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Esterno notte

di Marco Bellocchio

Origine: Italia 2022 Regia: Marco Bellocchio Interpreti: Fabrizio Gifuni (Aldo Moro), Margherita Buy (Eleonora Moro), Toni Servillo (Paolo VI), Fausto Russo Alesi (Francesco Cossiga), Gabriel Montesi Valerio Morucci), Daniela Marra (Adriana Faranda), Fabrizio Contri (Giulio Andreotti), Paolo Pierobon (Cesare Curioni), Gigio Alberti (Benigno Zaccagnini), Renato Sarti (Agostino Casaroli). Canale TV: RaiUno Durata: 330’ in sei episodi Uscita: in sala 18 maggio 2022/In tv novembre 2022

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EPISODIO 1 - ALDO MORO 1978

Corridoio di un ospedale.

CSopraggiungono ministri, tra cui Andreotti, Cossiga e il segretario della DC Zaccagnini i quali dicono che non va comunicata la liberazione di Moro a nessuno neppure al Papa per il momento. Richiedono poi di poter entrare e trovano un Moro debilitato e la sua voice over dice che mentre è grato alle Brigate Rosse per avergli risparmiato la vita si dichiara totalmente incompatibile con la Democrazia Cristiana dimettendosi da tutti gli incarichi e non accettando in futuro nessuna candidatura dal partito.

In un negozio in cui si vendono armi i proprietari al passaggio di una manifestazione tirano giù la serranda ma questa viene divelta ed entra un gruppo di uomini con passamontagna che portano via tutte le armi. Sull’immagine di un’altra manifestazione dove si grida “Fascisti, borghesi ancora pochi mesi” compare la scritta: “Nel 1978 in un mondo diviso tra Occidente e blocco sovietico Aldo Moro presidente della Democrazia Cristiana tenta di formare un governo di unità nazionale con l’appoggio esterno del Partito Comunista per la prima volta in un paese del Patto Atlantico”. La manifestazione arriva davanti alla sede del DC e viene caricata dalla polizia. Dal balcone Aldo Moro osserva quanto sta accadendo: i tafferugli sono pesanti.

Roma 12 marzo 1978. Moro entra nell’assemblea della DC dove l’oratore sta inveendo contro l’idea di fare un governo sostenuto dal Partito Comunista ritiene I comunisti non affidabili, li ritiene avversari e pensa che l’elettorato DC non accetterebbe una soluzione del genere. Il suo intervento si conclude tra gli applausi dei presenti. Amintore Fanfani dà la parola ad Aldo Moro al quale benigno Zaccagnini ha appena detto: “Se andiamo ai voti finiamo in minoranza. Moro nel suo discorso dice di comprendere i pareri di chi è contrario però aggiunge che se si andasse al muro contro muro si paralizzerebbe il Paese per cui è molto meglio includere quel 33% di italiani che votano per il Partito Comunista e invita poi tutti a lavorare insieme in unità perché magari potrebbero sbagliare insieme ma potrebbero anche invece ottenere un risultato. Il suo intervento viene applaudito.

Moro di notte va a trovare Cossiga. Ha ottenuto l’approvazione della maggioranza del partito ma Cossiga, ministro dell’Interno, gli dice che sono gli americani che non riescono a capire l’appoggio del Partito Comunista. Per loro il rosso è rosso senza sfumature. Moro gli ricorda invece che il Partito Comunista è un partito d’ordine come la Democrazia Cristiana e bisogna farlo capire agli americani. Per rassicurarli basterà ricordare che Andreotti resta Presidente del Consiglio è che lui resterà Ministro dell’Interno. Cossiga lo ringrazia per la fiducia e lui gli chiede della moglie. La replica è che la moglie è ormai come un fantasma; quando lui entra in casa lei scompare. “Forse”, dice Cossiga,” il fantasma sono io”. Quella stessa notte tornando a casa vengono informati che c’è qualcuno che ha dato fuoco a qualcosa e devono stare attenti. L’autista Leonardi vorrebbe accendere la sirena ma Moro gli chiede di non farlo. Moro arriva a casa e non c’è nessuno ad attenderlo. Leonardi si dichiara pronto per preparargli una cena. Lui dice di no. Leonardi va via e Moro si prepara un uovo al tegamino mentre ascolta notizie alla radio. Poi va in studio e arriva la figlia Agnese. Alla quale, dopo averle chiesto di lavarsi le mani (invito che ripeterà anche alla fine del colloquio) dice di essersi accorto di aver parlato per più di un’ora all’assemblea e non aver mai pronunciato la parola comunismo, non per paura ma per non spaventare gli uditori. Si accorge anche dei nuovi orecchini della figlia la quale gli dice che glieli ha regalati un certo Lionello. Lui cerca di indagare sul loro rapporto ma la figlia non risponde sorridendo. Lui decide di non andare a dormire perché attende che rientri il figlio Giovanni. Decide poi di andare a letto con la moglie che è già lì che dorme ma poi si rialza quando sente arrivare il figlio a cui augura la buonanotte. Dice anche alla moglie che se avesse bisogno di un notaio ce n’è uno particolarmente bravo e che per altre cose vendite eccetera si deve

affidare a suo fratello perché loro in casa non sono molto pratici. Poi va a prendere il nipotino che dorme nel suo lettino e lo porta nel letto grande in mezzo a loro. Dice anche di non riuscire a dormire.

Il 13 marzo al mattino Moro entra in auto con la valigetta 24 ore. L’auto si ferma da un fioraio dove viene acquistato un mazzo di fiori che poi viene portato in chiesa; con lui c’è un uomo di scorta. Moro assiste alla messa; dietro di sé ha una giovane donna con la quale scambia il segno della pace ma lei non ha un’aria serena.

Mentre prosegue il suo viaggio in macchina vede scritte sui muri che inneggiano alla lotta comunista e che dicono che Moro, Fanfani, Andreotti e Cossiga devono andare a morte. Entra in università e gli danno un volantino sul quale Cossiga è scritto con le due esse come fossero quelle della polizia nazista. Entra poi in aula per fare lezione. Moro prima di iniziare, facendo una divagazione, parla della replica del Pinocchio televisivo e dice che il suo nipotino si è particolarmente divertito e anche commosso; viene però interrotto da uno che dovrebbe essere uno studente, ma non lo è, che lo contesta dicendo che possono anche integrare i revisionisti del PC ma non avranno mai la solidarietà i loro. Questi ‘loro’ sono due o tre che si alzano (mentre uno rimane seduto e lo osserva in modo torvo) e lo contestano direttamente. Lui chiede loro cortesemente di lasciar continuare la lezione dato che sono una minoranza. Ma questi non si ritengono tali. Li invita ad uscire ma non escono e si siedono nuovamente. La lezione ha inizio. 15 marzo. Mentre Moro si sta recando in Vaticano riceve una telefonata da Cossiga che lo informa che è stato ucciso un maresciallo dei carabinieri a Torino. O sono state le Brigate Rosse o è stata Prima Linea. Moro commenta che ormai o una gambizzazione o un uccisione sono purtroppo eventi quotidiani. Chiede a Cossiga di dire una preghiera per lui. La messa viene celebrata da Paolo VI in una cappella. Quando Moro si fa avanti per ricevere la comunione Paolo VI gli sorride ma Moro lo guarda con aria seria. Nei giardini vaticani il papa e Moro passeggiano con dietro un seguito e il papa gli ricorda una lettera di quindici anni prima indirizzata al cardinale Siri dove spiegava che inseriva i socialisti nel governo per isolare i comunisti. “Ora”, gli dice “vuoi invece inserire i comunisti”. Lui spiega che non avranno alcun incarico diretto, che saranno solo come un appoggio esterno e che bisogna dialogare con realtà differenti. Il papa propone anche il tema dell’aborto. Alla fine però dichiara di sentirsi molto stanco. Lui gli bacia l’anello mentre il papa è seduto sulla sedia a rotelle.

Viene elaborata la lista dei ministri e soprattutto dei sottosegretari e poi vengono chiamati i capi corrente i quali hanno da lamentarsi perché ci sono stati numerosi cambiamenti e qualcuno è stato escluso. Ma andava dato un segno di discontinuità secondo Andreotti. Qualcuno invece dice di no. Di fronte all’ingresso in maggioranza dei comunisti bisognava presidiare molto meglio il governo. Lo scontento è ampio soprattutto da parte di chi voleva posti di sottogoverno.

Nella notte l’auto di Moro si ferma e un’altra si accosta. Ne scende Enrico Berlinguer che sale sull’auto del presidente della DC il quale gli presenta la lista del governo. Di fronte allo sguardo perplesso del segretario del PCI Moro gli dice che in Italia solo l’apparente conservazione può consentire il rinnovamento. Berlinguer replica che a decidere sarà la segreteria del partito. Prima che se ne vada Moro gli fa notare come le reciproche scorte stiano fraternizzando a testimonianza che il Paese è forse più avanti della politica.

