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Anno nuovo, nuovi articoli e una nuova rubrica (Mitologie Cinofile) in cui si parla delle tante leggende che aleggiano nel mondo cinofilo italiano. E probabilmente anche altrove. Ma un grazie di cuore va a tutti voi che costantemente in tanti ci leggete e ci auguriamo che i nostri articoli siano utili per la vostra vita quotidiana con i vostri compagni a quattro zampe. Ci scusiamo se gli articoli sono numericamente inferiori ai numeri scorsi, ma la qualitĂ degli stessi dovrebbe sopperire a questo nostro limite. Ancora una volta vi auguriamo una buona lettura.
in copertina
La Redazione
Posizione di attenzione
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SOMMARIO Editoriale
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Cani al cinema: Beethoven
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Il cane in famiglia
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Cuccioli: questione di rispetto
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Mitologie cinofile
pag. 16
Vita da cani o da peluche?
pag. 21
L’olfatto
pag. 26
Il pedigree
pag. 30
I cani nella Poesia
pag. 34
Umorismo canino
pag. 35
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di Giovanni Padrone - Beethoven è da tempo un noto personaggio di cartoons e film (ne sono stati prodotti 8). Si tratta di un simpatico San Bernardo che ogni volta in cui si muove combina un sacco di guai per la sua grande mole. Il primo film, uscito nel 1992, inizia nella California del 1990, con due ladri che portano dei cani in un laboratorio per fare degli esperimenti con dei proiettili, come vuole il loro misterioso capo Varnick, che dice loro di procurarsi prima dei cuccioli per l'esperimento, a cui ci vorrano due anni di preparazione. Così, di notte, un cucciolo di cane San Bernardo viene rubato dai due ladri e portato via dal negozio di animali insieme a tutti gli altri cuccioli di razze diverse. Ma durante il trasporto, lui e un altro cane riescono a sfuggirgli, nascondendosi in un cassonetto, che si rivela essere di una casa a nome Newton. La mattina seguente il cucciolo, per cercare da mangiare, tramite un diversivo del padrone della casa uscito, si introduce in casa Newton, una famiglia con tre bambini (Ryce, Ted ed Emily), che accolgono il cane con sorpresa e felicità. Non è altrettanto felice il padre, poiché pensa solo al suo lavoro aziendale complicato da un cane, ma la famiglia finisce per adottarlo chiamandolo Beethoven, dall'omonimo musicista che amano ascoltare. In due anni Beethoven cresce in età canina, mentre i bambini sono ancora piccoli e diventa un enorme San Bernardo. Nonostante sia grande, grosso, invadente e
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puzzolente, tutti e cinque (padre compreso) si lasciano trasportare dalla sua simpatia e si affezionano al cagnone, che risolve un problema di coppia di Ryce, ed i problemi di Ted con alcuni compagni fastidiosi di scuola. Purtroppo Beethoven, dopo aver rovinato il rapporto dei bambini con la loro colf incapace, è adocchiato dal suo veterinario, che lo ammira troppo e vorrebbe tenerlo lui, con tutta la volontà del sig. Newton che non lo sopporta. Infatti, Beethoven manda a monte un invito di due clienti di Newton, che volevano concludere un affare. Newton si convince a dare il cane al veterinario; la moglie riesce ad impedirglielo, convincendolo che il suo lavoro è eccellente anche senza successo internazionale. Un giorno Beethoven aggredisce inspiegabilmente il veterinario che era venuto a visitarlo, e la legge parla chiaro: dovrà essere abbattuto per iniezione letale. Newton lascia il cane al veterinario, per farlo sopprimere da un assistente di quest'ultimo; nonostante tutto è disperato ed i suoi figli non gli rivolgono la parola per tutto il resto del giorno. Così Newton capisce quanto sia silenziosa e seria la casa senza Beethoven e, con il rimorso per ciò che ha fatto, decide di andare a riprenderselo. Purtroppo il veterinario dice che il cane è stato già abbattuto e quindi non c'è speranza. Ma Newton si accorge del braccio del veterinario morso, lo guarda ed invece è intero e liscio. Capendo che era un imbroglio trova Beethoven in un laboratorio con cani, che, quando lui era piccolo, facevano parte del suo negozio ed erano stati rubati anche loro e così si scopre tutta la terribile verità. Infatti il veterinario era corrotto ed era lui il misterioso Varnick ed i suoi assistenti maschi erano i suoi due ladri, poiché lui per fare l'esperimento sui proiettili -oramai era arrivato il giorno di farlo- aveva fatto rapire molti cani e cuccioli e, di conseguenza, per fare pure su Beethoven l'esperimento illegale, tenerselo ed abbatterlo, aveva fatto finta di farsi aggredire da lui nella visita nascosta, picchiandolo in modo da farlo inferocire e balzare su di lui senza farsi mordere e sporcandosi il braccio di rosso per apparire ferito. Varnick sta per sparare al cane, ma Newton interviene liberando gli altri cani che lo assalgono e dopo un breve duello con i due ladri lo fa svenire con le siringhe. I due ladri si salvano da tutti i cani, ma vengono aggrediti e feriti da quattro dobermann nell'auto-benzina, per poi essere arrestati sotto gli occhi di tutti al telegiornale. Newton, con la famiglia che lo aveva aiutato, si scusa con Beethoven e finalmente lo accetta. Anche Varnick viene arrestato. Beethoven è definitivamente membro di casa Newton e tutti i cani liberati dal laboratorio lo seguono nella sua abitazione, dove verranno adottati anche loro dai Newton. Nelle produzioni cinematografiche successive (l’ultima, “Beethoven - Alla ricerca del tesoro”, risale allo scorso anno), si aggiungeranno alla famiglia una compagna e dei cuccioli oltre che tanti nuovi amici.
