2 minute read

LA MONDIALE GÉNÉRALE

Next Article
CIRCOSFERA.IT

CIRCOSFERA.IT

a cura di Cie La Mondiale Générale

La Mondiale Générale è nata nel 2012, grazie a percorsi di vita intrecciati da almeno 10 anni, su iniziativa di quattro persone: un tecnico, Timothé Van Der Steen; un artista, Alexandre Denis; un amministratore, Pernette Bénard; un direttore di produzione, Mélanie Vadet.

Advertisement

Nel 2012 creiamo il progetto Braquemard, che consiste in un numero: l'Escalier, una forma breve: Braquemard #1, e una forma lunga: Le Braquemard du pendu Nel 2017 sono nate le forme breve e lunga del progetto Sabordage, con un team allargato, nuovi materiali artistici e ossessioni sempre presenti. Infine, nel 2019, il progetto Refuge è partito senza rendercene conto con Futiles prospects, per poi articolarsi in Rapprocons-nous, Refugiezvous, Refugion-nous

Le nostre creazioni ruotano intorno al circo, ma anche in modo trasversale intorno alle arti plastiche, al teatro acrobatico, alla creazione sonora. L'obiettivo è mettere "colui che guarda" al centro delle nostre preoccupazioni. Nella storia dell'arte troviamo spesso correnti che mettono in discussione il posto dell'artista VS il posto dello spettatore, come Fluxus, un movimento artistico contemporaneo, nato negli anni ’60, che lavora per dissolvere i confini tra arte e vita scambiando i ruoli, o associando lo spettatore in modo partecipativo.

Oggi i media tendono sempre più verso proposte interattive, anche partecipative. Puoi vederlo nei programmi TV, ad esempio.

È tempo di VOD, per soddisfare la domanda moltiplicando l'offerta, per una sorta di illusione di scelta. Anche i Reality TV hanno conquistato gli schermi e aperto le porte a nuove proposte. Youtuber, influencer, streamer hanno pian piano invaso il nostro mondo virtuale. Il loro peso cresce ogni giorno e danno forma al mondo di domani a modo loro. Anche nel campo della performance dal vivo possiamo mettere in discussione il ruolo dello spettatore, senza il quale lo spettacolo non esisterebbe. Lo spettatore deve essere attivo, reattivo, sensibile… ma gli stiamo dando la possibilità e le condizioni perché lo sia? Quali sono le sue scelte, una volta entrato nella stanza?

Ogni giorno ci interroghiamo su ciò che condividiamo con tutto il pubblico che incontriamo. Vogliamo cambiare il vocabolario, l'impostazione del gioco, lo stato. Uscire dalla partitura, lo status di attore e pubblico. Possiamo (dobbiamo?) evolvere le forme per guadagnare in profondità, in condivisione.

In un editoriale del 2018, Gilles Cailleau scrive: “Perché chiamiamo spettatori le persone che vengono a vedere uno spettacolo? Cosa ci ha posseduto per usare questa parola detestabile? Abbiamo visto che nella vita, per strada, qualcuno si è sentito orgoglioso di essere rimasto spettatore? "Ho visto una colluttazione, sono rimasto spettatore", "Ho visto qualcuno annegare, sono rimasto spettatore", "Tutti festeggiavano, sono rimasto spettatore", "Mi sono imbattuto nell'amore della mia vita, sono rimasto spettatore". Che classe! E vorremmo far venire voglia di venire promettendo di essere spettatori?”

Per questo nei nostri spettacoli creiamo uno spazio singolare, sorprendente e accogliente, interattivo e contemplativo, sfacciato e pertinente. Vogliamo che permetta a tutti di muoversi, di rompere con certi codici abituali dello spettacolo che vincolano a ruoli preventivamente concordati. Come nelle situazioni che si creano in alta montagna, tutti saranno responsabili e potranno godersi questo “rifugio”.

«…sentire un cambiamento intimo e profondo nel mio approccio alla creazione. Legato al nostro tempo, alla violenza dell'Uomo e alla sua capacità di rovinare tutto, quasi ogni volta. Perché se la nostra arte ha un senso, è, credo, servire da pretesto per incontrarsi, per confrontarsi, per creare un momento protetto e condiviso dove ci prendiamo il tempo per guardarci, per parlarci e per ascoltarsi a vicenda. E soprattutto non imporre nulla.» Alexandre Denis.

This article is from: