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Quirino Principe Carissima Milano, sono arrivato a te per amore
from LETTER TO MILAN
by Jaca Book
aggettivi. Prima della guerra c’erano le parole “sensibilità”, “dinamico”, “musicale”; oggi invece le pietre basilari del vocabolario critico sono “costruito”, “corposo”, “architettura”»3 .
E anche Margherita Sarfatti, sempre nel 1920, osserva: «Costruire: una paroletta da nulla a dirla così: ma… per enunciarla come un programma, ci voleva del coraggio [...]. Che cosa si propone ora il manipolo dei pittori di avanguardia italiani? Costruire, essi vi rispondono»4 .
Costruire, dunque. Ma che cosa? Sironi riprende dalla sua stagione futurista l’idea di una città totalmente contemporanea. La sua metropoli non ha centro storico, monumenti antichi, tracce del passato remoto o prossimo. È composta solo dalla testuggine delle case, dalla trama delle strade e delle rotaie, dagli inarcamenti dei cavalcavia e, poi, dai segni del lavoro industriale: gli obelischi delle ciminiere, le basse fabbriche dai tetti a triangolo, le gru a trave mobile, i tralicci, le cisterne.
Dalla stagione metafisica, invece, riprende l’atmosfera sospesa, carica di presagi, gravata da una misteriosa immobilità. Biciclette, macchine, tram, treni, camion appaiono bloccati e i pochi uomini che si scorgono restano fermi sulle vie deserte. La città non è il luogo della comunità, ma della solitudine.
1 M. Sarfatti, catalogo della mostra alla Galleria Arte, Milano 1920. 2 M. Sarfatti, 1920, ora in Il Novecento Italiano, a cura di Elena Pontiggia, Milano 2003, p. 27. 3 M. Bontempelli, “Pescecanea”, in Le Industrie Italiane Illustrate, Milano, settembre-novembre 1920, ora in Id., Opere scelte, Milano 1987, p.182. 4 M. Sarfatti, Funi (ottobre 1920), ora in Pontiggia 2003, p. 32. NICOLETTA COLOMBO Storica dell’arte
A Milano il dibattito sull’arte negli anni Trenta era fortemente caratterizzato da un clima generale di entusiastica sperimentazione e di contatti con la realtà nazionale ed europea. La grande attività fiorita sul versante delle imprese architettoniche e dei correlati interventi plastici, pittorici e decorativi di ambito monumentale, sia di tipo civile che religioso, era la risposta di una città di grande riferimento come il capoluogo lombardo, costante contraltare del polo romano, alla necessità del regime di sostenere un modello sociale di tipo aulico, rinforzato dalla identificazione con modelli di grandi civiltà storicizzate come quella romana e greca, affermative dei miti senza tempo sostanziati nell’opera, ovvero nel monumento quale emblema concretizzato di un ideale collettivo.
Il grande entusiasmo, che sorgeva dalla fine degli anni Venti e proseguiva oltre la chiusa dei Trenta, scaturiva da una serie di motivazioni: il miraggio del principio di unità delle arti espresso dal muralismo di Mario Sironi, Achille Funi, Massimo Campigli, Carlo Carrà, l’adozione di estetiche elaborate da architetti di mediazione tra la tradizione e il razionalismo architettonico più rigoroso, come era il caso di Gio Ponti o dei continuatori della tradizione neoclassica lombarda, aggiornata sugli esempi di un novecentismo in revisione, come quello di Giovanni Muzio. Era il decennio per antonomasia dei piani regolatori e di soluzioni urbanistiche che promuovevano per l’appunto la nascita di una scienza nuova del vivere, l’urbanistica, prepotentemente affermata in prospettiva nazionale e internazionale nella mostra riservatale in occasione della vi Triennale al Palazzo dell’Arte di via-
Paolo Mezzanotte, Palazzo della Borsa, 1927-1932.