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di Giovanni Padrone - Per circa 40.000 anni gli esseri umani ed i cani hanno avuto un rapporto alquanto affascinante e gratificante. Al centro delle loro interazioni esistono alcune somiglianze interessanti, fra cui il fatto che entrambe le specie sono 6 altamente sociali ed hanno un sofisticato sistema di competenze comunicative. E, sebbene
una decina di milioni di anni fa i nostri antenati e gli antenati dei cani fossero in competizione sul cibo, il tempo evolutivo e la vicinanza fra le due specie hanno dato origine ad un rapporto simbiotico. Ogni essere umano proviene da un qualche tipo di famiglia e ogni famiglia ha una sua struttura, con diversi membri che hanno responsabilità diverse all’interno del proprio gruppo sociale. Per migliaia di anni fu previsto che i ruoli dei membri familiari fossero stabilmente rispettati. Sebbene oggi i ruoli familiari siano molto meno rigidi, è ancora vero che ogni membro ha qualche impegno all’interno del proprio nucleo familiare. C’è chi si occupa di trovare i mezzi di sussistenza e lavora, chi provvede alla cura della casa, i figli devono frequentare una qualche struttura scolastica per imparare innanzitutto a leggere e scrivere e con l’andare del tempo trovare una specializzazione idonea alle proprie capacità. Eppure i cani oggi sono spesso tenuti come animali domestici senza nulla da fare se non fornire divertimento e affetto. Questo è uno sviluppo relativamente nuovo che non si ricorda quasi a memoria d'uomo. Anche un tempo i cani erano membri della famiglia e ricevevano ugualmente affetto, ma avevano compiti ben definiti. Ad esempio, custodivano le proprietà, fornivano protezione personale, aggregavano o conducevano il nostro bestiame, liberavano le nostre famiglie dai parassiti, ci aiutavano nella caccia, tiravano le slitte e trovavano la gente dispersa. Per gran parte della storia umana, la maggior parte delle persone ha avuto molto meno reddito disponibile di quanto non accada oggi. Non c'era nessuna industria di cibo per cani e i cani consumavano i nostri avanzi. Perché le case non avevano sistemi di allarme elettronici, i cani da guardia dormivano fuori e pattugliavano la casa nei dintorni. Non c'era il riscaldamento personale o centralizzato, perciò le porte erano tenute chiuse e quando ci si spostava da una stanza all'altra venivano riscaldate solo le camere occupate. Ciò significava che il cane doveva seguire noi e non aveva la possibilità di muoversi liberamente in casa. Una volta la gente non poteva permettersi sostituzioni di mobili per la casa che dovevano durare molti anni e per questo motivo i cani non avevano accesso sui letti. perché la gente teneva i cani al lavoro e probabilmente nemmeno provvedeva alla loro pulizia come oggi avviene con i centri per toelettatura. I cani erano membri rispettati della famiglia con responsabilità chiaramente definite e non erano dei surrogati di bambini. Che si7sappia,
50 e oltre anni fa i problemi di comportamento comunemente visti oggi nei cani erano raramente presenti. Una delle principali ragioni è che oggi la maggior parte dei cani non svolgono alcuna attività fisica e mentale all'interno delle loro famiglie e a volte sono quasi costretti a svolgere attività diverse o, ancor peggio, all’inattività. Spesso ci si scorda che un cane da pastore, come può essere un border collie, o un cane da slitta, come può essere un Huski, o ancora un cacciatore naturale, come può essere un levriero, hanno centinaia, se non migliaia di anni di selezione che ha mantenuto attive le loro rispettive capacità. Trattandosi di cani istintivamente portati a svolgere quelle capacità, quando si trovano a dover convivere invece con l’inattività subiscono delle pesanti conseguenze a livello psicologico. Si presentano problemi di iperattività, aggressività, apatia, forme ansiose gravi. E vorrei vedere voi, nati per correre a 90 km orari o trainare delle slitte a 30 gradi sottozero o ancora per condurre le greggi 10 ore al giorno trovarvi rinchiusi in una ‘prigione dorata’ come vi sentireste al posto dei cani. Spesso ci dimentichiamo che i progressi umani hanno sicuramente portato molti benefici (fra cui una maggior consapevolezza di cosa sia la relazione col proprio cane), ma hanno anche tolto molti lati positivi di quando i nostri bisnonni o i loro avi non avevano tutto questo progresso, fra cui una maggior coesione familiare e un maggior impegno psicofisico per i nostri compagni a quattro zampe. E non è che i problemi 8
possano risolversi così facilmente frequentando un campo un paio d’ore una o due volte a settimana. 2 L’inserimento in un nuovo gruppo sociale Quando un cane viene adottato da un umano, ha due possibilità: che sia l’unico cane di famiglia oppure che debba convivere con cani già presenti nell’abitazione. Ed una terza: che debba convivere con altri animali domestici. Considerando il processo di selezione umana dalla fine del Paleolitico ai giorni nostri e la forte urbanizzazione che negli ultimi secoli si è sviluppata nel mondo occidentale, questo inserimento potrebbe sembrare una cosa assolutamente facile, semplice. In realtà spesso ciò non è. Nella maggior parte dei casi, anzi ogni qualvolta si presenta un problema, è sempre responsabile la controparte umana che non è in grado di capire le esigenze del nuovo arrivato (e probabilmente non capisce nemmeno quelle dei cani che già vivono nella propria abitazione). Ci troviamo, perciò, spesso a dover affrontare situazioni in cui i cani vanno in forte competizione sulle ‘risorse’ (come cibo, luoghi di riposo, giocattoli ed anche il proprietario). Ogni situazione diventa una buona ragione per attaccar zizzania. Oppure vi sono difficoltà di adattamento ambientale o ancora forme di iper-attaccamento. Se il proprietario è in grado di reagire secondo logica, chiederà l’aiuto di una persona competente, sperabilmente qualcuno in grado di ricostruire da capo una relazione fra cane (cani) e proprietario secondo condizioni di equilibrio etologico. Spesso, però, la persona inesperta si rivolge avventatamente a chi della relazione col cane non interessa nulla e lavora in modo alquanto irrispettoso della natura e dell’identità del cane stesso utilizzando tecniche punitive che spesso e volentieri conducono il cane in situazioni di estremo stress emotivo, ansia e paura. È a quel punto, quando i guai si sono sommati ad altri guai, che al proprietario viene l’idea di rivolgersi a chi fa del rapporto sociale la base primaria su cui appoggiare il recupero dei cani problematici. Perciò, quando un cane entra in famiglia, oltre alle due possibilità che già ho indicato, ha ulteriori due possibilità che si sovrappongono: che il proprietario sia una persona cosciente e sappia come risolvere le situazioni, oppure che il 9
proprietario viva in un assoluto stato di incoscienza e irresponsabilità, condizione esatta per avere problemi. Il cucciolo adottato (o il cane adulto adottato) entra in una nuova situazione ambientale con nuovi umani e/o nuovi animali domestici e/o altri cani. Inizialmente cercherà di esprimersi secondo quanto mamma cagna gli ha insegnato. Con il grosso svantaggio che è ancora un cucciolo. Se gli va bene potrà trovare una femmina con istinto materno in grado di accudirlo e proseguire nel percorso formativo già iniziato dalla madre. Questa è la condizione migliore. Nella peggiore delle ipotesi, può incontrare cani per nulla disposti inizialmente a relazionarsi con lui e che ad ogni occasione glielo ribadiranno. Un’altra situazione è quella in cui il cucciolo si trova a dover convivere con un altro cane con forti problemi di adattamento ambientale e relazionale (ad esempio, può soffrire di un iper-attaccamento morboso nei confronti dei proprietari) e che perciò sia stato preso ‘per far compagnia a Fido’. In questo caso, avviene molto spesso che le forme ansiose siano trasmesse, non per contagio ma per apprendimento, al nuovo cane. Scordatevi che per una vostra mancanza relazionale un nuovo cane possa aiutarvi a risolvere il problema. Se proprio dovete prendere un secondo cane, prima risolvete i problemi del primo facendovi aiutare da un esperto in comportamento canino. Se ci troviamo, perciò, in condizioni normali, l’inserimento del nuovo cane avverrà senza alcun particolare problema: col tempo si adatterà ai ritmi ed ai rituali precostituiti e si inserirà nel nuovo gruppo familiare accettando di buon grado di apportare il proprio contributo.
