Juggling Magazine #75, june 2017

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JUGGLINGMAGAZINE.IT

issn 1591-0164. Poste Italiane SpA sped. in a.p. 70% DCB Viterbo. Contiene allegato P. e allegato R. € 3,00

ASSOCIAZIONE GIOCOLIERI & DINTORNI



Con il sostegno di

foto di Milan Szypura

bollettino informativo dell’Ass. Giocolieri e Dintorni Pubblicazione trimestrale Anno XIX, n. 75, giugno 2017 Registrazione Tribunale di Civitavecchia n. 9 del 21 novembre 2002 Associazione Giocolieri & Dintorni viale della Vittoria, 25 00053 Civitavecchia (RM) h www.jugglingmagazine.it e jugglingmagazine@hotmail.com f 0766 673952 m 347 6597732 Direttore Responsabile Marcello Baraghini Direttore Editoriale Adolfo Rossomando Grafica e impaginazione Studio Ruggieri Poggi h www.ruggieripoggi.it t 06 57305105 Distribuzione Nuovi Equilibri t 0761 352277 f 0761 352751 Stampa Pixartprinting Stampato il 20 giugno 2016 In copertina Blink Circus https://blinkcircus.jimdo.com

Apriamo questo numero con due festival ai confini nord e sud d'Italia, quasi a voler abbracciare una penisola che a tutte le latitudini offre preziose occasioni di incontro con le arti circensi. A seguire una carrellata di testimonianze sulla clownerie, le realtà emergenti, le nuove creazioni, gli eventi, i progetti nel sociale e quelli per il miglioramento della relazione col pubblico, la riflessione di J.M. Guy sull'attuale e controverso tema della formazione degli artisti, sul ruolo delle scuole professionali. Punti di vista, colti sorvolando l'Italia nella sua lunghezza, di un settore in piena espansione che la prima Raccolta Dati sulle Nuove Declinazioni del Circo in Italia, condotta da Progetto Quinta Parete in collaborazione con Censimento Circo Italia e conclusasi il 30 aprile scorso, si appresta ora ad analizzare e rappresentare su www.progettoquintaparete.it attraverso una mappa online geolocalizzata. Una mappatura che rappresenterà circa 200 realtà attive sul territorio italiano, e che ci impegniamo a mantenere aggiornata nel tempo, integrandola già dalla prossima edizione con i dati e i player che non siamo riusciti a coinvolgere in questa prima tornata, per offrire a tutti un inedito strumento di ricerca e di lavoro. Ulteriore importante processo di sviluppo che segnaliamo, e sul quale ritorneremo per maggiori approfondimenti, è la nascita dell'Associazione Circo Contemporaneo Italia (A.C.C.I.), fondata da 14 realtà con il proposito di allargare la sua base a tutti i soggetti interessati, per condividere processi di rappresentanza, riconoscimento e promozione del settore. Un'iniziativa dall'enorme portata dalla quale ci aspettiamo un forte impulso. A tutti, e a tutte le latitudini, auguriamo un'estate ricca di incontri, gioia, scoperta, crescita e condivisione.

EDITORIALE

Adolfo Rossomando

direttore editoriale Juggling Magazine


SCENICA

6/14 MAGGIO, VITTORIA (RG) www.scenicafestival.it

di Veronica Caggia ufficio stampa e segreteria organizzativa

foto di Giansalvo Cannizzo

Scenica si conferma, con la sua IX edizione, una realtà festivaliera multidisciplinare di altissima qualità, che porta in Sicilia artisti internazionali con spettacoli di grande spessore, in un clima pervaso da uno spiccato senso di ospitalità, competenza organizzativa, bellezza degli spazi deputati e partecipazione attenta del pubblico. Ben 23 spettacoli in programma, 32 repliche: circo, teatro, danza, performance tra arte e musica elettronica, concerti noise e street band, teatro di figura con marionette a filo e microteatro da camera, e ancora attenzione alle discipline circensi e spettacoli interattivi per tutte le età. E poi un gran finale con il progetto Rouge Nord e la creazione di un site-specific con funambolo e musica live in una delle piazze più belle della provincia iblea. Un teatro all’italiana di fine ‘800 dove il Circo El Grito e la compagnia TPO sono stati applauditi ininterrottamente, e poi ancora cortili, chiostri, piazze, palazzi invasi, per due fine settimana, da spettacoli rivolti a bambini, famiglie, adulti; appuntamenti riservati a pochi spettatori, altri che ne hanno coinvolti a migliaia. Vittoria (RG) è Sud del Sud, terra rossa, muretti a secco, balle di fieno, verdi carrubi, ulivi secolari, ma anche distese di serre di plastica bianca, il mare non distante, la pietra accecante del tardo Barocco e del nostro prezioso Liberty con arzigogoli alle

chiese, ai chiostri, ai palazzi storici del centro, una città a scacchiera che ricorda le quadras argentine. Si vive la condizione periferica della distanza da tutti e da tutto, e il sole intanto spacca e arde le pie-

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tre, le terre e le teste, rendendo il paesaggio ancora più affascinante. Scenica è un sogno fattosi realtà, iniziato quando un gruppo ostinato di persone decide di portare nella propria terra ciò che non c’è mai stato, le meravigliose atmosfere artistiche europee conosciute nei viaggi, studiando e poi decidendo di vivere fuori, spe-

ROUGE NORD www.cirquepardi.com/rouge-nord di Timothé Rouge Nord è più di uno spettacolo, è un proLoustalot Gares getto che raggruppa diverse proposte artistifunambolo che, nato all’interno della Compagnia Cirque

Pardi!, la compagnia nella quale lavoro dal 2014 come regista e funambolo. Lì ho incontrato Antoine Bocquet che è il musicista della compagnia. Ci siamo lanciati in piccole performance di funambolismo accompagnato da musica live durante le quali ci siamo divertiti e così abbiamo cominciato ad avere voglia di approfondire il progetto. In seguito poi all’incontro con Aloïs Pesquer è nato Rouge Nord, assumendo un’altra dimensione e integrando scenografia e tecnica. Rouge Nord è una creazione site-specific fatta in uno spazio pubblico. È uno spettacolo, una performance ma anche un’installazione scenografica. Per ora siamo in creazione con una gru in movimento in scena, l’idea è dare vita ad un balletto meccanico tra una macchina appunto e un funambolo. Pensiamo di realizzare un’esposizione in un luogo


cializzandosi e lavorando nello spettacolo. Tra i tanti c’è anche chi è rimasto qui e ha diligentemente svolto un lavoro duro e certosino di contatti col territorio, un’opera quotidiana di educazione al bello che negli anni ha creato un incredibile proselitismo. Santa Briganti, la nostra Associazione, nasce con questa idea di portare in

casa ciò che noi, da piccoli, siamo dovuti andare a scovare altrove. Il Festival sin dalla prima edizione è un metissage artistico di grande qualità. La volontà di non racchiudere necessariamente l’arte entro etichette rigide e restrittive, e per sua natura il circo rappresenta l’apoteosi di questa scelta. A guardarsi indietro vengo-

urbano chiamata Galleria sonora e visuale. Tutto è ancora in una fase creativa, ufficialmente Rouge Nord uscirà a giugno 2018. Rouge Nord parla della dualità insita in ognuno di noi. Il rosso (Rouge) è un colore caldo, il Nord è una direzione verso il freddo. Il nome viene da una sensazione che provo camminando sul filo,

no le vertigini: da qui sono passati “maestri” delle varie discipline e a voler fare l’elenco nominerei le attuali compagnie più forti a livello nazionale e internazionale. Il pubblico è cresciuto con noi, affinando i suoi gusti, si è appassionato acquisendo consapevolezza critica e oggi ci segue, ci sostiene e ci invita nel continuare ad aggiornarci, ad armarci di fantasia e follia per coltivare ancora questo piccolo miracolo. Scenica è sempre stato, volente o nolente, per sua croce e delizia, un festival non di grandi dimensioni, un Festival della e per la gente, le cui peculiarità restano la freschezza della programmazione e il coraggio di osare. Quest’anno l’Amministrazione Comunale ci ha sostenuti maggiormente, dandoci la reale possibilità, magistralmente sfruttata, di fare ancora di più. Come non mai siamo usciti fuori dalle mura: più eventi gratuiti aperti a un numero maggiore di persone, più collaborazioni con altre realtà virtuose del territorio, una risonanza enorme; pubblico quadruplicato e proveniente da vari parti della regione, contento, insaziabile. Vincente la scelta di coinvolgere altre realtà associative locali che hanno proposto laboratori e iniziative molto interessanti (inclusi una Maratona Fotografica, inviti alla lettura dedicati ai piccolissimi, degustazioni enogastronomiche e racconti interculturali che coinvolgono un centro di accoglienza per immigrati che ha svolto un laboratorio con alunni di una scuola elementare).

nel momento in cui il tempo si ferma e mi ritrovo sospeso in mezzo al cielo. La dualità è là, presente, una sensazione di caldo e freddo allo stesso tempo, di paura e piacere. Una dolce tensione elettrica, l’incertezza accompagnata da una gradevole eccitazione. Per esprimere questa sensazione mi sono rivolto una domanda: Esiste un termine che designi la calma prima della tempesta? La risposta è stata: Rouge Nord. Attraversare il cielo per me è vivere semplicemente il presente, un presente assoluto, concentrarsi sulla semplicità del movimento. Essere qui e ora, vivente. Camminare, respirare e ancora camminare, restare in equilibrio per poi camminare di nuovo. Stare in equilibrio su un filo e respirare, senza pensare a nient’altro al di fuori dell’equilibrio, un passo dopo l’altro. È giocare con la vita sorridendo alla morte, il rischio è lì ma non mi immobilizza. Oltrepassando la paura continuo ad avanzare crescendo ad ogni passo un po’ di più. Il segreto è non pensare, essere in armonia col momento presente. L’istante assume allora un’intensità talmente forte che non esiste altro oltre il passo successivo. Camminare in equilibrio su un filo nel cielo è semplicemente una metafora sul modo di imparare a vivere e di formarsi. Ad ogni passo questa disciplina mi insegna come avanzare nella vita senza cadere. Il progetto Rouge Nord assume anche diverse forme, di cui una è “Carte Blanche”, realizzata qui per Scenica Festival. Una formula funambolo e musica live durante la quale ci permettiamo di invitare altri artisti come in questo caso Carola Arramburu al cerchio aereo e i Deadwood alla musica. Ogni volta è una formula diversa, una sorta di creazione ad-hoc adattata al luogo e al Festival che ci accoglie. Quindi Rouge Nord {Carte Blanche} è sempre una creazione originale e unica. j u g g l i n g m a g a z i n e numero7 5 g i u g n o 2 0 1 7


TERMINAL17 19/21 MAGGIO, UDINE www.terminal-festival.com www.circoallincirca.it

di Davide Perissutti direttore artistico

foto di Bartolomeo Rossi

Il circo contemporaneo è arrivato in Friuli undici anni fa con Brocante, festival nato con una flebile voce, forgiato in un preciso e inesorabile lavoro artigiano, preparato da artisti e rivolto agli artisti. Le sue scelte anti-convenzionali hanno dato vita ad una sorta di movimento che lentamente ha popolato le valli ormai disabitate del Friuli occidentale; migliaia di persone hanno riscoperto terre dimenticate, maturando contemporaneamente la propria sensibilità verso un inconsueto modo di intendere lo spettacolo dal vivo, una performance capace di abitare e trasformare lo spazio. Mentre in Italia nascevano i festival degli artisti di strada, voluti e pensati per portare gli artisti nei luoghi più popolati dei centri urbani, in Friuli maturava una sorta di coscienza della riscoperta. Ritrovare il senso antico dell’accoglienza friulana dentro le dinamiche dello scambio artistico significa voler riconoscere la funzione sociale della Bellezza. Nelle remote terre di una Italia poco frequentata da chi la cultura la conosce e la produce si stava saldando un forte legame tra la creatività e il territorio; il pubblico iniziava a capire che raggiungere vallate quasi disabitate per scoprire visionarie creazioni circensi può richiedere il sacrificio fisico di una piccola escursione in montagna, ma il più delle volte il sacrificio viene ripagato con la bellezza. Seppure in discontinuità quanto a impostazione artistica, location e dimensione progettuale è questa l’eredità culturale di Ter-

minal, un nome che racchiude le infinite possibilità date dalla mescolanza, dai luoghi di passaggio, dalle occasioni di riscoperta di luoghi abitudinariamente frequentati e tuttavia mai veramente visti. Non solo circo, un’idea di arte che indica agli spettatori la possibilità di guardare con occhi diversi la realtà e lo spazio urbano. Tre giorni dedicati alle potenzialità dell’incontro: tra la città e gli artisti, tra artisti provenienti da universi differenti eppure similmente orientati dalla propria ricerca artistica, uno scambio tra i performer e un pubblico invitato a coinvolgersi nella performance. Questa la direzione verso cui si sta dirigendo il Friuli rispetto al circo contemporaneo, Terminal 17 la tappa di un percorso che tenta di proseguire il lento lavoro artigianale che ha plasmato la coscienza artistica del pubblico locale e in questi due anni ha portato il Circo all’inCirca al Terminal di Udine. Ricerca musicale, arte visiva, teatro e circo si mescolano in una delle piazze meno frequentate dalle rotte commerciali del centro cittadino. Accanto alle compagnie scelte anche un piccolo gruppo di giovani artisti circensi neo-diplomati che, giunti in città una settimana prima del festival, hanno ricercato il contatto con il centro attraverso le pro-

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prie discipline. Non una semplice residenza artistica, un progetto per dire che la comunità artistica di Udine ha fiducia nel vitale contatto dell’artista con il mondo che lo circonda, crede che si possa regalare alla città un modo nuovo per guardare se stessa. Condivisione di spazi, dialogo e crescita umana diventano così il punto di partenza fondamentale per produrre cultura, coscienza civica e consapevolezza. È così che Terminal cerca di dare una casa e un nome ad un preciso stile di vita e di creazione. Dopo i tre giorni di festival non ci si ferma, il progetto prosegue con altri appuntamenti di creazione per giovani artisti neodiplomati, che potranno incontrarsi durante l’imminente estate e durante il prossimo autunno per essere accompagnati nella produzione del proprio risultato. Terminal continua anche riportando a Buttrio il tendone Magda Clan, che nel


mese di giugno incontrerà in Friuli gli attori di “Non dalla guerra”, dando la possibilità ai friulani di approfondire temi su cui l’arte oggi non può non confrontarsi, temi fragili come quelli del confine e della profuganza. Confini, viaggi, mescolanze di prospettive e visioni artistiche, da Terminal 17 parte anche un AudioBus. Si tratta forse dell’esperienza che meglio rappresenta il collettivo di artisti che cura la direzione artistica del festival. Dentro lo spazio di un autobus di linea urbano si fondono circo, radio, teatro, letteratura, storia e città. Trenta spettatori muniti di cuffie wireless assaporano il gusto di un viaggio tra gli ambienti della città. Dal Terminal 0, “l’ospedale dove tutti nascono ed iniziano il proprio viaggio in questo mondo”, fino all’ultimo definitivo Terminal a cui siamo tutti diretti. Finisce veramente tutto al cimitero? Due tennisti stanno giocando su un prato d’erba, proprio in mezzo alla città, proprio lì dove nessuno avrebbe mai creduto potesse essere possibile giocare. Mentre l’AudioBus percorre le vie della città una performance vivente abita gli spazi cittadini, sale sull’autobus un altro modo di guardare fuori dai finestrini, fuori da se stessi; lo spettatore viene trasportato su un pianeta diverso, costruito esattamente dentro la vita di ogni giorno. Non solo circo. Il Friuli è terra di passaggio e di

contaminazione, incontrare culture diverse qui è facile e al Terminal17 passano e si mescolano forme di pensiero e d’azione tra loro molto diverse. Il festival non è unicamente Circo all’inCirca, è anche un collettivo di artisti visivi, Zero Idee, e va ancora oltre l’intreccio tra arti circensi e arti visive: da quest’anno si è aperto alla collaborazione con le più vivide realtà culturali locali. Il circo contemporaneo è il contenitore di un più ampio movimento artistico, riconoscibile sia dal pubblico sia, soprattutto, dagli ospiti internazionali che giungono in città. In piazza c’è un pubblico preparato, non è attirato dal fenomeno da baraccone giunto ai crocicchi più frequentati, è venuto a cercare la piazza che normalmente non frequenta e vuole vedere dove si spingerà questa volta la ricerca artistica. Collaborazione tra realtà artistiche locali, ma non solo. Terminal sta lavorando per aprire il territorio friulano ad una più strutturata collaborazione europea, perché le porte della mittel Europa e dell’est sono a pochi terminal di distanza. Per la prossima edizione è già attiva la partnership con Cirqueon (Rep. Ceca) e con la Associazione Valenciana di Circo; nel frattempo il Circo all’inCirca ha già incontrato alcune scuole professionalizzanti, una tra tutte Codarts, per capire come instaurare un rapporto di collaborazione e in questo modo dare la possibilità ai professionisti neo-diplomati di usare la città per scoprire se stessi regalando agli spazi urbani altri universi di senso.

ASSOCIAZIONE CIRCO CONTEMPORANEO ITALIA (A.C.C.I.) In parallelo all’incoraggiante apertura ministeriale al circo contemporaneo, che rientra a pieno titolo tra le quattro arti contemplate dal D.M. accanto a musica, teatro e danza, si è reso necessario colmare un vuoto: la rappresentanza del settore. Per questo motivo alcuni operatori hanno condiviso la decisione di creare L’Associazione Circo Contemporaneo Italia. A.C.C.I. intende rappresentare la distribuzione, la promozione, la produzione, la formazione e le residenze artistiche dell’arte e della cultura del circo contemporaneo, in tutte le espressioni artistiche che esso manifesti. L’Associazione intende esprimere e raffigurare in tutte le sedi, locali, nazionali ed internazionali gli interessi e le istanze del settore, promuovendo e concorrendo alla realizzazione di iniziative tese a dare visibilità e sostegno agli ambiti di riferimento del circo contemporaneo. Sarà compito di A.C.C.I. studiare e affrontare temi artistici, culturali e organizzativi relativi alle attività di pertinenza del settore e rappresentare i soci, nei confronti delle Istituzioni pubbliche e private, favorendone lo sviluppo artistico, tecnico ed economico. Il dialogo costruttivo e la collaborazione tra distribuzione, produzione, formazione e promozione saranno il vero impulso dato a questa arte che ha la necessità di essere valorizzata e potenziata. Potranno aderire ad A.C.C.I., le organizzazioni costituite giuridicamente che sono interessate alla realizzazione delle finalità istituzionali e ne condividono lo spirito e gli ideali. A.C.C.I. è ente aderente ad Agis – Federvivo A.C.C.I. è nata per la volontà di 14 enti (in ordine alfabetico): Ass. Artincirco; Ass. Chapitombolo; Ass. Circo e Dintorni; Fondazione Cirko Vertigo; Ass. C.L.A.P.Spettacolodalvivo; Ass. Dinamica; Ass. Giocolieri e Dintorni; Ass. Ideagorà; Ass. Onarts; Ass. QuattroX4; Ass. Sarabanda; Ass. Società Ginnastica di Torino; Ass. Teatro Necessario; Ass. Ultimo Punto.

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PETIT CABARET 1924

www.petitcabaret1924.com

foto archivio Petit Cabaret 1924 Mi chiamano Romeo, per l’ufficio anagrafe sono invece Matteo Bruno Zanaboni Dina, giocoliere di professione, oltre che direttore di circo. Questa meravigliosa avventura ha avuto inizio il giorno della mia Prima Comunione, quando ricevetti in regalo un diabolo… quel memorabile giorno di più di vent’anni fa strinsi tra le mani, insieme al Santissimo Sacramento, lo strumento che mi avviò alla più grande passione della mia vita: la giocoleria. Provengo dal centro di

tion Locale, che mi gettò letteralmente in pasto al pubblico in un tour mondiale di tre anni, durante i quali acquisii maggior dimestichezza con il palcoscenico e conobbi la mia attuale compagna di vita, Coralie. Il sodalizio fra noi fu immediato e ci imbarcammo alla volta delle Isole dei Caraibi per trascorrere insieme la prima esperienza di vita itinerante: la nostra era una delle tante roulotte che vivevano intorno e grazie ad un totem che sorgeva al centro del

Milano, classe 1983, laurea in giurisprudenza, centinaia di convention e migliaia di ore di allenamento alle spalle per costruire una tecnica solida con palline e clavette, decine di migliaia di drop per migliorare ispirato dai grandi giocolieri della storia. Le mie prime esperienze di esibizione davanti ad un pubblico avevano il sapore della conquista: avevo intuito che il centro della pista fosse il mio posto. Terminata l’università, impiegato in uno studio legale, mi trovai davanti ad un bivio evidente, ma ben felice di aver provato quell’esperienza professionale, scelsi con gioia la vita del circo, sicuro che non avrei avuto rimorsi. Così lasciai il lavoro ed intrapresi la formazione. Fui pertanto ligio e disciplinato alunno delle scuole di circoCarampa e Lomme, oltre che assiduo frequentatore del Tempio berlinese della giocoleria Katakomben. Ero determinato a crescere tecnicamente e a progredire artisticamente per riuscire un giorno a comunicare con il mio pubblico tramite la giocoleria. La formazione venne interrotta dall’allettante proposta di unirmi ad una compagnia di circo belga che seguivo da anni, Cirq’ula-

villaggio e lo sovrastava, lo chapiteau. Fu un’esperienza illuminante che mi aprì gli occhi e mi diede coraggio: nel mese di giugno 2015 acquistai un tendone in Francia ed un mese più tardi lo aprii al pubblico con

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mezzi di fortuna, battezzandolo Petit Cabaret 1924 in onore ai miei nonni, nati in quell’anno. Da allora la mia vita quotidiana è parecchio cambiata: dedico svariate ore all’organizzazione, alla logistica, all’amministrazione e alla regia dello spettacolo. Le mie giornate sono dense e talvolta l’allenamento passa in secondo piano. Nessuna frustrazione: il prodotto dei miei sforzi resta genuinamente artistico e soddisfa me e il pubblico, posso perciò definirmi realizzato e soddisfatto. Più di cinquanta artisti da tutto il mondo si sono già esibiti sotto il mio tendone ed hanno condiviso con me spettacoli, montaggi, smontaggi e viaggi, sentendosi parte di una famiglia che accoglie ma non vincola nessuno. Il pubblico riveste un ruolo centrale nello spettacolo e gli artisti si mettono al suo servizio fin da suo ingresso nel tendone: una copertina se fa freddo, un bicchiere di spumante, un cuscino per stare più comodi o uno sgabello per la borsa delle signore. Lo spettacolo si svolge a 360° e non vi è alcun backstage: la vera opera d’arte non è il prodotto artistico, ma l’artista stesso, sarebbe una follia nasconderlo dietro ad un telo… Ogni nostra esibizione si conclude con un momento intenso, di profonda spiritualità sia per gli artisti che per il pubblico: la recita della “Preghiera del Clown” scritta ad opera dell’illustre pugno di Totò. Questo testo è ispiratore perché mette in luce il ruolo dell’artista nel mondo, come veicolo di pace e di gioia: se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene (del pubblico nda) rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola, ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura.


di Nicola Bruni e Cecilia Fumanelli fondatori e direttori di Spazio Bizzarro

SPAZIO BIZZARRO

E IL DIRITTO ALLA BELLEZZA

Spazio Bizzarro è un tendone bianco e rosso, all’interno di un parco nella verde Brianza. Nasce nel 2012 da un’idea di Nicola Bruni e Cecilia Fumanelli, lui circense, lei musicista, che dopo la scuola di circo Vertigo e un anno di creazione in Francia, decidono di provare a portare in Italia un progetto che stavano cercando altrove. Spazio Bizzarro propone corsi e laboratori per bambini e adulti, è un luogo di spettacoli, eventi e residenze di compagnie internazionali, ospita scuole in gita, laboratori per bambini e per la famiglia e centri estivi. Nella sua proposta di formazione artistica, è particolarmente attento agli aspetti socio-educativi e al sostegno alla creatività, legati soprattutto all’infanzia, alla prima adolescenza e alla disabilità. Ma oltre ai corsi e ai progetti legati al circo, il tendone è anche una fucina di idee e di sperimentazioni artistiche di vario genere. Ogni idea “bizzarra”, che spesso nasce tra un sogno e una chiacchierata e dalla voglia di esprimersi artisticamente cercando nuovi stimoli e opportunità di crescita, è sostenuta dalla filosofia di essere autoprodotta, autofinanziata e realizzata con le competenze e le capacità di ognuno. Un esempio è il Circus Memory, un memory a tema circense, illustrazioni di Cecilia Fumanelli, realizzato nel 2015, dedicato ai bambini. Tutte le illustrazioni sono disegni originali e in ogni carta è rappresentato un attrezzo, per far conoscere meglio il mondo del circo a chi muove i primi passi, e per dare il giusto nome alle varie discipline. Altro progetto artistico di Spazio Bizzarro è la Caravan Club: si tratta di una piccolissima roulotte vintage anni ‘60, che abbiamo recuperato e completamente sman-

www.spaziobizzarro.com foto archivio Spazio Bizzarro tellato, per trasformarla nella discoteca più piccola del mondo. Il progetto Caravan Club nasce dall’incontro di Nicola, Cecilia e Simone Beretta, in arte Zeemo, amico e dj: l’idea è creare una disco-performance per festival ed eventi, che possa coinvolgere persone di tutte le età. Curata nei minimi dettagli, dall’arredamento all’impianto luci, è fornita di red carpet, dancefloor, dj, barista e perfino un buttafuori. Ospita fino a 15 persone per volta, per trascinare il pubblico in un’esperienza nuova e incredibilmente divertente. La prima uscita della roulotte, nonché battesimo ufficiale, è stata nella primavera 2016, alla 10° Convention di Giocoleria della Brianza, a cui sono seguita altre uscite quest’anno all’interno dello stesso evento, e del Festival Magie nel Borgo, di Costa di Mezzate. Siamo rimasti piacevolmente stupiti da quante persone abbiano voglia di scatenarsi all’interno della roulotte e dal successo di questa idea; abbiamo già una decina di date per i prossimi due mesi e ci stanno arrivando moltissime richieste. Un altro progetto che da un anno a questa parte portiamo avanti con passione è legato al mondo del circo sociale: “Down altro punto di vista” è un laboratorio artistico i cui partecipanti sono ragazzi con disabilità, ma anche operatori e volontari, finalizzato alla creazione di uno spettacolo di circo-teatro integrato. Esperienza grandiosa, che ci sta facendo crescere moltissimo. Questo percorso è una gran-

de possibilità di ricevere per noi, oltre che di insegnare. Siamo anche convinti che il diritto alla bellezza sia davvero per tutti, senza limiti sociali o culturali. L’idea nasce dall’incontro tra Spazio Bizzarro e Il CSE3 Artimedia di Casatenovo (LC), gestito dalla Cooperativa Sociale La Vecchia Quercia di Calolziocorte (LC). Il percorso è stato avviato ufficialmente ad ottobre 2016, anche se i partecipanti si frequentano già dal 2014. L’obiettivo principale è quello di riuscire a portare lo spettacolo anche nei canali artistici e culturali del mondo del circo e teatro-circo in Italia, come festival e rassegne, al fine di sensibilizzare e contribuire a creare interesse intorno al mondo del Circo Sociale. j u g g l i n g m a g a z i n e numero7 5 g i u g n o 2 0 1 7


COM PAG NIA ZEN HIR

IL P T R A UNT O D CI R C ’ I N C O OE RIFL NTRO ESS ION E

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di Elena, Flavio, Giulio Il nome Zenhir nasce dall’incontro fra lo Zenith ed il Nadir. Giulio alla scala cerca l’uno mentre Elena con le verticali cerca il suo opposto, l’ “h”, nel mezzo rappresenta Flavio, il punto di incontro, l’Azimut. La compagnia è composta da Elena Bosco, Giulio Lanfranco, Flavio “Enzo” Cortese ed Albin Warette. A Febbraio 2017 ha debuttato a Torino il nostro primo spettacolo “Ah, com’è bello l’Uomo”. Lo spunto per iniziare la sua creazione è stato rendersi conto che creare uno spettacolo è una grande opportunità, perché esibendosi si ha la possibilità di parlare ad un pubblico potenzialmente infinito. Il punto di partenza tecnico invece è stato quello di creare uno spettacolo con una grande componente teatrale, cercando di contestualizzare la tecnica circense all’interno della drammaturgia. Il nostro obiettivo è portare uno sguardo tenero e acerbo sulla comunicazione che tanto è cambiata in due o tre generazioni. Questa causa per le interazioni sociali si cristallizza, ovviamente, attorno agli smartphone (e altri derivati). Nessuna intenzione di posizionarsi sopra alla massa né di gridare allo scandalo. Semplicemente di guardare in faccia i fatti e il cammino che l’Uomo ha percorso, tuffandoci con forza in una constatazione che sia più reale possibile; essere lo specchio, riflettere la realtà per portare a riflettere. Poiché le cause e l’effetto sono indissociabili parleremo di una traiettoria e non di un www.jugglingmagazine.it

semplice momento. La creazione dello spettacolo è stata come il binario di un treno, da una parte il lavoro di ricerca fisica e creazione del materiale circense, dall’altra il lavoro di studio ed analisi dell’argomento. Se di giorno si sudava, la sera ci si arrovellava, in questo modo le due piste, avanzando contemporaneamente, si sono influenzate l’una con l’altra. Dopo un primo inverno di lavoro siamo stati selezionati per partecipare ad un Lab CircusNext, durante il quale abbiamo lavorato al nostro progetto con artisti di circo internazionali, Jean-Michel Guy e Albin Warette. Proprio quest’ultimo si è appassionato al progetto, ed ha deciso di seguirci ed aiutarci per la scrittura dello spettacolo e la messa in scena, la parte più complicata per noi. La sua esperienza e la grande sensibilità artistica ci hanno permesso di affidargli il nostro materiale fisico e di seguirlo con piacere nella fase finale di creazione. Lo spettacolo è stato creato per sala teatrale, con pubblico frontale, ma si adatta anche a tendoni in grado di rispettare le esigenze tecniche. Facciamo parte di quel movimento di compagnie di circo contemporaneo che stanno cercando di aprire i teatri italiani al circo. Parallelamente cerchiamo di portare lo spettacolo anche

all’estero, per ricordare che il circo contemporaneo italiano c’è ed è in grande fermento creativo ed organizzativo. In ogni caso fare “Ah, com’è bello l’Uomo” in teatro o in tendone per noi è diverso e immagino lo sia anche per gli spettatori, soprattutto per gli elementi di critica e di lettura di cui i diversi pubblici dispongono. Il nostro impegno è affermare che il circo è un linguaggio con un vocabolario, una grammatica ed una sintassi proprie. Durante questi anni siamo cresciuti molto come artisti di circo contemporaneo e abbiamo affermato uno stile nostro, con caratteristiche specificatamente italiane, come è stato definito lo spettacolo da Albin Warette, riuscendo nel nostro intento: creare uno spettacolo di circo contemporaneo con una forte componente teatrale e capace di far riflettere gli spettatori. Il nostro sogno, adesso, è quello di rendere lo spettacolo anche un progetto didattico presentandolo in sessioni scolastiche per poi discuterne i temi trattati. Ad aprile abbiamo potuto fare un primo esperimento, con 150 studenti di seconda liceo venuti a vedere lo spettacolo nel quadro di un progetto di sensibilizzazione contro l’abuso delle nuove tecnologie da parti dei giovani.



27 APRILE / 1 MAGGIO - IMBERSAGO (LC) www.conventiongiocoleriabrianza.it

di Davide Cattaneo direttore artistico

GC

La “Brianzola” di quest’anno aggiunge un tassello alla lunga serie di belle esperienze che qui in Brianza la convention e i giocolieri portano ogni anno. La nostra convention è un evento di una certa complessità, dal successo per niente scontato, e la sua forza sta nella disponibilità di persone e organizzazioni che sono i pilastri su cui si regge l’intero evento. Dalla Pro Loco, a Piazza Roma, al core team composto da me Geppo e Dori, ai volontari tutti, agli artisti che tengono workshop e fanno spettacoli, alle compagnie con tendone. Voglio ringraziare tutti, come sempre, ma in particolar modo ringrazio la compagnia del SIDE, il cui supporto alla Convention, grazie alla loro grande esperienza, da tre anni garantisce uno spa-

zio capace di gestire con grande professionalità spettacoli, workshop, festa, renegade e conferenze, rendendo la nostra vita di organizzatori incredibilmente più facile, ma soprattutto permettendoci di arricchire la programmazione. Un team ferrato, tutti i meccanismi ben rodati, questa confidenza con l’evento lascia infatti spazio per aggiungere qualcosa, far sviluppare la convention anche in direzione diversa. Da qualche anno abbiamo inserito incontri e conferenze pomeridiane, molto seguite, e ci piacerebbe inserire una programmazione di spettacoli sotto tendone prima o dopo i giorni della convention per aumentare l’offerta e il genere di spettacoli proposti. La mia responsabilità principale alla Convention è la direzione artistica del Galà e la gestione degli ospiti. Cerco di assicurare ogni anno uno spettacolo di rilievo e per farlo visito diversi festival e convention, oltre ad interfacciarmi di continuo con artisti di tutto il mondo come produttore PLAY.

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Quando organizzi il Galà di una convention non sempre puoi permetterti di avere tutti gli artisti che vorresti sul palco, un po’ perché non puoi offrire cachet pieni e un po’ perché gli artisti non sono sempre disponibili in quelle date. In questo senso, oltre a confidare in un pizzico di fortuna, le mie linee guida come direttore artistico per garantire un ottimo Galà sono sempre state le seguenti: l’artista prima di tutto deve essere trattato al meglio. Deve essere messo in condizione di lavorare bene, assistito professionalmente sul palco, ben retribuito e possibilmente deve potersi godere la convention dall’inizio alla fine, in palestra, sul prato, così come sul palco, perché sono convinto che il suo coinvolgimento emotivo gli permetta di esprimersi al meglio al momento della performance. Un artista che lascia il tuo evento felice ed appagato ne parlerà bene ovunque andrà e l’ottima reputazione della Brianzola a livello internazionale deriva proprio da questo principio. Essendo la Giocoleria un mondo in rapida e continua evoluzione, devi andare in giro e vedere tanti spettacoli. I video possono aiutare, ma non sono affatto la stessa cosa, perché non ti permettono di percepire il feeling che l’artista riesce a instaurare con il pubblico. La mia visione del Galà alle convention, così come l’ho recepita dalla altre convention europee, è di far vedere qualcosa

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CONVENTION DELLA GIOCOLIERIA DELLA BRIANZA


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foto di Pierre Feniello / LG Studio Arianna Ciofi Giada Calamida

me e motiva i suoi giudizi, sta fortemente influenzando l’approccio e i commenti del pubblico che viene ai nostri Galà. Non essendo questo il luogo per dare vita ad un dibattito su questo tema mi limito a lanciare questo mio accorato appello: andiamo a vedere gli spettacoli dal vivo!!! Nulla può e potrà mai sostituire le emozioni e l’unicità di ogni singola performance.

