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Manfredi Catella Milano, modello di sostenibilità, digitalizzazione e inclusione
from LETTER TO MILAN
by Jaca Book
La facciata della basilica di Sant’Eustorgio.
nella Cappella Portinari), capolavoro assoluto della scultura gotica in Lombardia, e in seguito si confermeranno attivissimi nella realizzazione a più mani dell’Ancona della Passione sull’altar maggiore e delle tombe viscontee nelle cappelle gentilizie del lato destro.
Il Trittico dei Magi è un esempio efficace della concretezza e, insieme, della fantasia dei Campionesi. La storia si dipana con chiarezza, grazie a un vivace spirito narrativo. Le figure sono di proporzioni robuste, com’è nella tradizione campionese, e il gusto visconteo, attento alle finezze e ai dettagli descrittivi, rende la lettura del trittico una vera delizia: indimenticabili sono i personaggi “minori” (i cagnolini che accompagnano curiosi il corteo, gli stallieri che sferzano i cavalli, l’asino e il bue del presepe che affondano il muso nella mangiatoia “liberata” dal Bambino), distribuiti un po’ dovunque, conferma divertente di quella inesauribile attenzione verso la realtà che caratterizza attraverso i secoli l’arte in Lombardia. Pur nella prevalente impostazione “lombarda”, tuttavia, si riconoscono facilmente gli esiti del contatto con Giovanni di Balduccio, nella chiave di un’eleganza raffinata, già del tutto ispirata al gusto delle corti internazionali. Esemplare, come vedremo, è la figura del più giovane dei re Magi.
Il Trittico è composto da tre pannelli trapezoidali in forte rilievo, delle medesime dimensioni: sul fastigio, si alternano gugliette decorative, diverse figure e un tondo con la Crocifissione. La storia prende av-
Maestri Campionesi, Trittico dei Magi, 1350, basilica di Sant’Eustorgio
vio nel pannello di destra, con la faticosa cavalcata in salita dei Magi. La guida del convoglio è presa dal più anziano dei tre, quello che riceve direttamente in sogno la visione dell’angelo. La scena del sonno dei Magi, nell’angolo destro del primo pannello, è un momento altissimo, non solo per la virtuosistica calata dell’angelo in scorcio, ma anche per il diverso e disinvolto atteggiarsi dei tre dormienti, attorniati dai paggi. Il re più giovane, all’estrema destra, distende le labbra in un lieve sorriso: nella allegoria delle “tre età dell’uomo”, spesso sottesa alle figure dei Magi, il giovane re imberbe simboleggia la spensieratezza e l’ardore dell’adolescenza. Il percorso del corteo affronta un valico di montagna, che mette a dura prova staffieri e cavalcature: il re più anziano, a cavallo, è visto di spalle, mentre un paggio poggia la mano sul posteriore del destriero, quasi per incoraggiarlo.
La scena centrale è ambientata nella grotta di Betlemme: Maria presenta il Bambino ai Magi, mentre Giuseppe si occupa di raccogliere i doni. I re si sono tolti le corone (e così possiamo ammirare l’acconciatura “aerodinamica” del secondo re): il più anziano sta baciando il piedino del Bambino, mentre il più giovane, sempre un po’ imbarazzato, si sta sfilando il guanto. Notevolissima è la accurata esecuzione degli abiti. Nella parte alta, coro e orchestra degli angeli intonano il Gloria, nella totale indifferenza dell’asino e del bue.
Il terzo pannello, infine, presenta il re Erode in trono, attorniato da loschi cortigiani. I Magi formano un fronte compatto davanti all’infido sovrano: i due più anziani parlano, il più giovane se ne sta zitto zitto, con le mani in tasca (imperdonabile mancanza di etichetta!). Dietro, i cavalli sono inquieti, e gli stallieri devono dar mano alle fruste. Un dettaglio interessante si nota osservando i due paggi che accompagnano i Magi: sui loro cappelli compare, ricamata, la stella di Betlemme.
