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Finito di stampare il 20 dicembre 2024
In copertina
Illustrazione di Francesca Martello / Fra Martò
Multi, Inter, Trans: culturale o disciplinare che sia, il dibattito sull’interazione dei saperi, delle buone pratiche incontra all’interno dell’universo circense un terreno insieme fertile e accidentato, mai stagnante. In questo numero attraverseremo diversi ambiti, in più punti, suggerendo traiettorie di prossimità e dialogo, un tempo frontiere.
Prima tappa nella Repubblica Ceca, terra dove il circo è cresciuto sul confine tra est e ovest, alla ricerca di una sua nuova identità. L’esplorazione continua in altri quattro paesi, dove le recenti fusioni tra realtà storicamente legate ad una sola “arte” hanno generato interessanti ibridazioni. Arriva il primo inciampo: nell’attraversare eventi di circo deputati all’incontro tra i popoli, l’attuale contesto di guerra tra Russia e Ucraina crea invece muri difficili da abbattere. “La fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà” è la nostra speranza, così affidiamo ai clown, maestri della risata, un ulteriore slancio in avanti. A dare man forte arriva anche il pubblico che, raccogliendo l’invito a spazzar via la quarta parete, si apre a sorprendenti interazioni. Non facciamo soste e, per scongiurare l’aridità figlia di una parcellizzazione ostinata dei saperi, ascoltiamo giovani artisti italiani che stanno destrutturando lo spazio
scenico, trasportandolo tra le onde dell’oceano, nella sospensione in aria, nella convivenza tra mura domestiche.
Si fa sera, abbassiamo le luci in sala, “in verità, non esistono né segreti, né misteri: tutto è magia dell’ombra” . Sarà la moderna shadowgraphy a ribaltare ruoli e prospettive, affascinandoci con un’arte antica quanto il mondo. Altro inciampo in questo viaggio ai confini del circo, per non dimenticare; questa volta legato all’altrettanto straziante conflitto in Medio Oriente, che distrugge luoghi e comunità. Chiudiamo con un annuncio a reti unificate, che apre ad una nuova stagione di Circosfera e AltroCirco.
Mito ideologico, esigenza del contemporaneo, ricerca dell’autenticità, superamento dei dualismi. Qualsiasi sia la destinazione, anche il circo offre nuovi spazi di riflessione per una rinnovata trama di saperi, poteri, discorsi; per trasformare e trascendere gli interstizi di una cultura che abbatta frontiere e confini.
intervista di A.R. a Jiri Turek direttore di Letní Letná
BACKGROUND
La mia carriera da artista comincia tanti anni fa con la danza moderna, il tip tap, il mimo, il teatro non verbale, il teatro del movimento, il teatro danza. Dopo aver diretto il teatro del mimo di Praga e di Branik, dal 1987 al 1992 ho cominciato ad organizzare festival. Una grande ispirazione è stata il festival Mimos a Perigueux, in Francia, nel 1991, un festival che esiste ancora. Ero andato lì con la compagnia di mimo di cui ero parte e pensavo che avrei incontrato solo mimo bianco, come Jean-Gaspard Deburau, i numeri del muro immaginario, della corda e tutto il resto. Rimasi invece sbalordito perché vi trovai un’intera varietà di spettacoli, in strada e a teatro, dove il movimento del corpo regnava sovrano, declinato attraverso il mimo, il clown, il circo, la danza e le marionette.
Al rientro organizzai così un festival di mimo a Kolín, a 50 km da Praga, con una visione più aperta rispetto al mondo delle performing art, con spettacoli di circo, teatro di strada, mimo, invitando anche compagnie che avevo visto al Mimos.
LETNÌ LETNÀ
Il festival Letní Letná arriva invece nel 2004. La prima edizione arrivò perché Daniel Gulko, della compagnia Cahin-Caha, aveva preparato un nuovo spettacolo chiamato Grimm da far girare sotto un grande chapiteau. Ma a Kolin non c’era spazio sufficiente per montarlo. Decisi quindi di portarlo a Praga, all’interno del Parco Letna, con una prima edizione del festival, che aveva in programma lo spettacolo Grimm, con qualche attività per i bambini e musica nel parco. Dopo una settimana il festival continuò a Kolín. Fu un successo e ripetemmo la cosa l’anno successivo. Ma a due anni di distanza a Kolin subentrarono
problemi con la nuova amministrazione comunale. Decisi di trasferire tutto a Praga e di creare un festival con un focus dichiarato sul circo contemporaneo. Alla prima edizione parteciparono circa 6000 persone, e oggi ne arrivano 60.000, mentre per la XX edizione abbiamo toccato le 85.000 presenze, grazie anche ad un grande spettacolo aereo sul fiume. Il festival, della durata di due settimane, programma 5 grandi spettacoli sotto chapiteau ogni sera, molti altri outdoor, anche per bambini e famiglie, concerti e proiezioni di documentari culturali, per un totale di circa 100 compagnie.
Letni Letna è oggi il più grande e più longevo festival di arti performative nella Repubblica Ceca, e negli anni ha ospitato le più note compagnie internazionali di circo contemporaneo. Quest’anno il nutrito programma comprendeva tra gli altri Akoreacro, Surnatural Orchestra & Cirque Inextremiste, Cirque Le Roux, Les Rois Vagabonds, Losers Cirque Company, ed altro ancora. Abbiamo negli anni sicuramente contribuito anche allo sviluppo e alla promozione della scena ceca. Invitiamo compagnie nazionali fin dai loro primi anni di attività, ospitiamo première, aiutiamo con le pubbliche relazioni invitando e facilitando il contatto con produttori, manager, istituzioni e festival di altri paesi.
NON SOLO SPETTACOLI
Siamo anche co-produttori di spettacoli con altre compagnie o festival. Le prime co-produzioni, che ho coordinato personalmente sono state in collaborazione con Circus Cirkör, La Putika, Cahin-Caha and friends. Offriamo un sostegno economi-
foto di Frantise Kortmann
Letnì Letnà 2024
Letnì Letnà 2023
LaClara a kolReLife
co, una residenza qui al festival, oltre alla rappresentazione di fronte al nostro pubblico. Quest'anno abbiamo preparato uno speciale progetto di co-produzione con Cirque Aïtal, Francia, con 8 artisti cechi
che sono stati qui in residenza e che andrà in scena alla fine del festival. Un progetto molto, molto bello.
Collaboriamo anche con altri festival, come il festival Sziget di Budapest, un festival musicale e multidisciplinare enorme, conosciuto in tutto il mondo, con oltre 400.000 spettatori, che ora ospita anche una sezione dedicata al circo contemporaneo. Si tiene una settimana prima di Letní Letná e facciamo in modo che alcune grosse compagnie passino per entrambi i festival, come Cirque Alfonse dal Canada l’anno scorso.
Dedichiamo uno spazio anche a scuole di teatro, con i loro docenti che seguono circa 90 bambini nel corso delle due settimane del festival, impegnandoli in laboratori di circo e di teatro, al tempo stesso preparando uno spettacolo che va in scena l’ultimo giorno del festival.
Abbiamo molte altre attività gratuite per il pubblico: laboratori di circo, di pittura, giochi nel parco, esperienze interattive e im-
mersive. Il pubblico affluisce numeroso da Praga, ma anche da tutta la Repubblica Ceca. Letní Letná è una grande festa, siamo in un parco bellissimo, che la gente vive in un modo diverso durante il festival. Trascorrono qui l’intera giornata, possono portare il loro cibo e fare picnic, oppure approfittare dei tanti stand che allestiamo, partecipare a laboratori e attività gratuite, andare agli spettacoli, molti dei quali gratuiti, e godersi l’atmosfera accogliente e piena di luci del nostro village.
Alla fine di ogni giornata del festival, dopo gli spettacoli, teniamo sempre un concerto speciale, con musica balcana o di altro genere in cui si può ballare, fare festa, bere qualcosa insieme e sciogliere le tensioni della giornata, come in un club.
Negli anni lo spazio che occupiamo all’interno del parco non è aumentato. Non vogliamo che diventi troppo dispersivo. Piuttosto ci sforziamo di inserire ogni anno qualcosa di diverso, di cambiare area, cambiare
disposizione. Per esempio ogni anno organizziamo una mostra durante il festival. Quest'anno ha visto la partecipazione di Rafan, artista, tatuatore, musicista e uomo speciale. In collaborazione con Hanus Jordan del Museo Nazionale, hanno creato una mostra che esplora le radici del circo. La mostra comprende un dipinto di Rafan in stile pop art, accompagnato da una narrazione storica che spiega la storia dietro il dipinto, insieme a fotografie autentiche.
TEAM AT WORK
Durante tutto l'anno abbiamo un core team in ufficio di sei persone che cura la direzione e l’amministrazione del festival, ed una serie di fornitori, esperti e tecnici con cui siamo in contatto. Poi durante il festival vengono coinvolti a tempo pieno circa 20 tecnici e altre 30/50 persone di staff, oltre a cira 30 volontari e docenti per i laboratori. Amo il mio team. È fantastico vedere come a loro volta amano il festival e si prodigano sul lavoro. Se hai un lavoro che rende felici le persone finisci per amarlo. Per me inoltre, che vengo da una carriera di artista, è un piacere immenso potermi occupare e promuovere le arti performative.
Ogni anno ci trasferiamo nel parco per organizzare il festival e viviamo qui un mese in un villaggio di camper che allestiamo nella zona riservata allo staff. Io alloggio qui con la mia famiglia, che mi segue e lavora al festival, in un campino vecchio di 100 anni, ancora con le ruote di legno, che abbiamo acquistato e ristrutturato. È molto romantico, e anche se il lavoro è molto duro è fantastico stare qui, perché durante la giornata puoi incontrare in questo bell’ambiente molti amici e compagnie di artisti da tutto il mondo. Ringrazio di cuore anche quest’anno il mio team, tutte le persone che lavorano qui, perché sono tutti loro che incarnano il festival e permettono che continui ad esistere.
Cirque Le Roux
IL CIRCO NELLA REPUBBLICA CECA
czechcircus.cz
CIRCO CLASSICO
Quello a cavallo tra il XIX e il XX secolo è stato un periodo glorioso per i circhi di tradizione, allora ispirati ai grandi complessi itineranti degli Stati Uniti. Erano attivi pochi circhi, ma tutti di grandi dimensioni, ricchi e di successo. Questa epoca di splendore terminò con la seconda guerra mondiale, con l’avvento dell'era sovietica, che influenzò il circo tradizionale nella Repubblica Ceca, statalizzando l’intero settore, fino ad allora privato, ed imponendo ovviamente anche un tipo di estetica legata al circo russo. Esponenti di spicco del circo di tradizione ceca andarono in quel periodo a lavorare nei cabaret, oppure nei circhi di Stato. Nel 1989, con la Rivoluzione di Velluto, le compagnie si trasformarono in aziende private, inquadrate nell’alveo poco appropriato del Ministero dell’Agricoltura o dei Trasporti. Ma senza un
forte sostegno dello Stato, come avveniva nell’era sovietica, e persa la capacità di creare spettacoli al passo coi tempi di fronte ad un pubblico che ricercava nuove forme di intrattenimento, arrivò ben presto il declino.
CIRCO CONTEMPORANEO
Un primo incontro con il circo contemporaneo nella Repubblica Ceca arriva dall’estero, soprattutto dalla Francia, quando si aprono i confini dopo la rivoluzione. Le persone hanno iniziato a viaggiare all'estero, alcune compagnie dalla Francia sono arrivate in Repubblica Ceca e sono state invitate da Jiří Turek, prima al festival Kasparuv Kolinsky memorial, a Kolik negli anni ’90 e poi qui a Praga, dal 2004 in poi. È grazie soprattutto a questi eventi che il pubblico e gli artisti di teatro, danza, teatro di figura ed altre arti performative hanno potuto conoscere questo genere. Negli anni '90 c'erano già due compagnie teatrali che hanno iniziato a usare il circo nei loro spettacoli. Una era Continuo Theatre e l'altra era Forman Brothers
Theater, fondata dai figli di Milos Forman, regista cinematografico. Queste due realtà hanno collaborato con realtà francesi e hanno realizzato un teatro molto metaforico che usava il circo al suo interno come parte della narrazione. Partendo da drammaturgie teatrali, inserivano al loro interno elementi di circo. Un primo passo verso la creazione di spettacoli di circo contemporaneo.
Col tempo a questa prima generazione, composta da attori, ballerini, ginnasti, tutti autodidatti nelle discipline cicensi, si è affiancata una seconda generazione, composta da ventenni diplomati presso scuole professionali di circo a Rotterdam, a Copenaghen o in Francia. È grazie a loro che nella Repubblica Ceca, e solo dopo il 2004, nascono le prime compagnie di circo contemporaneo costituite da questa generazione di artisti, e con loro nuovi input e creazioni di circo contemporaneo.
Oggi nella Repubblica Ceca contiamo circa 20 compagnie di circo contemporaneo, che lavorano con un'estetica molto concettuale. Direi che il circo ceco attuale è molto creativo, ispirato ad una forte tradizione di danza, teatro di figura, design, scenografia, scultura, arte concettuale e spesso anche tanto testo, che rivela la forte radice teatrale.
Molti gli esempi che potrei riportare di realtà attive nel settore: il festival Cirkopolis, che si svolge a Praga a febbraio ed è focalizzato su piccole compagnie sperimentali alternative progressive; a Trutnov, una piccola città della Boemia settentrionale, vicino ai confini con la Ger-
di Veronika Jošková Štefanová
Losers
Cirque CompanyKonkurz
Frantisek Ortmann
Cirko HopleyTeacrobat
Cirk La Putyka
Circopolis 2024
mania e la Polonia, dove non ti aspetteresti nessuna iniziativa culturale, esiste un enorme nuovo centro culturale e si tiene l'International Festival Cirk Uff, supportato dalla città, dove invitano compagnie
da tutto il mondo, come Marocco o Australia per esempio; nella Boemia meridionale c’è una piccola città dove già 20 anni fa è nato Plum Yard, un centro di creazione e residenze fondato da Continuo Theatre che programma anche spettacoli di circo.
Nel 2010 è stato ufficialmente inaugurato il centro per il nuovo circo, CIRQUEON, segnando l'inizio di una nuova era per il circo come attività ricreativa per bambini, giovani e adulti, e diventato uno spazio in cui gli artisti possono realizzare le loro visioni artistiche. Dai suoi corsi per giovani è emersa una nuova generazione di professionisti che in seguito ha continuato la formazione in scuole di circo all'estero. Un altro ruolo importante come centri residenziali nella Repubblica Ceca lo svolgono le sedi regionali: Švestkový Dvůr a Malovice, DIOD a Jihlava, UFFO a Trutnov, Moving Station a Pilsen, KD Mlejn a Stodulky-Praga. Festival internazionali come
Letní Letná (grande formato) o Cirkopolis a Praga, Cirk UFF a Trutnov e Cirkulum a Ostrava svolgono un ruolo cruciale nella sensibilizzazione sulle varie forme di circo contemporaneo. Fuori Praga, nelle regioni, questo ruolo diventa ancora più significativo poiché i festival portano questa forma d’arte in luoghi dove senza di loro sostanzialmente non esisterebbe.
LA SCENA LE RETI
Grazie a queste e tante altre organizzazioni non governative indipendenti e senza scopo di lucro, si sta tessendo una rete dal basso, solida, supportata dai comuni. Un settore fatto di compagnie, festival, centri di residenza, senza i quali nella Repubblica Ceca oggi non esisterebbe il circo contemporaneo.
Ma al momento questo settore in pieno sviluppo non viene riconosciuto e finanziato adeguatamente dalle istituzioni centrali. Pur essendo il circo contemporaneo accettato come genere artiph
stico, tutte le compagnie o gli eventi in cerca di finanziamenti istituzionali devono presentare i loro progetti presso i dipartimenti del teatro, della danza, spesso sacrificandone le caratteristiche salienti.
Mentre i primi anni gli sforzi delle compagnie erano tesi a guadagnarsi visibilità e date all’estero, ora tutti si sono resi conto che devono stringere le fila e lavorare insieme all’interno della Repubblica Ceca, per guadagnare i giusti riconoscimenti per l’intero settore e rimarcarne le specificità. Così in questi ultimi anni i soggetti attivi hanno accelerato un percorso di confronto e costituzione di reti e associazioni di settore. Grazie a queste spinte è recentemente stata fondata Asociace Nového Cirkusula (czechcircus.cz), una rete nazionale dei professionisti del circo contemporaneo, che unisce artisti e programmatori, che si affianca a Cirkonet (www.cirkonet.cz), la rete transfrontaliera che si occupa di circo educativo e circo sociale, unendo insegnanti della Repubblica Ceca e della Slovacchia. Sorprendentemente nell'Europa centrale direi che la Repubblica Ceca è il principale attore del circo contemporaneo, più ancora che la Polonia, e molti soggetti e reti sono membri attivi di reti europee, come Caravan, o Circostrada, oltre ad attivare scambi con altri paesi europei. A supporto di questo grande lavoro di lobbying e network in questi mesi stiamo conducendo una raccolta dati su scala nazionale che coinvolge individui, compagnie e organizzazioni. Quanto guadagnano, quali sono le loro circostanze lavorative, qual è il loro ambiente di lavoro, si sentono ben pagati, cosa migliorerebbero, cosa manca, che tipo di spazi usano per le loro prove, e tanti altri indicatori importanti. Una mappatura finalizzata a presentare con maggiori dettagli il settore al Ministero della Cultura e ad altri stakeholder.
Cirk La PutykaSlapstick Sonata ph Pavel Kolsky
Anna Solcova Cirqueon
di Lotta Nevalainen responsabile dello sviluppo internazionale
Il processo di fusione delle due agenzie indipendenti Dance Info Finland e Circus Info Finland è iniziato già nel 2019, per poi completarsi all'inizio del 2023, dando vita a Circus & Dance Info Finland. La fusione, supportata da entrambe le organizzazioni e del Ministero della Cultura e dell'Istruzione finlandese, partiva dal presupposto che le due agenzie originarie operassero in modo simile, con una struttura simile ed entrambe fossero attive in un contesto internazionale. Inoltre, in una stagione di tagli, creare un’unica agenzia avrebbe permesso economie di scala sui costi amministrativi, consentendo di liberare risorse e permettere lo sviluppo dei servizi.
Il processo ha richiesto in ogni caso molto lavoro, affinchè le due agenzie potessero conoscersi, confrontarsi, immaginare un cammino in comune, creando un’organizzazione più forte e sostenibile. Al momento abbiamo uno staff di 7 persone, affiancato da un gruppo di esperti che promuove le esigenze del circo e della danza e realizzerà iniziative per sviluppare le nostre at-
tività. La sede della nuova agenzia è presso la Cable Fac tory, un edificio iconico di Hel sinki che ospita un centro cul turale aperto al pubblico. L’accordo finale garantisce un equilibrio nella promozio ne di entrambe le arti. La nuova organizzazione ha ora una nuova strategia e una nuova comunicazione integrata che comprende, un sito web, una newslet ter, la rivista annuale Finnish Cir cus and Dance in Focus. Uno showcase congiunto per il circo e la danza in Hel sinki è in programma a breve, appena la raccolta fondi sarà terminata. Per promuovere il nostro circo e la nostra danza all’estero, organizziamo anche piattaforme, a volte con i nostri partner nordici, come faremo il prossimo febbraio al CirkusExpo di Stoccolma.