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di nuovo, di stimolante, di originale, di far conoscere nuovi stili e talenti emergenti. Qui alla Brianzola, più che altrove, la composizione del pubblico (30% giocolieri e il restante 70% pubblico che viene dal territorio) finisce però per avere una certa influenza sulle mie scelte. Per questo il nostro Galà, deve trovare il giusto equilibrio tra numeri di innovazione e ricerca. Quest’anno abbiamo visto Systeme 47 (Alexandre Ganivenc e Walid El Yafi), cie Lazuz (Ron Beeri and Itamar Glucksmann), Gon Fernández e Thibaut Mathieu) alternati a momenti più “leggeri”, comici, adatti ad un pubblico di famiglie con bambini come i numeri della Compagnia Bellavita (Andrea Farnetani e Antonio Tremani) e di Edoardo Mirabella) - e intrattenimento di qualità per uno spettatore che ha deciso

di godersi un bello spettacolo (Alexis Levillon). Come per tutti i Galà fondamentale è il ruolo del presentatore, anche quest’anno rivestito da un inossidabile Diego Draghi. Negli anni molti degli spettatori che sono venuti al Galà sono ritornati, diventando gradualmente sempre più esperti ed esigenti. Nell’ascoltare i loro commenti a fine spettacolo posso percepire come questa serie infinita di Talent Show televisivi stia influenzando molto i gusti e il modo di leggere gli spettacoli. La crescente consuetudine a vedere performance “dal vivo”, attraverso il medium della tv e seguire un panel di giudici che espri-

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ANDREA www.andreafarnetani.com

FARNETANI

CONVENTION DELLA

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el 2011 mi trovavo in Amazzonia con i “Giullari senza Frontiere” e trascorremmo un mese in una nave-ospedale che faceva assistenza sanitaria alle comunità del Rio Tapajos. Una sera un dottore ci mostró un documentario di una tribù indigena che utilizzava il solletico di gruppo per curare le persone depresse o per punire quelle che facevano un torto alla comunità. Questa scoperta mi confermò una volta di più la potenza ancestrale, guaritrice e catartica della risata. Mi chiamo Andrea Farnetani e ho conosciuto la giocoleria a 17 anni. Ho studiato presso la Scuola Romana di Circo nel 2006 ma per lo più il mio apprendimento è stato da autodidatta, allenandomi nei centri sociali romani e frequentando convention di giocoleria, festival di arte di strada e soprattutto viaggiando per il mondo e incontrando persone straordinarie. Ho lavorato 5 anni con Jacopo Candeloro come “Smile Carucci” e al momento ho uno spettacolo solo (Trick-nic), un duo con Antonio Tremani (Compagnia Bellavita) e collaboro con il circo El Grito con varie produzioni. La giocoleria è una tecnica, ma la scrittura dello spettacolo e la formula per la quale esso funzioni sono l’algoritmo fondamentale per vivere e onorare il palco. È come essere un Dio che crea una vita e contemporaneamente l’essere umano che la vive. La ricerca artistica è lavoro, devozione e tanta disciplina e si fonde quotidianamente con la mia vita privata. Non avendo una formazione attoriale cerco di analizzare le sfumature del mio carattere e la maniera di rappresentarle in un linguaggio universale. La scoperta del “Clown” ha cambiato radicalmente la mia vita, è autoterapia e dipendenza, accresce il mio ego e nello stesso tempo la sensibilità nel prossimo. Voglio essere un Clown, Non riesco a definirmi tale perché credo che esserlo sia un bellissimo cammino senza traguardo che cambi con le rughe. Da un piccolo incontro con Jean Méningue, due concetti mi sono rimasti impressi: “il neutro” e “L’extra-ordinario”. È da questi www.jugglingmagazine.it

due p u n t i che parte la ricerca del mio nuovo personaggio, Gustavo LaVita. Dopo tanti spettacoli come giocoliere comico ho sentito l’ esigenza di rappresentare anche i miei lati più neri, timidezza, tristezza, solitudine, senza però dimenticare la felicità. Cerco di ricordarmi bambino e di immaginarmi anziano, di sentire il mio lato animale e godermi quello razionale. Ho deciso di mettermi una parrucca e scarpe grandi e pesanti per essere diverso sul palco, come un alter ego caricatura di come mi sento, ma al tempo

stesso irriconoscibile da come mi vedo. Da anni studio le tecniche dei giocolieri gentiluomo e seleziono trucchi di repertorio antichi, uno dei grandi ispiratori è Freddy Kenton. Il “classico” è senza tempo, è un’alchimia perfetta che stimola bottoni atavici dell’essere umano. C’è una grande saggezza e nello stesso tempo freschezza, come se fosse originale ma al tempo stesso familiare. La scelta di eseguire il numero della piramide di bicchieri in equilibrio su un archetto di violino tenuto in bocca mentre si esegue un brano, viene proprio dalla mia ricerca sul classico, sull’empatia e sull’extraordinario; gestire un equilibrio super precario di bicchieri vuol dire giocare sul tabù, sulla fragilità dell’oggetto e sull’aspirazione dell’uomo di sentirsi Dio nei pochi istanti che vince la gravità. È particolare come, nel momento in cui ho un’idea, nella vita cominci ad avere incontri particolari: un calzolaio di macerata, un sarto in Africa, Fabiana che durante la creazione del nuovo spettacolo mi regala un cappotto; e senza sapere come, il personaggio, almeno nel suo involucro, é nato. Questa magia, questa fiducia nel caso e la pazienza nell’attesa dell’incontro mi riempiono di stupore per la vita. Ciò che ho capito in questi anni di spettacolo è che bisogna essere generosi, semplici, sinceri e sintetici, bisogna saper controllare il proprio ego, bisogna entrare nella testa e nel cuore del pubblico, altrimenti non credo che venga onorata degnamente la fortuna di stare su un palco.


“BRIGATATOTEM”

PAOLO LOCCI

GIOCOLIERIA DELLA BRIANZA

www.paololocci1981.wixsite.com/palo foto di Valentina Di Mattia

I

l manicomio di Collegno è stato il parco principale della mia adolescenza. Qui ho scoperto che la mia agilità naturale poteva evolvere imparando le basi dell’acrobatica e della giocoleria, il tutto inserito in un contesto urbano in cui il writing, la break dance ed il Judo erano le mie principali attività. La passione per l’acrobatica l’ho riscoperta quando ho incontrato la Flic e deciso di impegnarmi totalmente nel percorso di formazione della scuola a Torino. Da quel momento, tutte le mie esperienze precedenti sono sembrate meno casuali, bensì un bagaglio di risorse, la spinta per imparare la padronanza delle tecniche circensi che ho poi affinato all’E.S.A.C. a Bruxelles, diplomandomi in palo cinese e mano a mano. La scoperta del palo cinese è stata una rivelazione. Ho amato da subito la sensazione che provavo in alto, salire per godere la vista dall’alto della scena, ma anche l’adrenalina che scorre quando controlli una caduta libera e arrivi a due centimetri dal suolo. Mi attira il rischio, sfidare i miei limiti e studiarne la naturalezza dei gesti. Di ritorno a Torino dal Belgio, ho insegnato un anno alla Flic e lavorato 8 anni con molte compagnie europee di Circo e danza contemporanea, ho partecipato a festival internazionali in Europa ed in Cina, ma la mia ricerca personale premeva per trovare una libera espressione. È così che è nato il mio progetto “BrigataTotem”, in collaborazione con le creazioni grafiche “Bumobu” di Valentina De Mattia. Il progetto si ispira alla bellezza dell’unione, il ritrovo in un punto sacro per la creazione di qualcosa di

unico ed estemporaneo, così come uno spettacolo in piazza o in una sala riunisce in un dato momento un pubblico che pur non conoscendosi sarà unito dalla visione di un arte viva, portatrice di bellezza. Più che una ricerca artistica, la creazione di Hobo è un’evoluzione spontanea a cui ho assistito dentro di me. Ho sempre trovato affascinante la fluidità del movimento sia negli uomini sia negli animali ed ho iniziato ad osservare con sempre maggiore attenzione i comportamenti del mio cane. Notavo la sua diversa percezione dello spazio, l’indipendenza, l’adattamento, concentrandomi soprattutto sulle sue reazioni all’imprevisto. Hobo nasce dall’unione di questa doppia intenzione che mette insieme istinto animale e decisione razionale. Pensavo a come riuscire a conciliare le due parti di me, pensiero e istinto allo stato puro, e l’intuizione più naturale è stata quella di creare un personaggio che unisse un cane e il suo padrone nello stesso corpo, per l’esattezza un acrobata umano e un cane clown.

Con il suo naso nero, HOBO è riconoscibile come un clown ma richiama anche l’identità animale e istintiva del cane. L’approccio curioso del cane che si spaventa della sua stessa abilità è spontaneo come la percezione diretta che unisce un clown e il suo pubblico: quello è il mio momento di verità in scena, in cui Hobo è libero di improvvisare sé stesso.Il palo cinese è lo strumento principale, ma il mio intento è quello di far sparire l’oggetto dietro alle intenzioni e gli sguardi di HOBO per farne risaltare le sue reazioni istintive. Le evoluzioni acrobatiche risultano così più dinamiche, impossibili da decifrare tra l’inconsapevole e il voluto. Stupire me stesso con le pause ed i cambi di velocità è basilare, la cosa più difficile, ma anche la più soddisfacente, così come un’ apertura tesa alla ricerca curiosa di tutto ciò che ancora non conosco. HOBO significa “vagabondo” e la sua creazione assomiglia al percorso di un treno a vapore, proprio come il significato che il suo nome rappresenta. Gli Hobo sono i vagabondi che cercano lavori stagionali per avere il tempo di esplorare il mondo in libertà. Lo spettacolo “HOBO” è un omaggio alla strada e alla magia degli incontri spontanei, alla curiosità permanente, e alla bellezza delle cose che cambiano nel tempo, alle pause, ai respiri, allo stupore e all’irrazionalità. j u g g l i n g m a g a z i n e numero7 5 g i u g n o 2 0 1 7


TONY CLIFTON www.tonycliftoncircus.com di Nicola Danesi de Luca e Iacopo Fulgi

C

i siamo incontrati in occasione di alcuni lavori di animazione e spettacoli di strada. Era il 1996 andavamo con i trampoli, le scuole di circo erano molto lontane dall’esistere in italia. I nostri percorsi erano tutto tranne che “accademici”. È stata per noi una fortuna, eravamo completamente liberi di cercare e scegliere, nessuno ci aveva detto come si fa o come non si fa. Gli strumenti fondamentali di questa formazione erano curiosità ed entusiasmo e l’unica motivazione era il piacere, oltre che il denaro… In sostanza eravamo dei guitti che accumulavano esperienza e pratica di anno in anno. Dopo alcuni anni, che ora potremmo definire di formazione e gavetta, però, la noia un po’ si faceva sentire. Non eravamo più tanto contenti di fare sempre le stesse gag e routine, e soprattutto del fatto che funzionassero sempre e che per il pubblico fossero sempre eccezionali. Ci sembrava di prenderli in giro e ancor peggio di prendere in giro noi stessi. Per uscire da questa empasse ci siamo messi al lavoro per creare uno spettacolo che come primo obbiettivo facesse divertire noi stessi senza tanto chiederci se sarebbe piaciuto al pubblico. Ci siamo mossi in questa direzione per determinare i nostri personaggi. In scena eravamo noi due, senza tante finzioni ma semplicemente esagerando i nostri caratteri. Da una parte un gran chiacchierone, basso, cicciottello, logorroico e razionale, dall’altra un frenetico irrequieto, dinoccolato, spilungone e un po’ teppista. Tuttora crediamo che, nel gioco del clown, esasperare quello che si è rimanga un’ottima strada per trovare il proprio personaggio. Quello che più ci interessa è l’estrema stupidità del clown che, se portata bene al giusto limite, ci porta diretta sul territorio della conoscenza o della riflessione e www.jugglingmagazine.it

CIRCUS

foto di archivio Tony Clifton Circus

della sensibilità. Il potere e la bellezza del clown sta proprio nella libertà anarchica che può concedersi. In questo senso il clown è un idiota, cioè uno che è al di fuori della società, che fa riferimento solo a sè stesso. E per questo è pericoloso e potenzialmente esplosivo, perché ha delle regole sue e può permettersi di fare quello che vuole. Il naso rosso permette di fare e dire agli altri cose che altrimenti sarebbe difficile o a volte impossibile. Ma può farlo solo a

patto di far ridere. Se fai ridere davvero, di pancia non di testa intendiamo, allora davvero puoi permetterti di dire a chiunque e di fronte a chiunque, qualsiasi cosa. Non è importante quanto sia politicamente scorretta, inopportuna o apparentemente offensiva. Su questa strada nel passato non sono mancati maestri e degli incontri che ci

hanno segnato, su tutti Leo Bassi. Del resto il Circo ci ha sempre affascinato soprattutto come il luogo delle stranezze, dove andare a vedere gente strana che viene da posti strani e fa cose strane. Abbiamo lavorato per anni utilizzando tecniche circensi, principalmente giocoleria, ma sempre, in realtà, come pretesto, con l’obbiettivo di far ridere o catturare l’attenzione dello spettatore, rassicurarlo con qualcosa di riconoscibile (non avere paura…. Sono solo un giocoliere….) per poi cercare di spingerci altrove, un po’ più in là diciamo (ok… non sono un giocoliere, sono un clown… Ora forse è il momento di avere un po’ di paura…). Probabilmente nei nostri spettacoli la tecnica circense non propone abilità eccezionali, che non abbiamo, ma contribuisce nel creare aspettative, costruire un mondo a parte, nella continua ricerca dello stupore dello spettatore, nel piacere sfrenato di mettere in scena l’anomalia, cioè quello che è contrario alla legge del quotidiano e che oggi è sempre più difficile incontrare. In questo il rapporto con il pubblico è progressivamente cambiato. Lo spettatore non è più qualcuno al quale far passare un’oretta piacevole e spensierata, ma è parte integrante dello spettacolo, qualcuno che deve prendersi la responsabilità di essere vivo e presente. Per rimanere passivi c’è la TV per rimanere nel tuo mondo c’è il tuo smartphone; se ti sei preso la briga di venire a teatro, o al circo o in piazza, magari ti meriti qualcosa di più forte e vero, e cosa c’è di più vero della paura che si prova di fronte ad un clown che avanza verso di te con una torta in mano?


TOUCHCLOWN di Giusepe Vetti direttore artistico, e Paola Prever produzione e distribuzione “

www.rebisproduction.com/touchclown/

foto Andrea Macchia e Giorgio Prever

V

olevo un collettivo clown fuori dal palco, fuori dal circo, che si rivolgesse a tutti, che coinvolgesse fisicamente gli spettatori” racconta Giuseppe Vetti, regista e clown - “Ho avuto un’immagine: una squadra di giocatori di football americano che si passano, al posto del palla, un orsacchiotto di peluche. Prediligo le situazioni dai cortocircuiti forti, ecosistemi disturbati da qualcosa che ribalta il senso apparente, combinazioni distorte di elementi in cui poter ritrovare nuova armonia attraverso il comico. Come tutte le idee audaci, il seme è diventato quercia a partire dal giusto habitat: collaborando da tempo con la Rebis Production, ho proposto l’idea a Paola Prever, che ha saputo cogliere la forza del progetto, ci ha creduto e ha accettato di metterla in produzione. Da questo “matrimonio” è nato TouchClown; abbiamo strutturato un piano sviluppato su 2 anni, attraverso una prima fase di 3 residenze artistiche e una seconda di prove intensive a cadenza quindicinale. Io alla regia, Rebis alla produzione e distribuzione e una squadra di meravigliosi folli, che in qualità di performer stanno tutt’ora mettendo cuore, testa e sudore nell’impresa. Il collettivo TouchClown è composto da me, 14 performer, un tecnico e la Tour Manager. In azione ci sono 10 giocatori. Lucia, Tour Manager, mi assiste e gestisce gli aspetti logistici oltre a curare i contatti e le P.R. Il casting è partito da una mia selezione di artisti. Mi servivano performer flessibili e disposti al lavoro di gruppo. Nella selezione i punti cardinali sono stati: cuore, testa, follìa e sensibilità. Ogni componente della squadra ha portato con sé esperienza personale e capacità tecniche, che sono sempre pronte ad accrescere la forza della squadra, in performance come in prova. Il clown che portiamo è contemporaneo: pur condividendo lo stesso linguaggio, si

colloca al di fuori dell’immaginario tradizionale e veste qualsiasi costume. In questo caso, eccentrici giocatori sportivi. Siamo semplici, immediati, anti-intellettuali, situazionisti. Le incursioni TouchClown si sviluppano secondo un percorso, con itinerari di riferimento, e attingono ogni volta da architetture, urbanistica e spettatori per configurare lo spettacolo in modo specifico. Usiamo tessuti aerei, entriamo nelle case, scattiamo selfie tamarri di gruppo, abbiamo fatto esibire un border collie, eseguiamo forme acrobatiche a più livelli, placchiamo e veniamo placcati dal pubblico, balliamo il

charleston. La squadra sportiva raggiunge tutti, ovunque. È immediata, non intellettuale. Lo sport è la chiave per entrare in sintonia con tutti: dai 5 ai 90 anni. Lo spettacolo entra nel quotidiano dello spettatore distorcendo le consuetudini del luogo e della situazione”. I partner di progetto coinvolti – spiega Paola Prever della Rebis – hanno strette affinità con il progetto; FIDAF federazione nazionale football americano, Francesco Cerra vicepresidente, si è subito innamorato del progetto, KPRO, che veste la nazionale italiana, ci ha realizzato i loghi e le divise, i Giaguari, squadra di Football IFL, Basic Net S.p.A. che ha fornito il servizio di riprese e montaggi video, Teatro Stalker con la residenza e l’uscita finale al loro Festival: Differenti Sensazioni di Biella, la città di Torino con: Torino 2015 - Capitale europea dello sport, La Mostra di Igualada in Spagna, con residenza e uscita al pubblico durante la Mostra, infine, il progetto è patrocinato da: l’Istituto italiano di Cultura di Barcellona e dalla Regione Piemonte. Subito dopo il debutto si cercherà di “invadere” quanti più Paesi possibili, per avere scambi internazionali, fondendo culture e tradizioni in un’esperienza artistica, creativa, innovativa, forte e coinvolgente. j u g g l i n g m a g a z i n e numero7 5 g i u g n o 2 0 1 7


MILANO www.milanoclownfestival.it di Maurizio Accattato direttore artistico Il Milano Clown Festival da sempre sostiene e promuove la figura del clown in tutte le sue forme artistiche, differenziandone cultura e diversità e, attraverso la divulgazione, assottiglia sempre più i confini tra gli stili: il nuovo clown teatrale e di strada, ma anche la tradizione che nasce dalla commedia dell’arte, il clown sociale e la clown terapia, o anche il ruolo ‘semplicemente’ ludico di questa figura. L’innovazione artistica del clown dovrebbe partire sempre dalla conoscenza della storia; noi italiani, già inventori della Commedia dell’Arte, da cui proviene il primo clown, l’Arlecchino, abbiamo inventato l’opera, il primo grande spettacolo

che ha ispirato tutto il resto, compreso il circo contemporaneo. A tutt’oggi dall’oriente vi è una grande richiesta di clown Italiani per la grande, innata e naturale capacità di comunicazione. Il nuovo clown nasce quando esce dal circo tradizionale negli anni ‘70, con la rivoluzione culturale (Colombaioni, Fo, Bassi, Edwards, Nichetti, Polivka, etc.), e aver conosciuto e collaborato con questi grandissimi mi dà la possibilità di un confronto con il passato più recente. Con queste premesse il festival promuove da sempre approfondimenti sulla figura nuova del clown attraverso stage e incontri, anche grazie al lavoro di formazione della Scuola di Arti Circensi e Teatrali, che ho fondato in collaborazione con il Teatro Fontana di Milano, nel 1993 per poi diventare scuola indipendente dal 2001. All’interno della scuola è nato il www.jugglingmagazine.it

CLOWN FESTIVAL foto di Simona Boccedi e Gabriele Zucca www.photografo.it

Pronto Intervento Clown che, nel giugno 2006 al Piccolo Teatro Studio, proprio al fianco di Dario Fo e Leo Bassi, ufficializzava questo ‘movimento clownesco’ con l’obiettivo di avvolgere la città in un unico abbraccio, partendo dalle periferie per arrivare al centro. Ad ogni edizione il festival lancia è una vera e propria “provocazione d’amore” di Moriss e dei PIC del Pronto Intervento Clown, come quello assunto per il 2017 che è “Il Diritto di Ridere”, un diritto inalienabile dell’umanità tutta, anche di chi non crede nemmeno di averne bisogno. Una provocazione all’amore che il festival e gli oltre

ottanta artisti in arrivo da dieci diversi Paesi hanno portato in giro per la città, e discusso durante l’incontro-spettacolo “Il ruolo del buffone oggi” che, a pochi mesi dalla scomparsa di Fo, abbiamo voluto aprire con Leo Bassi, ed Enrico Bonavera. Il linguaggio universale del nuovo clown, del nuovo circo e del teatro di strada, accomuna i clown che nella nostra storia hanno partecipato al festival; pur appartenendo a diverse nazioni e continenti, pur provenendo dai più svariati ambiti artistici, tutti loro sembrano parlare un’unica lingua. Originalità e ricerca caratterizzano

certamente le selezioni degli artisti invitati. Inoltre ciascun artista esprime sempre con forza il bisogno di abbattere le barriere non solo dettate dalle infrastrutture – è sempre previsto che gli artisti si esibiscano indifferentemente tra teatri, piazze, chapiteau, scuole, cortili e altro ancora ma soprattutto quelle dettate dalla paura, dalle diversità culturali e sociali, per arrivare al cuore della questione: l’incontro tra pubblico e artista. Al festival non è la disciplina che viene premiata o lo spettacolo, ma vince sempre chi ‘ama di più’, e questo lo decide prima di tutto il pubblico proprio grazie alle votazioni. Il ‘nostro’ pubblico - quest’anno ben 30.000 spettatori - è sempre più preparato, attento e desideroso di partecipare attivamente a tutti gli spettacoli. Per seguire gli spet-

tacoli deve muoversi da una location all’altra, e questo muoversi rompe le barriere e facilita gli incontri e la solidarietà. Sono tutti contenti di condividere gli spettacoli, da un teatro a uno chapiteau, da una strada ad un pub, al caldo o al freddo, e la condivisione in questa atmosfera gioiosa è una delle ragioni del successo del Milano Clown Festival, tra gli eventi internazionali di spettacolo dal vivo più attesi e sentiti della stagione invernale milanese: incredibile, per un evento di clown!


PERCORSI D’AUTORE

PER IL CLOWN http://claps.lombardia.it

CENTRO CULTURALE ROSETUM

di Luisa Cuttini e Mario Gumina

http://rosetum.org

C.L.A.P.Spettacolodalvivo, Circuito Ministeriale Multidisciplinare per la regione Lombardia, organizza e programma spettacoli di teatro, danza e circo contemporaneo. Tra le altre attività, ha intrapreso un percorso artistico che intende dare un nuovo impulso alla figura del clown, colmando il vuoto lasciato dalle esperienze degli anni passati, per aprirsi ad una dimensione contemporanea, promuovendone un nuovo sviluppo. Si intende proporre spettacoli di qualità, che rispecchino il gusto e la visione attuale del circo e del clown. Questo viaggio non poteva che partire da Milano, fucina di talenti, di grandi compagnie e di scuole. È qui infatti che negli anni ‘70/’80/’90 nascono centri di diffusione della clownerie, della giocoleria e del teatro di strada; qui nascono la Filarmonica Clown, Quelli di Grock, la Scuola Nazionale di Arti Circensi e Teatrali, la Scuola di Piccolo Circo. In questa cornice siamo entrati in contatto con Padre Marco Finco, direttore del Centro Culturale Rosetum, le cui attività si sono fortemente orientate verso la clownerie e con il quale CLAPS ha avviato una forte collaborazione a vari livelli.

di Padre Marco Finco Nato nel 1957 per trasmettere arte e cultura al quartiere e alla città, inaugurato da Maria Callas, il Rosetum era conosciuto in quegli anni grazie alla musica - soprattutto lirica – e alla collaborazione con il Teatro alla Scala. Dopo vent’anni, quale poteva essere la nuova missione di un centro culturale francescano? Siamo partiti da due spunti: la musica e la formazione. Infine, l’imprescindibile riferimento a San Francesco, il “giullare di Dio”, le sue azioni concrete erano simili a performance: lui è per noi uno dei primi clown. Da qui abbiamo ideato il Festival del Giullare. Ho sempre avuto tra gli amici molti attori come Roberto Abbiati, Bano Ferrari, Carlo Rossi, Valerio Bongiorno che grazie all’incontro con il grande artista Bolek Polivka hanno innescato lo sviluppo del clown a Milano. Mentre lavoravo con la Filarmonica Clown per uno spettacolo mi venne chiesto di organizzare come direttore artistico il Centro. Il percorso mi ha portato a creare una scuola di clownerie, una “scuola del Giullare”: Equilibri con Carlo Rossi e Bano Ferrari. L’incontro con C.L.A.P.Spettacolodalvivo ha segnato una svolta nel nostro progetto. A giugno 2016 è nato il primo Festival del giullare: otto spettacoli in tre giorni con un ospite d’onore chiamato direttamente dal Circuito: Leandre. Una esperienza che ripeteremo nel 2017, alternando su un arco di dieci giorni spettacoli a laboratori condotti da Carlo Rossi, Bano Ferrari e Alessandro la Rocca. Anche qui C.L.AP.Spettacolodalvio contribuirà invitando Fraser Hooper, un clown neozelandese di spessore internazionale. In due edizioni siamo passati dal concentrarci prevalentemente sull’aspetto sociale e pedagogico del clown ad indagarne quello artistico e organizzativo. Siamo stati in grado di creare una rassegna chiamata La Grammatica degli Affetti, che ha ospitato in primavera spettacoli del Collettivo Clown, Carlo Rossi e Piero Leonardon, Daniele Bossetti e Roberta Paolini con Marco Ferrari, Bano Ferrari, Eccentrici Dadarò. Puntuale l’apporto di C.L.A.P.Spettacolodalviovo, con l’imperdibile proposta di Etienne Manceau “VU” ma soprattutto, da un’idea di Mario Gumina, la nascita del Tavolo del Clown, un appuntamento mensile informale tra attori, clown e operatori proprio qui al Rosetum. La finalità è scambiarci idee su come far rivivere la figura del clown ai giorni nostri, creando proposte formative, nuove occasioni di fruizione, progetti e visione di spettacoli. Un nuovo percorso appena iniziato ma che ha già raggiunto interessanti obiettivi. foto di Fraser Hooper

C.L.A.P.Spettacolodalvivo

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TERESA

BRUNO www.teatrocart.com

Mi ha reso molto felice la proposta della stesura di questo articolo per raccontare da dove nasce la mia passione e la ricerca artistica in campo teatrale, ma soprattutto la curiosità infinita sulla figura del “Clown” e delle “Clownesse”. A proposito di Clownesse, in questo momento storico, sento un crescente fermento sulle donne clown. Nella storia del clown si trovano tante figure maschili ma pochissime donne, fortunatamente a livello nazionale ed internazionale si avvertono cambiamenti rilevanti per questa figura, non più marginale, ed ogni giorno vengo a conoscenza di clownesse italiane e internazionali e del bel lavoro che ognuna di loro sta svolgendo. L’idea che smuove me e le mie colleghe italiane è di creare una mappatura delle donne Clown in italia, gettando le basi per il Primo Festival di Clownesse italiano a Castelfiorentino. Un obbiettivo ambizioso che ogni giorno rafforza la rete. Personalmente la mia carriera ha inizio dalla ginnastica artistica e all’età di 16 anni, “vecchia” ormai nell’ambiente, inizio un laboratorio teatrale tenuto da André Casaca. Da quest’incontro scopro il mondo del mimo corporeo e del clown e mi “innamoro” di un nuovo approccio al corpo estremamente umano. Il linguaggio del corpo e lo sguardo del clown mi guidano a guardare la vita con altri occhi e la mia formazione artistica e peda-gogica segue da allora il metodo “Educativo comico relazionale” ideato da André Casaca per poi consolidarsi grazie ad altri grandi figure. Le origini del mio lavoro provengono, dal mimo corporeo di Etienne Decroux, e da Yves Lebreton, Octavio Burnier - C. Lume Teatro, Pierre Byland, Paco Gonzales - F. Floz, Philippe Gaulier, sulla danza Sabrina Cunha, Raquel Hirson Scotti, Marigia Maggipinto - C. Pina Baush e sul Metodo Funzionale sulla Voce. Nel 2002 decidiamo di creare con André Casaca e Stefano Marzuoli la compagnia Teatro C’art incentrata nella ricerca arti-

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foto di archivio Teatro Cart

stica sul linguaggio del corpo, l’arte comica e la figura del clown. Nel 2007 diamo vita al Teatro C’art, a Castelfiorentino (FI), oggi centro internazionale di ricerca teatrale dedicato alla creazione e alla formazione, sostenuto negli anni dai soci, dal Comune, dalla Banca BCC, da ONG italiane ed estere, dall’U.E. e da quest’anno da FUNDER 35. Il Clown è un riferimento importante per le nostre creazioni. Avere lo sguardo del clown ci permette di mantenere un

approccio vero con il teatro e autentico con il pubblico. Questo grazie anche al lavoro svolto con bambini/e, ragazzi/e e adulti, utilizzando la figura del clown come ponte nella relazione e portando così nel mio lavoro artistico freschezza, spontaneità e ascolto dell’altro. Il presupposto per la creazione dei miei personaggi, nasce partendo principalmente dalle mie caratteristiche fisiche, ricercando la mia identità comica gestuale. Credo che la clownery sia una disciplina circense e anzi ritengo sia un lavoro sulla presenza scenica essenziale per qualsiasi artista decida di approcciarsi al teatro. La formazione che sto proponendo adesso per adulti “Natura del corpo” é proprio un lavoro basato sull’espressività corporea, un training attoriale e un propedeutico per il clown. Ho ancora tanta curiosità per lo studio dell’universo clownesco, per scoprire nuovi metodi da rielaborare e renderli parte integrante delle mie creazioni. Le produzioni teatrali sulle quali sto lavorando adesso sono due. “ROSA” uno spettacolo solo da clown, che sto affinando grazie a date e tournèe Italiane ed Europee. “Rosa” rappresenta l’esplorazione del mio lato maschile, la delicatezza della trasformazione e la forza femminile del fiore che sboccia rosso e sensuale, ed infine la liberazione di ogni mia natura attraverso la voce e la danza flamenca. Inoltre da quest’anno sono entrata a far parte anche della Compagnia di Torino “Le Due Un Quarto” con Martina Soragna e Silvia Laniado attuando nella produzione “Retrò Gold”, dove si incontrano l’universo del Teatro di figura e quello del Teatro Fisico e Comico.


IL NASO ROSSO

CONSERVA LE PAROLE http://teatrocart.com

foto di archivio Teatro Cart

di André Casaca Direttore Artistico e Pedagogico del Centro Culturale Teatro C’art

comico-corporeo e ritrovare la semplicità, la delicatezza e la forza dello stare in scena insieme al pubblico. Portare gli

Sono brasiliano, radicato in Italia dal 1995. Ho iniziato il mio percorso artistico con il teatro classico e presto mi sono interessato al teatro espressionista e gestuale, al corpo e alle sue possibilità globali e infinite di espressione. I personaggi che attuavo all’inizio erano già spesso molto fisici e cercavo naturalmente di limitare la parola e portare le intenzioni attraverso il gesto ed il movimento. In quest’ottica mi trovavo sempre di più ad osservare le persone nel quotidiano e mi nutrivo artisticamente dalla loro gestualità, che spesso portava con se la propria storia di vita. Il Teatro Lume, a Campinas - Sao Paulo e Yves Lebreton, in Italia, sono stati fondamentali nella mia formazione. L’interesse per la comicità non verbale nasce successivamente da questo bisogno di alimentarmi della gestualità quotidiana per poter creare. Il lavoro del Clown ha avuto un’incidenza importante nel mio percorso pedagogico e mi sono trovato a riportare nell’insegnamento la necessità di valorizzare l’identità degli allievi, portandoli a ricercare e credere nella propria verità e immediatezza. Come attore, clown e regista, mi dedico al teatro da più di 25 anni, e negli anni ho ideato il metodo “Identità Comica del Corpo”, che è stato accolto da vari ambienti formativi, ricevendo un gran riconoscimento in Italia e all’estero, nel campo della formazione teatrale e universitaria. Il mio interesse durante l’insegnamento è stato e continua ad essere quello di poter provocare nell’allievo la necessità di costruire il proprio storico

allievi ad incontrare la propria “identità comica del c o r p o ” significa riconoscere in se stessi la stupidità, che per il clown è un valore alto nella sua comicità. Non si diventa stupidi, si è! Essere stupidi significa stupirsi, significa capire in modo diverso piuttosto che non capire, significa usare gli occhi non per fotografare e analizzare la realtà, ma per accogliere, e rispondere alla necessità del pubblico. Quindi non si tratta di aggiungere, ma togliere, denudarsi da concetti o forma e rendere trasparente lo stare in scena. Una condizione

costante e difficile da assumere perché inconsapevole. Credo che il lavoro sul clown sia fondamentale per rimettere l’attore di oggi in contato con la propria fragilità e trovare in questa condizione vulnerabile la propria forza espressiva. Non è un caso che la formazione del clown viene inserita all’interno delle scuole e accademie di teatro, e spesso alla fine del percorso formativo, perché il clown restituisce l’identificazione all’attore durante la rappresentazione teatrale. Da questa elaborazione nasce la risposta dell’attore che è la sua attuazione. Quando mi trovo di fronte a dei piccoli allievi spesso gli dico che il clown ha il naso rosso perché si vergogna, che quel naso ci fa parlare con il corpo e in realtà non è un naso, ma è un’occhio che ci permette di vedere la realtà con fantasia e libertà. Per questo motivo le parole non servono. Caetano Veloso in una delle sue canzoni dice; “canto soltanto ciò che non posso più trattenere”, q u i n d i forse le s u e parole escono quando devono esprimere un sentire e non un semplice pensiero. Uno di questi piccoli allievi a 5 anni, un giorno alla fine di un percorso dove era diventato finalmente un clown mi disse: “…ho capito che il naso rosso conserva le parole”. Aveva intuito con questa frase che il suo corpo era anche buffo e poteva parlare. La sua riflessione mi ha fatto capire che le parole, che credevo non fossero necessarie, in realtà sono molto importanti e per questo motivo vanno conservate. j u g g l i n g m a g a z i n e numero7 5 g i u g n o 2 0 1 7


FEDERAZIONE NAZIONALE

CLOWNDOTTORI

www.federazionenazionaleclowndottori.org

di Alberto Dionigi presidente FNC La Federazione Nazionale Clowndottori (FNC), che oggi riunisce 15 associazioni accomunate da un codice etico e da un modus operandi comune, nasce nel 2005 sia per lo studio e la tutela del clown dottore, favorendo l’incontro fra clown dottori di ogni parte d’Italia, sia per arrivare al riconoscimento formale della figura del clown dottore a livello nazionale. Oggi, purtroppo, non esiste una regolamentazione legislativa, permettendo a chiunque di “improvvisarsi clown dottore” e lasciando spazio anche a persone poco preparate. Il modello cui i clown dottori di FNC fanno riferimento è quello realizzato da Michael Christensen che nel 1986, insieme a Paul Binder, ha formato la prima Clown Care Unit attiva presso il Babies Hospital di New York. Alla base di questo pensiero vi è il fatto che non si entra in corsia in maniera improvvisata, bensì bisogna essere dei bravi clown in primis, a cui vanno aggiunte le competenze psicologiche per poter interagire al meglio in una situazione particolare come quella del contesto sanitario. Per questo motivo la formazione, sia iniziale che continua, è di fondamentale importanza. I clown che approcciano l’ospedale devono integrare abilità artistiche con competenze psicologiche, quali intelligenza emotiva, pensiero positivo e creatività. La parte psicologica risulta di fondamentale importanza poiché l’obiettivo principale è quello di stabilire un rapporto empatico con i pazienti. Il clown, in questo senso, è spesso definito come interprete di emozioni, in quanto il suo obiettivo principale è di utilizzare le proprie abilità per trasformare lo stato d’animo dei pazienti da negativo in positivo. Il clown dottore di FNC è quindi un operatore specificatamente formato e non www.jugglingmagazine.it

foto di archivio FNC

necessita di una laurea in medicina. Il corso proposto dalla FNC (e condiviso fra le associazioni appartenenti) prevede un percorso minimo di 250 ore (teorico e pratico) con un focus particolare sul contesto sanitario.

