Il Polietico 5

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Settembre 2005, Anno II- N.5 Periodico di informazione

Riservato ai medici e agli operatori sanitari

Lotta integrata ai tumori

P

er combattere quel “male del secolo” che colpisce una persona su quattro, è sempre più evidente l’importanza di integrare competenze, tecniche e risorse terapeutiche proprie di diverse specializzazioni. Un ciclo completo, che inizia con la diagnosi e procede - ogni caso con il suo particolare mix terapeutico attraverso chirurgia specialistica, cura farmacologica, radioterapia fino alla riabilitazione e all’eventuale intervento ricostruttivo, soprattutto quando l’aspetto delle parti interessati ha una forte valenza psicologica, come nel caso di viso e seno. Al Policlinico di Monza, che da sempre ha fatto della collaborazione interdisciplinare un suo punto di forza, il paziente oncologico trova una risposta completa ai suoi bisogni di salute. Dalla fase di accertamento (che può contare su una diagnostica per immagini dotata delle apparecchiature più moderne), alla messa in atto di ogni terapia necessaria, tutti gli specialisti coinvolti dialogano fra loro continuamente: l’interezza umana del paziente non può infatti essere divisa in compartimenti stagni. Nelle prossime pagine troverete una panoramica sul tema, e in particolare sui tumori cerebrali, per studio dei quali il Gruppo Policlinico di Monza ha fondato il Centro Ricerche Neuro-Onco-Biologiche in apertura a Vercelli.

Il P residente Gian Paolo Vergani

In questo numero:

Oncologia, Un approccio globale pag. 2 Neurologia, Le patologie trattate pag. 4 Urologia pag. 14 Chirurgia plastica pag. 20


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ome è noto i tumori sono la seconda causa di morte nel mondo, dopo le malattie C cardiovascolari. E’ quindi naturale che al Policlinico di Monza il problema venga affrontato in ogni sua fase, a partire dalla diagnostica. Il cammino del paziente prosegue

Oncologia: un approccio globale

con le specialità chirurgiche del caso – non va dimenticato come l’intervento chirurgico rappresenti quasi sempre il primo passo nella terapia dei tumori - e presso la divisione di Oncologia per la continuità e completezza della cura. Uno sguardo all’elenco delle diagnosi formulate nel 2003 (tab.1) conferma il rilievo che la patologia neoplastica ha nell’ambito, non solo del Policlinico, ma anche delle altre strutture del Gruppo. Tumori benigni Tumori maligni Tumori di comportamento incerto e di natura non specificata Anamnesi di tumore maligno

83 400 40 11

Tab.1 – Policlinico di Monza –Diagnosi di neoplasie anno 2003 (Classificazione ICDXCM)

In considerazione del rilievo quantitativo e qualitativo delle patologie oncologiche diagnosticate nell’anno 2003, nel giugno del 2004 il Policlinico di Monza crea un’Unità Operativa di Oncologia di cui è Responsabile il dottor Sante Gianelli. Le giornate di degenza, alla fine del 2004, sono state 582; i ricoveri in regime di Degenza Ordinaria 32, i cicli di terapia somministrati 389 e le prestazioni ambulatoriali 161. La media dei ricoveri in regime di Day Hospital è stata di 83,3 giornate/mese e il numero dei ricoveri in regime di Degenza Ordinaria di 4,5 ricoveri/mese, con una durata media della degenza di 13 gg. Un’ulteriore conferma della validità dell’iniziativa si è avuta nel 2005. Già nei primi mesi dell’anno si è infatti registrato un incremento significativo dei ricoveri e un altrettanto significativo incremento dell’attività ambulatoriale Dott. Sante Gianelli Responsabile Unità Operativa di Oncologia Policlinico di Monza

Giornate di Degenza in Day Hospital presso l’U.O. di Oncologia del Policlinico di Monza da giugno 2004 a luglio 2005 150

120

90

2004 2005

60

30

0

Ricoveri in degenza ordinaria presso l’U.O. di Oncologia del Policlinico di Monza da giugno 2004 a luglio 2005 15

2004 2005

12

9

6

3

0

1

2

3

4

5

6

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3 Prestazioni ambulatoriali di Oncologia del Policlinico di Monza da giugno 2004 a luglio 2005 50

40

2004 2005

30

20

10

0

1

2

3

4

5

6

7

Nel periodo 1 gennaio – 31 luglio 2005, l’attività della Divisione è stata SEZIONE DAY HOSPITAL giornate di degenza complessive giornate di chemioterapia SEZIONE DI DEGENZA ORDINARIA ricoveri totali ATTIVITA’ AMBULATORIALE

851 444

55 262

Il quadro delle neoplasie osservate nel periodo giugno 2004 – luglio 2005 rispetta tendenzialmente l’incidenza dei tipi istologici nella popolazione in generale - con prevalenza delle neoplasie polmonari, mammarie e dell’apparato digerente - ed è anche in relazione con l’attività delle specialità presenti nel Policlinico. Sistema /Apparato CUTE e ANNESSI APPARATO RESPIRATORIO APPARATO DIGERENTE

APPARATO GENITALE FEMMINILE APPARATO GENITALE MASCHILE APPARATO URINARIO

SISTEMA LINFATICO

Organo/ Patologia Num. Cute / Melanoma Mammella Polmone Pleura Esofago e Stomaco Cavo orale Colon Retto Fegato (primitivi) Pancreas Utero Ovaio Pene, Testicolo Rene Ureteri, Vescica, Uretra Prostata Linfoma di H. Linfoma non H. Mieloma Miscellanea

casi 4 35 30 3 11 2 26 15 2 2 3 2 1 10 6 11 2 2 1 2

L’indagine condotta fra le altre cliniche appartenenti al Gruppo ha confermato l’opportunità di intraprendere l’attività oncologica anche presso le strutture piemontesi, e la sede è stata identificata nella Clinica S. Rita a Vercelli. L’organizzazione di questa sezione staccata della I Divisione di Monza è a buon punto e l’inizio dell’attività è previsto nel mese di ottobre 2005. Questo cammino lungo e articolato prevede altre tappe importanti, che verranno raggiunte nel prossimo futuro: la ricerca clinica, condotta autonomamente e in collaborazione con altre realtà oncologiche, l’attività didattica e di aggiornamento per medici e infermieri.


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L’

Neurologia: l’ampio ventaglio di patologie trattato a Monza

L’equipe di Neurologia del Policlinico di Monza diretta dal Prof. Mauro Ceroni (secondo da destra)

Unità Funzionale di Neurologia del Policlinico di Monza è diretta dal professor Mauro Ceroni dal 2001. Lavorano al suo fianco i dottori Donatella Mariani, Francesca Imbesi, Tino Emanuele Poloni, Alberto Galli e la tecnica di neurofisiologia Paola Cassini. Il professor Ceroni si è specializzato in neurologia nel 1979 e in statistica medica nel 1985, è ricercatore universitario dal 1980, ha lavorato presso il laboratorio NIH-NINDS di Bethesda nel periodo 1986-89, è stato responsabile della neuro-oncologia dell’Istituto Mondino di Pavia dal 1993 al 2001, è docente dell'Università degli Studi di Pavia dal 1980, e responsabile dei laboratori di neurobiologia sperimentale e di neurogenetica -neuropatologia e neuroinfettivologia dell’IRCCS Fondazione “Istituto Mondino” di Pavia dal 1993. La neurologia del Policlinico di Monza effettua ricoveri in regime di degenza ordinaria o di day hospital e fornisce servizi ambulatoriali. Uno dei punti di forza dell’equipe neurologica è l’assidua collaborazione, per la diagnosi e il trattamento, con i colleghi dei servizi di radiologia, neurochirurgia, radioterapia e con gli altri reparti specialistici (cardiologia, ortopedia, medicina interna, oncologia, etc.): ciò ha permesso l’instaurarsi di un più ampio gruppo di lavoro che ha portato ad un notevole sviluppo dell’attività neurologica sia quantitativo sia qualitativo. In tal modo è stato possibile diffondere il servizio su un territorio sempre più esteso oltre ad affrontare la diagnosi e il trattamento di malattie complesse e di difficile inquadramento quali patologie degenerative, demielinizzanti, neoplastiche, vascolari, epilessia e patologie algiche. In relazione alla patologia neoplastica del sistema nervoso centrale primitiva e secondaria, il Policlinico di Monza appartiene al gruppo lombardo formatosi all’inizio del 2003 e si candida a diventare centro di riferimento della Brianza e provincia grazie agli strumenti tecnologici di cui dispone. Affrontare in modo multidisciplinare una patologia così grave nell’ambito neurologico è l’unica possibilità per ottenere risultati positivi per il paziente e gratificante per il medico, umanamente e professionalmente. Alzheimer, Parkinson e motoneurone Le malattie degenerative del sistema nervoso centrale rappresentano un ampio capitolo che comprende le demenze, la malattia di Parkinson, le malattie del motoneurone. Attualmente l’attenzione maggiore nel campo delle demenze su base degenerativa viene posta nei confronti della malattia di Alzheimer che rappresenta un problema rilevante nelle società moderne. Da qualche tempo esiste una possibilità terapeutica (farmaci anticolinesterasici) che incide sulla qualità della vita di questi pazienti; presso il Policlinico di Monza è attiva dal settembre 2000 una delle Unità Valutative Alzheimer (UVA), istituite dal Ministero della Sanità, attraverso la quale è possibile intraprendere un percorso diagnostico e terapeutico. Le forme di demenza non inquadrabili nella malattia di Alzheimer possono comunque essere studiate e tipizzate con l’utilizzo delle metodiche diagnosticostrumentali disponibili. Non meno importanti appaiono i problemi relativi alla malattia di Parkinson che prevede un approccio diagnostico raffinato e un trattamento integrato e personalizzato sia farmacologico sia fisioterapico. Il Policlinico può pertanto proporsi nell’ambito di un progetto Parkinson che la Regione Lombardia intende lanciare per individuare linee guida di comportamento. La malattia del motoneurone, pur essendo patologia rara, implica un notevole impegno da parte del neurologo in quanto caratterizzata da sintomatologia rapidamente ingravescente e per la quale non esistono attualmente terapie scientificamente efficaci. Il Policlinico di Monza fa parte di un gruppo di collaborazione internazionale che ha come obiettivo la ricerca dei fattori di rischio della malattia; inoltre, avvalendosi della collaborazione dei laboratori dell’Università degli Studi di Pavia, ha in corso numerosi programmi di ricerca.


