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10 INDICE ARGOMENTATO
1 Bettaglio Circo Paniko 2 Magghi Magda Clan 3 Cate Side K-Cirque 4 Simone Circo Zoe 5 Giulio Magda Clan 6 Roccia Magda Clan 7 Fefè Circo Paniko 8 Lucas Circo Paniko 9 German Side K-Cirque 10 Philine Side K-Cirque
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CITTÀ DI CIRCO FOTOGRAFICA
GRANDE COME UNA CITTÀ (pag 2-3), UNA COMUNITÀ CHE PRENDE FORMA (pag 4-5) TROVANDO NEL CIRCO UN NATURALE APPRODO (pag 6-7) DOVE IL LATO ECCENTRICO DEL SIDE E IL MARGINE TANGENZIALE DELL’INTRATTENIMENTO (pag 8-9) BALLANO SULLA GRANDE SCACCHIERA (pag 10-11), IN CUI LO CHAPITEAU, UN NON LUOGO SOSPESO DALLA REALTÀ (pag 12), ACCOGLIE IL CALOROSO PUBBLICO DI BOLOGNA (pag 13) ATTRATTO DAL DINAMISMO CREATIVO (pag 14 -15), CHE SI RIVERSA NELLA GRAFICA E ANIMA (pag 16) OGNI COSA: RISVEGLIARSI A CITTÀ DI CIRCO (pag 18) E PARTIRE SUBITO AL LAVORO (pag 19) PER NUTRIRE LA SETE DI CONOSCENZA (pag 20) ATTRAVERSO UNA COSTANTE AUTOFORMAZIONE (pag 21)! IN QUESTO CI CREDIAMO (pag 22), PER GENERARE E OSPITARE ARTE NEGLI SPAZI URBANI (pag 23) PER PORTARE SUONI E MUSICA IN CITTÀ (pag 24) CON LA CORRENTE (pag 24) MA ANCHE CIRCO, LETTERATURA E TOTALITÀ (pag 24) ATTRAVERSO CORPI CHE SUONANO (pag 25). NON DITECI SCAPPATE! (pag 26) PERCHÈ È UN COUP DE CIRQUE, IN FONDO IL LABORATORIO ANARCHICO (pag 27) È LA FESTA NOSTRA, CAPACE DI PARTORIRE NEL MOVIMENTO LA GIOIA (pag 28) DI UN GRANDE GALÀ (pag 29) CON GLI ALTRI MEMBRI DEL FORUM CHE HANNO PARTECIPATO (pag 30-31) E TUTTO QUESTO HA LE SUE CONSEGUENZE: IL CIRCO È, ANCORA UNA VOLTA NELLA STORIA, VORTICE ED ELASTICITÀ (pag 32).
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FOTO DI ELENI ALBAROSA
Questo numero speciale di Juggling Magazine è dedicato ad una intera generazione di giovani artisti che hanno informato lo sviluppo del circo contemporaneo in Italia, e in particolar modo, tra loro, a quel nutrito gruppo che hanno fatto la scelta coraggiosa diventare una compagnia itinerante “sotto chapiteau”. L’evento Città di Circo, da molti di loro lungamente desiderato, e finalmente realizzato a Bologna nell’autunno del 2017, ha permesso di unire e liberare per la prima volta, e in un unico luogo, le energie di artisti che l’arte del circo prima, e la condizione dell’itineranza sotto chapiteau dopo, hanno strettamente legato, artisticamente, professionalmente ed umanamente. Juggling Magazine segue fin dai suoi albori e con attenzione questa vivace community, dedicandogli spazio, anche a più riprese, nel corso della sua crescita artistica. Con questo speciale, quasi una singolare “offerta consapevole”, abbiamo voluto omaggiare in modo importante l’impegno, la creatività, la perseveranza, l’entusiasmo e la passione di ciascuno di loro. Un entusiasmo che ha trovato una nuova, rinnovata spinta con la nascita del Forum Nuovi Circhi, all’interno della FNAS, e di cui Città di Circo è uno dei primi eclatanti, concreti esiti. Coerenti con la linea editoriale di Juggling Magazine, che predilige da sempre la testimonianza diretta alla interpretazione critica, affinché la narrazione partisse dal cuore pulsante di questa esperienza e ne seguisse le orme, abbiamo chiesto a Salvatore Frasca, fondatore di SIDE Kunst-Cirque e tra gli ideatori di Città di Circo, di curare personalmente l’intero redazionale e il corredo fotografico di questo speciale. A tutti l’invito di scorrere con attenzione queste pagine, insieme cronaca e diario di un Sogno diventato Città.
EDITORIALE
Adolfo Rossomando direttore editoriale Juggling Magazine
BOLLETTINO INFORMATIVO DELL’ASS. GIOCOLIERI E DINTORNI PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE SUPPLEMENTO AL N. 78, ANNO XX, MARZO 2018 REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI CIVITAVECCHIA N. 9 DEL 21 NOVEMBRE 2002
ASSOCIAZIONE GIOCOLIERI & DINTORNI viale della Vittoria, 25 00053 Civitavecchia (RM) h www.jugglingmagazine.it h www.progettoquintaparete.it e jugglingmagazine@hotmail.com f 0766 673952 m 340 6748826
DIRETTORE RESPONSABILE MARCELLO BARAGHINI DIRETTORE EDITORIALE ADOLFO ROSSOMANDO REDAZIONE SALVATORE FRASCA GRAFICA E IMPAGINAZIONE STUDIO RUGGIERI POGGI h www.ruggieripoggi.it t 06 57305105
DISTRIBUZIONE NUOVI EQUILIBRI t 0761 352277 f 0761 352751 STAMPA PIXARTPRINTING Stampato il 20 marzo 2018 IN COPERTINA CITTÀ DI CIRCO BOLOGNA, foto di Eleni Albarosa
Con il sostegno di
FOTO DI ALBERTO BERTOCCHI
GRANDE COME UNA CITTÀ di Salvatore Frasca
turi.fraska@gmail.com
Quattro anni fa alcuni collettivi di artisti portatori di un’esperienza comune e nuova sul territorio italiano, “il circo sotto chapiteau”, si ritrovano quasi spontaneamente a condividere il loro percorso. Incrociandosi, con i loro tendoni, sui sentieri non battuti del circo nuovo in Italia, discutono delle gioie e dei loro problemi. Considerate le affinità umane e lavorative i collettivi si guardano intorno e percependo comunemente il territorio in cui si muovono come desertico, sentono la necessità di collaborare. Entusiasti sognano subito di montare tutti i circhi insieme in un grande evento. Spontaneamente tra i collettivi comincia uno scambio di saperi e una condivisione di informazioni (strumenti per districarsi nel labirintico mondo legislativo). Ben presto senza nessun patto o accordo prestabilito i circhi cominciano a contare gli uni sugli altri anche a livello tecnico e artistico e si ritrovano nel condividere spesso insieme le loro appassionanti avventure. Nasce così una profonda familiarità tra i componenti coinvolti nell’esplorazione e lo sviluppo del circo in Italia. Tutti con le proprie forze senza appoggio alcuno dalle istituzioni, molti dopo lunghe esperienze all’estero, vivono analoghi sentimenti rispetto alla situazione storica di cambiamento. Nascono così i primi incontri. La voglia di sostenersi a vicenda e la spregiudicatezza comune ai circensi fa accarezzare, addirittura, l’idea di fondare una federazione che possa meglio interfacciarsi con le istituzioni e portare avanti un discorso per il riconoscimento del settore circo contemporaneo! ‘Bangherang’ è un grande evento di due giorni che vede i circensi sotto chapiteaux aprire le loro discussioni e ospitare rappresentanti e altre figure non definite della professione “circo”. Scuole, centri di creazione, artisti di strada, organizzatori, curiosi e sconosciuti si ritrovano a discutere del presente e del futuro del circo in Italia. Quello che viene fuori è qualcosa di completamente diverso dallo spirito cooperativo e di fratellanza già instaurato tra i circhi. Anzi, si profilano figurini rapaci che imprestati da altre branche dello
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spettacolo vaneggiano di voler rappresentare l’intera professione. Tematiche e soprattutto approcci completamente diversi rischiano di accavallarsi e generare ulteriori e più grandi confusioni. Suona il corno della ritirata, i collettivi sotto chapiteau abbandonano quel percorso e si richiudono nel loro ambito, già di per se problematico e vasto. L’idea di fondare una federazione viene allontanata, scongiurata: i collettivi in quel momento sono troppo impegnati nella propria sopravvivenza. L’arte è il loro lavoro e per alimentarla devono fare fronte alla necessaria e continua auto-strutturazione; alle loro creazioni artistiche, agli allenamenti. Tutto ciò non permette a nessuno di sprecare energie su aspetti burocratici collettivi. I circhi continuano così le loro missioni in un percorso parallelo per altri due anni, aprendo a colpi di machete piazze, creando collaborazioni, mentre le loro strade continuano a intersecarsi. Nel frattempo, nei piani alti, burocrati e commissioni discutono di bandi/criteri/attribuzioni per allestire un nuovo triennio di contributi per il settore circo contemporaneo con parametri basati sul modello del circo tradizionale… Giù in basso, in piazza, si volta pagina quando il Side e il Pa-
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gono forze, esperienze e talenti delle singole compagnie. Bologna è individuato come luogo ideale per la sperimentazione e l’evento assume proporzioni in fase di progettazione spaventose: 5 circhi, oltre 40 spettacoli, corsi di formazione professionale, conferenze, incontri e gran galà di tutti i circhi. Per la determinazione tipica degli artisti di circo e grazie alla tenacia di straordinari coordinatori l’operazione si materializza. TaTAtaTAAAA: contributo esiguo del Comune ma…il 23 ottobre 2017 reduci dalle rispettive tournée estive, tutti i mezzi dei cinque circhi varcano, uno dopo l’altro, il cancello di Villa Angeletti. Alle 19.35 (più o meno) i cinque tendoni sono issati sul parco a seguito di un festoso e soleggiato montaggio collettivo. Nei giorni e nelle notti a seguire il resto delle istallazioni procederà senza sosta. Biglietteria, tendoni di appoggio, cucine, accampamento infinito per oltre 60 mezzi, container docce, reti elettriche, idriche, cartellonistica e una grande ruota issata su un portico con i cinque circhi in movimento. Un movimento continuo che simboleggia il dinamismo dei collettivi; il telefono delle prenotazioni diventa incandescente. È il pubblico che chiama e che affollerà tutti gli spettacoli dall’inizio alla fine dell’evento. I media e i social evidenziano l’interesse nazionale e europeo per lo straordinario evento, nella gioia del funzionamento gli artisti dei collettivi a turno danno vita ai loro spettacoli. Alcuni giorni Città di Circo ospiterà fino a 4 spettacoli di grande formato. Arrivano anche i conferenzieri da diversi paesi europei, le compagnie ospitate, i formatori e anche i vigili urbani… Ma tutto scorre incredibilmente liscio, diventa quasi inquietante. Ci si chiede come mai tutto possa essere perfetto, come in un sogno. Che noia! Domenica chiuso il festival e l’ultima festa… i collettivi provano a riposare per prepararsi allo smontaggio. Dopo 20 giorni di clima soleggiato e caldo, complice della riuscita, la Città di Circo si sveglia di soprassalto in una tempesta di neve! Un incubo ovattato… A fine festival i 5 tendoni sono messi a dura prova, in un solo colpo rischiano di collassare, sotto il peso di una neve improvvisa, tutti gli sforzi di anni e anni di ostinato lavoro. Eh…No! La tempesta viene fronteggiata e ancora una volta l’unione delle forze, ormai poche, riesce a mettere in sicurezza le strutture e una pioggia liberatoria, come in un finale manzoniano, nel primo pomeriggio manda gli artisti a riposare contenti di avere organizzato un evento storico. Almeno per loro. Bla bla bla…
FOTO DI ANDREA MONTEVECCHI
niko si ritrovano a gennaio 2017 a montare, per scelta e per necessità, insieme a Bologna. Il montaggio dei due circhi dà vita a un primo evento collettivo che viene salutato dai Bolognesi con enorme calore. A dare una mano nel violento inverno arrivano componenti di altri collettivi. Il successo di pubblico dura due mesi e fa sognare un evento più grande, in cantiere ormai da troppo tempo. A giugno altri due montaggi spettacolari: il Magda Clan trasforma lo chapiteau Side in una grande hall per il proprio circo e di seguito il Circo Paniko e Magda Clan si passano il testimone a Rimini accavallandosi. Consolidate le collaborazioni pratiche si dà vita a un sogno. Uno vero. Grande come una città: Città di Circo. Nel frattempo sempre per la necessità di darsi una forma istituzionale alcuni collettivi si ritrovano a fondare un gruppo di lavoro, il Forum Nuovi Circhi, all’interno della FNAS che sin dal principio, cioè dal rivoluzionario e atteso cambio di direttivo, si era mostrata attenta e presente nelle attività dei circhi alternativi. A far parte del Forum entrano anche altre realtà sotto chapiteaux, dieci! Ed è così che tra i collettivi circensi coordinati da Aurelio Rota, organizzatore di circo di lungo corso, persona senza ombre per i collettivi, e Giacomo Martini, fondatore del Circo Paniko e attivo nel Circo Side con grande esperienza nella disciplina “Burocrazia alla Bolognese”, la realtà prende quota. Rapidamente un gruppo di lavoro viene reso operativo e in esso conver-
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UNA COMUNITÀ CHE PRENDE FORMA di Aurelio Rota
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Da un po’ di anni, in Italia, il fenomeno dei ‘Nuovi Circhi’ sta crescendo in modo costante, sia numericamente che qualitativamente, raggiungendo una rilevanza e una risonanza mai toccate fino ad ora. Non si tratta di un percorso lineare scritto a tavolino, ma di tanti rivoli che fino ad ora hanno alimentato questo mondo: l’evoluzione dell’arte di strada, le convention di giocoleria, la nascita e lo sviluppo delle scuole di circo, il circo sociale, i nuovi festival con una programmazione sempre più attenta alle nuove produzioni di circo, il rapporto dei singoli artisti o delle compagnie con la realtà europea, l’apertura del teatro alla nostra arte, persino la televisione che attinge a piene mani per i suoi talent show. Ma tutto ciò non giustificherebbe una tale esplosione del fenomeno, se non alla luce di alcune considerazioni generali. Già in passato si è potuto assistere ad alcuni iperbolici exploit di generi artistici quali ad esempio il teatro di animazione, urbano, o di ricerca, con il proliferare di corsi di formazione, festival, rassegne, la nascita di collettivi, gruppi e compagnie, delle vere e proprie praterie, dove galoppava la creatività e la ricerca, spazi sterminati aperti ai giovani che vi potevano convogliare la propria energia artistica. Oggi questi spazi sono in buona parte venuti meno, l’istituzionalizzazione eccessiva ha quasi sempre portato a far emergere i soggetti più attrezzati imprenditorialmente, capaci di rispondere a logiche mercantili, di finanziamento pubblico e di lobby, dimenticando sempre più le praterie della creatività tanto care ai giovani e tanto ampie da poterli contenere in buon numero. Di pari passo anche il rapporto con il pubblico si è raffreddato, con una prevalenza di rappresentazioni nei teatri o in festival paludati, strizzando l’occhio ad un pubblico d’élite e alla critica, ma perdendo in buona parte il contatto con il grande pubblico. I nuovi circhi, invece, sono popolati da giovani, che hanno potuto trovare in quest’arte spazi per esprimere la propria creatività ed il proprio talento, quegli spazi, vitali, altrove negati.
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In particolar modo nelle compagnie o collettivi che si esibiscono sotto chapiteau, scelta coraggiosa e non priva di rischi e fatiche, risulta determinante il desiderio di dare vita ad una comunità artistica libera e autonoma, senza confini per la creazione artistica, con un “teatro” di proprietà: lo chapiteau, dove poter allestire e programmare i propri spettacoli e dove poter accogliere artisti e compagnie amiche, e una “casa”, sempre lo chapiteau, dove accogliere gli spettatori come ospiti graditi, per farli divertire, pensare e riflettere, rendendoli partecipi di questa magica comunità. Una comunità capace di accogliere tanto l’artista alle prime esperienze, quanto il circense professionista, lo spettatore colto, quanto quello culturalmente digiuno, generando partecipazione e forza trainante per un fenomeno che si delinea come una grande comunità artistica e sociale. Questa energia positiva si riverbera particolarmente nel pubblico, sempre più numeroso, e affezionato a questa arte, ma ancor di più a questo mondo, per la sua capacità di interagire in qualsiasi contesto urbano o sociale, e per l’innata propensione a rappresentare gli spettacoli con un linguaggio contemporaneo, ma allo stesso tempo popolare.