La sfida maggiore era superare le attività settoriali che ogni agenzia realizzava in precedenza, per creare una nuova identità più comprensiva e comunque rispettosa delle caratteristiche specifiche della danza e del circo. Durante la progettazione di questo nuovo corso,
la comunità circense, più piccola, temeva di essere sopraffatta dal settore della danza, molto più ampio in Finlandia. Tuttavia, abbiamo ricevuto molti feedback positivi da artisti di entrambe le discipline; le loro comunità sono ancora molto vicine, e questo ci permette anche di costruire ponti interessanti tra le due discipline. Piuttosto che vedere la nuova organizzazione come due associazioni condensate in una sola, entrambe le comunità vedono Circus & Dance Info Finland come un’opportunità per fare un uso più efficiente delle risorse, aumentare le competenze, sviluppare servizi, migliorare il networking tra le due arti e far risuonare meglio le voci del circo e della danza nelle politiche culturali.
FCDIF 2024
WBTD
WALLONIE-BRUXELLES THÉÂTRE DANSE
di Severine Latour coordinator WBTD
Dal 1994, Wallonie-Bruxelles Théâtre Danse (WBTD) è l'agenzia pubblica che fornisce supporto alla promozione e circuitazione a livello internazionale di creazioni teatrali, di danza e circensi a
cura di artisti residenti nella Federazione Wallonie-Bruxelles. Il lavoro di WBTD si rivolge ad un pubblico di artisti e operatori professionisti ed è cofinanziata e cogestita dal Ministero della Federazione Wallonie-Bruxelles (FWB) e da Wallonie-Bruxelles International (WBI).
L’agenzia è nata dapprima come supporto al solo settore teatrale, per poi inglobare la danza contemporanea, quando è diventata un polo importante nella regione, fino ad abbracciare oggi anche le arti del circo e le outdoor art, pur conservando il nome originario. L’attenzione verso le arti contemporanee rimane alta, e di recente sono stati supportati anche i settori del fumetto e dello stand-up comedy. L’agenzia fa parte di un pool di cinque agenzie create nella FWB, con il proposito di promuovere, oltre alle performing art, anche il cinema, la musica, il design e la moda, l’architettura, oltre allo sviluppo di giovani pubblici. Il nostro lavoro consiste nel curare la comunicazione attraverso newsletter, mailing, brochure, sito web, video, social network; partecipare a festival e vetrine internazionali in cui promuovere le creazioni FWB, creando partnership ed eventi con un focus sulla FWB; incoraggiare l'attenzione dei professionisti stranieri alla scoperta delle creazioni di artisti della FWB, invitando i programmatori stranieri a festival e facendoli in-
contrare con i nostri artisti; organizzare la piattaforma biennale Objectif Danse; essere attivi nei network internazionali come IETM, Circostrada, Assitej; fornire supporto finanziario per la creazione di strumenti promozionali; fungere da collegamento per l’assistenza a tournée, mobilità, programmazione.
Il settore conta oggi in FWB un calendario di oltre 20 eventi e un numero sempre crescente di artisti e compagnie; nel solo settore circo e teatro di strada ne contiamo circa 130. Promuovere e sostenere un ambito di queste proporzioni è un lavoro enorme. Attualmente siamo solo in due persone full time a svolgerlo, ma da fine anno lo staff verrà raddoppiato proprio per far fronte alla vastità e crescita costante del settore.
Avere tante arti sotto una sola agenzia ha i suoi lati positivi, perché riusciamo a mantenere i contatti con tutti gli artisti e i programmatori della regione, conservando una panoramica completa di un settore sempre più multidisciplinare. L’obiettivo non è solo raggiungere un pubblico più vasto, ma anche lavorare con l’intera comunità di artisti e programmatori per andare all’estero e incontrare programmatori internazionali.
WBTD teatro di figura
WBTD danza
WBTD circo
foto di archivio WBTD
ARTCENA
di Gwenola David direzione generale
Artcena nasce nel 2016 dalla fusione del Centre National du Théâtre, preposta al supporto e alla promozione del teatro, e di HorsLesMurs, preposta al supporto e alla promozione del circo e delle arti di strada. Le ragioni della fusione di due enti pubblici di lungo corso, entrambi sostenuti dal Ministero della Cultura, partivano dalla constatazione che gli artisti lavoravano sempre di più insieme, all’interno di un settore molto votato alla multidisciplinarietà, e che sarebbe stato più rilevante avere un centro nazionale unico, più solido e più efficiente per questi tre settori.
un portale online, facilmente accessibile, che offre oltre 42.000 documenti e ha raggiunto nel 2023 2,3 milioni di pagine visualizzate. Inoltre abbiamo sviluppato un approccio giornalistico e produciamo una rivista online, una serie di guide pratiche (circa 30 nel corso del 2023), podcast e
All’interno di queste differenti performing art ci sono differenze, ma anche molti obiettivi e problemi comuni. La sfida era rilevante, perché si sarebbero dovute gestire due banche dati molto vaste e integrare due settori, come il circo e il teatro, che in Francia hanno proporzioni diverse, quasi uno a dieci. Per realizzare questo disegno abbiamo messo in comune tutto il savoir-faire e tutte le risorse di queste due organizzazioni, creandone una completamente nuova, con un nuovo ambito, nuove regole, una nuova governance, una nuova piattaforma online, mantenendo all’inizio tutto il personale originario. Le attività di Artcena si dispiegano oggi lungo tre assi principali. Il primo asse fornisce documentazione e informazioni ad artisti e professionisti. Abbiamo istituito un centro di documentazione a Parigi ed
video seguiti da decine di migliaia di professionisti. Per i professionisti del settore realizziamo una newsletter, recapitata a circa 30.000 contatti, e un grande database con i contatti, le attività e le caratteristiche dei professionisti e delle organizzazioni di settore, la segnalazione delle nuove creazioni. Il nostro impegno è rivolto ai professionisti, ma anche al pubblico, offrendo strumenti e informazioni per comprendere meglio la creazione contemporanea nel teatro, nel circo e nelle outdoor art, le loro diversità e le loro affinità.
Il secondo asse è volto ad aiutare i professionisti a migliorare le loro competenze e realizzare i loro progetti. Mettiamo quindi a disposizione consulenze per gli aspetti normativi, per il processo di produzione, per le tournée internazionali. Distribuiamo anche risorse economiche, soprattutto per gli autori. L'obiettivo è promuovere nuovi testi, nuove opere, mantenere la creatività nel teatro e migliorare la drammaturgia nel circo. Il terzo asse è lo sviluppo internazionale, attraverso il Network CircoStrada che sosteniamo economicamente e di cui ospitiamo la sede operativa, oltre ad una seconda rete per il teatro per aiutare le opere teatrali francesi a essere tradotte e circuitate all'estero.
All'inizio è stato molto difficile, perché le outdoor art temevano di essere fagocitate dal teatro. Ma la fusione è stata per i due settori l’opportunità di conoscersi meglio e di immaginare percorsi formativi comuni. Oggi, a distanza di 8 anni dall’istituzione di Artcena possiamo affermare che ha funzionato, abbiamo creato una nuova identità dove teatro, circo e outdoor art si riconoscono e crescono insieme, fornendo ai tre settori la stessa visibilità.
ph Artcena ph
Artcena
Circostrada Fresh Circus #5
Artcena video channel
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Irvin
Anneix
INCAM (International Network of Circus Arts media projects) riunisce i media project sulle arti circensi attivi nel settore. In questo numero presentiamo StageLync , nato dalla fusione di TheatreArtLife e CircusTalk , due iconiche piattaforme online, made in USA, dedicate rispettivamente alle arti performative e alle arti del circo.
STAGELYNC LA FORZA DELLA COLLABORAZIONE
StageLync.com
di Anna Robb e Andrea Honis co-direzione di StageLync
Anna Robb, fondatrice di TheatreArtLife, e Andrea Honis, fondatrice di CircusTalk, hanno incarnato una delle lezioni più strategiche nel mondo degli affari: trasformare i concorrenti in collaboratori. Sia TheatreArtLife che CircusTalk si erano ritagliati spazi unici come piattaforme online rivolte al settore nelle arti performative, fornendo risorse e servizi ai rispettivi pubblici. Riflettendo sul loro percorso, Anna Robb racconta: "Quando abbiamo iniziato a conoscere meglio le nostre piattaforme, ci siamo resi conto che non eravamo nemmeno concorrenti; i nostri servizi si completavano profondamente. Questo è stato il momento in cui abbiamo iniziato a immaginare un'alleanza strategica. Ho fondato TheatreArtLife per mettere in contatto persone che condividono la necessità di creare all'interno della comunità globale dello spettacolo dal vivo". TheatreArtLife si è presto affermata come una piattaforma multimediale di prim'ordine, offrendo contenuti di valore, corsi, webinar e conversazioni privilegiate per i professionisti delle arti performative. CircusTalk, d'altro canto, ha costruito le sue fondamenta su un solido database incentrato sui talenti e sulle arti circensi, abbinato a contenuti multimediali. Questa specificità ha permesso a CircusTalk di raggiungere oltre
30.000 utenti registrati. Andrea Honis spiega: "Quando CircusTalk si è avvicinata ai 30.000 profili registrati, abbiamo iniziato a notare la loro diversificazione, ed emergevano più talenti non strettamente correlati alle arti circensi. Un chiaro segno che il mercato spingeva per una nostra espansione nel più ampio settore verticale delle arti performative. Un cambiamento che si allineava perfettamente con una tendenza crescente del settore: le produzioni cercavano sempre più talenti multidisciplinari, confondendo i confini tra artisti circensi, attori e danzatori".
Questa partnership strategica ha dato vita a StageLync, una nuova ambiziosa iniziativa sotto un'insegna condivisa. La fusione di TheatreArtLife e CircusTalk è avvenuta in un momento simbolico ma casuale, quando entrambe le piattaforme hanno celebrato i loro sette anni di anniversario, segnando il completamento di un capitolo di successi e aprendo le porte a nuove opportunità. StageLync ora amplia la portata di entrambe le piattaforme e migliora la visibilità dei propri membri all'interno della più ampia comunità delle arti performative, promuovendo connessioni più profonde e nuove opportunità, incarnando l'impe-
gno di Anna e Andrea nel fornire soluzioni rivoluzionarie e un servizio eccezionale. StageLync offre un'esperienza migliorata e opportunità di networking ampliate per i membri professionisti, apprestandosi a diventare una risorsa ineguagliabile per il pubblico alla ricerca di informazioni dettagliate sugli spettacoli e sui loro creatori, colmando il divario tra artisti e spettatori. "Ciò che ha reso molto attraente questa fusione", ha descritto Andrea, “è il potenziale futuro, unito alla visione che abbiamo identificato durante le nostre conversazioni. Una visione che va oltre ciò che le nostre piattaforme offrivano". "Vogliamo invitare il pubblico direttamente sulla piattaforma e interagire attivamente", ha aggiunto Anna. "StageLync esiste per ispirare una connessione umana più forte e maggiore creatività attraverso le arti performative". Mentre i fondatori continuano ad allineare le loro piattaforme tramite StageLync Pro sono al contempo impegnati in cambiamenti e aggiornamenti graduali che porteranno verso una piattaforma rivolta al pubblico, principalmente tramite un'app mobile, i cui dettagli sono ancora in fase di elaborazione. Nel frattempo potete seguire l’evoluzione della piattaforma su StageLync.com o nei podcast e sui canali social media.
Stagelync video channel
FABIO MONTICO
PRESIDENTE ASSOCIAZIONE CULTURALE GIULIO MONTICO, DIRETTORE GENERALE DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE
La nostra famiglia si occupa di festival da 4 generazioni e quest’anno per la 25a edizione del Festival Internazionale del Circo d’Italia eravamo tutti in pista. Personalmente sono impegnato da 25 anni nella produzione del Festival Internazionale del Circo d’Italia e da 3 anni nella direzione artistica dell’Italian Circus Talent Festival. Per noi alla base dell’organizzazione dei Festival c’è la libertà di espressione. Gli artisti devono essere liberi di proporre la loro arte senza vincoli e limitazioni, perché in un Festival è importante il confronto fra le idee e le altre culture. Da sempre lo chapiteau ospita artisti di ogni provenienza in modo assolutamente apolitico, perché l’arte e la cultura che divulghiamo non professa distinzioni di colore, cultura o religione. È ovvio che, a causa dei conflitti in corso, privarci di invitare artisti del circo dell'Est Europa, come Bielorussia
Alex & LizaUcraina ph Alfredo Sanguigni
e Russia, non vederli esibirsi e mostra re i loro talenti sia un peccato. Aver rinunciato alla Russia significa per il nostro festival rinunciare a collaborazioni importanti con produzioni storiche come il Royal Circus of Gia Eradze, il Nikulin Circus, il Rosgoscirk e il Great Moscow State Circus.
Tengo a precisare che non invitare artisti e giurati provenienti dalla Russia, dall’inizio della guerra ad oggi, non è stata un’imposizione politica ma una nostra scelta per tutelarli da strumentalizzazioni e polemiche. Penso che sia la cultura sia lo sport debbano essere apolitici e non devono essere investiti da problematiche che fanno parte di altre stanze.
Eppure le limitazioni dovute alle sanzioni e ai divieti dei governi sono solo uno dei problemi che in qualità di organizzatori ci troviamo a dover affrontare. Manifestazioni internazionali di questa portata presentano, oggi più che mai, una lunga serie di difficoltà crescenti. Un aspetto da non sottovalutare sono per esempio i costi dei viaggi degli artisti. Non potendo più transitare negli spazi aerei russi, e dovendo ricorrere a voli con compagnie di altri paesi, i costi sono inevitabilmente lievitati, fino a quadruplicarsi. Altro tasto dolente sono i rapporti con le ambasciate per il rilascio dei visti di soggiorno. Prima di concedere i visti ci richiedono le prenotazioni aeree, poi però i visti vengono spesso rilasciati solo il giorno prima della partenza. Con l'Etiopia addirittura abbiamo dovuto rinunciare a due troupe quest’anno. La richiesta è partita cinque mesi prima del Festival, con allegati nove biglietti aerei
emessi, e ovviamente pagati. Ma l'ambasciata non ha dato l’ok il giorno prima della partenza, lasciando delusi gli artisti delle due troupe e delusi e più poveri anche noi, sia culturalmente che economicamente. Ho un sogno nel cassetto: bypassare le lungaggini burocratiche e snellire le pratiche. Vorrei che artisti e atleti potessero viaggiare liberamente, mostrando semplicemente il passaporto, ed acquisire il visto d'ingresso all’arrivo nel paese ospitante, senza doverlo chiedere mesi prima e vederselo rifiutato il giorno della partenza. Questo modo “barbaro” di gestire gli ambasciatori della cultura e dello sport sta penalizzando artisti ed atleti che alla fatica fisica degli allenamenti quotidiani aggiungono lo stress dell’incertezza.
Quello che da una parte ci rincuora e dall’altra ci rattrista è la constatazione che il pubblico, a cui interessa principalmente assistere ad un grande show, non percepisce tutte queste difficoltà. Ma c’è una nota positiva anche in un quadro generale così difficile. Le attuali limitazioni verso i paesi dell’Est ci hanno giocoforza costretti a spostare la nostra attenzione ad Ovest, dove abbiamo avuto delle grandissime sorprese. Non immaginavo che in Sud America, in questi anni, avessero fatto dei passi da gigante nelle performance, con scenografie e coreografie curate nei dettagli, così come l’aspetto tecnico e la parte musicale. Ho avuto l’onore di selezionare alcuni numeri davvero sensazionali, e questo dimostra che la pace e la libertà di viaggiare sono fattori fondamentali per lo sviluppo dell’arte.
DEL CIRCO D’ITALIA
Flying Fuentes GascaMexico ph CR
ANTONIO GIAROLA
FONDATORE E DIRETTORE ARTISTICO DELL’INTERNATIONAL SALIERI CIRCUS AWARD saliericircus.it
foto di Gaby Merz
Mi occupo di arti circensi sin dal 1984, con la prima creazione in Italia di circo-teatro. Nei primi anni ’90 ho diretto il festival “Città di Verona”, due edizioni degli artisti di strada al Carnevale di Venezia, per poi curare la direzione artistica del “Festival Città di Latina” per oltre dieci anni. Da regista ho diretto spettacoli circensi ed equestri in Cina, Russia e vari paesi europei e sono stato consulente del Ringling Barnum & Bailey e di Holiday on Ice. Posso dire che la dimensione internazionale ha sempre caratterizzato il mio lavoro.
Sin dalla sua nascita nel 2021, l’International Salieri Circus Award ha cercato di declinare le sue fattezze di festival circense competitivo in modo diverso, ponendosi come progetto artistico teso a dare nuova linfa vitale alle arti circensi in un contesto di crisi generalizzata. All’inizio confrontandosi con la crisi pandemica e successivamente con la guerra in corso nel territorio ucraino-russo, due Paesi che rivestono un’importanza fondamentale nelle arti circensi. Un contesto internazionale, per niente semplice, con un alto rischio di mettere in crisi consolidati rapporti trentennali di collaborazione. Ulteriori difficoltà sono sorte, specialmente negli ultimi due anni, nell’ottenere i visti per gli artisti, o anche nell’invitare membri di giuria di altissimo livello, le cui nazionalità risultavano coinvolte nei conflitti in atto. Nel dettaglio questo ha comportato l’assenza nell’edizione 2022 di artisti di nazionalità russa. L’inizio della guerra coincideva con l’avvio del casting e, in un momento così concitato, abbiamo preferito essere cauti, nonostante al-
cune proposte davvero molto interessanti. L’anno successivo abbiamo invece ottenuto il nullaosta da parte del Ministero della Cultura ad ospitare anche cittadini di nazionalità russa e ci siamo attivati immediatamente per normalizzare la selezione degli artisti e gli inviti ai membri di giuria. Le nostre scelte sono dettate dalla convinzione che l’arte (e soprattutto l’arte circense), sia un linguaggio universale che unisce, permettendo a persone di diverse nazionalità di condividere in armonia lo stesso palco senza alcuna discriminazione.
Troppo ingenui? Forse sì, dal momento che nell’edizione di quest’anno un’artista ucraina, arrivata sul palco per esibirsi, si è resa protagonista di un atto di protesta, ammantata da una bandiera ucraina e dichiarando di non volersi esibire davanti a un membro della giuria di nazionalità russa, Maxim Nikulin, direttore generale del circo stabile Nikulin a Mosca, colpevole secondo lei di appoggiare le politiche aggressive di Putin. Quando succedono cose di questo genere si è presi da un senso di impotenza, perché non si è in grado di giudicare persone coinvolte direttamente o indirettamente in un conflitto che sta causando morte e disperazione a migliaia di famiglie. Eppure, a seguito di questo episodio, che ha avuto una vasta eco sulla stampa nazionale ed internazionale, abbiamo scelto di diffondere comunicati con un messaggio di unità e di pace attraverso la bellezza dei numeri circensi di artisti provenienti da tutto il mondo, esibendosi assieme e alimentando il dialogo, vera arma di pace in rapporto ai conflitti.
Oggettivamente non possiamo sapere cosa accadrà in futuro ma certamente, in relazione al festival, siamo fermi nella nostra posizione di non voler discriminare nessuna persona e nessun artista in rapporto alla sua nazionalità. Ci piace pensare che il nostro festival, caratterizzato da musica d’Arte eseguita da un’orchestra sinfonica, possa diventare anche un laboratorio per molti creativi che si occupano di arte circense dal punto di vista coreografico e registico.