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Le altre patologie e gli sviluppi futuri La malattia demielinizzante è un’altra patologia impegnativa che richiede un approccio integrato multidisciplinare e per la quale esistono terapie specifiche in grado di modificarne il decorso clinico. Anche in questo ambito il Policlinico di Monza partecipa ad alcuni studi clinici promossi dalle case farmaceutiche. L’ampliamento recente del servizio di neurofisiologia, che ha la possibilità di usufruire delle più recenti tecniche di registrazione, ha permesso di sviluppare l’interesse anche nei confronti delle epilessie e di inserire il Policlinico di Monza nel progetto Epinetwork della Regione Lombardia: la struttura dispone ambulatori dedicati per l’epilessia, l’esecuzione di esami accurati di elettromiografia, potenziali evocati somatosensitivi, uditivi e visivi. Sono in via di sviluppo il monitoraggio intraoperatorio, la stimolazione magnetica corticale, l’esame elettrofisiologico completo delle funzioni vescicale, intestinale e sessuale. La diagnosi e la cura dei dolori di natura neurologica è uno dei settori emergenti della medicina moderna; in collaborazione con i servizi di anestesia, radioterapia e oncologia l’Unità Funzionale di Neurologia parteciperà a pieno titolo al progetto regionale “Ospedale senza dolore”. E’ invece già operativa la collaborazione con il Gruppo Regionale Lombardo Cefalee (SISC) che ha proposto un progetto pilota di telemedicina applicato alla gestione dei pazienti con cefalea e ha attivato un sito web accessibile dagli addetti ai lavori e dal pubblico. Da circa due anni vengono trattati ambulatorialmente pazienti affetti da distonie e spasticità mediante la somministrazione di tossina botulinica. Sarà a breve possibile applicare le tecniche elettromiografiche a questa tipologia di pazienti per migliorare sempre più la qualità del servizio offerto. Un ambito di futuro sviluppo sono le malattie cerebrovascolari: è già in atto, oltre alla valutazione ambulatoriale pre-intervento vascolare sopra-aortico, un’attività di consulenza e supporto neurologico per i pazienti ricoverati nei reparti di chirurgia vascolare, cardiochirurgia e terapia intensiva. Il campo delle malattie neurologiche su base genetica è stato sicuramente quello a più rapida evoluzione negli ultimi 15 anni. L’introduzione delle nuove metodologie molecolari ha permesso l’individuazione e quindi la possibile corretta diagnosi di un notevole numero di malattie neurologiche, in precedenza di difficile individuazione e accertamento. Fino a tempi recentissimi l’approntamento di metodologie per la diagnosi molecolare di malattie geneticamente determinate era laboriosa, dispendiosa e presupponeva un’organizzazione di laboratorio complessa, rendendo pertanto idonei allo scopo solo pochi centri di riferimento nazionale. Per la diagnostica molecolare il Policlinico si avvale della collaborazione di vari laboratori esterni. Neurologia: il quadro generale degli interventi del Gruppo Policlinico di Monza dal 1/8/2004 al 31/7/2005

Int. su nervi periferici e cranici ed altri int. su sist. nervoso

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Neoplasie del sist. nervoso

47

Malattie degenerative del sist. nervoso

26

Sclerosi multipla e atassia cerebellare

26

Alteraz. mieloprolif. o neoplasie poco differenziate con altri interventi

17

Malattie cerebrovascolari specifiche escl. TIA

13

Chemioterapia senza dia. secondaria di leucemia acuta

12

Radioterapia

11

Affezioni mediche del dorso

11

Altri casi

61

Totale:

282


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A Tumori maligni cerebrali: presente e futuro nel trattamento

lla dottoressa Francesca Imbesi, dell’Unità Funzionale di Neurologia del Policlinico di Monza, abbiamo chiesto di fare il punto sullo stato attuale del trattamento delle neoplasie al cervello. “Nel caso di tumori cerebrali i trials condotti in maniera appropriata sono relativamente scarsi, e questo non solo per l’esiguo numero di pazienti ma anche per ragioni diverse quali l’inclusione di tumori meno maligni (astrocitomi anaplastici, AA) con i GBL, la mancanza di un’unica base specialistica (oncologi vs neurochirurghi, neurologi, radioterapisti), l’assenza di criteri standardizzati da considerare in partenza, la non uniformità dei criteri di risposta alla terapia, la solo recente valutazione di alcune variabili (età, Karnofsky, istologia) quali indici predittivi di una evoluzione più o meno favorevole. Infatti l’istologia (AA 36,2 mesi, GBL 8,6), l’età (i più giovani hanno maggior sopravvivenza indipendentemente dal grado istologico), il Karnofsky Performance Status (la sopravvivenza aumenta con l’aumento del KPS), costituiscono i fattori prognostici più importanti da considerare”. E’ sempre necessario il trattamento chirurgico?

Il Servizio di Radioterapia del Policlinico di Monza è dotato di due Acceleratori Lineari

“L’asportazione chirurgica rimane il primo e fondamentale approccio terapeutico dei gliomi maligni, in assenza del quale la sopravvivenza media dei pazienti con glioblastoma è di circa 6 mesi (secondo Adams). L’exeresi chirurgica deve essere la più radicale possibile, quando consentito dalla sede del tumore al momento della diagnosi: numerosi studi hanno confermato una stretta relazione tra la quota di tumore asportato e la sopravvivenza dei pazienti. L’intervento chirurgico ha molteplici fini: permette la diagnosi istologica precisa; riduce in modo altamente significativo il volume tumorale; risolve l’ipertensione endocranica; consente una migliore tolleranza dell’edema indotto dalle successive terapie; migliora la sensibilità del tumore alla chemioterapia attraverso la citoriduzione. L’asportazione chirurgica della massa tumorale rimuove le aree necrotiche poco vascolarizzate e poco ossigenate, dove risiedono cellule poco sensibili alla radiochemioterapia. Le cellule tumorali residue sono indotte ad entrare nel ciclo mitotico dalla brusca diminuzione della popolazione neoplastica, divenendo così più sensibili alla successiva radio-chemioterapia, secondo Schiffer. La chirurgia pertanto si conferma uno strumento essenziale nella terapia dei tumori gliali e rappresenta un fattore prognostico favorevole, soprattutto nel caso di tumori del lobo frontale, temporale e occipitale, meno per quelli siti nel lobo parietale dell’emisfero dominante o nelle strutture della linea mediana. La chirurgia, in mani esperte, non sembra comportare un rischio operatorio significativamente superiore alla biopsia e la sopravvivenza a lungo termine è sicuramente migliore. Lo stesso discorso si applica al caso di reintervento per recidiva, procedura sempre più accettata quando l’indice di Karnofsky e il tempo trascorso dalla prima operazione ne suggeriscono l’utilità”. Esistono altre forme di terapia, a fianco di quella chirurgica? “Sebbene vi sia una considerevole diversità di opinioni relativamente all’impiego ottimale della terapia adiuvante nei pazienti con gliomi a basso grado, esiste anche un generale consenso sul fatto che la radioterapia costituisca il migliore trattamento adiuvante per i gliomi anaplastici. Trial randomizzati hanno dimostrato un netto beneficio, sulla sopravvivenza, della radioterapia associata all’intervento chirurgico nei pazienti affetti da gliomi maligni. Un recente trial clinico randomizzato che valutava il risultato della radioterapia ad alte dosi rispetto alle basse dosi nei pazienti con glioma a basso grado non ha rilevato differenze di sopravvivenza tra i due gruppi. La radioterapia è risultata migliorare


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la sopravvivenza dei pazienti con lesioni anaplastiche. L’efficacia dell’irradiazione dei tumori del sistema nervoso centrale si basa sul rilascio di una dose adeguata di radiazione a un bersaglio di interesse situato all’interno dell’encefalo. La sicurezza della radioterapia viene resa massima dalla riduzione della dose efficace diretta al tessuto cerebrale non coinvolto e ad altre strutture critiche che circondano il bersaglio. Le moderne innovazioni nella realizzazione del trattamento, come l’attenta immobilizzazione del paziente, la definizione del bersaglio guidata dalle procedure di imaging all’interno di uno spazio di coordinate di riferimento (stereotassico) e la precisa modellazione del fascio con modulazione dinamica dell’intensità, consentono di confinare o di ‘adattare’ meglio la dose delle radiazioni al bersaglio di interesse”. E dal punto di vista farmacologico?

