronarica, nonché sui fattori di rischio cardiovascolari, inclusi diabete, obesità ed altre alterazioni metaboliche. In particolare, si è occupato di monitoraggio dinamico della pressione arteriosa, ,controllo neuroumorale della circolazione sanguigna, meccanica delle grandi arterie, effetti emodinamici dei farmaci cardiovascolari, dello stress e del sonno. Ha fatto parte o è stato Chairman dei Comitati Direttivi di vari trial clinici. Ha pubblicato più di 1500 articoli, rassegne ed editoriali su riviste inde-

xate della letteratura medica internazionale. Le pubblicazioni di GM. hanno avuto, al Gennaio del 2014, oltre 81000 citazioni (calcolo su 1000 articoli) su riviste scientifiche “peerreview”, con un H-index di 125 (il più elevato tra gli internisti italiani) (ref PoP). È tra gli scienziati "highly cited" dell'ISI di Filadelfia ed un suo articolo è risultato il più citato nella letteratura medica mondiale nel biennio 2004-2005 (Ref. The Scientist). Tre suoi lavori sono tra i dieci articoli più citati al mondo nel campo dell’ipertensione arteriosa (ref. Hypertension 2014). È stato invitato a tenere relazioni o letture magistrali in oltre 500 convegni internazionali, tra le quali la Pic-

kering Lecture della British Hypertension Society, la Tigersted Lecture della Finnish Hypertension Society, la Merck Frosst Lecture della Canadian Society of Cardiology, la Saeb Salam State-of-the-art Memorial Lecture della Lebanon University, la Brian Bronte Steward Memorial Lecture della Glasgow University, e la L.F.Leloir Nobel Laureate Lecture (Buenos Aires). Gli è stata conferita la Spinoza Honorary Professorship dell’Università di Amsterdam ed è Professore Onorario dell’Università e membro onorario dell’Accademia delle Scienze di Cordoba (1999). Ha ricevuto la Laurea Honoris Causa dalle Università di Danzica, di Bucarest (Carol Davila) e di Glasgow.


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LA PAROLA AGLI SPECIALISTI SUI VARI RISVOLTI DELLA PATOLOGIA

ATTACCO INCROCIATO ALL’IPERTENSIONE: IL CUORE NON È L’UNICO BERSAGLIO LA DOTT.SSA C INZIA BALLABENI, R ESPONSABILE DEL SERVIZIO DI DIALISI DEL P OLICLINICO DI MONZA

I L P ROF. STEFANO M IGLIOR, DIRETTORE DELLA C LINICA OCULISTICA DEL P OLICLINICO DI MONZA U NIVERSITÀ DI M ILANO B ICOCCA

Che l’ipertensione sia un rischio per la salute dell’individuo ormai è un dato di fatto, ma forse non tutti sanno che questa patologia attacca l’organismo da diversi fronti. Di seguito daremo quindi voce a diversi specialisti del Policlinico di Monza che saranno parte integrante del nuovo Centro Studi Ipertensione e Malattie Vascolari dell’Istituto Clinico di Verano Brianza. Nel corso della sua attività clinica il nefrologo si confronta quotidianamente con l’ipertensione arteriosa nei suoi vari aspetti: diagnostici, terapeutici ed epidemiologici. La relazione tra malattia renale ed ipertensione arteriosa è bidirezionale: in più dell'80% dei casi l’ipertensione arteriosa complica la malattia renale, infatti il danno renale può subentrare nel corso naturale dell’ipertensione arteriosa non adeguatamente trattata, d'altro canto il rene stesso può essere causa di incremento dei livelli di pressione arteriosa. L'ipertensione arteriosa quale causa di peggioramento renale ha delle evidenti ricadute terapeutiche infatti, se non trattata adeguatamente, l’ipertensione agisce da acceleratore della tendenza al progressivo deterioramento della funzione dei reni. Il controllo pressorio e l’appropriata scelta della classe farmacologica sono alla base del trattamento ambulatoriale della malattia renale cronica soprattutto nei pazienti che presentano un più elevato rischio di evoluzione uremica come quelli affetti da diabete, obesità e malattia

L'IPERTENSIONE ARTERIOSA QUALE CAUSA DI PEGGIORAMENTO RENALE HA DELLE EVIDENTI RICADUTE TERAPEUTICHE INFATTI, SE NON TRATTATA ADEGUATAMENTE, L’IPERTENSIONE AGISCE DA ACCELERATORE DELLA TENDENZA AL PROGRESSIVO DETERIORAMENTO DELLA FUNZIONE DEI RENI

aterosclerotica. La massima attenzione deve essere quindi posta a partire dai primi gradi di insufficienza renale utilizzando l’ampia gamma dei farmaci disponibili che oltre all’azione sulla pressione arteriosa manifestano un favorevole e decisivo impatto sui meccanismi intrinseci di progressione dell’insufficienza renale. Considerazione deve essere anche posta sui recenti progressi nella terapia dell’ipertensione resistente attraverso le procedure di denervazione renale. L' effetto terapeutico sull'ipertensione è legato al fatto che il rene è al centro del complesso sistema di regolazione del sodio e dell’acqua, dei volumi dei compartimenti extracellulari, delle resistenze ematiche periferiche attraverso meccanismi funzionali ed endocrini. Discorso a parte merita l'importanza di una diagnostica nefrologica sistematica volta ad individuare quei casi di ipertensione nefrovascolare dove la causa dell'ipertensione è il rene. La stenosi o l'occlusione di una o di entrambe le arterie renali principali, di un'arteria renale accessoria o dei suoi rami, può causare ipertensione arteriosa attraverso la stimolazione della liberazione dell'enzima renina da parte delle cellule iuxtaglomerulari del rene interessato. La causa più frequente di stenosi dell'arteria renale in pazienti con età maggiore di 50 (di solito uomini) è l'aterosclerosi; nei pazienti più giovani (di solito donne), è la displasia fibrosa dell'arteria. Anche se la malattia nefrovascolare rappresenta meno del 2% di tutti i casi di ipertensione arteriosa, risulta doveroso escluderla attraverso una semplice ecografia con Doppler essendo una forma curabile. Altra causa di ipertensione renale è l'insufficienza renale acuta ove la causa del rialzo pressorio è conseguente alla ritenzione acuta idro-salina. Anche il bulbo oculare risente degli effetti negativi indotti dallo stato ipertensivo cronico, soprattutto a carico di strutture quali retina, coroide e sistema vascolare del nervo ottico. La retina costituisce una struttura d’elezione

LA RETINA COSTITUISCE UNA STRUTTURA D’ELEZIONE PER VALUTARE GLI EFFETTI DELL’IPERTENSIONE ARTERIOSA SUL MICROCIRCOLO POICHÉ LE ARTERIOLE E LE VENE RETINICHE POSSONO ESSERE VISUALIZZATE FACILMENTE ED IN MODO NON INVASIVO MEDIANTE UN SEMPLICE ESAME OFTALMOSCOPICO