Subito dopo telefona alla figlia Maria Fida per chiederle di lasciare dai nonni ancora una notte il nipotino. Con la sua presenza il nonno si addormenta meglio. Moro, dopo aver osservato il nipote che sta dormendo, va in camera e dice alla moglie Eleonora che dopo la presenza a Montecitorio vorrebbe andare a Torrita Tiberina dove hanno una casa e dove c’è un’impresa che non si sbriga a fare i lavori. Magari con la loro presenza accelereranno. La moglie gli dice che piove sempre, che sarebbe meglio andare la domenica e lo invita ad andare a dormire. Nella notte del 16 marzo, mentre Adriana Faranda sta cucendo dei gradi su una giacca - è lei che abbiamo visto in chiesa dietro Moro -, gli uomini stanno tagliando le gomme a un furgoncino in strada.

Al mattino va a salutare il nipote dicendogli che se vuole lo porta in Parlamento nascosto dentro una borsa; poi arriva la figlia Maria Fida che viene a recuperarlo. Lui ed Eleonora escono. Lei va per la sua strada ma si volta quando la macchina di Moro e quella della scorta partono sgommando.

Mentre percorre la strada in auto Moro legge Repubblica. A un certo punto un’auto bianca esce dal parcheggio e gli si para davanti rallentando la corsa; dopo poco frena di colpo. Il tamponamento è inevitabile. Da una siepe sbucano dei finti piloti di aviazione che cominciano a sparare a tutti. Moro si abbassa per non essere colpito mentre l’intera scorta viene decimata. L’auto viene aperta e Moro viene portato via mentre un altra persona si occupa di recuperare la valigetta 24 ore che lui aveva con sé e di sparare verso l’alto per intimidire qualcuno che si affaccia per vedere che cosa sta ac-

cadendo. Moro viene narcotizzato, chiuso in un cassone e trasferito su un pulmino.

Mentre avviene il giuramento dei sottosegretari Andreotti viene informato del rapimento e lascia la riunione. Va in bagno a vomitare. In un’università alla notizia si inneggia alle Brigate Rosse. Nei Palazzi Vaticani il papa è sottoposto a una flebo mentre si trova a letto. Inizia l’edizione straordinaria condotta da Bruno Vespa. Paolo VI balza fuori dal letto tirandosi dietro anche la flebo e si protende verso il televisore rimanendo così a lungo per poi chiedere che gli venga portato il cilicio che si fa mettere stretto. Mentre dalle scuole elementari si portano via i bambini e in università si continua a inneggiare contro lo stato borghese che si abbatte e non si cambia, Eleonora insieme ad un sacerdote vede girare elicotteri su Roma. Intanto Andreotti è uscito dal bagno con la camicia imbrattata dal vomito e chiede a un assistente di non far entrare nessuno e di mandare qualcuno a casa a prendere degli abiti nuovi.

EPISODIO 2 - IL MINISTRO DELL’INTERNO

In via Fani arriva una volante della polizia che capita lì casualmente e scopre i morti e un ferito. Il responsabile chiama la Centrale chiedendo di intervenire subito e intanto fa bloccare la strada. Le bandiere sventolano intorno all’Altare della Patria. Cossiga riunisce il comitato di sicurezza e intanto pensa che tutti i componenti sono o massoni iscritti alla loggia P2 o fascisti o ex fascisti che odiano Aldo Moro e che pertanto non potranno essere loro a salvarlo. Le proposte che emergono sono le più varie: si va dall’idea di bloccare i porti a quella di arrestare tutti i sospetti anche i fiancheggiatori mentre invece c’è Spinella che propone di pedinarli perché solo così potranno magari portarli dove Moro viene detenuto. Si aggiunge che una radio libera ha praticamente annunciato il sequestro tre quarti d’ora prima che avvenisse. C’è poi chi si allarga, è un generale, a dire che bisogna dichiarare lo stato d’assedio e ripristinare la pena di morte. Cossiga ricorda che questo si può proporre solo in caso di insurrezione e per la pena di morte ci vuole anche una modifica costituzionale. C’è chi propone di mettere una taglia ma Cossiga replica che non siamo nel Far West. Chiede poi quali elementi ci possono essere anche piccoli per iniziare a procedere. La risposta è che si possono diffondere le foto dei sospetti brigatisti in modo da vedere se c’è qualche riconoscimento. La seduta viene poi sospesa e per essere ripresa alle 19. Spinella prende in esame le foto dei sospetti brigatisti in silenzio facendole passare ad una ad una.

Cossiga nel suo studio, dopo che aveva chiuso la riunione dicendo che la priorità era quella di salvare Aldo Moro parla con il suo assistente Luigi e gli presenta tre buste chiuse con tre tipi di dimissioni: uno se Moro viene salvato e liberato, uno se Moro viene salvato ma è ferito e la terza se Moro è morto. Lui si ritiene ormai politicamente finito e dice che bisogna intervenire subito perché nei sequestri, la Sardegna insegna, più si va avanti nel tempo più è difficile riuscire ad arrivare a un esito positivo. Afferma poi che Moro è stato ed è il suo padre politico; tutto quello che lui è dice di doverlo ad Aldo Moro. Cossiga torna a casa di notte mentre si stanno trasmettendo continuamente notizie sul sequestro ma decide di non cenare e chiedere alla cameriera di sparecchiare e poi di andare a dormire. Poi si reca in camera dove dorme la moglie nel letto matrimoniale. Lei è girata di schiena e lui le dice che Moro è stato sequestrato. Immagina che lei lo sappia le chiede di poter dormire insieme ma lei, che è sveglia, non risponde. Lui va allora alla sua centrale da radioamatore e racconta a qualcuno della prima volta che è arrivato a Roma in gita scolastica. Li avevano portati alle catacombe che sono dei labirinti un po’ come lo è la città a suo avviso e lui nelle catacombe faceva finta di perdersi.

Spinella che nella riunione aveva parlato di divise da piloti va nell’ufficio di Cossiga che sta guardando le foto dei brigatisti su un giornale e gli dice che per certo le divise da pilota sono state comprate da Adriana Faranda. Lui sospetta anche dei seguenti nomi Alessio Casimiri Valerio Morucci Mario Moretti, Bruno Seghetti, Prospero Gallinari. La casa della Faranda è stata già perquisita ma c’era solo la nonna con la bambina di 7 anni. La foto è stata diramata a tutte le volanti. Cossiga, prima che Spinella se ne vada, gli chiede se ha figli. Lui dice di aver due bambine di 5 e 11 anni. Il ministro gli suggerisce di godersele finché sono bambine; chiede della moglie che è insegnante. Cossiga dice che avere un lavoro è importante perché tiene occupata la mente. In quel mentre arriva un funzionario con il primo comunicato delle Brigate Rosse e la foto di Aldo Moro che dimostra che è vivo. Cossiga la guarda ed è convinto che stia guardando lui; anche se gli viene detto che in realtà guarda l’obiettivo, lui resta fermo nella sua convinzione. Nella successiva riunione del comitato di sicurezza un militare propone un rastrellamento sistematico casa per casa a Roma. Spinella propone invece di muoversi all’interno dell’università dove ci sono molti fiancheggiatori anche

fra i docenti e gli assistenti e dove ci possono essere anche persone da infiltrare e suggerisce anche di chiedere una collaborazione al Partito Comunista che ha degli infiltrati all’interno della Sapienza. Gli altri si oppongono immediatamente dicendo che non vogliono avere nessuna collaborazione con Botteghe Oscure. Cossiga, di cui abbiamo visto la casa con soldatini da collezione e molte bandiere, dice che la rete deve stringersi progressivamente come le maglie di un’armatura rimanendo però anche leggera dal punto di vista della visibilità in modo da creare un sacco in cui i terroristi debbono cadere. Il timore è che Moro venga interrogato e che parli e pertanto va liberato il più alla svelta possibile. Cossiga chiude la riunione per andare a verificare la centrale d’ascolto di intercettazione che è stata preparata e che si sta ancora ultimando all’interno del Ministero dell’Interno. Vuole che gli italiani sappiano che si sta lavorando per liberare Moro.