Astrocitoma anaplastico in sezione coronale ed assiale

“E’ stato dimostrato che l’impiego della chemioterapia negli astrocitomi anaplastici, negli oligodendrogliomi anaplastici e negli oligoastrocitomi anaplastici migliora la sopravvivenza, come sostenuto da Levin e Cairncross. Tuttavia, scarsi progressi sono stati ottenuti nell’impiego della chemioterapia nei glioblastomi. Il trattamento palliativo con antiedemigeni cerebrali, specialmente con desametazone, previene l’instaurarsi di edema vasogenico cerebrale, che può essere fatale anche in assenza di una massa tumorale critica, migliora la qualità della vita del malato, ne allieva la sofferenza e riduce la durata della fase comatosa terminale. Ogni peggioramento delle condizioni del paziente, specie se repentino e suggestivo di una sindrome di ipertensione endocranica, deve fare istituire o incrementare un trattamento antiedemigeno adeguato mediante corticosteroidi e agenti osmotici deidratanti. La chemioterapia può essere somministrata sistemicamente per via orale o per via endovenosa, o i farmaci possono essere somministrati localmente mediante iniezione intra-arteriosa nella cavità tumorale chirurgica o direttamente nel tumore mediante una via interstiziale. Un’importante limitazione della somministrazione sistemica dei farmaci consiste nel fatto che la barriera ematoencefalica esclude l’entrata nella sostanza cerebrale dei farmaci idrosolubili con molecole di maggiore dimensioni. Per trattare i pazienti affetti da tumori cerebrali si utilizzano numerosi tipi di farmaci chemioterapici. Questi comprendono agenti alchilanti come la carmustina (BCNU), lomustina (CCNU), nimustina (ACNU); la procarbazina; il carboplatino e il cisplatino; antimetaboliti come il metotrexate, la 6-tioguanina e la 6-mercaptopurina; inibitori della topoisomerasi come l’etoposide e l’irinotecane; e i taxani come la vincristina e il taxol. Nuovi farmaci come la temozolomide. I farmaci possono essere utilizzati singolarmente o in associazione”. Qual è la vostra esperienza a Monza? “Il trattamento dei pazienti portatori di gliomi maligni, seguiti presso il reparto di Neurologia del Policlinico di Monza, con ACNU (nimustina) o Temozolomide, presenta un buon profilo di tollerabilità ed è simile per efficacia ed effetti collaterali. I due farmaci non necessariamente vengono utilizzati nello stesso paziente e un chemioterapico può essere somministrato in alternativa all’altro quando quest’ultimo riduce la sua efficacia o la perde completamente nel tempo. Nei gliomi del tronco encefalo, nelle forme emisferiche anaplastiche si ottiene miglioramento clinico, riduzione delle crisi resistenti ai comuni antiepilettici,


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Il Policlinico di Monza sta realizzando un centro di ricerche di Neuro-Bio-Oncologia

scomparsa dell’enhancement alla Risonanza Magnetica. Il vantaggio della somministrazione ripetuta di nimustina e temozolomide è la bassa tossicità di accumulo anche dopo numerosi cicli. Nelle istologie anaplastiche (astrocitomi e oligodendrogliomi) si ottengono risposte complete dopo i primi 2-4 cicli o risposte parziali con stazionarietà clinica e radiologica dopo 6-8-cicli; nei casi di risposta completa alla chemioterapia abbiamo sospeso il trattamento e monitorato il paziente radiologicamente ogni 2-4 mesi riprendendo alla recidiva il trattamento farmacologico, eventualmente radioterapico, valutando anche un ulteriore intervento chirurgico. Nei glioblastomi abbiamo ottenuto una stazionarietà di malattia in numerosi pazienti e comunque anche nella forme meno responsive, grazie all’associazione della terapia di supporto con il cortisone per ridurre gli effetti dannosi dell’edema cerebrale e degli antiepilettici per il controllo delle crisi, la qualità della vita del singolo paziente è migliorata. Alcuni pazienti con localizzazioni favorevoli ben asportabili chirurgicamente, con istologia anaplastica, sono stati seguiti radiologicamente con risonanze ravvicinate ogni 1-2 mesi nel primo periodo, poi ogni 3-6 mesi, e il trattamento chemioterapico e radioterapico è stato effettuato solo al primo segno di recidiva. Una paziente, sottoposta a intervento di asportazione di un astrocitoma anaplastico temporale destro, è libera da malattia da più di sei anni. Nei vari casi trattati, la dose dei chemioterapici somministrata è stata quella consigliata dai protocolli presenti in letteratura, non è stato mai necessario sospendere il trattamento; alla comparsa di effetti collaterali, il più frequente quello mielotossico, è stato sufficiente ridurre il dosaggio del farmaco. Il trattamento chemioterapico e di supporto è stato effettuato fino allo stadio terminale di malattia finché il paziente aveva consapevolezza del significato del trattamento e nel rispetto della qualità di vita. Il trattamento dei gliomi continua a costituire un problema che necessita di impegno da parte di specialisti di varie discipline (neurologia, neurochirurgia, oncologia medica, radioterapia, neuroradiologia, neuropatologia). Diventa sempre più determinante, in uno scenario di comportamenti terapeutici così eterogenei e in continuo sviluppo, il ruolo dei centri neuro-oncologici che si occupino di revisionare la letteratura, stilare linee guida comuni , gestire in modo unitario i pazienti, proporre protocolli di studio. Qui al Gruppo Policlinico di Monza sta sviluppando un centro neuro-oncologico che possiede tutte queste caratteristiche grazie alla presenza di un avanzato reparto di neurologia, una radioterapia all’avanguardia, neurochirurghi esperti, una neuroradiologia di prim’ordine. Nel caso dei tumori cerebrali, una collaborazione terapeutica condivisa fra gli specialisti delle diverse strutture e dai medici del territorio può risultare decisamente più efficace per il paziente, che desidera essere accompagnato e supportato durante la sua malattia. Alla guida di un fondamentale lavoro di gruppo deve esserci un centro di neurooncologia: solo così la lotta contro i tumori cerebrali potrà essere condotta in modo più efficace rispetto a come la malattia tumorale cerebrale viene descritta dai libri di medicina. Come scrivono Adams e Victor, “in linea generale, i tumori del sistema nervoso costituiscono un capitolo molto triste, ma di importanza vitale, della neurologia clinica…”.


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La biologia e le basi molecolari delle terapie dei gliomi: attuali vedute

Prof. Davide Schiffer Direttore del centro di ricerche di Neuro-Bio-Oncologia di Vercelli

Oggi il termine Neuro-oncologia, nato per indicare il settore della Neurologia che si occupa dei tumori, ha assunto due significati: uno, estensivo, copre tutto l’ambito che si riferisce alla ricerca, alla patologia, alla clinica, alla diagnostica e alla terapia dei tumori cerebrali. L’altro, riduttivo, indica l’assistenza postchirurgica o post-diagnostica del paziente portatore di tumore cerebrale. La Neuro-oncologia riduttiva non si identifica con la chemioterapia dei tumori, anche se in pratica quest’ultima ne rappresenta una larga parte, ma si presenta come la gestione del paziente post-chirurgico o post-diagnostico dando largo spazio ai tentativi terapeutici sui gliomi maligni, perché ancora refrattari a terapie veramente efficaci. Ecco, il punto tematico cruciale di tutta la Neuro-oncologia, estensiva o riduttiva, è proprio questo: la non curabilità dei gliomi maligni. In questi ultimi cinquant’anni, i progressi compiuti nell’ambito dello studio e della terapia dei tumori cerebrali sono stati notevoli. Le nostre conoscenze sul fenotipo e sua classificazione, sul genotipo, sull’istosemiogenesi si sono profondamente accresciute, così come sono stati importanti i miglioramenti delle tecniche chirurgiche, con l’avvento di nuove e sofisticate strumentazioni, e di quelle di neuro-immagine: si pensi soltanto ai vari tipi attuali di Risonanza Magnetica. Notevoli passi avanti sono stati compiuti con le nuove modalità e tecniche di terapia radiante, fino al recente uso dei protoni e degli ioni pesanti e della radioimmuno-terapia. La chemioterapia, alla continua ricerca di punti di attacco sul tumore e di molecole nuove, si è sviluppata al punto che oggi rappresenta quasi un settore separato richiedendo ormai una complessa e multicomprensiva conoscenza clinico-scientifica. Oggi i reparti di neurologia o di neurochirurgia si devono dotare di un neuro-oncologo che provveda all’attuazione di chemioterapie sempre più selettive e sofisticate, o addirittura dotarsi di Centri di Neuro-oncologia dove possano essere attuati sofisticati e complessi protocolli elaborati internazionalmente. E’ molto importante riconoscere, per i risvolti clinico-terapeutici che sono conseguiti, che l’avanzamento della neurochirurgia e della neuro-immagine ha consentito asportazioni più precoci e radicali, per lo più di tumori benigni o extraassiali, che l’avanzamento della radioterapia ha permesso un maggior risparmio del tessuto nervoso normale e migliori eradicamenti, specie di tumori non asportabili chirurgicamente. Non solo sono conseguentemente cambiate le procedure clinicodiagnostiche, ma la qualità della vita dei sopravviventi è senz’altro migliorata, anche in virtù del progresso medico in generale. Tuttavia quello che ancora oggi colpisce di più è che la prognosi del più maligno dei tumori emisferici, e anche uno dei più frequenti, il glioblastoma, non sia mutata di molto negli ultimi cinquant’anni. La sopravvivenza del glioblastoma è rimasta grossolanamente di 6 mesi senza e 12 mesi con radioterapia. In particolare, la chemioterapia dei gliomi maligni ha prodotto risultati molto scarsi, tali da non incidere sostanzialmente sulla loro prognosi, nonostante i numerosissimi tentativi effettuati sfruttando a largo raggio le possibilità offerte dalle nuove conoscenze di biologia molecolare. Molti sforzi sono stati dedicati dalla ricerca al rinvenimento di un rationale biologico-molecolare a tutto ciò. Una panoramica sullo stato dell’arte della biologia dei gliomi maligni in rapporto soprattutto alla possibilità di terapie richiederebbe oggi una trattazione troppo lunga, possibile solo in trattati dedicati. Due argomenti fondamentali però meritano di essere ricordati: l’origine dei gliomi e le basi molecolari delle terapie. Origine dei gliomi Sotto la spinta dei recenti studi mondiali sulle cellule staminali e sulla loro potenzialità terapeutica sono state incrementate le ricerche sulle cellule staminali neurali e sono ripresi gli studi sulla neurocitogenesi. Questo nuovo orientamento ha condotto da un lato a tentativi di uso terapeutico delle cellule staminali neurali e dall’altro alla revisione del problema dell’origine dei gliomi, portato in auge trent’anni fa dalla produzione di tumori sperimentali nel ratto con derivati della nitrosourea (Schiffer, 1997). Questi studi stanno oggi gettando seri dubbi sulla


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validità del criterio istogenetico nella classificazione dei tumori cerebrali tuttora adottata nella diagnostica.