I L P ROF. G IANLUCA P ERSEGHIN, SPECIALISTA IN E NDOCRINOLOGIA E MALATTIE DEL RICAMBIO E P ROFESSORE ASSOCIATO PRESSO L’U NIVERSITÀ DEGLI STUDI DI M ILANO

per valutare gli effetti dell’ipertensione arteriosa sul microcircolo poiché le arteriole e le vene retiniche possono essere visualizzate facilmente ed in modo non invasivo mediante un semplice esame oftalmoscopico. L’osservazione dell’albero vascolare fornisce utili informazioni, seppure indirette, circa le condizioni vascolari generali, cerebrali e renali. La retinopatia ipertensiva si presenta con una serie di alterazioni del microcircolo che si sviluppano in conseguenza delle fluttuazioni della pressione arteriosa e del perdurare dello stato ipertensivo; tali alterazioni diventano evidenti soprattutto nei soggetti sopra i quaranta anni di età. Col passare del tempo il soggetto iperteso non trattato va incontro ad alterazioni dei vasi retinici, ossia: 1) riduzione della dimensione (calibro) delle arterie, che si restringono progressivamente 2) dilatazione delle vene, che tendono ad assumere un decorso tortuoso 3) formazione di incroci artero-venosi ad angolo retto. Questo tipo di evoluzione della malattia porta alla formazione di aree in cui manca l’apporto di ossigeno e di nutrienti (aree ischemiche della retina): all’esame del fondo oculare potrebbero essere presenti essudati duri, molli (anche a forma di batuffolo di cotone) e piccole emorragie (disposte nello strato

LA CAUSA PIÙ FREQUENTE DI STENOSI DELL'ARTERIA RENALE IN PAZIENTI CON ETÀ MAGGIORE DI 50 (DI SOLITO UOMINI) È L'ATEROSCLEROSI; NEI PAZIENTI PIÙ GIOVANI (DI SOLITO DONNE), È LA DISPLASIA FIBROSA DELL'ARTERIA

delle fibre nervose). Anche la coroide va incontro alla formazione di aree non irrorate, mentre il nervo ottico, almeno nelle forme più avanzate della malattia, si può sollevare a causa della presenza di un certo grado di èdema papillare. Queste modificazioni sono lente e progressive, ma alla lunga possono compromettere la normale capacità visiva. Nelle forme lievi non sono presenti disturbi, mentre nelle forme più avanzate di retinopatia ipertensiva la visione può risultare annebbiata e le immagini distorte. L’ipertensione arteriosa maligna primitiva, spesso secondaria ad insufficienza renale, feocromocitoma (tumore del surrene), patologie del tessuto connettivo e gravidanza possono portare oltre che alle anomalie vascolari descritte anche ad edema retinico diffuso fino a giungere al distacco retinico. Mediante il controllo del fondo oculare si possono evidenziare le alterazioni retiniche a carico del microcircolo, contribuendo così alla diagnosi precoce di uno stato ipertensivo latente e consentendo, con l’ausilio del cardiologo o dell’internista, un trattamento farmacologico adeguato. In questo modo si potrà formulare un giudizio sull’efficacia della terapia antipertensiva in atto. È evidente, quindi, che un controllo periodico della condizione del fondo dell’occhio, potrà fornire un’informazione accurata sulla evoluzione di eventuali alterazioni retiniche causate dall’ipertensione. Quando in un paziente iperteso si manifestino anche altri due dei seguenti fattori di rischio: trigliceridi ematici superiori a 150 mg/dl; glicemia a digiuno superiore a 100 mg/dl; colesterolo HDL inferiore a 40 mg/dl nell'uomo o a 50 mg/dl nelle femmine; circonferenza addominale superiore a 94 centimetri per i maschi o a 88 centimetri per le femmine, allora l’individuo in questione è affetto da “sindrome metabolica”. Questa patologia interessa quasi la metà degli adulti al di sopra dei 50-60 anni. Un'incidenza già di per sé allarmante, ma che verosimilmente crescerà nei prossimi anni sulla scia del dilagare dell'obesità infantile. Un cambiamento drastico dello stile di vita e, in alcuni casi, i farmaci possono migliorare tutti i fattori della sindrome metabolica. Fare più attività fisica, perdere peso e smettere di fumare contribuiscono a ridurre la pressione sanguigna e a migliorare i livelli di colesterolo e zucchero nel sangue.


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APPRODA AL POLICLINICO IL DOTT. GIANLUCA MARTINELLI

IDEE CHIARE PER IL NUOVO CARDIOCHIRURGO E LA SUA ÈQUIPE

DOTT. G IANLUCA MARTINELLI, NUOVO DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO DI CARDIOCHIRURGIA DEL P OLICLINICO DI MONZA

l Dott. Gianluca Martinelli è il nuovo Responsabile del Dipartimento di Cardiochirurgia del Policlinico di Monza. Lasciato il Santa Maria di Bari, il cardiochirurgo di origine romana con più di 5.000 interventi all’attivo approda a Monza con la sua équipe formata dal cardioanestesista, Dott. Andrea Cuccio e il cardiochirurgo Dott. Pierpaolo Greco e il chirurgo vascolare Dott. Attilio Cotroneo. “Sono fermamente convinto che, soprattutto nel nostro campo, sia fondamentale ragionare in termini di équipe – esordisce il Dott. Martinelli - il Dott. Greco ha una storia accademica tutta Monzese, si è formato alla Bicocca di Milano; il Dott. Cotroneo invece vanta una formazione completa come chirurgo vascolare, ma con una grande esperienza anche come emodinamista e poi c’è il nostro prezioso Dott. Cuccio con anni di esperienza in cardioanestesia. La mia volontà è quella di far si che questi

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nuovi elementi si fondano con la grande équipe attuale del Policlinico di Monza, che vanta nomi di assoluto prestigio, per andare a formare un unico team di professionisti che condividono le proprie conoscenze e le mettono al servizio della causa principale: il paziente”. Appassionato di matematica e storia, il Dott. Gianluca Martinelli ha studiato a Roma per poi trasferirsi a Parigi per cinque anni. “Ho avuto la fortuna di diplomarmi nell’epoca dei primi trapianti di cuore e dell’impianto dei primi cuori artificiali – continua il Dott. Martinelli – ero affascinato da come la tecnologia potesse influenzare e modificare la qualità e l’aspettativa di vita di molte persone. Ho quindi scelto la strada della medicina, come mio nonno, e dopo la specializzazione in cardiochirurgia mi sono trasferito per cinque anni in Francia, a Parigi, dove ho potuto lavorare accanto al