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Tutto questo fermento evolutivo, ha fatto sì che negli ultimi anni, la variegata galassia dei Nuovi Circhi si sia ripetutamente interrogata su se stessa, con riunioni, blog e un gran discutere, alla ricerca di un’identità federativa che ne potesse rappresentare le istanze, o più semplicemente di un’identità. Un confronto tra varie anime e visioni della propria arte e della propria professione, non senza tensioni e personalismi, ma sempre alla ricerca di una via identitaria per affrontare il cammino verso il futuro. Il rapido proliferare delle compagnie che si esibiscono sotto chapiteau ha impresso un’accelerazione al percorso organizzativo del settore creando i presupposti per pensare ad una federazione, che nel 2016 diventa realtà come settore della FNAS denominato Forum Nuovi Circhi. Il primo anno di attività del Forum è servito per prendere le misure tra le varie compagnie e la FNAS, e nell’organizzazione di un grande evento a chiusura della stagione: la partecipatissima “Bologna Città di Circo” che raccoglie il testimone da una iniziativa già in essere, per volontà del Circo Paniko, del Side Kunst Cirque e la trasforma ampliandone le dimensioni e gli orizzonti, trasformandola nell’evento chiave per il Forum: una vetrina per conquistare nuovo pubblico in nuove città, una vetrina per gli operatori nazionali e internazionali del settore per offrire nuove opportunità alle nostre compagnie, un luogo di incontro e confronto con le istituzioni per un dialogo costruttivo basato sulla ricerca della comprensione reciproca, un luogo di riflessione sulle tematiche culturali e sociali del nostro tempo analizzate partendo dalla realtà dei nostri circhi, un luogo di formazione e professionalizzazione e, infine, un luogo di incontro e confronto per gli artisti dove poter partecipare attivamente alla costruzione del proprio futuro.
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E così la comunità prende forma, o meglio, cresce ed evolve la sua forma, attingendo dalla secolare esperienza del circo tradizionale ed ispirandosi ad altre forme artistiche da cui non disdegna trarre spunti o accoglierne elementi, ma con il timone fermo sulla peculiarità della propria identità e del proprio linguaggio artistico, che la caratterizza come fenomeno nuovo e innovativo. Una comunità che dialoga con gli attori principali della vita sociale e culturale ampliando i propri orizzonti oltre la mera rappresentazione spettacolare e che vuole essere conosciuta e riconosciuta per quello che è, rifuggendo qualsiasi tentativo di essere ricondotta a schemi precostituiti, poco calzanti alla propria realtà. La declinazione pratica di questa evoluzione comporta grandi responsabilità che la comunità dei Nuovi Circhi si deve imprescindibilmente assumere. Dopo anni spesi a districarsi empiricamente tra i meandri normativi e burocratici inerenti la propria professione, si rende necessario uno studio approfondito che porti all’elaborazione di una propria piattaforma, quale base per il confronto con le istituzioni, a tutti i livelli. Parallelamente sarà importante giungere a una sempre maggiore formazione di tutte le compagnie e degli artisti per accrescerne la consapevolezza e la professionalizzazione. La comunità dovrà essere presente e dialogante ovunque si discuta di questioni che riguardano la propria sorte, evitando, come spesso è accaduto in passato, che la propria assenza determini scelte poco in linea con le esigenze reali. Bologna Città di Circo è stato un momento fondante per la comunità dei Nuovi Circhi, ha compiuto la magia di cementare le relazioni tra un centinaio di artisti, che hanno saputo condividere lavoro, fatiche, creazione, formazione, confronto e amicizia. Una comunità destinata ad ampliarsi nei prossimi anni e sicuramente ad evolversi, vedendosi riconoscere diritti e aspettative, molte compagnie vedranno realizzarsi le proprie ambizioni di impresa di spettacolo o di collettivo artistico “riconosciuto” e a quel punto, mi auguro sarà fortemente sentita la responsabilità di preservare i valori fondanti della comunità, che sono: la mutualità, il rispetto per le diverse realtà, la curiosità creativa, la qualità artistica, l’apertura ai giovani e al nuovo, il rapporto attento e dialogante con il pubblico. Poi nel tempo si vedrà, per ora navighiamo come una flotta compatta nell’oceano e già si intravvedono nuovi approdi: Città di Circo molto probabilmente attraccherà di nuovo a Bologna, per poi fare rotta su Palermo…
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CPK - UN NATURALE APPRODO di Federico Bassi, Sara Panazza
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www.circopaniko.com
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Il Circo Paniko nasce nel 2009, attualmente conta circa 20 artisti provenienti da diverse parti del mondo, non discendenti da famiglie di circo tradizionale. Fonde tecniche circensi, musica dal vivo, teatro, acrobatica e danza. In 8 anni di attività produce e realizza 9 spettacoli in totale autonomia. Paniko è stupore davanti a qualcosa di improvviso e inaspettato; è la creazione di un immaginario che può coinvolgere tutti allo stesso modo; è godere di ciò che si ha davanti senza il tempo di rifletterci sopra. È l’esperienza totale in cui si abbandonano i propri confini per diventare un tutt’uno con il presente, la scena e gli altri personaggi, provando quel sublime sconcerto proprio della catarsi, inquietante riflessiva o comica che sia. Circo Paniko si muove con un tendone giallo e blu arredato con pavimento e gradinate in legno, attrezzato di luci e audio e diversi mezzi per lo spettacolo, il trasporto e l’abitazione dei suoi componenti. Circo Paniko nasce nel 2008, dall’incontro di artisti di strada in viaggio e presto diventa una piccola comunità nomade. All’inizio del 2009, grazie all’incontro con il Cirque Allant Vers di Damien Combier, il Paniko acquista il suo tendone. Ottiene poi una residenza in Catalunya realizzando la prima creazione collettiva, Punto di Domanda, che per 2 stagioni viaggia per l’Europa tra grandi festival e paesini sperduti nelle campagne. Dal secondo anno di vita, la piccola comunità si allarga fino alla nascita del Collettivo Circo Paniko, che ad Aurillac nel 2009, con più compagnie di circo teatro e musica, offre al pubblico non un semplice spettacolo ma un’intera festa. A partire dall’inverno 2010/2011 a San Giovanni in Persiceto (BO) il CPK crea un format di spettacolo che si rinnoverà ogni inverno fino al 2016: dal primo Cabaret D’hiver ispirato ai Cafè Chantant di inizio secolo, al Cabaret degli Affamati. Con quest’ultimo format il Paniko approda per la prima volta nel centro di Bologna, nel Parco della Montagnola e, in seguito, in altri quartieri della città. Nel resto dell’anno continua a creare proponendo spettacoli come Uovo Tutti, Senza Ombra di Dubbio e, dal 2015, Gran Paniko al Bazar che viaggia per tre anni in modo capillare in tutta Italia, isole minori comprese, con qualche tappa oltre confine. Si consolida la banda del circo, la Royal Circus Ostrica, a conferma del valore e dell’intrinseco piacere paniko del fare musica dal vivo. Nell’inverno 2016/2017 prende forma un nuovo spettacolo, Absyde, il grande gioco Paniko e allo stesso tempo Paniko e Side Kunst Cirque realizzano la prima Città di Circo. Nell’ultimo anno CPK ha viaggiato con Gran Paniko al Bazar affiancato dallo spettacolo di teatro fisico Promise Lend e concorso alla creazione della II Città di Circo.
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FOTO DI ELENI ALBAROSA
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Circo Paniko è un collettivo internazionale di artisti circensi, musicisti, liberi pensatori, riuniti nel ventre materno di un teatro viaggiante, un circo. CPK viaggia con il proprio teatro portando un esempio di vita basata sulla cultura non-violenta dell’arte e della festa, come momento catartico di aggregazione e condivisione universale. È proprio nella festa che esplode la musica, ingrediente essenziale della ricetta Panika. CPK è nomade e non riconosce i confini politici e ideologici che tendono a dividere gli individui. Auto-produce il proprio lavoro per sensibilizzare le comunità che incontra verso nuove forme d’arte e intrattenimento dal vivo. L’auto-sostentamento per mezzo del gradimento del pubblico é il motore propulsivo fondamentale di questo progetto. Arte è ricerca e scoperta, è bellezza e ascolto. L’arte è il nostro canale privilegiato di incontro e confronto, il nostro linguaggio, il nostro modo di vivere, di fare politica, di amare. Gli spettacoli Panici salpano in fretta dal porto, coscienti che è nell’incontro col pubblico che troveranno la propria rotta. Il CPK è un collettivo aperto, fluido e, per questo, numeroso. La complessità e, insieme, la ricchezza di questa natura Panica si traduce in movimento continuo di menti e creatività in costante ridefinizione. L’organizzazione interna è orizzontale, priva di gerarchie, basata su confronto, delega e decisioni condivise. Svolgiamo a turno tutte le mansioni necessarie, curiamo direttamente la direzione artistica del nostro lavoro, auto-producendo i nostri progetti. Lo spettacolo è la punta dell’iceberg del nostro agire, che si realizza nella vita quotidiana fatta di incontro, di ascolto e confronto, di condivisione e di tempo investito in ricerca artistica, in cui complessità e bellezza viaggiano assieme. Il CPK è un micro-territorio che non ha confini, a parte il cerchio che segna sulla terra nei luoghi in cui approda, e che poi, in breve tempo, esonda e invade l’intorno fino a vivere pienamente quel luogo e la sua comunità. Il circo si trasforma con essa in uno scambio vitale. In Italia vediamo sempre più teatri chiusi, lasciati cadere a pezzi per fare posto a banche e centri commerciali. In un’Europa e un mondo governato con il terrore che porta a insensate regole di sicurezza, a divieti e paure di aggregazione, è fondamentale che un teatro viaggi e vada fra la gente, che ritorni nel centro di ogni città e paese. Diventa fondamentale la riqualificazione di luoghi degradati, un circo tra i palazzi popolari o nel centro di una piazza dove la gente possa riappropriarsi della libertà di incontro, sia invogliata a partecipare, sia accolta. Siamo spinti dal desiderio di tracciare nuovi percorsi, trovare nuovi modi di agire, per un diritto ad una vita dignitosa, per ritornare all’essenziale del nostro proprio essere. In quest’ottica, da più di 3 anni sperimentiamo l’ingresso libero e consapevole. Non si paga per entrare a un nostro spettacolo: si dà alla fine quel che si può. Non vogliamo che un biglietto diventi una barriera che impedisca a qualcuno di entrare: vogliamo che il nostro pubblico sia veramente libero di valutare. È una questione di fiducia, e il teatro… è sempre pieno.
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L’apertura al territorio e le sue realtà ha creato sinergie fondamentali per fare crescere il nostro circo e aiutare nuovi progetti a svilupparsi. Fecondo, ad esempio, l’incontro con l’artista illustratore Andrea Niccolai inventore dell’immaginario cartaceo Paniko e curatore della comunicazione. CPK è felice di aver assistito e contribuito in parte alla crescita di tende sorelle con cui ha consolidato rapporti di scambio e mutuo aiuto. Da anni CPK, Magda Clan e Side Kunst Cirque condividono esperienze, artisti e piazze, impegnandosi per diffondere cultura e bellezza. Città di Circo è il naturale approdo di tutte queste forze, di tutte queste persone che desiderano viversi e festeggiare le rispettive fatiche. Una città di porto che è la nave stessa. Il porto porta apporti. Città di Circo è un approdo sicuro. L’idea di una città fatta di spettacoli, vita, mestieri e musica nasce in un pomeriggio di settembre in cui il Paniko a Side K. Cirque si ripropongono una collaborazione invernale: sinergie e appoggio umano reciproco portano all’idea di far convivere più compagnie di circo e più proposte artistiche in un unico luogo. L’inizio del dialogo di CPK con la città di Bologna risale invece al 2011. Dalla prima collaborazione con Ass. Cult. Comunicamente e Arci, al lavoro negli anni in vari quartieri, fino al comune stesso che , riconoscendo il valore socioculturale della presenza del circo in città si è impegnato a sostenere Città di Circo. CPK contribuisce al progetto condividendo sia la propria rete di contatti e di collaborazioni professionali frutto degli anni di presenza a Bologna, sia le molte braccia del collettivo che portano festa e musica dal vivo oltre ai 3 spettacoli Absyde, Promise Lend e Gran Paniko al Bazar. Alla sua II edizione Città di Circo si conferma come progetto pionieristico di collaborazione tra compagnie di circo contemporaneo e pubblica amministrazione che, a Bologna, si concretizzerà formalmente con l’allestimento stabile di parte di Villa Angeletti a luogo di creazione, studio e messa in scena di compagnie di circo contemporaneo. Un inizio, di una fitta rete di Città di Circo: questo l’augurio!
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IL LATO ECCENTRICO DEL SIDE
MARGINE TANGENZIALE DELL’INTRATTENIMENTO di Philine Dahlmann
www.mylaika.com
La compagnia My!Laika, che dal 2011 si esibisce in oltre 20 nazioni con spettacoli di teatro circo, nel 2014 progetta, costruisce e finanzia interamente e autonomamente il proprio teatro volante. Dal suo varo il circo Side naviga per tutta l’Europa, producendosi con lo stesso agio, tanto al centro di importanti festival come a Chalon in Francia, quanto nella periferia di Belgrado in Serbia. Radunando a se un collettivo internazionale ha ospitato sette differenti produzioni artistiche, cinque delle quali concepite in autonomia sotto tenda. (Popcorn Machine 2011, Dekalè 2013, Radio Tagadà 2014, Full Out 2015, Stupid Palace 2016, Duet 2017, Laerte 2017). Oltre 60 compagnie europee di teatro circo si sono esibite sotto il tendone bianco e nero. My!Laika/Side kunst-cirque organizza grandi eventi come Jetlag festival ad Amsterdam, No Theater a Certaldo e collabora alla realizzazione di Città di Circo a Bologna.
Axìosi Side nasce da una necessità. Dopo anni d’esperienza in strada, teatri e tendoni con i nostri spettacoli si manifesta in noi il bisogno di uno spazio da riempire con la nostra creatività, a ritmo nostro, a gusto nostro. L’incapacità di scegliere un paese dove fondare questo spazio avvalora la scelta di costruire un teatro mobile. Uno spazio che possa essere contenitore della nostra arte e quella d’altri, con l’altissima pretesa che gli artisti siano abbastanza coscienti o, forse meglio, abbastanza incoscienti da creare arte per ficcarla in un tendone nero e farne uscire il pubblico stupito, squilibrato o almeno arricchito dall’esperienza. Il Side si configura allora come un posto per accogliere un'arte che cerca il precario equilibrio tra il reale e la rappresentazione, l'oggetto e l’esperienza, il visibile e l'invisibile. Un’arte il più possibile indipendente dall'industria culturale e che medita sul valore dell'intrattenimento, il quale è da un lato necessario, perché essenzialmente la società occidentale può permettersi la noia, e dall’altro lato è pericoloso, perché facilmente strumentalizzabile per qualunque fine ideologico. Un’arte che accetta il contraddittorio lavoro di schivare la sistematizzazione che inevitabilmente nasce da una continua reinvenzione, infatti se il continuo disturbo delle aspettative del pubblico diventa sistematico sarà riconoscibile, prevedibile, e di conseguenza, compiacente. L'indeterminazione e l'improvvisazione spontanea con materiali, temi, tecniche, il caso ed il rischio (stato di vuoto supremo nell'osservatore) aiutano a confrontarsi con questa trappola. Side vuole essere un luogo dove l'arte è “esperienziabile” per gli artisti ed il pubblico. L’esperienza nostra, tuttavia, dimostra che le pretese altissime sono purtroppo inclini ai compromessi, con i quali trattiamo di giocare, di equilibrarli con sempre più abilità. Il concetto del nostro spazio d’arte somiglia alle tecniche del nostro artigianato: ammaestrare lo squilibrio, allargare la distanza tra i limiti, recuperarsi dopo una sbornia.
FOTO DI STEFANO SCHEDA
Ekkentrikòs dynamei tis kentromòlos (Kazzos nostrei)
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“Side” voleva dire “lato” in omaggio a tutto ciò che esiste fuori dal centro; geometricamente, artisticamente, socialmente. Risulta, dopo quattro anni dall’uscita dalla fabbrica di questo oggetto in plastica nera e bianca, che Side si è messo nel centro della nostra vita, tanto professionale quanto artistica che… emozionale. Impossibile separare ciò che uno chiama “privato” da quello che si sta facendo per guadagnare il pane, il tetto, la Maserati. Impossibile separare gli amici dai colleghi. Impossibile rinunciare alla responsabilità sociale. Impossibile non riconoscere le infinite possibilità e realizzarne almeno quante più possibile… Di certo c’è soltanto il fango e il grido dell'elefante gonfiabile la mattina. Evidenza diventa solo l’impossibilità del riposo da noi stessi. E noi stessi avanziamo, nel nostro caso con un tendone da circo, nel centro della nostra vita, ormai solo ironicamente chiamato “Side”.