Fig. 1. Schema della neurocitogenesi con antigeni e fattori (Da: Schiffer D, Brain tumor pathology: current diagnostic hotspots and pitfalls, Springer, 2005) Il parallelismo fra il fenotipo tumorale e quello degli elementi della citogenesi nervosa è stato alla base della classificazione di Bailey e Cushing (1926) e delle successive classificazioni fino a quella recente della WHO (Kleihues e Cavenee, 2000) cui personalmente ho contribuito e che ha introdotto nella nosografia anche criteri di genetica molecolare. Questo parallelismo è stato scosso da numerose osservazioni. Nell’uomo non si conoscono le cellule di origine dei gliomi, perché quando un tumore viene diagnosticato ha già raggiunto un certo sviluppo. Per ricostruire la genesi dei gliomi si deve ricorrere ai dati derivanti dallo studio della neurocitogenesi e da quelli su modelli animali sperimentali fra i quali importante è stata l’induzione di tumori mediante i derivati della nitrosourea in ratti. Lo schema riprodotto (Fig. 1) illustra gli stadi della citogenesi, cui vengono riportati i fenotipi tumorali, con l’assunzione che più immaturo è lo stadio più maligno sarà il tumore e che la composizione in antigeni del fenotipo tumorale consente il riferimento ad un determinato stadio della citogenesi. Questa inizia dagli elementi neuroepiteliali primitivi o cellule staminali che si trovano non soltanto nelle matrici germinative, ma anche negli strati subpendimali dell’adulto e in genere nel SNC dell’adulto (Schiffer, 2005) (Fig. 2).

Fig. 2. Cellule di origine dei gliomi (Da: Schiffer D, Brain tumor pathology: current diagnostic hotspots and pitfalls, Sprinter, 2005) Da una serie di studi sono emerse alcune importanti osservazioni (Holland, 2001). La prima è che i fattori che regolano la neurocitogenesi, in parte riportati nella Fig. 1, sono anche quelli i cui circuiti risultano alterati nei gliomi maligni. Queste alterazioni appaiono come il frutto di accumuli di mutazioni che, insieme all’inattivazione di geni oncosoppressori, si associano a precise alterazioni del


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fenotipo (Dai e Holland, 2003). Il secondo rilievo è che la differenziazione cellulare durante la citogenesi, ma anche nel tumore stesso, è sotto l’influenza di una serie di fattori non solo genetici, ma anche epigenetici e ambientali (Recht et al, 2003). Queste osservazioni da un lato gettano dubbi sulla possibilità di risalire dall’aspetto di poche cellule tumorali, come oggi deve avvenire per la diagnostica su piccoli frammenti, al comportamento biologico del tumore e quindi sull’attendibilità dei criteri classificativi. Dall’altro lasciano intravedere la possibilità di una trasformazione maligna durante la neurocitogenesi e di manipolare la differenziazione influendo sul comportamento biologico del tumore. A questo punto si inserisce nella discussione sul rapporto neurocitogenesi/gliomi il rivalutato problema della glia radiale la quale avrebbe una dotazione antigenica, rappresentata da Nestina, Vicentina e GFAP, simile a quella della citogenesi e si identificherebbe addirittura con le cellule staminali stesse (Ever e Gaiano, 2004). La glia radiale potrebbe essere la fonte cellulare prima dei gliomi. Si sottolinea che la Nestina è ampiamente espressa nei glomi maligni e non nei benigni (Fig. 3).

Fig. 3 Cellule di glioblastoma esprimenti Nestina, x 400

La glia radiale per di più dopo aver guidato i neuroni nella migrazione durante lo sviluppo, si trasforma in astrociti esprimenti GFAP, stanziali o degli strati sotto-ependimali. che potrebbero in ogni momento, sotto adeguati stimoli, regredire embrionalmente, per esempio esprimendo la Nestina, tipica dei primi stadi di sviluppo, e proliferare. Questa possibilità apre una questione, mai affrontata finora, e cioè quella del reclutamento di cellule tumorali da parte di un tumore in sviluppo. Il concetto di cellula staminale potrebbe quindi non essere più legato a quello di elementi primitivi indifferenziati (Fig. 4) presenti nel tumore, ma potrebbe rapportarsi alla linea astrocitaria (Doetsch, 2003). In questo modo potremmo essere esonerati dalla ricerca nei tumori di cellule con il fenotipo staminale per spiegare le loro proprietà staminali, (Galli et al, 2004). Quanto esposto finora si riflette profondamente sui criteri classificativi dei gliomi e allo stesso tempo ci informa che tutta la chemioterapia finora effettuata potrebbe essere stata diretta su un bersaglio cellulare sbagliato, su cellule cioé che non hanno importanza nella crescita e diffusione del tumore e questo ci renderebbe ragione del suo insuccesso.

Fig. 4 Cellule staminali neurali e tumorali (Da: Schiffer D, Brain tumor pathology: current diagnostic hotspots and pitfall, Sprinter, 2005)


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Basi molecolari delle terapie I tumori cerebrali si suppone originino come monoclonali e per instabilità genetica vadano incontro ad una eterogeneità genotipica, con aumentata mutazionalità e capacità proliferativa, seguita da un’eterogeneità fenotipica. Con la progressione nuovi cloni nascono che competono con i predecessori per l’ambiente in una sorta di “selezione per competizione” perdendo capacità differenziativa. Questa perdita della differenziazione caratteristica di certi stadi della citogenesi nervosa con regressione a stadi precedenti, si chiama “anaplasia” (Russell e Rubinstein, 1989) e si associa ad una inattivazione di geni soppressori e ad accumulo di mutazioni. Su questa base è stato osservato che le diverse fasi della progressione tumorale si associano a particolari fenotipi, come risulta dallo schema allegato (Fig. 5). Si tratta di una associazione e non di un sicuro rapporto causale. Le varie alterazioni riguardano una serie di circuiti molecolari, alcuni molto complessi, che sono: la regolazione del ciclo cellulare, la via di pRb, le vie che partono dai Tumor stage

Associate pathology

Genetics

Astrocytoma

Proliferation Apoptosis

Anaplastic Astrocytoma

Cell cycle Deregulation

Glioblastoma

Necroses Angiogenesis Clonal selection

TP53 mutations PDGFR over-expression 17p, 22q losses CDKN2A/p16 deletion RB mutation CDK4 amplification 9q, 13q, 19q, 11p losses EGFR amplification/truncation PTEN mutations pRb pathway alterations

Fig. 5 Progressione dell’anaplasia e alterazioni genetiche associate (Da: Schiffer D, Brain tumor pathology: current diagnostic hotspots and pitfalls, Springer, 2005) recettori tirosin chinasici, come la via di EGFR e PDGFR, la via di Akt che incrocia quella di PTEN e di EGFR, la via di VEGF che regola l’angiogenesi, il complicato circuito dell’apoptosi e i suoi rapporti con la necrosi. Si accenna appena all’esistenza di un intricato circuito che regola la diffusione e la migrazione cellulare eccetera. Le varie forme di chemioterapia attuate sono state via via dirette o a danneggiare direttamente il DNA delle cellule tumorali, come gli agenti alchilanti, trovando di fronte il muro dei circuiti molecolari riparativi implicanti l’MGMT, il PARP o altri, oppure a bloccare qualche passo delle varie vie con molecole anti-senso, anticorpi o inibitori vuoi di chinasi o delle fosforilasi eccetera. Moltissimi agenti sono stati testati in vivo perché dimostratisi fortemente attivi nel ridurre la proliferazione tumorale in vitro su linee cellulari o anche in modelli animali, ma sono risultati scarsamente efficienti poi nell’uomo. Un esempio classico è rappresentato dalle molecole inducenti apoptosi, molto efficaci in vitro e inefficienti nell’uomo. Interminabili discussioni si accendono fra gli autori ad ogni nuovo farmaco che viene proposto su scala terapeutica. Ricordo, a titolo di esempio, che nei gliomi di basso grado sono stati prospettati i pros (Kortmann, 2003) e i cons (Mirimanoff e Stupp, 2003), ma sostanzialmente non sono emersi sicuri vantaggi, anche includendo l’uso del recente Temozolomide (Whittle, 2004). La chemioterapia di questi gliomi rimane una questione aperta (Van den Bent, 2003). Nei gliomi maligni la quantità di tentativi terapeutici è incalcolabile. Basta scorrere le riviste internazionali specializzate che sono quasi interamente occupate da tentativi terapeutici per rendersi conto degli artifizi cui i ricercatori sono ricorsi per avere qualche risultato. Bisogna dire che anche per questi gliomi finora i