LA CREAZIONE DI UNA “AORTIC UNIT” INTESA COME RISPOSTA CONCRETA ED EFFICACE, 24 ORE SU 24 PER 365 GIORNI ALL’ANNO, PER IL TRATTAMENTO IN ELEZIONE E IN EMERGENZA DELLE PATOLOGIE CHE COINVOLGONO L’AORTA grandissimo Prof. Daniel Guilmet, il padre della chirurgia dell’aorta, un vero guru da cui ho imparato tantissimo. Terminata la grande esperienza francese sono tornato in Italia e ho iniziato a lavorare a Torino e dopo qualche tempo sono stato chiamato in Calabria dove dal 2002 al 2012 ho rivestito la carica di Responsabile del Servizio di Cardiochirurgia del S. Anna Hospital di Catanzaro. Qui, insieme al Direttore del Dipartimento, il Dott. Mauro Cassese, si può dire abbiamo creato un centro di cardiochirurgia di riferimento per il centrosud Italia, portando avanti programmi estremamente innovativi. La stessa cosa che vorrei fare proprio qui a Monza”. Il Dott. Martinelli ha le idee molto chiare sugli obiettivi terapeutici che intende raggiungere al Policlinico di Monza nel pros-

simo futuro, primo fra tutti la creazione di una “Aortic Unit” intesa come risposta concreta ed efficace, 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno, per il trattamento in elezione e in emergenza delle patologie che coinvolgono l’aorta. “Per creare una Aortic Unit – spiega il Dott. Martinelli – servono un radiologo, un cardiologo interventista, un chirurgo vascolare, un cardioanestesista e un cardiochirurgo. Il Policlinico di Monza ha la fortuna di avere già in organico queste professionalità e per di più ad altissimo livello come il Dott. Toufic Khouri per la parte radiologica, un vero pezzo da novanta a cui mi piacerebbe affiancare per la parte vascolare il Dott. Pier Paolo Zanetti e il Dott. Filippo Scalise, già nell’équipe del Policlinico; il collega Cuccio per la cardioanestesia e il sottoscritto per la parte cardiochirurgia andrebbero a completare la squadra. L’aorta è un organo talmente complesso da coinvolgere un po’ tutto l’organismo, quindi poter contare su un Team specializzato nel suo trattamento rappresenta un valore aggiunto non tanto per il Policlinico di Monza quanto per la cittadinanza locale”. Il nuovo Direttore del Dipartimento di

IL CURRICULUM VIATE DEL DOTT. GIANLUCA MARTINELLI Il Dott. Gianluca Martinelli nasce a Roma il 4 maggio 1963. TITOLI DI STUDIO - Università di Parigi : diploma di microchirurgia, a.a. 1992-93; - Università "La Sapienza", Roma : diploma di specializzazione in cardiochirurgia ottenuto presso l’Istituto di Chirurgia del Cuore e dei Grossi Vasi diretto dal Prof. Benedetto Marino, novembre 1992; - Iscrizione all’Ordine dei Medici di Roma, 15/2/1988. - Abilitazione all'esercizio della professione, novembre 1987. - Università “La Sapienza”, Roma: laurea in Medicina e Chirurgia - Lycée Chateaubriand, Roma : "Baccalauréat" con lode, sezione scientifica, 1981.

TITOLI DI CARRIERA • Responsabile del servizio di Cardiochirurgia presso la Casa di cura S. Maria di Bari, centro accreditato con il S.S.N. servizio incluso nel Dipartimento CardioVascolare diretto dal Dr Mauro Cassese; • Responsabile del Servizio di Cardiochirurgia del Dipartimento Cardiovascolare presso il S. Anna Hospital struttura ospedaliera accreditata centro di riferimento del S.S.N per l’alta specialità del cuore dove ho effettuato più di 2600 interventi come primo operatore. • Consulente presso l’Ospedale Annunziata di Cosenza dal 2005 al 2012. • Consulente presso l’Azienda Sanitaria Ospedaliera G.Bosco di Torino dal 1998-2001.

• Cardiochirurgo con rapporto libero-professionale con l’Azienda Sanitaria Ospedaliera San Giovanni Battista – Ospedale Molinette di Torino, dal giugno 2001 al dicembre 2001. • Consulente presso la clinica convenzionata Pinna Pintor di Torino dal settembre 2000 ad aprile 2001. • Consulente dal 2000 al 2005 presso il Jo Ann Medical Center di Tblisi, Repubblica della Georgia, per l’attivazione del primo Centro di cardiochirurgia per gli adulti con il supporto del governo locale. • Aiuto a tempo pieno presso il Dipartimento di Chirurgia Cardiovascolare della struttura ospedaliera accreditata Villa Maria Pia di Torino dal 02/01/1996 al 31/08/2000. • Aiuto di ruolo dal 26/1/1994 al

02/01/1996 presso l'Unità Organica di Chirurgia per l'Attività di Cardiochirurgia e di Chirurgia Vascolare dell'Ospedale Silvestrini di Perugia, primario Professor Ugo Mercati. • "Chef de Clinique" a tempo pieno, dal 7/5/1993 al 11/1/1994, presso l'Istituto clinico-universitario di chirurgia cardiovascolare del Centre Médico-Chirurgical Foch di Parigi, diretto dal Professor Daniel Guilmet. Attività equiparata in Italia a quella di aiuto di ruolo. • Assistente nel medesimo Istituto dal 2/11/90 al 6/5/93. ATTIVITÀ SCIENTIFICA NEL 2014: • Investigator nello studio internazionale multicentrico: Assessing stan-

dard oF care and clinical Outcomes UsiNg the EDWARDS INTUITY VAlve SysTem in a European multI-center, active, pOst-mark et surveillaNce study (FOUNDATION). • GL. Martinelli, MD; M. Braccio, MD; A. Cotroneo, MD; C. Labriola, MD; M. Cassese, MD Cardiogenic shock in the setting of severe aortic stenosis: advantage of EDWARDS INTUITY bioprosthesis (in stampa) • PaparellaD,Guida P,CaparottiS, FanelliV,BiscegliaL,MartinelliG,ZaccariaS,ScrasciaG: “Myocardial damage influences shortand mid term survival after valve surgery: a prospective multicenter study”, J Thoracic Cardiovasc Surg Vol 146,issue 5,pag 1098-1104, November 2013 • Innovations in Mini Invasive Aortic

Valve Surgery Martinelli, MD, 63th ESCVS, april 2014. • Martinelli GL, Vivacqua A, Braccio M, Cotroneo A, Greco P, Cassese M: “Multibranched Frozen Elephant Trunk with Left Subclavian ArteryCannulation”. Aorta 2014; 2 (2): 000. DOI: http://dx.doi.org/ 10.12945/j.aorta.2014.13-05 • Chairman in Surgical AVR: a spectrum of MIS approaches. London Master of Valve Therapy, 2014. Negli ultimi 4 anni ha partecipato alla creazione del “Valve Team” dove in collaborazione con i colleghi cardiologi interventisti sono stati effettuati oltre 300 impianti di valvola aortica transcatetere (TAVI) sia per via femorale che per via trans apicale e più recentemente trans aortica.


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I L DOTT. MARTINELLI INSIEME AI NUOVI MEMBRI DELL’ÉQUIPE: DOTT. ANDREA C UCCIO, DOTT. P IERPAOLO G RECO, DOTT. ATTILIO COTRONEO