Anzi, seppur lentamente questo è uno degli aspetti che ci sta più a cuore. Vogliamo poter offrire al pubblico sempre il miglior spettacolo possibile, completo in tutte le sue sfaccettature, che possa rimarcare la potenza dell’arte come strumento di dialogo. Il circo, con la sua “drammaturgia dell’immaginario” unica nel suo genere, è davvero un grande motore poetico, capace di aprire le porte di una città di 25.000 abitanti alla comunità internazionale e in segno di pace.
NASI R SSI FUORI PISTA
PERCORSI E FUGHE DEL CLOWN PRIMA E DOPO IL CIRCO
di Raffaele De Ritis
Se l'icona del clown dal naso rosso, abiti larghi e capelli scomposti prende forma nel cerchio della pista (attorno al 1870), la sua longevità va cercata altrove,
prima e dopo. Il termine clown (forse da clod, zotico) si afferma nel teatro inglese del Rinascimento, non a caso contemporaneo di Arlecchino, entrambi antieroi selvaggi e diabolici. Il contadino contro il borghese, il servo contro il padrone, la cultura agreste selvatica (astuta e insieme ingenua) contro quella urbana più composta; l'innocenza dell'infanzia contro la compostezza dell'età adulta; l'anarchia contro i codici. Lo scemo del paese che però, fuori dagli schemi, la sa sempre più lunga di tutti. È il contrasto atavico dell'umanità, tragico ma dagli esiti comici (il padrone irriso dall'anarchia al potere), che nel Novecento circense, secolo di conquiste e contrasti sociali, prenderà forma negli archetipi clowneschi di “bianco” e “augusto”.
tesco (con il pioniere Joe Grimaldi) che, prima ancora dell'affermazione nel circo, era un personaggio fiabesco nato per il palcoscenico: non disdegna la bottiglia, con lo stato di ebbrezza che è una buona scusa sia per l'acrobazia che per la bocca e il naso tinte di rosso, ben visibili a distanza. Nel circo il clown sembrò trovare senz'altro la propria dimensione ideale; in realtà vi viene trattenuto a malapena per un secolo, tentando spesso la fuga. Ma è sicuramente grazie al circo se esso prende sembianze e struttura. Inizialmente è il varietà, già verso il 1880, a offrire ai nuovi clown del circo maggiori stimoli e forme; poi l'arrivo del cinema. Attorno al 1910, il cinema muto è un formidabile magnete, che strappa al circo i migliori talenti comico-acrobatici fino ad inventare con essi una delle forme d'arte più influenti dell'umanità. Anche il teatro offre fortune: degli anni '20 e '30 è il paradosso di Grock, il più grande clown di tutti i tempi, la cui carriera si snoda in prevalenza sui palcoscenici e solo saltuariamente in pista, nonostante il suo materiale comico-musicale sia stato squisitamente circense.
Anche quando il clown rimane fedele alla pista, la sua ombra mitologica scappa altrove: nella poesia con Baudelaire, in pittura con Picasso e Rouault, nella musica con Leoncavallo, nella filosofia con Starobinski e Bergson, fino al labirinto infinito di stereotipi tra cinema e romanzo.
Agli albori del circo moderno, fu la contaminazione del clown inglese con le maschere italiane a creare il clown ottocen-
È verso il 1970, dopo circa un secolo dalla propria nascita circense, che il clown ritrova una propria vita fuori dalla pista.
È Federico Fellini, sorta di esecutore testamentario, a catalizzare il mito del clown triste addirittura in una visione poetica della “morte del clown”. Una finzione sublime forse ingrata rispetto alla realtà, quando molti clown di circo avevano ancora successo e facevano ridere. Ma sicuramente erano sempre più lontani dalla realtà, con una comicità tenera rimasta a prima della guerra, nella quale della dimensione sociale e poetica di questa maschera resta ben poco. Se ne accorgono persino alcuni circensi: i Colombaioni, che a contatto con Fellini e Dario Fo mostrano una nuova via teatrale al clown; Leo Bassi, che lascia la dinastia circense per il contatto con la strada e il recupero dello spirito provocatorio, perduto, del buffone. C'era poi Annie Fratellini: negli anni '60 era già “scappata” da una leggendaria dinastia di clown ma per dedicarsi alla musica pop e jazz; nel 1970 fa il percorso contrario, creando un numero di clown per il circo e poi fondando la prima scuola al mondo.
Gli anni '70 a Parigi attraggono da tutto il mondo quelli che reinventeranno l'arte del clown, attraverso un incrocio formativo che rimette in discussione mimo, maschera, gestualità teatrale, creando la nascita del cosiddetto “teatro fisico”: oltre alla scuola Fratellini ci sono quelle leggendarie di Marcel Marceau, Etienne Decroux, Jacques Lecoq, a loro volta legate strettamente al lavoro di Dario Fo e alla riscoperta in chiave contemporanea della tradizione tutta italiana della maschera e della Commedia dell'Arte. È un'epoca in cui non esiste ancora la logica dei contributi economici. Lo sbocco lavorativo più sicuro è la piazza; la stes-
Stan Laurel e Oliver Hardy
Joe Grimaldi, primo clown moderno, 1820, ca. V.A. Museum, Londra
sa Parigi offre l'occasione per gli spettacoli “a cappello”, dando forma al clown di strada. È la culla da cui nei primi anni '80 nasceranno pionieri come Peter Shub o David Shiner, che verranno raccolti a loro volta in Germania dall'innovativo Circus Roncalli. Oppure la strada offre percorsi itineranti più avventurosi: il Grand Magic Circus di Jerome Savary, o il Friend's Roadshow di Jango Edwards, le prime grandi esperienze internazionali di teatro urbano, in cui il clown dopo secoli tornava ad essere una figura di trasgressione, innocenza perduta, grottesco rivelatore, per un pubblico ormai non solo infantile o familiare, e soprattutto non circense.
clownesca moderna, è folgorato dai clown di circo della propria infanzia; lo stesso per lo svizzero Dimitri, la cui scuola sarà decisiva nello “sdoganare” l'idea di clown teatrale. Da tutte queste nuove fonti, negli anni '80 nasce una formidabile scuderia di talenti clowneschi mondiali che poco o nulla a che fare hanno con l'arte del circo, ma contribuiscono in modo decisivo a rinnovare l'arte del clown e della risata. Ai già citati Colombaioni, Leo Bassi, Jango Edwards e Dimitri, si aggiungono Pierre Byland, Bustric, Bolev Polivka, Gardi Hutter, Johnny Melville (ma solo per citare i più noti). Alcuni di loro, come i Mummenschanz, contribuiranno al rinnovamento del teatro-danza o alla spettacolarità urbana, come Els Comediants; altri, come Maurizio Nichetti, al linguaggio cinematografico.
zione dal circo alla scena ha sempre affascinato anche i clown russi, d'altra parte fin dalle origini legati ai maestri dell'avanguardia teatrale e futurista. Dalla dissoluzione della tradizione sovietica, gruppi come i Litsedei rimescolano circo, pantomima alla Marceau, grottesco felliniano, follia surrealista, poetica chapliniana. È da questo groviglio al margine della pista, tra clown reale e sua metafora onirica, che emerge il genio teatrale di Slava Polunin, col successo planetario Snowshow
Nascono festival e stage: programmazione e formazione si incrociano nel mettere in discussione un meccanismo centrale: la trasmissione del sapere e i metodi di apprendimento. Seppur non sempre con risultati esaltanti, si cerca di slegare la cultura del clown dal sapere dinastico, considerato ripetitivo. Questo sebbene l'ispirazione dei grandi maestri nasca sempre dalla pista. Pierre Etaix, compagno di Annie Fratellini e grande cineasta, alla radice della formazione
L'influenza di questa nuova generazione torna fondamentale anche ai clown della pista, incoraggiando i clown del circo a coinvolgere gli spettatori come nel teatro di strada. A comprendere la lezione per primo, e meglio di tutti, è già dagli anni '80 David Larible: un clown di tradizione che dopo il Duemila giungerà a sublimare l'esperienza circense classica in un percorso teatrale, strada osata solo da Grock e dai Colombaioni. La trasposi-
L'abbandono della pista, per poi forse tornarci (Slava è poi passato dal Cirque du Soleil) sembra essere stata una spinta necessaria per mantenere viva l'anima del clown. Così come la nascita del clown circense riduceva in cenere gli stereotipi della Commedia dell'Arte. Trasgredire le tradizioni, “uccidere” il padre accompagnano ogni forma di rinnovamento artistico. Ma forse, è proprio l'amore profondo per le tradizioni e la loro forza ad essere il vero segreto per trovare ogni volta una nuova contemporaneità.
David Shiner Jango Edwards
Carlo e Alberto Colombaioni
Jango Edwards ph Gabriele Zucca photografo-it
Il clown Grock (Adrian Wettach), 1930 ca. Collezione Raffaele De Ritis
Annie Fratellini, 1980 ca.
Leo Bassi
PAGLIACCE FESTIVAL 2024 la risata non ha genere
Dal ‘500 in Italia le donne hanno iniziato a prendersi lo spazio scenico in campo teatrale e collettivo. Dall’antica Grecia alla Commedia dell’ Arte infatti i personaggi femminili in teatro erano impersonati da uomini vestiti da donne.
Attraverso la Commedia il cosiddetto “clown” moderno ha iniziato a prendere forma, esplorare linguaggi e non ultimo, ad appropriarsi di nuovi spazi, urbani e pubblici come le strade e le piazze.
A quelle prime attrici donne dobbiamo molto. Esse sono la testimonianza di una forma di resistenza che ancora oggi opera, allora contro le leggi teologiche dell’epoca, oggi contro un retaggio culturale ancora intriso di stereotipi di genere.
Anche il mondo del circo moderno, dalla sua nascita alla fine del ‘700, vede la presenza femminile come rilevante sebbene limitata a pochi esempi: Amelia Butler, M.lle Emille, M.lle Silvia Christof e Ada Isaacs furono il fiore all'occhiello d'Europa e oltreoceano per oltre un decennio.
Una delle più discusse donne clown dell’epoca fu Evetta Matthews, “The lady clown”. Famosa e era della sua posizione di donna-lavoratrice, divenne icona di indipendenza femminile grazie a questa frase : “Credo che una donna possa fare per vivere tutto ciò che può fare un uomo, e farlo altrettanto bene. Tutta la mia gente ha riso di me quando ho detto loro che sarei salita sul ring come clown. Ma ora non ridono più, quando vedono che posso mantenere un impegno per tutto il tempo e guadagnare quanto o più
di loro in altri rami del business”.
la storia delle donne clown.
Alla luce di queste rilessioni, abbiamo disegnato il Pagliacce Festival 2024. La terza edizione è stata caratterizzata da una serie di novità che l’hanno resa speciale e complessa. Abbiamo moltiplicato le attività collaterali che affiancano la programmazione, attivando: una bacheca di parità di genere per raccogliere idee, rilessioni ed esperienze da parte del pubblico; la traduzione in lingua Lis di uno spettacolo in programma; i laboratori di clown e parità di genere per bambin@; il coinvolgimento di programmatori/ici nazionali e internazionali (da Barcellona, Zagabria, Innsbruck); il babysitting gratuito durante gli spettacoli per artist@ e per il pubblico.
Le artiste in programma e il folto team di volontari@ (53 quest’anno!), hanno dimostrato una generosità e un coinvolgimento al progetto che va ben oltre la performance sul palco o l’aiuto logistico.
In scena: Gardi Hutter e Hilary Chaplain (vere e proprie madrine del festival presenti dalla prima edizione!), Pepa Plana, Colette Gomette, Las Bobas, Maite Guevara, Emanuela Belmonte, Valentina Musolino, Federica Buzzi, Lidia Ferrari, Selvaggia Mezzapesa, Montserrat Ventura, Le Radiose, Giorgia Goldini.
Preziose le collaborazioni con gli spazi partner del festival: la scuola Flic che, al secondo anno di collaborazione, si rivela un alleato per coinvolgere le nuove generazioni e implementare la rilessione sugli
orizzonti della clownerie contemporanea; lo spazio Bunker, che ha accolto nuovamente il tendone; OFFTOPIC\Spazio Edisu, che ha ospitato la domenica le attività dedicate alle famiglie del quartiere.
Fonte d’ ispirazione sono le collaborazioni con Maria Vittoria Vittori, autrice del libro “La rivoluzione in pista” ed Annalisa Bonvicini, che è stata in Italia una tra le prime a svolgere il ruolo di project manager di compagnia di circo contemporaneo (MagdaClan). Insomma la comunità delle donne clown in Italia, si sta evolvendo ed espandendo, in termini di quantità e di qualità di relazioni.
In questo momento dell’anno, sfioriamo l’utopia con le dita per tracciare traiettorie possibili per il nostro orizzonte, con una domanda che funge da motore e da timone: come le donne clown possono essere strumento di cambiamento e ispirazione culturale? Presto nuovi aggiornamenti, le Pagliacce stanno progettando…
Grafica e contenuti di:
Parlare di clown e parità di genere ci sembra quindi doveroso, per proseguire
FRANCESCA MARTELLO ALIAS
FRA MARTÒ
Q Fra.Marto Vesperi
Ho sempre disegnato.
Da quando mi ricordo, l’ho sempre fatto. Mio padre, fotografo, quando ero piccola mi diede due consigli sulle ombre e su come tradurre le forme da tridimensionali a piatte. Per il resto sono sempre stata un’autodidatta, sia perché cocciuta come un mulo sardo e orgogliosa come la regina d’Inghilterra, sia perché per me il disegno è sempre stato un porto sicuro, un riparo dal caotico mondo esterno, così confuso e crudele. Amavo quel bellissimo foglio bianco su cui il mondo può apparire, dove posso esprimermi ed interpretare la realtà in completa libertà.
La passione crebbe, la voglia di sapere di più mi portò a viaggiare. Così cominciò un lungo processo di formazione, che ancora oggi continua. Prima tappa fu Madrid, alla scuola di circo Carampa, dove ebbi il mio primo incontro con la clownerie. Rimasi folgorata dai corsi con Hernan Genè. Non
E così, ho continuato per tutta la giovinezza a disegnare. Affascinata dal lavoro di Keith Haring, nell’adolescenza, per un breve periodo, mi sono dedicata al graffitismo, cominciando questo percorso sui vergini muri di Bergamo, mia città natale, ed entrando in una piccola comunità di graffittisti. Dopo qualche anno smisi per vari motivi. Ero stufa dei noiosi discorsi divisivi all’interno dell’ambiente, “questa voglia di mettere tutto in caselle e di stabilire cosa è dentro e cosa è fuori, chi c’è l’ha più grande e chi profumato”. Ma soprattutto ero presa da una nuova passione, scoperta durante l’Università a Bologna e poi approfondita durante l’Erasmus a Barcellona: il Circo.
clown, e soprattutto donna, affronti la poca informazione e l’ignoranza sull’argomento, a cui non sempre si ha la voglia di rispondere. E proprio questa poca conoscenza della società sulla figura del clown donna è stata la scintilla che ha generato il mio progetto grafico “Ritratti di Pagliacce”. Combinando le mie passioni, voglio contribuire a creare un nuovo immaginario collettivo sulla figura del clown. Siamo di fronte ad una profonda lacuna nella nostra cultura, basta googlare “clown” e osservare le immagini che escono. Risultato: nessuna donna! E se apparisse qualche figura femminile, è la versione soft-porn di una pagliaccia.
Molti dicono ancora che non esistono donne pagliacce, ma la verità è ben diversa! Siamo tante! “Ritratti di Pagliacce” è qui per cambiare la ormai vecchia narrativa, nata da fattori socio-politici legati a obsoleti modelli che finalmente siamo pronte/i a superare. Un progetto nato dall’esigenza di restituire alla donna la consapevolezza della propria storia, sviluppata per potersi sentire parte di una famiglia con un passato, un presente ed un futuro.
ero particolarmente brava, ma le poche volte che riuscivo a far ridere mi pervadeva un senso di completezza e presenza che solo l’amore era riuscito, a volte, a darmi. Volevo essere pagliaccia! Badate bene, per quanto adesso riesca a dire questa frase con determinazione e orgoglio, è stato un vero percorso di ‘coming out’. Ci sono voluti anni, dico…. annnni per riuscire in completa tranquillità a dichiararmi tale. In primis perchè la formazione del clown è un processo lungo. Ho molto rispetto per questa professione, so che non è solo mettersi un naso, seguire un’estetica o fare una gag. In secondo luogo, quando sei
I ritratti hanno trovato una dolcissima collaborazione con la scrittura: Paolo Negri e Vincenzo Tumminello sono i miei compari nel progetto ”Più uniche che rare”, un libretto a cadenza annuale in cui dodici storie brevi e dodici ritratti, dedicati a pagliacce italiane, si uniscono per sfatare lo stereotipo che vuole la figura del clown rappresentata esclusivamente da artisti uomini.
Umberto Eco, mio professore a Bologna, mi ha aperto la mente al compito etico delle arti: bisogna considerare “l’impatto di un individuale in cui si sfarina la fragile impalcatura dei nostri universali” attraverso “una continua reinvenzione del linguaggio” (da “Kant e L’Ornitorinco”). La nostra ricchezza come artiste/i si può perciò ricercare nelle possibilità che abbiamo di creare nuove forme e, parallelamente, di apportare altri valori nella cultura vigente.
Artista & Illustratrice
GARDI HUTTE R
in conversazione con A.R.
DALLE VALLI AL TEATRO
Sono nata nel ’53 ad Altstätten, un paesino svizzero, da una famiglia molto cattolica, in un’epoca che oggi non puoi immaginare quanto fosse rigi da. Picchiare i figli era ritenuta una pratica educativa necessaria, e per noi ragazze il mas simo a cui potevamo ambire era diventare madre, oppure una segretaria di qualche direttore. Anche il rapporto con la risata, con la libertà di esprimersi, era molto limitato per noi. Le donne che facevano ridere nel mondo dello spettacolo non c'erano, e lo spiegavano con astruse teorie biologiche che volevano la donna incline invece al pianto. Le attrici dovevano essere attrici tragiche, oppure sul palco potevamo ballare, cantare, recitare poesie, ma solo in modo “leggiadro”. Non era costume che la donna fosse beffarda, sarcastica, che ridesse dei potenti, come era consentito a un buffone, a un clown. È solo con il ’68 e il femminismo che si sono aperte nuove strade. In quel periodo ho fatto militanza politica a San Gallo, ma ho capito presto che le lunghe riunioni non facevano per me, inoltre anche lì prevaleva un clima patriarcale. Mi sono allora impegnata nel sociale, trasferendomi a Parigi, dove ho lavorato per un anno nelle periferie, tenendo dei doposcuola dove insegnavamo anche a suonare e a fare teatro. Fu proprio la grande possibilità che il teatro dava ai giovani di esprimersi, di raccontarsi che mi affascinò. Dopo una prima esperienza in una compagnia di teatro politico, cominciai nel ’74 a frequentare l'Accademia di Teatro a Zurigo, per poi completare la mia formazione a Milano, presso il Centro di Ricerca di Teatro. Lì arrivavano tutti, da Grotowski a Bread & Puppet, a Peter Brook, a Bolek Polivka . Ho imparato tanto da Mario Gonzales (Théâtre du Soleil) ,
facevano ridere. Così l’ho adottato come mio tratto fisico distintivo e dal 1981 ho cominciato la mia carriera solista.