TA N G E N Z I A L E
DE L L ’ I N T R AT T E N I ME N TO
FOTO DI ELENI ALBAROSA
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Cirkopolìtes A Città di Circo si trova il Side tra gli amicicolleghi per avanzare insieme e rendere possibili più possibilità. Come, per esempio, quella della formazione in svariate discipline collaterali al circo o di un discorso di, a, da, in, su, con, per, tra, fra “l’istituzione”, che abbia un valore pratico. A Città di Circo si creano piattaforme ideali (ufficiali con tanto di fiori sui tavoli ed acqua in bottigliette da mezzo litro, e meno ufficiali al bar) per l’intercambio tra professionisti e vagabondi del nostro “settore” con diversissime esperienze, confronto vitale per continuare sulla nostra strada, in ogni caso, verso l’incognito.
Mythos politikòs L’ambizione di poter modellare almeno questa strada e le sue direzioni ci entusiasma e ci avvince per fare di questa piattaforma una festa su un otto-volante, emozionante per tutti i partecipanti eccetto, chissà, per qualche animale fantastico con stivali troppo bianchi per poterli infangare. La frase del grande studioso di circo Tristan Rémy: “il circo non ha niente a che vedere con la morale” è, anche lei, una pretesa altissima che dovrebbe (magari) valere per i contenuti degli spettacoli, però nel contesto tecnico di montare un circo in una città ci si ritrova spesso a confrontarsi con personaggi favolosi: animaleschi, caricaturizzabili, moralisti a secondo del programma elettorale del giorno e paladini di un interesse economico aleatorio; politici di turno che ci sbattono davanti la realtà in cui esistiamo. Se uno ci fa
caso, all'occorrenza, si rende conto che spesso le loro scarpe sono molto pulite (osservazione senza alcun valore scientifico, utile soltanto per citare la famosa 'volpera con gli stivali' che evoca la morale e stimola la fantasia). Purtroppo, a livello socio-politico, l’idealismo di Tristan Remy non ci aiuta. Politica è (non nel suo ideale ma nella realtà) smozzicare la morale ed usarla a pezzi convenienti contro o a favore di un rispettivo scopo. Il circo, quando chiede i permessi per montare, ha a che vedere con la politica e quindi con la morale. Quella di una fiaba che ci vede costretti a dialogare con giràffore e tartarùgore di turno, anche se la morale nostra non vorrebbe andare più lontano di un'innata sensibilità per il buono ed il cattivo e che non dovrebbe giudicare i caratteri ma i comportamenti. Si tratta di trovare ancora una volta compromessi, di sentire fino a che punto la nostra libertà è garantita dal sistema in cui ci troviamo, essere coscienti di questa libertà criticando questo sistema, basculando tra subire e sfruttare.
Epìdeixi Torniamo alla nostra Città, il cui scopo finale e principale (a parte la festa) è lo spettacolo sotto tendone e la sua diffusione più facile e più vasta. La possibilità di mostrare uno spettacolo fresco come Laerte in un contesto protetto da quattro circhi amici con le loro opere con qualità diversissime, davanti ad un pubblico educato ad apprezzare (pure letteralmente! cioè
dare un prezzo) anche a spettacoli senza scopo di comprensione, ha un valore inestimabile. La possibilità, aggiunta, infine dopo aver vissuto tre settimane insieme questa situazione estrema come su una giostra rumorosa, di poter creare spontaneamente, insieme ad innumerevoli artisti stimati, uno spettacolo, il galà, che viene accolto dal pubblico e da noi stessi come capolavoro dell'entertainment (anche nel crearlo) fa scaturire una felicità collettiva ed unica che risulta ancora una volta in…festante. I cittadini di circo compongono un caos fruttifero organizzato da tanti individui nomadi che vivono sempre, come diceva Roberto Magro in uno dei convegni, tre giorni in uno. Esimiamoci, tuttavia, dal quantificare il valore artistico che può avere uno spettacolo come la maratona finale di 12 ore di improvvisazione (va da sé: sarebbe intorno ai 16.500 euro + IVA nel miglior caso e senza scoccianti interruzioni delle forze dell’ordine).
Politismòs kai diafìmisi È indescrivibile la soddisfazione di vedere i nostri amici cuochi e tecnici arrivare dall'ADM Amsterdam – si, dall'Olanda, non da Saturno come qualcuno vorrebbe credere - ed integrarsi così facilmente nella festa, pur cucinando pasta con pollo, panna ed ananas per italiani… A Città di Circo si è respirata una civiltà festiva, confusa ma sana, una vicinanza tra gli abitanti, solidale nel lavoro logistico ed artistico. Ci si è allenati insieme, si è creato, si sono scambiate idee, trucchetti magici scentificamente provati, macchine per il riscaldamento... La Città ha accolto soggetti letteralmente eccentrici (e ne sono arrivati!) con un rispetto che venera la diversità anche estrema come fonte di esperienza umana ed ispiratrice in un ambiente professionalmichevole e sereno. Noia? Ben venga, ce la possiamo permettere. Anche lei avrebbe la sua dignitosa influenza alla causa più importante di tutto ciò: lo spettacolo. L’arte vibra tra la serietà e l'ilarità come qualcosa scappato dalla realtà e al tempo stesso trasceso da essa. Questa tensione è arte. (Adorno)
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B A L L A N O
S U L L A
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SULLA GRANDE SCACCHIERA di Giulio Lanfranco MagdaClan nasce in Belgio nel 2012 ma è a Torino che, tra asimmetrie corporee, esperimenti di destrutturazione e ricerca di rivoluzione poetica si incontrano i fondatori della compagnia. Il collettivo in questi anni ha subito molte evoluzioni ma fissa rimane la convinzione che la forza della compagnia sia sotto il tendone, inteso non solo come luogo di spettacolo, ma anche come mondo in grado di permettere a un particolare spirito artistico di emergere. L'irriverenza e la "follia" portano il MagdaClan a trovare - nelle scelte della vita, come nella ricerca artistica - situazioni surreali e disequilibri fragili non riconducibili a qualsivoglia grammatica o formula classica. Quest’anno a Bologna MagdaClan ha schierato sulla grande scacchiera di Città di Circo tutte le pedine a disposizione e si è presentato come progetto variegato: finalmente in campo sia contenuto che contenitore. Con il settimo compleanno alle porte MagdaClan ha mostrato il frutto degli anni di lavoro e ha presentato la terza produzione collettiva “È un attimo” e ospitato le compagnie Zenhir con “Ah, com’è bello l’Uomo” e Catalyst con “Amygdala”. Queste ultime sono i nuovi rami nati dal tronco principale, due trii creati da componenti del MagdaClan che hanno deciso di dare vita a spettacoli in grado di circuitare in parallelo alle creazioni collettive. In cantiere al momento il Clan ha tanti progetti : una nuova creazione collettiva sotto chapiteau, la creazione di uno spettacolo da presentare all’aperto, l’organizzazione della rassegna MonCirco e la terza edizione del Fantasy - festival di circo contemporaneo, arte di strada e musica.
FOTO DI CHRISTOFFER COLLINA
www.magdaclan.com
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S C A C C
Durante Città di Circo abbiamo vissuto il passaggio di 3 stagioni, dall’estate dei primi giorni all’inverno degli ultimi con tanto di nevicata che ha obbligato tutte le compagnie presenti a passare l’intera mattinata di lunedì a spalare via la neve dai tendoni, congelandoci mani e piedi. Ma anche questo fa parte delle pratiche classiche che capitano d’inverno ed è stato piacevole viverlo in compagnia. Anche solo per la solidarietà di vedere gli altri sopra i rispettivi tendoni a fare lo stesso che fai tu o a ritrovarti davanti al cannone dell’aria calda a far asciugare i guanti e ridere e scherzare perchè è vero che la neve può fare cadere un tendone, ma sicuramente non ha abbattuto il nostro buon umore. Quello, noi MagdaClan, l’abbiamo perso durante lo smontaggio quando il nostro camion da 26 tonnellate ha deciso di andare a farsi i fanghi alla spa di Villa Angeletti impantanandosi completamente. Due giorni di tentativi più o meno fantasiosi per cercare di tirarlo fuori senza successo. Non è bastato neanche il traino con altri due camion uniti insieme né l’aver scavato e pulito tutta la zona della ruota infossata. È stato necessario l’intervento dei nostri amici Vigili del Fuoco, dai quali molti di noi erano andati a fare il corso da addetto antincendio. Camion in strada e sorriso di nuovo sui nostri volti. MagdaClan però non si è accontentato dei pompieri e ha dovuto scomodare anche il pronto soccorso visto che uno dei componenti del Clan durante uno spettacolo ha avuto un incontro ravvicinato con il pavimento. Grande spavento e preoccupazione da parte di tutti e notte all’ospedale, avventura per fortuna risolta senza gravi conseguenze. Vorremmo però giurare pubblicamente che non volevamo fare il tris e non siamo stati noi a chiamare la Polizia Municipale che ci ha fatto interrompere la Maratenda con grande delusione e dispiacere generale. Che bello però incontrarsi al mattino e tornare tutti a scuola insieme, con gli zainetti e le merendine per andare a fare i vari corsi organizzati da Fnas e collezionare attestati come se fossero figurine: antincendio? ce l’ho...rigger? io ce l’ho doppio... a me manca... primo soccorso?
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C H A P I T E A U , FOTO DI ELENI ALBAROSA
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O trovarsi tutti insieme ad ascoltare i relatori chiamati ad intervenire alle varie conferenze. A tal proposito è da ricordare il bel momento per MagdaClan nell’incontrare di nuovo Roberto Magro, uno dei fondatori e primo mentore del collettivo venuto a Città di Circo come relatore. In accampamento molto sentita è stata la mancanza dei bambini MagdaClan, al seguito dei genitori venuti solo qualche giorno e poi ripartiti perchè impegnati nell’organizzazione di una delle attività del collettivo, la rassegna MonCirco, che vede presentare al pubblico di Montiglio Monferrato 7 spettacoli di circo contemporaneo in 7 mesi. Ma soprattutto molto sentita è stata la musica suonata ininterrottamente dai nostri instancabili quanto insani musicisti che hanno allestito una roulotte a sala prove, si sono chiusi dentro e ne sono usciti solo alla fine delle due settimane. E che gran piacere quelle sessioni di allenamento collettivo tra tutti gli acrobati presenti, rubate ai mille impegni quotidiani. Corpi nuovi su cui salire forze che si uniscono e si esplorano per la prima volta, nessuna competizione ma solo tanta collaborazione. È stato per noi motivo di grande fierezza, durante queste intense giornate a Bologna, ospitare i galà finali di Città di Circo sotto al nostro tendone, consentendoci cosí di montare tutte le gradinate a disposizione: la formazione di pubblico 360°, che mai prima d’ora avevamo avuto il modo di montare, è davvero splendida. Fortemente è stata voluta dal Clan anche la serata conclusiva, la Maratenda, esperimento socio-circense di portare in scena un cabaret che durasse 12 ore, tutta la notte, dalle 8 di sera alle 8 del mattino, tristemente interrotta alla settima ora. Ma Città di Circo non sono stati solo gli spettacoli, quelli sono la punta dell’iceberg, sotto c’è il resto: l’ organizzazione, la gestione sul campo, gli eventi collaterali, etc. etc… MagdaClan avendo la fortuna di essere un collettivo numeroso e strutturato, ha potuto portare membri in ogni squadra: dall’organizzazione alla comunicazione, passando per la squadra tecnica, confermando l’elegante anima lavoratrice che ha fatto guadagnare ai membri del Clan il soprannome di “scoiattolini laboriosi”.
Tra i vari ricordi è giusto spendere qualche parola per parlare di un oggetto che ci ha tenuto compagnia per tutta Città di Circo, il “contacazzate” un semplice contapersone a cui è stata cambiata la destinazione d’uso. Non sappiamo quando ci è stato regalato o da chi, non sappiamo quante ne sono state contante e neanche dove sia ora l'oggetto, forse qualcuno lo sta ancora usando per contare le cazzate che stiamo dicendo o scrivendo. Un piccolo oggetto, ironico, simbolo di spontaneità e voglia di scherzare, che rappresenta la volontà di prendersi in giro a vicenda, uno dei capisaldi di Città di Circo. Questo ricordo mi fa concludere con il pensiero che anche Città di Circo non sappiamo quando sia realmente iniziata, né dove sia ora, ma siamo certi sia un esempio di spontaneità che non ha bisogno di nozioni di spazio o tempo per delinearsi (e questa la conterei come cazzata!). Città di Circo è la rappresentazione della tricotomia che da anni ispira la filosofia MagdaClan: lavoro-festa-relax. Queste tre realtà hanno bisogno l’una dell’altra come lo ying e lo yang, per bilanciarsi e dare senso alla vita, per questo MagdaClan sia come collettivo che come singolo individuo, ha vissuto in maniera sublime questo arco temporale chiamato Città di Circo. La matematica non sbaglia: + e + fa +. Direi che Città di Circo si può riassumere così. Se prendi vari collettivi che singolarmente funzionano li metti insieme aggiungendo singole unità che hanno voglia di dare, è chiaro che l’evento non può che essere un successo… se in più si lavora con il piacere di incontrarsi il risultato è stupefacente, anzi no, è Città di Circo, e chi c’è stato non può fare altro che confermarlo.
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LUOGO
SOSPESO
DALLA
REALTÀ,
UN NON LUOGO SOSPESO DALLA REALTÀ di Giorgio Bertolotti
www.giorgiobertolotti.it
Liglù nasce nel 2015 da un’esigenza viscerale di Giorgio Bertolotti, attore di circo che spregiudicatamente si butta nell’impresa di realizzare un sogno maturato negli ultimi anni, creare un piccolo spazio intimo dove poter sperimentare le proprie follie. Questa necessità nasce dopo un percorso artistico e di vita che è partito dal teatro passando per l’arte di strada, le scuole di circo, il teatro ragazzi, fondando una compagnia di circo contemporaneo sotto chapiteau, il Magdaclan e continuando a collaborare con le varie realtà italiane di circo sotto tenda come il circo Paniko.
Tutte queste esperienze conducono Giorgio a condensare il tutto ne Liglù, una cupola geodetica, un piccolo teatro viaggiante con 45 posti di pubblico, costruito con le proprie forze senza passare per nessun canale istituzionale, ma contando unicamente sulla sinergia tra persone che abbracciano e supportano il progetto. Liglù è una piccola bolla bianca indipendente, che è nata e vive grazie all’ostinazione e alla perseveranza di qualche pazzo sognatore. Un non luogo sospeso dalla realtà che grazie anche alla sue particolari caratteristiche strutturali riesce ad addentrarsi nei spazi urbani più impensabili. Un laboratorio artigianale dove poter realizzare le proprie fantasie e anche, si spera in futuro, quelle degli altri! La prima visione che si concretizza al suo interno è lo spettacolo “Juri The Cosmonaut”, un inno alla lentezza, alla solitudine, ai piccoli gesti, realizzato grazie al prezioso aiuto di Petr Forman, regista di Praga. Ad oggi è lo spettacolo che la compagnia rappresenta al suo interno e che viaggia per festival di arte contemporanea, paesini sperduti, grandi città e chiunque voglia ospitarlo. La creazione de Liglù e dello spettacolo “Juri” sono andati di pari passo e si sono influenzati a vicenda, nel processo creativo infatti, la cupola si adattava perfettamente alle esigenze sceniche e anche lo spettacolo si lasciava ispirare dalla struttura stessa, creando una complicità difficile da trovare in altri spazi già esistenti come potrebbe essere un teatro. Questo peculiarità è uno degli aspetti che hanno maggiormente convinto Giorgio a intraprendere questa strada tortuosa del teatro itinerante; poter modellare lo spazio a proprio piacimento e riproporlo ogni volta in luoghi diversi è molto stimolante sia per la compagnia che propone lo spettacolo sia per il pubblico che si vede trasformare sotto i propri occhi uno spazio urbano conosciuto.