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I piccoli passi L’inserirsi da un gruppo ad un altro in maniera alquanto quieta e distribuita nel tempo, a piccoli passi, è stata notata anche dall’equipe dell’etologo Roberto Bonanni(1) che per cinque anni ha osservato le dinamiche relazionali di due gruppi di cani randagi viventi alla periferia di Roma. Quando un cane usciva da uno dei due gruppi la collocazione nell’altro era questione di poco tempo, alcuni giorni. Ed il tutto avveniva in maniera alquanto rilassata. Fra i cani sembrano non esistere questioni di setta. Questo perché il sistema sociale canino è forse uno degli esempi migliori di ‘sistema globale’ non inventato dall’uomo sul nostro pianeta. Probabilmente funziona anche meglio della globalizzazione umana, sicuramente senza le ingiustizie che la stessa comporta. Mi risulta essere molto convincente la teoria dell’autopoiesi, di cui io spesso parlo nei miei scritti, per quanto riguarda le modalità di interazione utilizzate dai cani. Molto più delle assurde teorie su gerarchia e dominanza che ancora dominano il mondo cinofilo italiano. Ma cos’è l’autopoiesi? Si tratta di un processo mediante il quale un sistema produce una propria organizzazione e la mantiene, costituendosi in uno spazio. In particolare l’autopoiesi è attribuita ad un sistema che attraverso la sua rete di processi produce i componenti che: 1) attraverso le loro interazioni e trasformazioni rigenerano continuamente e realizzano la rete di processi (relazioni) che li ha prodotti; 2) costituiscono il sistema come un'unità concreta nello spazio in cui i componenti esistono specificando il dominio topologico della sua realizzazione. In poche parole, un sistema autopoietico è un sistema che si autoregolamenta attraverso l’uso di alcune iniziative o convezioni. Abbiamo traccia di questo osservando i cani al parco. Quando entra un cane, arriva un comitato di accoglienza per verificare se si tratta di un amico, un cane già conosciuto, oppure se è un nuovo entrato. In ogni caso viene testato attraverso tutta una serie di rituali e comportamenti, per cui se è in grado di adattarsi non vi sarà alcun problema, mentre se questo non avverrà sarà presto lasciato a se stesso o, nel caso in cui tenda ad aggredire, riceverà in cambio una risposta maggiore da parte di tutta la ‘coalizione’ di benvenuto. Nella normalità dei casi, questa risposta sarà più ‘cagnara’ che fatti, poiché i cani tendono ad isolare in qualsiasi modo una ‘perturbazione’ alla quiete del loro sistema sociale ed usano l’aggressione, in forma ritualizzata, come ultima spiaggia. Se poi un cane ha intenzioni davvero belligeranti, gli altri non se ne staranno con le mani in mano a subire ma risponderanno con altrettanta prepotenza. Ma, in questo caso, parliamo di situazioni oltre il limite. (1)
R. Bonanni ed altri - Effect of affiliative and agonistic relationships on leadership behavior in free-ranging dogs.
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di Angelo Romanò - Proviamo solo per un momento a metterci negli abiti, o per meglio dire, nel pelo del cucciolo, ci sono degli atteggiamenti che per noi rientrano nella normalità ma che per loro possono assumere toni differenti, persino fino ad arrivare ad una vera e propria minaccia. Uno dei più frequenti può essere ad esempio abbracciare il cucciolo. Molto spesso si esprime il nostro affetto abbracciando qualcuno, stringendolo a noi per far sentire più da vicino quello che proviamo. Nella natura animale, specialmente quando parliamo di cani, non è così per diversi motivi ed i cani in realtà non amano essere abbracciati. Quello 13 il voche per voi sembra essere un momento felice e di gioia non lo è sicuramente per
stro cucciolo. Molti cuccioli aspettano che il momento passi, terrificati da quello che sta accadendo e molti altri cercano la fuga ancora prima che vi avviciniate. L’abbraccio per nostra natura è un’espressione di primaria importanza. La madre stringe a se i propri piccoli fin dalla nascita mostrando loro affetto e nello stesso tempo protezione. I cani accudiscono i cuccioli senza stringerli a se ma solo mettendo loro a disposizione calore e nutrimento. A differenza nostra, i piccoli di cane si muovono verso la mamma in moto circolare fino a raggiungerla e a sentirne il calore. L’interpretazione dell’abbraccio è quindi sostanzialmente diversa, una possibile minaccia, anche se per noi o per le nostre intenzioni non lo è, per lui è un momento di panico, a volte vissuto in maniera passiva ed altre volte in modo attivo. L’avvicinarsi di una figura di dimensioni pressoché enormi per loro, con l’approssimarsi delle braccia (per loro zampe) e la presa con le stesse, essere avvicinati al petto ed essere bloccati in una morsa da cui difficilmente potrà liberarsi porta il cucciolo ad una condizione di stress enorme. La risposta del cucciolo sarà di annusare l’aria, di chiudere la bocca, sbadigliare, non rivolgere lo sguardo, leccarsi il naso, leccare la vostra faccia rispondendo con uno stato ansioso e preoccupato come se avessero fatto qualcosa di male, qualcosa che non dovevano fare. Un’altra cosa che non piace ai cuccioli è il bacio. Cani che si baciano non ne ho visti, poi che facciano anche lo “schiocco” come piace a noi, ancor meno. Il contatto con il muso è a volte tollerato ma non sempre. Spesso ci si avvicina contenti, mostrando la nostra felicità con un bel sorriso per poi dare un bacio sul muso ma l’interpretazione è presto fatta, per 14
loro il nostro sorriso è sinonimo di minaccia perché nel mondo animale mostrare i denti significa essere aggressivi o per lo meno mostrare intenzioni diametralmente opposte dall’affetto. L’avvicinamento successivo risulta essere un’ulteriore minaccia, magari seguito dal contatto delle mani (zampe) con il muso e da un fortissimo rumore (lo “schiocco”). Pensiamo anche alla loro sensibilità auricolare, possono sentire minimi rumori ad una distanza ragguardevole, cosa che per nostra natura non rientra neanche nel pensabile, per cui il rumore può risultare alquanto fastidioso. Se a questo aggiungiamo, qualora l’avvicinamento avvenga da parte di un bambino, l’atteggiamento irruento che potrebbe adottare senza rendersene conto allora le cose si complicano. E’ importante quindi insegnare ai bambini che esistono delle differenze che vanno rispettate. Ma allora … cosa piace ai cuccioli? Come possiamo mostrar loro il nostro affetto? E’ presto detto, rispettando la loro natura, infatti più che essere toccati ed essere coccolati loro amano giocare ed interagire con noi senza eccedere nel contatto fisico. La relazione, come abbiamo già visto nei numeri precedenti, ci aiuterà a costruire il suo futuro e a gestire correttamente il contatto, contatto che dovrà essere preferibilmente compatibile con le parti del corpo più predisposte a riceverlo, come ad esempio il petto, il fianco o dietro le orecchie evitando quelle parti del corpo in cui il cucciolo non ama essere toccato come la testa, la schiena, la base del collo e le zampe. Se vogliamo quindi rispettare la sua natura, riflettiamo su cosa può avvicinare o al contrario allontanare la sua compagnia, la predisposizione ad un atteggiamento consono nei suoi confronti risulterà vincente e, oltre al rispetto, vi guadagnerete anche la sua fiducia. Lo stesso vale per i bambini, è utile insegnar loro come devono comportarsi, il rispetto va guadagnato …