Alla riunione era presente uno psichiatra col quale poi Cossiga parla chiedendogli se secondo lui Moro viene torturato e se parlerà. Lo psichiatra ritiene che non venga torturato; sul fatto di rivelare segreti non è ancora possibile dirlo. Quel che è certo è che i suoi pazienti, divisi a seconda delle patologie, ammirano le BR per il salto di qualità che hanno compiuto. Così reagisce dicendo che il fatto che nel volantino ci sia scritto che chi è Aldo Moro sia facile da dirsi è un’assurdità. D’altronde Moretti è un perito elettrotecnico mentre Cossiga riflette che lui, ordinario in università a 23 anni che parla 5 lingue ma è costretto a tacere perché ci sarebbe questo Tribunale del popolo che ha prevalenza su tutto. Il ministro continua a guardarsi le mani (lo faceva già anche in precedenza) sulle quali dice di vedere delle macchie che gli altri non riescono a vedere. Aggiunge che sua moglie non vuole che lui dorma con lei. Si apre alle confidenze sulla moglie. Dice che l’ha sposata a 25 anni quando lui era già onorevole. Era stato un matrimonio combinato ma pensava di riuscire a conquistarla in realtà invece non c’è mai riuscito. I figli ormai sono grandi e sono fuori casa e lui non ha una foto con lei mentre averla sulla scrivania in una cornice d’argento potrebbe aiutarlo a rasserenarsi e ad aprire la mente ma così purtroppo non è. 19 marzo. In accordo col Ministero della Difesa all’esercito di affiancare carabinieri e polizia sono istituiti posti di blocco ovunque. Viene fatto scendere dall’auto un tipo sospetto il quale dice di aver ucciso il padre e vuole essere arrestato ma i carabinieri lo mandano via. Nel corso delle perquisizioni si arriva anche a un appartamento in cui Moro vivono Faranda e Morucci. Si suona alla porta i due brigatisti, che sono all’interno, non aprono. Ci si va a informare dai coinquilini sullo stesso piano i quali dicono che ci abita una coppia molto riservata che va via la mattina presto per cui potrebbe non esserci nessuno. Si manifestano dubbi se sfondare la porta oppure no e Spinella che è presente dice di non sfondare. In una stanza buia e insonorizzata Cossiga si riposa poi arriva Spinella che gli dice che per quanto riguarda le Brigate Rosse le indagini non stanno portando da nessuna parte poi arriva un altro funzionario che lo informa che è arrivato un consulente americano. Di nuovo consiglio di Cossiga a Spinella affinché stia vicino alla sua famiglia.

Su una terrazza da cui si vede l’Altare della Patria il consulente americano dice che inutile stare a cercare chi c’è dietro al sequestro come vorrebbe Cossiga. In Italia tutti cercano un secondo un terzo un quarto un quinto o sesto motivo. In realtà i responsabili sono le Brigate Rosse stesse punto e basta a intervenire. Cossiga replica che comunque l’opinione pubblica vuole che si agisca e che si catturi e gli chiede secondo lui quale sarà la loro strategia e l’americano replica che si faranno vivi loro. Cossiga torna in visita alla centrale di intercettazione dove gli viene detto che tanti telefonano ma per parlare dei loro problemi o della loro situazione familiare C’è una donna che dice che il marito è meno affettuoso di prima e c’è uno che telefona regolarmente all’ora in cui loro sono lì e che parla di sogni rivelatori. Si mettono in ascolto però a un certo punto a Cossiga sfugge una parola e l’altro sente che c’è qualcuno in linea e i due si distaccano immediatamente. 29 marzo. Il consigliere particolare di Moro ha ricevuto una lettera per Cossiga e va a consegnargliela riferendo che è stato contattato dalle BR e c’era una lettera per lui personalmente e una per Cossiga il quale si reca da Andreotti al quale legge un passo della lettera di Moro in cui lo statista dice di essere considerato un prigioniero politico e responsabile di 30 anni di gestione della politica italiana chiede a lui e agli amici della DC di considerare questa situazione. Cossiga è particolarmente turbato e considera che in fondo Moro sta pagando per tutti loro e dice ad Andreotti che bisogna a tutti i costi cercare di liberarlo. A questo proposito ritiene che bisogna aprire un canale di trattative segreto e riservato con una persona terza neutra perché le BR secondo lui sono disposte a trattare. Andreotti chiede come si possa fare. Secondo Cossiga bisogna fare intervenire il Vaticano. Arriva la notizia che le BR hanno pubblicato la lettera che

Moro ha inviato a Cossiga. A questo punto Andreotti dice che non si possono fare trattative segrete con chi però rivela tutto perché ritiene che il popolo deve sapere tutto e aggiunge che Moro trovandosi in stato di costrizione ha una libertà relativa nello scrivere. È necessario pertanto che lo stato reagisca con una parola che è fermezza che non significa intransigenza ma che tutti i giornali il giorno successivo possano comunicarlo. Cossiga ha di nuovo un colloquio col consulente americano il quale dice che Moro va screditato. Cioè va detto che è fuori di sé il che fa perdere valore alle sue confessioni e diminuisce anche il valore dell’operazione delle BR. Cossiga però vorrebbe che si procedesse ma senza umiliare l’amico Moro. Si interpella una grafologa che nota dei tremolii nella scrittura e lo psichiatra dice che ci sono degli spazi che danno l’idea di una richiesta di aiuto. Afferma poi che non c’è da pensare a una tortura classica ma potrebbe essere una tortura di tipo psicologico e dice che basta mettere due mezze palline da ping pong nell’incavo degli occhi di una persona e lasciarcele per alcune ore questa comincia avere delle allucinazioni. Le immagini ci mostrano Moro in quella situazione. 4 aprile. Nel nuovo colloquio con lo psichiatra Cossiga dice che in fondo Moro sta solo chiedendo di salvargli la vita perché è un uomo che ha paura di morire. Lo psichiatra però considera una perizia sulla base della quale si può confermare che Moro non è più in grado di intendere e di volere. Cossiga dubita di ciò ma l’altro gli dice che questo tipo di affermazione aiuta Moro stesso anche perché i comunisti lo hanno dichiarato ormai politicamente morto dopo la lettera che ha indirizzato proprio al Ministro. Proprio quei comunisti che lui aveva portato al governo, riflette Cossiga. Mentre stanno parlando si alza e va alla finestra perché ha notato che la bandiera è attorcigliata intorno all’asta e va a sbrogliarla dicendo che è bello vedere una bandiera garrire al vento mentre lo psichiatra lo guarda. C’è un nuovo colloquio col consulente americano. Ormai tutti i giornali dicono che Moro è impazzito e lui afferma che è la strategia giusta mentre Cossiga è convinto che non si possano tenere insieme la salvezza della vita di Moro e l’integrità dello Stato, e fa consegnare al consulente una pistola con caricatore perché l’americano si era detto non poi così sicuro nella sua permanenza a Roma e al contempo esclude che le Brigate Rosse uccidano Moro perché sarebbe un gravissimo errore. Possono però ucciderlo psicologicamente. Mentre cammina per il corridoio del Ministero dell’Interno Cossiga viene raggiunto da un esponente della Dc calabrese che gli ha portato un veggente il quale è convinto che Moro sia stato ricoverato in una clinica che si chiama Aurora che è in mano ai comunisti. Cossiga lo ascolta più che perplesso e gli dice che interverrà dicendolo alle autorità competenti che andranno a controllare. Il veggente non è soddisfatto della risposta. Cossiga finisce poi per andare in quella clinica a fare un’ispezione insieme a Spinella e non trovano nulla di particolare se non un malato ‘sospetto’ il quale però è uno che chiede solo di poter uscire. Mentre continua la visita alla clinica il ministro viene avvicinato da un paziente il quale gli descrive la vita all’interno della casa di cura. Il consulente americano di fronte a questa notizia dice che è il momento giusto in cui si può chiedere alle BR una conferma dell’esistenza in vita di Moro per poi pubblicarla e vedere come reagisce il Paese.

È il 16 aprile e arriva un comunicato che dice che Moro si è suicidato e il suo corpo è sul fondo del lago della Duchessa. Secondo Spinella il comunicato è assolutamente falso. Ne è convinto anche Cossiga che però sente l’obbligo di dover verificare e per cui si va a perforare il manto ghiacciato del lago per fare le ricerche nei suoi fondali. Mentre Cossiga è nella stanza insonorizzata, al buio, la porta si apre e gli compare Moro che lo saluta, si scusa per averlo disturbato e poi richiude la porta. Nel frattempo il manifesto col volto dello statista e con la scritta “Moro è stato assassinato. Vive nei nostri cuori” è già pronto.

EPISODIO 3 - IL PAPA

Paolo VI in sedia a rotelle viene portato fino alla finestra del balcone centrale di San Pietro e parla al popolo in occasione della Settimana Santa e chiede di pregare, oltre per tutti quelli che soffrono, anche per Aldo Moro affinché venga restituito alla famiglia. Si tratta di una persona a lui cara.