le Alemagna, sede delle gloriose Triennali milanesi degli anni Trenta, la v (1933), la vi (1936) e la vii (1940). Accanto al funzionalismo, sostenuto dai giovani architetti ispirati ai modelli innovativi dei colleghi d’Oltralpe, si affermavano gli esempi del monumentalismo ufficiale, secondo cui gli artisti, pittori, affrescatori, scultori, decoratori, affiancavano gli architetti per confermare il concorso dell’arte nella costruzione della civiltà, nella osservanza di un senso etico inteso come impegno morale finalizzato alla formazione e alla comunicazione dei valori civili comunitari. Il rinato principio dell’orgoglio italiano, che rimandava alla grande tradizione romana, ai valori della razza, ai modelli culturali italici e alla celebrazione di un forte spirito collettivo, era elemento propulsivo di una volontà edificatrice sostanziata nei cantieri di pregnanza emblematica, quali i palazzi delle poste, delle borse valori, niversità, stazioni ferroviarie, tribunali, case del fascio, e ancora di centri sportivi, piscine, ospedali, ecc., opere in cui la decorazione entrava non in formula aggiuntiva, ma come attività paritaria all’architettura a partire dalla iniziale progettazione. Grandi imprese te-
Giannino Castiglioni, Cristo Re, Università Cattolica del Sacro Cuore.
stimoniavano la febbrile vis costruttiva in cui Milano era situata, in prospettiva nazionale, al timone di comando, in gemellaggio antagonistico con Roma.
Tra il 1930 e il 1931 presso il Palazzo Mezzanotte o Palazzo della Borsa, lavoravano gli scultori Leone Lodi, Silvio Zaniboni e Geminiano Cibau, che vi collocarono sia nell’interno che all’esterno dell’edificio, altorilievi, gruppi scultorei e formelle simboliche.
In piazza Missori, il Palazzo della Cassa Nazionale delle Assicurazioni Sociali eretto da Marcello Piacentini, si arricchiva dei rilievi scultorei di Antonio Maraini e di alcune lunette lignee dipinte da Cipriano Efisio Oppo, entrambe figure autorevoli del regime.
Presso l’Università Cattolica di largo Gemelli, tra il 1930 e il 1932, lo scultore Giannino Castiglioni collocava in facciata il bronzeo Cristo Re, mentre il giovanissimo Giacomo Manzù arricchiva la Cappella del Sacro Cuore con altorilievi, la Cappella del Collegio con una primitivistica statua in gesso e i tabernacoli con rilievi simbolici in oro sbalzato. La Stazione Centrale di Milano, inaugurata nel 1931, era decorata da statue allegoriche di Armando Violi, da rilievi di Castiglioni, Bazzoni, da piastrelle ceramiche dipinte da Basilio Cascella, da affreschi di Mar-
Basilio Cascella, Padiglione Reale della Stazione Centrale.
cello Nizzoli, da vetrate di Tevarotto, e da altri interventi minori. Il Palazzo di Giustizia, eretto da Marcello Piacentini tra il 1936 e il 1939, accoglieva un centinaio di opere decorative tra affreschi, encausti, mosaici, altorilievi, bassorilievi, sculture, eseguiti dai più importanti artisti italiani del tempo; il Palazzo costituisce senza dubbio il maggior complesso iconografico dell’arte italiana tra le due guerre: opere sul tema della giustizia, del Bene e del Male, della colpa e del giudizio.
L’Ospedale Niguarda Ca’ Granda, costruito alla fine degli anni Trenta, ospitava parecchi lavori: nel cortile antistante l’edificio, due monumentali gruppi scultorei di Arturo Martini e di Francesco Messina, nella Cappella della Annunciata bassorilievi di Marchini, Parini, Francesco Wildt e vetrate di Carpi, Sironi, Salietti, Bucci, Monti, De Grada, Salvadori, ecc. Ancora rilievi scultorei di Bortolotti, Bossi, Vedani, Pizzi e nel Palazzo degli Uffici, altre vetrate, affreschi, sculture, rilievi.