Un’ultima annotazione: il trittico è datato 1350. In quella data, l’Europa intera stava appena risollevandosi dalla terribile epidemia di peste che l’aveva flagellata nel 1348-49. Milano era stata l’unica città risparmiata dal morbo, e l’attività artistica non aveva conosciuto soste. Gli affreschi di Viboldone (1349)
e il trittico di Sant’Eustorgio (1350) possono essere letti anche in questa chiave. Restando nel settore Romana-Ticinese, ritorniamo a San Nazaro, fondata da sant’Ambrogio come “basilica degli Apostoli” e dotata della capsella argentea di cui abbiamo accennato all’inizio. Protetta da un vetro, la pala lignea dispone di un’illuminazione dall’alto che ne permette una buona godibilità. Allo stato attuale delle ricerche, è difficile stabilire il grado di autenticità della struttura architettonica della scena, specie nella parte interna.
Altro aspetto da affidare al parere di un restauratore è la fin eccessiva “freschezza” delle dorature. Il dibattito fra i grandi scultori del tiglio sull’opportunità di colorare e dorare le figure è uno dei momenti più interessanti della scultura tedesca rinascimentale.
Veit Stoss prediligeva la policromia (salvo abbandonarla in extremis proprio nell’ultima opera, l’altare della Vergine nel Duomo di Bamberga), Riemenschneider preferiva lasciare in evidenza il tono caldo e naturale del legno di tiglio. Nel caso milanese, siamo in una posizione intermedia: i personaggi non sono colorati, e il bel tono scuro del legno viene arricchito da abbondanti dorature, stesi su mantelli, copricapi, stivali e negli elementi strutturali della capanna. Ovviamente dorati sono anche i vistosi recipienti con i doni dei Magi.
La scultura è la parte centrale (la “cassa”) di un altare a sportelli, la tipica struttura artistica e devozionale diffusa a nord delle Alpi, nei Paesi di lingua tedesca, durante il Quattrocento e il primo Cinquecento. Tali complessi erano formati essenzialmente da due parti principali: la cassa, sempre in rilievo, e due o più “sportelli” o ante laterali mobili montate su cerniere; decorate su entrambe le facce, le ante potevano essere dipinte oppure scolpite (ma con un aggetto minore rispettto alla cassa centrale). Inoltre, gli altari lignei del gotico nordico erano spesso completati da una predella e da una cimasa.
Il numero di altari giunti fino a noi sostanzialmente integri è molto ridotto: l’iconoclastia protestante, la fragilità stessa del materiale, i mutamenti di gusto, l’ingiustificato prevalere della pittura sulla scultura in un’ipotetica e perniciosa “gerarchia” delle arti hanno provocato una quasi totale dispersione degli antichi complessi.
L’Adorazione dei Magi di San Nazaro presenta una scena unitaria ma sostenuta da pilastrini dorati che le conferiscono una curiosa forma a trittico. La scena è infatti contenuta all’interno di una capricciosa, complicatissima aula gotica traforata, autentico tour de force di invenzione architettonica e di bizzarria inventiva. Questa estrema complicazione dell’architettura è uno degli elementi più interessanti per la determinazione della data e per risalire all’eventuale ambito creativo. La presenza di un fondo traforato è infatti un’indicazione molto precisa, collegandosi alla Cassa del Sacro Sangue (o dell’Ultima Cena), scolpita da Tilman Riemenschneider nei primissimi anni del Cinquecento e conservata nella chiesa di San Giacomo a Rothemburg. L’autore della cassa di San Nazaro ha certamente visto questo straordinario modello in Franconia, ma ha ulteriormente complicato l’architettura, e soprattutto ha rinunciato alla composta, nobile interiorità di Riemenschneider per dare invece ai personaggi un allegro brio festoso.
La scena raffigura il momento dell’arrivo dei Magi a Betlemme. Nello sfondo roccioso (non partico-
Scultore tedesco, Adorazione dei Magi, particolare, inizio del xvi secolo, chiesa di San Nazaro Maggiore.
larmente ben risolto, specie per la visibilità delle giunture fra i vari blocchi lignei che compongono l’altorilievo) è raffigurato il movimentato seguito dei Magi. La scena principale, spartita in tre dagli snelli pilastrini gotici, è molto più convincente. Particolarmente elegante risulta la rotazione delle figure disposte quasi in cerchio intorno alla Madonna col Bambino. La capanna è una strana e sbilenca costruzione rustica, col tetto di paglia e una precaria struttura. Un pilastrino della capanna, peraltro, presenta un raffinato fusto classico e un capitello scolpito: è un rimando alla antichità greco-romana che non viene cancellata con la nascita di Cristo, ma anzi ne costituisce uno dei supporti.
Il gruppo della Madonna col Bambino è di una bellezza davvero memorabile: si direbbe quasi che la