Torino 20 marzo 1978. Processo al nucleo storico delle BR. Entra la Corte. Il presidente dichiara che un comunicato che gli è stato consegnato non verrà letto in quanto è semplicemente un programma ideologico. I detenuti protestano e in particolare uno, Ferrari, dice che bisogna invece leggerlo perché è attinente al processo e riguarda tutte le nefandezze commesse dalla Democrazia Cristiana. Il giudice insiste che ciò non accadrà. Dalla gabbia si dice che questa è una prova della debolezza e del fatto che comunque loro non avranno un processo legale in quanto è già tutto preordinato. Saranno condannati come poteva accadere durante il fascismo. Uno degli avvocati insorge e dice che è ora di finirla con questi proclami. Lo stesso avvocato, di fronte al fatto

che i brigatisti chiedono di uscire lasciando soltanto tre osservatori, grida che sono una banda. Gli viene risposto che sono una banda che però in quel momento ha in mano Aldo Moro. Il giudice sospende la seduta per mezz’ora mentre i brigatisti escono. Nelle gabbie si canta l’Internazionale e anche tra il pubblico si alzano pugni chiusi a cui si aggiunge poi anche la musica. In aula intanto è entrato e ha osservato il tutto qualcuno che poi si presenterà come Cesare Curioni all’avvocato Guiso con il quale chiede di parlare. I due si sono conosciuti a San Vittore. Curioni chiede a Guiso di parlare con uomini delle BR che lui sta difendendo. L’avvocato dice che sta difendendo solo Lasagna perché dagli altri è stato ricusato. Dovrebbe dire loro di trattare; in fondo se non hanno ucciso subito Moro significa che un margine per la trattativa c’è. Ci sarebbero anche molti soldi; più di quelli che ci sono stati per il sequestro Costa. Alla domanda in nome di chi stia trattando l’uomo non risponde. Scopriamo subito dopo che si tratta di un monsignore che va a colloquio con il Papa. Curioni si dichiara convinto che i brigatisti in carcere non sappiano nulla di più di quello che sa l’opinione pubblica. Lanciano solo proclami. Il problema è che lui ha parlato anche con camorristi e con mafiosi e i due gruppi si disprezzano reciprocamente perché questi ultimi sono degli assassini che però sono credenti mentre dall’altra parte i brigatisti sono materialisti e anche fanatici. Potrebbe esserci un’ipotesi di lavorare per la liberazione di Moro con mafiosi e camorristi. Il Papa non aderisce a questo e dice che bisogna però conservare la propria speranza e lo invita a comunicargli eventuali nuove situazioni ma non per telefono perché teme di essere intercettato. Il monsignore si chiede addirittura se si sia arrivati a intercettare il suo pontefice e lui replica che la prudenza è la prima delle virtù cardinali e non a caso. Paolo VI è a tavola dove mangia pochissimo e dice che Moro è un caro amico e che va assolutamente salvato. Decide allora anche di dare un segno. Nonostante sia debilitato vuole partecipare in prima persona e guidare lui la Via Crucis. Si reca quindi in una stanza accanto per prendere la croce da portare durante il percorso ma tutte le croci risultano essere troppo pesanti per le sue scarse forze. Il 24 Marzo la Via Crucis si tiene ma il Papa è a letto debilitato e assiste al rito in televisione. A un certo punto non vede più i sacerdoti con la croce e il seguito ma vede Moro che la porta piegato seguito da tutti i politici a distanza che lo guardano ma non lo aiutano e lui pian piano si allontana. In seguito a questa visione il Papa a un certo punto è come se svenisse. Interviene il medico che gli toglie il cilicio che gli ha riempito di sangue il ventre. 25 marzo, Sabato Santo. Il Papa legge L’Osservatore Romano con l’articolo in cui Zaccagnini dice ai dirigenti periferici della DC: “Non ci faremo vincere dal ricatto dei terroristi”. Arriva in visita la moglie di Moro. Paolo VI, che poco prima aveva notato che i politici non erano presenti per la Via Crucis e gli era stato detto che era per motivi di sicurezza, dice ad Eleonora (la quale si ritiene davvero sconcertata del fatto che anche L’Osservatore Romano abbia abbracciato l’idea che Moro è pazzo) che Aldo, se dovesse leggere quegli articoli, capirebbe che si tratta in realtà di una copertura. Cioè non è quello che il Vaticano pensa ma serve per poter poi avviare delle trattative. Bisogna avere fiducia e a casa i figli debbono pregare per lui. La fermezza va condivisa ma ha diverse sfumature. Eleonora Moro gli rivela che tutti sono andati a farle visita eccetto Andreotti che lei ritiene il paladino della linea della fermezza. Il Papa risponde che anche altri sono per la fermezza ma appunto con modalità diverse. Di fronte a lei che dice che qualora dovessero condannarlo lei non tacerà, lui le chiede di porgergli il bastone. Si alza e l’accompagna nella stanza accanto dove fa scoprire un mucchio di banconote definendole lo sterco del diavolo ma avendo uno scopo santo verranno purificate. Andreotti riceve il Cardinale Casaroli che gli fa sapere che ci sono pronti 20 miliardi e anche qualcosa di più per pagare il riscatto di Moro e gli chiede però di dare via libera da parte del governo. Andreotti va prima a parlare con tutti i generali delle varie forze i quali si oppongono immediatamente dicendo che significa armare i brigatisti e bisogna ricordarsi cosa è successo già col miliardo e mezzo pagato per il sequestro Costa. Non potrebbero più tenere i loro uomini nelle caserme nel momento in cui venissero a saperlo e pertanto sono decisamente contrari al pagamento del riscatto. Andreotti va poi a parlare con i segretari di partito. Craxi è favorevole alla trattativa, Berlinguer vuole che non ci sia comunque il riconoscimento politico delle BR e poi per il resto si può anche ragionare. Zaccagnini è favorevole alla trattativa. Andreotti informa del parere dei militari poi decide di tornare a informare Casaroli di quanto accaduto. Quello che poi è necessario secondo Berlinguer è che la trattativa rimanga totalmente segreta perché altrimenti non si potrebbe giustificare

di fronte a chi vota per il PCI ed è del parere che i brigatisti siano degli assassini. Mentre si organizzano grandi raduni di preghiera per Moro in una chiesa un brigatista parla in confessionale con monsignor Caironi il quale gli comunica che i soldi sono pronti ma che c’è bisogno di una prova. Lui dice di averla lasciata su una panca ma è in realtà un ritaglio della foto già inviata in precedenza. Paolo VI dice che occorre di più. Occorre una prova, magari un Moro con in mano un giornale più recente con la data precisa in modo da essere sicuri che sia nelle loro mani e che sia vivo. In un’altra chiesa Curioni attende il brigatista il quale arriva ma non ha una foto nuova perché dice che non è stato possibile scattarla a Moro con un giornale. Il sacerdote lascia la chiesa e il brigatista lo segue e gli dice che però può dargli un’altra prova anticipandogli che il giorno dopo uscirà un comunicato che annuncia la morte di Moro mentre invece Moro è vivo. Questo è finalizzato a far sì che si riducano i posti di blocco in città. Si torna a vedere il manifesto già pronto. Il comunicato il giorno dopo arriva e viene letto dal Monsignore al Papa ed è quello relativo al lago della Duchessa. A questo punto Paolo VI decide che non hanno scelta e fa riempire una borsa di banconote. Il sacerdote le porta in un’altra chiesa e si chiudono in un confessionale. 18 aprile. Lago della Duchessa. Il Papa guarda le riprese del telegiornale e parla anche col suo Camerlengo, il quale dice che non possono avere aperto un lago ghiacciato messo dentro il cadavere e averlo poi ricoperto per farlo sembrare tutto naturale. Il Papa ritiene che tutto ciò sia assurdo e dice che sono stati ingannati. Curioni viene chiamato dal confessionale in cui si trova con il denaro. È il Papa che lo cerca. Il denaro viene riportato dov’era. A questo punto il Papa dice al monsignore che il suo contatto era un millantatore. Comunque non era delle Brigate Rosse e c’è da chiedersi allora chi fosse. Se fosse cioè un imbroglione che cercava di farsi passare per brigatista per recuperare i soldi oppure se qualcuno mandato da alcune forze dello Stato che non vogliono la trattativa perché si vuole che sia lo Stato in prima persona senza nessun riscatto a liberare Moro. Oppure lo si vuole morto o si vuole che le BR lo liberino senza avere nessuna contropartita. Vengono lasciate in un confessionale dalla Faranda due buste; una per Eleonora Moro e una per PaoloVI. Lettera che viene letta al pontefice del camerlengo in cui Moro chiede uno scambio di prigionieri politici in modo che lui possa essere restituito alla famiglia che ha bisogno della sua presenza; al contempo manifesta profonda fiducia nel Papa e devozione nei suoi riguardi. Paolo VI manda a chiamare Casaroli al quale consegna la lettera dicendo di farla vedere ad Andreotti, se già non ne è in possesso, e di dirgli che lui intende rivolgersi direttamente alle Brigate Rosse. Il contenuto dell’appello non può manifestarglielo perché non lo sa ancora. Andreotti dice al cardinale chele BR pretendono di essere riconosciute senza riconoscere lo Stato e che questa sarebbe una cosa inaccettabile. Casaroli replica che loro lo fanno perché in questo momento si ritengono più forti. Andreotti dice di aver saputo che la moglie del capo scorta voleva darsi fuoco davanti a Palazzo Chigi e dice che è sicuro che il Papa nella sua infinita saggezza saprà chiedere il rilascio di Moro senza alcuna contropartita, senza condizioni. Casaroli replica: “Lo speriamo” .