Cardiochirurgia entra anche nel dettaglio sulle modalità di intervento all’aorta. “Le patologie dell’aorta oggi possono essere affrontate in diverse maniere a seconda, ovviamente dei fattori di rischio e dell’estensione della malattia. Personalmente ho grande esperienza nel trattamento ibrido della patologia dell’aorta (sia acuta che cronica) inteso come un primo step chirurgico dove avviene la sostituzione dell’aorta ascendente e dell’arco aortico, mantenendo la perfusione cerebrale, e un secondo step, in sala di emodinamica, per l’ impianto di un’endoprotesi. Questa soluzione permette il trattamento di tutta l’aorta che va dalla zona toracica a quella addominale, riducendo quindi il rischio di una chirurgia tradizionale. La possibilità di sostituire l’arco aortico mantenendo sempre la perfusione cerebrale e, in casi selezionati, anche una perfusione della parte inferiore del corpo, comporta come è intuibile meno rischi per il paziente. In casi particolari questo intervento può essere fatto in un solo tempo chirurgico impiantando, in arresto di circolo e per via anterograda, l’endoprotesi per il trattamento dell’aorta toracica distale”. Per quel che riguarda invece la chirurgia riparativa della valvola aortica e della valvola mitrale, il Dott. Martinelli sta organizzando l’apposita attrezzatura per poter effettuare al Policlinico di Monza la chirurgia mitralica per via mininvasiva, parzialmente video assistita. Questo per trattare la valvola mitrale in minitoracotomia anteriore de-

stra in modo da garantire l’efficacia del trattamento pur riducendo l’invasività della procedura con dimostrati effetti positivi per i pazienti. “Un’altra nuova procedura terapeutica che vorrei portare anche qui a Monza – prosegue il Dott. Martinelli – riguarda il trattamento della patologia aortica nelle persone anziane (circa il 5% della popolazione sopra i 75 anni soffre di stenosi aortica). Si tratta di una tecnica mininvasiva nella sostituzione della valvola aortica tramite l’ausilio della protesi biologica sutureless (ovvero che non necessita di punti di sutura) chiamata “Intuity”. Questa valvola artificiale, di ultima generazione, ben si sposa con il concetto di chirurgia mininvasiva, perchè oltre a permettere la riduzione dei tempi chirurgici, facilita tecnicamente l'impianto della protesi stessa attraverso incisioni di pochi centimetri del torace o dello sterno, circa 5/6 centimetri. Infine, per i pazienti particolarmente fragili, viste le potenzialità già presenti al Policlinico, vorrei portare avanti un programma TAVI che prevede l’impianto di valvole aortiche senza la classica incisione chirurgica, ma per via transapicale o transfemorale”. Infine il Dott. Martinelli ha anche programmi sulla chirurgia coronarica “con l’utilizzo sistematico della doppia mammaria e l’introduzione di una chirurgia coronarica mininvasiva per poter offrire ad ogni paziente la soluzione che collegialmente riteniamo sia la migliore”.

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A DICEMBRE IL CONGRESSO EUROPEO DI ECOCARDIOGRAFIA

DA ISTANBUL A VIENNA CON L’ÉQUIPE DEL CUORE DI NOVARA ltra importante tappa per l’Èquipe di cardiologia e cardiochirurgia della Clinica San Gaudenzio di Novara che nel mese di maggio ha partecipato al World Congress of Echocardiography and Allied Techniques con un intervento eseguito in diretta dalla sala operatoria novarese. A parlarci di questa importante esperienza è il Dott. Gheorghe Cerin, Responsabile dell’Unità Funzionale di Cardiologia della Clinica San Gaudenzio di Novara.

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DOTT. G HEORGHE C ERIN, R ESPONSABILE DELL’U NITÀ FUNZIONALE DI CARDIOLOGIA DELLA C LINICA SAN GAUDENZIO DI NOVARA

Cosa può raccontarci di questa esperienza e come arriva una Struttura sanitaria come quella di Novara ad essere scelta per partecipare attivamente a questi congressi tanto prestigiosi? “Sono davvero orgoglioso di questo traguardo raggiunto, il nostro gruppo di cardiologi, anestesisti e cardiochirurghi ha preso parte al XIX Congresso Mondiale di Ecocardiografia organizzato con il patrocinio della Società Internazionale di Ecocardiografia, diretta dal Prof. Navin Nanda. Quest’anno il Congresso è stato organizzato in una bellissima città dalla Transilvania, Sibiu, che ha accolto più di 800 partecipanti, tra medici e specialisti, provenienti da tutto il mondo. La nostra presenza al Congresso Mondiale di Ecocardiografia è il risultato di oltre dieci anni di intenso lavoro nel campo della formazione professionale in Italia, attraverso i Corsi ECM organizzati nella Clinica San Gaudenzio e ufficialmente riconosciuti dal Ministero della Salute. Siamo uno dei

IL NOSTRO GRUPPO DI CARDIOLOGI, ANESTESISTI E CARDIOCHIRURGHI HA PRESO PARTE AL XIX CONGRESSO MONDIALE DI ECOCARDIOGRAFIA ORGANIZZATO CON IL PATROCINIO DELLA SOCIETÀ INTERNAZIONALE DI ECOCARDIOGRAFIA, DIRETTA DA PROF NAVIN NANDA

pochissimi centri in Italia che organizzano annualmente Corsi ECM con trasmissioni in diretta dalla sala operatoria alla sala congressi per cardiologi, anestesisti, cardiochirurgi e anche per i medici di base e gli infermieri professionali. L’impatto formativo e didattico della trasmissione in diretta si è dimostrato molto efficace e, negli ultimi quattro anni, siamo riusciti a estendere i collegamenti telematici con vari centri universitari e non. Abbiamo quindi portato i nostri Corsi ECM nei centri di cardiologia e cardiochirurgia di Varsavia, Bucarest, Chişinău, Tbilisi, Timisoara, Oradea, Brasov, Sinaia e diverse altre città. Grazie quindi alla nostra esperienza, la Società Europea di Cardiologia, così come anche la Società Internazionale di Ecocardiografia, hanno avuto fiducia nella nostra équipe e hanno accettato la nostra proposta di collegarci in diretta dalla sala operatoria di Novara per una trasmissione live di ecocardiografia intraoperatoria e cardiochirurgia. Solo un anno fa eravamo presenti anche all’EuroEcho 2013 ad Istanbul (oltre 35000 partecipanti da tutto il mondo) con una riparazione valvolare mitralica eseguita, con tecnica mininvasiva, dal Dott. Marco Diena. Un intervento delicato, molto apprezzato dallo staff scientifico della Società Europea di Ecocardiografia. Grazie a questo successo abbiamo quindi ricevuto l’invito ad essere presenti anche al prossimo Congresso Europeo di Ecocardiografia che si terrà a Vienna il prossimo dicembre”. Quali sono le maggiori difficoltà che si possono incontrare nell’esecuzione in diretta di interventi così delicati? “Non è certo facile eseguire un intervento a cuore aperto in diretta. Ci sono diverse variabili da gestire ed è per questo che diventa davvero fondamentale il valore del lavoro di squadra, in particolar modo la collaborazione fra il cardiochirurgo e l’ecocardiografista in interventi, per esempio, di chirurgia valvolare riparativa. Ad oggi il nostro team


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LO STAFF DIRIGENZIALE ALL’APERTURA UFFICIALE DEL WORLD ECHO 2014 DI SIBIU

ha eseguito circa trenta interventi chirurgici live e posso quindi dire che abbiamo acquisito un certo tipo di esperienza. Tutto questo anche grazie all’appoggio tecnico di una squadra audio-video molto preparata, anch’essa con esperienza quasi ventennale in trasmissioni mediche in diretta ed infine la tecnologia ecocardiografica di alto livello di cui disponiamo ci permette di essere presenti sulle platee dei più grandi congressi internazionali. A questo proposito uno degli strumenti più avanzati su cui possiamo contare è quello che ci permette di avvalerci dell’ecocardiografia transesofagea intraoperatoria tridimensionale, un apparecchio sofisticato che abbiamo avuto il privilegio di utilizzare dalla sua prima uscita sul mercato grazie al Gruppo Policlinico di Monza che ha creduto nel nostro team mettendoci a disposizione quanto di meglio dal punto di vista tecnologico. Un altro aspetto fondamentale per la buona riuscita di un intervento live è la preparazione del chirurgo che deve avere una solida esperienza alle spalle perché, come si potrà capire, non è facile mantenere la concentrazione sull’intervento e al contempo rispondere in maniera esaustiva alle domande che vengono poste dal pubblico che assiste. Da questo punto di vista il Dott. Marco Diena ha pienamente dimostrato in tutti questi anni di essere in grado di eseguire con grande cura l’intervento chirurgico e di tenere il passo con le domande ricevute dalla sala congressi”.