Un percorso di qualità sottolineando nel contempo, che l’attività del clown dottore – sia esso professionista o volontario – non è un qualcosa che possono fare tutti. Tra i requisiti fondamentali, oltre all’aver compiuto il diciottesimo anno di

età ed avere un diploma di scuola secondaria, bisogna possedere capacità di ascolto, una buona intelligenza emotiva, una personalità equilibrata, possedere competenze artistiche mutuate dall’arte del clown. Una volta che i clown hanno terminato il percorso formativo e sono entrati a far parte dell’equipe, collaborano con il personale medico per contribuire a ridurre lo stress dei pazienti e delle famiglie. Va sottolineato che l’operato dei clown in ospedale non rappresenta unicamente un’applicazione dell’umorismo. Ai clown ospedalieri è richiesto di avere una comprensione globale del setting di cura, di stabilire un rapporto personale con i pazienti e di distrarli dalla loro routine quotidiana, dal dolore e dagli eventi negativi cui possono essere sottoposti. Dal 1995, quando i primi clown sono entrati negli ospedali italiani, le cose sono notevolmente migliorate. La FNC, ponendo particolare valore alla ricerca scientifica ed allo scambio con le altre realtà italiane ed estere, ha potuto assimilare i progressi in questo campo, rendendoli subito operativi al fine di migliorare sia l’intervento rivolto ai destinatari (pazienti e famiglie), sia a tutela dello stesso clown e delle istituzioni in cui lavora. Questo ha portato a stabilire dei protocolli operativi (ad es. lavoro in coppia, utilizzo di un camice colorato, uso di trucco leggero, ricerca del proprio personaggio clown, tutela della privacy) per garantire il miglior servizio possibile di assistenza. La FNC presta inoltre continua attenzione agli aspetti artistici e psicologici importanti in questo campo, investendo sullo studio dei fattori della pratica operativa, che possa avere un impatto positivo (ma anche negativo, al fine di eliminarli) nel lavoro in contesto sanitario.


SOCCORSO

CLOWN

www.soccorsoclown.it foto di Patrick Gripe

di Vladimir Olshansky direttore artistico e fondatore di Soccorso Clown Onlus Soccorso Clown, che ho fondato venti anni fa insieme a mio fratello Yury Olshansky e a Caterina Turi, è nato grazie alla particolare sensibilità alle innovazioni, sempre dimostrata dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer di Firenze e della Regione Toscana, in grado di migliorare la salute fisica e psichica del bambino. Attore, Clown, Clown Ospedaliero, questa è la progressione che caratterizza le figure che operano nella nostra organizzazione. Come stabilire se si possiede, o meno, il talento per definirsi un “Attore”? Uno dei parametri fondamentali per essere un attore è data dalla capacità dell’individuo di credere nelle circostanze a lui proposte, e di agire di conseguenza. Chi può invece definirsi “Clown”? Un individuo con un talento da attore comico. Ma chi è, infine, un Clown Ospedaliero professionale? È un individuo “con un talento di attore comico”, che abbia seguito una formazione per diventare “attore clown” e che, successivamente, abbia seguito un’ulteriore formazione che lo metta in grado di lavorare in un ospedale e/o in strutture socio-sanitarie. I Clown Ospedalieri possono essere professionisti di varie specializzazioni dello spettacolo: attori teatrali e artisti di strada, marionettisti e giocolieri, prestigiatori, musicisti, mimi. Esiste soltanto un’unica condizione: “la presenza congiunta nell’individuo del talento dell’attore e del talento comico”. Il che è logico: altrimenti non saprebbe far ridere! Prima di diventare un clown professionista bisogna imparare e studiare molte cose. Esiste una categoria a sé stante in seno all’Arte Drammatica, la clownerie, in cui rientrano le seguenti discipline: metodi di costruzione del comico; clownerie teatrale e clownerie circense; i caratteri dei clown; fondamenti dell’arte dell’Attore etc. La clownerie ospedaliera in quanto nuova professione dello spettacolo per la sanità

è nata sul punto di congiunzione tra l’arte del teatro e l’arte del circo. Se un Clown Ospedaliero non sapesse suscitare il riso attorno a sé, la sua presenza in un ospedale perderebbe di senso. La nostra formazione per la nuova professione del Clown Ospedaliero prevede due fasi quindi: 1. Da attore comico a attore clown; 2. da Attore Clown a Clown Ospedaliero. per un totale di circa 650 ore di cui circa 300 ore dedicate a un training on job, e la formazione in una struttura sanitaria, socio-sanitaria o ospedaliera, per non meno di 50 ore, sotto la supervisione del Direttore Artistico o dei suoi assistenti. La specifica del lavoro in ospedale è quella di dare, aiutare, supportare. Tanto più elevate sono la nostra arte, le qualità professionali, tanto più buffo e di talento è il clown, tanto maggiore sarà l’effetto che egli potrà produrre sullo stato di salute

del paziente. Provate solo a immaginare Charlie Chaplin o Alberto Sordi nei panni di un Clown Ospedaliero! Loro rappresentano il nostro ideale. Nel nostro operare bisogna proprio cercare di raggiungere il loro livello. Oltre che Clown Ospedalieri veniamo anche chiamati anche “Clown Dottori”. Se Dottori, allora vuol dire che noi curiamo e il nostro metodo di cura è il RISO. È questa la nostra medicina. Accade anche che il Clown Dottore sia l’ultima gioia in cui si imbattono i nostri pazienti in questa vita. La nostra responsabilità è grande. Se un uomo privo del talento comico e che si autodefinisce “clown” cercherà di fare “qualcosa di comico” non susciterà compassione, condivisione nel senso etimologico di queste parole. Cerchiamo di rifletterci, di essere onesti con noi stessi. Un vero talento è portatore di un enorme carico di energia positiva, mentre l’imitazione, il falso, è fonte di energia negativa. È proprio per questo motivo che Soccorso Clown raccomanda vivamente alle strutture sanitarie di avere un esperto, un attore, o regista professionista, che sia in grado di individuare il livello artistico delle organizzazioni che desiderano operare presso di loro. j u g g l i n g m a g a z i n e numero7 5 g i u g n o 2 0 1 7


foto di archivio FLIC

CANGURO, GELOSIA, LAVANDINO OTTURATO, ZENZERO

di Jean-Michel Guy traduzione di Donatella Ruini

IL PREZZO DA PAGARE PER FARE DI UNA SCUOLA DI CIRCO UNO SPAZIO D’ARTE

Canguro, gelosia, lavandino otturato, zenzero: la varietà delle metafore che gli artisti invitati nelle scuole di circo propongono agli studenti per farli migliorare è infinita. Sono efficaci? In ogni caso, allentano la tensione dall’immutabile discorso dell’insegnante di tecnica, da sempre seduto sulla sua sedia, secondo cui il vostro ginocchio sinistro non è mai abbastanza in asse. Ma bisogna anche che il vostro ginocchio sinistro sia in asse. Ho lavorato con un numero sufficiente di artisti circensi per sapere che adorano la tecnica.

Possono prescindere dal significato per dirsi “questo si lavora solo semplicemente con la tecnica”, come i musicisti quando fanno le scale. Non è la tecnica che crea il problema, è la gerarchia delle regole. Solo un artista può dire in quale momento la tecnica gli serve e quando invece lo danneggia. E può fare lo stesso solo un insegnante che si sente artista, o che deliberatamente si dedica all’intento di esprimere qualcosa. E può essere anche un professore di matematica o di inglese. In questo momento nella maggior parte delle scuole di circo

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ci sono regolarmente insegnanti di tecnica, a volte insegnanti di arti, e quando si trovano entrambi al massimo convivono, anche se i consigli della pedagogia li obbligano certe volte a dialogare. Come nel pattinaggio artistico, si danno ancora due voti agli allievi: uno per la parte tecnica, e uno per la parte artistica. Questa sistematica separazione esonera gli insegnanti di tecnica da ogni responsabilità artistica e gli insegnanti di arti di qualsiasi osservanza alla tecnica. Non è specifica al circo, ed è pregiudizievole ovunque imperversi,

ma è aggravata nel circo per la dipendenza della tecnica ai valori dello sport. Senza mettere in dubbio le loro competenze pedagogiche, sottolineo come gli insegnanti di circo provenienti dalla ginnastica e dal trampolino, generalmente ignoranti dell’espressione artistica, come del resto i loro allievi, sono responsabili di quattro problemi specifici: - In primo luogo, lo scarto di valori tra lo sport e l’arte è tale che acuisce la distinzione tra tecnico e artistico, rende difficile la loro armonizzazione, e impossibile la


nascita di un concetto che renda possibile superarle. O forse c’è l’idea di superamento, ma è vaga. - Secondariamente, e come conseguenza logica, il campionario dei valori estetici dell’arte, in teoria infinito, si riduce velocemente alla sola pulizia del gesto, o all’importanza del ritmo. - Terzo, e questo punto è il più infido, l’artista del circo, a causa del ripetersi di una inconscia ideologia, è strutturato per essere intrinsecamente in competizione, con se stesso prima di ogni altra cosa. E questo non va bene. - Quarto, e questo è ancora più grave, la nozione di sicurezza dipende dalla solidità dei materiali e delle procedure, e non da quella del rischio artistico. E questo può uccidere. Inoltre, altri schemi che vengono dallo sport, come la distinzione tra specialità o competenze femminili e maschili, possono portare a un ripetersi di stereotipi e disuguaglianze. Bisognerebbe attenuarle, ed esaminare molto in dettaglio i conflitti di valori, interrogandosi allo stesso momento su ciò che l’ideologia dell’arte implica come specifici problemi, e potenzialmente gravi, nella visione ginnica. È necessario che questo lavoro venga fatto. Ma qui ho scelto di parlare solo dalla prospettiva dell’arte. In questa prospettiva, il prezzo da pagare perché una scuola di circo diventi una scuola d’arte, è di mettere in conto che l’arte deve irrigare completamente la formazione in arti circensi. E da questo presupposto trarne tutte le conseguenze. Il punto non è di eliminare gli insegnanti

Jean-Michel Guy riveste numerosi ruoli: sociologo presso il Ministero Francese della Cultura, in questo momento lavora sui consumi culturali della popolazione francese, e per niente sul circo, ma il circo lo tiene occupato da 30 anni. Insegna analisi critica dello spettacolo alla Scuola Nazionale delle Arti di Circo di Rosny sous-bois dal 1998 e ha anche insegnato estetica del circo al CNAC per 12 anni. È membro della giuria di Circus Next (ex Jeunes Talents du Cirque) fin dalla sua creazione nel 2002, giuria in cui ha inoltre rivestito il ruolo di presidente molte volte. È animatore di un gran numero di atelier e laboratori artistici. È anche autore, regista e drammaturgo di spettacoli di circo dal 2004, e ha pubblicato numerose opere, non ancora tradotte in italiano. Pubblichiamo qui il testo del suo intervento tenuto alla conferenza “Prospettiva Circo - La Formazione nel Circo Contemporaneo” organizzata dalla Scuola FLIC di Torino nel febbraio 2017 di ginnastica, nè di formarli prima in arte, nè di assumere degli insegnanti d’arte, o di aumentare le loro ore di insegnamento. Implica di aprire il circo molto di più, renderlo molto più grande. Per fare sì che questa conclusione diventi un’esortazione, devo prima parlare un po’ a lungo – ma comunque troppo brevemente qui - del circo come forma d’arte.

FARE ARTE DEL CIRCO

“Il circo è un’arte e si insegna nel rispetto della persona”. Questo è il motto della FFEC (Federazione Francese delle Scuole di Circo). Amen! Immagino che anche voi che state

da questa parte delle Alpi lo sottoscriviate. Ma in che cosa il circo è un’arte? In francese, così come in Italiano, la parola “arte” non ha lo stesso senso se la si fa precedere dall’articolo indeterminativo “un’arte” o da un articolo determinativo “l’arte”, o dal partitivo “dell’arte”. O potrebbe benissimo essere che il circo sia un’arte, senza per questo produrre “dell’arte”. Precisiamo quindi le cose. Le arti del circo, come la giocoleria, la corda aerea, il trapezio, etc. – e che, diamine, non vengono definite se non dopo l’invenzione del genere circo alla fine del XVIII secolo, nonostante alcune di esse esistessero

da molto prima - hanno rivestito, in luoghi e tempi diversi, funzioni differenti: rituali, militari, religiose, ludiche, sportive. A Tonga, giocolare con delle noci era non molto tempo fa un rituale cerimoniale, e molto tempo fa in Cina giocolare con dei ventagli in metallo era una pratica di guerra. Ancora oggi esiste una disciplina acrobatica olimpica, e forme sportive di praticare la giocoleria, come la ginnastica ritmica, o addirittura il calcio, e persino delle competizioni di giocoleria. In linea di principio le arti del circo non sono quindi delle arti, malgrado si utilizzi la parola “arte” al plurale per definirle genericamente – alla stessa stregua delle “arti della tavola”, “arti marziali” o “arti del fuoco”, o come potremmo anche definire qualsiasi attività che necessiti una competenza tecnica specifica, ossia facendo riferimento alla parola technè , il termine con cui i Greci definivano l’arte. Possiamo quindi utilizzare le arti del circo per scopi estremamente diversi e lontani da quelli artistici, come per esempio rapinare le banche. Le due definizioni di arte e di circo possono sia unirsi, sia ignorarsi. Quando su Youtube vedete degli audaci funamboli attraversare il filo teso sospeso sul vuoto a 2000 metri sui fiordi norvegesi e urlare “Mi sento libero!”, potete giustamente pensare che questo aspetto del circo, che consiste nel superare dei personali limiti fisici, o dei limiti generali imposti all’umanità, abbia ancora un luminoso futuro di fronte a sè. Però: questo è arte? La meravigliosa offerta di questo gesto, la sua sostan-

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peraltro, ed è molto diverso, fare arte del circo, fare arte della giocoleria, fare arte dell’acrobazia eccetera – ossia, produrre opere d’arte attraverso questi strumenti. È il messaggio dello scultore Josef Beuys: si può fare arte di qualsiasi cosa, comprese le cose che a priori non avrebbero nulla a che vedere con ciò che la storia ha definito come un’arte, per esempio il fare il pane, o l’idraulica. L’arte, ci spiega, non è una questione di tecnica, ma di atteggiamento, specialmente di fronte alla tecnica. In un certo senso, la sua visione va più lontano della provocazione dei ready-made di Marcel Duchamp, il cui valore simbolico, artistico ed economico non è misurabile con il prezzo delle sue chincaglierie. Si può fare arte dei circo, si! Ma come? Non è sufficiente rivendicarlo. Urlarlo nel deserto come certi artisti già facevano all’inizio del XX secolo, uditi solo da piccole oasi di esteti, come Meyerhold o i Surrealisti. Bisogna giustificarlo. Non può essere sufficiente invocare la specificità, ossia il tecnicismo che distingue il circo dalla danza, dal teatro e dalle

che ricordi che è in un circo che è apparsa la prima illuminazione elettrica pubblica?), questo non è stato sufficiente per gli artisti degli anni 1920. Potevano già allora mettere in evidenza l’estrema rarità di certi talenti come Jules Leotard, Grock, Enrico Rastelli dal successo planetario, ma chi li conosceva? E soprattutto, chi li conosce adesso? Possiamo portare l’attenzione sull’intenzionalità espressiva della gestualità circense, e sull’alto livello tecnico di cui deve disporre un artista circense come danzatore e come attore per farsi notare. Nessuna di queste argomentazioni ha avuto alcun peso, né lo ha ora in molti ambiti, di fronte al suo status di divertimento popolare o all’immagine di impresa fuorilegge a scopo di lucro che il circo si era creata nel corso del XIX e all’inizio del XX secolo. La dequalificazione del circo a semplice intrattenimento senza ambizioni, o ad artigianato, è ancora moneta corrente in numerosi paesi, e lo è ancora persino in Francia, dove pure il circo ha conosciuto un’incredibile rinascita dal 1968, e dove il riconoscimento pubblico e ufficiale che ha

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ottenuto dallo Stato, si concretizza con sovvenzioni e istituzioni. Persino il Ministero Francese della Cultura nei suoi confronti mantiene una posizione ambigua: lo definisce sia “arte emergente” sia “arte popolare”, e lo sostiene nel primo caso perché ne vengano delle opere, nel secondo perché non ne emergano troppe. La natura artistica del circo non gli è quindi connaturata, ma dipende dai rapporti di forza, o come si dice oggi, dallo story telling, dalle storie riadattate. Le cose erano relativamente agevoli in un mondo, ben descritto dal sociologo Pierre Bourdieu, in cui la definizione legittima dell’arte era una prerogativa esclusiva, ben cammuffata, di un’elite al potere. Era d’altra parte per denunciare quella supremazia che l’artista Jean Dubuffet rifiutava di chiamare arte tutto ciò che l’elite considerava tale. Ai suoi occhi contava solo quella che lui chiamò art brut, arte grezza, arte della gente che non sa di fare arte. La sua posizione resta molto radicale, ma non lo è di meno di quella degli anni

pre più considerate come relative a un punto di vista, e con esse i valori (popolarità, unicità, audacia, etc.) in nome delle quali può essere giustificato un sostegno pubblico e collettivo dell’arte. Ma non facciamoci prendere in giro: i punti di vista non sono tutti uguali. E per la questione che ci interessa, quella della completa trasformazione delle scuole di circo in scuole d’arte, ammesso che sia auspicabile o strategicamente realizzabile, bisogna prestare un’attenzione particolare alle argomentazioni degli artisti e degli esteti. Quali sono? Prima di tutto, la prova tramite l’esempio: è attraverso l’esistenza stessa delle opere che il circo afferma la sua forza artistica. Un’opera, che cos’è? È la creazione originale di un autore, che porta il marchio della sua personalità, essendo la definizione di autore tracciata in modo circolare nel Diritto Francese come la persona che crea delle opere originali, e l’originalità allo stesso modo come ciò che trasforma una persona in un autore attraverso un’opera. Poco importa la tautologia, qui,