FOTO DI ELENI ALBAROSA
Un esempio eclatante di questa trasformazione degli spazi urbani è proprio la città di circo! Un parco vuoto con solo prato e alberi diventa per un mese una cittadina piena di vita, di proposte e di folli artigiani dello spettacolo. Liglù per contribuire a questa splendida iniziativa si rende da subito disponibile portando
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il suo spettacolo e mettendo a disposizione il suo spazio, seppur piccolo, per ospitare corsi di formazione specifici del settore, altri spettacoli come quello di marionette del maestro Teodor Borisov, e accogliendo poveri circensi infreddoliti dalle nevicate improvvise! Liglù approfitta di questa opportunità anche per poter diventare ufficialmente un “teatro viaggiante” concludendo un percorso burocratico che dalla sua creazione ha portato non pochi problemi alla vita della compagnia e alla tenda stessa. Grazie proprio ad eventi come questo e quindi al confronto e alla crescita condivisa tra realtà che perseguono, anche se in forme diverse, gli stessi sogni e obiettivi, si riesce ad andare avanti e prendere forza nonostante la moltitudine di difficoltà che progetti come questi affrontano quotidianamente. Essere parte attiva e testimone di tanta bellezza, condivisione e sorrisi che città di circo ha portato a Bologna è stato un privilegio per Liglù. Vivere in una città dove non contano la provenienza, dove le persone si dànno una mano a vicenda e collaborano insieme, facendo festa, per realizzare i propri sogni e aspirazioni è stato possibile per un mese sotto gli occhi di tutti e anche se adesso le “case di plastica” sono smontate o in giro per il mondo l’anima della città di circo è viva e scalpitante.
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CALOROSO
PUBBLICO
DI
BOLOGNA FOTO DI ELENI ALBAROSA
COGLIE
PUBBLICO DI BOLOGNA DIALOGARE CON IL NUOVO di Andrea Niccolai
www.andreaniccolai.com
Bologna si è rivelata una realtà molto interessante dal punto di vista della partecipazione del pubblico che potremmo definire: numeroso, entusiasta, attento, molto eterogeneo, generoso, esigente. Le motivazioni sono sicuramente tante e complesse, intrecciate tra loro, nascoste nella vita e nelle vie della città. Ci piace in questo caso fare luce su alcuni aspetti legati alla città di Bologna come luogo di continua contaminazione, pensare a Bologna come ad una città senza il mare ma con le qualità di una “Città di Porto”: un luogo di passaggio e di scambio, attenta o forse più abituata di altre a dialogare con il Nuovo, con proposte culturali appena nate, con il desiderio di ospitare la Sperimentazione. Questa particolarità della città dipende in realtà da due fattori principali: Bologna è sede di una grande Università che porta ogni anno nuovi studenti ed in secondo luogo la città è da considerarsi un punto di passaggio tra Nord e Sud spesso quasi obbligato (rete ferroviaria e autostradale, conformazione del territorio). Il risultato di tutto questo ha creato, negli anni, un ricircolo costante di energie creative e quindi un buon livello di offerta culturale che la cittadinanza ha accolto con grande entusiasmo. Un pubblico di questo genere, potenzialmente attento alla sperimentazione e desideroso di confrontarsi con esperienze nuove, è diventato nel tempo anche molto esigente, abituato (se così si può dire) ad un’offerta culturale variegata, in costante competizione, e che non si cattura con semplici sensazionalismi o spettacolini improvvisati. Consapevoli quindi di lavorare su una “buona piazza”, dovevamo puntare in alto per offrire un evento di grande qualità, da tutti i punti di vista, per un pubblico ben disposto, come dicevamo, ma anche molto esigente. A questo si aggiunge che il pubblico bolognese aveva partecipato e goduto di spettacoli dei nuovi Circhi da ormai 10 anni. Il Circo Paniko (che si potrebbe dire bolognese di adozione) ha lavorato sul territorio con costanza, acquistando nel tempo una fiducia crescente che ha spinto le stesse istituzioni ad interessarsi ai nuovi circhi. Negli stessi anni anche Side Kunst- cirque e MagdaClan hanno montato in città ampliando il pubblico, arricchendo l’offerta artistica e incrementando ulteriormente l’interesse della città. Si parla quindi di un luogo e di un pubblico che mastica il circo da tempo ed ha un crescente appetito a riguardo. Un pubblico già eccitato ed educato a quello che sono le forme attuali di circo e che quindi non andava deluso. Una sfida avvincente che ora possiamo dire di aver vinto, Città di Circo ha avuto un grandissimo successo di pubblico! Il servizio prenotazioni ha registrato un sold-out dopo l’altro e tutti gli spettacoli hanno avuto le gradinate strapiene. Consideriamo oltre seimila spettatori su quindici giornate. Ringraziamo dunque Bologna perché, nel suo essere una piccola città con tendenze provinciali è stata capace di cogliere
il valore culturale del nostro progetto, capace di guardare oltre, capace di ospitarci e diventare la prima Città di Circo! In realtà più che Bologna, che di per se vuol dire tante cose e non vuol dire nulla, ringraziamo le persone che la vivono quotidianamente, che sono venute a trovarci e hanno indossato Città di Circo come fosse l’abito della festa, l’hanno abitata e nutrita. A tal proposito ci piace condividere una delle tante testimonianze comparse durante i giorni del Festival sulla pagina facebook di Città di Circo: “Probabilmente la vita che tutti vorremmo, ma che veramente in pochi sono in grado di fare. Ed è giusto così: la magia del circo che si rivela in una forma sempre sorprendente, al di fuori della nostra realtà ma anche attraverso, nella maniera più epidemica che mai, quando ci inciampi. Ti trasporta in tutti i mondi possibili e anche quelli inimmaginabili, per tutto il tempo in cui puoi crederci e far parte di lei. Un’eccellenza tangibile, però, è questa “città di circo” a Bologna.” Roberta Marchesini, 2 novembre 2017 facebook/Città di Circo
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FOTO DI ELENI ALBAROSA
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DINAMISMO CREATIVO
L’INDIPENDENZA E LA SCOMODA EREDITÀ DELLA TRADIZIONE di Salvatore Frasca
turi.fraska@gmail.com L’attuale movimento di circo sotto chapiteau si unisce, parla e si confronta durante la permanenza a Bologna. Ride o piange, si dimena e si compiace, nella pienezza della grande esperienza comune. Nel semicerchio gigante nel prato di Villa Angeletti ciascuno dei cinque circhi fa da specchio all’altro. E proprio in quel non quotidiano riflesso, che ogni collettivo ha la possibilità di esaminarsi. Quasi osservarsi dall’esterno. Si rivede nelle dinamiche umane e professionali degli altri colleghi. L’inevitabile confronto che scaturisce, può essere frustrante, ma il più delle volte, invece, è un momento unico che consegna una preziosa istantanea delle diverse identità d’ogni circo. Da questo autoesame ogni compagnia ne esce rafforzata: dall’evidenza delle differenze di funzionamento tecnico, esperienziale e artistico ciascuna realizza un’immagine più concreta di se stessa. Le discussioni si incrociano e si accavallano, davanti la porta di un circo quando con umiltà si ragiona sul lavoro artistico di un’altra compagnia; al bar quando, alticci, tra colleghi e amici ci si fa messia di grandi verità drammaturgiche, o quando più serenamente in una roulotte, alla notte, si parla di limiti. Materia per sofistiche disquisizioni ce ne è.
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Le oltre 40 repliche di 15 diverse produzioni hanno presentato agli artisti, oltre che al pubblico, un ventaglio di diversità di proposte suggestivo della dinamicità della creazione delle compagnie. Lontane, in queste avventure, dai ricchi circuiti di creazione d’oltralpe, le compagnie del circo attuale sono capaci di auto-produrre spettacoli dal rispettabile e assodato contenuto tecnico e artistico. Concordando che generi e gusti non sono referenze di qualità, questi presuntuosi circensi contemporanei si osservano tra loro e pensano, addirittura senza paura di vaneggio si compiacciono. Eccezionali momenti colorano di forti emozioni certe repliche: l’ultima dello spettacolo Bazar del Circo Paniko, per esempio. L’emozione degli artisti e quella del pubblico sono altrettanto vive. È speciale il momento quando un spettacolo che per quattro anni ha condotto la tenda e i suoi artisti in lungo e in largo per l’Italia rivede tutti gli artisti che si sono avvicendati nel tempo per un caloroso saluto a un pezzetto di anima Panika che va a riposare tra i loro ricordi e quelli di mila spettatori. Ancora più esaltante il contesto se la fine di uno spettacolo di lungo corso è contrapposto nella stessa piazza, in un fatto rarissimo nella pratica dello spettacolo viaggiante, il debutto fragile ed emozionante di uno spettacolo nuovo, frutto di nuove fatiche e carico di speranze. Il primo incerto volo da cui comincerà un nuovo viaggio per una compagnia e un circo che si preparano così a fendere il loro prossimo futuro. Uno spettacolo finisce la sua missione e un’altro muove i primi passi. Nella stessa piazza! BOOOOOOOM! La vita. Da spettacoli di grande formato con importanti scenografie e grandi macchine sceniche a solo-show minimalisti, l’estetica e il contenuto degli spettacoli è sempre oggetto di cura da parte dei creatori e la deontologica tensione verso un’espressione artistica coerente e sincera risulta essere motivo, ovviamente, d’ansia particolare per le compagnie sotto chapiteau.
Emerge dai commenti condivisi tra gli artisti che l’aspetto artistico assume particolare rilievo in questi ultimi anni quando le compagnie, dopo avere affrontato temi che riguardano la professione in senso più ampio, spesso logistico o burocratico, cominciano a maturare più profondamente considerazioni di carattere artistico. Le creazioni si succedono e gli artisti si interrogano sul proprio cammino artistico, sulle proprie ambizioni di linguaggio e sul contenuto dei loro meravigliosi contenitori, con sempre più indulgente esigenza. L’atavico rapporto dell’artista con la propria libertà di creazione si scontra, a parer diffuso, con il pubblico. Ma non direttamente. L’insorgere dei dubbi e delle difficoltà di scelte è fomentato dal retaggio preesistente dell’immaginario del circo. Lo chapiteau, purtroppo, è ancora simbolo di uno straordinario successo del passato, se vogliamo remoto, di un genere popolare. L’immagine predeterminata che l’uomo comune ha del circo innesca un corto circuito di aspettative. La questione è anche più grande dell’estetica e dei contenuti dello spettacolo. Si tratta proprio di una lotta furibonda di un genere nuovo inarrestabile, specchio del suo tempo, capace di attrarre e convertire pubblico con estrema facilità, che fa i conti con l’eredità di un immaginario collettivo enorme, infinito. “Un’impalcatura fradicia” di immagini, clichet che, sicuramente per meriti (purtroppo non recenti) è ancora presente nella società odierna a sua volta combattuta tra amore e odio per quel tanto legiferato circo impresa-familiare. Tuttavia esso non è più, ma la sua immagine lo sovrasta e gli sopravvive sadicamente e con quella fanno i conti i circensi contemporanei. Etereo, fanta-
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FOTO DI STEFANO SCHEDA
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smatico il circo vecchio aleggia dentro ogni nuovo spettatore che varca la soglia di un circo nuovo, e si manifesta in sguardi e domande vuote: “Gli animali? ce li avete?”. Proviamo a rispondere… “A volte si posano gli uccellini sul traliccio della cupola”… La mediazione, dunque, tra uno spettacolo di intrattenimento puro e uno che risponde a esigenze artistiche diverse è argomento del creare. E se la questione è risolta per il circo al Teatro dove il pubblico in questa parola-significato-edificio ripone la fiducia di un contenuto dalla pretesa culturale, giocando a favore di un’aspettativa diversa, sotto tenda l’attrazione è, persino dai direttori di teatro, largamente considerata tout court ‘popolare’. Ma all’esibizione dell’abilità, all’exploit sportivo i circensi contemporanei si ribellano con forza. Perchè non è nel contenitore che loro affondano la loro arte, ma nella conturbante ricchezza dei loro linguaggi e nelle ragioni dell’universo corporeo e pluridisciplinare in cui si riconoscono. La sfida è colta da ogni compagnia con risultati sempre più soddisfacenti, ma il cammino è impervio. Dipendendo solo unicamente dalla propria biglietteria i rischi del mestiere, oltre che sulla pista possono ricadere sul portafogli. L’enorme mostro del preesistente però pian piano si sgretola, le compagnie di circo contemporaneo rompono
la logica antica e alla biglietteria affiancano ingaggi in festival e teatri permettendo cosi una piu facile libertà espressiva. Quando la presenza perdura negli anni, il pubblico, enorme bambino, si affeziona alle nuove visioni, carpisce il nuovo spirito e si abbandona con sorprendente velocità al corrispondente nuovo. Città di Circo ne è esempio per tutti. L’esperienza motiva; gli spettatori escono intanto dalla tenda contenti e sorpresi di aver visto disattese le proprie aspettative, esattamente come sembra essere accaduto nei primi anni del circo. Dopo anni di lavoro Bologna ha un pubblico nuovo per i circhi nuovi e, il risultato incoraggia le compagnie a cercare con determinazione la propria dimensione artistica, resistendo alle paure marginali, per vivere appieno la propria autonomia di linguaggio in ogni prossima creazione, in ogni prossima città dove arriveremo per seppellire ogni credenza popolare legata al circo.
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GRAFICA E ANIMA di Andrea Niccolai e Annalisa Bonvicini
facebook.com/cittadicirco
Interessante è l’aspetto della comunicazione, in una grande città, di un grande evento: dalla comunicazione alla grafica, si ragiona sul “vestito” che indossa il progetto quando va in scena. L’idea è stata quella di una comunicazione “illustrata”, pensata, con un valore “acrobatico” e che nasce da una collaborazione di artisti e specialisti delle diverse compagnie; in particolare da Andrea “Biondo” Niccolai (Circo Paniko) e Annalisa Bonvicini (Magda Clan). La comunicazione è incollata alle sinuose forme dell’evento quindi si affida a una veste grafica prodotta direttamente dall’interno del Forum Nuovi Circhi. Provare a spiegare il contenuto della grafica è un controsenso in quanto essa stessa deve riuscirci ma commentare il perchè delle immagini grafiche può essere divertente.
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Nella locandina, immagine con cui l’evento si presenta e vuole spiegarsi, si è trattato di voler rappresentare, all’interno di un circo, una specie di ammaestratore di tendoni, una sorta di figura inesistente, impalpabile (e che difatti appare di spalle, quasi fumosa ed evaniscente) che invita le diverse compagnie presenti a Città di Circo a farsi avanti, a giocare tra loro, a unire intenti, diversità ed esperienze. Il pieghevole è sempre l’incubo dei grafici che devono conciliare contenuti, estetica e praticità di consultazione. È lavoro molto complesso composto da 16 facciate che raccontano gli spettacoli che andranno in scena, sotto quale tenda, di quale compagnia, a che ora, quali giorni… oltre a dovere fornire tutte le informazioni sul festival: cos’è, come fare a prenotare, come arrivare. In questo dedalo d’infor-
mazioni e complessità siamo riusciti a creare una sorta di scacchiera nella quale gli spettacoli invadevano il campo, quasi il circo stesse giocando a scacchi con la città e fosse in evidente vantaggio (tema tra l’altro che si è sviluppato in maniera parallela nei Gran Galà andati in scena gli ultimi giorni!). Un gioco per trovare le informazioni, un gioco tra Circo (tendoni) e Città (torri), una sfida precisa e gioiosa come è stata Città di Circo. Il logo invece nasce con l’idea d’esser nomade, com’è desiderio della Città, e sogna di poter ospitare al suo interno il nome della città dove andrà a posarsi, c’è quindi uno spazio, sotto alla scritta Città di Circo, che cambierà in base al luogo. Nel crearlo però lo spazio per la città ospitante continuava a mostrarsi come una bocca, l’idea quindi di una Città di Circo affamata di luoghi, desiderosa di mangiare e divorare le piazze per entrarci dentro davvero, per una maggiore fusione, intreccio, scambio… Viene fuori un logo a due facce, come una moneta con sul recto la scritta, sul verso un volto grottesco e onirico, con una bocca reale al posto della città, con uno sguardo indefinito e figlio della stranezza che rappresenta, iconico, ipnotico, folle …forse un’evoluzione selvaggia della maschera classica, classico simbolo del teatro.