In quegli anni c’erano delle clown donne, ma nessuna che emergesse e diventasse famosa. Era un movimento agli albori di cui facevamo parte. Io stessa ho impiegato tre anni per trovare il mio personaggio. Il mio primo spettacolo racconta di tre angeli che dovevano parlare a Giovanna d'Arco ma sbagliano indirizzo e arrivano da una Giovanna che fa la lavandaia, che non comprende il loro messaggio ed è troppo grassa per entrare in un’armatura. Un personaggio che rompeva con i canoni di una femminilità stereotipata. Aveva un lato dolce, anche tenero, ma poteva essere anche cattivissima.
L'eroe viene adorato, ammirato, invece l'anti-eroe viene amato, perché ci sentiamo un po’ tutti come lui/lei, delle piccole merde, senza più tante pretese, e penso che il pubblico mi ami proprio per questo.
Teatro Ingenuo e Nani Colombaioni. Ero legata all’Italia e sono venuta ad abitare a Milano. Eravamo squattrinati, ma con tanta ricchezza interiore e con il mondo davanti.
IL CLOWN
Fu proprio a teatro che emerse il mio clown. Ero nel cast de I Cavalieri di Aristophanes di Mario Gonzales nel 1979, dove tutti gli attori avevano dei tratti fisici esagerati e io avevo il ruolo della donna “eternamente incinta”. Ero rotonda come una palla e nello spettacolo è venuto fuori che questo aspetto e il mio personaggio
In realtà non vedo una netta distinzione tra il clown maschile e quello femminile, anzi spesso le sensibilità e i personaggi travalicano queste categorie e la cosa migliore sarebbe superare questi clichè. Ogni clown è un unicum, le differenze sono più da individuo a individuo che da donna a uomo. Io posso aver portato dei personaggi che non erano stati ancora raccontati come la lavandaia, la segretaria, ma poi il clown, più degli acrobati, deve distinguersi da tutti gli altri. Sul palco deve riconoscersi la sua ombra, la “sagoma” come diciamo in gergo.
IL SACRO E IL PROFANO
Nella città dove sono cresciuta c’era la tradizione forte del carnevale, quello con le maschere che da bambina ti fanno paura. Un carnevale che ho vissuto molto intensamente da ragazza. Storicamente tutti i personaggi clowneschi vengono fuori da queste feste arcaiche, dove i morti tornano in terra, si fa la festa, mangiano, bevono, amano e poi dopo rispariscono. Qui il sacro si mescola al profano, proprio come fa il clown, che sul palco conduce un rituale, come un prete conduce la messa, seguito da un pubblico che lo segue con grande coinvolgimento. La risata qui capovolge la dimensione sacra della messa, riporta tutti alla loro natura terrena, capovolge il sacro e la tragedia, la paura della morte, su cui si fonda la religione, ma anche il teatro per certi versi. Non possiamo vincere la paura della morte, ma possiamo ridere e ridimensionarla per un attimo, e con lei anche la paura del fallimento, perché la morte è il fallimento più grande. Ma la vita è piena di fallimenti più piccoli, perché non sei il più intelligente, non sei il più bello, non sei il più… e ogni giorno affrontiamo le paure di una piccola morte da superare.
intervista
ph Adriano Heitmann
La risata è un'invenzione potente, una conquista dell’umanità, a lungo relegata nell’angolo della stupidità. Invece probabilmente è la cosa più intelligente che l'essere umano abbia inventato, capace di liberarti, di toglierti il peso delle preoccupazioni. Forse non a caso in molte lingue l’azione del recitare viene espressa con la parola “giocare”, nel senso anche di beffare, scherzare, per ricondurre la vita a un gioco, e non solo a sofferenza e paura della morte. Dopo 50 anni sul palco, quando ho il pubblico di fronte, avverto sempre questo desiderio del pubblico di stemperare la paura della morte e del quotidiano. Si fanno coinvolgere nella storia, nel personaggio, ridono, piangono. In scena mi sento come la guida di questo viaggio emozionale che facilita questo momento di liberazione, di abbandono. Fa bene anche a me e me lo godo in tutta la sua intensità. Ho fatto più di 4.400 spettacoli nella mia vita, e ancora non smetto. Certo ho meno forza che a 40 anni, e nello spettacolo mi agito per 70 minuti senza sosta. Uno sforzo che non riuscirei a compiere fuori da quel contesto e da quel trasporto, ma sul palco nemmeno me ne accorgo. Ormai ce l'ho dentro, perciò posso anche godermelo.
LE NUOVE GENERAZIONI
Per noi il clown era un punto di arrivo, e i modelli per noi erano I Colombaioni, Polivka. Loro erano clown e io lavoravo e mi formavo per anni, sognando di diventare un giorno anche io un clown. Oggi uno fa una settimana di un corso di clown e poi dice di essere un clown. Nei miei workshop spiego sempre ai giovani clown che non c'è modo più disciplinato di recitare che quello clownesco. Il clown sul palco è un lavoro di precisione, perché devi limare e limare, fino a rendere tutto più semplice possibile. Nel circo di tradizione si arrivava a fare il clown a fine carriera. Da una parte non hai più la prestanza fisica per fare l’acrobata, però dall'altra hai maturato una confidenza con la pista, sai tenere il pubblico. Ho lavorato anche io nel 2000 al circo di tradizione, al Circus Knie, che scrittura i comici famosi svizzeri per una stagione. Lì facevo alcune mie entrate tra un numero e l’altro. Una bella esperienza, però io mi sento a mio agio nel teatro, che ha tutta un'altra dinamica. Tra le mie maggiori influenze iniziali c’era il cinema muto di Charlie Chaplin e Buster Keaton. Personaggi tristi, anche tragici, che poi ti fanno ridere, e raccontano storie lunghe. Quello è il format che mi interessava, che ho perseguito e consiglio sempre ai giovani di trovare il luogo dove si sentono più a loro agio con il loro clown e il loro talento.
La Sarta Giovanna D’ARPpO
Stephan Bundi
illustrazione Fra Martò
LEANDRE
Sono sempre stato attratto dal mondo dello spettacolo; a 7 anni facevo trucchi di magia e a 12 volevo diventare un mentalista. Poi la vita mi ha portato a diventare un clown. È stato subito dopo la caduta del Franchismo, negli anni ’80, con quel boom della cultura dappertutto in Spagna, anche in strada. Lì ho visto artisti come Tortell Poltrona, I Colombaioni, Yves Le Breton e tanti altri e a 18 anni ho cominciato a guadagnarmi da vivere facendo il clown, ispirato anche dai grandi attori del cinema muto: George Carl, Chaplin, Keaton. In tre fondammo la Compañía Latal e per 10 anni abbiamo lavorato con un discreto successo. Poi nel ‘92 mi sono trasferito in Australia, dove ho iniziato la mia carriera da solista.
I clown hanno una lunga tradizione, probabilmente cominciata già quando l’uomo viveva nelle caverne. Io provengo dalla tradizione del clown eccentrico, ma sono influenzato anche da Slava Polonin e molti altri clown. Ogni clown è un mondo completamente diverso. Nel mio caso quando ho cominciato non sapevo cosa stavo facendo. Poi dopo 10 anni inizi a trovare delle parole per descrivere quello che fai. E intanto scopri che, in effetti, fai parte di un movimento storico che stava emergendo in quel momento, e che altri stanno arrivando dopo di te.
Racconto sempre che agli inizi in Spagna ero considerato un comico, poi attraversando i Pirenei sono diventato immediatamente un artista, un poeta. Eppure in Francia facevo le stesse cose che facevo in Spagna! In quegli anni ci definivamo mimi, poi hanno cominciato a definirci clown mimi. E ora siamo clown. Allora eravamo associati alla strada e al teatro, mentre il circo rimaneva un mondo a parte. E ora invece facciamo parte del circo. Abbiamo sempre trovato molto difficile definire cosa facciamo e cosa sia un clown. Ma so che quando lo vedo lo rico-
Fly Me to the Moon
ha avuto molto successo, ma mi è piaciuto. L'ultimo spettacolo che ho fatto è N’Importe Quoi, vede cinque clown sul palco. Il mio obiettivo era valorizzare buoni clown che non hanno buoni spettacoli, e ce ne sono molti. Volevo creare per loro un buon spettacolo affinchè il pubblico potesse apprezzarli, ed anche questo è stato per me uscire dalla mia zona di comfort. In effetti la parte che mi piace di più del mio lavoro è quella artigianale. Ma non solo costruire gli oggetti di scena. Esibirsi è un mestiere, e il mio mestiere è il clown, e da artigiano quello che più mi piace è creare uno spettacolo, immaginarlo, costruirlo.
nosco e mi piace. Ed è qualcosa che va oltre la performance o lo spettacolo. C'è qualcosa lì che non riesco a definire ma che amo. Mi piace il buco nero che si forma dietro il clown; l'abisso, il precipizio, la vertigine che il clown crea. Un clown può far ridere a crepapelle, ma questo è esattamente uno dei clichè del clown. Quello che mi interessa di più è la tensione, la sospensione, l'aspettativa di quel momento, con qualcosa che sta per accadere. Poi arriva anche una risata o una sorpresa, ma ciò di cui mi sento più felice è quel momento nel mezzo. È una risata diversa ogni volta. Sì, forse ridi, ma è anche qualcos'altro.
In scena abbiamo a che fare con i gusti diversi del pubblico, con i cambiamenti nella società. In modo divertente e sarcastico dico che noi pagliacci siamo delle prostitute. Apparteniamo al pubblico. Cerchiamo sempre una mediazione tra quello che ci piace portare sul palco e quello che al pubblico piace vedere.
La maggior parte dei clown si relaziona col pubblico in un modo che spinge all'empatia e alla comunità, e questa è di
Amo farlo, è ho una carriera costellata di successi. Ma non disdegno di uscire dalla mia zona di comfort. Ho realizzato uno spettacolo chiamato Demo D, un omaggio ai clown circensi tradizionali. Ai miei occhi non erano molto bravi e piuttosto patetici, e per molti anni non li ho riconosciuti, non sentivo che venivo da quella tradizione. Ma un giorno ho deciso che erano i miei nonni, e che quindi gli avrei dedicato uno spettacolo. Non
per sé già una dichiarazione politica. Poi ci sono clown che sono più espliciti in scena rispetto ai temi della società e della politica, e altri come me che non lo sono. Ma quando ero giovane pensavo che fare il clown potesse essere il mio contributo a cambiare il mondo. Oggi penso che probabilmente non cambierò nulla, ma cerco di rendere più felici le persone intorno a me e di rendere il mondo più leggero.
N'Importe Quoi
Fly Me to the Moon
ph Sara Meliti N’Importe
PETER SHUB
Ho iniziato a esibirmi a 20 anni. Allora studiavo sociologia in America e avevo un amico illusionista, così non esitai a portare in strada alcuni trucchi di magia che mi aveva insegnato. Per me era così interessante poter attrarre degli sconosciuti e creare un cerchio, un piccolo gruppo di umani. Ed erano anche buoni soldi! Potevo semplicemente stare in piedi su una scatola, agitare un foulard rosso e farlo sparire, senza dover recitare alcun testo da imparare a memoria. Mi definivano un mimo che faceva illusionismo. Ma il mimo è un’arte ed io non avevo alcuna formazione, semplicemente non parlavo durante gli spettacoli!
Decisi di studiarlo. Le migliori scuole in America si ispiravano a Decroux, Lecoq e Marceau. Incontrai proprio Marceau a Philadelphia, che mi invitò a studiare mimo a Parigi. Era il 1981 e per pagarmi la scuola mi esibivo nei varietà e nei cabaret di Parigi, anche con successo. Conobbi Roman Polański, che mi offrì un ruolo nella sua versione dell’opera Amadeus di Peter Schaefer. Debuttammo nel 1983 al Théâtre du Marigny, il più antico di Parigi, sugli Champs-Élysées. Non potevo crederci. Avevo 23 anni e ogni sera, per 10 mesi, stavo lavorando con Roman Polański. In Francia studiai anche da Étienne Decroux, il padre del mimo moderno, tra i maggiori insegnanti di Marceau e Jean-Louis Barrault. Lo raggiunsi che aveva 86 anni, seguendolo per quattro anni.
Eppure il clown non era ancora nel menu. Allora volevo essere un attore serio, che sapesse muoversi bene sul palco. Ma in tanti dicevano che avevo uno spiccato senso dell'umorismo, che non era così facile far ridere e che avrei dovuto approfittarne. Fu proprio Polański a dirmi “tu sei un clown”. Davanti al Centre Pompidou incontravo altri artisti di strada che facevano ridere e dicevano “stiamo facendo il clown”. Questo termine ritornava a più riprese.
Ma più che comico, clown o intrattenitore, io mi vedo come una persona che ha il senso dell’humor, capace di farsi amare dal pubblico. Puoi essere divertente quanto vuoi, ma se non sei simpatico al pubblico farai poca strada. Molti pensano che i clown sono persone speciali, ma ogni persona ha un clown speciale, ognuno ha qualcosa di unico e può imparare a esprimerlo su un palco e avere un pubblico. Non è mai troppo tardi per diventare un bravo clown. Un clown deve però anche saper ascoltare ed essere curioso, della vita e del pubblico. Questi sono due tra gli strumenti più importanti nella cassetta degli attrezzi del clown. Il lavoro del clown è far ridere le persone, ma non mi dispiacerebbe se potessi anche far piangere. Ridere e sorridere non sono altro che un ascensore per le emozioni interiori, come piangere. È un segnale del sentirsi bene, ma anche un sollievo che mitiga l’ansia dei dubbi e insicurezze che nutriamo su noi stessi. Abbiamo sempre tutti bisogno di ridere un po’, è un desiderio e una necessità. Ma non puoi comprare le risate, né cercare dei surrogati artificiali. Così andiamo a teatro, oppure a vedere un film, o scherziamo con i nostri cari.
visto morire tra le mie braccia mio figlio di 5 anni per un accidente. Quel tipo di esperienze dolorose dalle quali non esci più come eri prima. Ero già affermato come artista e, dopo aver dato sollievo a tanti spettatori, mi chiedevo quale clown potesse lenire il mio dolore. Cinque giorni dopo avevo uno spettacolo. Tutti si aspettavano che lo annullassi, ma decisi ugualmente di andare in scena, per non sprofondare nel dolore. Funzionò. Da allora ho capito che non devo solo giocare con uno spirito comico, o avere la pressione di essere divertente. Devo solo metterti in contatto con le tue emozioni. Regalarti un sollievo, così come l’ho provato io nell’andare in scena in quel momento così tragico. Perdere mio figlio è stato devastante, ma sono riuscito ad andare avanti, trovare qualcosa di bello, altrimenti non avrei avuto nemmeno la forza di alzarmi dal letto la mattina.
Oltre a continuare a guadagnarmi da vivere la mia motivazione principale oggi è essere un buon padre. Personalmente mi pento di aver viaggiato così tanto per lavoro, perché ho dovuto spesso stare lon-
Ho avuto tante esperienze nella mia vita, che mi hanno plasmato come artista e reso più umile, vulnerabile. Nel 2001 ho
tano dai miei figli. Ne ho sei, ma nessuno interessato alle arti performative. Quindi il “mestiere” è rimasto con me, e quando sono con dei giovani artisti sento di avere una specie di eredità da tramandare. Gli consiglio sempre di essere se stessi, di essere autentici sul palco, uscire dai clichè. Il nostro è un lavoro meraviglioso, con persone sedute che aspettano la tua storia. E noi umani siamo grandi narratori, grandi comunicatori, capaci di appassionare.
foto di Moritz Küstner
MARIO GUMINA
ARTISTA, REGISTA, CONSULENTE ARTISTICO CIRCUITO CLAPS, TUTOR CENTRO DI RESIDENZA INTERCETTAZIONI claps.lombardia.it/festival/tendenza-clown-2024
Il mio percorso artistico è iniziato con la musica. Poi, molti anni fa, mi sono imbattuto in un clown/mimo al festival di Sant'Arcangelo e ho capito che quella forma d'arte mi attraeva. Poco dopo ho frequentato un workshop a Montepulciano con Marcel Marceau, che mi ha invitato a proseguire la formazione presso la sua prestigiosa scuola a Parigi. Era la metà degli anni ’80, e posso dire che il mio cammino artistico è nato in Francia, dove sono rimasto formandomi ulteriormen te con Pierre Byland e Ctibor Turba, la vorando poi a Lione con la compagnia L’Excuse che ho diretto con Dominique Lajoux per 30 anni. Sono stato molto fortunato a trovarmi lì in quel periodo. Dopo anni di lavoro in Francia e aver attraversato il mondo con i miei spettacoli, ho sentito il desiderio di riportare questo universo in Italia, unendo teatro, circo, musica. Da questa intuizione è nata ad esempio La Strada Festival a Brescia, oggi alla sua XVII edizione, realizzata da Circuito CLAPS.
Tendenza Clown, sempre creato da Cir cuito CLAPS, nasce invece con l'idea di svelare le molteplici espressioni del clown, liberandolo dai cliché del pagliac cio con il naso rosso e le scarpe grandi. Nel selezionare gli artisti, cerco una pro fondità, un tratto clownesco che può non essere immediato. Provenendo dal teatro, cerco soprattutto una dimensione drammatica, la capacità di far sorridere anche attraverso un racconto profondo.
La scelta del termine “tendenza” qui assume un significato forte e dinamico, suggerendo una capacità di interpretare il presente per immaginare e costruire il futuro del clown. Non è soltanto questione di mettere in scena spettacoli, ma di stimolare una riflessione su come il clown possa evolvere, adattandosi a nuove sensibilità, linguaggi e forme espressive. In questo modo, il festival si propone come un punto di riferimento per le nuove generazioni di artisti, incoraggiandoli a spingersi oltre i confini tradizionali e a trovare nuove modalità di espressione all’interno della scena clown contemporanea.
Il festival si realizza in collaborazione con il Teatro Parenti, uno spazio teatrale raffinato. Non volevamo che l’evento fosse considerato solo per famiglie, e posso dire che ci siamo riusciti. Il nostro pubblico segue le proposte con attenzione e competenza. Per facilitare una fruizione diversificata, utilizziamo sia la sala grande da 600 posti sia spazi modulabili o non convenzionali, come gli splendidi Bagni Misteriosi presso la piscina del teatro. Questo ci ha permesso di proporre spettacoli itineranti, come MDR dei Los Galindos, o creazioni site-specific di artisti come Adrian Schvarztein e Jurate Sirvyte Rukstele. Avendo avuto la fortuna di conoscere grandi maestri, era mio desiderio avvicinarli al pubblico e ai giovani artisti italiani. Avner, Peter Shub, Leo Bassi, Gardi Hutter e altri sono stati invitati quindi a portare non solo il proprio spettacolo in teatro ma a donare con workshop e talk la propria arte, incentivando uno scambio prezioso.
Milano non è una scelta casuale per il festival: qui il DNA del clown è ben radicato. Negli anni ’80, Milano ospitava già artisti come Bolek Polivka e Ctibor Turba che, sotto il regime comunista cecoslovacco, comunicavano idee politiche attraverso il clown e lo spettacolo: un’arte nata per necessità, che ha contribuito alla nascita del nuovo circo. Quando Polivka venne a Milano collaborò con Filarmonica Clown, una compagnia che univa dramma e comicità. Dal grande artista e da altre figure è nata una lunga tradizione di clown a Milano e Tendenza Clown vuole essere anche un omaggio a queste radici.