È notte. Paolo VI è alla sua scrivania. Casaroli gli dice che sarebbe bene far leggere prima ad Andreotti il testo che lui intende scrivere alle BR. Lui risponde che forse lo prenderà in considerazione nel momento in cui il testo sarà finito e poi fa chiamare Curioni per chiedergli un parere perché si trova dibattuto: non sa come scrivere un testo che possa davvero commuovere i brigatisti che sono materialisti che non hanno la fede e si accorge che alcuni termini che lui usa normalmente sono desueti. D’altronde però ha anche un ruolo che è quello del sommo pontefice. Il monsignore, svegliato nella notte a casa sua ad Asso, non sa come consigliarlo. Alla fine Paolo VI lo ringrazia e legge il testo che poi diventerà noto: quello in cui agli uomini delle Brigate Rosse chiede in ginocchio di rilasciare Moro senza condizioni. Intanto Cossiga lo sta ascoltando dal centro di intercettazioni. Le immagini vanno su Moro, su sua moglie Eleonora, su Andreotti che è a letto e alla fine sulla Faranda che guarda in macchina.

EPISODIO 4 - I TERRORISTI

Roma. Marzo 1976. Risveglio al mattino. Giuliana Faranda e Valerio Morucci sono a letto. Alessandra, la figlia di lei, sta dormendo. Lui si veste velocemente dimenticando la cintura Si capirà dopo il senso della cintura perché, mentre stanno facendo colazione mamma e figlia, Morucci arriva come se arrivasse da fuori con i cornetti per la bambina la quale però va in camera e trova lì questa cintura maschile di cui non sa la provenienza. Troverà poi nel cassetto del comodino una pistola della madre che nel frattempo avrà parlato con Morucci che le dice che prima o poi bisognerà far sapere alla bambina che loro vivono

insieme e si precipita a togliere di mano la pistola alla bambina dicendole che è finta. Un gruppo di sette brigatisti in riva al mare, composto da uomini e donne, va a sparare esaltandosi e inneggiando alle Brigate Rosse.

Marzo 1977. Faranda accompagna la figlia a scuola e mentre sta per entrare la richiama indietro e le dice che per qualche settimana lei dovrà andare a Milano per lavoro. La bambina starà con la nonna. Lei chiede che cosa farà Valerio e la mamma risponde che Valerio andrà con lei. Alessandra vorrebbe seguirli ma le viene detto dalla mamma, che si commuove, che non è possibile perché questa cosa deve proprio farla. 21 giugno 1977. Faranda e altre due BR avvicinano un uomo e gli chiedono indicazioni di una strada e poi gli sparano. Gli si inceppa il mitra e gli sparano con le pistole. Si tratta del presidente della facoltà di Economia e Commercio a Roma professor Remo Cacciafesta. Quando Morucci rientra a casa Faranda protesta perché dice che c’erano presenti anche gli uomini delle BR perché non si fidavano delle donne. Lui le replica che erano lì soltanto per proteggerle qualora fosse andato male e dice che non ce la fa più. Lei gli replica che se lui la lascia lo uccide. Dopodiché però sorride.

Febbraio 1978. Moro è a messa. Faranda è fuori su una panchina e una parte della scorta e attende fuori dalla chiesa. Un uomo della scorta si avvicina all’edicola dove lei ha comprato il Corriere della Sera. La chiama e lei sta per mettere mano alla pistola ma lui vuole semplicemente darle il resto che lei ha dimenticato. Intanto in chiesa c’è Morucci che va a parlare col pret. Chiede di essere confessato e in pratica racconta in qualche modo il suo rapporto con lei che entra in chiesa. lo avvicina e lo guarda da là fuori dal confessionale. 8 Marzo. Vengono distribuite le armi. Faranda vorrebbe partecipare ma le viene detto che se qualcosa dovesse andar male qualcuno della direzione strategica deve rimanere a parte anche perché la guerra non finisce con l’operazione definita Freccia. Gli altri vanno a sparare a due auto dove ci sono i manichini e lei di sera in casa cuce i gradi sulle divise dei piloti. 7.30 del mattino. I brigatisti vestiti già da piloti stanno facendo colazione e poi escono. Faranda si sintonizza sulle frequenze della polizia. Moro esce di casa con Eleonora. L’autista chiede a Moro se vanno in chiesa lui risponde che non c’è tempo per cui debbono andare subito alla Camera. I brigatisti escono dalla siepe e sparano. Segue la trasmissione del TG in edizione straordinaria. Faranda in casa esulta e poi resta lì ad attendere. Intanto si portano via i bambini dalla scuola. Alessandra non ha nessuno che la vada a prendere. Mentre Faranda non riesce a trattenere la felicità la bambina viene ricondotta all’interno della scuola dicendole che arriverà la nonna a prenderla. In TV si manda in diretta Ingrao che fa un discorso alla Camera parlando del sequestro ricordando le vittime e Faranda è davanti al televisore col pugno alzato. Poi arriva arriva Morucci il quale va a fare una doccia e prendere delle pastiglie. Nella notte Faranda apre un armadio in cui depone la pistola e lì dentro c’è una foto di Mara Cagol che è una terrorista uccisa in uno scontro a fuoco con la polizia. Arriva Moretti il quale dice che Moro ha un po’ di dolore a una costola eha chiesto una Bibbia che però non gli verrà portata e c’è il primo comunicato da mandare insieme alla foto a La Repubblica. L’ammonimento è di stare attenti agli infiltrati soprattutto quelli del Partito Comunista. Faranda con una parrucca è su un bus dell’ATAC su cui si discute e c’è chi inneggia a Mussolini. C’è chi replica ventilando una denuncia. Intanto un tossicodipendente si buca e si sente male per cui c’è un certo movimento sul mezzo. Faranda scende non prima di essersi sentita dire da un altro passeggero che è davvero bellissima. Scende e riceve una busta che deve lasciare sopra la cabina telefonica di un sottopasso in cui ci sono anche dei clochard. Ha dei momenti di incertezza poi però esegue. Faranda successivamente è in strada e vede la sua foto sul cruscotto di un’auto della polizia. Gli passa davanti apposta quasi per verificare se la riconoscono. Entra in un bar dove nel televisore si sta trasmettendo il funerale delle guardie della scorta di Moro e lei si mette a guardare con un volto turbato. Torna a casa e ha comprato la Bibbia. Chiede a Morucci se abbia visto i funerali. Lui risponde di sì, poi i due si baciano e hanno un rapporto sessuale. Lei però prima va a recuperare le due pistole e le porta in camera poi nella notte vanno e guardare dallo spioncino. Non c’è nessuno sul pianerottolo e tornano pertanto a letto. Faranda va a osservare da lontano l’uscita dalla scuola di Alessandra con la nonna. La bambina sembra serena. 29 marzo. Arriva Moretti da fuori con la lettera per Cossiga, quella per la moglie e quella per Rana, assistente di Moro. Faranda mette in discussione il fatto che vogliono rendere pubblica la lettera a Cossiga dove si parla di avvio di trattativa segreta che in questo modo impedirebbero. Le viene detto che il popolo deve sapere tutto e che deve invece emergere questo metodo democristiano di fare le cose di nascosto. Al contempo però quella a Rana, dove si parla di trattativa segreta, non verrà resa nota per aprire un canale in quel senso. Lei consegna la Bibbia e dopo che l’altro se n’è andato dice a Morucci che la cosa è assurda ma lui risponde che loro sono un esercito e in qualsiasi tipo di esercito gli ordini non si discutono.