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FOTO DI ELENI ALBAROSA
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Vivendo in roulotte al seguito di un tendone a volte capita di svegliarsi la mattina senza sapere dove ci si trova. È una sensazione speciale e abbastanza tipica che può durare svariati secondi, in questi momenti si può provare una certa ebbrezza, ma anche un fastidiosissimo senso di alienazione. Ebbene a Città di Circo, quando a fatica apri gli occhi la mattina, sai esattamente dove ti trovi. Aprendo la tua bella porticina di plastica e lamiera, la faccia gonfia e snaturata dal sonno allarga a denti stretti le poche labbra rimaste, assistendo in mutande al vero spettacolo dell’autunno. Un milione di casette motorizzabili; ce n’è di colorate, di uggiose, alcune un pò arrugginite di Toschi altre triturate dall’ossido, alcune carine, molte orrende, quelle lunghe un metro e quelle che doptoschitos@gmail.com piano un carro funebre, hanno tutte una cosa in comune: sono come la tua. Ospitano i matti come te che hanno deciso di rendere Città di Circo una realtà. Come se non bastasse, un ridente bus olandese anni sessanta, con un ippopotamo travestito da gatto come vigilante, si staglia al centro dell’accampamento, accerchiato da pentoloni, mestoli, caffettiere, poltrone, cassapanche…rassicurato da cotanta qualità, felice ti avvii verso il grande container bianco adibito a docce e gabinetti. L’immagine standard è la seguente: da una parte abbiamo svariati personaggi bizzarri seminudi (magari con scarpe eleganti e asciugamani da mare), per lo più in attesa, magari chiacchierando, mentre altri denunciano a gran voce la fine dell’acqua calda o bagnati cantano qualche oscenità. Dall’altra parte abbiamo invece qualcosa di più aspro. Ma lascio all’immaginazione la pittura dei colori della cosiddetta parte wc. Vi basti sapere che nei turni di lavoro autogestito tutti i circensi hanno dato prova delle loro abilità metacloacali e netturbiniche in generale. Infatti prima delle tarde ore pomeridiane, quando tutto l’impianto pro-spettacoli si mette in moto (biglietteria, accoglienza, pop corn…), il sistema è già attivo al 100%: dallo smaltimento dei rifiuti alla pulizia dei tendoni e degli spazi comuni, dalla costruzione e manutenzione di cartellonistica e scenografia esterna varia alla gestione degli appuntamenti speciali, le centinaia di telefonate sul telefono delle prenotazioni, la pulizia dei bagni…ecco, torniamo ancora al nostro caro container bianco…probabilmente un qualche impavido ghostbuster pupufriendly armato di paletta e idropulitrice economica sta cercando di combattere l’impossibile: più di 90 artisti a cui piace tantissimo creare e più di 6000 spettatori a cui piace tantissimo sedersi, insieme, nel più magico dei container di Villa Angeletti. Che dire, le intenzioni erano buone, ma decidi di rimandare il tutto a più tardi. Cà Luogo d’Arte è il posto che fa per te e decidi di avviarti per un buon caffè all’ “olandese” verso il grande tendone giallo e rosso, adibito per l’occasione a spazio comune per i pasti ma non solo. Dribblando tra una moquette verdognola coprifango e un gaio pensionato in bicicletta ti siedi ad uno dei tanti tavoloni che ogni giorno assistono a quel bello di Città di Circo a cui il pubblico è precluso. Questo è il luogo dove l’auspicato incontro tra le compagnie prende la sua piega più terrena e positiva. È qui infatti che ogni artista si confronta, discute, assimila..ma non solo con le parole, infatti alcuni strumenti e piccoli amplificatori lasciano improvvisare eventi musicali liberi, che aumentano il senso di intimità e di bellezza dello stare insieme. In una parola, si contamina e ci si lascia contaminare, che è poi lo scopo primo di questo evento eccezionale. La giornata è lunghissima e tra lavori, convegni, corsi, matinée, prove per concerti e per gala collettivi ti ritrovi già al “cerchio” con i tuoi compari di spettacolo e di avventure. Ai saluti di fine show si cerca di trasmettere l’idea di punta dell’iceberg riguardo a quello cui si è appena assistito, forse invano. A notte fonda la tua porticina di plastica e lamiera si chiude, che bella idea risvegliarsi a Città di Circo.
RISVEGLIARSI A CITTÀ DI CIRCO
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P A R T I R E
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A LITTLE PIECE OF ADM IN BOLOGNA di Petra Bauer
www.adm.amsterdam Prima di condividere con voi la nostra esperienza a Città di Circo, dobbiamo presentarci. Siamo un gruppo di persone che arriviamo dalla nostra comunità ad Amsterdam che si chiama ADM. ADM è un braccio del porto di Amsterdam occupato da 20 anni e trasformato in un paradiso culturale. Viviamo lì in case costruite da noi, roulotte o altre autocostruzioni. Essendo collocati sul porto alcuni di noi vivono nelle barche attraccate ai nostri moli. In totale siamo circa 120 persone. Abbiamo un giardino comune, una cucina collettiva e un bar ch ospita concerti e laboratori. Molti di noi sono artisti e cosi ci sono tanti studi o laboratori. Inoltre organizziamo due grandi festival di musica, arte, installazioni. Uno di questi due festival è il JetLag : circo e musica sperimentale in collaborazione con Side kunst-cirque. Gli ultimi tre anni abbiamo avuto seri problemi. Il proprietario vuole sgomberare l’ADM per sfruttare il luogo commercialmente… Dopo questa introduzione vi raccontiamo della nostra avventura italiana!!! il 24 ottobre un vecchio, ma bello, autobus ha lascaito l’ADM per viaggiare 1300 km per arrivarea Bologna. L’autobus è fantastico ed equipaggiato da cucina viaggiante chiamata Bernardette, un vero e proprio ferro d’epoca con i suoi 46 anni compiuti. È stato un’avventura andare e tornare a casa…non senza grandi sfide. Ma perchè abbiamo percorso con un autobus vecchio di mezzo secolo 1300 chilometri? Gli ultimi due anni ci siamo molto appassionati al circo sperimentale . Abbiamo sperimentato una grande affinità con il modo di vivere dei circensi con chapiteau , creando eventi con essi sfidando sempre se stessi e gli altri. Abbiamo avuto bellissime esperienze con il Jetlag festival e quindi abbiamo deciso di farci coinvolgere a Città di Circo. È stato per noi un piacere servire oltre 2000 pasti e creare un atmosfera domestica nel back stage dove tutti potevano rillassarsi e stare bene. È stato per noi bellisimo essere parte di Città di Circo ed avere anche l’opportunità di vedere cosi tanti spettacoli impressionanti! Abbiamo sperimentato tre settimane di un’inspirante vita di circo e collezzionatoun bel po di energia positiva e divertimento!!! Viva la Città di Circo e… siamo già carichi per la prossima!
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SUBITO AL LAVORO di Simone Benedetti
simone.benedetti@hotmail.it Un giorno, ancora agli inizi della nostra avventura Zoé, durante un montaggio più complicato del solito, lessi stampata sulla maglietta di Diego una frase che cerco sempre di ricordare e che spesso mi ha fatto riflettere sul mio modo di affrontare le situazioni che mi si presentano. Sia a livello personale che a livello di compagnia, questa frase è un modus operandi al quale ci atteniamo inconsciamente, al quale nessuno di noi aveva fatto veramente attenzione. Una pratica che abbiamo consolidato e integrato, che ci appartiene e ci accomuna, unendoci anche nei momenti di sconforto, che in una vita come quella che tutti noi facciamo non sono né pochi, né secondari. Tutto si compensa, si equilibra nello spettacolo, negli allenamenti, nei deliri creativi, nelle serate attorno ad un barbecue, in carovana o durante il sonno che prima o poi colpisce anche i più inarrestabili. Credo che questa frase possa rappresentare parecchio lo spirito con il quale mi sono posto durante queste settimane di incontro e di condivisione umana e progettuale. Essa rappresenta un modo che mi ha permesso di integrare una «città» già in qualche modo esistente, con le sue regole già scritte, condivise e accettate da tutti. Cercando di pormi in ascolto di ciò che attorno a me già esisteva, cercando di sentire come e quando la mia presenza poteva essere utile, e non fuori luogo, al servizio di un sistema che ancora non conoscevo e del quale in qualche modo avevo fiducia e mi sentivo già partecipe. Città di Circo è stato un’occasione per fare conoscere, attraverso la mia presenza, come Circo Zoé si pone di fronte a nuovi incontri, di fronte alle mille situazioni con cui ci si confronta quotidianamente, a nuovi progetti interessanti da condividere. «Il miglior modo di dire è fare».
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LA SETE DI CONOSCENZA di Aurelio Rota
coordinamento@forumnuovicirchi.it
Una città di chapiteau è popolata di artisti, perlopiù giovani, animati da un grande entusiasmo creativo, che li spinge a cimentarsi nella non facile impresa di gestire una compagnia di Circo Contemporaneo, producendo i propri spettacoli sotto tenda. Questa scelta comporta la necessità di seguire percorsi formativi sulla sicurezza, per ottenere una serie di attestati richiesti dalla normativa vigente, condicio sine qua non per l’ottenimento delle autorizzazioni di pubblica sicurezza nei vari Comuni interessati dal tour. Il Forum Nuovi Circhi ha ritenuto che Città di Circo, momento di incontro di una moltitudine di artisti e compagnie, fosse la sede ideale per proporre un ricco carnet di corsi di formazione, e assieme alla FNAS e con il contributo del MIBACT ha organizzato: un corso per Addetti di Lavoro in Quota, con certificazione AIFOS, un corso di Rigger per il Circo, un corso sulla Normativa riguardante la professione e le strutture per il Circo, un corso per Addetti al Primo Soccorso e un corso per Addetti Antincendio a rischio Elevato, tutti molto frequentati, con richieste di partecipazione di gran lunga superiori alle disponibilità.
è un ottovolante. Il circo nella letteratura tedesca tra ‘800 e ‘900”, Paolo Apolito, autore del libro “Ritmi di festa. Corpo, danza, socialità”, Alessandro Serena, storico del circo e di famiglia circense, Gabriele Pasqui, Direttore del Dipartimento di Architettura del Politecnico di Milano. Lo stesso convegno ci ha offerto l’opportunità di ascoltare e dialogare con esperti di questioni fiscali e legali, rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali, organizzatori di festival, rappresentanti della FNAS e di importanti realtà europee di Circo Contemporaneo, quali: Jean Michel Guy, Jonny Torres, Roberto Magro e Stéphan Segreto Aguilar. Potremmo definire il convegno come un’occasione di formazione “doppia”, in cui i circensi si sono avvicinati a tematiche e soggetti importanti per la loro professione, e a sua volta i relatori hanno scoperto un mondo in buona parte sconosciuto, vuoi per la novità del fenomeno, che per la visione stereotipata del circo, ricondotta sovente al modello tradizionale. È invece puramente autoformazione la condizione di vita comunitaria della Città di Circo, dove assieme si scrivono le regole che ne dettano lo scandire del tempo, e singolarmente si è chiamati alla loro osservanza, senza imposizioni, con il solo senso di responsabilità di chi è consapevole dell’importanza del proprio contributo per la riuscita dell’evento e per la crescita del movimento e della propria professione. Così come sono autoformazione tutti i momenti di confronto e di scambio di esperienze artistiche, gli allenamenti in comune, la visione degli spettacoli di altri colleghi, le chiacchiere al bar a fine serata.
FOTO DI ANTONIO BONURA
Ma la sete di conoscenza va ben oltre le questioni tecnico-burocratiche, se pensiamo alla creatività, è abbastanza raro che nasca dal nulla e deve essere continuamente alimentata con nuovi saperi, con nuove esperienze, con nuovi incontri. In questo, le quattro giornate di convegno “Stradarts” sono state molto importanti, e ci hanno permesso di ospitare relatori prestigiosi con contributi e sguardi alla nostra professione e al contesto in cui operiamo, altrimenti difficilmente reperibili nella quotidianità. Perle preziose gli interventi di Alessandro Fambrini, autore del libro “La vita
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A U T O F O R M A Z I O N E !
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AUTOFORMAZIONE? Annina Bonvicini
annalisa.bonvicini@gmail.com Parallelamente - ma anche trasversalmente e diagonalmente - alla formazione di stampo più didattica, c’è l’auto-formazione; su internet appare questa definizione: “l’apprendimento autodiretto, quel processo che vede il soggetto in una posizione attiva rispetto alle conoscenze ed esperienze che sperimenta”. Come spiegare l’auto-formazione nella vita di una compagnia di circo con tendone? Salvatore Frasca con una delle sue definizioni su “circo contemporaneo forse vuol dire che facciamo tante cose contemporaneamente” ci aiuta a comprendere bene il quotidiano: la vita circense con chapiteau ti mette di fronte ogni giorno a tante sfide: organizzi dieci cose? Bene, sai che otto di queste salteranno ma ne accadranno altrettante di belle (o brutte) e ti troverai a risolvere quel problema in un modo che non avresti mai contemplato. Non c’è ancora una legge fisica o un algoritmo che lo spiega, ma è proprio così: vivere circa 10 giornate in una. In queste ore così intense, capita che il tuo camion si pianti, che un programmatore non riesca a scaricare un file dal sito, che nel tuo chapiteau salti la luce, che finisca il riso, che l’ufficio del comune abbia bisogno urgentemente di un nuovo documento altrimenti non monti…e così via: essere tecnici, direttori artistici, acrobati, autisti, babysitter, comunicatori, cuochi, burocrati contemporaneamente. Ogni compagnia sperimenta così quotidianamente l’arte dell’arrangiarsi risolvendo i problemi in modo creativo e ogni membro diventa portatore di un bagaglio di esperienze e informazioni preziose. Quando tante compagnie, che condividono gioie e dolori simili, si incontrano e montano vicine-vicine… non è auto-formazione, è una festa! Il buon George Bernard Shaw diceva “Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee.
Città di Circo è stato un esempio genuino dove la condivisione di buone pratiche, errori, consigli era lì con noi in ogni momento, da aspetti legati alla quotidianità, alla permessistica, alla comunicazione, alla logistica, alla legalità. “Ma voi avete montato in quella piazza?” , “E voi come funzionate all’interno, chi tiene l’amministrazione?”, “Ma voi che tipo di plinti usate quando montate su cemento?” “A chi avete chiesto di montare il video promo?” Ma non solo. “Dopo la siesta facciamo tutti banchina e ci alleniamo insieme?” “Biondo ma tu che hastagh hai usato per la pagina, se usassimo questo in entrambe le compagnie?” E taaac, è fatta: corpi e cervelli che ragionano insieme, molto più di un copia e incolla che funziona, è incontro, scambio, confronto, crescita. Creare occasioni di incontro e confronto è quanto mai centrale per la crescita di ogni compagnia.
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IN
QUESTO
CI
CI CREDIAMO
CREDIAMO,
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GENERARE
Coordinato da Aurelio Rota il Forum Nuovi Circhi entra a far parte della FNAS, Federazione Nazionale Arti in Strada. Attraverso la federazione il collettivo dei circhi si propone di interfacciarsi con le istituzioni. Dimostrando un carattere pratico e fattivo il Forum ha già creato molte occasioni di incontro con rappresentanti delle istituzioni in sedi istituzionali ma anche sotto tenda. Il futuro si prospetta già carico di impegni e iniziative. Tavoli di lavoro, festival ed eventi per celebrare il circo di creazione, per promuoverlo al passo con le realtà europee e contribuire attivamente al dibattito nazionale sulle riforme, per uno sviluppo del settore circo condiviso, sostenibile. Il Forum sostiene e difende la diversità delle singole compagnie tanto come la peculiarità del loro lavoro, non assimilabile a precedenti e legiferate esperienze. Radunando insieme i collettivi di circo ne porta la voce, sostenendoli nei meandri legali e normativi, promuovendo la formazione degli artisti e lo sviluppo del nuovo pubblico.
