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Abbonamento annuale: euro 26,00 (estero $50) Il pianeta in mare

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Odio l’estate

Odio l’estate

china con la droga che i tre amici gli avevano chiesto di nascondere dopo un conflitto a fuoco con i carabinieri, affiorano continuamente: si alternano con scene e scenette del viaggio come l’incontro con due turiste austriache impertinenti e sfacciate che li prendono in giro ma sono da Vincenzo derubate di soldi e orologi.

La strana coppia arriva, comunque, a destinazione e, non senza pericolo, Vincenzo consegna la droga secondo i piani rifornendosi, così, di un po’ di soldi.

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Quasi casualmente, tramite l’incontro con i vecchi amici, Vito dopo il carcere duro è ridotto a una larva umana, Vincenzo e Salvo conoscono Bianca, la modella di Mangiafreda; da lei passano una notte e tramite lei arrivano al professore che Vincenzo inchioda a terra in un piazzale dopo un breve inseguimento. Il professore, tra lamenti e preghiere spiega che quel giorno lontano Bianca aveva voluto guidare la potente macchina a lui affidata e che, dopo averla posteggiata, era stata scovata dalla polizia che era risalita ai tre.

Vincenzo sembra accettare le parole di Mangiafreda e ha un momento di distrazione, in quell’attimo è colpito da una revolverata del professore e muore; Salvo impugna la pistola del padre e mira, è l’ultima scena, non si sa se abbia la voglia e il coraggio di cominciare tanto presto a uccidere. L La storia in itinere, il viaggio, il percorso che due o più persone compiono verso una meta, un obiettivo, hanno sempre rappresentato per il cinema un ricco serbatoio d’idee, sentimenti e originali modi di comunicazione tra esseri umani. Il viaggio insieme è l’occasione per parlare e scoprirsi nel mettere a nudo ciò che non si può più nascondere e anche il desiderio che ognuno ha nel trovare nell’altro quella comprensione, quell’aiuto capace di sostenere il peso del vivere.

Anche questo film non si discosta da questo assunto di base, cui si aggiunge il processo d’iniziazione alla vita adulta del piccolo Salvo che alla fine di tutto quello che ha imparato si ritrova con una pistola in mano e, subito dopo, a saltare da un alto trampolino in piscina. Parrebbe questa la summa indicata dal film: per inserirsi nella vita adulta occorre essere disposti alla violenza e ai salti nel vuoto cui si può essere chiamati in tanti e imprevedibili momenti.

Nonostante tutto, però, indipendentemente dagli insegnamenti che Salvo può recepire e dal loro valore morale, avviene qualcosa d’importante: il rapporto tra padre e figlio si ricostituisce, si arricchisce di comprensione e calore, si salda nella formazione di un sentimento inizialmente scomposto ma sempre più forte, sugellato, purtroppo, da un colpo di pistola.

Particolarmente indicativa la lettura de L’isola del tesoro che tiene compagnia al giovane protagonista per tutto il viaggio: l’emancipazione di Jim Hawkins grazie al periodo trascorso con i pirati va di pari passo con la maturità che Salvo conquista vicino al padre, bandito affettuoso e in cerca d’affetto. Il tesoro per entrambi i ragazzi è diverso ma di uguale valore, l’essere diventati uomini.

Riccardo Scamarcio consolida il suo profilo di cattivo non privo di sentimenti che ha costruito nei suoi ultimi film accostando perfettamente la sua faccia al disegno registico e di scrittura (il regista Guido Lombardi è anche l’autore del libro da cui è tratto il film). A questo aggiunge un’evidente, ammirevole, affettuosa azione tutoriale nei confronti del giovanissimo Augusto Zazzaro, sorprendentemente incisivo nell’esprimere i suoi turbamenti di fronte alla vita di adulto che lo sta chiamando e le sue paure di questo sentimento verso il padre che sente sempre più prorompente, scena dopo scena.

FaBriZio MorEsCo

IL PIANETA IN MARE

DDidascalie riguardanti la genesi di Porto Marghera tra mito e storia. Sequenza con inserti di repertorio, gondolieri si alternano all’esecuzione di una ballata in dialetto, “E mi me ne so ‘ndao”.

Tamim un migrante del Bangladesh parla al telefono con un suo compagno.

Mattia, giovane operaio, cammina nel labirinto di uno stabilimento industriale.

Nicoletta e Lucio, ex chimici, assistono alla demolizione di un si-

di Andrea Segre

Origine: Italia, 2019 Produzione: Andrea Segre per Zalab Film, Rai Cinema, Istituto Luce Cinecittà Regia: Andrea Segre Soggetto e Sceneggiatura: Gianfranco Bettin, Andrea Segre Durata: 93’ Distribuzione: Zalab Uscita: 26 settembre 2019

los: il luogo per la lavorazione dei polimeri è abbandonato, delle lotte sindacali sembra rimanere solo qualche tubatura.