Homocatodicus
compagnie
Lyon L Excuse MDR
Los Galindos
Peter Shub workshop
Mario Gumina
ph
Klara Pedrol
illustrazione Fra Martò
Homo Catodicus - Cie L Excuse
Tendenza Clown 2024
SPAZI PU LICI PARTECIPATI BB
FABRIZIO GAVOSTO
direzione artistico festival Mirabilia festivalmirabilia.it
Tra gli spettatori, soprattutto negli ultimi 20-30 anni, c’è richiesta e disponibilità per svolgere un ruolo attivo. Una richiesta non espressa chiaramente, a volte inconscia, che bisogna saper raccogliere. Personalmente sono stato motivato ad iniziative di tipo partecipativo già seguendo le esperienze di Jack Lang e soprattutto di Michel Crespin, che ha rivoluzionato il teatro francese utilizzando proprio il teatro di strada. Traslando l’operazione verso il circo si ottiene qualcosa di ancora più forte, più spettacolare, ma anche più facile da implementare.
Negli anni abbiamo sperimentato una grande varietà di iniziative partecipative, a partire dai cani di cartapesta di Tom Campbell, che ha coinvolto 200/300 persone nel costruirli e portarli in giro, con molte di queste poi entrate nello staff del festival. Oppure con gli spettacoli Arancia e con il site specific in piscina diretti da Marco Chenevier; ma anche attraverso le esperienze in luoghi particolari come i centri di accoglienza, per arrivare alle esperienze più recenti in strada con Lonely Circus e Panorama Kino
La riflessione va allargata a quale è la funzione di uno spazio pubblico, percepito oggi solo come un luogo di passaggio. Per assurdo gli spazi di aggregazione più frequentati sono diventati i centri commerciali, mentre molti quartieri di periferia registrano invece enormi problemi di interazione e degrado. Sappiamo però che le esperienze partecipative possono aiutare nella riappropriazione di uno spazio pubblico. L'organizzazione di spettacoli e attività in modalità partecipativa, condotta per un tempo continuativo sufficiente e coadiuvata da associazioni che lavorano sul territorio, può cambiare il panorama sociale, le dinamiche di incontro. Come è accaduto nel quartiere Cuneo Centro, dove con questo tipo di interventi la strada principale si è trasformata da luogo di degrado, in cui non ci si andava nemmeno di giorno, in una via frequentata, piena di dehors, con ristoranti etnici.
FILIPPO MALERBA
direzione artistica Fuori Asse Festival quattrox4.com/fuori-asse-festival-2024
La III edizione di Fuori Asse Festival, a cura di Quattrox4 in collaborazione con Cascina Martesana, Nina’s Drag Queens e Crea Productions, è stata dedicata al circo contemporaneo partecipativo e alle sue nuove drammaturgie. Il suo obbiettivo era creare un momento di festa collettiva in un luogo chiave di Milano, crocevia di incontri e culture: l’Anfiteatro Martesana e il suo Parco, insieme alle comunità che lo abitano e le sonorità che lo attraversano.
La partecipazione attiva delle cittadine e dei cittadini è una delle priorità di Quattrox4 e ci interroghiamo molto sulle modalità per incoraggiarla. Quest’anno ci siamo concentrati su cinque strade: selezionare spettacoli improntati alle drammaturgie della partecipazione (We Agree To Disagree del Collectif Malunés, One Shot del Collectif Protocole, Tricot di Kirn Compagnie); imbastire un ricco programma di laboratori, tra giocoleria, maschera drag, cartapesta, scenografia; coltivare le relazioni sul territorio, coinvolgendo in modi differenti le realtà locali, dal pic nic di quartiere al circo in famiglia; costruire un percorso di avvicinamento al Festival, proponendo lo spettacolo Due Tasti di Lucas Zileri e Silvia Giliberto tra biblioteche e centri anziani di quartiere; attivare dispositivi per l’accessibilità culturale, ragionando su interpretariato LIS con Associazione Fedora, insieme a strumenti di cura collettiva, attivando un Punto Giallo per costruire la festa come uno spazio di cura. Crediamo sempre di più che il circo contemporaneo come pratica culturale possa costruire dispositivi di partecipazione collettiva, e portarci a ragionare sul nostro stare nel mondo in maniera inaspettata e stimolante.
Mirabilia 2024
ph
Silvia Varrani
ph
Silvia Varrani
Giovani del territorio nello spettacolo Moby Dick
Laboratorio costruzione con cartapesta
I cani di Tom Campbell ivadono Busca
ph
Loris Salussolia
ph
Loris Salussolia
Fuori Asse 2024
One Shot del Collectif Protocole
LONELY CIRCUS CIRQUE
intervista di A.R. a Sébastien Le Guen
Da giovane ho fatto teatro e molti sport, incluso l’atletica, e per me il Circo può essere inteso anche come qualcosa a cavallo tra arte e sport. In seguito mi sono diplomato a metà degli anni ‘90 alla scuola di circo Le Lido, a Toulouse. Lì è nato un gruppo di 5 giovani artisti, che ha lavorato tanto insieme e che un giorno, come le rock band, si è diviso. Così nel 1999 ho creato la mia compagnia Lonely Circus e da 25 anni questo nome ci accompagna, anche quando calchiamo la scena in più artisti.
Altra mia grande passione è il disegno. Per ogni mio spettacolo disegno personalmente una sorta di story board e in L’Enquête ho iniziato a usare i disegni come parte integrante dello spettacolo. Il disegno è un’arte del movimento, devi esercitarti molto, come nel circo, o nella musica, ed esibirsi sul palco è come esibirsi sul foglio.
L'idea di realizzare il concept show Parenthèse Points Parenthèse, portato qui a Mirabilia negli ultimi anni, è nata nel periodo pandemico. In Francia eravamo chiusi in casa, con solo un'ora per uscire, che utilizzavo per allenarmi sul filo steso tra due alberi nella piazza dove vivo da 15 anni. Lì ho incontrato persone che frequentavano la piazza, realizzando che in tutti quegli anni non avevo mai parlato con l’anziana signora, il ragazzo con il cane, il commesso del panifico e altri habituè. Ho così iniziato a scrivere e disegnare la storia della mia piazza,
un’esperienza durata tre mesi, lavorando per po terla replicare altrove. Ne è scaturito un per corso di 4 giorni, repli cato da allora in più di 25 luoghi, imperniato sul rac conto della comunità del luogo attraverso disegni e performance sul filo.
L’esigenza forte di relazione tra le persone emersa durante la pandemia mi ha fatto anche riscoprire il mio lavoro di artista. In Francia riceviamo molto sostegno per il circo contemporaneo, ci esibiamo a teatro, in un contesto molto intellettuale, ma siamo spesso lontani dal pubblico. Personalmente ero quasi tentato di ritirarmi e Parenthèse Points Parenthèse è stata in effetti una rinascita. Forse ritornerò sul palco, ma per il momento poter lavorare nella comunità mi restituisce una dimensione più politica del mio agire. C’è molta xenofobia in giro, sia in Francia sia in Italia, dobbiamo invece prenderci cura delle persone, creare relazioni con loro e tra di loro. Con Parenthèse Points Parenthèse ho visitato tante banlieue, che sono in effetti dei villaggi, dove gli anziani vivono con i giovani appena arrivati, con tanta vita di comunità.
Questo nuovo corso ha anche modificato il mio rapporto con il filo teso, che avevo quasi abbandonato, cominciando a lavorare con altri tipi di equilibrio e di oggetti, come in Fall Fell Fallen, per esempio. Ripreso il filo durate la pandemia mi sono accorto che diventava un modo per incontrare le persone. Per me è interessante raccontare una storia, perché vengo anche dal teatro, e
posso usare il circo o il disegno per raccontare la storia delle persone. È come girare un film, dove hai l’azione e i sottotitoli, dove il mix di disegni, testo e movimento danno un senso alla performance. Anche la visione sullo spazio circostante è diversa, perché sul filo riesco a vedere tutto quello che accade intorno. Per la performance ho posizionato il pubblico molto vicino, come il primo piano nel close up della magia. Desidero che avvertano la difficoltà della disciplina, il pericolo, vedano il dettaglio dei miei sforzi, altrimenti da lontano sembra una pratica fatta senza sforzo.
Il mondo dell’equilibrismo su filo è cambiato molto in questi anni, grazie a grandi artisti come Les Colporteurs, Rasposo. Agli inizi mi allenavo nel solco della tradizione con Isabelle Brisset, un’insegnante della Fratellini, imparando i trick del repertorio classico, con movimenti molto simili alla danza classica. In seguito mi sono però allenato anche con giovani artisti che hanno un approccio diverso alla disciplina. Oggi si è più vicini ai movimenti e all’estetica dell’hip hop, ci sono molti giovani artisti che fanno filo, ci si muove lavorando non più solo su due appoggi ma anche su tre o addirittura quattro. Forse è un po’ troppo per me, 49 anni si fanno sentire, ma è bello vedere che questa forma artistica si evolve continuamente.
foto di Loris Salussolia
COLLECTIF MALUNÉS
Collectif Malunés nasce nel 2009 da quattro giovani artisti franco-belghi (tra cui due fratelli) che frequentavano la scuola superiore di arti circensi AcaPA in Olanda. Il loro primo spettacolo, Sens Dessus Dessous, arriva nel 2010, collezionando negli anni oltre 250 repliche in 8 paesi. Nel 2015 è il turno di Forever, Happily…, una reinvenzione creativa dei personaggi delle fiabe del passato. Il collettivo conta a questo punto 7 artisti, 3 tecnici, 2 staff in produzione e lo spettacolo si svolge sotto un tendone color bordeaux vintage. Nel 2021 BITBYBIT debutta un altro spettacolo di grande successo, in co-produzione con MovedByMatter, che vede in pista i due fratelli Simon &
Vincent Bruyninckx. Nel vasto repertorio di tecniche ed attrezzi del collettivo risaltano l'altalena coreana, la ruota Cyr, il trapezio oscillante, i tessuti, il mano a mano, la “mascella d'acciaio” (così magistralmente utilizzata in BITBYBIT) e la musica dal vivo.
Con We Agree To Disagree, arrivato nel 2020, il collettivo si cimenta con il concept di uno spettacolo partecipativo negli spazi outdoor. “Utilizzando la nostra esperienza collettiva vogliamo parlare dei diversi modi in cui gli esseri umani riescono o falliscono nel vivere e lavorare insieme. Ci interessa la ricerca sulle cadute, i fallimenti, gli elementi essenziali della sicurezza, da qui il bisogno di solidarietà e l'abitudine al lavoro regolare di gruppo, che è la forza del collettivo. L’idea di creare arte collettiva è condividere un’esperienza, un’assunzione di rischi onesta, fisica e reale. Desideriamo andare verso una satira delle organizzazioni sociali conosciute e vissute quotidiana-
mente, assumendo ruoli e immergendoci nelle diverse forme politiche già utilizzate dagli esseri umani per convivere (democrazia, comunismo, anarchia, etc.). Anche se 10 anni fa abbiamo formato un'alleanza, creato e vissuto insieme, la questione del funzionamento come collettivo è ancora attuale ed essenziale per noi, e al centro della nostra nuova ricerca creativa. Vogliamo evidenziare i nostri successi, i nostri disaccordi e confrontarli con il pubblico. È possibile la creazione collettiva quando siamo tutti diversi? Come fare le scelte insieme e prendere le giuste decisioni? Fare concessioni, fidarsi gli uni degli altri, manipolare gli individui, le masse, convincere il gruppo, votare, scegliere, allearsi gli uni contro gli altri. Questa creazione è un esperimento, un abisso della società: usiamo il pubblico come cittadino, o membro di una comunità, a volte attivo, a volte è passivo, altre manipolato. Uno spettacolo contemporaneo, crudo e toccante, sulla questione del “vivere insieme”, in cui il pubblico viene invitato ad assumere ruoli e rischi nello sviluppo della drammaturgia, ma anche nelle acrobazie con gli attrezzi aerei. Un momento di circo che è allo stesso tempo virtuoso, patetico, estetico, a volte disordinato, ovviamente acrobatico, con un organico eroico e tanta musica!”
ph
PANORAMA KINO THEATRE
kinopan.com tomoskar.com
Tom Greder è un artista che ha centrato la sua ricerca sulla commedia fisi ca contestuale e interattiva. Nato in Svizzera e cresciuto in Australia, il suo stile attinge molto dal teatro europeo, dal circo e dalle tra dizioni del teatro di strada. Formato si come artista circense e clown contemporaneo presso The Circus Space e l'Ecole Philippe Gaulier, dal 1988 ha prodotto e interpretato nove produzioni oltre a collaborare con molte realtà di circo, teatro, danza e cinema. Il suo lavoro lo ha portato in oltre 400 festival, eventi teatrali e di strada in 38 paesi. Come regista e insegnante si è affermato per il suo approccio innovativo alla creatività nel teatro fisico. Insegna regolarmente in celebri scuole di arti performative e conduce i suoi workshop "Finding Comedy" in tutto il mondo. Il pluripremiato
Panorama Kino Theatre è la cristallizzazione dei suoi 36 anni di esperienza internazionale performativa alla ricerca di esperienze per il pubblico interattive, inclusive, trasformative e stimolanti.
Un format di spettacolo unico e innovativo, che sfida gli stili attuali di teatro interattivo e site-specific. Un kino-cabinet pop-up, ovvero una struttura che simula una piccola sala cinematografi-
esterno. L'intera struttura inizia a ruotare lentamente di 360º attorno al proprio asse, rivelando gli edifici, lo spazio pubblico e le persone che lo popolano. Mentre le rotazioni continuano, la realtà percepita dal pubblico in sala inizia a cambiare, a distorcersi, a offrire una serie di quadri surreali. Questo progressivo passaggio dalla realtà alla fantasia è il frutto dell’interazione del gruppo di 4-6 artisti/facilitatori della compagnia con i passanti, che vengono coinvolti nell’animazione di brevi scenette, diventando le star di una co-creazione. Nascono così performance estemporanee immersive e site-specific, ambientate in uno spazio pubblico. Dai racconti shakespeariani alle feste di strada in stile flash-mob di danza, ogni episodio crea esperienze interattive e trasformative uniche.
ca, capace di ruotare su se stessa, viene collocata al centro di uno spazio pubblico e un pubblico di 24 persone prende posto al suo interno. Le luci si abbassano, parte la colonna sonora e la proiezione ha inizio quando sulla parete dello schermo si apre una grande finestra che rivela il mondo
Le performance di Panorama Kino Theatre durano fino a 100 minuti, suddivisi in una serie di "episodi" di 15 minuti collegati tra loro, ognuno dei quali racconta una storia diversa. Ruotando lentamente di 360° gli spazi e i luoghi vengono incorniciati, evidenziati, ri-mistificati e rivitalizzati. Inoltre, poiché il pubblico all'interno della struttura cambia dopo ogni sequenza di 15 minuti, anche chi è stato spettatore ha la possibilità di integrarsi come attore negli spettacoli all'esterno, e viceversa.
ph Andrea Macchia
ph Andrea Macchia
ph
Loris Salussolia
Art'n'Money
PRODUZIONE ARTISTICA E SPERIMENTAZIONE COOPERATIVA di Federico Toso
La cooperazione è una moneta ad alta probabilità. Puoi tirare a sorte e cascare nel territorio del noto o puoi liberare l’immaginazione e orientare l’azzardo verso opportunità sempre nuove. Nella prima faccia è stampato il profilo del fatturificio. In tutte le altre, che sono tante quante ne puoi immaginare, c’è il territorio del vero cooperativismo possibile. Il nuovo spettacolo di Tarinii Ferrari, Rêverie, presentato a novembre allo Spazio Polaresco di Bergamo, nasce anche dalla scommessa di reinventare (o più precisamente concretizzare) l’esplorazione di un nuovo territorio di applicazione del modello cooperativo all'ambito professionale atipico dei suoi artisti.
La produzione artistica
Affrontare la questione della produzione e coproduzione di opere performative, nel contesto contemporaneo italiano, è un viaggio complesso, affascinante e disseminato di sfide. E a maggior ragione lo è per le arti del circo e dello spettacolo di strada, due settori che si trovano a dialogare con dinamiche di mercato e contesti di allestimento che richiedono competenze differenti, stratificate e a forte adattabilità, mentre gli strumenti legislativi, a cui la riforma del codice dello spettacolo doveva mettere mano, restano impantanati nelle more del gossip e delle proroghe consecutive.
Resta così, almeno per i prossimi tre anni, lo status quo di un fondo nazionale ancorato a logiche sorpassate e inadatto a rilanciare pienamente la sfida, anche competitiva, di cui i settori delle outdoor art e del circo hanno bisogno. La produzione di nuove opere in questo ambito è ancora legata, in larga misura, alla passione e alle possibilità offerte dalla trincea creativa degli artisti, che si fanno carico di colmare queste lacune
con una buona e determinante dose di cazzimma.
Resistere e reinventarsi Ci sono realtà virtuose di compagnie, festival, residenze artistiche e operatori capaci che riescono a sostenere progetti di grande valore, dando vita a coproduzioni solide e a reti internazionali di collaborazione. Queste esperienze tuttavia rimangono legate a soggetti spesso già fortemente strutturati. Per tutti gli altri, piccole compagnie e singoli artisti, uscire dalla mentalità garagista della produzione è impresa quasi impossibile. Manca per questo un anello della catena, quello degli operatori espressamente formati alla produzione, distribuzione e promozione di opere artistiche.
È fondamentale continuare a sostenere l’evoluzione di un sistema in cui il circo e lo spettacolo di strada non vengano marginalizzati come mera espressione di tradizione popolare, ma come linguaggi fondamentali per la cultura contemporanea. Le politiche e gli investimenti dovrebbero occuparsi di questa vulnerabilità, garantendo le risorse necessarie per sostenere un sistema produttivo in cui tutta la filiera, compresi i corpi organizzativi intermedi, possano esprimere appieno il proprio ruolo. Questo obiettivo sarà raggiungibile solo promuovendo un’infrastruttura organica che accompagni le opere artistiche dalla genesi dell'idea fino all’affermazione nei circuiti nazionali e internazionali.
L'economia di scala delle competenze Revèrie, oltre a volersi fare spettacolo, ha rappresentato dunque un tentativo di offrire una risposta alla solitudine dell'artista, instradando il processo produttivo dentro il territorio cooperativo. La scommessa è stata questa: come possiamo rendere compatibile il low
budget individuale con una proposta artistica più ambiziosa, risolvendo il quesito dentro un sistema cooperativo che “non nasce per” e “non potrebbe” produrre spettacoli?
La risposta sta nelle maglie della rete ed è la rete. Una vera cooperativa deve essere questa rete palpabile dentro cui condividere competenze e reciproche follie. Quasi un trampolino elastico capace di raccogliere il rimbalzo dell’idea e darle slancio per farne realtà.
Lo spettacolo di Tarinii, che incontra finalmente il suo pubblico e che è nato da un azzardo di proposte e rilanci reciproci, visto da questo lato rappresenta dunque una piccola porta aperta e un innovativo spunto di metodo per lo sviluppo di un’esigenza produttiva. Esigenza per la quale diviene possibile compilare il budget di produzione (alfabeto e pratica che permangono ancora ostici per gli artisti) con voci che non siano più solo fatte di moneta sonante, ma che sono valore di strategie, scambi, opportunità, tempo, appuntamenti, contatti, spazi e apertura di nuove reti. Da questa prospettiva Rêverie diventa un trampolino per rilanciare la puntata sul tavolo da gioco. Per l’artista sarà un nuovo spettacolo in repertorio. Per la cooperativa un metodo per coltivare i valori e le pratiche che del cooperativismo dovrebbero essere sempre espressione.