Di Beppe Boron
www.fnas.it
FOTO DI STEFANO SCHEDA
C’è un unico filo conduttore che unisce l’arte di strada, lo spettacolo di strada e il circo contemporaneo, con e senza tendone, ed è l’utilizzo artistico dello spazio pubblico. Una seria politica su questa argomento è ciò che la FNAS vuole rappresentare per dare risposte coerenti e corrette a chi liberamente vuole praticare l’arte di strada nelle nostre città, alle compagnie e agli artisti professionisti che vogliono creare, produrre, formarsi, promuoversi e trovare un’associazione capace di sostenerli in ogni aspetto della loro vita lavorativa, agli organizzatori che hanno a cuore una politica di sviluppo etico, sociale e culturale di questo mondo, ai piccoli circhi, da poco entrati nella nostra associazione, ai quali vogliamo assicu-
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rare uno spazio di progetto condiviso affinché si possa camminare insieme verso città rese più belle, più vive e vivibili attraverso le nostre arti. Ci crediamo a tal punto in questo progetto, che, a novembre dello scorso anno, abbiamo cambiato lo statuto dell’associazione e al circo contemporaneo con tendone abbiamo riservato un nuovo settore che, nel prossimo consiglio direttivo – le elezioni saranno ad aprile/maggio 2018 – avrà un proprio rappresentante, così come gli altri settori descritti sopra. Ci crediamo a tal punto che abbiamo messo tutto l’impegno possibile per sostenere i circhi, nello scorso mese di novembre, in quella meravigliosa manifestazione che è stata “Bologna Città di Circo”. 20
giorni in cui si sono visti 40 spettacoli con il tutto esaurito e tutta la rappresentazione di ciò che la FNAS è e vuole essere; perchè si è discusso di arte di strada, di compagnie e artisti professionisti, di manifestazioni, di circo contemporaneo, si è fatta formazione ad altissimo livello e tutto all’interno di cinque bellissimi chapiteau piantati in un parco cittadino alle spalle della stazione di Bologna, reso frequentabile, grazie al lavoro dei circhi, da tutta la popolazione. Ringrazio tutti per “Città di Circo”, che è stata, quest’anno, una delle cose che mi rende orgoglioso e onorato di essere il presidente della FNAS. Stiamo già lavorando per ripeterla, farla crescere e per esportarla in altre città…
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ARTE
NEGLI
SPAZI
URBANI
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FOTO DI ALBERTO BERTOCCHI
OSPITARE
Da più di dieci anni è in corso un dialogo tra l’amministrazione di Bologna e il circo contemporaneo. Alcuni artisti, oggi attivi nell’organizzazione di Città di Circo, sono stati tra i primi a sfidare i divieti di esibizione a Piazza Maggiore ormai quindici anni fa, facendo spettacoli che coinvolgevano già allora, di notte, un pubblico grande. Tra gli spettatori c’erano anche dei bambini che sono oggi artisti affermati! In un percorso contagioso l’arte ha invaso la città e si devono ricordare le strepitose edizioni del Buskers Pirata per le vie del centro e i primi passaggi del Circo Paniko in Montagnola durante freddi inverni. Fino ad arrivare ai consueti montaggi dei vari circhi che ha avvicinato ulteriormente il pubblico e fatto crescere l’interazione con i rappresentanti politici e le istituzioni Bolognesi. Dalla loro apertura è nato un dialogo fecondo con vari presidenti di quartiere, associazioni locali e assessorati specifici con i quali è possibile oggi, progettare eventi di circo insieme.
OSPITARE ARTE NEGLI SPAZI URBANI di Matteo Lepore Assessore Turismo, Cultura e Promozione, Città di Bologna Siamo partiti alcuni anni fa cercando uno spazio per il Circo PaniKo, costretto a spostarsi dal Parco della Montagnola al Parco di Villa Angeletti e come spesso accade, da un problema è nata una nuova importante storia. Da allora la vocazione circense del Parco di Villa Angeletti è diventata un punto di riferimento del circo contemporaneo italiano. Dopo alcune stagioni nelle quali si sono alternate varie compagnie con i loro chapiteau, per la prima volta, dal 2017 Bologna è Città di Circo, grazie all’importante lavoro del Forum Nuovi Circhi della FNAS - in collaborazione con il Comune di Bologna. Nello scorso autunno, 5 tendoni popolati da una moltitudine di artisti, hanno animato il Parco di Villa Angeletti proponendo un nutrito programma di spettacoli, incontri, convegni e formazione per ben 15 giorni. Grazie alla proficua collaborazione tra il Comune di Bologna e il Forum Nuovi Circhi della FNAS, Bologna è diventata così un punto di riferimento di un dibattito nazionale e internazionale sul nuovo circo e l’arte di strada. Per noi è certamente un investimento sul posizionamento di Bologna rispetto all’arte e alla creatività, puntando a far diventare Città di Circo un modello da riproporre di anno in anno in città diverse. Ma non è solo questo. Città di Circo è anche una forma, certamente temporanea ma non per questo meno efficace, di trasformazione dei luoghi e delle relazioni delle comunità che li abitano, grazie alla potenza del suo multiforme linguaggio. Che sia sotto uno chapiteau o sotto il cielo, Città di Circo ridisegna il paesaggio urbano, portando nel cuore della città e delle sue periferie un linguaggio nuovo che, come un equilibrista, è capace di camminare sul filo teso tra l’immaginario popolare e la poesia, tra il contemporaneo e la tradizione, tra l’assurdo e la quieta banalità del quotidiano, tra la compassione e il riso, tra il sogno e il limite di ognuno di noi. È l’arte capace di parlare a tutti, per questo universale.
Bologna nel 2006 è stata dichiarata dall’UNESCO Città Creativa della Musica, prestigioso riconoscimento che celebra la ricca tradizione musicale e la vivacissima scena del presente. La musica per Bologna è tradizione, creatività, identità, formazione, contaminazione. L’ibridazione delle arti e il loro incontro è un altro elemento dell’impasto bolognese. A partire anche da questo riconoscimento e dalla presenza in un network mondiale di città creative, da diversi anni la nostra città sta promuovendo politiche volte a favorire la crescita di un ecosistema creativo territoriale. In questo quadro, la nostra Amministrazione ha promosso diversi strumenti di sostegno alle realtà creative, tramite bandi e assegnazione di spazi. Il filo conduttore della nostra visione è in ogni caso la tessitura di una rete di luoghi in grado di attivare le comunità e i progetti. Inoltre, l’Amministrazione si è dotata per la prima volta in Italia di un Piano di innovazione urbana che raccorda le scelte e i progetti con le potenzialità e le reti che nascono dall’impegno diretto dei cittadini e delle comunità, nelle varie e libere forme in cui si esprimono. L’obiettivo è diffondere opportunità, strumenti, risorse, spazi in un’ottica di valorizzazione, per privilegiare la rigenerazione, la creazione di relazioni e l’emersione di competenze diffuse in tutta la città. Il Piano presentato a dicembre 2016 riunisce in un’unica visione gli strumenti progettuali e i programmi di finanziamento verso il 2021, per un totale di 77,2 milioni di investimenti dedicati alla rigenerazione di aree e immobili dei quartieri. Città di Circo e l’alleanza con il Forum Nuovi Circhi della Federazione Nazionale Arte in Strada entra a pieno titolo all’interno di questa nostra visione di futuro per la città. Consapevoli che la realtà si trasforma ogni giorno a piccoli passi. Noi lo affermiamo, la cultura è la speranza di Bologna.
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FOTO DI ELENI ALBAROSA
CON LA CORRENTE
SUONI E MUSICA IN CITTÀ di Carlo Coppadoro
carcoppa@gmail.com I suoni di Città di Circo molti e diversi, alcuni costanti e ricorrenti, si fanno casa e abitudine. La mazza sui picchetti, lo schioppo dei tappi di birra, il motore dei camion. Come i suoni che trapassano la tela sottile degli chapiteau, e da fuori – sera dopo sera – ricordi e riconosci a che punto è lo spettacolo. E riconosci le voci e il vociare di ciascuno, dal dormiveglia dentro al camper, oppure al capannello intorno al fuoco appena fuori. E costante è il rito del cerchio prima di ogni spettacolo, che esplode univoco in un OH! collettivo, prima che si apra al pubblico. E gli applausi alla fine, sinceri e generosi. E la macchina automatica che sputapiatti, improbabile totem della culinaria: inserendo nell’occhio sinistro della maschera di cartone il buono pasto , questi restituiva un piatto pulito dalla bocca, sempre segnalando l’incasso con un colpo di campana o una raganella. Buon appetito. E il mantra cantabile dei “Marroni di Marradi” l’instancabile discomidley della tastierina del Maestro, e la batteria elettronica del Belva, come la potenza deli ottoni panici, e l’elegante trio d’archi alla porta del Side. E il ciarlare sotto la Canguro – la piccola tenda rossa di accoglienza – dove tra una coda al bar e una coda alla biglietteria, sottofondo di cumbia e rintocco dei popcorn, strilloni gestivano le lista d’attesa. Le incursioni fuori orario di un risciò sound system, e il
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muovere le anche autogestito connettendo il proprio telefono ad una cassa qualsiasi. E poi: la BANDA. La bBanda! La Banda dei Galà. Nominatasi sul campo “Sciavavavaivavaj Nigga”, accrocchio di temerarie eccellenze dei vari circhi, poderosa nel groove e generosa ad improvvisare. Equilibrio perfetto e instancabile di sonorità timbri e poliedrico repertorio. E i concerti di Nema Problema, che ha mosso una massa compatta di ballerini, e della Royal Circus Cozza, all’occasione schiusasi ad ospitare più ospiti che titolari. Almeno 60 i tipi di strumenti differenti che hanno vibrato a Città di Circo: dal sitar alla cornamusa, dal kaos pad alla charamella, variando per qualsivoglia strumento a fiato e a corda. Forse solo il bongo escluso. Roba da non crederci, che se mi avessero detto: - “domani nevica” l’avrei trovato più probabile!
di Rose Opdenhoff
roseopdenhoff@gmail.com Un piccolo episodio: mentre nel tendone del Magda Clan é in corso uno degli ultimi galà qualcuno segnala un black-out in una parte dell’accampamento. Nel tendone mensa l’indagine porta alla seguente causa: una mensola di un frigo ha ceduto al peso della scorta di birra, il suo crollo fa cadere le bottiglie che aprono lo sportello e il getto di succo di luppolo gorgoglia in una ciabatta elettrica dove produce un corto circuito che fa scattare l’interruttore della linea 1. Nel tendone del Magda Clan, mentre è in corso lo spettacolo, nessuno si è accorto di niente. Un caso fortunato? La Città di Circo, come ogni struttura urbana, è stata allestita da un’infrastruttura basica e funzionale con tutto il materiale delle compagnie unito al materiale noleggiato - intessuta da cavi elettrici e tubi. Tubi che distribuiscono l’acqua nell’accampamento, nella cucina…tubi connettono il container dei bagni alla fognatura e cavi che connettono i tendoni tra loro, e all’interno di ognuno di loro altri circuiti interni tra dimmer, casse, luci: migliaia di metri di cavi che conducono la corrente a spasso per la città, dai quadri dell’Enel e dall’insaziabile generatore fino all’accampamento. I tendoni creano luoghi da cui la luce naturale è esclusa e dove il suono spesso è amplificato. Sia all’illuminazione sia al suono va attribuito un proprio ruolo, diretto dalle compagnie ed eseguito da noi tecnici. Nel migliore dei casi il nostro lavoro non é percepito come assenza di problemi ma come elemento portante che sostiene solidamente lo spettacolo. L’intesa tra tecnici ed artisti si basa su fiducia e rispetto con lo scopo comune di produrre un’opera artistica e questa deve essere protetta da eventuali incidenti – a volte imprevedibili – come quello del crollo nel frigo. La consapevolezza di tutti i collegamenti e carichi ed anche la precisione nella progettazione sono requisiti per uno svolgimento senza difficoltà. Nella Città di Circo questo è stato possibile grazie a un’ottima collaborazione fra noi tecnici. Ognuno poteva dedicare abbastanza tempo alla propria compagnia e quelle ospiti perché si è potuto riporre fiducia nella professionalità del lavoro e nelle responsabilità di ciascun tecnico.
CIRCO, LETTER ATUR A E TOTALITÀ ATTR AVER SO CORPI C HE SUONAN O CORPI CHE SUONANO
Alessandro Fambrini Professore di letteratura, Università di Pisa
di Paolo Apolito Professore Antropologia, Università Roma Tre
Arrivano dal medioevo e da tempi ancora più antichi: “duellanti, forzuti e lottatori, buffoni e mimi, e poi equilibristi, burattinai, domatori di animali ammaestrati, orsi, scimmie, cani, serpenti, giocolieri di ogni sorta, maghi, indovini e ciarlatani, danzatrici e prostitute” (Günter Bose und Erich Brinkmann, Circus: Geschichte und Ästhetik einer niederen Kunst). Sono loro alle radici del circo moderno, che si forma intorno alla fine del ‘700, dapprima in Inghilterra, poi in Francia e in tutta Europa. L’uomo nuovo dell’Illuminismo si salda all’uomo antico delle fiere di paese, del carnevale, delle corti. All’inizio dell’Ottocento gli elementi che concorreranno di lì a poco a creare la peculiare atmosfera del circo, ancora non pienamente assestato come forma spettacolare propria, iniziano a definirsi come soggetto di autonoma articolazione artistica, i personaggi che animano le rappresentazioni equestri assumono una valenza specifica che, nel grande quadro dell’esistenza, li fa attori legati al doppio filo che congiunge degradazione e miseria all’incanto e al mistero di una vita svolta sui margini dell’ineffabile, dell’impossibile. Scrive Starobinski (Ritratto dell’artista da saltimbanco) che fino all’età romantica la letteratura conobbe “l’eroe-buffone soltanto sotto forma di un essere immaginario addobbato con i panni di Yorick”, che “fa capriole in uno spazio irreale, attorniato da cortigiani in giustacuore e gorgiera”, cui “nessuno corrisponde nel mondo che lo circonda”. Quello spazio inizia ora poco a poco a farsi reale, a popolarsi di corpi e non più di fantasmi: corpi addestrati in cui si delinea il carattere di un’epoca nuova. Il circo si fa così luogo di coincidenza tra gli estremi dell’anarchia e dell’ordine, l’unico luogo, forse, in cui tali estremi potessero coesistere, e come tale la sua marginalità diventa un possibile specchio di totalità, di una totalità che sembrava ancora attingibile. E la letteratura ne porta le tracce, da Goethe a Dickens, da Hoffmann a Goncourt, da Frank Wedekind a Zola e su su fino al ‘900, da Kafka a Ray Bradbury ad Angela Carter, in un carosello che restituisce con le parole il fascino di un mondo fatto di gesti e di emozioni.
Il silenzio dei prati, degli alberi, dei sentieri sembra abbandono, di sera. La nebbia che scende sul parco, fa sentire come una periferia dell’anima. Si cammina a lungo, chiedendosi se ci si è smarriti, si è sbagliato luogo, indirizzo. O forse ingresso, dall’altra parte. Poi uno squarcio tra gli alberi, un’improvvisa animazione, roulotte, chapiteau, piazzole coperte di stuoie, assi di legno per scampare alle pozzanghere della pioggia. Giovanotti e giovanotte escono ed entrano nei tendoni, scompaiono, ricompaiono con sedie, teloni, attrezzi. Voci si rincorrono, un bambino scarrozzato da un papà ride alla bambina affianco, un uomo altissimo trasporta sulla testa un pannello, si ferma a metà del percorso, poi riparte. Sembra già lo spettacolo. È qua, la Città di Circo è qua. Nel parco di Villa Angeletti, a Bologna. I parchi abbandonati all’abitudine, smarriti, rischiano il degrado, i palazzoni intorno li guardano distratti. Per far vivere un parco non basta il parco, occorrono le vite. Degli uomini, delle donne, dei bambini, degli animali di casa. Occorrono le speranze di umanità. Novanta e forse più circensi, nelle loro roulotte, nei loro chapiteau, con i loro giochi, le loro tecniche, e musiche, e numeri, e
spettacoli hanno portato la vita nel parco. Per quasi un mese hanno portato la vita. Una vita speciale la loro, coltivata nell’utopia di umanità che nel gioco, nella fantasia, nella scommessa del superamento dei propri limiti - ma anche dei limiti della gravità terrestre e dei confini del singolo corpo e della differenza dei sessi e delle religioni e delle etnie - in questa utopia parla agli spettatori e, “credeteci”, dice loro. Io li ho visti all’opera e dapprima non potevo crederci. Prendi dei circhi, di quelli senza animali, fatti di corpi che suonano e strumenti che respirano, portali dentro una periferia in abbandono, o anche nel centro stesso di una città, e allora la vedi, l’umanità che rifiorisce; le vedi, le vite che tornano a vivere ridendo, lo vedi davvero che il re è nudo se non si riveste dell’umanità che ha abbandonato.