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risultati sono stati scarsi e contrastanti, per quanto un po’ migliori che per i glomi di basso grado. Una meta-analisi condotta nel 2002 ha dimostrato che la chemioterapia produce un aumento della sopravvivenza che corrisponde al 6% per anno (GMT, 2002), mentre un’altra meta-analisi, limitata a tamoxifen e carboplatino associate a radioterapia non ha dimostrato efficacia (Puchner et al, 2000). PCV, Paclitaxel, Temozolomide o Gemitabicina si sono rivelate ad un’altra analisi prive di efficacia (Kortmann et al, 2003). In genere si può dire che la chemioterapia per i gliomi di alto grado sia stata deludente (Grossmann, 2003). L’unico grosso contributo il quale ha dimostrato risultati positivi è quello di Stupp et al (2005) che ha dimostrato associando Temozolomide con radioterapia una sopravvivenza di 14.6 mesi contro i 12.1 di sola radioterapia (!). Un problema della massima importanza nell’attuazione di una terapia mirata nel glioblastoma è il reperimento di fattori prognostici genetici. Sulla loro esistenza in dibattito non si è conchiuso, pur tenendo in considerazione la policlonalità come terribile fattore limitante. Il più discusso, perché potenzialmente il più utile, è l’EGFR o la sua variante troncata vIII autofosforilante che per alcuni condizionerebbero una maggior malignità. Pure discusse sono state le mutazioni di PTEN. L’incertezza sul valore di fattori prognostici di alterazioni genetiche poggia sull’evidenza che queste non interessano tutti i glioblastomi e nei tumori dove esistono hanno una distribuzione clonale. La discussione su questi fattori si estende alla presenza di altri fattori che oltre ad un possibile significato prognostico condizionano addirittura l’esistenza di varianti con sopravvivenze diverse: per esempio, oggi non vi sono più dubbi che esistano gliobastomi a lunga sopravvivenza per i quali si stanno ancora cercando le basi bio-molecolari. Questi non vengono riconosciuti al momento della diagnosi e se occorrenti in casistiche sottoposte a chemioterapia possono falsarne i valori di sopravvivenza. Un altro problema è rappresentato dai glioblastomi con aree oligodendrogliali che tocca la questione non risolta della diagnosi differenziale fra gli oligodendrogliomi anaplastici e i glioblastomi di origine o ad espressione oligodendrogliale (Schiffer, 2005). Molto utile sarebbe conoscere nei dettagli il perché la chemioterapia ha fallito e tentativi sono oggi in corso i quali sfruttano proprio i motivi riconosciuti alla base di questo fallimento. Uno è stato accennato prima. Riassumendo si può fare un elenco dei motivi: L’eterogeneità genotipica e fenotipica dei gliomi maligni La loro policlonalità L’assenza di antigeni specifici La complessità delle vie molecolari Le regolazioni a feed-back Esistenza di circuiti alternativi che by-passano gli “stops” imposti dalla terapia. Tutte queste voci non possono essere discusse in dettaglio per motivi di spazio. Si ricorda soltanto, a titolo di esempio, quanto sia complicata e piena di circuiti riverberanti non solo la regolazione dell’apoptosi, ma anche la sua inibizione, cosicché un solo stimolo favorente o inibente subisce una serie di condizionamenti da annullarsi. Recentemente tentativi sono rivolti alle vie molecolari sopra menzionate o a quelle che sottendono agli eventi tissutali associati come le necrosi, l’angiogenesi, l’invasione, mediante anticorpi, anche “armati”con immunotossine, radionuclidi e immunoliposomi o virus oncolitici (Mischel e Cloughest, 2003). La strada da percorrere è ancora lunga e soprattutto sono necessari altri bersagli della terapia che speriamo il progresso genetico-molecolare vorrà fornirci quanto prima.


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L’

Urologia: specialità di punta del Gruppo

Urologia, con tutte le sue sottospecializzazioni, è un campo della medicina che interessa da vicino una grande parte della popolazione, sia maschile sia femminile. Fra le strutture del Policlinico, l’Urologia annovera Unità Operative a Monza, Biella, Vercelli, Novara e Alessandria. Dell’attività svolta in queste ultime tre cliniche parla il professor Paolo Puppo, che dal 2000 dirige il Dipartimento Urologico Piemontese (DUP), dopo una lunga carriera come primario degli Ospedali Santa Corona di Pietra Ligure e Galliera di Genova. “Il DUP, fondato nell’ormai lontano 2001, dispone di due strutture accreditate per ambulatori e degenze, la Santa Rita di Vercelli e la Città di Alessandria, e una per la sola attività ambulatoriale, la San Gaudenzio di Novara. Averle riunite in un Dipartimento fa sì che il nostro gruppo urologico possa agire in maniera più elastica ed efficiente spostando risorse umane là dove è più necessario. Il nostro gruppo consta attualmente di sei urologi oltre al sottoscritto, i dottori Carlo Introini, Paolo Calvi, Francesco Germinale, Giacomo Vigliercio, Danilo Bottero e Massimiliano Ricci. In settembre si aggiungerà il dottor Giovanni Zaninetta”. Qual è a oggi il volume di attività del DUP?

Prof. Paolo Puppo direttore del Dipartimento di Urologia Piemontese

“I dati del 2004 parlano di oltre 1400 casi chirurgici risolti e nei primi mesi del 2005 l’attività chirurgica si è attestata su circa 130 -140 interventi al mese. Per quanto riguarda l’attività ambulatoriale, negli ambulatori di Alessandria, Vercelli e Novara vengono settimanalmente visitati dai 70 ai 100 pazienti urologici”. L’urologia è una branca chirurgica ad alta prevalenza oncologica, ossia in cui i tumori sono molto frequenti... “Purtroppo sì, il tumore della prostata è uno dei quattro grandi killer (assieme a quelli di mammella, polmone e colon) ed è di gran lunga il tumore più frequente nel maschio. Nell’ambito del DUP si eseguono più di 300 biopsie prostatiche all’anno con la modalità del mappaggio esteso in narcosi, oggi finalmente adottata dai maggiori centri oncologici nel mondo, e si operano radicalmente più di 60 casi all’anno con percentuali di incontinenza urinaria postoperatoria molto basse (meno del 5%). Anche per i tumori della vescica e del rene, più rari ma altrettanto pericolosi, la casistica del DUP è a livello dei migliori centri oncologici, con più di 20 asportazioni radicali della vescica all’anno, con ricostruzione di una neovescica continente e oltre 30 interventi di nefrectomia radicale. A proposito di ricostruzione della vescica, il nostro gruppo ha messo a punto tecniche particolari che consentono sia nell’uomo sia nella donna (in casi selezionati) non solo il ripristino della funzione vescicale per le vie naturali ma anche il recupero di una sessualità molto vicina alla normalità”. Un altro “best-seller” urologico sono i calcoli…

Prof. Alessandro Boccafoschi Clinica Città di Alessandria

“La diagnosi di calcolosi renale è infatti la più frequente in assoluto nei nostri reparti. Fortunatamente molti calcoli si risolvono da soli ma per quelli più ‘renitenti’ abbiamo, soprattutto presso la clinica Santa Rita di Vercelli, le migliori attrezzature per trattarli senza ricorrere alla chirurgia. Disponiamo infatti di una sala endourologica di altissimo livello, con un litotritore extracorporeo di ultima generazione e un laser ad olmio. La sonda laser viene inserita in piccoli strumenti (ureteroscopi) che risalgono le vie urinarie naturali sino a trovare il calcolo e lo distruggono appunto con l’energia del laser. Il laser ad olmio è inoltre utilissimo per correggere al meglio i restringimenti della via escretrice urinaria. Nel 2004 il DUP ha trattato in maniera non invasiva 180 calcoli urinari”.


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E per l’ipertrofia prostatica, quella benigna, che crea problemi quando si urina? “Il trattamento standard dell’ipertrofia prostatica benigna è la resezione transuretrale della prostata (in sigla TURP), che oggi si può eseguire anche con la corrente bipolare, molto più sicura di quella convenzionale. Il ricorso alla chirurgia a cielo aperto è occasionale, soltanto quando le dimensioni della prostata sono superiori ai 100 grammi, ossia ben 5 volte il normale. La degenza ospedaliera è generalmente contenuta in 3-4 giorni e i risultati sono ottimi. Nell’ambito del DUP si eseguono circa 150 TURP all’anno”. Ma l’urologia è una specialità essenzialmente maschile ? “Assolutamente no, questo è un luogo comune che occorre sfatare. L’urologo può essere definito il ‘ginecologo dei maschi’ solo per quanto riguarda la prostata, i testicoli e le vie seminali, ma vi sono capitoli enormi di patologia urologica in cui l’interessamento di entrambi i sessi è equivalente. Dell’oncologia vescicale e renale abbiamo già parlato, la calcolosi colpisce entrambi i sessi, e il grande capitolo dell’incontinenza interessa prevalentemente le donne”. Ci sono novità nel campo dell’incontinenza urinaria femminile ? “Abbiamo in questo settore interessanti novità farmacologiche e conferme importanti di tecniche chirurgiche da pochi anni utilizzate (le benderelle sottouretrali, la ricostruzione del pavimento pelvico), per il corretto utilizzo delle quali è comunque necessario un perfetto inquadramento diagnostico attraverso un esame urodinamico completo, da oltre un anno disponibile presso la Santa Rita di Vercelli. Il nostro particolare vanto, al DUP, è di aver realizzato negli ultimi tre anni più di 60 ricostruzioni complete del pavimento pelvico, mediante l’impiego di reti in materiale sintetico, in altrettanti casi di prolasso vaginale grave degli organi pelvici, con un successo molto vicino al 100 % e una percentuale minima di complicanze. Chiunque conosca la difficoltà tecnica dell’intervento, che interessa pazienti spesso avanti con l’età e sovrappeso, può apprezzare il risultato”. E per quanto riguarda la videolaparoscopia… “Nelle strutture del DUP siamo perfettamente attrezzati per la videolaparoscopia. Tuttavia, nella mia ormai lunga esperienza, ho potuto constatare che i vantaggi di questa tecnica per il paziente sono realmente sensibili solo nel caso di pochi interventi, quali l’asportazione dei surreni e dei reni di piccole dimensioni, e anche la ricostruzione del pavimento pelvico. Per il resto, non dobbiamo dimenticare che a forza di ricercare continuamente la minore invasività, si finisce talora per avere effetti addirittura più invasivi rispetto a una chirurgia ben fatta. Ad esempio, per la prostatectomia radicale uno studio tedesco ha dimostrato che la tecnica chirurgica a cielo aperto è addirittura meno invasiva di quella laparoscopica, in quanto il recupero è identico, le complicazioni sono minori, il tempo operatorio è minore e, sorprendentemente, anche il dolore postoperatorio è maggiore con la laparoscopia. Insomma, per la migliore cura del paziente vanno sempre scelte le tecniche più idonee, che non sono necessariamente le più avanzate: è il benessere dei nostri pazienti l’obiettivo prioritario”. Intervista di Alessandro Cagliani