Nell'immagine: Revèrie, di Tarinii Ferrari
Photo credits: Giampietro Lava
Coproduzione: Doc Live & OCA Doc
CIRCONDA
SURFING E CREAZIONE CIRCENSE
Riccardo Strano in conversazione con Giuseppina Francia
Ho studiato teatro e danza con importanti personalità e mi sono formato alla Flic Scuola di Circo. Parallelamente ho studiato arti sceniche e mi sono laureato in Lettere e Filosofia, con una tesi di semiotica sul circo contemporaneo, per strutturare le conoscenze di ciò che mi appassionava. Ho vissuto tutto il fiorire e il fermento del circo contemporaneo italiano e, dopo 15 anni in tournée con il mio spettacolo al trapezio Qualcosa di Strano, ero deciso a cimentarmi in una nuova specialità di circo e creare qualcosa di nuovo. Poi per caso, proprio come era avvenuto con il circo, ho scoperto un nuovo mondo, il surf, riconoscendo subito le stesse sensazioni della prima volta che vidi un trapezio. Mi sono immerso in questo nuovo mondo, la tavola da surf è diventata il mio nuovo attrezzo di circo, le onde il mio nuovo palcoscenico ed ho iniziato una lunga ricerca tra l’acqua e la sala, spinto dal desiderio di scoprire i segreti del surf da onda. Nello stesso anno al CNAC avviavano la prima formazione continua in drammaturgia circense, che ho frequentato.
Per 7 anni ho surfato in qualsiasi condizione meteo tra Canarie, Fiji, Portogallo, Thailandia, e lungo le coste italiane. Nel surf nulla è regalato. Per prendere un’onda bisogna sempre lavorare con il corpo e con la mente, proprio come nel circo dove, per raccontare qualcosa o trasmettere un’emozione, viene richiesto un meticoloso lavoro per costruire l’azione. Così, ogni volta che scoprivo qualcosa di nuovo nel surf, riconoscevo la stessa forza di quando sei in scena e le stesse energie che tanti maestri mi hanno insegnato a sentire. È nata la necessità di far confluire le mie esperienze sceniche e gli studi in un'unica ricerca che potesse riprodurre anche le emozioni e sensazioni del surf, per scoprire dove mi potesse portare. Piano piano tutto si è trasformato in un training, che oggi chiamiamo Surfing, dove l’artista è incoraggiato a cercare il proprio ritmo, essere presente nel momento e reagire agli stimo-
foto di Marco Farruggio e Caterina Arnò
li in modo fluido, proprio come nel surf, che richiede un adattamento continuo e in sintonia con le onde. Ma mentre la mia ricerca personale tra le onde e la sala si sviluppava, ho iniziato a sperimentare il training negli stage e creazioni con oltre settanta artisti. Tutti gli spettacoli e piccole creazioni di cui ho fatto la regia (Effetto Dame, Leo, Paradise Shuttle, Wipe Out, Sentirsi, First Wave, Con Grandi Stivali, One Germano, Sueno Acrobatico, ed infine Swell, spettacolo ancora in creazione), programmati nei festival che dirigo, sono stati tasselli fondamentali che hanno velocizzato i processi creativi, segnato il percorso della ricerca. Allo stesso tempo mi hanno fatto scoprire che, come nel surf, quando un artista raggiunge un’armonia tra corpo, mente ed oggetto, il risultato è potente.
Nel surf, per prendere onde sempre più grandi delle nostre potenzialità, oltre a trascorrere tanto tempo in acqua, bisogna imparare da altri surfisti. Per questo durante tutte le creazioni con gli artisti ho sempre cercato di condividere e aprire il più possibile questo connubio tra i vettori del surf con i vettori del circo contemporaneo. Nasce così nel 2022 il progetto Circonda, espressione di un metodo di creazione che, partendo dalla metafora del surfing, intende rinnovare il lavoro dell’artista di circo per dare nuova linfa allo sviluppo dell'atto creativo. Per raggiungere questo obbiettivo ho portato gli artisti a vivere l’esperienza in acqua tra le onde, raccogliendo un interesse degli artisti di sperimentare nuovi scenari di creazione più alta di quan-
to mi aspettassi. L’anno seguente Circonda è stato finanziato dal Ministero della Cultura come progetto speciale, permettendo una grande evoluzione e rendendolo più accessibile.
Circonda è una ricerca che non ha fine perché, come per ogni surfista, c’è sempre un’onda più potente che si vuole cavalcare, un orizzonte che invita a spingerci oltre. Questa visione desidera trasformare ogni intuizione in esperienza, ogni scoperta in crescita ed è illuminante vedere altri artisti attraversare quel confine, facendo proprie le mie intuizioni artistiche e portandole a nuova vita.
DANIELE SORISI
CLEOLO, CLOWN VOLANTE
magdaclan.com/spettacoli/cleolo-clown-volante
Una delle esperienze che mi ha spinto a riflettere su cosa significhi essere un artista è stata la scuola Atelier Mask Movement di Matteo Destro, che ho frequentato sei anni fa e con la quale sono in contatto tutt’oggi. Un percorso che mi ha regalato una visione più completa e personale della vita nel mondo dello spettacolo dal vivo.
Quando indossi una maschera ti metti al servizio del personaggio, e sarà lui a guidarti in scena. La tua identità passa in secondo piano, permettendoti di diventare un tramite per qualcosa di più grande, che vive in un luogo in cui tutto è possibi-
le. Chi ti guarda non vede più te ma solo ciò che hai deciso di evocare. Nel circo contemporaneo può accadere qualcosa di simile, anche se qui i virtuosismi spesso hanno un ruolo centrale: portiamo in scena tutte le ore dedicate all’allenamento, i nostri fallimenti, la nostra ostinazione, il nostro modo di interpretare la tecnica. I gesti tecnici svelano una parte di noi stessi, trascinando inevitabilmente anche il nostro vissuto sul palco.
Ma avvertivo forte il bisogno di sperimentare qualcosa di diverso, così ho deciso di mascherarmi, di indossare un naso da clown e di prendere le distanze da ciò che sono, lasciandolo il più possibile fuori dalla scena. Così, dopo anni di creazioni collettive con MagdaClan, mi sono cimentato al mio primo solo.
Durante la mia carriera, le competenze acquisite sono spesso entrate in conflitto con ciò che desideravo portare in scena. Mi sono formato alla scuola di Circo Flic come giocoliere, ho intrapreso un bel percorso di mano a mano, mi sono avvicinato alla danza e ho esplorato l’acrodanza mescolata alla manipolazione di oggetti. Eppure, paradossalmente, nel mio primo solo non faccio nulla di tutto questo… In Cleolo, infatti, prendono vita la scrittura teatrale, il clown e il volo, i tre elementi portanti di questa cerimonia d’addio, frutto della coproduzione di MagdaClan e Les Thérèses.
Ho voluto che anche il pubblico avesse un ruolo attivo nello spettacolo. Chiedo così agli spettatori di immedesimarsi nel ruolo di colleghi di Cleolo in una carriera passata, facendogli indossare nasi rossi, parrucche e altri accessori, trasformandoli in personaggi capaci di comprendere a fondo i sentimenti che guidano il Clown in questo spettacolo.
Ciao, é ormai troppo tempo che non ci vediamo. Penso a te e ai momenti trascorsi assieme a regalare sorrisi ai bambini. I tempi sono cambiati ma noi no e ne sono felice. Per me é giunto il momento di salutare tutto questo e ti vorrei al mio fianco. Spero che tu possa venire, ho preparato un volo d’addio, spero che non mancherai. Ti aspetto al tramonto.
Cleolo
Nello spettacolo interpreto due ruoli. Il primo è quello del clown "Cleolo", un personaggio nato dagli stereotipi della tradizione, dove Cleolo esiste solo quando il pubblico lo immagina, e nella fantasia dell'artista che lo interpreta. Il secondo personaggio invece è il circense che dà vita a Cleolo, un artista ormai distaccato dal suo personaggio, che non accetta di essere visto solo attraverso quel ruolo. Se Cleolo è con la testa tra le nuvole, questo artista si carica il peso di portarlo in scena, affrontando il conflitto tra il personaggio e la propria identità. Alla fine dello spettacolo, entrambi prendono il volo, lasciando il pubblico con un malinconico addio. Un congedo che simboleggia la scelta di non identificarsi con ciò che si fa, e anche un tema che rispecchia i conflitti interiori che ho vissuto.
Il tema del volo si è agganciato a questo processo. Alla fine di uno spettacolo una bambina mi chiese: “avresti mai pensato di volare?” risposi di no, che non l’avrei mai pensato. Non è una tecnica che ho appreso per poi decidere di portarla in scena, è una tecnica di cui Cleolo aveva bisogno per potersene andare. La leggerezza e la delizia dello stare nel cielo durante questi voli inaspettati sono un grande regalo che lo spettacolo mi ha fatto.
Ero curioso di vedere dove mi avrebbe portato questa strada... e posso dirvi che, senza mai immaginare che sarei finito in cielo, scegliere questo percorso mi ha fatto un gran bene!
ph
Annagrazia
Graduato
PIETRO BARILLI
QUIETO PARADO
Q Pietro_Barilli
Sono nato a Verbania e attualmente vivo a Bruxelles. Il mio percorso formativo circense è iniziato a Granada nel 2017, presso la scuola internazionale di circo e teatro CAU, e si è concluso a Porto, all’Istituto Nazionale delle Arti del Circo (INAC). La mia disciplina principale è la corda molle, affiancata dalla rodeoline (una slackline senza tensione, simile alla corda molle) e dalla highline (slackline montata in altezza, con lunghezze che vanno da pochi metri a più chilometri).
no a provare la highline. Fu un punto di non ritorno; decisi che, se avessi potuto, avrei trasformato quella passione in un mestiere. Poco dopo, contattai la scuola di circo di Granada per partecipare alle audizioni.
Vorrei però raccontare cosa mi ha portato a intraprendere questo percorso e quale evento mi ha spinto a farne una professione. Dopo il diploma alle superiori mi sono trasferito a Granada per scoprire un percorso successivo che mi rispecchiasse. Ho iniziato a lavorare come maestro di sci, un’occupazione che mi soddisfaceva e mi permetteva di continuare a sciare nonostante i costi elevati. Terminata la stagione, tornai nel mio appartamento condiviso. Una coinquilina mi parlò di una disciplina che pensava fosse perfetta per me: la slackline. Decidemmo di andare subito a comprarne una per provarla. Fu amore a prima vista: cominciai ad allenarmi ogni giorno, trascurando tutto il resto, al punto da dimenticare di mangiare. Mi sentivo soddisfatto e andavo a dormire felice, con l’unico desiderio di ricominciare ad allenarmi il giorno dopo. La vera svolta arrivò quando incontrai l’associazione Slackline Granada. Vedendomi allenare, mi invitaro-
Dopo la mia formazione, ho collaborato con diverse compagnie, sviluppando al contempo una visione artistica personale. Per me era fondamentale trasformare la tecnica in un linguaggio universale, capace di comunicare con il pubblico. Volevo esprimere qualcosa che molte persone vivono, ma di cui si parla appena. Non forza né debolezza, ma una condizione comune che ci unisce e che compresa potrebbe renderci forse meno folli ai nostri occhi.
Così è nato Quieto Parado (termine spagnolo che indica un movimento oscillatorio con il monociclo per restare fermi). Lo spettacolo esplora il tema dell’equilibrio, collegandolo alla mia disciplina, alla mia persona e, spero, anche agli altri. Parla di equilibrio e mette in evidenza il suo controsenso rispetto alla concezione comune, spesso associata a qualcosa di statico, come se un oggetto fosse in equilibrio solo quando è fermo. Lo spettacolo sottolinea invece la dinamicità dell’equilibrio, l’impossibilità di rimanere immobili quando si è in quello stato. L’equilibrio non è più una
meta, ma una ricerca infinita. Non lo si può raggiungere, ma solo dominare. Si potrebbe dire che non esiste: è una caduta continua. Ci si sbilancia da una parte per evitare di cadere dall’altra, in un ciclo perpetuo di mutamenti. Questo concetto è paragonato all’equilibrio mentale: il bilanciamento che tutti cerchiamo per sentirci “normali”, in relazione con gli altri e con il mondo. Tuttavia, questa ricerca può consumarci, portandoci lontano dal presente. Quando siamo in equilibrio, l’unico pensiero è mantenerlo: non ci godiamo ciò che abbiamo ottenuto, né vediamo dove non stiamo cadendo. Un altro tema centrale è l’equilibrio con se stessi: la fusione tra il “noi” esterno, che vive e agisce, e il “noi” interno, che pensa e giudica. Il personaggio affronta sentimenti di odio e rancore verso se stesso, sentendosi abbandonato e uniformato al mondo. Gradualmente, arriva a comprendere e perdonarsi, consolidando un “io” più definito e resistente. Alla fine dello spettacolo, il personaggio abbandona la solita corda – simbolo di una realtà soggettiva e limitante – per montarne una nuova, diagonale e potenzialmente infinita. Questo cambiamento rappresenta l’inizio di un nuovo percorso, fatto non più di ripetizioni, ma di continua crescita e trasformazione. È un simbolo di liberazione, che lo porta verso un futuro di equilibrio dinamico, sempre più in alto, accettando anche la possibilità di cadere a volte, e di ricominciare.
foto di Camilla Poli
COMPAGNIA AGA
di Agnese Valentini
AGA, le iniziali dei nostri nomi, Agnese, Gaia, Alessandra, formano il nome della compagnia, che è molto di più della somma di noi tre.
Agnese Valentini è la nostra pensatrice, l’ago della bilancia, le piace trasformare in parole il nostro progetto. Specializzata in filo teso e laureata in scienze dell’educazione.
Gaia Cafaggi è la nostra mente creativa, disordinata e folle, specializzata in sfera d’equilibrio, è la grafica ed illustratrice della compagnia. Si è diplomata all’accademia di Belle Arti più anni fa di quanti vorrebbe. Alessandra Ricci è la nostra creativa del movimento, minuziosa e paziente. Specializzata in verticalismo e mano a mano, laureata in scienze dell’educazione.
Tutte e tre abbiamo seguito insegnanti, workshop e convention internazionali per approfondire le nostre discipline. Il nostro punto d’incontro, la variabile che ci ha fatto cambiare direzione si chiama Arterego, un’associazione culturale bolognese, che da anni conquista giovani universitari e gli fa fare un salto mortale nel mondo del circo contemporaneo. Ci siamo incontrate lì e per fortuna siamo atterrate su un terreno morbido e accogliente, che ci ha accompagnate, insegnato, aperto palchi e moltissime possibilità. Siamo cresciute con artisti di circo contemporaneo e artisti di strada,
organizzatori culturali e tessitori di reti sociali, diventandone parte attiva. La nostra formazione ha abbracciato contemporaneamente più piani, artistico, organizzativo e culturale.
La compagnia AGA nasce nel 2021 a Castel Maggiore (BO) quando ci siamo trovate a condividere una casa, unico spazio in cui potevamo stare liberamente, a causa delle restrizioni anti-covid. Dal e nel giardino è nata la nostra prima produzione Ca' Mea, uno spettacolo che si interroga ed esplora un luogo che conosciamo tutti e tutte: la casa. Abitanti dello stesso luogo ed equilibriste, questi erano i nostri punti in comune, chiari ed evidenti. La casa per noi era il luogo neutro, in cui può accadere di tutto, d’altronde tutt* a casa nostra ci sentiamo più liberə di far uscire i lati più folli, nascosti, sclerati, belli e brutti. Siamo partite dalla nostra storia e dalla ricerca tecnica sperimentata sui nostri attrezzi, esplorando i vari livelli di tensione e distensione che si creano nei rapporti. Approfondendo sempre di più i caratteri di queste tre personagge. Ricordandoci il potere che abbiamo di rimanere in equilibrio nei disequilibri della vita. Lo spettacolo è un susseguirsi di compleanni mancati, feste interrotte, deliri personali di una diva improvvisata e un fiorellino che illumina a giorno. Trasformando tre semplici sedie e i classici quotidiani
in oggetti che costruiscono una casa fuori dagli schemi, ma neanche troppo, perché in realtà potrebbe essere anche casa vostra.
Nel 2022/23 abbiamo lavorato sulla drammaturgia con Clio Gaudenzi, attrice e ballerina, esplorando i colori delle nostre personagge, delineando l’idea di una narrazione, di uno spettacolo di circo teatro. Ca’ Mea si riappropria di un diritto che negli ultimi anni non è scontato: avere un luogo in cui vivere. Rendendolo, nuovamente, uno spazio di libertà personale dove rompere le regole che troviamo nel mondo esterno. Abbiamo scelto un linguaggio sincero, giocando con la poetica e la follia del circo contemporaneo. La scena per noi è un luogo dove creare riflessioni e risate, dove si entra in un modo e si esce cambiate.
Ca’ Mea ha debuttato al teatro Laura Betti di Casalecchio di Reno a maggio del 2023, all’interno della rassegna Salt’in Circo di Arterego ed è cresciuta grazie a tutte le sinergie delle persone che abbiamo incontrato e continua a farlo da allora. Nel 2024 abbiamo lavorato con due occhi esterni, sia approfondendo con Giorgio Bertolotti la ricerca sui momenti comici, sulle intenzionalità in scena e sulla drammaturgia, sia lavorando con Annalisa Bonvicini per approfondire gli aspetti di strategia, management, marketing e produzione. Insomma, ci hanno ribaltato, ma siamo cresciute come singole e come spettacolo: Ca’ Mea è pronto ad arrivare a Ca’ Tua, Ca’ Sua, Ca’ Vostra.
ph Samuele Monti
ph Marina Fastoso
ph Camilla Poli
che si tratti di un cultore della materia. “Devo mettere la testa proprio dentro a quello scatolone?”
“Sì signore – gli risponde l’artista – ma non è uno scatolone, è un Veroscopio!”
“E i giocolieri? I giocolieri?” Incalza il signore.
“Li vedrà, li vedrà, non si preoccupi, vedrà che ci sarà di che divertirsi”.
-trebbe risultare riduttivo in questo Circo El Grito, dove il trapezio è un letto che vola, in scena può capitarti d’incontrare uno degli anonimi scrittori del collettivo Wu Ming e se chiudi gli occhi per un momento, ti trovi faccia a faccia con una luna gigante che, al posto del Titanic, illumina una stanzetta azzurra
Divertirsi, certo, ma anche stupirsi di quanto in questa parola “circo” possano convivere felicemente tante cose diverse e soprattutto un’umanità così speciale, anacronistica, che cammina
banana o s’inerpica in cima a una fune, per raccontarci la fragilità del mondo e mai come in questo momento, aiutarci a recuperare quello stupore indispensabi-
No, non si tratta di solo intrattenimento.
Milano, Venezia, San Severino Marche, Lecce, Roma, per dire il dicembre di questo stabile d’innovazione circense, è ed è stato impegnato in una specie di giro d’Italia in trenta giorni. Si corre e si è corso.
A condurlo su due strade distinguibili per direzione artistica e indole personale, sono l’uruguaiana Fabiana Ruiz Diaz e il romano Giacomo Costantini. Storie curiose le loro, che hanno abitato, formandosi, la grande tradizione circense e se ne sono distaccate senza snobbarla e nemmeno rinunciare a una ricerca che la rinnovasse, incrociando il teatro, la danza, la musica, ma anche la letteratura e le arti visive. Obiettivo? Tradurla, traghettarla questa tradizione, proprio per non tradirla, per farla riemergere dalle periferie cui colpevolmente era stata relegata, riportandola nel centro delle città, con un piccolo tendone magari e se necessario anche fuori dalla pista, nei teatri. Cosicché, per l’appunto, lui, solco di Houdini con L’Uomo Calamita , sul palcoscenico milanese del Teatro Fontana (a novembre e poi sullo stesso palco a dicembre con Cronache Circensi); mentre lei, acrobaticamente il carattere dei colori quando hanno a che fare con l’amore, sotto lo chapiteau piantato a Venezia, fra le casematte del Forte Marghera (a inizi dicembre).
Intanto, nello splendido “Feronia”, ottocentesco teatro comunale di San Severino Marche, ormai casa del gruppo, erano approdati gli amici del MagdaClan, ospiti della rassegna curata dai due, perché appunto, l’obiettivo non è quello di crescere al singolare, ma di spingere avanti un mondo: una folla di artisti giovani e sorprendenti, che vanno conquistando il pubblico, quello vero, così raro
nelle assonnate platee italiane. Si corre e si è corso, e dalla laguna ora si scenLecce, per inaugurare Kids, un festival dedicato alle nuove generazioni. In scena è ancora lei, Fabiana Ruiz Diaz e la fantasmagorica Luz de Luna (28 e 29 dicembre).
Si corre e si è corso, intanto già il 27 con la complicità di Fondazione Musica per Roma, si rinnova OPS!, facendo diventare un appuntamento ricorrente, una grande festa del Circo Contemporaneo, che ha associato il palcoscenico del Teatro Vascello alla Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, per sviluppare un cartellone in cui convivono: il debutto nazionale di Flora, della compagnia Duo Kaos diretta in quest’occasione da Giacomo Costantini, al Teatro Vascello dal 27 al 29 dicembre; l’ospitalità dei clown del Teatro Necessario, all’Auditorium il 28 e il 29; l’acclamato ritorno di Luz De Luna, ancora al Vascello dal 2 al 6 gennaio; e contemporaneamente, all’Auditorium, un Galà Internazionale, impegnato nel comporre una piccola antologia circense, con artisti di calibro internazionale e sorprendente oggi rispondere alla domanda: se dico Circo a cosa pensi?
Online: https://www.sic-elgrito.com
Il Giro d’Italia di Circo El Grito di Carlo Bruni
OF JUGGLING, 2024
di Davide Quagliotto Geo TG Juggling
Sempre più moltissimǝ giocolierǝ si affidano ai social per condividere le loro creazioni, i loro traguardi così, con il 2024 in dirittura d’arrivo, eccoci puntualissimi per la consueta carrellata sul meglio della giocoleria di quest’anno, grazie anche alla redazione del TG Juggling che ha curato le Juggling News della IJA.
Con Wes Peden impegnato nella promozione del suo spettacolo Rollercoaster, una moltitudine di giocolierə si sono ritagliati il proprio spazio nella comunità a suon di trick e idee. Un posto d’onore se l’è ormai guadagnato Spencer Androli, reduce da un 2023 eccezionale, vincitore della Top 40 Jugglers 2023 grazie al suo altissimo livello tecnico e al bellissimo documentario a lui dedicato per il raggiungimento di uno dei trick più spettacolari della storia della giocoleria: il db97531 con 7 clave.
Trick che hanno provato ad emulare, davanti agli occhi sognanti di centinaia di giocolieri all’EJC, anche altri due mostri sacri del club juggling: i giapponesi Kaito Tanioka e Masahiro Takahashi. Il primo, attivissimo su instagram, sforna siteswap con 7 e 8 clave come se non ci fosse un domani, mentre al secondo non basta vivere della luce riflessa dai suoi due capolavori Inflection Point e il video preliminare per la JJF, ma con la sua partecipazione all’EJC ha ricordato il perché venga considerato uno dei giocolieri più forti di questa generazione.
Si può piacere a tuttə usando i poi? Sì, se ti chiami Bow! Creativo, geniale, impeccabile, Alexandre Delquié è l’anello di congiunzione tra la flow art e la giocoleria lanciata, portando il poi juggling a livelli impensabili. Oltre ad aver creato una sezione di record tutta sua con lanci di 5 e 6 poi, le sue abilità da videomaker gli hanno permesso di confezionare perle come Io. e Oppo
Anche l’occhio vuole la sua parte e i trick per essere gustati vanno impiattati al meglio. Lo sanno bene i ragazzi del Throw Catch Collective (Rolling Stones), i pallinari Eyal Bor (Black Ice) e il nostro Niccolò Piccioli (A full empty room), i clavettari Christofer Silva, Moritz Rosner e Andreas Polimenis, i diablisti Guillaume Karpowicz e i creatori di Diabolo Fresh Collaboration Video, per citare alcuni dei filmati meglio congeniati condivisi su YouTube.
E se manca l'ispirazione ora c'è pure l'intelligenza artificiale a dare una mano, come dimostrato dal simpatico e autodescrittivo This Juggling video was made by ChatGPT di Jonny Moore
Ma se parliamo di montaggi fatti bene e tecnica sopraffina, penso non ci siano dubbi nel riconoscere come miglior video di giocoleria del 2024, e probabilmente degli ultimi 10 anni, Sin Umbra di Ameron Rosvall Le qualità di Ameron, sia come giocoliere che come costruttore di attrezzi, erano già note da tempo (Plastic mind vi ricorda qualcosa?), ma l'ultima sua creatura è qualcosa che va oltre l’immaginabile: 40 minuti di trick, uno più incredibile dell'altro, divisi in vari atti dagli stili e sensazioni differenti, con svariati attrezzi inediti di sua invenzione. Un regalo assolutamente inaspettato che ha sconvolto e appassionato l'intera comunità, raggiungendo fin da subito una grande visibilità grazie alle centinaia di condivisioni e reazioni. Un capolavoro, senza ombra di dubbio.
IJA youtube Elements Timothy Air-Walker
Sin UmbraAmeron Rosvall World Record Juggle Wiki Io. - Bow
Kaito
Tanioka
Ameron
Rosvall
Bow
I video online offrono le possibilità di vedere i progressi di artisti emergenti che difficilmente incontreresti ad un festival o una convention nostrana. In questo senso il canale privilegiato è sicuramente quello dell’IJA Jugglers, il progetto Youtube dell’International Juggling Association che pubblica ogni anno decine di video qualitativamente e tecnicamente interessanti. Oltre all’encomiabile scelta di promuovere l'International Women Day e il Trans Day of Visibility attraverso la creazione di video collaborativi fra giocolierə di tutto il mondo, i video Trick of the Month sono ormai un’istituzione, quest’anno particolarmente dominati da giocolierə sudamericanə. Moltissimə cilenə tra cui spiccano Josefa Pizarro, Cristobal Munoz (clave) e Catalina Vergara (hula hoop), a rappresentazione di un movimento enorme che sta diventando ben più che callejero.
Sulle varie piattaforme social possiamo scoprire tantissime pagine e profili artisticamente interessanti, qualunque sia il vostro attrezzo preferito. La lista sarebbe davvero lunga, a seguire una selezione di giocolierǝ non ancora citatǝ: Kouta Oohashi , Yuri Yamamura , Alonso (palline); Mark Williams, Emma Hornell, Ailen Cabral (hula hoop); Mati Alarcon Perez, Marion Classe, Isidora Adeley, Kirill Chugunov (clave), Sebastian Haushofer, Francisco Contreras, Tsu Yun (diabolo) Kazuya Okada, Alejandra Parada, Rooda (devilstick). Alcuni sono ormai vere celebrità come Joe Cronquist aka Teton Juggler e la sua giocoleria estrema. Altri hanno creato dei format di coppia che sono pura poesia come Julia Pinter&Liam Wilson e Takehiro Nagaoka&Seoppi
Tanta Argentina con Rocio Molina (hula hoop), le pazze dissociazioni di Lautaro Gavazzi, Ulises Ortiz e Valentin Lopez aka Menor Malabares (clave), quest'ultimo volto della K8 Malabares e uno dei profili Instagram più attivi sulla scena. Ma anche giocolierə dalla Colombia, Messico, Perù, perfino un video di giocoleria con trottole dal Brasile.
E ovviamente non può mancare il Nord America! Molto simpatico il video di anelli di Emmanuel Boisse dal Canada, mentre dagli Usa si propongono le palline di Book Kenninson e la collaborazione fra hoopers Brian, Abi e Kenzey. L'impatto di un video risiede anche nell’editing e lo sa bene Timothy Air-Walker. Preciso, geniale, ironico, le sue clip e i suoi tutorial sono una ventata d'aria fresca e il suo video Elements per l’IJA può essere decisamente annoverato fra i migliori montaggi di quest'anno.
Forte rappresentanza anche dall'estremo oriente, dove pare esserci una certa tendenza al Poi Juggling con Jian Jun Yu e Constantin Lee (Taiwan) e Fumimaru Hayashi, Kai Shiraishi, Yuta Suzuki (Giappone), unica eccezione le clave gialle di Kotaro Minami
Solo due contributi invece dal vecchio continente. Il clavettaro James Joplin (Spagna) e il bel video di palline di Lucas Lee (Germania), quest'ultimo molto chiacchierato sempre grazie alle scelte creative di montaggio. Meritano una menzione anche altri due bellissimi video usciti sempre per l'IJA allo scadere dello scorso anno: sono Gustaf Rosell (Svezia) e Antoine Jacot (Francia), che ha presentato una super ricerca unendo letteralmente clave, foulard, ventilatori e droni (!)
Altrǝ ancora si sono dedicatə ai record e più in generale allo sport juggling, raggiungendo livelli di tecnica e consistenza alienə! Dopo più di vent'anni è stato eguagliato (ma stavolta con prova video) il record di 13 anelli appartenuto a Albert Lucas. Autore dell'impresa il giovane talento ucraino Daniel Lisenko Tom Whitfield ha surclassato sé stesso chiudendo 51 prese di 10 palline (11 prese in più!), mentre Alexandr Inoztev ha dedicato 5h 40m della sua vita per blindare l'endurance con 3 clave. Ma anche le 5 e 6 clave mills mess di Nicolas Fuentes, le 46 prese con 6 diabolo bassi di Pen Zen, le decine di record con palline di Enzo Nicolas Aguero e i traguardi raggiunti da Erik Toll, Pancho Danz, Julian Kloss, Aramis Gonzalez, Max Kuschmierz, Chris Hodge, Noah Schmeissner, Jonah Botvinick-Greenhouse. Insomma, se amate i numeri consiglio di consultare Juggle Wiki e Juggling Records!
L’ultimo breve paragrafo è dedicato a giocolierə italianə, riconosciutə dalla comunità internazionale per il loro lavoro, caratterizzandosi per attrezzi e stili differenti. Oltre al già citato Niccolò, un altro amante delle palline (tante palline!) è sulla cresta dell'onda. Sto parlando ovviamente di Salvo Stassi, le cui routine a 5,6,7,8 palline sono diventate una presenza fissa per ogni feed di giocoleria, meritandosi la più alta posizione (14esima) mai \raggiunta da un italiano nella “Top 40 Jugglers”. Un altro vip italiano è Carlo Cerato, anche lui apprezzatissimo all'estero per la sua ricerca elegante e originale. Da pochissimo ha pubblicato yellow, l'ultimo capitolo della saga Llabyellov dedicato al multiprop. La bella performance all'EJC vale un posto anche per Scorza, che si aggiunge ai clavettari ormai affermati Brian Simoncin e Caio Sorana Sofia Pilloni ha iniziato a farsi conoscere con gli hula hoop, mentre Alice Lombardi sta diventando un riferimento per il foot juggling. Sul fronte poi fuocheggia la scuola napoletana con Rocco Toscano e Fabrizio Giovenco. Infine tenete d'occhio Francesco Cravero, promette bene!
E anche per quest'anno è tutto, sperando di avervi fatto scoprire qualcosa di nuovo. Ci vediamo nel 2025!
Valentin
Lopez
Sebastian Haushofer
Alejandra
Parada
OMBRE CINESI
L’arte di creare ombre con le mani, detta “ombromanie” o “cinema in silhouette”, o ancora nel mondo anglosassone “shadowgraphy”, è profondamente connessa con la storia dell’illusionismo. Fu infatti resa popolare nel XIX secolo dall'intrattenitore francese Félicien Trewey che realizzava sagome di personaggi famosi dell’epoca, di personaggi della letteratura come Robinson Crusoe, e inventava le figure classiche degli animali come l’uccello, l’elefante e il gatto. Trewey era mimo, prestigiatore, attore comico, artista circense e poliedrico che lavorò in teatro con George Méliès e recitò in molti film dei fratelli Lumière. Dopo la sua morte nel 1920 venne pubblicato il testo “The Art of Shadowgraphy: How it is Done”. Era molto interessato alle ombre cinesi, un’arte teatrale antica nata in estremo oriente, più simile però al teatro di marionette, in cui gli attori manovrano delle figure le cui ombre vengono proiettate su uno schermo bianco. Ancora oggi con l’espressione “ombre cinesi” si indicano, in generale, tutte le ombre che vengono proiettate attraverso l'uso di ritagli di carta o cartoncini o anche delle mani. Per un periodo Trewey si unisce all’illusionista Alexander Herrmann, che da lui apprende questa forma d’arte, tramandandola successivamente ad altri illusionisti che la inseriscono nei loro spettacoli. Uno tra tutti, David Tobias Bamberg, la trasmette al figlio Okito (Tobias Leendert Bamberg), che a sua volta la trasmette a suo figlio Fu Manchu (David Theodore Bamberg) che a sua volta la trasferisce a un suo assistente, Marcelo Contento, diventato poi famoso in tutto il mondo. Altri maghi famosi che hanno utilizzato le ombre delle mani sono David Devant, Ed-
MATTEO FRAZIANO
Matteo Fraziano, giovanissimo illusionista e shadow artist, con il suo numero di shadowgraphy, dopo essere arrivato in semifinale a Britain’s Got Talent, esibendosi nel celebre Teatro Palladium di Londra, ha vinto l’XI edizione del talent Tú sí que vales e conquistato un Argento e il Premio della Critica alla III edizione dell’Italian Circus Talent Festival a Latina.
I miei genitori e la mia famiglia mi hanno sempre nutrito di stimoli artistici e la primissima arte a cui mi sono avvicinato è stata la musica. Non ho conseguito il diploma di pianoforte, però quell'imprinting, quel metodo di studio è stato fondamentale per studiare e progredire nella mia passione parallela, l’illusionismo. Fin da piccolo un mio zio eseguiva ogni estate per noi lo stesso gioco, un matrix per la precisione, un effetto in cui delle palline, nascoste da 4 carte da gioco, viaggiano magicamente da una parte all’altra. Intorno ai dodici anni inizio da autodidatta a studiare questo gioco e, grazie ai tutorial su youtube prima e ai libri dopo, inizia il mio percorso di formazione magica. Negli anni del liceo inizio a fare i primi spettacoli, ma il momento di svolta arriva nel 2020, quando mi viene chiesto di presentare Supermagic, uno degli spettacoli di illusionismo più importanti a livello europeo.
Dopo la tragica parentesi dovuta alla pandemia sono andato a vedere per la prima volta dal vivo Arturo Brachetti. Nel suo spettacolo Solo, nonostante il trasformismo la faccia da padrone, Brachetti inserisce sempre un numero di ombre cinesi, un’arte che ha studiato e padroneggia da anni. È stato infatti uno dei primi in Italia a portarla sui palcoscenici e sul grande schermo, oltre a scrivere un libro dedicato a questa arte. Nelle settimane successive, ripensato al numero e alle potenzialità delle ombre, ritrovo il suo libro proprio nella mia libreria. Me lo avevano regalato i miei genitori molti anni prima, un vero e proprio segno del destino! Da lì inizia il mio percorso nel mondo delle ombre, sempre da autodidatta, ma forte del metodo e delle conoscenze acquisite attraverso la musica e la magia. Provo e riprovo le prime figure e scopro un panorama vastissimo di artisti d’ombre a cui ispirarmi. Tra questi, oltre a Brachetti, devo citare gli italiani Carlo Truzzi e Antonio Versini, insieme a Bob Stromberg, Raymond Crowe, Drew Colby, Shadow Ace, Sonny Fontana, Prasanna Rao.
Affascinato dalla storia di questa arte scopro che le ombre cinesi esistono da quando esiste il sole, da quando esiste l'uomo e da quando esiste una superficie bianca su
cui il sole proietta l'ombra. Le fonti bibliografiche sono antiche e numerose, ma fino al 1800 la maggior parte delle ombre con le mani erano statiche e difficilmente venivano raccontate vere e proprie storie. Fino a quando Giacomo Campi, pittore milanese che faceva anche spettacoli di ombre cinesi, per la prima volta decide di dare dinamismo alle figure, raccontando la storia di un cavallo dalla nascita alla morte. Scrisse nel 1883 un opuscolo Ombre di cui posseggo anche la prima edizione.
Guardandomi attorno i numeri di ombre mi sembravano anacronistici, tutti con una musica uguale di sottofondo, una sorta di esibizione di un prontuario di figure, un esercizio di stile senza fil rouge, senza collante, come se prendessi un libro di ombre ed eseguissi le figure una dopo l'altra. Oggi siamo bombardati di stimoli, abituati a vedere cose
differenti a un ritmo elevato, così ho iniziato a lavorare soprattutto sul linguaggio e sul ritmo. Grazie al mio passato da musicista ho trovato il miglior collante nella musica, un elemento che caratterizza fortemente il mio spettacolo rispetto ad altri. La musica, oltre ad accompagnare la performance, è ricca di citazioni dalla storia della musica leggibili a più livelli. Ad esempio sul pezzo dei Beatles
turiscono dai principi teorici appresi con lo studio della magia, attraverso maestri come Juan Tamariz. Dall’apertura al finale ho costruito il tutto come una montagna russa di emozioni, alternano tensione e rilascio, aspettativa e soluzione fino al crescendo finale. Il pubblico verso la fine del numero deve avere la percezione che sta finendo, cosicché quando finisce si sente appagato. Insomma ho riversato in questo numero tutta la mia esperienza di musicista e illusionista.
Per il futuro voglio ampliare il mio repertorio e lavorare di più alla compenetrazione tra illusionismo e ombre, al mio personaggio, al
Blackbird eseguo la classica figura dell’uccellino, ma non lo bacio come fanno tutti di solito. Lo mangio invece, su una musica dei Black Sabbath, citando un episodio, noto soprattutto ai metallari come me, in cui Ozzy Osbourne, ex frontman del gruppo, aveva mangiato la testa di un pipistrello. La struttura del numero e il suo ritmo interno, sca-
costume. Capire come essere sempre più comunicativo e riuscire, come diceva Tamariz, ad agganciare un filo agli occhi di ogni spettatore e saperlo tendere o allentare nell'arco di tutta l'esibizione. Essere come un direttore d'orchestra che gestisce gli applausi, l’attenzione e il rilassamento, tutta la montagna di emozioni che lo spettacolo desta.
Shadowgraphy Amar Sen, Sabyasachi Sen Matteo Fraziano
Rubrica di meraviglie a cura di Giorgio Enea Sironi
Marah Natshe lavora per la Palestinian Circus School (PCS) e frequenta il programma di formazione CTF8 di Caravan Circus Network. La sua storia e le sue riflessioni arrivano alle orecchie della comunità di circo in Italia in un momento storico in cui anche nella West Bank vengono continuamente distrutti quartieri e comunità*.
COME VORRESTI PRESENTARTI?
