La luce nell’arte
l’illuminazione del defunto come ierofania della sua divinizzazione nell’antico egitto
6. L’illuminazione del defunto nei Testi dei sarcofagi Le stesse concezioni si ritrovano più sviluppate nei Testi dei sarcofagi risalenti al Medio Impero. L’illuminazione dopo la morte è ormai esplicitamente promessa anche ad altri e non solo al faraone:
Alle pagine seguenti: 10. Rievocazione dei Campi di Iaru secondo il Libro dei morti. Pittura murale, Nuovo Regno, xix dinastia, circa 1279 a.C. Tomba di Sennedyem, necropoli di Deir-el-Medina, Tebe. Preceduto nel tempo antico dai Testi delle Piramidi e dai Testi dei Sarcofagi, il cosiddetto Libro dei morti rappresenta una terza fase dello sviluppo della letteratura funeraria. Dalla xviii dinastia (xvi secolo a.C.) fino al periodo romano, questo libro veniva posto nel sarcofago. Esso forniva al defunto, per il viaggio e per il giudizio che lo attendeva, le formule magiche tratte per la maggior parte dai Testi dei Sarcofagi, con alcune reinterpretazioni. Si ritiene che tali formule facessero commuovere gli Dei. La pittura che è qui raffigurata mostra quanto avverrà al defunto se accettato nel regno di Osiride. Potrà vivere in una campagna da cuccagna, mietendo con la sposa spighe ricolme, sradicando lino alto e docile mentre tutto attorno vi saranno alberi ricolmi di frutti. 9. Disegno ripreso da un papiro in cui compare l’occhio. I leoni evocano gli orizzonti occidentale e orientale e portano il disco solare (Libro dei morti di Her-Ouben, xxi dinastia).
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11. Dettagli del pettorale del faraone rinvenuto a Tanis. Il faraone glorificato e ammesso a salire sulla barca del Sole e a remare in una scena porta la fenice, simbolo di eternità, mentre nella seconda porta Osiride.
Formula 46 [i, 201] (B10 Cb): il defunto, identificato a Horus-vendicatore-di- suo-padre, esclama: «Io sono colui che illumina (ink vhó), colui che è giovane per l’eternità»56. Formula 80 [ct ii, 30 1 37] (B1C): il defunto è identificato a Shu, figlio di Atum (testo dalle risonanze cosmogoniche molto marcate): «Io sono lo splendore (syp) del cielo dopo l’oscurità... Io sono la luce (i íw), colui che cammina a lungo, colui che riporta il cielo lontano per Atum». Formula 323 [ct iv, 152] (S1Cb): il defunto reclama: «Aprimi le porte dell’Osservatorio celeste, liberami un gradino di luminosità (i íw)! Grande, il puro che io sono è colui che crea la luminosità di Re ogni giorno (ir pvó Rc rc nb)». Formula 422 [ct v, 259-260] (B2 B0): «Io sono colui che ha il suo luogo in Heliopolis, nel mezzo del Castello del Risplendente che non cessa di splendere (hw.t Wbn wbnbn)... Io sono colui che appare, sono il Pyramidion-benben57... io sono la Fiammeggiante-Nekhbet, sono il Fiammeggiante-Nekheb...». Formula 623 [ct vi, 239] (T1 Ca): «Mi lavo le mani, percorro l’orizzonte, cammino e salgo sulla barca che conduce la grande Entità, affinché possa riunirmi alla Dorata58 nelle isole59 del cielo; (così) un dio si riunisce al suo compagno (dmó nòr vnnw.f), uno splendore e uno sfavillio (syp hó)». Formula 624 [ct vi, 240] (T1 Ca): «Parole che bisogna dire: Essere un luminoso nel cielo ( í m p.t)». Formula 722 [ct vi, 350-351] (B3B0): «Trasformarsi in stella divina (nòrj ‹&&˛`) del mattino... Questa60 N. è la stella del mattino, questa N. è la bella ‹&&˛` stella (wc/ ) d’oro che spunta all’orizzonte, solitaria, ricca di urei, che sua madre ha messo al mondo, e che mangia colui che le nuoce. Questa N. è la stella solitaria (vb wc) all’orizzonte; suo padre Re gli ha dato il cielo nella sua totalità (perché) l’illumini (syp.f)...». Formula 813 [ct vii, 13] (T1L): «... questo N. è l’aurora61, ... questo N. si è impadronito del cielo in quanto dio di Luce (i íw (s}` (s}`) questo N. ha marciato, questo N. ha camminato...». Formula 818 [ct vii, 17] (T3C): «Io sono Re, maestro (padrone) della luce (ink Rc nb i íw)...».
Quando il defunto accede alla liberazione e alla luce del giorno, la duat (il mondo inferiore) viene illuminata62 e il regno dei morti diventa quello degli «abitanti della luce»63 (Tavv. 10, 11), tra i quali viene annoverato ormai anche il defunto: «L’Unico che brilla (wc pvó.f), che io possa entrare tra la folla della sua gente; l’accompagno (?), coloro che sono nella luce (imj.w i íw) e coloro che sono nella duat» (Formula 108 [ct ii, 121] versione T1L.). 25