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C’era una volta un lupo cattivo…” e ora non c’è più. In questa rubrica
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vogliamo trattare dei tanti miti e leggende che governano il pensiero di certa cinofilia, quella cinofilia autoreferenziale che mai si aggiorna da un punto di vista scientifico (troppa fatica) e che allo stesso tempo si considera la verità assoluta in tutto l’Universo. Ma nell’Universo ci sono civiltà molto più evolute della nostra che già da tempo hanno abbandonato le favole e le mitologie per adattarsi ad un cosmo fatto di fisica e matematica, di materia, antimateria e materia oscura, di gravità, forza elettromagnetica e concretezza. Del resto l’oro dei Nibelunghi non è mai stato trovato, la Terra è sferica e non piatta e le mosche si sa da tempo che non nascono per generazione spontanea... DOMINANZA. Dobbiamo partire dal lontano 1910 quando il colonnello della polizia prussiana Conrad Most pubblicò il suo manuale sull’addestramento del cane (Die Abrichtung des Hundes). L’ufficiale aveva la convinzione che il cane durante l’addestramento e nella vita di ogni giorno dovesse essere sottoposto ad un regime di tipo militaresco e che quindi il suo proprietario dovesse in ogni modo dominarlo fino a renderlo il proprio soldatino. Questo perché Most aveva la fervida fantasia che nei branchi di cani le zuffe avvenissero perché in questo modo si stabilivano i propri ranghi. Quindi nel branco misto uomo - cane la competizione del secondo doveva essere soppressa dal primo per evitare che il cane mostrasse velleità competitive nei confronti del proprio compagno bipede. In realtà, tutto questo suo modo di pensare era dettato dalla vita che lo stesso Most conduceva e in un corpo militare, soprattutto a quei tempi con guerre che in Europa scoppiavano ad ogni frase sbagliata. I militari avevano, in molte parti del mondo probabilmente hanno ancora, una struttura gerarchica molto rigida e chi cercava di uscirne o disobbediva a un ordine poteva essere deferito alla corte marziale e subire pene molto severe, fino alla morte (ad esempio, in caso di diserzione). Dunque, cosa ci si poteva aspettare da una mente militare? Che trasformasse la relazione con il proprio cane o con quelli che doveva addestrare in una vita da militare parallela. Dunque la posizione dominante dell’uomo sul cane diventa il perno su cui deve girare la relazione. Non per niente il manuale di Most diede origine soprattutto ad approcci formativi basati sull’uso della forza per costringere i cani all’obbedienza, soprattutto perché la disobbedienza non era soltanto una mancata esecuzione di un comportamento, ma una ribellione nei confronti del capobranco e perci, questa dove-
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va essere sedata. Oggi, anche se è vero che i cani devono imparare a vivere nella società umana, ci si è resi conto che sono i compagni umani i diretti responsabili degli insegnamenti attuati per questo scopo e che non è assolutamente necessaria la forza fisica, psichica o che dir si voglia. Anzi, si è scoperto che spesso un rapporto duro e punitivo è sicuramente molto stressante per un cane e poco rispettoso della sua identità. Se mi permettete anche poco rispettoso dell’intelligenza umana. Dopo Most arrivarono gli studi di R. Schenkel sui lupi del giardino zoologico in cui egli lavorava e che sembravano confermare quanto esposto da Most. In realtà, quando si iniziò a studiare i lupi allo stato libero ci si rese conto che in realtà la vita sociale in ambiente libero era molto differente: intanto si trattava di branchi identificabili come unità familiari, nei quali i genitori erano i membri più anziani ed i figli coloro i quali dovevano fare esperienza, mentre i lupi in cattività provenivano da luoghi e branchi diversi. Inoltre, i lupi liberi hanno a disposizione svariate centinaia di km quadrati, mentre i lupi degli zoo avevano forse qualche centinaio di metri quadrati. Il tutto si traduceva in competizione allo stato puro, mentre i lupi liberi essendo strettamente imparentati fra loro avevano un rapporto sociale molto più profondo, fatto anche di affettività. E tuttavia, sebbene si parlasse di lupi, il tutto fu trasposto anche ai cani essendo i probabili discendenti dei lupi. A questa confusione contribuì anche Konrad Lorenz, colui che da tanti viene ritenuto il padre dell’etologia (a mio avviso, invece, dobbiamo retrodatare la nascita dell’etologia oltre 2000 anni prima, ai tempi di Aristotele). Nel 1962 uscì il manuale di addestramento di W. R. Koehler ‘The Koehler Method of Dog Training’ , il quale insisteva sul fatto che i suoi allievi imparassero ad usare diverse forme di punizione ivi inclusi fruste e collari elettrici. Praticamente per decenni con la scusa del ruolo Alfa si sono maltrattati i cani. Per fortuna non tutti. Karen Pryor , infatti, alla stessa epoca di Koehler iniziò i rudimenti dell’apprendimento gentile che in seguito la portarono al clicker training. Il suo lavoro si basò sulla esperienza con i delfini ed in seguito fu esteso prima ai cavallo e poi ai cani. Ma vi erano tanti altri sconosciuti che cercavano di lavorare attraverso un rapporto più ‘sano’ ed equilibrato con il proprio cane. Del resto fin dall’antichità abbiamo correnti di pensiero che cercano di lavorare con i propri animali domestici in modo più consono (Senofonte, parlando del lavoro coi cavalli e circa 150 anni fa uno sconosciuto veterinario statunitense nel suo manuale sui cani). E’ strana la psiche umana: come sostiene Mark Bekoff noi abbiamo sempre il bisogno di pensare secondo delle gerarchie e non solo se parliamo di militari o ordini religiosi. Cerchiamo sempre di sottovalutare le altre specie animali e sopravvalutare le nostri doti. In realtà, se si fosse meno miopi ci si renderebbe conto che in Natura spesso è Davide, lo sfigato, ad avere la meglio su Golia, il superforzuto. Oggi che un po’ la nebbia sull’origine del cane inizia a dissiparsi, sarebbe il caso di pensare che se effettivamente c’è stata una storia di co-evoluzione (iniziata con un gruppo di lupi e degli uomini di Heidelberg circa 500.000 anni fa nel sud della Francia, fino ad arrivare ai primi veri cani intorno a 40.000 anni fa), il processo formativo del cane dovrebbe essere basato proprio sul reciproco beneficio che deriva da un rapporto simbiotico: soddisfacendo i bisogni del cane (primari, sociali, ecc.) l’uomo potrebbe ricevere in cambio la cooperazione del proprio cane. Ma, soprattutto, il suo affetto ed una immensa gratitudine per il rispetto che gli viene dato. E non è forse questo che noi andiamo cercando dai nostri amici a quattro zampe?