Come si prepara il team ad un evento di questa portata? Ci sono prove, riunioni, consulti? “Essendo una diretta non possiamo fare prove, tantomeno ripetizioni. Il caso clinico viene prima discusso all’interno del gruppo e l’intervento pianificato nei minimi dettagli. La squadra di ecocardiografisti prepara con grande cura la presentazione del caso, con tutti i suoi particolari: dall’esame clinico, alla coronarografia e naturalmente l’esame preoperatorio transtoracico. Dopo la scelta del caso clinico segue tutta la preparazione della presentazione da parte degli ecocardiografisti. A Novara abbiamo acquisito nel tempo una notevole ed incontestabile esperienza nell’ecocardiografia intraoperatoria. Da oltre dieci anni abbiamo sempre un ecocardiografista in sala operatoria che partecipa attivamente alla decisione e alla scelta dell’intervento chirurgico. Oltre al sottoscritto, che ha acquisito esperienza con questa metodica in oltre vent’anni di lavoro, il nostro team usufruisce dell’appoggio e dell’esperienza di tutti i suoi componenti: La Dott.ssa Diana Benea e il Dott. Adrian Popa, entrambi esperti in ecografia peri-operatoria”. Con quali criteri viene scelto il caso da presentare come intervento live e come viene organizzato il tutto? “Non è mai facile trovare il caso clinico più adatto, tuttavia cerchiamo sempre di scegliere tra quelli più emblematici, che posso-

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aula procedono in parallelo due o tre conferenze strettamente correlate al caso che spaziano dall’anatomia, all’ecocardiografia, alla chirurgica”.

ALCUNE IMMAGINI DELL’INTERVENTO CHIRURGICO IN DIRETTA DALLA SALA OPERATORIA DELLA C LINICA SAN GAUDENZIO DI NOVARA

no aiutare la platea che assiste ad entrare nel merito dell’argomento con interazioni e domande. Ad Istanbul, all’EuroEcho 2013 per esempio, ci è stato chiesto di fare in diretta una riparazione della valvola mitrale che il Dott. Diena ha scelto di approcciare in maniera minivasiva e non attraverso la sternotomia classica. Come noto la chirurgia mininvasiva, che si sta facendo sempre più largo nella pratica chirurgica degli ultimi anni, è più impegnativa e generalmente più difficile rispetto alla chirurgia classica, ma al contempo può essere più vantaggiosa per il paziente che vede notevolmente ridotti i tempi di recupero post-operatorio. Alla presenza dei guru della cardiochirurgia e cardiologia come il Prof. Giles Dreyfus, il Prof. Romuald Cichon, il Prof. Raphael Rosenhek e il Prof. Khalil Fattouch, il Dott. Diena ha eseguito alla perfezione un intervento complesso di riparazione valvolare, assecondato con precisione dagli ecocardiografisti. Vorrei ancora precisare che il tutto viene anche discusso con lo staff dirigenziale del Congresso e oltre al caso clinico, che viene presentato in streaming da Novara, in

A NOVARA ABBIAMO ACQUISITO NEL TEMPO UNA NOTEVOLE ED INCONTESTABILE ESPERIENZA NELL’ECOCARDIOGRAFIA INTRAOPERATORIA. DA OLTRE DIECI ANNI ABBIAMO SEMPRE UN ECOCARDIOGRAFISTA IN SALA OPERATORIA CHE PARTECIPA ATTIVAMENTE ALLA DECISIONE E ALLA SCELTA DELL’INTERVENTO CHIRURGICO

Quali sono i vantaggi per chi partecipa attivamente e per chi assiste a questo tipo di Congressi? “La possibilità di vedere in diretta l’intervento chirurgico ovviamente e poi capire l’importanza dell’indagine ecocardiografica nella definizione della strategia chirurgica da seguire. Questo diciamo è il vero valore aggiunto di assistere ad un’operazione chirurgica live. A questo proposito ci tengo a sottolineare che mediamente oggi, in Europa e negli Stati Uniti, un paziente con insufficienza mitralica è sottoposto ad intervento di protesi valvolare nel 50% dei casi circa. Contemporaneamente vari centri internazionali dedicati alla chirurgia valvolare riparativa, tra cui il centro della Clinica San Gaudenzio di Novara, hanno da anni evidenziato successi nella riparazione valvolare mitralica nel 95% dei pazienti e questo grazie all’esperienza della squadra ecocardiografica e chirurgica. Se aggiungiamo quanto detto il fatto che le cifre di mortalità della chirurgia riparativa non superano l’1%, rispetto a circa il 4% della chirurgia protesica, si può capire meglio perché tanto interesse sull’argomento da parte della comunità medica internazionale. La medicina non si può imparare solamente sui libri di testo e il valore aggiunto di assistere a questo generi interventi, per i medici di oggi e quelli di domani, non ha eguali. In più la valvola mitrale che presenta insufficienza, non si logora mai nello stesso modo e per questo ogni caso è a sé e il chirurgo deve saper inventare sempre una soluzione diversa. Questo quindi porta al confronto tra specialisti, al dialogo tra i membri del team che devono essere affiatati e collaborativi. Non può quindi farci che piacere ricevere richieste dai nostri colleghi che chiedono di essere ammessi nel nostro centro per training in ecocardiografia perioperatoria. Abbiamo formato ecocardiografisti dalla Romania, Polonia, Moldavia, Georgia e naturalmente dall’Italia e tutto ciò ci conferma quotidianamente che stiamo percorrendo la strada giusta”.


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CARDIOTEAM FOUNDATION: VIA ALLA CAMPAGNA DI SCREENING

ANEURISMA DELL’AORTA? MEGLIO PREVENIRE CHE FARCI FREGARE! aneurisma dell’aorta è una grave patologia, anche fatale, che può però essere scoperta per tempo grazie ad un semplice esame ecocardiografico. Ecco quindi che ha preso il via in tutta Italia la campagna di screening “Aneurisma, meglio prevenire che farci fregare!” fortemente voluta e promossa dalla Cardioteam Foundation Onlus, che vede nel famoso attore comico italiano, Massimo Boldi, un grande testimonial. Dal 2012 la Fondazione Cardioteam, il cui Presidente è il Dott. Marco Diena, Responsabile coordinatore del Dipartimento di Cardiochirurgia della Clinica San Gaudenzio di Novara, ha lavorato per la messa a punto di un progetto volto alla realizzazione di una campagna di screening per la prevenzione degli aneurismi all’aorta. Ad affiancare il Dott. Diena, all’interno della Fondazione, c’è anche il Dott. Gheorghe Cerin, Responsabile dell’Unità Funzionale di Cardiologia della Clinica San Gaudenzio di Novara. Tutto il Team ha lavorato sodo per presentare il progetto alla Camera dei Deputati già nel novembre 2012. La campagna di prevenzione ha quindi avuto ufficialmente inizio il 25 maggio a Milano e continuerà per i prossimi dodici mesi in giro per tutta Italia.