‘70: nel momento della globalizzazione e di internet, tutte le verticalità sono contestate. Il valore della diversità – nuovo nome della tolleranza - si impone ovunque: le definizioni dell’arte e della cultura sono sem-

l’essenziale è l’esistenza di un diritto, e di una definizione istituzionale, la firma. Ma un’opera è soprattutto la costruzione di una realtà completamente inedita, potenzialmente sconcertante, come un

foto di archivio FLIC

altre arti. Sottolineare la capacità di invenzione degli artisti del circo, molto facile da dimostrare, e anche la loro capacità di innovazione (è necessario

foto di Milan Szypura

ziale inutilità invocano una risposta affermativa, ma non è una condizione sufficiente. Eppure, anche se il circo non è di per sè un’arte, possiamo


buco nero, che mina la sicurezza delle nostre convinzioni, delle nostre abitudini, delle nostre relazioni. La nozione di rischio artistico, che non va confusa con la messa a rischio del corpo, è sostanzialmente intrinseca a quella di opera, sia dal punto di vista dell’autore, sia da quello del destinatario. Ogni opera è audace e pericolosa solo per il fatto di essere nuova. Gli artisti del circo rinnovano la loro arte non soltanto semplicemente in virtù della loro unicità come esseri umani ma, come hanno fatto prima di loro artisti di altri generi, attraverso un lavoro specifico sui limiti del proprio campo d’azione, sia rompendo con delle regole precedenti, sia giocando con ironia con le convenzioni in vigore, sia mettendo l’accento su una delle sue caratteristiche, spesso formale, fino a quel momento passata inosservata. In particolare, l’originalità implica che la definizione del circo vari da un autore all’altro. La pratica di certi artisti sfiora quelle di altre arti fino alla fusione o alla confusione, rendendo sempre più difficile definire il circo attraverso i suoi confini (quelli per cui si distingueva, per esempio, dal teatro e dalla danza). Ma ci sono artisti che criticano la definizione di circo nella sua stessa essenza, contestandone il suo essere immutabile. Un esempio per essere meno astratto: i giocolieri di oggi, invece di fare tutto per impedire la caduta dei loro oggetti, comunque ineluttabile, la considerano ormai incontestabile, e giocolano con la gravità invece che contro di essa. Alcuni, come Jorg Muller andando fino al punto di minare la definizione intrinseca della giocoleria tentando di giocolare in assenza di gravità. Non posso dilungarmi qui sulla nozione di crisi di identità del circo, che ha comunque delle conseguenze incredibili per

quanto riguarda la nozione di insegnamento, ma converrete con me che non è evidente obbligare un giocoliere ad essere un acrobata o un acrobata a fare il giocoliere con la motivazione che frequentano la stessa scuola di circo, né di includere o di escludere la magia dell’ambito delle arti del circo, e nemmeno di basare il circo sulla nozione di sfida alla gravità. Chiudo questa parentesi. Per farla breve, più ci sono autori, più ci sono opere, e meno il circo è uguale a se stesso: la diversificazione delle sue espressioni è in se stessa un’argomentazione artistica. Alla diversificazione delle forme corrisponde anche una diversificazione dei valori sui quali si appoggia il giudizio del gusto e anche una diversificazione dei principi in nome dei quali può essere giustificato un sostegno pubblico o collettivo del circo, poiché tutte le sue diversificazioni si trascinano e si rinforzano le une con le altre in un circolo virtuoso. Il circo era popolare, autentico, singolare? È ormai anche audace, radicale, profondo, tenero, benevolo, intimista, pertinente, equo, collerico, elegante, e via dicendo. Era poetico e d’altronde lo resta, ma è anche ormai politico, non solo nel senso di militante, perché, anche in virtù della sua diversità, può dividere mentre prima non faceva che riunire. E in altri termini, formalizza dei significati. E poiché si tratta di un’arte di spettacolo vivente, la sua domanda centrale è oggi quella della creazione drammaturgica, ossia di forme che hanno un significato nel momento, o nella copresenza. E anche se non ho il tempo di sviluppare questo punto, almeno faccio questo inciso: non bisogna concepire la drammaturgia come l’arte di raccontare delle storie - sul modello d’altronde obsoleto del teatro classico – ma come l’arte di costruire degli effetti – di sentimento di gusto, di leggi-

Giocolare tra immagini e parole Studio Ruggieri Poggi, più che un’agenzia, un laboratorio di idee per dare forma alle passioni. Facciamo conoscere la tua arte con un progetto personalizzato di “comunicazione integrata”, giocolando tra immagini e parole. Dall’offline al web ai social, raccontiamo quello che fai e che ti emoziona.

E tu sei pronto per emozionare?

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rio di sfuggire, in breve il rischio artistico, comune a quasi tutti gli artisti, queste semplici nozioni non irrigano già forse in profondità l’insegnamento del circo? Dire che il circo è un’arte, o può produrre “dell’arte”, significa dunque accettare allo stesso tempo la variabilità e la non decidibilità della nozione di arte – non facile a digerirsi, questo ve lo concedo, per un insegnante di trampolino – ma anche riconoscere e fare proprie tutte le teorie e tutte le pratiche dell’arte tramandate dalla storia e dall’attualità. Confrontare il circo con tutto questo, e metterlo non più nella posizione del debitore, ma in quello del creditore, o meglio ancora in un rapporto paritario di dialogo con le altre arti, o piuttosto con la società e con il mondo.

conoscenza, riconoscere che gli insegnanti sono anche degli alunni, degli studenti. Dei sistemi di accompagnamento reciproco o di dialogo personalizzato sono necessari perchè ogni artista in formazione – così come ogni insegnante! – possa regolarmente esporre il progresso della sua formazione ad altri artisti. E oso dire: per tutta la sua vita. Sarebbe d’altronde necessario iniziare rileggendo il protocollo di Bologna sulla formazione superiore degli artisti nell’Unione Europea, firmato da 28 paesi, che raccomanda solo questo: la co-costruzione degli insegnamenti. Ma soprattutto, l’apertura deve essere la parola d’ordine di ogni formazione in arte, poiché è il messaggio stesso di ogni artista, di tutte le discipline, di tutti i generi e che va al di là di tutte le loro differenze individuali, statutarie, economiche, estetiche, nazionali e persino ideologiche. Ben pochi valori comuni riuniscono gli artisti, a parte la loro rivendicazione di uno statuto sociale

APRIRE

Dalla concezione del circo come capace di arte, ne derivano per le scuole di circo le seguenti implicazioni: www.jugglingmagazine.it

comune, dovuto ed evidente, ossia il loro desiderio di essere socialmente riconosciuti come utili e necessari. L’apertura è insieme il mezzo e il fine di questo riconoscimento. Aprire per avere e aprire per essere. Aprire una scuola di circo significa prima di tutto aprirla alle altre arti, come aveva fatto Bernard Turin al CNAC, quando invitava registi e coreografi a parteciparvi permanentemente e a mettere in scena gli spettacoli di fine corso. È una conditio sine qua non; spesso in Brasile mi dicono che al circo mancano dei drammaturghi, degli sguardi esterni, degli autori; al che io rispondo, ma guardatevi intorno, non c’è che da scegliere, il Brasile trabocca di formidabili cineasti, musicisti, registi e coreografi. Che aspettate a sedurli, invece di lamentarvi? E continuo a dirlo anche in Francia e non lo dirò mai abbastanza in Italia: voi rivendicate riconoscimenti in denaro dimenticando un pò troppo velocemente che voi avete qui e già adesso dei talenti di tutti i tipi, che bisognerebbe semplicemente mettere insieme. Aprire vuol dire anche organizzare lo scambio degli studentiartisti da una scuola di circo a un’altra, da un paese all’altro, da una cultura all’altra. E gettare dei ponti tra le scuole di danza, di arti plastiche, di cinema e le scuole di circo. E aprire ancora di più, alla scienza, alla cucina, all’industria, al giornalismo, alla farmacia, all’aereonautica, a tutto. Aprire è anche fare dialogare le generazioni, gli amatori e i professionisti, e ristabilire il legame tra i differenti mestieri del circo. E aprire lo spirito - le teste! –

foto di Milan Szypura

Prima rivoluzione: bisogna prima di tutto considerare gli studenti come degli artisti. Degli artisti in formazione, ovviamente, ma è un pleonasmo perchè ogni artista non smette di formarsi, per tutto il corso della sua vita. E questo inizia a sei anni. O a tre. Bisogna poi, come ci invita il verbo apprendre in francese, che significa allo stesso tempo insegnare ed acquisire una

foto di archivio FLIC

bilità di conversazione, e molti altri effetti sociali. Ogni artista è portatore di una teoria sull’arte, ed ogni opera d’arte porta un suo valore intrinseco, passibile di rompere tutti i valori precedenti o quelli di un collega. Ma il semplice bisogno di creare, il dubbio e il sacrificio, il tentativo e l’errore, l’umiltà e l’ambizione, la necessità di un ritmo adeguato, la paura di non piacere e il deside-

affinché il circo non sia più solo l’arte di spingere più in là i limiti che la natura impone al corpo, ma di spingere più in là qualunque tipo di limite. E quindi sperimentare nuove drammaturgie, stare in stato di allerta contro ogni accademismo: no, lo spettacolo di un’ora, il nuovo format standard, non vale di più del numero considerato pacchiano. Aprire, non è formare per poi stravolgere, ma fare queste due cose allo stesso tempo o in un’andata/ritorno permanente. Quanto allo sport, non è un problema. Lo sport è tanto gratificante per un artista aperto quanto la cucina o l’astronomia. Un artista di circo deve essere grato di avere come insegnante un campione di trampolino, che fortuna! Anche lo spirito di competizione è interessante da un punto di vista artistico, quando le regole sono rovesciate, condivise, criticate. Quando il rispetto della persona, come dichiara il motto della FFEC, che ho citato poco fa, non è tenuto in minore considerazione della dichiarazione della natura artistica del circo. E che non mi si venga a parlare di valutazioni, di quantità di ore o di budget limitati, e nemmeno di standardizzazione dei diplomi! Rovesciamo la logica partendo da ciò di cui ha bisogno l’artista. E che non mi si venga a parlare di possibilità lavorative. Un artista deve conoscere a memoria la situazione del mercato, e sì, bisogna anche formarlo per questo, ma affinché la sfidi anziché sottomettersi. E che non mi si parli di ortografia: l’arte non è una fuga o uno strumento di rivalsa sociale, ma uno strumento di emancipazione. L’apertura è un concetto sobrio che deve, col tempo, permettere di spendere meno tempo e meno denaro. Implica un’altra economia, collaborativa, dialogica, politica. Anche se senza dubbio, certamente, bisogna investire molto nella formazione artistica di questi insegnanti e mettere molta energia per instaurare i mille folli contatti di cui ho parlato. E non venitemi a parlare di bellezza, quel vecchiume. Io schernisco, faccio scherzi, faccio il giocoliere. Potessimo parlare solo di lei!! Grazie di avermi ascoltato.



foto di Rebecca Ihle Parole che non trovo di Greta F. (la danzatrice)

PRIVATE MATTER di Tiziano Massaroni La questione del pubblico, per quanto “denunciata” ormai da tutti i bandi dello spettacolo, da quelli Europei fino a quelli Regionali, rimane un tabù. È difficile ammettere che il pubblico non vada più a teatro (o molto, molto meno) se per teatro s’intende quello d’arte e non quello commerciale (cinetelevisivo), divisione che ben sottolineava anche Pietro Valenti (Ert) ritirando il premio come migliore direzione organizzativa agli ultimi premi UBU. Il pubblico vero non esiste più (escludo da questo ragionamento il circo contemporaneo). Esiste un agglomerato tra amici, amici d’amici, parenti, genitori per i bambini, operatori di settore, scolaresche per didattica, anacronistici abbonati e sprovveduti accidentali. Ma di pubblico e repliche si parla specificatamente in ogni bando di finanziamento a sostegno di teatri, festival e compagnie. Nonostante l’apparente paradosso tutto continua ad andare avanti, sempre più barcollante. Si, certo, come potrebbe fallire un settore dell’arte così importante in un sol botto? Non che chiuderanno i teatri, ma i teatri non saranno più teatri d’arte o di pensiero, ma di puro intrattenimento, teatri commerciali. Le responsabilità non sono mai di qualcuno in particolare e nemmeno in generale, non sono della gente, non sono della società, non sono degli organizzatori, non sono degli artisti - o lo sono di tutti - e se scendessimo ad un grado riflessivo ancora più profondo si perderebbe sicuramente anche la distinzione a cui facciamo riferimento ora, tra teatro di pensiero e teatro commerciale, tra bene e male. Credo si debba semplicemente ammettere l’evidenza, assumendosi il rischio dell’inattuale, come il bambino che si accorge del Re nudo. Io avverto che non si intercetta il nuovo - cambio qui solo apparentemente discorso - se non per convenzioni ovvero premi, opinioni, appartenenze. La struttura del vincente o dell’eliminato (retaggio questo sì, contemporaneo) configura quel solito piccolo mondo mitopoietico che si deve proteggere dal tabù. L’ingombro del pensiero selettivo blocca così, in qualche modo, la maggior parte della sperimentazione, in senso artistico ma anche organizzativo. Non credo che si debba inventare cose nuove, ma ripetere cose passate con un pensiero altro. Ogni inizio è una ripetizione (Deleuze) ma in condizioni necessariamente sempre diverse. Con Teatri di Nicchia (progetto di Teatro Or e Associazione Serapias) che abbiamo sviluppato a Pomarance (PI) con il sostegno economico

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e umano del Comune abbiamo scelto di utilizzare, senza voler essere una novità per questo, i teatri come ambienti per prove, residenze e seminari, e di andare in scena in case private, palazzi storici, musei, negozi, pensando a questi luoghi come un metateatro dove creare una vera e propria Stagione Teatrale. Ci siamo orientati su questa strategia di audience development (?) per ridare vita a un mondo teatrale che si sta sempre più ghettizzando, con derive autoreferenziali. Al pubblico si favorisce sempre di più l’accesso ai grandi eventi, dimenticandoci che la produzione del pensiero è una gioia ben più grande di quello che può dare il puro intrattenimento. Il coinvolgimento diretto di proprietari di case, di attività lavorative, di luoghi di cultura e storia, ha la forza di attraversare trasversalmente la società coinvolgendo gruppi di persone vicine per complicità d’interessi e di affetti, permettendo loro un incontro con le arti performative contemporanee, che in altri luoghi non avverrebbe sicuramente. Andarsi a prendere il pubblico, mostrargli un’alternativa, anche molto complessa - perché qui non si tratta di arruffianarsi gli spettatori - non sottintendendo mai che esistono cose per intelligenti e cose per meno intelligenti. Questa distinzione nasce da chi si sente detentore del sapere non certo dalle persone che tutto possono e vogliono vedere, perché il vedere è sempre innocente, a differenza del guardare. La modalità di parlare in luoghi quotidiani di linguaggi contemporanei riduce anche la progressiva frustrazione che quest’ultimi hanno creato allontanandosi dalle persone e non chiarendo mai la fondamentale questione sul significato: il contemporaneo non è un mes-


DOMOI www.mylaika.com

saggio da decifrare e tanto meno da comprendere. È piuttosto una ricerca artistica personale costruita nel tempo e non necessariamente trasferibile a coloro che fruiscono dell’opera. Il contemporaneo deve essere vissuto in piena libertà, affrancati definitivamente da un significato preciso che dovrebbe migrare dall’artista allo spettatore per mezzo dell’opera. Noi crediamo che questo malinteso possa essere superato portando in luoghi affettivi l’arte, dove il sentire è più disteso e pronto a percepire piuttosto che decifrare. Riducendo la lontananza fisica con i performer attraverso il contatto giornaliero, l’offrire qualcosa di personale, la disposizione ad accogliere, si riesce a ridurre anche le altri apparenti lontananze, e lo spettacolo diventa un incontro dove ognuno porta con sé domande, gusti e dubbi.

di Salvo Frasca

Ho accettato la sfida di Tiziano Massaroni per “Teatri di Nicfoto di @NicoLopezBruchi chia”, una serie di performance di danza, teatro e circo in case private, dove la compagnia dispone della casa interamente. Puoi interagire con gli oggetti le stoviglie, abiti…tutto. Puoi spostare i mobili toglierli, portarne altri, mettere luci… insomma qualcosa di divertente per chi si dedica alla creazione. Creare uno spettacolo di cui già esiste una scenografia: questo è bello ma se sei chiamato a fare circo gli spazi diventano esigui, minimali. Da un lato questo è un limite, dall’altro l’assurda prossimità con il pubblico nei ridotti spazi di una casa è cosa di indescrivibile forza. Ho chiesto di lavorare con me in questo progetto a Eleonora Spezi, scenografa e marionettista, che conosce il circo e proviene dal lavoro con Oblidarium dei Forman Brothers, molto abile nella creazioni di mondi e visioni in chiave oscura… Abbiamo registrato musiche e suoni da diffondere in un ambiente poco illuminato per nascondere la casa. Il luogo quindi sparisce e si accede al buio. Così solo alcuni dettagli illuminati da torce, estrapolati dal proprio contesto, possono diventare macabri, comici, malinconici. Ci siamo resi conto che c’è o dovrebbe esserci una maniera di mettere in scena le visioni. Come il cinema fa con le immagini. Con una torcia puoi fare apparire nel buio un volto e di seguito nella parte opposta della stanza, un coltello. Sei dentro a un racconto per quadri e con la luce dirigi tirannicamente l’attenzione. Lo spettatore segue ma deve rapidamente costruire con la fantasia. L’artista è a metà tra un cantastorie e un sacerdote-maggiordomo, e con le sue tecniche di circo offre un quadro in movimento. Come un piccolo filmato in mezzo a tante fotografie. Alcune candele articolavano il cammino in varie stanze. In questo ambiente abbiamo potuto lavorare su tutte le dimensioni, proiettare meduse sul soffitto, illuminare una finestra dall’esterno. Abbiamo mescolato tenuamente visioni all’arte capovolta del circo in un percorso in cui il pubblico veniva spaccato in due gruppi

per poi riunirlo in una scena/stanza finale. L’idea che alla fine della performance tutti dovessero confrontarsi con gli altri per accertarsi di cosa avessero visto non ci è sembrata banale. È la stessa natura di un’operazione del genere a suggerire l’itineranza dello spettatore. Questo si sposa benissimo con la narrazione non lineare che da anni caratterizza i nostri spettacoli senza storie e senza velleità di spiegazioni o addirittura di comprensione. Mi piace costruire immagini e trovo che il circo sia perfetto per creare suggestioni in movimento. Spesso le tecniche si rallentano quasi allo spasmo come se si potesse assistere di persona ad una specie di stop-motion. Solo ora capisco quello che un critico scrisse di un nostro spettacolo anni fa: “Popcorn Machine l’arte del videoclip, dal vivo”. Mi piace, adesso, questa cosa. Alla fine della performance il pubblico è uscito all’aria aperta dove li attendeva un bicchiere di vino intorno a un fuoco. Forse è retorico giustificare queste performance dicendo che se il pubblico non va più a teatro allora il teatro va a casa sua. Però in sostanza lo spettacolo irrompe e ferma la dipendenza mediatica. Concepito come assalto, “Teatri di nicchia” è conturbante. Non sappiamo cosa diventerà DOMOI prossimamente: una performance, uno spettacolo per case, per grotte o per teatro, non lo sappiamo però continuerà, come tutto. E per cominciare ringrazio Robert Tiso che ha suonato i bicchieri dentro un armadio, Lucas che ha condotto il pubblico, i piedi magici di Chiara Unisoni e Vieri e Astrid per la libertà che ci hanno dato nella loro casa.