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In quanti e quali modi i cani cercano di farsi capire dai proprietari? Come comunicano fra loro? Questo libro è il frutto di 5 anni di studio, uno studio approfondito, della etologia e del comportamento sociale dell’unica specie animale che nel corso della propria storia ha deciso di evolversi in compagnia dell’Homo sapiens. Scoprirete che il cane ha un linguaggio sociale, relazionale, emozionale ed affettivo molto complesso che è frutto di una evoluzione durata milioni di anni, pervenuta dagli antichi Canidi che l’hanno preceduto nel corso della storia evolutiva della Terra. Attraverso le esperienze dirette ed il confronto con gli studi scientifici Giovanni Padrone, educatore cinofilo studioso dell’etologia e della evoluzione del cane (per le quali ha già pubblicato nel 2012 ‘E il cane decise di incontrare l’uomo’) affronta i vari aspetti che spesso sono ragione di conflitto da parte del genere umano, cercando di spiegare chiaramente tutte le sfaccettature del comportamento canino. Allo scopo di rendere questo testo più completo, egli ha osservato per diverse settimane un gruppo di cani randagi viventi sulle colline vicino a Ravenna e ne ha annotato le similitudini e le differenze rispetto ai cani che vivono in compagnia dell’uomo. Nel libro è presente anche un ampio etogramma del cane, dove sono identificati e descritti oltre 150 comportamenti che il nostro amico a 4 zampe attua nelle proprie interazioni sociali ed ambientali. Un libro per tutti coloro che desiderano ampliare le proprie conoscenze sull’etologia del Canis familiaris.
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di Debora Segna - Sta scritto che il re Salomone parlava con i quadrupedi, con gli uccelli, con i pesci e con i vermi. Anch’io parlo con gli animali, seppure non con tutti, come sembra facesse il vecchio re, e ammetto la mia inferiorità su questo punto. Però parlo con alcune specie che conosco bene, e senza bisogno di un anello magico. In questo anzi io sono superiore al vecchio re, che senza il suo anello non avrebbe compreso neppure il linguaggio delle bestiole con cui aveva maggior dimestichezza… io, per conto mio, trovo che comunque non è sportivo servirsi di un anello magico nei rapporti con gli animali: anche senza ricorrere alla magia le creature viventi ci raccontano le storie più belle, cioè quelle vere. E in natura la verità è sempre assai più bella di tutto ciò che i nostri poeti, gli unici autentici maghi, possono anche soltanto immaginare. Questa bellissima citazione è tratta dal libro “l’anello di Re Salomone” del famoso zoologo austriaco e padre fondatore dell’etologia (scienza che studia il comportamento degli animali) Konrad Lorenz. Già nel lontano 1949, Lorenz sosteneva l’importanza della comprensione del linguaggio degli animali e sottolineava quanto fosse essenziale comunicare con gli animali nel modo giusto, perché altrimenti c’era il rischio di commettere grossi errori. Non è affatto strano che si possa comprendere il “vocabolario” di alcune specie animali; noi possiamo anche parlare “agli” animali, per lo meno nell’ambito dei nostri mezzi fisici di espressione, e nella misura in cui, dal canto loro, gli animali son disposti
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a prendere contatto con noi. Bisogna però stare attenti a “non sbagliare lingua”. Con il passare degli anni la scienza ha fatto passi da gigante e le ricerche che aveva iniziato Lorenz riguardo il linguaggio canino si sono consolidate sempre di più, scoprendo quanto sia affascinante e lineare la comunicazione dei cani. Il cane, ha un linguaggio completamente diverso dal nostro, è un animale visivo che comunica in parte con l’abbaio ma prevalentemente attraverso i segnali del corpo. Ogni movimento corporeo corrisponde ad un segnale ben specifico. La codificazione di questi segnali è stata molto importante nella costruzione di una relazione equilibrata fra uomo-cane, che fino agli anni ’80 era stata principalmente a senso unico. Il cane non capisce il nostro linguaggio ma impara per associazioni ed ogni giorno con la nostra postura ed i nostri movimenti corporei non facciamo altro che comunicare “qualcosa” ai nostri amici a 4 zampe, ogni gesto corrisponde ad uno specifico comportamento. A volte questi segnali possono indurre il nostro cane ad avere un comportamento corretto ma il più delle volte otteniamo l’effetto contrario perché i nostri segnali sono spesso contraddittori fra loro e ciò determina che il nostro cane compia azioni sbagliate. Le conseguenze di questi errori possono essere devastanti, rovinare la relazione fra il proprietario ed il povero cane che non riesce a comprendere il motivo per il quale il padrone sia spesso arrabbiato. Non dobbiamo mai dimenticare che il cane non conosce il nostro linguaggio, è come se qualcuno iniziasse a parlarci in una lingua a noi sconosciuta e l’errore che si fa spesso è che tendenzialmente ci rapportiamo con i nostri animali come se stessimo comunicando con un altro essere umano ma ciò è completamente sbagliato. L’antropomorfizzazione dei nostri cani fa sì che spesso ci si convinca che alcuni loro comportamenti siano riconducibili a quelli degli esseri umani, come per esempio: il cane fa i dispetti, il cane è geloso della figlia o del marito, il mio cane ama essere preso in braccio e così via. Nel linguaggio canino ci sono alcuni segnali che i cani adottano per prevenire l’accadere di un evento, per interrompere qualcosa, per comunicare e calmare se stessi quando sono stressati o quando si trovano in una situazione di disagio. Questi segnali sono chiamati “segnali calmanti” o “segnali di pacificazione”. Tutte le razze del mondo comunicano nello stesso modo, e tutti i cani utilizzano i “segnali calmanti” quando si sentono a disagio per qualcosa. Alcune razze come quelle nordiche/primitive utilizzano alcuni segnali molto più di altre. Vi sarà capitato di vedere in tv alcuni politici e personaggi pubblici rilasciare interviste con graziosi cagnolini in braccio. Questo comportamento non solo è sbagliato ma è molto stressante per gli animali. Per manifestare il loro disagio molto spesso li ve23