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DOTT. MARCO DIENA, R ESPONSABILE COORDINATORE DEL DIPARTIMENTO DI CARDIOCHIRURGIA DELLA C LINICA SAN GAUDENZIO DI NOVARA

DAL 2012 LA FONDAZIONE CARDIOTEAM, IL CUI PRESIDENTE È IL DOTT. MARCO DIENA, RESPONSABILE COORDINATORE DEL DIPARTIMENTO DI CARDIOCHIRURGIA DELLA CLINICA SAN GAUDENZIO DI NOVARA, HA LAVORATO PER LA MESSA A PUNTO DI UN PROGETTO VOLTO ALLA REALIZZAZIONE DI UNA CAMPAGNA DI SCREENING PER LA PREVENZIONE DEGLI ANEURISMI ALL’AORTA

Conosciamo ora meglio, nel dettaglio, questa subdola e grave patologia. L’aneurisma dell’aorta ascendente è una dilatazione che può diventare pericolosa per la nostra vita, colpisce maggiormente la fascia di età tra i 55 ed i 75 anni con una prevalenza degli uomini sulle donne (3:1). L’incidenza è di 3 casi/100.000 abitanti all’anno con probabilità di rottura del 2/100.000. Il che significa che in Italia ci sono circa 1800 nuovi casi ogni anno. L’aorta ascendente è la sede in cui gli aneurismi hanno le maggiori complicanze acute per la vicinanza con il cuore e le arterie coronarie. Sono pericolosi perché non danno sintomi ed è quindi necessario eliminare questo rischio con un esame ecocardiografico. La campagna di prevenzione dell’aneurisma dell’aorta ascendente si pone come primo step lo screening sulla popolazione tra i 55 e 75 anni, il tutto avviene attraverso un semplice esame non invasivo: l’ecocardiogramma. L’ecocardiogramma, che viene fatto a bordo dei tanti camper che si trovano sparsi nelle varie piazze d’Italia, richiede non più di 20-30 minuti di tempo ed è in grado di diagnosticare l’aneurisma dell’aorta ascendente con elevata affidabilità. Inoltre, con questo esame, è possibile svelare altre eventuali patologie cardiache, eccetto quelle coronariche, con beneficio per i pazienti di essere seguiti meglio e non arrivare dallo specialista quando ormai è troppo tardi. Per gli aneurismi di dimensioni limitate inferiori ai 5 cm sarà proseguito un follow up cardiologico. Per gli aneurismi di competenza chirurgica (> 5 cm di diametro) secondo le linee guida internazionali i pazienti verranno indirizzati ai centri di riferimento per le cure del caso. L’obiettivo finale della campagna nazionale è quello di svelare nella popolazione a rischio la presenza di aneurismi dell’aorta ascendente e di monitorarne l’evoluzione. In questo modo si eviteranno in massima parte la rottura (mortale) e i ricoveri in emergenza per dissezione aortica che com-

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CHI È CARDIOTEAM FOUNDATION Cardioteam Foundation Onlus, nata a Torino nel 2008, è la prima Fondazione in Italia ad occuparsi a livello internazionale, di ricerca, formazione, solidarietà e prevenzione nel settore della salute e delle malattie di origine cardiovascolare.

La Fondazione è coinvolta in programmi di ricerca medica nel settore cardiovascolare con partner prestigiosi fra cui: il Politecnico di Torino, l'Università di Bucarest, il Ministero della Sanità della Repubblica Moldava, la Società Romena di Cardiochirurgia, Cardiologia e l’Ordine dei Medici della Romania

COSA FA CARDIOTEAM FOUNDATION • Concentra la propria azione sulle persone in difficoltà (adulti e bambini), senza limiti o restrizioni di area geografica, come testimoniano i progetti avviati con Georgia, Romania, Moldavia, Siria e Haiti. • Favorisce un percorso di solidarietà che identifica nella prevenzione uno dei principali valori per la salute ed il benessere della persona. • Si apre verso Paesi e sistemi sociali dove la cardiologia e la cardiochirurgia necessitano di sviluppo al fine di ottenere migliori risultati in termini di sopravvivenza dei pazienti. • Lavora nell'ambito della ricerca avanzata di tipo tecnologico e della prevenzione.

ANEURISMA, MEGLIO PREVENIRE

CHE FARCI FREGARE!

CARDIOTEAM PREVENZIONE ANEURISMA CAMPAGNA DI SCREENING ANEURISMI DELL’AORTA L’aneurisma dell’aorta ascendente colpisce più di 1800 persone ogni anno in Italia soprattutto nella fascia d’età fra 55 e 75 anni. Un male che non da sintomi, un pericolo per la vita, ma che possiamo scoprire facilmente con un esame al cuore. Se hai fra i 55 e 75 anni, chiama il numero verde e prenota un ecocardiogramma gratuito, salvarsi la vita è semplice!

800 77 55 90 Attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 8.30 alle ore 12.00 e dalle ore 14.00 alle ore 18.00

È un’iniziativa promossa da

SOSTIENI LA CARDIOTEAM FOUNDATION ONLUS, AIUTACI CON UN BONIFICO: IBAN IT86C 02008 01021 0000 4120 3369

www.cardioteamfoundation.org

www.cardioteamaneurisma.org Con il sostegno di:

Si ringrazia:

• Organizza studi epidemiologici e clinici sull'efficacia della prevenzione e su nuove terapie e strategie attuabili. • Si impegna nella ricerca medica nel settore cardiovascolare dalla prevenzione, alla diagnosi ed alle cure e terapie più avanzate sia mediche che chirurgiche a livello nazionale ed internazionale. • Coordina iniziative di formazione professionale medica ed infermieristica, tecnici della perfusione attraverso corsi di formazione, convegni locali ed internazionali, live teleconferenze intercontinentali • Promuove progetti sanitari complessi comprendenti infrastrutture e apparecchiature anche di cooperazione internazionale sia governativa che non governativa con i Paesi comunitari ed extracomunitari con particolare attenzione ai Paesi con standard sanitari meno avanzati. • Favorisce iniziative per promuovere la prevenzione cardiovascolare, sia primaria che secondaria, realizzando azioni di informazione e divulgazione finalizzate alla promozione della salute, quali eventi e pubblicazioni.

portano un elevato rischio (mortalità 1528%). Se l’intervento è invece condotto in elezione il rischio è circa 20 volte più basso (1-2%). Inoltre gli aneurismi dell’aorta ascendente possono essere associati ad insufficienza aortica secondaria o a stenosi su valvola bicuspide che richiedono un trattamento specifico di riparazione o sostituzione valvolare. L’obiettivo secondario è quello di svelare patologie valvolari cardiache misconosciute o deficit contrattili del ventricolo sinistro testimoni di infarti asintomatici pregressi tutto a beneficio di una migliore sorveglianza cardiologica del paziente. Per essere sempre informati sulle piazze in cui trovare il camper per effettuare lo screening, basta consultare il sito www.cardioteamaneurisma.org