Nella sede della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde di via Verdi, oggi Intesa Sanpaolo, lavoravano Achille Funi, che nel 1940 realizzava un prezioso mosaico allegorico sulla cupola della Sala Riunioni, e Giacomo Manzù, che scolpiva stemmi-bassorilievi nel porti-
Francesco Messina, gruppo scultoreo di San Carlo Borromeo, Ospedale Maggiore Niguarda Ca’ Granda.
co esterno del palazzo costruito da Giovanni Muzio, e all’interno cesellava un prezioso grande orologio dorato, con i simboli zodiacali. Il Palazzo dell’Amministrazione Provinciale di via Vivaio veniva decorato da Salvatore Saponaro con preziosi bassorilievi marmorei scanditi in formelle, mentre Ivo Soli realizzava due grandi bassorilievi in marmo sulle pareti esterne laterali di via Vivaio.
Tra il 1938 e il 1942 Giovanni Muzio costruiva il Palazzo del Popolo d’Italia (poi denominato Palazzo dei Giornali) di piazza Cavour, sulla cui facciata Sironi collocava un gigantesco bassorilievo in marmo e uno di dimensioni ridotte, in porfido rosso, sul balcone. Nel 1941, nel salone dell’Auditorium al quinto piano veniva collocato lo storico mosaico di Sironi. L’Italia Corporativa, originariamente composto per la vi Triennale di Milano del 1936 e poi presentato alla Esposizione Universale di Parigi del 1937.
Tra il 1940 e il 1941, Giuseppe Pagano costruiva l’Università Commerciale Luigi Bocconi e chiamava alla decorazione lo scultore Leone Lodi per i bassorilievi esterni, riservando gli interni alle sculture in grès di Arturo Martini, agli affreschi di Adriano Spilimbergo, alle maioliche di Nino Strada, ai rilievi ceramici di Salvatore Fancello.
Giacomo Manzù, stemmi in porfido. Palazzo delle Colonne di via Verdi, Milano. Mario Sironi, bassorilievo marmoreo al Palazzo dei Giornali di piazza Cavour, Milano.
Leone Lodi, rilievo in pietra presso l’Università Bocconi, Milano.
In questo sintetico excursus, che per motivi di spazio trascura molte altre tappe non meno importanti, non va dimenticato un polo fondamentale della Milano artistica: il Cimitero Monumentale, che anche negli anni qui considerati si arricchiva di contributi preziosi di Lucio Fontana, Fausto Menotti, Giannino Castiglioni, Carlo Bonomi, Leone Lodi, Antonio Maraini, Francesco Messina, Franco Lombardi e di altri. Un ultimo, quanto incompleto cenno, meritano le chiese cittadine, anch’esse al centro degli interventi degli artisti nel decennio dei ’30: affreschi di Achille Funi nella chiesa di San Giorgio al Palazzo, vetrate di Guido Marussig e formelle di Franco Lombardi nel Tempio Civico di San Sebastiano, pannelli di Aldo Carpi e statue di Leone Lodi nella chiesa di Santa Maria del Suffragio, pala bronzea e fonte Aldo Carpi, vetrata nell’abside della Chiesa centrale dell’ Ospedale Maggiore Niguarda Ca’ Granda.
battesimale di Fausto Melotti nella basilica di San Babila, fonte battesimale di Giacomo Manzù in Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa, mosaici di Gian Filippo Usellini nel Santuario di Sant’Antonio da Padova di via Farini, vetrate di Usellini in Santa Maria Incoronata di corso Garibaldi, vasca battesimale di Franco Lombardi nella Basilica di Sant’Ambrogio, ecc. Da questo sommario elenco, che è impossibile qui ampliare nei dettagli, emerge quale fosse il fervore costruttivo e il dialogo interdisciplinare che la nostra città offriva come esempio di probità alla propria cittadinanza, alla nazione e a quella platea internazionale che numerosa confluiva da ogni dove nel capoluogo lombardo in occasione delle Triennali milanesi al Palazzo dell’Arte.