Sono Marah Natsheh, originaria di Hebron in Palestina, vivo a Ramallah. Ho conseguito una laurea in marketing presso l'Università di Birzeit. Il mio viaggio con PCS è iniziato nel 2007, come allieva. Il circo era diverso da qualsiasi altra cosa avessi sperimentato, e particolarmente eccitante perché era una novità per la Palestina a quel tempo.
Mi sono specializzata in acrobatica, acroportè e trapezio e ho fatto parte di uno dei primi spettacoli di PCS, Circus Behind the Wall, che è stato in tournée in diversi paesi europei per alcuni anni. Partecipando a quella tournée ho sentito un profondo senso di responsabilità e di orgoglio, ho potuto condividere la storia della Palestina e fare luce sulla vita dei palestinesi. Dopo anni di formazione, nel 2017 sono diventata formatrice e artista a tempo pieno, per poi assumere ruoli nella parte amministrativa. Oggi sono coordinatrice dei programmi sociali e lavoro a stretto contatto con bambinə disabili e giovani donne provenienti da aree svantaggiate, utilizzando l'arte circense come strumento di empowerment, creatività e connessione. Questo viaggio mi ha cambiato la vita e mi sento incredibilmente privilegiata nel condividere la magia del circo con altre persone, soprattutto con coloro che hanno meno opportunità. È un ruolo che mi sta molto a cuore, sia come artista che come persona appassionata al “fare la differenza”.
QUAL È LA SITUAZIONE ATTUALE
ALLA PCS?
PCS ritiene il circo un modo potente per liberare le emozioni e creare momenti di sollievo e sicurezza, offrendo la possibilità di mettere da parte la negatività, anche se solo per un momento. Qui in Palestina viviamo una situazione di incertezza e instabilità, ma siamo determinatə ad andare avanti per le comunità che contano su di noi.
Conduciamo lezioni settimanali per bambinə dai 5 anni, per giovani artistə e programmi sociali per bambinə disabili e giovani donne provenienti da aree svantaggiate. Stiamo anche investendo nei nostri insegnanti attraverso sessioni di formazione. Quasi tutte le attività si svolgono presso la sede del PCS a Birzeit. Abbiamo anche un programma di sensibilizzazione che porta il circo in luoghi come Gerusalemme, Tulkarem e Jenin. È molto impegnativo, soprattutto quando dobbiamo fermarci a causa delle continue invasioni israeliane nel campo di Ein Shams a Tulkarem e nel campo di Jenin. Nonostante queste interruzioni, torniamo appena possibile, ancora e ancora, per continuare a creare uno spazio sicuro e di sostegno per l'espressione e la crescita. Abbiamo anche lo spettacolo “Sarab”, una delle ultime produzioni di PCS, in tournée in Italia, Francia e Belgio. Uno spettacolo di circo teatrale che fa luce
sulla situazione globale delle persone rifugiate e sfollate, esplorando la loro sofferenza e la loro resilienza attraverso il linguaggio del circo.
COME OPERA LA PCS E CON QUALE IMPATTO?
L'obiettivo principale di PCS è portare la gioia delle arti circensi alla gente in Palestina, per dare a bambinə e giovani la possibilità di sperimentare, imparare, scoprire se stessə e la comunità, e diventare artistə circensi. L'impatto è potente. Praticando il circo, lə giovani acquisiscono sicurezza, fiducia, resilienza e lavoro di squadra. Trovano un luogo sicuro, divertente, creativo per entrare in contatto con le altre perso-
ph Regash / Alaa Abdallah
ph Regash / Alaa
Abdallah
ne, anche nei momenti difficili. Il circo diventa una fonte di felicità e di speranza, che aiuta a sentirsi orgogliosə, contribuendo a rafforzare e portare le nostre comunità verso un futuro più luminoso.
Nel cuore dei campi profughi di Jalazoun e Al Amari a Ramallah, dove le opportunità sono poche, le tradizioni sono forti. E la vita è spesso plasmata dalle aspettative sociali e dalle difficoltà economiche, soprattutto per le donne che devono affrontare limitazioni e non possono partecipare ad attività miste quando raggiungono una certa età, il che riduce le possibilità di esplorare i propri interessi.
Attraverso il “Programma Inhale” per ragazze di età compresa tra i 6 e i 14 anni, PCS apporta un cambiamento significativo. Attualmente stiamo lavorando con 37 ragazze dei due campi, creando per loro uno spazio sicuro per scoprire chi sono e di cosa sono capaci, aiutandole a costruire abilità che aumentano la loro forza fisica, mentale ed emotiva. Allenandosi insieme, sviluppano forza e fiducia, in sé stesse e nell'altra. Per queste ragazze il circo supera l’apprendimento di un'abilità e diven-
ta un luogo di incoraggiamento e di scoperta di sé. Qui possono sognare una vita al di là della loro solita routine, sentirsi responsabili e orgogliose di sé stesse, mostrare che sono forti, che possono difendere sé stesse e che hanno il potenziale per fare la differenza nelle loro comunità.
QUALI SONO LE MAGGIORI DIFFICOLTÀ AL MOMENTO?
In questo momento, nella PCS c'è un misto di routine e incertezza per tutte le attività che stiamo svolgendo o pianificando. “Normale” significa adattarsi costantemente alle interruzioni, dare priorità alla sicurezza e creare uno spazio positivo che offra sollievo alla nostra comunità. Le esperienze del Team PCS e di allievi e allieve riflettono la realtà di molti palestinesi. La vita quotidiana per tuttə qui è definita dall'adattamento a una costante incertezza, sia che si tratti di tornare a casa, al lavoro, a scuola o semplicemente di cercare di svolgere semplici compiti. C'è sempre una preoccupazione condivisa per la sicurezza della famiglia, dei nostri cari, così come un costante senso di tensione e di insicurezza nello svolgere la nostra semplice routine quotidiana. Nonostante le sfide che dobbiamo affrontare, siamo impegnatə ad andare avanti, e credo che tuttə intorno cerchino di starsi vicinə in questi momenti difficili.
Quest'anno, a causa della situazione e delle restrizioni di viaggio che non hanno permesso a volontariə internazionali di essere qui con noi, abbiamo organizzato sessioni online tenute da artistə e insegnanti di circo internazionali, con lo scopo di fornire un apprendimento e uno sviluppo continui al nostro staff, aiutando a migliorare le tecniche e a rimanere in contatto nonostante le sfide. Se qualche insegnante o artista in Italia volesse offrirsi, sarebbe fantastico.
COME POSSIAMO SOSTENERE PCS E LA SUA COMUNITÀ?
Per sostenere PCS e costruire un legame più forte tra la comunità circense italiana e quella palestinese un grande aiuto potrebbe arrivare attraverso eventi di raccolta fondi come spettacoli, presentazioni o campagne online per sostenere le operazioni, le attrezzature e i programmi di PCS.
Un altro supporto potrebbe arrivare nel collegare PCS con le reti circensi internazionali, aprendo opportunità di scambio, partecipazione a festival, altre collaborazioni e sponsorizzazioni.
* Il 13 novembre scorso, ad esempio, lo spazio dell’Associazione Al Bustan di Gerusalemme, in cui PCS tiene laboratori di circo, è stato demolito dalle autorità israeliane.
Sarab PCS
IL CIRCO A RETI ( + ) INTEGRATE
In questi ultimi 20 anni e più Giocolieri&Dintorni, attraverso CircoSfera e AltroCirco , e insieme a tutte le realtà che ci hanno seguito, motivato e supportato, ha contribuito a far crescere e consolidare in modo significativo il Circo Educativo e il Circo Sociale in Italia, sia come pratica educativa, sia come strumento di inclusione e trasformazione sociale.
Tra le pagine di questo numero di Juggling Magazine troviamo una lunga serie di esperienze che sottolineano l’importanza e l’opportunità di superare confini e steccati, compresi quelli in campo culturale, sociale, educativo.
Trovandoci a condividere sempre più spesso percorsi comuni, modalità, obiettivi ci siamo posti, tra le tante altre, una domanda importante: considerata la diffusione raggiunta dal circo educativo e dal circo sociale, è ancora necessario mantenere CircoSfera e AltroCirco come due reti distinte, oppure possiamo lavorare in modo più integrato?
Da questa riflessione nasce la decisione di unificare i Registri delle reti AltroCirco e CircoSfera, per crearne uno più ampio, inclusivo e rappresentativo, pur mantenendo identità, progettualità e attività specifiche dei due settori. Continueremo quindi a sostenere e promuovere il Circo in tutte le
sue declinazioni, applicazioni e possibilità, come parte fondamentale della nostra missione, in un contesto più ampio e condiviso, che rifletta la maturità raggiunta dal nostro settore.
Trovate qui pubblicati, per l’ultima volta, i Registri di AltroCirco e Circosfera così come li abbiamo strutturati nel corso degli anni passati e fino a oggi. Nei prossimi mesi pubblicheremo su Juggling Magazine e sui rispettivi siti web di CircoSfera e AltroCirco, la versione “a reti unificate”, che verrà elaborata congiuntamente dai team, sulla base della partecipazione che le scuole vorranno confermare.
Buon 2025 a tuttǝ!
Piemonte Clap-Circo Laboratori Arti Performative via Fratelli Bandiera 17, 28041 Arona (NO) Pasquale Di Palma 328 4986109 clap.zone
Fondazione Uniti per Crescere Insieme via Pacchiotti 79, 10146 Torino
Pirilampo Regione Faule 7, 10060 Macello (TO) Ilaria
Squilibria Circo via Trofarello 10, 10152 Torino Francesca
Teatrazione via Artom 23, 10127 Torino Italo Fazio 011 5889562
Lombardia Allincirco via Crispi 53, 22100 Como Fabio Giangreco 339 6657570
Campacavallo via F.lli Rizzardi 15, 20151 Milano Gabriella
Quattrox4 Via Andolfato 10, 20126 Milano Marco Dellabianca 02 36525176
SbocciArte via Vittorio Veneto 1, 21010 Cardano al Campo (VA)
Spazio Circo Bergamo c.so Roma 84/a, 24068 Seriate (BG)
Spazio Kabum via Guicciardini 114, 21100 Varese
Trentino-Alto Adige Animativa via Max Vailer 11, 39011 Lana (Bz) Reinhard
Friuli Venezia Giulia Circo all’inCirca via Cividina 17, 33100 Udine (località Molin Nuovo)
Veneto Circo in Valigia via Falgare 31, 36015 Schio (VI) Nicoletta
Emilia Romagna Arterego via Piave 19, 40033 Casalecchio di Reno (BO)
Circo Sotto Sopra piazza dei colori, 40138 Bologna TaDaM Circo via Allevi 13, 29121 Piacenza Dario Rigolli 333 1532976
Toscana Antitesi Teatro Circo via Guidiccioni 6b, 56017 Ghezzano-San Giuliano Terme (PI) Badabam strada valacchio casella 30, 53018 Sovicille (SI)
Circo Libera Tutti via Marconi 108, 50056 Montelupo Fiorentino Contraerea Via Pasqui 58, 52100 Arezzo Nicoletta En Piste via Bocchi 32, 50126 Firenze Maria Luisa Liguoro 333 3733644
Passe-Passe via Sorripa 50, 50026 San Casciano in Val di Pesa (FI) Saltimbanco c/o Nuovo Teatro delle Commedie via G.M. Terreni 5, 57122 Livorno
Marche Aria di Circo via Achille Grandi 45, 60131 Ancona Caterina
Circoplà c/o Spazioplà via Vanoni 11, 60030 Serra De Conti (AN)
VisionAria Danza Aerea e Nuovo Circo via Gabrielli SNC, 60131Ancona Abruzzo Cirque Brutal Via Stradonetto snc, 65128 Pescara
Circolare via Brindisi 126, 72019 San Vito dei Normanni (BR)
Cirknos via vecchia Frigole 36, 73100 Lecce Giorgia
Tabarin Via Prov. Gallipoli Alezio (P.co Angelica) 73052 Parabita (LE)
Tenrock Teatro Circo c.da Marmorelle SS.16 Adriatica Nord 70100 Brindisi
Un Clown per Amico/Circobotero st. Modugno Carbonaro 4/8, 70123 Bari Upendi via Bologna 15, 70024 Gravina in Puglia (BA)
Sicilia Circ’Opificio via Ammiraglio denti di Piraino 1, 90142 Palermo
Clatù via San Josè Maria Escrivà 3, 95030 Tremestieri (CT)
Sardegna Teatro Circo Maccus via dei Gerani s.n. Sant’Isidoro 09044 Quartucciu (CA)
Piemonte Clap-Circo Laboratori Arti Performative via Fratelli Bandiera 17, 28041 Arona (NO) Pasquale Di Palma 328 4986109 clap.zone Flic via Magenta 11, 10128 Torino Matteo Lo Prete 011 530217 flicscuolacirco.it
Pirilampo regione Faule 7, 10060 Macello (TO) Ilaria Bessone 375 7969457 E pirilamposcuolacirco
Ri-Circo via Granaroli 10, 15122 San Giuliano Nuovo (AL) Daniele Pistone 327 9125174 Q RiCirco Sportica Gym via Cattaneo 41, 10064 Pinerolo (TO) Paola Martina 0121 795590 sportica.it
Squilibria Circo c/o SSD CH4 Sporting Club via Trofarello 10, 10127 Torino Francesca Casaccia 011 678366 Q asdsquilibriacirco
Teatrazione via Artom 23, 10127 Torino Italo Fazio 011 5889562 teatrazione.com
UP Scuola di circo via Mercantini 9, 12042 Bra (CN) Maria Grazia Ielapi 339 7532815 upscuoladicirco.com
Lombardia Campacavallo via Gorlini, 20151 Milano Gabriella Baldoni 347 8571338 campacavallo.it Circobaleno c/o Centro Sportivo Talbot Fraz. Girola 6, 22020 Blevio (CO) Ilaria Sitzia 348 8123417 sportarcobaleno.it
Quattrox4 Via Andolfato 10, 20126 Milano Marco Dellabianca 02 36525176 quattrox4.com
Scuola di Arti Circensi e Teatrali via Sebenico 21, 20124 Milano Maurizio Accattato 348 6054623 scuolaarticircensiteatrali.com
Spazio Circo Bergamo c.so Roma 84/a, 24068 Seriate (BG) Manlio Casali 393 0082506 spaziocircobergamo.it
Spazio Kabum via Guicciardini 114, 21100 Varese Alessandra Pessina 349 4568018 spaziokabum.it
Trentino Alto Adige Animativa via Cermes 2, 39011 Lana (BZ) Reinhard Demetz 0473 239564 animativa.org
Arteviva via Bari 32/L, 39100 Bolzano Sara Zanol 340 2395065 arteviva.bz.it
Friuli Venezia Giulia Circo all’inCirca via Cividina 17, 33100 Udine Irene Giacomello 340 6052371 circoallincirca.it
Veneto Barbamoccolo via Maestri del Lavoro 36, 30037 Scorzè (VE) Manuela Polacco 339 4652122 barbamoccolo.it Circo in Valigia via Falgare 31, 36015 Schio (VI) Nicoletta Grolla Cegalin 0445 1716634 circoinvaligia.it Circo Volante via Scortegara 166, 30035 Mirano (VE) Laura Ugolini 340 8598292 circovolante.it Ludica Circo Loc. Corbellar 7, 37020 Verona Stefania Garaccioni 347 9121866 ludicacirco.com
Liguria Circo Galleggiante via Castelfidardo 1, 19122 La Spezia Chiara Martini 339 5772543 circogalleggiante.it
Piazzetta Cambiaso 1, 16123 Genova Barbara Vecchio 010 6373727 sarabanda-associazione.it
Annalisa Alcinesio 338 1172011 synergikaasd.com via Piave 19, 40033 Casalecchio di Reno (BO) Marco Marinelli 346 0361362 arterego.org via della Repubblica 6, 40064 Ozzano dell’Emilia (BO) Maila Sparapani 329 2347981 artincirco.it Horvath 338 3939743 circolarmente.it
p.zza dei Colori 28/a, 40138 Bologna Mariagrazia Bazzicalupo 328 0178208 circosottosopra.com via Boselli, 47923 Rimini Silvia Fonti 351 9409020 E circus.atmosphere via Sebastiano Serlio 25/2 / via Stalingrado 12, 40128 Bologna Silvia Salvadori 333 2751155 officinacrobatica.com
Rigolli 333 1532976 tadamcirco.com
via Guidiccioni 6b, 56017 Ghezzano-S. Giuliano Terme (PI) Martina Favilla 349 6304211 antitesiteatrocirco.it
piazza Viani 6, 55049 Viareggio (LU) Claudia Sodini 328 1447868 E Kproduction - teatro circo scienza via Sorripa 50, 50026 San Casciano in Val di Pesa (FI) Julien Morot 371 1287774 passepasse.it via G.M. Terreni 5, 57122 Livorno Enrico Pellegrini 329 9523295 saltimbancoscuolacirko.it
De Luca 351 7379418 zaccircus.it
piazza Vanvitelli 1/a, 06034 Foligno (PG) Maria Teresa Cesaroni 339 3927461 E Scuola di Circo Foligno
via Achille Grandi 45, 60131 Ancona Caterina Del Giudice 388 7533247 ariadicirco.com Via Vanoni 11, 60030 Serra dÈ Conti (AN) Elisa Mencarelli 338 1545063 circopla.it via Gabrielli 5, 60131 Ancona Valeria Mastropasqua 338 7587532 visionaria.org
Benedetta Cuzzi 351 6273546 E Cirque Brutal
via M. Marulo 54, 00143 Roma Roberta Castelluzzo 06 45491296 accademiamateriaviva.it
Ombretta Di Simone 339 8258627 E ScuolaCirco Circoraggio
p.zza Aldo Moro 45, 00041 Albano Laziale (RM) Jacopo Beretta 331 8681147 circosvago.it via IV Novembre 20, 01010 Vejano (VT) Valentina Tartaglia 329 7846355 E tribulecirco via dei Pescatori snc, 00124 Roma-Casal Palocco Anna Paola Lorenzi 342 5451353 volavoila.it via Dietro la Vigna 14, 80145 Scampia (NA) Maria Teresa Cesaroni 339 3927461 E Scuola di Circo Corsaro
via Sferracavallo snc, 74012 Crispiano (TA) Marco Massafra 333 4292637 circolaboratorionomade.com via Brindisi 126, 72019 San Vito dei Normanni (BR) Anna Pinto 380 1274099 E CIRCOlareFestivaldelleArtiCircensi Giorgia Basilico 333 4100916 E Cirknos via Prov. Gallipoli Alezio (P.co Angelica) 73052 Parabita (LE) Luca Andolfi 340 9640101 spaziotabarin.com c.da Marmorelle SS 16 Adriatica Nord, 72100 Brindisi Gabriele Cagnazzo 333 7823307 tenrock.it Str. Modugno Carbonara 4/8, 70131 Bari Michele Diana 348 0535875 unclownperamico.com via Bologna 15, 70024 Gravina in Puglia (BA) Mario Iacovelli 080 9266780 upendi.it via Ammiraglio denti di Piraino 1, 90142 Palermo Marika Riggio 329 7169258 circopificio.it via S. Antonio 6 Capo Milazzo, 98057 Milazzo (ME) Alfredo D’Asdia 090 9281274 gigliopoli.org via Esopo 20, 90011 Bagheria (PA) Mario Barnaba 328 1668183 E spaziokikloscoworkingart via dei Gerani s.n. 09044 Quartucciu (CA) Virginia Viviano 347 9650413 teatrocircomaccus.com