Morucci Dopo aver controllato che le lettere vengano recupera-

te mentre i poliziotti arrivano in ritardo va al cinema a vedere Il mucchio selvaggio ma la proiezione viene interrotta per un controllo non dei documenti ma dei biglietti da parte della polizia. Dei ragazzi vengono fermati ma lui riesce tranquillamente ad uscire. Tornato a casa trova la Faranda ancora molto arrabbiata perché secondo lei la strategia è quella sbagliata ma bisogna obbedire. Lui dice che tanto la rivoluzione non si riuscirà a farla. L’importante è ribellarsi e continuare a segnare il territorio. Faranda è dispiaciuta per quello che lui pensa perché lei crede nella Rivoluzione mentre quello di lui è soltanto un ribellismo che punta ad ammazzare più che si può ma senza speranze per il futuro. Anzi la speranza è quella della bella morte alla Che Guevara. Con rabbia aggiunge che lei ha lasciato una figlia e ha anche abortito perché lui l’aveva convinta che bisognava dare la propria vita per la rivoluzione e ora si trova davanti uno che invece nella rivoluzione non ci crede e non credendoci ha ammazzato cinque padri di famiglia. Lui cerca di giustificarsi prendnendole la mano ma lei gli chiede di non toccarla. Nella notte passa davanti a un’altra auto della Polizia che ha la sua foto sul cruscotto. 17 aprile. In un ristorante la coppia incontra un emissario di movimenti umanitari ma anche di movimenti extraparlamentari di sinistra che dice che vogliono la vita di Moro e non la morte visto che è uscito il testo con la condanna.Faranda risponde che questa volta c’è bisogno di mostrare quello che si vale e che non non sarà come nel caso Sossi che liberarono sulla base di promesse che non sono state mantenute. Questa volta l’ostaggio muore. C’è una manifestazione di giovani dove si cantano slogan contro la lotta armata. 18 aprile. Arriva la notizia al Telegiornale della scoperta del covo di via Gradoli e Morucci prima e poi la Faranda che non riesce ad aprire la porta per entrare in casa, ne vengono a conoscenza. Subito a seguire c’è Emilio Fede con la notizia delle ricerche sul lago della Duchessa. Bonucci dice che questa buffonata della Duchessa è fatta dai servizi per vedere di preparare gli italiani alla morte di Moro. Faranda proprio per questo dice che non va ucciso anche perché ora anche i comunisti lo vogliono morto. Arriva Moretti il quale è sfuggito per un pelo alla cattura mentre stavo rientrando a casa in via Gradoli. C’è pronto un nuovo comunicato con una foto. Si tratta di quella con in mano La Repubblica che smentisce il fatto che Moro sia stato ucciso. Però non è più utile parlare con altri emissari della trattativa. Ormai si danno 48 ore direttamente al governo e niente di più. Gianfranco, l’esponente della trattativa, incontra comunque ancora Faranda in auto e le dice che debbono fare qualcosa. Afferma che se lo uccidono si tirano fuori dal Movimento che non li sostiene più ed è l’acqua in cui loro come pesci devono nuotare. L’atto più rivoluzionario sarebbe quello di liberare Moro il quale, incazzato nei confronti dei suoi amici che non hanno fatto niente per salvarlo, diventerebbe davvero un elemento esplosivo. Morucci e Faranda incontrano Moretti il quale gli dice che ormai la decisione è presa: Moro viene ucciso. Faranda cerca di fargli capire che invece Moro sarebbe molto più pericoloso per la DC e per il governo se ritornasse da vivo e venisse liberato. Anche sul piano umano si chiede come facciano dato che sono lì da due mesi. gli parlano tutti i giorni, gli danno da mangiare. Come fanno a uccidere un prigioniero inerme. Ma l’idea di Moretti è quella del capo politico di una forza politica perversa che ha seminato morte per anni. Bisogna difendere non tanto il movimento e gli intellettuali che stanno a casa loro ma l’operaio che sta alla catena di montaggio e che per otto ore al giorno tutti i giorni compie gli stessi gesti. È per lui che hanno ucciso. Faranda ha un incubo notturno in cui vede scorrere in un fiume i cadaveri di Moro e delle sue guardie del corpo.

EPISODIO 5 - ELEONORA

Eleonora Moro nel confessionale dice al sacerdote che suo marito non la ama più e che anche quello di padre è un ruolo in cui lui è lì per dovere ma preferirebbe chiudersi nel suo studio e scrivere un discorso per gli italiani. C’è stato un litigio fra Agnese e Maria Fida su cose da niente ma lui non è stato in grado di intervenire per sedarlo, non ha trovato le parole. Lei dice che secondo lei lui la odia, mentre invece il sacerdote cerca di dirle che deve pensare al peso che lui porta sulle spalle e le ricorda che è addirittura arrivata a non preparargli più la cena e che l’amore non si gestisce così. L’amore dovrebbe riuscire a superare le difficoltà. Lei dice che a volte vorrebbe prenderlo a schiaffi e poco dopo però l’arrivo in cielo di elicotteri e il suono di sirene li spingono a interrompere la confessione e ad uscire. Si guardano intorno smarriti. 16 marzo via Fani ore 9:30. Eleonora Moro insieme al sacerdote arriva in via Fani. Lei chiede del marito e dicono che è stato rapito e si pensa che sia ancora vivo. Chiede anche dove siano le borse, perché lui aveva con sé cinque borse. Le dicono che non ci sono e che sono state probabilmente prese dai bri-

gatisti. Una conteneva dei medicinali che lui doveva portare con sé. Eleonora continua a guardare in giro e vede il cadavere di una delle guardie del corpo di Moro che non è stato identificato perché non ha il tesserino ma dice lei il nome della persona dopodiché si allontana in auto scortata dai carabinieri. Arrivati davanti alla loro abitazione chiede l’assoluzione al sacerdote. Dopodiché entra nel portone mentre la casa è già assediata dai fotografi e dai giornalisti. Arrivata in casa Eleonora parla con la cameriera, abbraccia Maria Fida e chiede del nipote che non ha capito nulla di quanto sta accadendo. Dopo poco arriva un senatore sconvolto che non riesce a trattenere il pianto e lei cortesemente lo manda via dicendo che c’è un bambino di 3 anni e quindi non bisogna fargli capire cosa sta accadendo. Non può essere lei a confortare il senatore. Lo invita anche a dire agli amici della DC che non vogliono ricevere nessuno, che vogliono rimanere in una situazione riservata in casa. Con i tre figli vicino Eleonora dice loro che devono prepararsi a una lunga attesa. Ci vorrà tempo. D’altronde era la stessa cosa che aveva detto Moro all’epoca del sequestro Sossi. Bisognava lasciar lavorare la magistratura che era competente. Intanto passano le immagini del Parlamento. A Piazza San Giovanni si tiene un comizio dei tre sindacati confederali. Mentre Luciano Lama sta pronunciando il discorso contro le Brigate Rosse in casa Moro arriva Zaccagnini che abbraccia Nora commosso e le dice che faranno tutto il possibile e che le restituiranno Moro vivo. Lei dopo poco dice che deve andare a telefonare. Chiama la moglie di Leonardi, il capo scorta di Moro, per dirle che non può paragonare il suo dolore a quello della donna ma che la sosterranno nel futuro e faranno tutto il possibile per lei. La donna risponde che non vuole essere consolata, non vuole piangere e non sa che cosa risponderle. Eleonora chiude dicendo di abbracciarla. Nel frattempo arriva il Presidente della Repubblica Giovanni Leone il quale con un certo impeto dice che è tutta l’Italia che si stringe a lei, la abbraccia e lei presenta le figlie. Eleonora commenta: “Quanti abbracci”. Di notte si affaccia al balcone ma subito viene bersagliata dai flash dei fotografi e quindi rientra. Poi le sembra di vedere Moro muoversi per andare in camera sia muoversi in cucina. Lei va a toccare i fornelli aprendoli e chiudendoli. 18 marzo. Funerale degli agenti di scorta. Sono presenti tutte le autorità e tutta la DC. Zaccagnini piange. Eleonora li guarda e una delle dei parenti delle vittime si getta sulla bara disperata. Il Papa assiste alla cerimonia dalle sue stanze ma ha mandato un messaggio sia per le vittime che per Moro. A casa arriva la prima foto sui giornali; discutono su quale sia il suo stato psichico, se sia abbattuto oppure no e a che cosa stia pensando. Dicono che in realtà non si sapeva cosa pensava neanche prima. Maria Fida è la più provocatrice, quella più preoccupata che stia bene ma contemporaneamente consapevole che i BR sono dei bastardi e che non si saranno preoccupati delle esigenze di suo padre. Ce l’ha anche con i fratelli che fanno parte di movimenti che contestano DC e contestavano anche il padre. Eleonora la invita a non provocare e a ricordarsi che loro sono cristiani e che non possono provare odio nei confronti anche dei brigatisti. 26 marzo. Domenica di Pasqua. Il papa pronuncia la sua omelia dal balcone centrale di San Pietro. In casa Moro viene celebrata la messa, ci si comunica e poi si va a tavola. Eleonora ricorda un momento in cui Aldo era capotavola dall’altra parte e aveva annunciato che aveva comprato un piccolo pezzo di terreno nel cimitero di Torrita Tiberina dove si poteva costruire una cappella dove poi tutti loro avrebbero potuto riunirsi, ovviamente a distanza di anni. C’era chi aveva fatto dello spirito sull’argomento finché poi si era fatto rompere l’uovo di Pasqua al nipotino Luca. Erano andati in visita al cimitero dove i lavori non erano ancora terminati però lui aveva illustrato i posti a disposizione andando anche a vedere i posti sotterranei mentre la famiglia lo guardava dall’alto.