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CIRCO, LETTERATURA E TOTALITÀ
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NON DITECI SCAPPATE! PERCHÈ È UN COUP DE (SERVE UN FRANCESE PER DIRLO?) Jean-Michel Guy. autore, regista, sociologo È difficile, per me, riassumere nel restringente spazio di questo articolo lo shock d’emozioni e di riflessioni che mi hanno causato i tre giorni trascorsi a Città di Circo a Bologna, città magnifica, situazione magnifica, gente magnifica. Dovrò dunque essere veloce e schietto. Per cominciare, due dichiarazioni d’amore e una critica spietata. Se rimane tempo, un embrione di riflessione sul circo in Italia. Quello che mi è enormemente piaciuto è stato Juri the Cosmonaut, spettacolo improbabile, straordinario, intelligente e poetico. Non c’è nessuna possibilità che io possa vedere una cosa del genere in Francia, e Bologna me lo ha offerto. Evidentemente non smetto di parlarne in giro. Così come non finiscono i miei elogi per Ah! com’è bello l’uomo della compagnia Zenhir, non meno sconosciuta in Francia e che merita di girare ben aldilà delle Alpi. C’è troppo poco da dire: è uno spettacolo importante, non per il suo virtuosismo drammaturgico impeccabile, ma per la sua perspicacia politica, che manca a tanti spettacoli francesi. Eh ! ? due spettacoli di circo contemporaneo italiani molto forti, in due giorni, che si può voler di più? Le altre proposte artistiche che ho visto erano degli interessanti “work in progress”, vedremo. Per quanto riguarda ciò che non mi é piaciuto, ma proprio no: lo stato miserevole dei bagni al parco di questa specie di festival. Non è cosa da poco. Delle compagnie francesi, organizzatrici di festival, hanno ormai messo a punto un sistema di bagni secchi, che fanno scuola dappertutto in Francia - gli italiani ne sarebbero per ragioni culturali fermamente ostili? Lo stato dei bagni è sintomatico: non di un disinteresse da parte degli artisti per queste “basse” cose (essi sono coscienti del problema e non possono esserne fieri) ma della precarietà economica della loro iniziativa. Io trovo che sia più che ammirabile cosa è successo a Bologna: piantare uno splendido villaggio di chapiteau nel pieno cuore (o quasi) di una grande città, riunire com-
pagnie dalle estetiche ben distanziate le une dalle altre, promuovere un rapporto con il pubblico centrato sull’audace base della “consapevolezza” (quasi militante, all’avventura: era tutto gratis, persino le bevande, gli spettatori erano liberi di scegliere la loro partecipazione economica). E organizzare delle discussioni sullo stato del circo in Italia.
FOTO DI ELENI ALBAROSA
SCAPPATE!
COUP DE CIRQUE
IL LABORATORIO ANARCHICO di Alessandro Serena Professore di Storia del circo e del teatro di strada, Università Statale Milano Direttore scientifico di Open Circus
www.opencircus.it Cos’è il Circo? Dopo esserci nato, esserne stato allontanato quasi a forza, esserci tornato ad ogni costo, averlo frequentato, studiato e insegnato all’università, dopo mezzo secolo di lacrime e sangue, ancora non l’ho capito. E la conferma di tutto ciò l’ho avuta con Bologna Città di Circo. L’ennesima sorpresa, l’ennesimo coup de cirque. Una nuova invenzione, una nuova metamorfosi, organica, senza architetti, come avviene quasi solo in natura. Più o meno attorno all’anno 2000 ero già stato messo di fronte al senso di un cambiamento profondo. Si trattava di riflessioni scaturite in seno alla più importante istituzione culturale italiana, La Biennale di Venezia (direzione Corsetti-Quaglia). Con l’attenzione meticolosa che Gigi Cristoforetti aveva incanalato nella sua Festa del Circo di Brescia e che Ales-
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sandra Galante Garrone aveva sviluppato nei corsi della Scuola di Teatro, proprio a Bologna. Era stato un triennio di convegni, tavole rotonde, workshop, persino creazioni notevoli alle quali avevo partecipato attivamente e con entusiasmo accanto ad artisti come Marcello Chiarenza e gli amici della Pantakin. Di fatto all’epoca alcuni importanti operatori si erano accorti che all’estero il circo stava evolvendo e avevano cercato di importarne i cambiamenti anche da noi. Nascevano festival, dibattiti, si attirava l’attenzione generosa della critica teatrale “ufficiale”. Ma si parlava di qualcosa che da noi non esisteva. Un po’ come sperare che fatta l’Italia potessero poi arrivare gli italiani. Un po’ come allestire un laboratorio e lavorare sulle provette. Ora gli italiani ci sono, eccome. È fiorito un movimento imprevedibile e non omogeneo, con stili e modalità estetiche e produttive differenti (anche se con molti punti in comune) che comincia a far parlare di sé in patria e all’estero. Ed è interessante ricordare che già nell’Ottocento i nostri connazionali avevano esportato il circo ovunque nel mondo. Il loro successo era avvenuto anche allora in situazioni del tutto particolari; non perché tutti i nostri circensi fossero all’epoca delle stelle richiestissime ma, al contrario, perché la situazione di miseria in cui versavano nel nostro Paese acrobati, ballerini, attori e musicisti era tale da avere innescato in essi una reazione fisiologica che aveva permesso il formarsi di alcuni “anticorpi” del mestiere: l’allargamento del repertorio, la contaminazione fra generi e l’accentuazione del nomadismo; unico modo di trovare nuove piazze e nuovi mercati e di sfuggire così alla fame. D’altronde già dai tempi della Commedia dell’Arte gli artisti italiani avevano sviluppato l’abitudine del piacere e la capacità di trovare consensi; non deve perciò stupire che alcuni di essi finirono per sfruttare queste doti anche nell’impresariato. I Franconi, i Priami, i Pierantoni e i Giotti si distinsero in Francia, i Sidoli in Romania, i Chiarini un po’ ovunque; in Russia si affermarono soprattutto Alessandro Guerra e i Ciniselli. È curioso constatare che, con l’eccezione dei Chiarini (saltimbanchi da generazioni), in pratica tutti gli eroi mitologici del circo italiano del XIX secolo non erano figli d’arte, anche se poi in alcuni casi diedero origine a importanti dinastie. Si trattava spesso, invece, di persone che provenivano da realtà diverse, tutte ad un certo punto
CIRQUE, IN FONDO IL L ABORATORIO ANARCHICO La loro chiara intenzione era di concludere le rispettive tournée con un evento festivo collettivo, non di fare un festival. Ma è stato in pratica, l’invenzione di un festival, e io non li incoraggerei mai abbastanza a “preservare il loro essere” (come Spinoza definiva il desiderio) e io spero che ci sarà una seconda edizione (con dei bagni di lusso, ovviamente, e con svi-
conquistate dal raptus del circo, dell’arte, del viaggio e in qualche modo “costrette” ad unire le istanze artistiche a quelle dell’impresa. Con le dovute proporzioni e differenze, sembra che oggi stia succedendo qualcosa di simile. Un folto gruppo di giovani provenienti da mondi del tutto diversi si innamora del circo, o di un’idea di esso, e finisce per dedicargli la vita inventando nuove modalità estetiche, aziendali e quindi antropologiche. Non sembra che il circo contemporaneo italiano visto a Bologna si sia definito in contrapposizione a quello classico. Non si tratta, appunto, di un lavoro a tavolino o da laboratorio. Pare piuttosto una fioritura di stili diversi in qualche modo ispirati proprio ad alcuni sensi del classico. Che siano quello di appartenenza ad una tribù itinerante, quello di trasgressione anche sociale (che comunque continua ad appartenere anche al classico), quello, ovviamente, di utilizzo di tecniche specifiche dello straordinario. Le modalità produttive sono molteplici ma fra le tante colpisce quella adottata a Bologna Città di Circo: l’offerta libera e consapevole. Si tratta di un format di impresa che ha del rivo-
luppi a tutte le buone idee sperimentali che hanno avuto). Circo in Italia? Sinceramente, ho avuto l’impressione di tornare 40 anni indietro nella mia esperienza in Francia. Il dolce clima italiano invita alla presentazione del circo più “in strada” che in teatro o sotto tenda. Ma la strada, oggi, è più una necessità che una scelta. E finché i teatri italiani resteranno ermeticamente chiusi al circo di creazione, allora si, lo chapiteau sarà la via di libertà. Ma quanto è cara! Il suo prezzo estetico è una dipendenza troppo grande a riguardo del supposto gusto del pubblico o delle sue ansie culturali, il suo prezzo politico è la compiacenza della “marginalità per la marginalità” (poichè nessuno ama il fango per il fango) e il prezzo morale è lo stato dei bagni. Il prezzo globale, tradotto in soldoni, cioè in euro, ostacola lo sviluppo del circo di creazione in Italia, che dispone, ciononostante, di tutti i talenti (anche se - o perché - il 70% degli artisti italiani, diaspora formidabile, lavora fuori dalla penisola). Insomma, io ho applaudito e pianto allo stesso tempo: in fin dei conti io mi auguro una politica italiana di circo d’arte d’attacco, basata su un dialogo franco, non falso, trasparente, democratico, iperrealista (verso il potere pubblico, i cittadini, i teatri… etc). La prospettiva elettorale in Italia mi fa paura: ho voglia di dire agli artisti di circo italiano, così immaginativi e così padroni delle loro tecniche, scappate! La vostra terra non è l’Italia ma il mondo. Ma sarà davvero un peccato per tutti gli italiani e non che vivono nello stivale, o no? Si, è necessario che ci sia un circo di creazione pure in Italia! Aspettate, sembra un sogno, un paese di 60 milioni di abitanti, un paese conosciuto nel mondo intero come la culla dell’arte, il paese dell’eleganza e di pensatori politici fuori dal comune! Ma si, il circo dei giovani italiani è all’altezza di questa reputazione e aggiungo che essi la onorano. Serve un francese per dirlo? Ma che aspetta il Potere a esprimersi pienamente e considerare, capire anzi amare, con il fango o senza il fango, questa avant-garde popolare che io ho visto brillare a Bologna?
luzionario. Raccoglie una consuetudine dell’arte di strada e la porta sotto al tendone. Gli spettatori pagano solo se lo desiderano, quanto desiderano e solo al termine dello spettacolo. Inoltre, in genere, i componenti della compagnia si dividono l’incasso in parti pattuite in precedenza. Un po’ come avveniva sulle baleniere ai tempi di Melville e del Capitano Achab, ma con percentuali persino più democratiche. Questa è un’altra grande innovazione del contemporaneo italiano. Una sorta di democratizzazione della tribù itinerante, che esisteva già, è vero, nelle piccole famiglie di viaggianti, ma di solito si perdeva non appena l’azienda diventava un tantino più grande. Altra innovazione paradossale è quella di tornare a mettere lo chapiteau al centro dell’itineranza e contemporaneamente, con un salto mortale tipico per il genere, cercare di riconquistare anche il centro della città, non senza fatica. Ed ecco che diventa interessante il punto di vista dei fruitori, degli spettatori. Per un attimo pensiamo quindi al circo come a un prodotto (seppur culturale). Riassumiamo: il circo contemporaneo continua ad essere presentato sotto chapiteau ma è più facile che esso sorga in zone centrali, che non sia necessario prendere automobile o mezzi e spostarsi di chilometri. Conferma come essenziale lo stupore, sia nella tecnica che nella creazione. Si propone con metodi di pagamento differenti. Queste nuove soluzioni vivono nella continuità con la tradizione. Curiose fusioni che generano di fatto un genere nuovo con sfumature di antico. Di sicuro c’è che le discipline dello straordinario che 250 anni fa sono convenute nella pista rotonda del circo moderno di Philip Astley (a proposito… auguri!) sono antiche di migliaia di anni. Nel corso delle epoche hanno affrontato difficoltà e persino ostilità di ogni tipo. Sono state censurate, proibite, messe al bando. Ma sempre, sempre, hanno trovato il modo di tornare ad affacciarsi alla ribalta tanta è la loro energia creativa. Con nuovi formati, nuove istanze, ma la caratteristica eterna dello stupore. 1 Cfr. anche Meldolesi Claudio, “La miseria e il palazzo degli spettacoli”, in Meldolesi e Taviani, Teatro e spettacolo nel primo Ottocento, Laterza, Roma-Bari, 1991.
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È LA FESTA NOSTRA, CAPACE DI PARTORIRE N
LA FESTA. NEL MOVIMENTO LA GIOIA
IL PUBBLICO AL DI FUORI DELLO SPETTACOLO E LA FESTA/BAR COME TERAPIA DI GRUPPO PER GLI ARTISTI A FINE GIORNATA di Edoardo Demontis
dodoliere@gmail.com
FOTO DI ELENI ALBAROSA
“Ma come offerta libera?… anche al bar?… ma voi siete matti davvero!” Ebbene sì, l’offerta libera e consapevole, assunta e digerita dalla maggior parte del pubblico di Bologna, continua ad essere fonte di gioco e risate per chi, al momento di pagare, viene colto da amnesia fulminante dimenticando così il normale costo di una birra o di un amaro nella vita di tutti i giorni. Forse proprio perché il bar della Città di Circo non è il bar di tutti i giorni o perché se paghi di più va bene così e se paghi di meno… va bene lo stesso, forse perché non capita spesso di essere servito dall’acrobata che hai applaudito il giorno prima o di brindare con il musicista che, già pronto per lo spettacolo, passa dal bar a “dare un saluto” prima dell’apertura tendone. Tutto ciò, da pubblico, ti confonde la prima volta, ma ti conquista e ti fa sentire a casa già dalla seconda. Risultato? Dopo la prima settimana iniziamo a riconoscere le persone che tornano a trovarci e ridiamo della nonchalance con cui presentano il circo ai nuovi arrivati, come se ne facessero parte un po’ anche loro. Abbiamo assistito a veri e propri fenomeni di svestizione dal ruolo di pubblico da parte di svariate persone che, preso uno strumento, si univano all’orchestra improvvisata a lato del bar o che, riportandoci decine di bicchieri dimenticati in giro per il parco, si eleggevano camerieri di un bar senza tavolini. “Ma questo ragazzo… chi è?” – “Ah non è amico tuo? Non è entrato a nessun spettacolo perché non aveva prenotato, ma sta dando una mano al bar da qualche ora!” – come se le due cose avessero una conseguenza logica!
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Gli esempi sono tanti e poco lo spazio per parlarne, ma resta il fatto che in tre settimane di Città di Circo abbiamo vissuto una vera festa anche al di fuori degli spettacoli. Oltre ai due super concerti previsti e organizzati, che meritano un articolo a parte, sono state tante le occasioni di chiacchiera, musica e balli insieme a chi rimaneva fuori dagli spettacoli sold out o a chi si fermava a parlare dello spettacolo appena visto e poteva farlo con i diretti interessati, gli artisti, dando degli immediati e utili feedback in un contesto informale e rilassato. Difatti “L’incontro con il pubblico”, tornato in voga nei circuiti teatrali, che spesso vede gli attori post spettacolo seduti in riga sul palco ancora illuminati da luci di scena e il pubblico a fare domande mirate e ordinate, da noi è avvenuto nel modo più naturale e diretto possibile: al bar. C’è chi in questo senso ha parlato di “terapia di gruppo per artisti” che dopo conferenze, corsi di aggiornamento, turni di pulizie, allenamenti, accoglienza pubblico, pop-corn e spettacoli, si ritrovavano insieme, come in un rito, a parlare dell’ennesima giornata di imprevisti appena conclusa. Potere del vin brulè? Forse, ma non solo! Crediamo fortemente che una festa così educata sia stata possibile soprattutto perché la maggior parte del pubblico, senza il quale oggi staremmo parlando di una riunione tra amici a Bologna, ha capito da subito lo spirito della “Città”, il rispetto per i tendoni e per il parco e ha così partecipato attivamente a un Progetto e non a una festa qualsiasi, come se fosse nell’aria la sensazione di unicità dell’evento e la fortuna dell’averne fatto parte.
GALÀ: LA BATTAGLIA FINALE di Andrea Bettaglio
FOTO DI STEFANO SCHEDA
NEL MOVIMENTO LA GIOIA DI UN GRANDE GALÀ
bettaglioandrea75@gmail.com
Come meteore scagliate nell’iperspazio. 60 teste ed altrettanti corpi sognanti di artisti, tecnici e musicisti. Una pioggia di meteoriti. Uno sciame creativo che si fonde e confonde i sensi. Riuscite a sentire i sobbalzi del terreno? La mandria del circo ha valicato il confine della valle. Annego di metafore banali. Ma come descrivere l’epopea di montare un doppio cabaret con 20 e passa numeri in 24 ore? Quale sarà il contenitore? L’idea era di andare oltre l’inaugurazione di Città di Circo dell’anno scorso, due sindaci ed un doppio comizio a parodiare la politica dei Comuni mortali. E quest’anno? Guardiamo lontano. Pensiamo ad una colonizzazione della città, della provincia e perchè no, col tempo, del mondo intero. Pianeta di circo. Le armi le abbiamo, l’esercito pure, la fede da brandire è presto inventata. Si tratta di esportare il gioco come modello di vita.