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LA CHIRURGIA MININVASIVA NEL TRATTAMENTO DEI TUMORI

PER FEGATO, COLON E PANCREAS C’È ANCHE LA STRADA LAPAROSCOPICA

DA SINISTRA DOTT. MASSIMILIANO N ICOLOSI, IL DOTT. ADELMO ANTONUCCI, IL DOTT. MARCELLO SCHIAVO E IL DOTT. MARTINO G EROSA

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IL DOTT. ADELMO ANTONUCCI DIRETTORE DEL C ENTRO SPECIALISTICO E PATOBILIOPANCREATICO DEL P OLICLINICO DI MONZA

a paziente di cui parliamo ha 55 anni, è originaria del nord Italia ed è già stata sottoposta a resezione del colon nel maggio del 2012 per patologia tumorale e, purtroppo, come succede in circa il 50% dei casi, ha sviluppato metastasi tumorali al fegato. Vista la localizzazione delle lesioni e la loro dimensione, l’Équipe di Chirurgia Oncologica ed Epato-Bilio-Pancreatica del Policlinico di Monza, diretta dal Dott. Adelmo Antonucci, ha stabilito che ci fossero tutte le premesse per proseguire con un approccio chirurgico mininvasivo. “Abbiamo deciso per un trattamento che fosse il meno traumatico per la paziente stessa – spiega il Dott. Antonucci - per permettere una ripresa più rapida e consentire quindi l’inizio dell’eventuale chemioterapia adiuvante in tempi più brevi. La pa-

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IL PROGRAMMA DI IMPLEMENTAZIONE DELLA CHIRURGIA MININVASIVA È STATO APPLICATO ANCHE ALLE OPERAZIONI CHIRURGICHE DEL COLON-RETTO DOVE SU UN TOTALE DI 126 INTERVENTI, 56 DI QUESTI SONO STATI APPROCCIATI CON TECNICA LAPAROSCOPICA

ziente è stata quindi sottoposta ad intervento di lobectomia sinistra eseguita totalmente in laparoscopia. Ha avuto decorso regolare ed è stata dimessa dopo sei giorni dal ricovero”. Questo intervento rientra in un programma di implementazione della chirurgia mininvasiva che l’Équipe di Chirurgia Oncologica ed Epato-Bilio-Pancreatica del Policlinico di Monza sta portando avanti da più di tre anni. Da febbraio 2011 infatti l’èquipe ha eseguito un totale di 530 interventi chirurgici di cui 124 resezioni epatiche, 23 delle quali in laparoscopia. Il Programma di implementazione della chirurgia mininvasiva è stato applicato anche alle operazioni chirurgiche del colonretto dove su un totale di 126 interventi, 56 di questi sono stati approcciati con tecnica laparoscopica. Parlando in percentuali si tratta del 45%, valore nettamente superiore alla media nazionale che si aggira sul 30%. “Abbiamo quindi eseguito - prosegue il Dott. Antonucci - 48 interventi di resezione pancreatica, 10 dei quali sempre in laparoscopia. Siamo fortemente soddisfatti di questi numeri perché siamo convinti che, qualora sussistano i giusti presupposti, l’approccio chirurgico mininvasivo dia un maggiore beneficio al paziente sia in termini di

ripresa immediata post operatoria, ferite più piccole significano anche meno punti di sutura e meno convalescenza. Tutto questo ci fa quindi rimettere presto il paziente in piedi per guadagnare tempo prezioso e iniziare entro pochi giorni dall’operazione l’eventuale trattamento chemioterapico”. È bene però sottolineare che non tutti i pazienti e non tutti i tipi di tumore al colon, all’intestino o all’apparato epato-bilio-pan-

creatico, sono idonei ad essere trattati con la chirurgia mininvasiva. “Al primo posto – spiega ancora il Dott. Antonucci – deve essere messa la sicurezza dell’intervento e quella oncologica ovvero qualunque tecnica chirurgica impiegata deve avere come fine la cura del tumore e non aspetti estetici o altro. In certi casi essere conservativi è controproducente, non possiamo rischiare di fare più danni nel tentativo di farne meno”.

L’ATTIVITA’ DEL CENTRO SPECIALISTICO DI CHIRURGIA ONCOLOGICA ED EPATO-BILIO-PANCREATICA DEL POLICLINICO DI MONZA La Chirurgia Oncologica è una disciplina che si pone come obiettivo quello di offrire il miglior trattamento chirurgico per i tumori, ponendo grande attenzione all’umanizzazione della cura e al rispetto per il paziente e i familiari. Nel contesto dell’Istituto di Oncologia del Policlinico di Monza è stato istituito da più di un anno il Centro Specialistico di Chirurgia Oncologica ed Epato-bilio-pancreatica. Si tratta di una struttura composta da Specialisti prove-

nienti da esperienze pluriennali nel campo dell’Oncologia, dedicato alla diagnosi e cura della patologia neoplastica addominale ed epato-biliopancreatica, con l’ausilio delle apparecchiature tecnologiche più avanzate. L’Unità si avvale della collaborazione di un team multidisciplinare composto da Anestesisti- Rianimatori, Oncologi Medici, Gastroenterologi-Epatologi, Radiologi Interventisti, Anatomopatologi e Radioterapisti, Specialisti di Medicina Metabolica,

per un inquadramento completo che tenga conto di ogni esigenza del paziente correlata alla sua malattia. Il punto di forza del Centro è il trattamento di tumori primitivi e secondari del fegato, che richiedono resezioni chirurgiche anche avanzate, fattibili solamente in pochissimi Centri d’Eccellenza su tutto il territorio Italiano. La stretta collaborazione con la Radiologia Interventistica e l’Endoscopia migliora ulteriormente le possibilità di diagnosi e trattamento delle

patologie del fegato e delle vie biliari e offre ulteriori possibilità di terapia loco regionale per i tumori primitivi e secondari del fegato, quali la chemoembolizzazione (o TACE), l’ablazione a radiofrequenza o a microonde (distruzione del tessuto neoplastico con il calore), l’embolizzazione portale pre- e intraoperatoria, le tecniche di esplorazione e trattamento della via biliare intracanalicolari (colangiografia percutanea e intraoperatoria, colangioscopia). Per i tu-

mori del pancreas - per i quali si è raggiunta una grande esperienza chirurgica, soprattutto con la messa a punto di tecniche che hanno ridotto a tassi minimi le complicanze postoperatorie - il Centro sta avviando uno studio di fattibilità tra i primi in Italia per i trattamenti alternativi alla chirurgia, quali radio-chemioterapia neoadiuvante e tecniche di ablazione locale, più o meno combinate tra loro. Il trattamento dei Tumori Neuroendocrini, patologia estremamente rara

e complessa, viene effettuato in stretta collaborazione con l’Unità di Oncologia Medica diretta dal Prof. Emilio Bajetta con cui viene condivisa ogni strategia terapeutica fin dall’inizio. Tale atteggiamento è dimostrato nella letteratura internazionale essere l’arma vincente al fine di ottimizzare il risultato delle cure e pone l’Istituto di Oncologia di Monza tra le maggiori eccellenze italiane nel campo.