Il 29 marzo arrivano le lettere per Rana, per Eleonora e per Cossiga. Il figlio legge la lettera per Cossiga dove si parla di trattativa segreta. Quella per Rana lo vede come intermediario e Maria Fida dice che prima di consegnare anche quella a Cossiga è bene farne la fotocopia perché non vorrebbe che sparisse. Nella lettera per la moglie Moro la chiama “Mia cara Noretta” e lei dice che dall’epoca in cui erano fidanzati e poi sposati non l’aveva mai più definita così. Le chiede anche che la figlia Agnese dorma con lei e che controllino che il gas sia chiuso prima di dormire. Eleonora dice che è come aver ritrovato l’uomo di allora. Zaccagnini è in casa Moro e ci sono tutti i giornali che dicono che Moro è pazzo. Zaccagnini ritiene che sotto costrizione potrebbe dire cose che danneggerebbero lo Stato e che, se non fosse stata pubblicata la lettera, Cossiga avrebbe seguito un’altra strategia. Adesso è necessario muoversi in questi termini per poter poi liberarlo. Eleonora replica che quello che Andreotti dice (cioè che quello che Moro scrive non è moralmente ascrivibile a lui) è assolutamente falso. È l’atteggiamento di un serpente perché Andreotti invece sa che Moro è

sempre stato un mediatore è stato il vero democristiano quello che cercava di conciliare le ragioni opposte. Zaccagnini lo ha voluto presidente per cui Moro sta pagando anche per lui.Il segretario la prega di avere fiducia ma lei capisce chiaramente che ormai hanno deciso di non trattare e che Moro verrà ucciso. Maria Fida ancora più diretta dice che lo vogliono morto e poi così hanno il martire da presentare. Lei vorrebbe ribellarsi e gridare a tutti quello che loro pensano veramente ma la madre la invita a non creare problemi in questo momento delicato. La invita anche a ritornare a casa sua da suo marito e da suo figlio e le dice che, se davvero vuole bene a suo padre, deve tacere. Un sacerdote della Parrocchia, padre Giuseppe, porta a casa Moro una suora che dice di aver visto portare un uomo bendato nell’appartamento di fronte e poi di aver visto nei giorni successivi anche portare un sacerdote bendato e di sentire anche delle grida in lingue che non sono lingue italiane. Secondo il sacerdote la suora è una donna equilibrata. Lei dice di essere andata alla polizia ma che non le credono. A questo punto Eleonora è disposta ad andare a vedere ma soprattutto chiama subito Cossiga parlando di questa testimonianza. Cossiga dice di conoscerla già ma che è una suora visionaria. Lei gli replica che comunque di pazzi, di sensitivi eccetera ne hanno già sentiti più che a sufficienza quindi non cambia molto anche se ne sentono un’altra. Lo invita ad agire ricordandogli che senza Moro lui non sarebbe nessuno. Cossiga lo ammette e aggiunge che è per questo che soffre.

18 aprile. Ricerca nel lago della Duchessa. A casa Moro si assiste alla ricerca sul lago ghiacciato con insofferenza. 21 aprile. È arrivata la comunicazione da un brigatista che alle ore 8 presso la Caritas Eleonora riceverà una telefonata direttamente dal marito che testimonierà di essere in vita. Tutto viene predisposto. Al centro di controllo Cossiga sta ascoltando ed effettivamente arriva una telefonata alle 8:00 ma chi chiama dall’altra parte è convinto che si tratti di una trappola che non sia Eleonora a parlare e la telefonata si interrompe. 22 aprile. Il tempo ormai sta scorrendo velocemente. Arriva il messaggio di Paolo VI il quale però chiede semplicemente la liberazione senza condizioni e Eleonora commenta che si è arreso anche lui. Eleonora pensa di incatenarsi davanti alla sede della Democrazia Cristiana. 30 aprile. Dalla stazione Termini le BR telefonano a casa Moro e dicono ad Eleonora che ormai la decisione è presa: se non arriva un intervento deciso e chiarificatore di Zaccagnini eseguiranno la condanna a morte e riferiscono che Moro pensa che loro siano male informati e che pertanto tutto quello che è accaduto fino ad allora non serve più a nulla. Finita la telefonata lei allontana i figli e chiama il Presidente Leone e gli dice di intervenire su Zaccagnini. Tutto quello che le sa rispondere è che le bacia la mano e la capisce. Eleonora inoltre si è quasi pentita per aver chiesto scusa e ringraziato l’aguzzino del marito il quale tra l’altro non aveva capito di star parlando con la moglie ma pensava di parlare con una delle figlie. Intanto torna il figlio maschio che dice di essere andato a parlare con Zaccagnini il quale gli ha risposto che la situazione è difficile e come immaginavano si è messo a piangere e decide di chiamare Guerzoni. Il quale esce dell’appartamento e legge un comunicato della famiglia Moro che dice che quello che è stato fatto finora è assolutamente insufficiente e che bisogna operare altrimenti che non dichiararlo pazzo e con questo pretendere di sistemare tutte le cose. È un comunicato molto duro ma anche molto esplicito.

Eleonora decide comunque di andare a verificare quello che dice la suora e in effetti nel palazzo di fronte si trova un covo delle BR. Lei chiede dov’è il professore che effettivamente è presente. Si tratta di un professore di teatro che sta facendo un’esercitazione con gli allievi sulla realtà di quanto sta accadendo. Afferma che è una cosa molto rispettosa e che spera che Moro, che ama i giovani, quando sarà liberato potrà andare ad assistervi. Lei è decisamente sconvolta.

EPISODIO 6 - LA FINE.

Sul set teatrale gli studenti mettono in scena l’uccisione di Moro dopo la sua condanna. Viene bendato con una benda rossa e poi gli viene letta la sentenza. 8 maggio. Dei brigatisti passano indenni un posto di blocco. Hanno nel bagagliaio un giovane sacerdote bendato che portano nell’appartamento dove tengono sequestrato Moro. Quando arriva si trova davanti un Moro che gli dice che lui è la prima persona che vede in faccia da quando è stato sequestrato. Gli chiede poi notizie dei familiari per sapere se stanno bene e poi chiede la comunione ma prima vuole confessarsi: l’ultima comunione che ha ricevuto è stata il 15 marzo. Moro nella confessione dice di avere commesso un peccato grave che non ha mai sperimentato in precedenza ma che adesso sta provando. Si tratta dell’odio verso i suoi compagni di partito e in particolare verso Andreotti che considera il regista di tutto quanto sta accadendo. Lo ritiene un uomo senza un palpito, un uomo che ha fatto il male e di cui lui ha sempre diffidato ma di cui poi ha cercato di non vedere i difetti. Dice che vorrebbe avere davanti a sé an-

che altri per potergli dire quello che pensa. Aggiunge che ha paura di morire ma questo non è una colpa e che teme che lo uccideranno anche se il sacerdote lo invita alla speranza e aggiunge che, ad esempio, ha come amico Cossiga. Moro replica che Cossiga è bipolare, va su e giù e di conseguenza si potrebbe assolvere per questa sua non colpa caratteriale. Lui dice di aver assistito tante persone che poi sono morte e che sarebbe stato bello poter morire nel sonno e invece per lui non sarà così perché si troverà a morire condannato a morte dagli amici e dai brigatisti In un Paese che ha abolito la pena di morte. Dice che era pronto a rinunciare a tutte le cariche e soprattutto a diventare Presidente della Repubblica a novembre. Si chiede se deve rinunciare anche alla vita. Da lui pretendono anche la calligrafia perfetta ma non si rendono conto di dove si trova? Il sacerdote gli lascia il rosario gli dice di continuare a sperare e che si rivedranno. Dopodiché lo assolve. Moro gli risponde che sa anche lui che non si rivedranno fuori di lì perché altrimenti non lo avrebbero fatto venire.

È arrivata la lettera in cui praticamente Moro dà l’addio ai familiari. Una delle figlie dice ad Eleonora che si riunisce la Democrazia Cristiana e che pertanto c’è da sperare. Lei dice non sarà così perché la DC è il partito del compromesso che adesso però per lui diventa intransigente. Si affaccia al balcone e viene di nuovo bersagliata dai flash.

Cossiga alla centrale di ascolto schiaccia vari pulsanti e sente varie voci poi si abbandona sulla sedia. Il Papa intanto prega il Signore di dargli la fede. Il consigliere americano va nella notte da Cossiga e gli dice che rientra negli Stati Uniti. Ormai quello che dovevano fare lì hanno fatto e lui è sicuro che Moro verrà rilasciato perché i brigatisti non sono pazzi e sarebbero folli ad ucciderlo. Bisogna semplicemente, quando verrà liberato, tenerlo per un certo periodo lontano da chiunque altro. Secondo Cossiga sarà impossibile perché la famiglia è estremamente provata e vorrà incontrarlo. Il ministro vorrebbe che l’americano rimanesse ma non vuole stringergli la mano perché è convinto di poterlo infettare per le macchie che ha sulla pelle. L’americano gliela stringe ugualmente. Vediamo Cossiga che si reca di corsa nella sala ascolto. Lui entra e tutti si alzano in piedi. Chiede notizie e non ce ne sono. Gli viene detto che ormai gli italiani si stanno stancando della situazione. Anzi c’è addirittura chi scommette. Lui chiede di essere comunque avvisato se succede qualcosa poi riparte di corsa per poi tornare indietro. Si mette a guardare un’enorme piantina della città di Roma su cui vede piantate, invece che lucine, tantissime bandiere italiane.

Il Papa si sveglia e si fa mettere sulla sedia a rotelle. Gli viene chiesto dove vuole andare lui dice di non saperlo. Nel suo percorso passa anche davanti alla montagna di banconote rimaste inutilizzate. Andreotti dorme. Moro cerca di dormire ma ha sempre la luce accesa. Entra un brigatista. Moro non ha mangiato nulla. Gli viene detto che quel giorno deve viaggiare. Un brigatista, dandogli del tu, gli dice di vestirsi e gli viene chiesto se vuole farsi la barba. Moro rifiuta. Si veste, si mette la fede nuziale, si mette l’orologio al polso e mette in tasca la cravatta. Uscendo chiede al brigatista di salutargli i suoi colleghi. Viene bendato con una benda nera

Scende accompagnato le scale e viene portato nel garage per essere messo nel bagagliaio dell’auto. Passa un’insegnante che va a scuola parla con una brigatista e si accorge che ha cambiato la macchina per poi passare ai millesimi di condominio. La macchina dell’insegnante esce. Moro viene sbendato e chiuso ancor più dentro il bagagliaio con addosso una coperta. L’auto passa davanti al palazzo dell’EUR e davanti alla Piramide Cestia. 9 maggio. C’è uno scambio di autisti con un’altra macchina e poi si prosegue passando davanti all’Altare della Patria. Poi la Renault rossa viene parcheggiata e l’autista se ne va. Arriva il messaggio della polizia che è stata trovata un’auto sospetta in via Caetani. Cossiga sente questo messaggio. Il portellone posteriore dell’auto viene scardinato, viene tolta la coperta e si vede Moro che si muove ed è vivo. Si vede il volto di Cossiga illuminarsi. Sono pronti due infermieri che lo mettono in un’ambulanza.

Torniamo all’immagine dei politici che arrivano in ospedale. Andreotti Zaccagnini e Cossiga sono al capezzale di Moro. Viene ripetuto il discorso iniziale dell’incompatibilità da parte dello statista con la Democrazia Cristiana, con il ringraziamento alla Brigate Rosse che gli hanno lasciato la vita. Il discorso viene chiuso dagli spari dell’uccisione di Moro al buio. Un brigatista telefona a casa Tritto per dirgli che deve andare dalla famiglia di Moro a dirgli, come da sua ultima volontà, che troveranno il corpo del Presidente in via Caetani ma deve farlo presto. Prima parla col figlio che passa il padre. La Faranda è fuori dalla cabina telefonica. Cossiga ascolta tutto ciò attonito. Si alza con fatica dalla sua scrivania poi siamo in via Caetani e questa volta il Moro che viene trovato è morto. Passa Cossiga e la gente lo insulta picchiando contro l’auto dandogli dell’assassino. Fa il segno della croce davanti al copro di

Moro. Viene smontata la cella in cui è stato tenuto prigioniero. A martellate si buttano giù le pareti di compensato e poi si vede la famiglia davanti al cadavere mentre si ascolta la voce di Moro che dice il testo dell’ultima lettera per la moglie. Il comunicato della famiglia è molto duro. Dice che per volontà di Moro non ci sarà nessun funerale di Stato, non ci sarà nessuna commemorazione, nessun discorso e che sulla vita e sul suo operato giudicherà la Storia. Cossiga consegna al suo assistente la lettera con le dimissioni che ha firmato e che sono irrevocabili da consegnare ad Andreotti.

Torino 10 maggio. Al Processo alle BR storiche viene letto un proclama dove si dice che il più alto atto di umanità è avere ucciso il criminale Moro. 10 maggio 1978. A Torrita Tiberina si svolgono in forma privata i funerali di Aldo Moro. Piove. 13 maggio 1978. Nella Basilica di San Giovanni in Laterano si svolgono i funerali di Stato senza il feretro di Aldo Moro. Si vedono tutti i politici e si vede arrivare Paolo VI in sedia gestatoria. 9 luglio 1978. Pertini legge il suo discorso di insediamento alla Presidenza della Repubblica. Cita Moro e tutto il Parlamento si alza in piedi ad applaudire Pertini conclude dicendo che se Moro non fosse stato crudelmente assassinato ci sarebbe lui a quel seggio a parlare come presidente della Repubblica. 8 agosto 1978. Paolo VI muore. In piazza San Pietro c’è la scritta: “Papa Paolo VI muore tre mesi dopo il suo amico Aldo Moro” .

29 maggio 1979. Adriana Faranda e Valerio Morucci vengono arrestati e iniziano a collaborare. 24 giugno 1985. Cossiga giura come presidente della Repubblica; italiana Giulio Andreotti rimane ai vertici dello stato fino al 1992.

Eleonora muore a Roma il 19 luglio 2010.

La scritta che ha accompagnato i titoli di coda degli episodi recita: “Ogni riferimento a persone o a fatti realmente accaduti è avvenuto mediante la rielaborazione artistica e creativa degli autori. Il ruolo dei personaggi, delle organizzazioni, delle testate giornalistiche, dei partiti politici, dei programmi televisivi, delle pubbliche amministrazioni e in generale dei soggetti pubblici e privati richiamati nella serie è stato liberamente reinterpretato per finalità drammaturgiche. Qualsiasi collegamento con persone vissute o viventi non esplicitamente individuate è perciò puramente casuale” .

AAlla tenera età di 83 anni Marco Bellocchio ci ha regalato uno dei punti più alti della sua filmografia. Lo ha fatto mostrandoci e dimostrandoci che un ’autore’ non si sporca le mani e non scende necessariamente di livello perché si trasferisce dal formato del film a quello seriale. Anzi ci ha provato come nella serialità si possa trovare la giusta dimensione per tornare ad affrontare un argomento già sviluppato in precedenza. Tutti ricordiamo come nel 2003 Bellocchio avesse affrontato con Buongiorno, notte il sequestro Moro. Non si tratta di un film che sia passato inosservato. Anzi. All’epoca aveva suscitato più di una controversia. Il focus era collocato all’interno della ‘prigione del popolo’ concentrando l’attenzione sulle dinamiche che intercorrevano tra il prigioniero eccellente e i suoi carcerieri. In questa occasione la prospettiva si ribalta e il titolo ne è testimonianza. Il Moro detenuto compare praticamente solo nell’ultimo episodio e neppure troppo a lungo. Per il resto siamo in quell’esterno in cui è notte anche quando splende il sole. Perché la sceneggiatura scandaglia le reazioni di coloro che sono lontani da quel luogo di detenzione che comunque pesa a vario titolo sulle diverse esistenze. Ecco allora che, dopo il primo episodio in cui si delinea la figura del Presidente della DC alla vigilia del rapimento, le dramatis personae diventano altre. Sono Cossiga, il Papa, la moglie Eleonora, i terroristi e Giulio Andreotti che si vede poco ma quanto basta per marchiarlo a fuoco (anche attraverso quel bellissimo e intenso monologo della confessione che Gifuni sa recitare con grande adesione alle parole e al personaggio).

L’idea di raccontare il sequestro riprendendo per ognuno la narrazione dalla prossimità con il rapimento consente di moltiplicare i punti di vista e permette a Bellocchio di tornare ad affrontare in temi a lui più cari. A partire dall’analisi del Potere per poi riflettere sul rapporto tra la Chiesa come istituzione e la profonda umanità, in un conflitto interiore tormentato, di un pontefice. Fino a potersi lasciar andare ai momenti di visionarietà che costellano la serie e che hanno spesso un grado elevatissimo di significazione non fine a se stessa. Bellocchio si può così consentire lampi di lettura psicologica dei personaggi (il vomito di Andreotti, le pseudo macchie sulla mani di Cossiga, la confessione a cuore aperto di Eleonara nei riguardi del coniuge) che ce li incorniciano con efficacia anche grazie a un cast particolarmente mirato. Bellocchio arriva anche a citarsi ma lo fa con cognizione di causa. Chi ricorda L’ora di religione ricorda anche il ruolo che vi svolgeva l’Altare della Patria. Che anche qui ritorna con una valenza al contempo simile e diversa.

La rivista, trimestrale, recensisce i film italiani ed europei che escono in Italia e le serie televisive, sempre italiane ed europee. Il Ragazzo SelvaggioPer ogni produzione riporta cast e credit. È uno strumento di lavoro utile per chi

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Il 24 maggio 2015 abbiamo ricordato l’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale. Gli anniversari sono sempre fonte di rivisitazione e di stimolo verso più meditati giudizi su quanto è avvenuto. Lo Speciale propone un saggio e una raccolta di schede che fanno riferimento alla Prima Guerra Mondiale. Pur nella loro diversità tutti gli articoli possiedono un fil rouge che li unisce e che passa attraverso due diverse chiavi interpretative: il rapporto tra Cinema e Storia e il Cinema come elemento che contribuisce esso stesso a creare la Storia. Disponibile la versione digitale (PDF) gratuita scaricabile da www.cscinema.org

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Il cinema che produce pensiero non è quello che mostra ma quello che occulta, che suggerisce, che interpella sull’oltre dell’immagine. Il cinema che invita a vedere, fra gli interstizi della narrazione per immagini, nelle ellissi, nei falsi raccordi di montaggio, nel fuori campo, nella sospensione del racconto. Il volume aggiunge voci diverse e diverse sensibilità di studiosi ai non pochi contributi usciti in questi ultimi anni su questo stimolante argomento.

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