Chi guiderà i coloni? tre present-attori, un Sindacor, un alto prelato e un galoppino, metà portaborse e metà chierichetto. Dai tendoni si fondono le forze. Il campo di battaglia prescelto è il tendone Magdaclan, il più capiente, che in un attimo diventa la casa di tutti. Facciamo due scalette di numeri più o meno complementari, in modo tale da usare la stessa struttura per due cabaret, appena sufficienti a contenerci tutti. Corda aerea, ruota tedesca, corda molle, palo cinese, nelle tende italiane troviamo tutto l’alfabeto circense. si compone il collettivo portes, i più grossi, quelli che spostano pesi, che lanciano le persone, che le fanno volare. A loro il compito di comporre la battaglia finale tra i poteri forti, e la grottesca banda dei “bulgari”, per fare le scene madri che verranno usate in entrambi i cabaret. Tutto viene montato nel giro di poche ore, nonostante sia la prima volta che i ragazzi lavorano insieme. Ci dividiamo in due squadre, da un lato gli elettori del sindacor e dall’altro i fedeli di padre Mazza. Ci immaginiamo due cortei, uno dentro l’altro, un’inizio epico per poi poter sporcare tutto con più slancio. Con i figuranti raggiungiamo i numeri di un colossal. Si raccolgono i musicisti dai vari collettivi, mettiamo su una band eclettica ed esplosiva. Due pianisti, fiati e batterie elettroniche, polistrumentisti che moltiplicano il ventaglio di colori a disposizione. Con la scaletta in mano lottano contro il tempo per mettere insieme 10-15 pezzi dai repertori che possano far brillare i numeri. Le ore divorano la giornata, nel frattempo a Città di Circo ci sono corsi di formazione e seminari tematici e turni di servizio che ci obbligano all’ubiquità multipla. ci troviamo a pochi passi dal debutto. C’è chi si riscalda e si allunga, chi adatta i propri numeri clavati alla durata ridotta che gli è stata commissionata. i tecnici dei vari tendoni arrampicati alle scale che si urlano tra loro indicazioni ed appendono fari e trovano un lessico comune fatto di gesti e imprecazioni, i bambini che giocano in mezzo alla pista, in barba a tutte le leggi sulla sicurezza sul lavoro, i tre presentatori che si inseguono per scambiarsi idee dell’ultimo minuto sulle varie entrate e pur venendo da universi artistici lontani, bastano poche parole ed un cenno d’assenso per comprendersi e divertirsi. Siamo creatori di mandala. Siamo artefici di un grande gioco intriso d’urgenza e immediatezza in cui ci si può lasciare andare perchè qualcuno ci raccoglierà prima di toccare il suolo. È un corpo unico quello che prende forma.L’urlo che emana dal grande cerchio è una sola voce che vuol farsi sentire, che ha qualcosa da dire, che vuol mostrare che si può creare insieme, perchè è l’unica grande ricchezza che ci rimane. Senza prenderci troppo sul serio però, perchè noi partiamo ed a voi che guardate restano le vostre vite, la vostra città. Riprendetevela! Ora possiamo soffiare sulla sabbia.
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C O N
G L I
A L T R I
M E M B R I
CIRCO PATUF di Fede Scotch
www.circopatuf.com
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F O R U M
C H E
A Città di Circo siamo andati in due a rappresentare il Circo Patuf. Quando siamo arrivati abbiamo capito subito che ci stavamo perdendo qualcosa di epico a non essere lì con tutta la baracca. È stata una grande festa, un grande momento di scambio e crescita per gli artisti, un esperienza di fertilizzazione incrociata tra le parti in gioco, un luogo dove sono nati legami, idee, progetti e sogni. Città di Circo è stata la celebrazione di una rivoluzione in atto, il risultato e il punto di partenza di un lavoro sulla realtà del circo contemporaneo in Italia; una realtà in piena crescita sulla quale dobbiamo continuare a lavorare. Come Circo Patuf ci sentiamo parte di questa rivoluzione e ci auguriamo di montare il nostro chapiteau nelle future Città di Circo. Speriamo che un giorno i circhi contemporanei diventino un appuntamento fisso in tutta la penisola, seminando meraviglia, allegria e curiosità. Aspettando la prossima Città di Circo continuiamo a vivere il circo come la nostra vita e la nostra vita come il circo. Viva il circo. Viva Città di Circo.
ARTEREGO di Pietro Morea
www.arterego.org
FOTO DI STEFANO SCHEDA
Siamo il Circo Patuf, una compagnia italo-argentina nata nel 2010. Abbiamo montato il nostro chapiteau in diverse città italiane e perfino alle Canarie. In questi anni abbiamo creato e proposto al pubblico 6 spettacoli con la collaborazione di circa 100 artisti. La nostra ultima avventura, nel 2017, con lo spettacolo di circo-teatro “In Alto Mare” ha girato 10 piazze in 4 mesi. La filosofia che spinge il nostro circo ad andare avanti è l’inseguimento di quel sogno, di quella fiamma vitale che ci vuole liberi di esprimerci nelle nostre diversità, di portare il sorriso nel mondo. Di farlo attraverso spettacoli che raccontino le nostre storie e che lascino un messaggio, magari velato e quasi nascosto dalla comicità, ma presente. Abbiamo sempre cercato di coinvolgere più artisti possibile, cambiando spettacolo e “compagnia” quasi ogni anno, e così la famiglia Patuf ora ha molti integranti sparsi fra Europa e America Latina. Artisticamente stiamo ricercando di amalgamare quelle che sono le nostre esperienze di artisti di strada o di circo con altre discipline come il teatro, la danza, il canto , la magia, la musica, il cinema; tessendo legami e collaborazioni con chi di domina queste discipline. Il nostro prodotto artistico è il risultato di sperimentazioni, discussioni, fantasie, utopie e sentimenti; un work in progress che non finisce mai di evolversi, replica dopo replica. Nelle ultime stagioni stiamo dando un tono sociale alle nostre rappresentazioni cercando di sfiorare temi che ci toccano, come l’immigrazione e i conflitti. Per noi fare parte del Forum dei Nuovi Circi significa soprattutto poterci confrontare con chi ha fatto la nostra stessa scelta di vita. In secondo luogo siamo convinti che bisognava unirsi per poter avere più forza e voce a tutti i livelli, burocratico, amministrativo, e di diffusione di questa nuova cultura del circo.
D E L
ArterEgo è un’associazione culturale di promozione del circo e delle arti performative in genere, nata a Bologna nel 2005. Un’associazione attenta agli importanti sviluppi che il mondo del circo contemporaneo in Italia sta registrando. Città di Circo è stata a nostro avviso un modo interessante e dinamico per poter sintetizzare e dimostrare cosa sta accadendo nel nostro paese nel campo dell’altra cultura. Artisti e compagnie riunite in un luogo comune per dare spettacolo e offrire allo stesso tempo momenti di incontro e scambio culturale e di pensiero. Un modo diverso ed innovativo per dare e creare uno spazio ad un movimento che sta prendendo piede e forma in quest’ultimo decennio in Italia. Sono stati creati e portati a termine con impegno e serietà diversi corsi di formazione inerenti al nostro campo d’azione, e non di minor importanza l’organizzazione di incontri e dibattiti con esponenti europei di realtà già formate ed affermate da tempo. Anche se quest’anno la nostra associazione non è stata presente fisicamente con il tendone all’interno di Città di Circo si considera comunque tra i partner promotori e collaborativi di questa bella iniziativa, anche per gli anni avvenire.
H A N N O
P A R T E C I P A T O
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T U T T O
Q U E S T O
Città di Circo è stata voluta ed organizzata dai circhi Paniko, Side, Magda Clan e L’Iglù; altri membri del Forum Nuovi Circhi hanno contribuito alla realizzazione o partecipato attivamente ai corsi e alle attività del festival. Nelle prossime edizioni Città di Circo è destinata a crescere, in sintonia con tutto il movimento, e potrà certamente avvalersi di altre sincere collaborazioni.
CIRCO KROM FOTO DI ELENI ALBAROSA
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CIRCO ZOÉ ON BOARD di Simone Benedetti
www.circozoe.com La telefonata di Giacomo, i primi incontri anni fa con qualcuno, le chiacchiere con Salvo e altro Ancora… Circo Zoé vive grazie ad un obiettivo comune: la ricerca di un qualcosa di cui nessuno parla, di cui nessuno può garantirne l’esistenza; l’importante è che questo mantenga nell’equipe l’urgenza di una ricerca dinamica. Forse nessuno sa, ma di certo nessuno chiede, chiedere potrebbe installare il dubbio e il dubbio è il perenne nemico dell’acrobata. Il senso delle cose nasce dal sentire se una Determinata situazione può o meno essere favorevole ad un incontro, ad una collaborazione. La conoscenza passa attraverso l’esperienza dei vissuti collettivi e singoli ma prima ancora c’è il filtro del feeling. Ognuno ha delle sensibilità particolari per cui quando una cosa non si sente «non s’ha da fare, né domani né mai» ed al contrario quando una cosa si sente… senza troppe spiegazioni, la fiducia reciproca nelle sensibilità di ognuno porta a uno scambio perenne sulle linee guida della compagnia. La fiducia è la base di tutto, e ciò porta sempre verso un dialogo costruttivo, ma la fiducia deve anche essere incrementata con la ragione. Tutto questo per dire che quando ci è stato illustrato il progetto di Citta di Circo, chiedendoci se fossimo interessati, mi sono preso la responsabilità di verificare se questa fosse un’avventura per Circo Zoé, ed il mio mese di pausa dalle tournée l’ho trascorso a Bologna. Fino ad ora raramente il fiuto ci ha tradito e, come avrei giurato, torno sul vascello con buone nuove, nuove tematiche da sviluppare insieme, una ricchezza umana che è alla base di ciò che creiamo; con la sensazione e sicurezza che Zoè possa integrare questo percorso, che potrà dare un contributo valido al progetto e che lo scambio possa essere costruttivo. Coscienti che non si tratta solamente delle 3 settimane di spettacoli e di deliri organizzati, ma che c’è molto di più e tutto ciò è solo la punto dell’iceberg… Citta di Circo 2018, here we go!
di Ojito
www.circokrom.eu Circo Krom è un circo contemporaneo che ha scelto di vivere lo spettacolo della vita. Il nostro chapiteau è il luogo dove ci esibiamo e dove creiamo laboratori di circo , teatro etc… Per dare a tutti la possibilità di ‘tirare fuori’ la propria espressività artistica. Citta di Circo è stata la dimostrazione che tutto è possibile e si può fare se c’è unione e collaborazione. Per questo, riteniamo il progetto Città di Circo un traguardo non solo a livello artistico, ma anche a livello sociale. É una proposta romantica da un lato e provocatoria dall’altro nei confronti di una società disorientata. Avendo vissuto l’esperienza da vicino, ma non in prima linea, abbiamo respirato un’aria di accoglienza e possibilità di collaborare in futuro proponendoci per la prossima Città di Circo come spazio scuola, spazio per libero allenamento, offrendo inoltre disponibilità al progetto per ogni sua esigenza! Il progetto ha una potenzialità enorme che va oltre la nostra immaginazione e questo ce lo ha fatto capire l’antropologo Apolito… un argomento interessante da approfondire tutti insieme.
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HA LE SUE CONSEGUENZE: IL CIRCO È, ANCORA UNA CONSEGUENZE
LE SCELTE RADICALI, IL CORAGGIO, IL FUTURO INEVITABILE. IL VORTICE E L’ELASTICITÀ. Di Salvatore Frasca
turi.fraska@gmail.com
Il rischio e il suo risvolto cioè il coraggio sono l’essenza del circo. Se i rischi fossero dovuti restare solo nella pista i nostri circhi avrebbero fatto bene a continuare la tradizione dei lustrini. Ma nel circo contemporaneo il rischio della pista si estende a quello dei suoi nuovi contenuti, al suo fragile percorso di auto-sostentamento e al tentativo di riconoscimento.
FOTO DI ALBERTO BERTOCCHI
Il coraggio: certi piccoli fastidi come frequenze notturne o schianti di mazze su picchetti segnano la realtà di un fare sconosciuto. Nelle roulottes alla notte studiano Chopin, in Le scelte radicali: scegliere l'arte, scegliere di fare circo, accettare i rischi, mettere tutto quello appoggio sulla tavola della bascula un acroche hai per costruire un circo, trovare soldi per farlo, chiedere la fiducia di amici e colleghi, metbata è pronto per spararsi nell'aria, montano tersi a girare su se stessi e intorno agli altri, spellarsi le mani, il collo, i piedi e il cervello. Riuscire un tendone sotto la neve per accogliere il puba vivere del proprio sogno, riuscire ad avere un pubblico, andare avanti, sempre e comunque. blico, i circensi fanno sul serio. Ogni loro gesto Creare una propria poetica, una è una promessa, fiera. Una “Without deviation (from the norm), ‘progress’ is not possible.“ Frank Zappa propria libertà, un proprio stato, passione che consacra note una propria arte. Incontrare altri antiche che vanno ancora con nuovi circhi sulla strada, trovarli belli, unirsi a loro nella missione, trovare un pubblico ancora precisione diffuse, una tensione che si trapiù grande. Unire le forze, studiare i modelli pre-esistenti, puntare sempre di più ad una utopica sforma in avvitamento, una responsabilità qualità. Distanziarsi dallo spettacolo commerciale, fuggire i giudizi televisivi. Difendere la dienorme che diventa spettacolo. gnità della professione. Non trattare la propria libertà espressiva. Coinvolgere il pubblico cioè i Qualche passante mentre si spianta a Bologna cittadini. Andare avanti a testa alta, e bassa a volte. Trovare il cammino. Ridere. Ridere di sè, ci chiede “Quando tornate?”. Ehehe... Fa piacere degli altri, ridersi addosso. Non sperare, ma fare. Imparare ancora un'altra lingua dei popoli o rispondere: “Presto”. delle arti. Andare verso dove ci pare a tutti i costi. Se la porta è chiusa saltare il cancello, oppure scavare un tunnel, bucare il muro se necessario costruire un raggio laser. Non tradire mai se Bologna quindi Italia, questo è solo l'inizio. stessi né il pubblico. Mai. Scrivere queste cose su questa pubblicazione... e crederci. Promesso: Verremo a parlare con chi ha in ostaggio gli spazi pubblici e faremo insieme capriole. Verremo al centro delle vostre città, vi daremo l'anima. Cambieremo volto a i vostri parchi abbandonati, alle vostre serate davanti la spazzatura televisiva. Vi porteremo in un nuovo locale/teatro/bar ma proprio sotto casa vostra. Vi metteremo in contatto, faremo in modo che parliate con noi e tra di voi. Cambieremo le leggi e le mentalità perché abbiamo un fascino smodato per l'impossibile e non abbiamo paura di giacchine, di cravattini, ne di uniformissime. Ne di tunichette. Come facciamo ogni sera in pista, con tanta passione e rischiando la pelle sposteremo il limite di quello che si può fare. Risponderemo soltanto all'urlo di gioia del pubblico: Il futuro è per tutti inevitabile.
Il vortice: un camion con un rimorchio traccia sulla piazza una grande spirale, l’acrobata in sospensione capillare si avvita come un tornando sotto la cupola, è giroscopico il movimento di biciclette sincronizzate in pista, costante il ribaltamento dei piani, si rincorrono sensazioni, odori in spirali d’emozioni e risate in molte lingue, dall'attorcigliato baffo al più elegante riccio del contrabbasso, come il segno di una chiave di violino è un'avvolgente babilonia che prende vita a partire dai picchetti che perdono dalla testa ricci di metallo mentre su di essi, roteando, tuonano sorde le mazze: il circo è tornato in piazza. É resuscitato! É il funerale della noia, del telecomando, del rimbecillimento globale.
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L’elasticità: si tirano le spalle di un acrobata, si adatta l'impianto del circo al nuovo terreno, si snoda la schiena di una contorsionista, mentre si tendono le corde del violoncello, quelle del trapezio e quelle del circo. Paranchi, funi, cavi d’acciaio entrano in tensione. Appare il non luogo per eccellenza per 'selvaggiamente controcantare' alla sociale overdose video: i corpi volano per davvero, oggetti addomesticati dipingono nell'aria la meraviglia, le mani volano indiavolate sul pianoforte o sul campionatore, celebrando la potente bellezza dell’essere umano, dal vero. Qualcuno a Città di Circo ci ha parlato di “Vortice ed Elasticità”. Circo contemporaneo proprio come nel 1800. Autorevole è l'osservazione: faremo di tutto per portarvi elasticamente dentro il nostro uragano.
VOLTA NELL A STORIA, VORTICE ED EL ASTICITÀ
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