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D

Prostata: nuove frontiere a Monza grazie al Gyrus

I dottori Michele Parravicini e Massimo Tura Unità Operativa di Urologia Policlinico di Monza

La Vialarda, Biella: l’Unità di Urologia

a qualche mese presso la divisione di Urologia del Policlinico di Monza c’è una novità in termini di resezione prostatica transuretrale (Turp), intervento endoscopico adottato per risolvere i problemi minzionali legati alla iperplasia prostatica benigna. La nuova apparecchiatura americana Gyrus in dotazione al reparto consente vantaggi sostanziali durante la resezione e nell’immediato postoperatorio. Questa strumentazione utilizza l’energia bipolare anziché la tradizionale energia monopolare finora in dotazione nelle tradizionali resezioni prostatiche transuretrali. Con la Turp si opera una resezione dell’adenoma prostatico ostruente, causa di problemi minzionali ostruttivi e irritativi, affettando il tessuto prostatico grazie a un’ansa a radiofrequenza con elettrodo bipolare. Rispetto alla tecnica tradizionale con ansa diatermica monopolare, il sistema Gyrus produce un riscaldamento tissutale molto moderato, e una modestissima alterazione istologica, limitata a 0,5 mm invece dei normali 4 mm. Con l’apparecchiatura Gyrus la velocità di taglio e la precisione di coagulo sono nettamente superiori, mentre la dispersione di calore nei tessuti è estremamente inferiore: ciò permette di ridurre il tempo necessario per la resezione prostatica e di coagulare più celermente le bocche venose aperte durante il taglio. Oltre a consentire interventi più rapidi, questa metodica presenta un minore rischio di complicanze (fra le quali la temuta sindrome da Tur), una riduzione della degenza post-operatoria e una maggiore velocità di ripresa dell’ottimale dinamica minzionale da parte del paziente una volta subito l’intervento. Inoltre, nei pazienti con prostate volumetricamente molto grosse viene posizionato un trokar sovrapubico (drenaggio) di 30 Fr di diametro, quindi notevolmente più largo rispetto ai tradizionali trokar utilizzati nella resezione prostatica transuretrale. Ciò permette di ridurre drasticamente la pressione intravescicale e quindi anche quella in uretra prostatica, di migliorare il sistema d’irrigazione durante la resezione e di aspirare i frustoli di adenoma resecati durante l’intervento. Da quando l’apparecchiatura Gyrus è a disposizione dell’Unità Operativa di Urologia di Monza, sono stati osservati i pazienti operati con le due metodiche. E’ stato rilevato che la resezione transuretrale classica con ansa diatermica monopolare presenta, a volte, dei sanguinamenti eccessivi che richiedono trasfusioni di sangue. Utilizzando il Gyrus, che abbrevia i tempi di resezione, si diminuiscono sensibilmente questi sanguinamenti, riducendo conseguentemente anche le emotrasfusioni. Il catetere vescicale viene rimosso più rapidamente e i periodi di ricovero ospedaliero sono più corti. Se i vantaggi a breve termine sono maggiori con la tecnica Gyrus, i risultati come sintomatologia e flusso urinario a circa un mese dalla resezione sono sovrapponibili. Vanno però segnalati altri due punti importanti a favore della radiofrequenza bipolare: la minore incidenza di complicanze, come già accennato, e il minore danno tissutale causato dalla temperatura durante il taglio, con possibilità di fornire all’anatomopatologo un tessuto istologicamente meno alterato.

P

resso la Clinica Vialarda di Biella, dal gennaio 2005 è attiva l’Unità Funzionale di Urologia diretta dal dottor Piercarlo Chioso e coadiuvata dai dottori Enzo Pugno e Tullio Borella. L’attività urologia, che dispone di 10 posti letto di degenza, è rivolta a pazienti del SSN e a pazienti in regime libero professionale. L’attività ambulatoriale comprende esami urodinamici, endoscopici, ecografie e ambulatorio per piccola chirurgia. L’attività chirurgica riguarda sia la patologia benigna che spazia dai piccoli interventi sull’apparato genitale agli interventi di chirurgia maggiore interessanti tutti i vari organi dell’apparato genito-urinario.


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L’equipe di Urologia de La Vialarda diretta dal Dott. Piercarlo Chioso (primo a destra)

Un discorso a parte, sempre per la patologia benigna , riguarda la calcolosi delle vie urinarie che viene trattata per via extracorporea nella maggior parte dei casi e per via endoscopica o minipercutanea negli altri casi. L’unità di urologia dispone di ureteroscopi di ultima generazione e di litotritori usati sia per la endoscopia che per la percutanea. Nel continuo tentativo di ridurre gli effetti negativi degli interventi sull’organismo, il controllo intraoperatorio svolto in precedenza con il solo ausilio dei RX viene nella maggior parte dei casi eseguito con ecografia. Per esempio la puntura percutanea del rene, il controllo dei dilatatori e la toeletta dei calcoli vengono eseguiti tutti con il solo ausilio dell’ecografo. Per quanto riguarda la patologia maligna dell’apparato urinario, gli interventi spaziano dalle semplici resezioni endoscopiche vescicali di piccole neoformazioni superficiali a interventi di alta chirurgia che comportano l’asportazione di tutta la vescica. In questi casi è prevista la ricostruzione dell’organo secondo varie metodiche chirurgiche che prevedono l’utilizzo di segmenti intestinali detubulizzati o la derivazione urinaria esterna nei pazienti in cui per motivi anatomici, patologici, condizioni generali o preferenze personali vi è una controindicazione alla ricostruzione vescicale. La patologia neoplastica renale è stata trattata presso Urologia con vari tipi di interventi tra i quali le enucleoresezioni per i tumori di piccole dimensioni fino alle nefrectomie radicali. Ancora da annoverare tra gli interventi eseguiti per patologia maligna la surrenectomia monolaterale in un caso e bilaterale in un altro caso per la presenza di singole localizzazioni secondarie da patologia neoplastica di altro organo già trattata. Dal gennaio 2005 al luglio 2005 sono stai eseguiti 47 interventi di prostatectomia radicale per adenocarcinomi diagnosticati mediante agobiopsia presso l’ambulatorio, dimostrando ancora una volta quanto questo tipo di malattia sia in espansione. Infine, la laparoscopia viene praticata dall’Unità Funzionale sia per le patologie Urologia: il quadro generale degli interventi del Gruppo Policlinico di Monza dal 1/8/2004 al 31/7/2005 Prostatectomia transuretrale

315

Calcolosi urinaria, con CC e/o litotripsia mediante ultrasuoni

265

Interventi maggiori sulla pelvi maschile senza CC

259

Interventi per via transuretrale

266

Interventi sul testicolo non per neoplasie maligne

230

Ipertrofia prostatica benigna, senza CC

161

Circoncisione età

139

Calcolosi urinaria, senza CC

106

Interv. su rene e uretere e interv. magg. su vescica, non per neoplasia

95

Neoplasie maligne dell'apparato genitale maschile, senza CC

64

Interv. su rene e uretere e interv. magg. su vescica, per neoplasia

58

Interventi minori sulla vescica, senza CC

53

Interventi sull'uretra, età > 17 senza CC

50

Infezioni del rene e delle vie urinarie, età > 17 senza CC

43

Segni e sintomi relativi a rene e vie urinarie, età > 17

47

Interv. su rene e uretere e interv. magg. su vescica, non per neoplasia

36

Altri interventi Totale:

196 2383


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I Videoendoscopia Digestiva a Monza

l Servizio di Videoendoscopia Diagnostica e Operativa, creato al Policlinico di Monza nel 1999 e accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale dall’anno successivo, è diretto dal dottor Davide Lochis e si avvale della collaborazione parttime della dottoressa Monica Fioravanti e di due infermiere professionali, Annalisa Barzaghi e Luisa Palazzo; situato in un locale modernamente attrezzato, è dotato di una postazione di Videoendoscopia sulla quale possono ruotare tutti gli apparecchi endoscopici di ultima generazione, quali gastroscopi, colonscopi e duodenoscopi a visione laterale. I tempi di attesa per un esame endoscopico o per una visita rientrano nei parametri indicati dalla Regione Lombardia, come pure le richieste di esami urgenti. Vengono trattate tutte le patologie di interesse gastroenterologico, di natura sia medica sia chirurgica, e in particolar modo quelle che seguono:

Dott. Davide Lochis Responsabile Servizio di Endoscopia Digestiva Policlinico di Monza

Patologie dell’apparato gastroenterico superiore: oltre ai semplici esami diagnostici (esofagogastroduodenoscopia + Test di ricerca immediata dell’Helicobacter Pilori + biopsie indirizzate per la classificazione della malattie infiammatorie, tumorali, da malassorbimento, etc.) si eseguono i trattamenti per la terapia delle varici esofagee (legatura), polipectomie sia esofagee sia gastriche, dilatazioni esofagee per patologie stenosanti, posizionamento di protesi esofagee, posizionamento di P.E.G. (cioè la ‘gastrostomia percutanea endoscopica’ che permette al paziente di fruire di una nutrizione naturale mediante una sonda posta, per via transcutanea, direttamente nello stomaco; è indicata in tutti quei casi in cui risulta molto compromessa la funzione della deglutizione sia per cause neurologiche sia per altre patologie che alterano il normale transito esofageo); dilatazioni di stenosi piloriche. Patologie delle vie biliari principali: mediante il duodenoscopio a visione laterale è possibile esplorare i dotti che portano la bile dal fegato al duodeno, grazie a una accessoristica molto sofisticata che permette la visualizzazione delle vie biliari principali con l’infusione di un mezzo di contrasto; tutto ciò permette di ricercare la presenza delle possibili cause delle ostruzioni delle vie biliari oppure pancreatiche che provocano ittero, colangiti, pancreatici acute (calcolosi delle vie biliari e pancreatiche, infiammazioni croniche della papilla di Vater, tumori della papilla, della testa pancreatica, o delle vie biliari extra- e intra-epatiche) e di trattarle endoscopicamente sia bonificando i dotti (con asportazione, ad esempio, di calcoli incuneati) sia posizionando all’interno dei dotti stessi le protesi che mantengono pervio il lume, permettendo il fisiologico passaggio di bile.