drete adottare i “segnali calmanti”, come: girare la testa di lato, socchiudere gli occhi, tirare indietro le orecchie, alzare una zampa, sbadigliare spesso, ansimare, grattarsi spesso, leccarsi il naso e molto altro ancora. Se il cane si è stressato molto è possibile che vediate comparire anche la forfora sul suo manto. Molte persone in buona fede credono che ai nostri cani piaccia molto essere accarezzati sulla testa, abbracciati, presi in braccio o che qualcuno si pieghi su di loro, ma esperimenti scientifici ad oggi hanno dimostrato che tutti questi gesti che gli esseri umani adottano abitualmente non solo non piacciono ai cani, ma sono estremamente stressanti per loro, anche se a volte possono tollerarli da parte dei proprietari. Del resto anche a me darebbe molto fastidio se un estraneo mi mettesse una mano sulla testa o facesse tutte le altre cose che ho citato sopra. Qualunque comportamento adottiate, ricordate che il cane non capisce il nostro linguaggio e comunica in modo diverso dal nostro, chiedetevi sempre se quello che pensate che sia giusto per voi lo sia anche per il vostro amico a quattro zampe. Si dice che noi siamo degli “animali superiori” ed in quanto tali dovremmo avere l’umiltà e la voglia di imparare il linguaggio del nostro cane, per riuscire a guardare le cose da altre prospettive. Scoprire un nuovo linguaggio è la chiave vincente per aprire la vostra mente a qualcosa di estremamente affascinante e ricco di emozioni, solo così riuscirete a costruire una relazione equilibrata e a capire meglio come pensa il vostro cane.
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di Giovanni Padrone - Il cane, come noi e molte altre specie animali, è dotato di 5 sensi: vista, udito, olfatto, tatto, gusto. Tuttavia, mentre il nostro cammino evolutivo ci ha portati ad un maggior sviluppo della vista, nel cane, come in altre specie animali, l’evoluzione ha portato ad avere come primo senso l’olfatto. Deve essere assolutamente diverso vivere di odori, anziché di sensazioni visive ed immagini, anche se a dire il vero il cane non è cieco o ipovedente, ci vede bene anche se i colori a cui è sensibile sono più limitati dei nostri. 26 Ma perché il cane ha un olfatto così sensibile? Nonostante ad un certo punto della storia della vita l’evoluzione ci abbia fatto incontrare gli
antenati del cane e nonostante l’uomo ad un certo punto della storia evolutiva del cane abbia modificato diverse caratteristiche di questa specie creando le razze, il cane ha mantenuto molte altre cose che i suoi antenati avevano, come ad esempio un buon fiuto e, se pensiamo a ben determinate razze (come i cani da traccia e quelli da tartufo), la selezione umana ha addirittura esaltato questa dote. Anche cani che hanno un contatto ambientale basato maggiormente su altri sensi, come i levrieri (che sono cani con una vista molto acuta rispetto ad altri: questo perché quando furono selezionati i nostri antenati riuscirono ad esaltarne le doti da cacciatori e un buon cacciatore deve essere in grado di analizzare quale sia la preda migliore in quel determinato istante), hanno a tutti gli effetti un ottimo olfatto (io personalmente ho la mia giovane whippet che trova tartufi nel terreno). Se pensiamo al nostro misero naso, con 5 milioni di recettori ed un organo vomero nasale (le cui funzioni saranno spiegate più sotto) semi-atrofizzato e poi lo confrontiamo con il naso di un qualsiasi cane (con una media di 160 milioni di recettori ed un O.V.N. assolutamente sviluppato ed efficiente), possiamo capire la ragione per cui i cani abbiano un fiuto così raffinato e siano a noi molto superiori. Inoltre, il cane ha un modo particolare di ‘osservare’ gli odori: la fiutata, infatti (consistente in una serie che va da una a tre annusate, seguite da tre/sette sniffate), consente ai nostri amici a quattro zampe di discernere le molecole odorose provenienti dal terreno. E già da questo scopriamo un falso televisivo: non esistono ‘i cani molecolari’ e gli altri cani, poiché sotto questo punto di vista tutti i cani sono ‘molecolari’. Quello che fa la differenza, ad esempio, fra un Bloodhound ed un Zwergpinscher è un maggior numero di recettori olfattivi presenti nel naso del primo rispetto al naso del secondo. Inoltre esistono cani che inalano grandi masse d’aria e seguono un cono d’odore. Cani con questa attitudine sono i Pointer ed i Setter, dei quali è molto nota la capacità di individuare la selvaggina annusando le tracce olfattive che vengono rilasciate nell’aria inspirando in modo molto approfondito col vento a favore, poiché la struttura del loro apparato respiratorio (assi cranio facciali paralleli o convergenti, buono sviluppo dei seni frontali e torace ampio) favorisce questo genere di indagine olfattiva. Una volta che è stato individuato l’odore, si inoltrano nel suo cono e quando hanno individuato la sua fonte si fermano nella caratteristica posa di punta (Fig. 1). Ma il naso del cane non è solo questo. Il cane, infatti, comunica con i propri simili in tre modi: attraverso i segnali visivi (noti come RITUALI SOCIALI), le vocalizzazioni e il rilascio di tracce chimiche, ciò che la scienza chiama FEROMONI. Il nostro amico a quattro zampe è dotato di un ampio arsenale chimico col quale comunica il proprio stato emotivo, la propria salute, la sua identità e se è una femmina il proprio stato sessuale, ossia se è in un periodo in cui sia alla ricerca di un compagno per accoppiarsi ed avere prole. Fig. 1 - Punta di un pointer 27
Le specie animali hanno sviluppato appositi organi per recepire le tracce feromonali: gli insetti, ad esempio, hanno le antenne, gli aracnidi hanno organi piliferi distribuiti sul corpo. I pesci utilizzano dei neuroni specializzati che risiedono nell’epitelio olfattivo e le informazioni vengono elaborate attraverso percorsi cerebrali distinti da quelli dei ‘normali’ neuroni olfattivi. Durante l’evoluzione delle specie animali appare un organo specializzato per la rilevazione dei feromoni. Infatti, quando gli anfibi si avventurarono sul suolo terrestre nel Periodo Devoniano, intorno a 370 milioni di anni fa, acquisirono l’organo vomeronasale, anche se non si saprà mai se questo era presente nelle fasi transitorie fra pesci crossopterigi e primi veri anfibi o se le prime specie di anfibi ancora non lo possedevano. Tuttavia, nelle specie terrestri animali oggi viventi questo organo è presente, dall’anfibio meno evoluto fino ai mammiferi. Come si è precedentemente scritto, anche l’uomo lo possiede, ma è molto ridotto ed inefficiente e questo grazie all’evoluzione che ci ha condotti ad un mondo fatto di immagini, mentre gli altri animali vivono in un mondo di odori, se si eccettuano i primati più evoluti e gli uccelli che si trovano in una situazione analoga alla nostra. L’organo vomeronasale (Fig. 2) nel cane, come in tutti i mammiferi, è una struttura tubolare che risiede nella cavità nasale posta sopra il palato. Viene anche chiamato ‘organo di Jacobson’ perché fu scoperto nel 1813 dal biologo danese Ludwig Levin Jacobson, anche se in realtà era già stato individuato nei serpenti alla fine del 18.mo secolo dall’anatomista olandese Frederick Ruysch.Gli epiteli sensoriali posti lungo il setto nasale formano strati curvi, dividendo i due lati del naso; circondano, inoltre l’area vomeronasale che è riempito di liquido dalle ghiandole stesse. Qui vengono recepite le molecole feromonali pesanti ed è qui che interagiscono i recettori neuronali. I ricercatori hanno individuato tre classi di recettori vomeronasali, accoppiate a catene proteiche con sette domini transmembranici, la cui associazione coi leganti vomeronasali causa una cascata di segnali che trasformano in impulsi elettrici i segnali chimici...
Fig. 2 - Posizione dell’O.V.N. nel cane
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SION S A P S R B EL OF N N E K R E L CI/FCI N E o t u ROTTWEI i c s o le ricon a i r o t a m a o t Allevamen s (FG) i m a L n i o c r San Ma
cell. 328-5972631
ion.it
Sito: www.brspass ion.it E-mail: info@brspass
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di Davide Bressi - Il pedigree è un argomento sempre discusso tra i "non addetti ai lavori". Se ne sente parlare spesso di questo documento, ma raramente in modo esaustivo. Specifico che il pedigree non è solo quel documento, come molti pensano, che permette al cane di accedere alle esposizioni di bellezza. Chiarisco subito questo punto, perchè spesso sento persone che chiedono di acquistare un cucciolo senza pedigree esclamando la solita frase (che ciclicamente rimbomba nella mia testa) "A me il pedigree non serve, non devo far gare.." Il Certificato d'iscrizione al Registro Origini Italiano (abbreviazione R.O.I.) ovvero il pedigree, è più di questo. E' un documento ufficiale, una carta d'identità molto dettagliata che viene rilasciato, per il nostro territorio, solo dall'Ente Cinofilia Italiana, affiliata a sua volta alla Federazione Cinologica Internazionale. In esso sono racchiuse molte informazioni utili che spiegherò più avanti nel dettaglio. Nel pedigree è raffigurato l'albero genealogico del cane: genitori, nonni, bisnonni e trisnonni. Da qui si può capire l'effettiva importanza di questo documento. Infatti l'albero genealogico, attraverso i nomi dei soggetti presenti in esso, fornisce la possibilità di raccogliere molte informazioni preziose anche sulla progenie. Informazioni sanitarie come il grado di displasia dei riproduttori, ma anche informazioni quali i titoli di campione italiano/ internazionale di lavoro o bellezza, e titoli vari come brevetti, prove di selezione, campione sociale, campione riproduttore, ecc. E' quindi alquanto riduttivo affermare che il pedigree non sia importante. Attualmente però mi sento di dire che in Italia i controlli sulle cucciolate sono saltuari, non sempre le delegazioni Enci dislocate sul territorio eseguono controlli serrati sulle cucciolate. In questo senso il deposito del campione biologico (DNA) dei riproduttori, è un valido strumento per verificare la parentela del cucciolo con quest'ultimi. La legge italiana specifica chiaramente che cane senza pedigree non è da considerarsi cane di razza e aggiunge che vendere cani non di razza è vietato. Vi rimando alla lettura del Decreto legislativo del 30 Dicembre 1992, n. 529 inserito a fondo pagina. Il pedigree è uno strumento identificativo di un soggetto all'interno di
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una razza. Per far sì che il cucciolo abbia l'iscrizione al R.O.I. ovviamente è indispensabile che anche i genitori figurino in tale registro. Per i cani che non possiedono pedigree, ma che rispecchiano la tipicità della razza è possibile ottenere l'iscrizione al Registro Supplementare Riconosciuti (R.S.R.). Tale documento non ha la stessa valenza di un pedigree R.O.I. ed è riconoscibile perchè di colore verde. Questo registro è aperto solo ad alcune razze (vedi link http://www.enci.it/documenti/RSR_ESCL_PRIMAGEN.pdf). L'iscrizione al R.S.R. si ottiene partecipando ad un'esposizione di bellezza organizzata dall'Enci. I cani giudicati "tipici" avranno il Certificato d'iscrizione al Registro Supplementare Riconosciuti (R.S.R.) e il cane figurerà come capostipite. I cuccioli nati dall'accoppiamento di un soggetto con iscrizione al R.S.R. e un soggetto iscritto al R.O.I. avranno a loro volta l'iscrizione al R.S.R. Solo la cucciolata appartenente alla quarta generazione potrà richiedere l'iscrizione al R.O.I. Riassumendo, l'iscrizione al R.S.R. è un percorso lungo riservato solo ad alcune razze, che permetterà in futuro di avere cucciolate con pedigree R.O.I. L'Enci ha istituito nel suo sito ufficiale un "data base" dove è possibile accedervi per consultare tutti i pedigree semplicemente inserendo il numero di microchip del cane o altre informazioni quali il nome del cane e nome del proprietario o allevatore. Dunque è possibile verificare la genealogia anche prima di acquistare il cucciolo. Vediamo nello specifico le pratiche burocratiche che l'allevatore occasionale o di professione deve sbrigare per dotare la cucciolata del pedigree. Innanzi tutto il proprietario della fattrice deve compilare un documento chiamato "Modello A" entro 25 giorni dalla data di nascita della cucciolata e consegnarlo alla Delegazione ENCI competente per territorio in cui sono verificabili fattrice e cuccioli. Successivamente, entro 90 giorni dalla data di nascita della cucciolata dovrà compilare il "Modello B" per la denuncia d'iscrizione della cucciolata, presentandolo alla Delegazione ENCI competente per territorio. Questi modelli sono scaricabili gratuitamente sempre dal sito Enci, di facile compilazione e comprensione per tutti. La modulistica ha un prezzo molto ridotto, a differenza di quanto si possa pensare. Il "Modello A" ha un costo di euro 14,50 più tasse di segreteria di euro 8,50. Mentre il "Modello B" viene calcolato a cucciolo. Per ogni cucciolo deve essere versato un importo di euro 20 più tasse di segreteria di euro 8,50. Queste sono le spese a carico dell'allevatore. Il ritiro del pedigree è a carico del proprietario del cucciolo che dovrà versare alla delegazione Enci di zona un importo31di euro
