Maestri Campionesi, Trittico dei Magi, 1350, basilica di Sant’Eustorgio
La facciata della basilica di Sant’Eustorgio.
nella Cappella Portinari), capolavoro assoluto della scultura gotica in Lombardia, e in seguito si confermeranno attivissimi nella realizzazione a più mani dell’Ancona della Passione sull’altar maggiore e delle tombe viscontee nelle cappelle gentilizie del lato destro. Il Trittico dei Magi è un esempio efficace della concretezza e, insieme, della fantasia dei Campionesi. La storia si dipana con chiarezza, grazie a un vivace spirito narrativo. Le figure sono di proporzioni robuste, com’è nella tradizione campionese, e il gusto visconteo, attento alle finezze e ai dettagli descrittivi, rende la lettura del trittico una vera delizia: indimenticabili sono i personaggi “minori” (i cagnolini che accompagnano curiosi il corteo, gli stallieri 210 | Lettera a Milano
che sferzano i cavalli, l’asino e il bue del presepe che affondano il muso nella mangiatoia “liberata” dal Bambino), distribuiti un po’ dovunque, conferma divertente di quella inesauribile attenzione verso la realtà che caratterizza attraverso i secoli l’arte in Lombardia. Pur nella prevalente impostazione “lombarda”, tuttavia, si riconoscono facilmente gli esiti del contatto con Giovanni di Balduccio, nella chiave di un’eleganza raffinata, già del tutto ispirata al gusto delle corti internazionali. Esemplare, come vedremo, è la figura del più giovane dei re Magi. Il Trittico è composto da tre pannelli trapezoidali in forte rilievo, delle medesime dimensioni: sul fastigio, si alternano gugliette decorative, diverse figure e un tondo con la Crocifissione. La storia prende av-
vio nel pannello di destra, con la faticosa cavalcata in salita dei Magi. La guida del convoglio è presa dal più anziano dei tre, quello che riceve direttamente in sogno la visione dell’angelo. La scena del sonno dei Magi, nell’angolo destro del primo pannello, è un momento altissimo, non solo per la virtuosistica calata dell’angelo in scorcio, ma anche per il diverso e disinvolto atteggiarsi dei tre dormienti, attorniati dai paggi. Il re più giovane, all’estrema destra, distende le labbra in un lieve sorriso: nella allegoria delle “tre età dell’uomo”, spesso sottesa alle figure dei Magi, il giovane re imberbe simboleggia la spensieratezza e l’ardore dell’adolescenza. Il percorso del corteo affronta un valico di montagna, che mette a dura prova staffieri e cavalcature: il re più anziano, a cavallo, è visto di spalle, mentre un paggio poggia la mano sul posteriore del destriero, quasi per incoraggiarlo. La scena centrale è ambientata nella grotta di Betlemme: Maria presenta il Bambino ai Magi, mentre Giuseppe si occupa di raccogliere i doni. I re si sono tolti le corone (e così possiamo ammirare l’acconciatura “aerodinamica” del secondo re): il più anziano
sta baciando il piedino del Bambino, mentre il più giovane, sempre un po’ imbarazzato, si sta sfilando il guanto. Notevolissima è la accurata esecuzione degli abiti. Nella parte alta, coro e orchestra degli angeli intonano il Gloria, nella totale indifferenza dell’asino e del bue. Il terzo pannello, infine, presenta il re Erode in trono, attorniato da loschi cortigiani. I Magi formano un fronte compatto davanti all’infido sovrano: i due più anziani parlano, il più giovane se ne sta zitto zitto, con le mani in tasca (imperdonabile mancanza di etichetta!). Dietro, i cavalli sono inquieti, e gli stallieri devono dar mano alle fruste. Un dettaglio interessante si nota osservando i due paggi che accompagnano i Magi: sui loro cappelli compare, ricamata, la stella di Betlemme. Un’ultima annotazione: il trittico è datato 1350. In quella data, l’Europa intera stava appena risollevandosi dalla terribile epidemia di peste che l’aveva flagellata nel 1348-49. Milano era stata l’unica città risparmiata dal morbo, e l’attività artistica non aveva conosciuto soste. Gli affreschi di Viboldone (1349) Lettera a Milano | 211