Tumore maligno del retto: neoformazione vegetante con ulcerazione centrale (fonte: Immagini Endoscopiche - Ercules Comunicazioni 2001)

Patologie dell’apparato gastroenterico inferiore: con la colonscopia diagnostica, eseguita anche con l’aiuto di sedativi farmacologici, è possibile ricercare le cause di sanguinamenti occulti e non, diagnosticando la presenza di patologie benigne del canale anale (emorroidi, ragadi anali, fistole anali, etc.), di malattie infiammatorie acute e croniche dell’intestino crasso (rettocolite ulcerativa, morbo di Crohn, diverticolosi con o senza diverticolite, etc.) o di patologie neoformative (polipi peduncolati, polipi sessili, tumori intestinali). Ed è soprattutto sulla diagnostica precoce delle patologie tumorali intestinali che si sta indirizzando il Policlinico di Monza, posizionandosi come Centro di riferimento per lo screening delle patologie colo-rettali: il suo Servizio di Videoendoscopia Digestiva è infatti uno dei 300 Centri accreditati per la Campagna contro il Tumore colo-rettale (tutte le informazioni a riguardo sono disponibili sul sito www.cancrocolon.it). Inoltre vengono eseguiti interventi endoscopici di asportazione di polipi e di tessuti patologici tumorali in fase iniziale secondo le tecniche endoscopiche più note che vanno dalla polipectomia alla mucosectomia.


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Trattamento dell’obesità patologica mediante posizionamento endoscopico di palloncino intragastrico Dal 2004 il Policlinico di Monza è stato uno dei primi Centri in Italia dove si sono posizionati a livello gastrico, per via endoscopica, i palloncini ‘ad aria’ per il trattamento dell’obesità, con un criterio di selezione già stabilito dalle Linee Guida Internazionali, affiancando la tecnica chirurgica di bendaggio gastrico, già collaudata con successo, presso l’Unità Operativa di Chirurgia Generale; i primi risultati ottenuti sono incoraggianti e aprono prospettive future di risoluzione positiva nel trattamento di questa patologia che peraltro registra un forte incremento anche nel nostro Paese. Videoendoscopia digestiva: il volume di attività del Gruppo Policlinico di Monza Nel 2004 sono stati effettuati 3102 esami di cui 2000 (65%) relativi all’apparato gastroenterico superiore, 998 (31%) relativi all’apparato gastroenterico inferiore, 104 interventi di chirurgia endoscopica (4%) e 496 visite specialistiche per un totale di 3098 prestazioni; circa l’80% degli esami endoscopici è stato eseguito a favore di paziente ambulatoriali esterni convenzionati con il SSN. Nei primi 7 mesi del 2005 sono già stati eseguiti 1681 esami contro i 1574 del 2004, con un incremento di poco inferiore al 10%.

Clinica Eporediese convenzione con Ospedale di Aosta

L’equipe di Neurochirurgia della Clinica Eporediese diretta dal dott. Corrado Musso (al centro)

Dal mese di Luglio u.s. è stata ufficialmente resa operativa la convenzione stipulata tra l’ospedale civile d Aosta e la clinica Eporediese per l’attivazione di un service di Neurochirurgia. I Neurochirurghi della U.F di Neurochirurgia della clinica, diretta dal Dott. C. Musso, effettuano un turno di guardia attiva della durata di 8 ore nei giorni feriali e di 11 ore nei festivi. Nelle ore notturne il neurochirurgo reperibile garantisce la valutazione e l’eventuale trattamento di emergenze ed urgenze neurochirurgiche (traumi, emorragie, neoplasie scompensate ecc..). E’ inoltre attivo un servizio ambulatoriale che viene svolto tutti i giorni e che vede il suo appuntamento principale il Giovedì mattina. In due mesi di attività sono state numerose le richieste di consulenza espletate durante i turni di guardia e reperibilità, e sono stati effettuati interventi in urgenza quali il clippaggio microchirurgico di aneurismi cerebrali sanguinanti, lo svuotamento di ematomi intra ed extracerebrali sia di origine traumatica che spontanei, la riduzione e la stabilizzazione di fratture del rachide cervico-dorsolombare. I casi che non richiedono un trattamento in emergenza e che pertanto risultano differibili vengono operati presso la sala operatoria della clinica, che è dotata di apparecchiature specifiche per la chirurgia delle neoplasie cerebrali e spinali. Attualmente i neurochirurghi impegnati nel servizio presso l’ospedale di Aosta sono 4 (Dott. C. Musso, Dott. N. Zullo, Dott. L. Raina e Dott. M. Caniglia).


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L’ Monza: Chirurgia plasticoricostruttiva

Prof. Ernesto Caronni Direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica Maxillo-facciale del Policlinico di Monza

L’equipe di Chirurgia plastica del Policlinico di Monza da sinistra il dott. Antonello Tateo, il dott. Dario Graziano e il dott. Alberto Fumagalli

Unità Operativa di Chirurgia Plastica e Maxillo-facciale del Policlinico di Monza è diretta dal professor Ernesto Caronni con la collaborazione del dottor Massimo Pricca per la chirurgia maxillo-facciale e dei dottori Antonello Tateo, Alberto Fumagalli e Dario Graziano per la chirurgia plastica-ricostruttiva ed estetica. Nel corso del 2004 sono stati eseguiti 234 interventi di chirurgia maggiore e 832 di chirurgia ambulatoriale. La stretta collaborazione fra i vari specialisti e la multidisciplinarietà dell’approccio a numerose patologie, cardine del modello operativo della moderna medicina, ha portato ad efficaci sinergie e funzionalità operativa. L’attività si articola infatti nei tre settori specifici della specialità: l’oncologia, i traumi e le malformazioni. In tutti questi settori il coinvolgimento delle due specialità - chirurgia plastica e chirurgia maxillo-facciale - è continua, allo scopo di raggiungere risultati clinici sempre più soddisfacenti. Per quanto attiene all’oncologia, è intensa la collaborazione con il Servizio di Dermatologia per il trattamento delle neoformazioni cutanee, e con l’Unità Operativa di Senologia per la ricostruzione mammaria dopo il trattamento per carcinoma. Anche nelle più ampie asportazioni radicali per necessità oncologiche, l’impegno dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica e l’applicazione di tecniche specialistiche moderne nel trattamento chirurgico delle lesioni cutanee (specie se localizzate in regioni anatomiche ad alta valenza estetica quali volto, mammella, arti femminili, etc.) ha permesso la riduzione di esiti cicatriziali e dimorfismi deturpanti. In moltissimi casi viene usata la tecnica di sutura intradermica con fili riassorbibili e colla nelle situazioni in cui è auspicabile un risultato estetico, oltre che funzionale. Vengono inoltre trattati, in collaborazione con il Centro per lo Studio, la Ricerca e la Terapia dell’Obesità, gli eccessi cutanei conseguenti al dimagrimento del paziente obeso. Presso l’Unità Operativa è infine consueta l’osservazione di lesioni traumatiche anche recenti, che vengono affrontate secondo le più moderne indicazioni terapeutiche. Con la prossima attivazione del Pronto Soccorso, già in corso di realizzazione, le due specialità - chirurgia plastica e maxillo-facciale - vedranno una vicendevole integrazione che permetterà risultati molto soddisfacenti, considerando che dal punto di vista tecnologico e strumentale il Policlinico di Monza è dotato delle più recenti apparecchiature diagnostiche e terapeutiche. L’attività ambulatoriale Proprio per fornire un più rapido ed efficiente trattamento chirurgico delle lesioni minori della pelle e dei tessuti molli, nelle condizioni nelle quali non fosse indispensabile il ricovero, il dottor Antonello Tateo ha contribuito a realizzare una sezione di chirurgia ambulatoriale polispecialistica, organizzata con i più moderni criteri di sicurezza e funzionalità. In tal modo la “piccola chirurgia” svolta da differenti Unità Operative ha trovato una sede idonea che ha consentito di fornire un servizio di alta qualità e professionalità al paziente. In questo modo è stato anche possibile ridurre le liste di attesa e i ricoveri non strettamente necessari.