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AMALUNA

NON SOL O SPETT AC O L O www.altrocirco.it

CIRQUE DU MONDE

foto di Marklan Fleshman

di Maria Teresa Cesaroni referente relazioni nazionali AltroCirco Anche quest’anno il Cirque du Soleil è tornato ad incantarci offrendoci lo spettacolo Amaluna che ha toccato Roma come unica data Italiana. La fama planetaria del famigerato Cirque du Soleil, capace sempre di incantare il pubblico con produzioni che coniugano sogno, poesia e tecnica di altissimo livello, è ormai entrata nell’immaginario collettivo. Meno nota è invece l’attenzione e il lavoro che da tanti anni il Cirque du Soleil dedica a progetti nel sociale. Il loro programma di intervento nel sociale si chiama Cirque du Monde e si articola in diverse azioni: sostegno di molti progetti di circo sociale in diverse parti del mondo, formazione dei formatori, mappatura mondiale dei progetti di circo sociale, e non da ultimo l’accesso tramite biglietti gratuiti alle repliche dei loro spettacoli e workshop offerti sempre a ragazzi svantaggiati. Anche quest’anno il Cirque du Soleil, grazie alla forte collaborazione da anni instaurata con AltroCirco, come il supporto nella Formazione di Circo Sociale FiX e l’apporto nel Convegno Altra Risorsa, ci ha offerto la grande opportunità di distribuire ben 334 biglietti gratuiti per le prove generali di Amaluna a progetti di circo sociale e associazioni che si occupano di sociale e diritti umani. Nella distribuzione degli ingressi per il 29 aprile abbiamo coinvolto oltre 20 associazioni, provenienti per lo più dal cenwww.jugglingmagazine.it

tro Italia, che si occupano di disabilità, di accoglienza e integrazione, di minori a rischio, scuole di circo sociale, artisti di circo e associazioni che lavorano per i diritti LGBTI. Il risultato è stato un incontro davvero festoso in un’atmosfera intima e partecipe, sembrava che tutta la platea si conoscesse. Fuori dal tendone e nelle pause è stato un bel momento per conoscere o rincontrare colleghi che non si

vedevano da tempo, scambiare impressioni e stupore fondendosi all’uscita in un unico gruppo colorato ed entusiasta. Il valore di questo incontro ha aggiunto un colore speciale all’esperienza che il Soleil ci offre da anni. Destinare biglietti gratuiti alle associazioni vuol dire infatti promuovere la cultura e supportare lo sviluppo e la crescita di chi spesso non trova facile accesso ai percorsi culturali e artistici. Un prezioso supporto che valorizza ulteriormente il network di circo sociale italiano promosso da AltroCirco, permettendoci di coinvolgere altre associazioni italiane in occasioni speciali come queste.


REGISTRO NAZIONALE PROGETTI DI CIRCO SOCIALE Il Registro nasce con l’intento di fornire informazioni sul lavoro delle associazioni, promuovere e facilitare le collaborazioni, gettare le premesse per un riconoscimento del settore e la creazione di un network nazionale. Le modalità per esservi inseriti sono disponibili su www.altrocirco.it

Piemonte Fondazione Uniti per Crescere Insieme via Pacchiotti 79, 10146 Torino Sara Sibona 011 19836531www.unitipercrescereinsieme.it

Lombardia

Friuli Venezia Giulia Veneto Toscana

Emilia Romagna Lazio Campania Puglia Sicilia

Fuma che n’duma via XX Settembre 30, 10022 Carmagnola (TO) Giuseppe Porcu 333 2742858 www.bimbocirco.wordpress.com Jaqulè via Lazio 2, 10043 Orbassano (TO) Enrico Giacometto 328 7828323 www.jaqule.com Teatrazione via Rismondo 39/f, 10127 Torino Italo Fazio 011 5889562 www.teatrazione.com Giocolarte via Acerbi 133, 27100 Pavia Bruna Ventura 349 1470123 www.giocolarte.wordpress.com Campacavallo via F.lli Rizzardi 15, 20151 Milano Gabriella Baldoni 347 8571338 www.campacavallo.com Quattrox4 via Privata Pericle 16, 20126 Milano Elisa Angioni 348 2269315 quattrox4.com Spazio Bizzarro via del Portone 6, 23887 Olgiate Molgora (LC) Nicola Bruni 333 1903879 www.spaziobizzarro.com Spazio Kabum via Guicciardini 114, 21100 Varese Damiano Petitti Roreto 3494568018 www.spaziokabum.it Circo all’inCirca via Piemonte 84/8, località Padernò, Udine Davide Perissutti 340 6052371 www.circoallincirca.it Ancis Aureliano Onlus via Fogazzaro 12, 36030 Caldogno (VI) www.dottorclownitalia.org Circo in Valigia via Panzotti 6, 36040 Salcedo (VI) Nicoletta Grolla Cegalin 349 1632427 www.circoinvaligia.it Ludica Circo viale Verona 107, 37100 Fumane (VR) Stefania Garaccioni 347 9121866 www.hermete.it Badabam strada valacchio casella 30, 53018 Sovicille (SI) Margherita Gamberini 347 7856564 www.badabam.it Circo Libera Tutti via Marconi 108, 50056 Montelupo Fiorentino Samuele Mariotti 333 4022331 www.circoliberatutti.it Circo Tascabile via Filicaia 2, 50065 Pontassieve (FI) Claudia Brandani 380 3585691 www.circotascabile.com En Piste via Bocchi 32, 50126 Firenze Maria Luisa Liguoro 333 3733644 www.enpiste.it Scuola di Circo Antitesi via Guidiccioni 6b, San Giuliano Terme, Pisa Martina Favilla 349 6304211 www.antitesiteatrocirco.it Circostrass via Gilioli 48, 41012 Carpi (Modena) Cosetta Bottoni 347 1718894 www.circostrass.it Inerzia via Francesco Grimaldi 127, 00146 Roma Leonardo Varriale 347 6531329 www.inerzia.org Circo Corsaro via Dietro la Vigna 14, 80145 Scampia (NA) Maria Teresa Cesaroni 339 3927461 FB Scuola di Circo Corsaro Social Circus quartiere Leuca, Lecce Dario Cadei 335 5407829 FB Social Circus Quartiere Leuca Un Clown per Amico/Circo Botero st. Modugno Carbonaro 4/8, 70123 Bari Michele Diana 348 0535875 www.unclownperamico.com Circ’Opificio via Giuseppe Lanza di Scalea 960, 90146 Palermo Marika Riggio 340 3928905 www.circopificio.it

WORKSHOP CON GLI ARTISTI di Tommaso Negri direttore progetto AltroCirco Le opportunità offerte dalla collaborazione tra Cirque du Soleil e AltroCirco non si limitano alla distribuzione di ingressi gratuiti. Dopo giorni di confronto e dialogo con gli artisti della tournee siamo riusciti ad organizzare un laboratorio di circo per le scuole di circo sociale italiane, tenuto dagli artisti del Cirque du Soleil nel backstage dello chapiteau! Martedì 16 maggio, 5 gruppi di differenti scuole di circo sociale della rete (Badabam - Siena, En Piste Firenze, Big Up - Roma, Circo Corsaro Foligno e Circo Corsaro - Napoli), sono partiti alla volta di Roma e del grand chapiteau installato a Tor di Quinto. Una quarantina di ragazzi, il più grande gruppo di piccoli circensi che la compagnia di Amaluna abbia ospitato, entra nel loro villaggio completamente auto sussistente, fatto di camion, rimorchi e tende. L’acco-

glienza è grande, ed è incredibile riconoscere gli artisti dello spettacolo, visto poche sere prima, prendersi cura, quasi timidamente, dei ragazzi. Ci si riscalda con giochi ed esercizi nel backstage, un piccolo tendone-palestra attrezzato con pista, attrezzi, camerini, laboratorio per i costumi, sala per fisioterapia e zona salotto con televisori per vedere lo spettacolo in scena in diretta. A seguire laboratori a rotazione delle diverse discipline: acrobatica, acrobalance, cerchio, tessuti, cinghie, monociclo, giocoleria, body percussion e canto. I ragazzi si mettono alla prova con le sfide proposte dagli artisti del Cirque du Soleil; salti indietro, piramidi sui monocicli, spinning sul cerchio, ritmi africani e …pizze canadesi! Sì, perché dopo i laboratori è arrivata anche la merenda: 7 camion affiancati l’uno all’altro formano le cucine e la mensa per nutrire

l’intera comunità in tournè. Tecnici, artisti, amministrazione e produzione per un totale di 120 persone, convivono negli stessi spazi che si muovono da una città all’altra su più di 50 camion! Una comunità che punta ad essere più autonoma possibile, con officine di riparazione e creazione pronte a rispondere ad ogni evenienza ed imprevisti, con una cucina sana e variegata, pronta a esaudire le diete più disparate del variegato e multietnico cast di artisti. Un’esperienza davvero indimenticabile per i ragazzi e per gli operatori coinvolti, che ha permesso ancora una volta di realizzare un incontro a livello nazionale tra scuole di circo sociale, un’opportunità di scambio e di crescita per i nostri ragazzi, non solo a livello tecnico, ma anche nello sviluppo della consapevolezza di fare parte di un grande mondo, aperto, curioso, poliglotta e multietnico. Una nuova motivazione per credere ancora di più in ciò che fanno e continuare a lottare per i propri sogni.

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QUINTA PARETE > OPEN foto di Facciamo Circo

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loro volta impegnate nel coinvolgimento di un target di pubblico molto variegato per fasce di età, genere, consumi culturali, competenze artistiche, condizioni socio-economiche. Circa 200 persone, provenienti dai più disparati background/occupazioni, sono state finora coinvolte attivamente: (in ordine alfabetico) agricoltore, allevatore, amministrativa, animatrice culturale, architetto, artista, ascensorista, assessore alle politiche giovanili, carabiniere, casalinga, circolo fotografico, commercialista, commerciante, consulente finanziario, coreografa, corsista, dipendente, direttore marketing, direttrice artistica, impiegata/o, imprenditrice, infermiera, ingegnere, insegnante di circo, istruttore sportivo, istruttrice nuoto, libero professionista, manutentore piscine, medico, operatore teatrale, organizzatrice eventi, pasticcere, pensionato, pittrice, psicologa, psicomotricista, ristoratore, studente liceale, studentessa universitarie. Le attività e gli spettacoli offerti nel corso di QP>O hanno inoltre totalizzato finora circa 11.000 spettatori/fruitori. Molti gli accordi siglati e le collaborazioni attivate con altre associazioni/enti territoriali: Azienda agricola Cartelio e Cascina d’Aris per la ristorazione negli eventi; collaborazioni con le attività economiche

della zona e con i genitori degli associati, per un supporto logistico ed organizzativo; scuole di danza e teatro e pro-loco per evento finale a Viarigi 2017 (Chapitombolo - Monale, AT); collaborazione con AVIS per promozione reciproca delle attività; associazione fotografi per un servizio di documentazione; associazione chirurghi nel progetto "Titoccotoccati", finalizzato alla prevenzione dei

Palazzo Ducale, per l'organizzazione di una conferenza in/formative sull'audience development (Sarabanda GE); Circolo fotografico sarzanese, per la realizzazione di una testimonianza fotografica; Assessorato alle Politiche Giovanili. per valorizzare il circo contemporaneo nella narrazione di problemi di rilevanza sociale; Istituto statale Parentucelli-Arzelà, per coinvolgere

problemi vascolari; la Coldiretti per il reperimento del cibo per gli ospiti del festival (Fuma che Nduma - CN); centro d’aggregazione per ragazzi, di età media e superiore, per iniziare il progetto di circo; collaborazione con il Padma Studio, centro yoga di La Spezia (UP scuola di circo - Bra, CN); Confartigianato Piemonte Orientale; ANCOS; Liceo delle Scienze Umane “Bellini” (Dimidimitri NO); Fondazione per la Cultura

gli studenti sul tema dell'utilizzo consapevole degli smartphone; Dance Art Studioscuola di danza, per la creazione di una performance di danza-circo; Abygaille Art Family Cafè, per realizzare, al suo interno e con i suoi clienti abituali, laboratori ludicoricreativi di avvicinamento alle arti circensi (Facciamo Circo Sarzana, SP); giornata de "Il circo sotto casa", per avvicinare pubblico nuovo e accogliere

foto di sYnergiKa

Quinta Parete>OPEN (QP>O) coinvolge 14 realtà sul territorio Piemonte-Liguria, ognuna impegnata in una propria attività di audience engagement sul territorio, e tutte insieme impegnate in un percorso di crescita collettiva sui temi dell'audience engagement, scandito da una serie di incontri di rete. Partendo dalla differenza di significato che i due termini "development" e "engagement" assumono in inglese, QP>O sta esplorando la reciprocità e il collegamento stretti tra i due processi, piuttosto che una loro distinzione netta. "Development" definisce la capacità di avvicinare all'arte, facilitare l'accesso alla cultura, offrire occasioni di incontro, invitare alla fruizione. "Engagement" rappresenta uno stadio successivo quando, facendo leva sull'interesse e la passione nascente, si creano le condizioni per una relazione più profonda e continuativa del pubblico con l'arte e con le organizzazioni che la promuovono. Entrambi i processi stimolano forti cambiamenti all'interno e nelle mission delle organizzazioni coinvolte. Nel corso della valutazione del primo semestre del progetto sono emersi interessanti dati e considerazioni. Quinta Parete > OPEN, è stato concepito come un progetto che coinvolgesse il managment di scuole di circo educativo, festival di circo educativo, festival di circo contemporaneo, a


foto di sYnergiKa

altre scuole di circo (Jaqulé Orbassano, TO); la nascita di un buon team tra insegnante di circo, ginecologa, ostetrica e psicologa (Vertigimn - TO); 23 allievi del primo anno di corso della FLIC seguiranno un tirocinio all'interno del Mirabilia Festival, e faranno parte del progetto Kaleidos, conducendo stage e seminari rivolti ad allievi di scuole di circo educative (Flic - TO, Mirabilia Festival – Fossano CN); una interessate collaborazione con un'associazione del territorio che si occupa di musica. (sYnergiKa GE); partecipazione al “Franco Agostino Teatro Festival” di due realtà coinvolte in QP>O, TeatrAzione e Società Arcobaleno, quest'ultima vincitrice del festival (Dimidimitri - NO). Questi invece alcuni tra i più significativi cambiamenti avvertiti finora: gli incontri di rete hanno unito e fortificato la nostra organizzazione, fornendo spunto a riflessioni, chiarimenti, scoperte di nuovi punti di vista. (UP scuola di circo Bra, CN); maggiore consapevolezza delle criticità e delle potenzialità del nostro territorio nel recepire e comprendere il mondo del circo contemporaneo. (Facciamo Circo - Sarzana, SP); mantenere il gruppo di ragazzi formatosi per le attività di QP>O e trasformarlo in un gruppo/spettacolo permanente (Arcobaleno - Borgosesia, VC); maggiore consapevolezza dello strumento comunicativo quale veicolo fondamentale per diffondere e divulgare le iniziative e la nostra “mission” (Dimidimitri - NO); oltre ad

averci messo in stretto contatto con le altre realtà, QP>O ha anche stimolato in noi un crescente interesse verso le nuove opportunità di simili progetti collaborativi (sYnergyKa GE); una maggiore attenzione nei confronti della comunicazione/promozione e una maggiore coscienza dell'importanza di fidelizzare il pubblico già esistente, di trovarne di nuovo. Una ulteriore e più chiara presa di coscienza di quanto il circo contemporaneo abbia caratteristiche speciali per creare passione ed emozioni nel pubblico. (Flic - TO); crescita del potenziale operativo, entusiasmo collettivo e supporto generalizzato ai comparti artistico, tecnico, montaggio strutture, etc. (Chapitombolo - Monale, AT); un distacco dall'associazione esistente per creare una nuova che abbia come obiettivo principale la diffusione delle arti circensi dal punto di vista educativo (A testa in giù - SP); un clima più gioviale che stimola la partecipazione alle attività e motiva a realizzarne di nuove (Vertigimn - TO); maggiore consapevolezza delle risorse comunicative, maggiore attenzione alle azioni di comunicazione on line (Sarabanda - GE); più attenzione alla comunicazione sui social, vogliamo migliorare la documentazione fotografica e video e la loro diffusione (Jaqulè, Orbassano - CN) In questo primo semestre non sono state avvertite particolari criticità da parte delle realtà coinvolte, se non quelle legate a difficoltà strutturali/organizzative di fondo. Prevale il sentimento espresso dalla Dimidimitri: "Per ora, in proiezione futura, non abbiamo avvertito criticità, ma solo interessanti opportunità". Più complessa invece l'analisi da parte della cabina di ragia di QP>O, soprattutto sullo sviluppo di un tema come quello dell'Audience Engagement sul quale esiste nel settore poca consapevolezza ed esperienza. Quinta Parete > OPEN è ancora in corso, ed essendo concepito come un pilot, continueremo a lavorare per concluderlo al meglio delle sue potenzialità e costruire un suo allargamento in un prossimo futuro sul territorio nazionale. j u g g l i n g m a g a z i n e numero7 5 g i u g n o 2 0 1 7