13,50 più tasse di segreteria (quelle ci sono sempre) di euro 8,50. Come potete notare sono importi esegui ben distanti dalle richieste di alcuni che fanno il solito giochetto sul prezzo del cucciolo con o senza pedigree. Da qui si valuta anche la serietà di un allevatore. Vi rimando per completezza ad un altro articolo, una mini guida per scegliere un cucciolo evitando possibili tranelli: "La scelta del cucciolo". A tal proposito apro una breve parentesi dicendo che gli allevamenti amatoriali e professionali (professionali intesi con partita iva) con affisso riconosciuto dall'Enci sottoscrivono il "Codice Etico Allevatori" che impone di osservare alcune regole volte al miglioramento della razza e alla diffusione di una corretta cultura cinofila. Infine sottolineo che un cane con pedigree non vi assicura di aver scelto un buon cucciolo, ma come detto prima vi fornisce dei dati ai quali attingere per fare eventuali controlli. Il proprietario di un cane senza pedigree, troverà difficoltà nel reperire un altro cane per l'accoppiamento, nessun allevatore o privato che lavora con serietà acconsentirà ad un accoppiamento nel quale uno o entrambi i soggetti sono sprovvisti di tale documento. Dunque possiamo riassumere dicendo che i cani di razza, dotati di Pedigree sono tutti censiti presso l'ENCI (Ente riconosciuto dal Ministero delle risorse agricole alimentari e forestali) e il titolo di proprietà è costituito proprio dall'intestazione di detto Pedigree, certificato in pergamena, con bollo in rilievo, rilasciato esclusivamente dall'Enci a distanza di qualche mese dalla data di nascita del cucciolo. Questo documento riporta il nome degli antenati sia paterni che materni del cane, la razza, il sesso, l'allevatore, il numero del microchip, la data di nascita e il nominativo del proprietario. La cessione di ogni esemplare provvisto di Pedigree deve risultare dal certificato stesso, mediante annotazione nell'apposito spazio con ratifica del Gruppo Cinofilo competente per territorio. In caso di mancanza di tale annotazione e della relativa ratifica, la cessione non è valida: il passaggio di proprietà, infatti non si può perfezionare con la semplice consegna fisica dell'animale ("traditio brevi manu"), ma solo con il trasferimento formale e relative annotazioni.
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Da quando gli antenati del cane 130.000 anni fa lasciarono la vita selvatica per convivere insieme all’uomo, qualcosa è cambiato. Infatti, nono-stante in natura fosse già presente la convivenza fra specie diverse, cane e uomo hanno esaltato ai massimi livelli la cooperazione interspecifica, arrivando a veri e propri scambi culturali: il cane impara dall’uomo e l’uomo impara dal cane. E’ questo l’unico modo che l’essere umano ha per poter carpire dal proprio compagno i segreti che lo rendono un animale particolare, una sinfonia a 4 zampe. Il libro racconta le origini, l’evoluzione, la psicologia e tutti i meccanismi che sono alla base di questo straordinario binomio unico nel suo genere ed unico in Natura; è rivolto a tutti i cinofili, dall’uomo e dalla donna comune al professionista che intendono aggiornare le proprie co -noscenze e magari vedere sotto un altro punto di vista cosa sia vivere il proprio cane. In formato PDF.
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SU
BIANCA
E’
CADUTA
LA
NEVE - Luciano Somma
Bianca sa che il padrone non torna, ma lo aspetta ugualmente. L’ospedale è a due passi da lei come il cibo che non vuol mangiare perché la memoria sua è ferma colla mano callosa ma buona che le carezza la testa, e ora che resta? A che serve il Natale (perché sa, lo ha capito guardando un albero pieno di luci ch’è festa) se il suo amico più caro non c’è? Eppure lo cerca caparbia nel viso di ogni passante! Ma l’odore di chi amava tanto è ormai troppo lontano. L’aria attorno si è fatta di gelo. Le si appannano gli occhi. Su Bianca è caduta la neve. 34
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Periodico gratuito di informazione cinofila I nostri collaboratori (educatori, addestratori, allevatori e cinofili professionisti) sono presenti a Carpi (MO), Castellazzo Novarese (NO), Parma, Ravenna, Ancona, Velletri e San Marco in Lamis (FG). Castellazzo Nov.se -NO- cell. 339-7397499 Emilia Romagna PARMA cell. 346-6964342 CARPI -MO- cell. 348-8029763 RAVENNA cell. 338-1841201 Marche: cell. 338-3787447 Lazio: cell. 338-6523430 Puglia: cell. 328-5972631
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Cinofili Stanchi nasce dall’idea di tre cinofili (Marcello Messina, Gianluca Gherghi e Giovanni Padrone) che hanno unito le proprie menti ed esperienze per creare un punto di riferimento per chi vive col proprio cane e necessita di corrette informazioni per migliorare il proprio regime di vita. ‘Cinofili stanchi’, perché stanchi della totale disinformazione che regna nella cinofilia nostrana, stanchi di chi fa marketing sulla ignoranza delle persone, stanchi delle leggende metropolitane che sembrano governare le menti di chi dovrebbe diffondere una corretta cultura cinofila e non lo fa. Chiunque desideri contribuire col proprio sapere sarà ben accetto dopo aver aderito al nostro codice etico che pone avanti a tutto il benessere psicofisico del cane. I FONDATORI
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Cerca di essere una brava persona come il tuo cane pensa tu sia. Per questa e tante altre ragioni non maltrattare, né abbandonare il tuo migliore amico. Chi maltratta o abbandona un cane non è una brava persona. 36