Un open space è l’ambiente lavorativo di Marco e Giulio, due imprenditori veneti impegnati nella economia digitale.

Viola gestisce una locanda, e si prende cura di camionisti, lavoratori e pappagallini.

All’interno di un laboratorio dismesso i due ex colleghi riconoscono le proprie postazioni e, frugando tra i cassetti, ricostruiscono venticinque anni di lavoro. Immagini di repertorio testimoniano la loro battaglia per evitare la chiusura del petrolchimico.

Funzionari in caschetto si lamentano del panorama economico e sociale del territorio.

Dal terrazzino della sua camera Tamim discute d’economia familiare con sua madre al telefono.

Sequenze d’archivio mostrano l’evoluzione dell’entrata in fabbrica.

Fasi della saldatura nella costruzione navale. Durante la mensa un siciliano ricorda in dialetto veneziano i primi anni e le discriminazioni subite. In pausa Tamim discute degli alloggi con altri lavoratori migranti. Nel corso del quotidiano lavoro in cucina Viola rimpiange i tempi andati.

Mattia e un collega passeggiano, ipotizzando altri lavori. Tra il serio e il faceto i giovani imprenditori immaginano il loro futuro.

In un vecchio hangar riadattato si celebra la ṣalāt, invece alla locanda imperversa il karaoke con “Se bruciasse la città”, tra menu fissi e mugugni dell’oste. Fuori alcuni camionisti passano la veglia con lazzi goliardici e racconti di viaggio. Di notte Mattia controlla il lavoro del forno, le tubature circondano tra vapori e neon i varchi di passaggio dell’impianto.

La pioggia accompagna gli operai al cantiere, Marian e Constantin durante la riparazioni parlano delle diverse condizioni di lavoro in Europa, della svalutazione del lavoro legata ai nuovi migranti e dei sacrifici lontano da casa.

Filmato di repertorio su un immacolato quartiere operaio. I due veneti pensano alla condizione di expat e ai legami con la propria provincia.

Manifesti e slogan adornano la sala sindacale tra ricordi di riunioni e lontane prospettive di pensione.

Brevi sequenze d’archivio introducono due cercatori di vermi che armati di forca setacciano il fondo del mare ricordando i tempi prima dell’inquinamento massiccio.

Una gru solleva l’imponente struttura di poppa della nave, quattro piani si muovono sotto gli occhi degli operai, le tensioni generano il rumore del metallo. All’interno i lavoratori effettuano gli ultimi ritocchi accompagnati da un canto musulmano.

Tornato dal lavoro, mentre un coinquilino guarda la partita della nazionale, Marian scherza nella consueta videochiamata familiare, poi guarda nostalgicamente un filmato dove balla con la moglie.

La scena di un varo del secolo scorso introduce l’operaio, che gira in borghese per la nave appena costruita quasi fosse un turista.

Un cargo attracca in porto al calar della notte. Da Viola la quotidianità si stempera in una canzone.

A

Andrea Segre firma insieme a Gianfranco Bettin un documentario con cui cerca di invertire il processo di rimozione collettiva riguardante l’attuale produzione industriale del Nordest.

A quindici anni di distanza da Marghera Canale Nord Segre ritorna a Porto Marghera con un’opera rappresentativa della propria poetica. Si intrecciano infatti temi e luoghi ricorrenti nella sua filmografia: l’attenzione rivolta a fenomeni sociali come il lavoro e la migrazione, la predilezione per l’elemento acquatico, la riflessione sul passato.

Lo sguardo d’insieme che abbraccia e descrive Porto Marghera è reso attraverso i diversi punti di vista di chi oggi la vive e la anima. Una mezza dozzina di categorie umane apparentemente lontane per censo, lingua, religione, cultura; il cui denominatore comune è il rapporto con la città, un rapporto basato essenzialmente sul lavoro. Le testimonianze si susseguono all’insegna delle recriminazioni e dei rimpianti senza che vi sia una comunicazione o confronto tra i vari attori sociali. Esistenze che scorrono parallele senza incontrarsi e che certificano un diverso grado di consapevolezza tra i lavoratori migranti (il siciliano, i rumeni, Tamim e i suoi compagni, Mattia...) riguardo i diritti sul lavoro, la giustizia sociale e sopratutto la solidarietà.

Su questi scarti si innesta il lavoro registico attraverso l’uso del repertorio, come ponte tra le scene e le generazioni. Segre offre come soluzione il passato.

Questo lavoro di raccordo spesso avviene attraverso la riproposizione dell’oggetto inquadrato o dell’ambiente in una sequenza del passato: gru, terrazze spostano le lancette dell’orologio, dal b/n ai colori e viceversa.

Altre volte il montaggio è costruito con passaggi più articolati e metaforici, Mariam guarda con nostalgia un vecchio filmato sul cellulare, che lo ritrae mentre

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