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a Chirurgia estetica rappresenta una branca fondamentale della Chirurgia plastica che ha come finalità il trattamento dei difetti corporei congeniti e dei segni dell’invecchiamento. Alla base della salute, intesa modernamente come di benessere’ e non, come classicamente veniva definita, ‘assenza di Chirurgia ‘stato malattia’, bisogna considerare fondamentale la percezione da parte dell’individuo estetica, non dell’armonia del proprio corpo con la mente. In altre parole il riconoscimento e solo una l’accettazione della propria immagine corporea gioca un ruolo fondamentale nel d’autostima e sicurezza che porta al benessere psicofisico. In una questione di sentimento società come la nostra, nella quale la bellezza e l’immagine giovanile vengono vanità esaltate fino a farne quasi un elemento basilare del successo, ci rendiamo facilmente conto come in un individuo la sensazione soggettiva di un difetto fisico possa portare a uno stato di frustrazione e influire negativamente sulla vita sociale e lavorativa. Trattandosi di una specialità medico-chirurgica con evidenti risvolti commerciali si è assistito molto spesso alla banalizzazione di questa disciplina con una conseguente leggerezza e superficialità nell’affrontare molti interventi chirurgici. Al Policlinico di Monza l’équipe dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica ha voluto riaffermare il rigore scientifico, i criteri di sicurezza e l’assistenza psicologica che devono essere alla base di qualsiasi procedura medica e che sono altrettanto importanti in una chirurgia ‘non indispensabile’, conciliandoli con la necessità di ottimizzazione della durata dell’iter terapeutico. Il paziente viene così sempre sottoposto a un prericovero durante il quale vengono eseguiti gli esami clinici e la visita anestesiologica. Al momento del ricovero effettivo per l’intervento chirurgico il paziente viene rivisitato da chirurgo e anestesista immediatamente prima dell’operazione. Nella fase postoperatoria il paziente viene tenuto sotto osservazione in un ambiente confortevole, attrezzato e con la pronta disponibilità di personale medico e infermieristico qualificato. La degenza comprende sempre la prima notte post-operatoria per tutti gli interventi di chirurgia maggiore. La collaborazione con l’équipe di anestesia ha portato allo sviluppo di protocolli anestesiologici e di controllo del dolore postoperatorio in grado di ridurre al minimo il disagio per i pazienti e favorire la più rapida ripresa delle condizioni fisiche generali. A consentire l’ottimizzazione dei tempi di degenza e il rapido recupero postoperatorio contribuisce l’utilizzo di tecniche chirurgiche moderne e innovative. Con questa mentalità i Chirurghi Plastici del Chirurgia plastica: Policlinico di Monza il quadro generele degli interventi del Gruppo Policlinico di Monza hanno sviluppato uno dal 1/8/2004 al 31/7/2005 stretto rapporto di collaborazione con una delle più importanti ditte Decompressione tunnel carpale 92 statunitensi di protesi Trapianti pelle e/o sbrigliam. escl. per ulcere pelle o cellulite senza CC 91 mammarie, offrendo il Interventi su tessuti molli senza CC 76 proprio contributo Altri interventi su orecchio, naso, bocca e gola 69 all’insegnamento teorico e Interventi per obesità 63 a dimostrazioni pratiche Rinoplastica 45 sulla chirurgia mammaria Estrazioni e riparazioni dentali 31 protesica riservati ai nuovi Interventi mammella 53 chirurghi che si avvicinano Chirurgia plastica su pelle, tessuto sottocutaneo e mammella 27 a questa specialità. Il Interventi su strutture extraoculari escl. l’orbita, età >17 23 dottor Tateo e il dottor Interventi su bocca senza CC 21 Fumagalli sono inoltre Altri interventi su pelle, tessuto sottocutaneo e mammella senza CC 14 docenti del Master di Int. su nervi perfierici e cranici ed altri int. su sist. nervoso senza CC 11 Chirurgia estetica morfodinamica Altri Interventi 68 dell’Università degli Studi TOTALE delle PRESTAZIONI 755 di Milano.


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Cardiochirurgia: quando il paziente è sveglio

anestesia regionale in cardiochirurgia potrebbe essere un passo ulteriore verso procedure meno invasive. L’anestesia generale con intubazione tracheale e ventilazione meccanica è usata routinariamente ed è considerata una tecnica sicura. Con l’anestesia regionale la ventilazione meccanica a pressione positiva intermittente può essere evitata. In particolare, il respiro spontaneo mantiene le fisiologiche pressioni intrapolmonari e come conseguenza ha un effetto positivo sulla circolazione polmonare. L’anestesia epidurale toracica alta (HTEA) combinata con l’anestesia generale protegge il cuore attraverso una simpaticolisi. Gli effetti benefici sulla risposta allo stress perioperatorio (riduzione della frequenza cardiaca postoperatoria e più bassi livelli di adrenalina senza disturbi di perfusione coronarica) e sull’ischemia miocardica postoperatoria (livelli di Troponina I più bassi rispetto ai controlli) sono stati documentati da svariati lavori internazionali nell’ultimo decennio. Il catetere, che viene inserito a livello del primo o secondo spazio vertebrale toracico, rimane posizionato per 48-72 ore ed è possibile continuare l’infusione dell’anestetico e ottenere così un adeguato controllo del dolore postoperatorio. Recenti studi hanno dimostrato che il VAS (visual analog pain) è più basso nei pazienti sottoposti peridurale in cardiochirurgia rispetto alle altre metodiche per il controllo del dolore postoperatorio.

Dott. Marco Diena Responsabile “Centro Cuore” Clinica S. Gaudenzio di Novara

Dott. Stefano Casalino Responsabile del Servizio di Cardioanestesia Clinica S. Gaudenzio di Novara

La HTEA senza anestesia generale, ovvero con un paziente sveglio e cosciente per tutta la durata dell’intervento, è stata introdotta nella chirurgia coronarica senza circolazione extracorporea (off pump) negli ultimi anni e alcuni centri di cardiochirurgia all’estero hanno introdotto l’utilizzo di questa metodica anche nella chirurgia della valvola aortica. In tal modo è possibile una valutazione neurologica continua, con la possibilità di modificare i flussi della circolazione extracorporea qualora il paziente presentasse segni di sofferenza cerebrale. Si evita inoltre l’uso di anestetici generali, con una integrità della funzione cognitiva postoperatoria. Vari studi hanno inoltre evidenziato che la prima causa di complicanza respiratoria postoperatoria è un inadeguato livello di coscienza postestubazione. Nel paziente anziano poter garantire una adeguata analgesia peri e postoperatoria senza alterare l’integrità neurologica e ottenere la massima collaborazione nella fisioterapia postoperatoria può essere discriminante laddove la funzione respiratoria appare compromessa. L’esperienza acquisita in questi anni su oltre 400 pazienti in HTEA più anestesia generale ci ha spinto ad effettuare anche nel nostro centro alcuni interventi di cardiochirurgia con paziente sveglio e cosciente per tutta la durata della procedura chirurgica. Abbiamo pertanto trattato due pazienti di 68 e 72 anni con funzione respiratoria compromessa (FEV 1 = 0.9 litri) e affetti da cardiopatia ischemica: entrambi sottoposti a HTEA sono stati operati di bypass coronarico off-pump. Successivamente abbiamo sottoposto, in circolazione extracorporea, a sostituzione dell’aorta ascendente un uomo di 75 anni e una paziente di 88 anni affetta da stenosi aortica severa sintomatica con funzione respiratoria alterata (FEV1= 50% del valore predittivo). Questi quattro pazienti hanno avuto un breve periodo di osservazione in terapia intensiva e intervistati il giorno successivo hanno valutato l’esperienza dell’intervento da svegli in modo soddisfacente. Questa tecnica dovrà dimostrare, attraverso successivi studi, se permette di operare quei pazienti le cui condizioni cliniche generali sono tali da ritenere troppo elevato il rischio qualora l’intervento si conducesse in anestesia tradizionale.


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ECM: i corsi in programma

“L’assistenza al paziente con stomia”

“L’assistenza al paziente con stomia”

Dr. Pietro Pizzi -Dr. Ezio Ganio

Dr. Pietro Pizzi - Dr. Ezio Ganio

In fase di accreditamento

In fase di accreditamento

23 settembre 2005

24 settembre 2005

“Ruolo e competenze del personale dell’area

“Nozioni generali di terapia delle neoplasie (II parte)”

infermieristica” Accreditato con 16 crediti formativi ecm

26-27 settembre 2005

Dr. Sante Gianelli

In fase di accreditamento

1 ottobre 2005

“La comunicazione efficace” Accreditato con 24 crediti formativi ecm

30 settembre 1 e 3 ottobre 2005

“La comunicazione efficace” Accreditato con 24 crediti formativi ecm

6-7-8 ottobre 2005

“Corso di aggiornamento sul trattamento delle fistole perianali”

“La buona urodinamica pratica”

Dr. Ezio Ganio - Dr. Mario Trompetto

Dr. Augusto Rippa, Dr.ssa Anna Sabrina Nervi

Accreditato con 8 crediti formativi ecm

In fase di accreditamento

12-13 ottobre 2005

15 ottobre 2005

“Corso di aggiornamento nella patologia di spalla” Prof. Ferdinando Priano - Dr. Marco Guelfi In fase di accreditamento

22 ottobre 2005 Corso di II livello Dr. Ezio Ganio - Dr. Mario Trompetto In fase di accreditamento

14-15-16-17-18 novembre 2005

Auditorium Clinica San Gaudenzio Novara, Via Bottini 3 Il calendario dei corsi ECM in programma nei prossimi mesi è consultabile sul sito www.policlinicodimonza.it

Sala Congressi Policlinico di Monza Monza, Via Amati 111


Direttore Scientifico: Prof. Elio Guido Rondanelli

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~ Cardiochirurgia, Cardiochirurgia pediatrica, Neurochirurgia, Chirurgia generale, Chirurgia toracica, Chirurgia vascolare, Chirurgia plastica e maxillo facciale, Terapia intensiva, UnitĂ coronarica, Ortopedia e traumatologia, Medicina generale, Cardiologia, Urologia, Neurologia, Riabilitazione cardiologica, Riabilitazione neuromotoria, Emodinamica. Novara

Via Bottini 3 - Novara Tel. 0321 3831 www.clinicasangaudenzio.com Direttore Sanitario: Prof. Ugo Filippo Tesler

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Alessandria Via Bruno Buozzi 20 Alessandria - Tel. 0131 314500 www.nccalessandria.it Direttore Sanitario: Dott. Alfred Qalqili

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Anno II numero 5 - settembre 2005 Autorizzazione del Tribunale di Monza n. 1724 del 5 marzo 2004 Direttore responsabile: Fabio De Marchi Stampa: Tipografia Gi & Gi srl - Tregasio di Triuggio (MI) Progetto grafico: Brunazzi&Associati, Torino Immagini: Policlinico di Monza


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