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CONSIDERAZIONI SU “LA SCIENZA CHE SBAGLIA”

L’USO DEI BIOMARKER E LE RELATIVE SFACCETTATE IMPLICAZIONI o studio e la diagnostica dei tumori cerebrali, iniziati nel XIX secolo, hanno trovato una prima sistemazione moderna nella classificazione di Bailey e Cushing (1927-32), cosiddetta istogenetica. Ciò significava che la diagnosi era basata sulla rassomiglianza che le cellule tumorali avevano con quelle della citogenesi nervosa (il passaggio cioè da stadi di immaturità a stati di maturità: dall’embrione all’adulto). La prognosi invece si basava sulla maggiore o minore immaturità delle stesse: immaturità = malignità e maturità = benignità. La storia in verità è stata più complessa. Lo sviluppo della immunoistochimica e della biologia molecolare ha ultimamente condotto queste discipline ad inserirsi progressivamente nella diagnostica e prognosi dei tumori cerebrali al punto che oggi la sola morfologia non è più in grado di sostenerle, anche se rimane come base principale. La biologia e genetica molecolare hanno contribuito soprattutto all’approfondimento della eziopatogenesi dei tumori cerebrali, gliomi in particolare, consentendo di aprire nuove vie di accesso alla terapia dei tumori: si pensi soltanto allo sfruttamento delle cellule staminali sia normali che tumorali nell’aggressione ai tumori e all’uso di anticorpi o silenziatori o micro RNA contro steps delle innumerevoli vie molecolari trovate per arrestare la crescita dei tumori. È nata così la questione dei biomarker oggi molto usati. Sono stati definiti come: objec-

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I L P ROF. DAVIDE SCHIFFER R ESPONSABILE DEL C ENTRO DI R ICERCA N EUROBIONCOLOGIA

LO SVILUPPO DELLA IMMUNOISTOCHIMICA E DELLA BIOLOGIA MOLECOLARE HA ULTIMAMENTE CONDOTTO QUESTE DISCIPLINE AD INSERIRSI PROGRESSIVAMENTE NELLA DIAGNOSTICA E PROGNOSI DEI TUMORI CEREBRALI AL PUNTO CHE OGGI LA SOLA MORFOLOGIA NON È PIÙ IN GRADO DI SOSTENERLE, ANCHE SE RIMANE COME BASE PRINCIPALE

tively measurable/determinable patients-related factors that provide clinically meaningful disease-related information with regard to diagnosis, prognosis, therapy decisions and patient follow-up. Per i gliomi vi sono numerosi biomarker diagnostici, prognostici e predittivi, rilevati su campioni chirurgici e su fluidi corporei. In realtà la questione della loro utilità è ancora controversa e per la loro valutazione è stato creato un sistema basato sulla performance analitica, clinica (prognosi, predizione) e utilità clinica con punteggio da A a D per: metilazione di MGMT, mutazioni di IDH1, codelezione 1p-19q, indice di proliferazione Ki67, stato di MYCN ed espressione di β-catenina. Lo schema I li riassume. I test che si eseguono presso il Centro di Neuro-Bio-Oncologia di Vercelli sono numerosi e sei sono quelli che accompagnano ogni richiesta di consulenza diagnostica che ci giunge. 1) Mutazioni di IDH1-2. Test molecolare ed immunoistochimico per la proteina mutata. Diagnostico e prognostico. 2) Ipermetilazione di MGMT (gene 06metilguanina metil-transferasi). Molecolare e meno immunoistochimico. Prognostico e predittivo. 1p-19q codelezione. Molecolare. Diagnostico, prognostico e predittivo. 3) EGFR (ependymal growth factor receptor). Amplificazione e mutazioni. Molecolare e meno immunoistochimico. Diagnostico e prognostico. 4) TP53. Molecolare e immunoistochimico. 5) PTEN molecolare e immunoistochimico. 6) BRAF 7) Ki67/MIB1 immunoistochmico. L’uso dei biomarker in clinica ha un significato netto e preciso soltanto per le mutazioni di IDH1-2, seguito dalle codelezioni 1p-19q e metilazione di MGMT. Bisogna dire che la loro validità è massima quando sono contemporaneamente diagnostici e prognostici. A questo proposito bisogna

SI È DETTO ALL’INIZIO CHE LE CELLULE STAMINALI TUMORALI POSSONO ENTRARE NEL DISCORSO DEI BIOMARKERS, PERCHÉ SE RISULTERÀ CHE SONO QUESTE A SOSTENERE LA CRESCITA, LA RECIDIVA E LA RESISTENZA ALLE TERAPIE DEL GLIOBLASTOMA, GLI ANTIGENI DA LORO ESPRESSI O LORO PECULIARITÀ MOLECOLARI, IN UN QUALCHE MODO EVIDENZIATI IN VIVO DIVENTEREBBERO DI BIOMARKERS

LE RICERCATRICI DEL CENTRO DI NEURO-BIO- ONCOLOGIA NELLA SALA DI MICROSCOPIA

anche distinguere quando la loro validità è valutata dopo confronto di categorie tumorali diverse o quando è valutata all’interno di una varietà. Per esempio, PTEN oppure anche KI67 sono prognostici quando sono diagnostici, come nel confronto fra l’astrocitoma ed il glioblastoma, ma non all’interno della categoria glioblastoma. Molto spesso però i biomarkers sono usati nella valutazione statistica delle sopravvivenze o dei PDF (period disease free) dopo radio- o chemioterapia e servono nel rilevare gli effetti delle terapie quando queste non sono radicalmente efficaci. Dall’elenco dei biomarkers non sono stati inclusi, perché escono dalla definizione data all’inizio, tutti gli indicatori delle vie molecolari conosciute che segnalano all’interno di una neoplasia. Queste potranno avere una grande importanza nelle genesi dei gliomi, e nella loro prevenzione, quan-

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do gli studi sull’origine dei tumori lo permetteranno. Similmente la loro importanza si rivela quando si è alla ricerca di un anticorpo o inibitore o siRNA o microRN che serva a bloccare quel determinato passo molecolare, in genere sulle vie che conducono alla proliferazione del tumore. Per esempio, il farmaco Bevacizumab è un anticorpo che inibisce VEGF che stimola l’angiogenesi; in questo caso VEGF diventa un biomarker. La stessa cosa può dirsi deigli inibitori di mTOR sulla via di AKT/PI3. Si è detto all’inizio che le cellule staminali tumorali possono entrare nel discorso dei biomarkers, perché se risulterà che sono queste a sostenere la crescita, la recidiva e la resistenza alle terapie del glioblastoma, gli antigeni da loro espressi o loro peculiarità molecolari, in un qualche modo evidenziati in vivo diventerebbero di biomarkers. Infine va sottolineato che tutti biomarkers per i gliomi, ma questo crediamo valga anche per molti tumori sistemici, non possono essere forniti senza conoscere a fondo il contesto biologico in cui si inseriscono. I metodi per il loro rilevamento non possono essere applicati come le ricette da un libro di ricette delle casalinghe. È un atto critico quello che li riconosce come tali fra una miriade di altri dati geno- e fenotipici che caratterizzano i gliomi. È sufficiente leggere qualche lavoro per capire come si fa ad identificare un qualcosa che poi sarà biomarker.

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