REGISTRO NAZIONALE CORSI/SCUOLE DI CIRCO EDUCATIVO Il Registro nasce con l’intento di fornire informazioni sul lavoro delle scuole, promuovere e facilitare le collaborazioni, gettare le premesse per un riconoscimento del settore e la creazione di un network nazionale. Le modalità per esservi inseriti sono disponibili su www.circosfera.it

Piemonte Arcobaleno via delle Fontane 60, 13011 Borgosesia (VC) Ilaria Sitzia 348 8123417 www.sportarcobaleno.it

Lombardia

Trentino Alto Adige Friuli Venenzia Giulia Veneto

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Marche

Abruzzo Umbria Lazio

Puglia Sicilia Sardegna

Chapitombolo via Baldichieri 18, 14013 Monale (AT) Olivia Ferraris 339 7740738 www.chapitombolo.it Circo Clap via Don Giovanni Minzoni 17, 28041 Arona (NO) Laura Cantù 328 8891533 www.circoclap.it Dimidimitri S.S. 299 c/o Cascina Cavallotta via Valsesia, 28100 Novara Alessio Ricci 346 9812214 www.dimidimitri.com Flic Scuola di Circo via Magenta 11, 10128 Torino Dario Sant’Unione 339 8394275 www.flicscuolacirco.it Fuma che n’duma via dei Salici 16, 12035 Racconigi (CN) Giuseppe Porcu 333 2742858 bimbocirco.wordpress.com Jaqulè via Lazio 2, 10043 Orbassano (TO) Enrico Giacometto 328 7828323 www.jaqule.com Macramè Strada dei Sent 16, 12084 Mondovì (CN) Marco Donda 347 8251804 www.scuoledicircomacrame.blogspot.it Microcirco c/o Macramè str. dei Sent 16, 12084 Mondovì (CN) Carla Acquarone 337 266505 www.microcirco.it Sportica via Cattaneo 41, 10064 Pinerolo (TO) Paola Martina 340 4644248 www.sportica.it Teatrazione via Artom, 10127 Torino Italo Fazio 011 5889562 www.teatrazione.com UP Str. Salimau 1/E int. 1 12060 Pocapaglia (CN) Maria Grazia Ielapi 339 7532815 www.upscuoladicirco.com Vertigimn via Mottalciata 7, 10154 Torino Fabrizio Fanizzi 338 4189800 www.vertigimn.com Ambaradan viale Lombardia 53, 24020 Torre Boldone (BG) Lorenzo Baronchelli 339 5695570 www.ambaradan.org Campacavallo via F.lli Rizzardi 15, 20151 Milano Gabriella Baldoni 347 8571338 www.campacavallo.com Giocolarte via Acerbi 33, 27100 Pavia Marco Lam 393 8392809 giocolarte.wordpress.com Hops via Lanzi 51, 20872 Cornate (MB) Sara Papadato 348 0069417 www.scuola-circo-hops.it Kabum via Guicciardini 114, 20100 Varese Alessandra Pessina 349 4568018 www.spaziokabum.it Piccola Scuola di Circo via Messina 48, 20154 Milano Camilla Peluso 0234690170 www.piccolascuoladicirco.it Quattrox4 via Privata Pericle 16, 20126 Milano Elisa Angioni 346 0026972 www.quattrox4.com SBOCC via V. Veneto 1, 21010 Cardano al Campo (VA) Luana Facchetti 347 2785195 www.sbocc.it Scuola di arti circensi e teatrali via Sebenico 21, 20124 Milano Maurizio Accattato 348 6054623 www.milanoclownfestival.it Spaziocirco via Carrobbio 6, 20093 Cologno Monzese (MI) Sonia Belotti 338 7813115 www.spaziocirco.it Spazio Circo Bergamo via Gaetano Scirea 11, 24060 Telgate (BG) Manlio Casali 393 0082506 www.spaziocircobergamo.it Teatro Circo Puzzle Str. Padana Superiore 28, 20063 Cernusco sul Naviglio (MI) Silvia Vetralla 348 7461009 www.teatrocircopuzzle.com Animativa via Max Valier 11, 39011 Lana (BZ) Reinhard Demetz 0473 239564 www.animativa.org Arteviva via Bari 32/L, 39100 Bolzano Mauro Astolfi 333 8596111 FB Arteviva Cooperativa Bolla di Sapone via S. Antonio 20, 38100 Trento Tommaso Brunelli 348 8852925 www.bolladisaponetrento.it Circo all’inCirca via Piemonte 84/8, 33100 Padernò (UD) Davide Perissutti 340 6052371 www.circoallincirca.it Skiribiz via Marinelli 6, 33033 Codroipo (UD) Marco Grillo 340 8304849 www.skiribiz.com Ancis Aureliano via Fogazzaro 12, 36030 Caldogno (VI) Giovanni Evaristo Arnaldi 347 2261288 www.dottorclownitalia.org Barbamoccolo via delle Motte 12/c2, 30020 Martellago (VE) Manuela Polacco 339 4652122 www.barbamoccolo.it Circo in Valigia via Panzotti 6, 36040 Salcedo (VI) Nicoletta Grolla Cegalin 349 1632427 www.circoinvaligia.it Ludica Circo Loc. Corbellara, 37020 Marano di Valpolicella (VR) Stefania Garaccioni 347 9121866 www.ludicacirco.com A testa in giù Progetto circo via Ada Negri 9/A, 19126 La Spezia (SP) Chiara Martini 339 5772543 www.atestaingiu.it/progetto-teatro/progetto-circo Circo Mirtilla strada Ronchi Brighei 1/c, 18100 Imperia Nadir Spagnolo 329 2950023 www.2clown.com Facciamo Circo via Segalara 5, 19038 Sarzana (SP) Alina Lombardo 339 5878441 www.facciamocirco.it sYnergiKa piazza Palermo 12, 16129 Genova Annalisa Alcinesio 338 1172011 www.synergikaasd.com Arterego via Piave 19, 40132 Casalecchio di Reno (BO) Pietro Morea 347 7121221 www.arterego.org A testa in giù Compagnia Via Tolara di Sopra 90, 40064 Ozzano dell’Emilia (BO) Nando e Maila 328 6493203 www.nandoemaila.it Body Studio via Paradisi 7a, 42100 Reggio Emilia Susi Alberini 338 1397924 www.bodystudio1.com Circolarmente via Mantova 4/b, 43100 Parma Albert Horvath 347 3131604 www.circolarmente.it 100% Circo Casa la Marga 69, 52010 Subbiano (AR) Simona Serafini 339 3840294 centopercentocirco.wordpress.com Antitesi Scuola di Circo via Guidiccioni 6b, 56017 San Giuliano (PI) Martina Favilla 349 6304211 www.antitesiteatrocirco.it Badabam via Montarioso 9, 53100 Siena Margherita Gamberini 347 7856564 www.badabam.it Circo Libera Tutti via Marconi 108, 50056 Montelupo Fiorentino (FI) Samuele Mariotti 333 4022331 www.circoliberatutti.it Circo Libre via Sambre 32, 50014 Fiesole (FI) Raffaella Fileni 388 7439717 www.circolibre.it Circo Tascabile P.zza Cairoli 4/c, 50065 Pontassieve (FI) Claudia Brandani 380 3585691 www.circotascabile.com En Piste via Bocchi 32, 50126 Firenze Maria Luisa Liguoro 333 3733644 www.enpiste.it K-Circus piazza Viani 6, 55049 Viareggio (LU) Claudia Sodini 328 1447868 FB Claudia Sodini Mantica Scuola di Circo via del Terminillo 20, 58100 Grosseto Ilaria Signori 328 9089250 www.compagniamantica.it Saltimbanco Scuola arte del cirko via degli Acquaioli 60, 57121 Livorno Enrico Pellegrini 329 9523295 www.saltimbancoscuolacirko.it Aria di Circo via Goito 4, 60121 Ancona Caterina del Giudice 388 7533247 FB Aria di Circo Circoplà c/o Spazioplà Via Vanoni 11, 60030 Serra de’ Conti (AN) Elisa Mencarelli 338 1545063 www.circopla.it La Valigia delle Meraviglie v.le G. Bovio 73B, 60044 Fabriano (AN) Marco Censi 340 2380553 www.lavaligiadellemeraviglie.it TOC via Hermada 10, 61121 Pesaro (PU) Marco Coccioli 349 0967990 www.tocaps.it Visionaria via Maestri del Lavoro, Teatro Panettone, Ancona Valeria Mastropasqua 338 7587532 www.visionaria.org Il Circo della Luna via D’Aurelio, 66020 San Giovanni Teatino (CH) Valentina Caiano 347 0082304 FB Circo Della Luna Circo Instabile via Birago 4, 06124 Perugia Michele Paoletti 347 3867654 www.circoinstabile.it Sul Filo e Dintorni Località Padella 37, 05018 Orvieto Soledad Prieto 389 4318892 www.lastronauta.com Accademia Materia Viva via Camilla 44, 00181 Roma Roberta Castelluzzo 06 97616026 www.accademiamateriaviva.it Bigup Scuola di Circo piazza Lodi 10, 00182 Roma Leonardo Varriale 347 6531329 www.bigupcirco.it Catapulta Teatro Circo via Terme di Traiano 38, 00053 Civitavecchia (RM) Novella Morellini 333 2004091 FB Catapulta Teatro Circo Circus Bosch p.zza San Pancrazio 7, 00152 Roma Valeria Zurlo 333 6888554 www.circusboschtuttoilcirco.com Vola Voilà Via dei Pescatori snc, 00124 Roma Anna Paola Lorenzi 342 5451353 www.volavoila.it Circo Laboratorio Nomade via Sferracavallo snc, 74012 Crispiano (TA) Monia Pavone 333 4292637 FB Circo LaboratorioNomade Un Clown per Amico / Circo Botero strada Modugno Carbonaro 4/8, 70123 Bari Michele Diana 348 0535875 www.unclownperamico.com Circ’Opificio via Lanza di Scalea 960, 90100 Palermo Marika Riggio 340 3928905 www.circopificio.it Gigliopoli via S. Antonio 6 Capo Milazzo, 98057 Milazzo (ME) Alfredo D’Asdia 090 9281274 www.gigliopoli.org Edu Clown via Alghero 84, 07100 Sassari Daniele Zucca 320 0262024 asso.educlown@gmail.com

www.jugglingmagazine.it


Dopo 15 anni di proposte formative di successo, ad otto anni di distanza dal primo "Corso Universitario per lo Studio delle Attività Motorie applicate alle Arti Circensi”, CircoSfera lancia il nuovo programma formativo “SFERA - Formazione Italiana di Circo Educativo", rivolto ad operatori interessati all'insegnamento delle differenti discipline circensi. Una proposta formativa che affianchiamo a quella in circo sociale, proposta da AltroCirco, denominata "FiX – Formazione Italiana in Circo Sociale", ad essa complementare, che approfondisce l’aspetto socio-educativo della nostra offerta per insegnanti di circo. SFERA è una proposta formativa che riflette i percorsi adottati dalle principali federazioni nazionali di circo educativo. Frutto del lavoro svolto all’interno del team Circo Sfera, in collaborazione con l’Università di Tor Vergata ed edificata sui modelli formativi realizzati dal team pedagogico del network europeo EYCO, Sfera prevede lo sviluppo di competenze tecniche, pedagogiche e metodologiche che sono alla base del curriculum formativo degli Operatori di Circo. Fondata su modelli pedagogici centrati sulla persona (Carl Rogers), sull’approccio esperienziale e ludico, sull’incremento e lo sviluppo delle proprie capacità (David Kolb, Lev Vygotskij e altri). SFERA offre gli strumenti per proporre il circo in contesti educativi e artistici, approfondendo in più il fondamentale tema della sicurezza.

info su www.circosfera.it contatti circosfera.it@gmail.com 340 0810499 j u g g l i n g m a g a z i n e numero7 5 g i u g n o 2 0 1 7


ATELIER SALTIM’BANCO ROMA YOUNG CIRCUS FESTIVAL www.ateliersaltimbanco.com www.romayoungcircus.com di Massimo Albano Direttore Pedagogico

“La cultura inizia quando il divertimento arricchisce la conoscenza e genera la riflessione” H. Hotier - Il circo educativo

In questi giorni l’arrivo dello chapiteau che ospiterà già da questo settembre i corsi della nostra scuola di circo ha portato un entusiasmo e una visione di futuro che ci fanno guardare avanti con fiducia. L’Atelier Saltim’banco, scuola di arti circensi, realtà emergente nella città di Roma, agli inizi del suo quarto anno di vita si lancia nell’avventura della scuola sotto lo chapiteau. “Una scuola di circo ha bisogno in primo luogo di uno spazio sicuro ma se il luogo evoca l’atmosfera propria al lavoro artistico circense c’è da dire che lo chapiteau ha un forte impatto emotivo e creativo che genera nell’artista immediata consapevolezza della ragione del suo essere: suscitare lo stupore in un pubblico mettendo sulla stessa linea il suo sguardo, il suo cuore e la sua mente”. Appassionato al circo dall’età di sei anni, frequentando circhi sous chapiteau, dai sedici anni è nato il desiderio di professionalizzare questa passione. Il Master en Management des Arts du Cirque presso l’Ecole de Cirque de Bruxelles, la frequentazione per due anni della Scuola di Circo di Montréal dove ho studiato i progetti pedagogici di arti circensi attivati dal ministero dell’istruzione, e poi la visita a numerose scuole francesi come Balthazar di Montpellier o il Cnac di Châlons en Champagne con le quali abbiamo avviato un partenariato e nelle quali ho visto già realizzato quel progetto che andavo elaborando da anni, da buon insegnante di scuola secondaria. Da lì ecco nascere www.jugglingmagazine.it

foto di archivio Atelier Saltimnbanco

“l’Atelier” che in francese vuol dire luogo di costruzione, laboratorio e “Saltim’banco” in cui il riferimento ad una fascia d’età scolare della proposta è evidente. La scuola di circo Atelier Saltim’banco nasce come compimento di una passione trentennale che si configura fin dalla sua fondazione attorno ad un obiettivo preciso. Fondare il liceo delle arti del circo attivando una formazione di 8 ore a settimana in arti del circo, già da settembre 2017. Fin dalla riforma Gelmini la scuola ha mostrato una certa apertura verso le forme di spettacolo vivente come la danza e la creazione musicale che avviasse i giovani talenti alla carriera professionale. Considerata ad oggi l’apertura legislativa che riconosce al circo contemporaneo lo statuto di arte vivente e la rete di scuole che a livello europeo dispensa una formazione professionale, anche l’Italia è ormai matura per partecipare a questo dialogo internazionale.

Che riscontro aspettarsi dalla pratica delle arti circensi in contesto scolastico? Una formazione culturale e artistica centrata sull’esplorazione delle discipline circensi può davvero armonizzarsi con le proposte attuali della scuola? Vari interrogativi di natura pedagogica e professionale animano la nostra ricerca ma ci sentiamo di rilevare la sfida e di partecipare alla linea del rinnovamento. Tra i progetti di cui si fa promotore l’Atelier la creazione di una piattaforma per giovani artisti tra i 14 e i 21 anni che gli permettesse di portare in scena le loro creazioni. Nasce cosi il Roma Young Circus Festival che, tra mille imprevisti e un contesto romano ancora dormiente, ha proposto un ricco programma di workshop tenuti da artisti di rilievo e creato connessioni professionali e culturali tra il settore artistico circense e quello scolastico. Le scuole che hanno partecipato al RYCF 2017 sono state: Centre des Arts du Cirque - Génération Cirque, Strasbourg; Chapitombolo, Asti; Laboratorio Circo Nomade, Taranto; e da Roma la Scuola Nazionale di Circo, BigUp e naturalmente Atelier Saltim’banco. Il circo contemporaneo, a tutti i livelli, a mio avviso, possiede quel dispositivo formativo in virtù del quale può essere considerato come “la decima arte”. Concludo allora con una citazione di Bertold Brecht che da quattro anni dà il senso al nostro operare: “… tutte le arti contribuiscono ad insegnare l’Arte più grande, quella di vivere”




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