Ravi Agarwal Ecologies of Loss
192
09.03.2019 09.06.2019
a cura di Marco Scotini Juliet 192 - apr/mag 2019 APR 2019 – ISSN 11222050
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Anno XXXVIII, n. 192, apr - mag 2019 Juliet è pubblicata a cura dell’Associazione Juliet. Autorizzazione del Tribunale di Trieste, n. 581 Illustrazione di Antonio Sofianopulo
del 5/12/1980, n. 212/2016 V.G. registro informatico Direttore responsabile: Alessio Curto Editore incaricato: Rolan Marino Editore associato: Eleonora Garavello Direttore editoriale: Roberto Vidali Servizi speciali: Luciano Marucci Direzione artistica: Stefano Cangiano, Nóra Dzsida Contributi editoriali: Piero Gilardi, Enzo Minarelli Direttrice editoriale web: Emanuela Zanon Contatti
Corrispondenti
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Berlino - Annibel Cunoldi Attems
Collaboratori Amina G. Abdelouahab, Lucia Anelli, Elisabetta Bacci, Chiara Baldini, Margherita Barnabà, Angelo Bianco, Giulia Bortoluzzi, Boris Brollo, Elena Carlini, Antonio Cattaruzza, Serenella Dorigo, Roberto Grisancich, Andrea Grotteschi, Silvia Ionna, Ernesto Jannini, Alessia Locatelli, Emanuele Magri, Isabella Maggioni, Chiara Massini, Loretta Morelli, Ivana Mulatero, Camilla Nacci, Anna Maria Novelli, Liviano Papa, Gabriele Perretta, Paolo Posarelli Laura Rositani, Rosetta Savelli, Alexander Stefani, Giovanni Viceconte Illustrazioni Antonio Sofianopulo Fotografi Luca Carrà Fabio Rinaldi Stefano Visintin 32 | Juliet 192
annibel.ca@gmail.com
Bergamo - Pina Inferrera pina.inferrera@gmail.com
Bologna - Emanuela Zanon emanuelazanon@yahoo.it
Brookings (USA) - Leda Cempellin leda.cempellin@sdstate.edu
Londra - Laura Boggia lauraboggia@gmail.com
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Napoli - Rita Alessandra Fusco ritaalessandra.fusco@gmail.com
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Sommario
Anno XXXVIII, n. 192, aprile - maggio 2019 34 | Urban Art & Non Art - Panel discussion (V)
78 | Maja Ćirić - Autoritratti 6
Luciano Marucci
Giuliana Carbi Jesurun
42 | Estetica ed Etica degli Archivi Privati - Il ruolo della
80 | Adel Abdessemed
documentazione fisica in era digitale (IV)
Potente ed eversivo
Luciano Marucci
Ch Schloss
48 | Ugo Nespolo - Dentro e fuori il sistema dell’arte
82 | Jochen Kienzle - Kienzle Art Foundation Berlin
Luciano Marucci
Annibel Cunoldi Attems
50 | Nikhil Chopra - rituale e gestuale
84 | Due Mondi - alla Libreria Bocca
Fabio Fabris
Rosetta Savelli
52 | Diego Marcon - Non solo animazione Ch Schloss
54 | Haffendi Anuar - An Anti-Monumental Artist Lawrence Pettener
56 | Rosanna Chiessi - Pari & Dispari Valeria Ceregini
58 | Wang Bing - Vite al limite
PICS 77 | Kaws - “Untitled” 79 | Haroon Gunn-Salie - “Senzenina” 81 | Lenny Rébéré - “Infras 1” 83 | Mamma Andersson - Konfirmand / Student 85 | Michel Dean - “LL (Working Title)”
Emanuela Zanon
RITRATTI
60 | Termite art - vs i mega artisti
86 | Fil rouge - Sylvie Schenk
Emanuele Magri
Fabio Rinaldi
62 | Emil Lukas - Vedere e udire
93 | Loredana Longo - Fotoritratto
Fabio Fabris
Luca Carrà
63 | Giorgio Ramella - Itaca è un sogno
RUBRICHE
Olga Gambari
64 | Emilio Vavarella - Interdisciplinarità artistica Emanuela Zanon
65 | Ravi Agarwal - Pensiero libero Boris Brollo
66 | Gualtiero Dall’Osto - La maschera svelata Danilo Reato
67 | Jan Van Imschoot - esuberanza e immediatezza Roberto Grisancich
68 | Roberto Re - Voli nel blu Rosetta Savelli
69 | Jac Leirner - “Corpus Delicti” Giovanni Murtic
70 | Stockholm - Design Week 2019
87 | Sign.media - Ciò che non è mai ancora stato Gabriele Perretta
88 | Appuntamento con la fondazione - Diana Baldon Alessio Curto
89 | P. P. dedica il suo spazio a... - Mimmo Rubino Angelo Bianco
90 | (H) o - del metamodernismo Angelo Bianco
91 | Neal Rock - Embodied Relations Leda Cempellin
92 | Arte e... Fede - Padre Luciano Larivera SI Serenella Dorigo
AGENDA
Chiara Baldini
94 | Spray - Eventi d’arte contemporanea
71 | “Essere e dire” - Rita Vitali Rosati
AAVV
Gabriele Perretta
72 | Giuliano Perezzani - Un non-collezionista 73 | Archivio Vincenzo Agnetti - via Machiavelli 30 Pina Inferrera
74 | Naufragi - Comporre una vita Anna Chiara Cimoli
75 | Julia Gault - Verticalità precarie Anna Battiston
76 | Arte, cultura, spettacolo - a Bitonto Lucia Anelli
COPERTINA Ai Weiwei, fotogramma dal docufilm “Human Flow” 2017, durata 140 min, girato dall’Artista in 23 paesi nel corso di un anno. Il lungometraggio, incentrato sul dramma dei migranti e dei rifugiati, vera emergenza globale del terzo millennio, è stato presentato alla 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove ha ricevuto il Premio UNICEF (courtesy Participant Media, USA)
SA Se GG pr (D I O i v o N . . P. R G R d e l 6 6 . AT t r 3 26 UI ian ar / 1 TO g ol t . 2 0/ , l 19 e s. o et 7 2 IV t. ) A d
Emanuele Magri
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Nikhil Chopra rituale e gestuale di Fabio Fabris
Il percorso artistico di Nikhil Chopra, pur emergendo dalle arti visive, spazia su una trama espressiva dilatata e ar t icolata, e che passa dal teatro al la per formance, dal disegno al la pittura, dal la fotografia al la scultura fino all’installazione. Le sue interpretazioni performative, prive di un vero e proprio copione, si sof fer ma no su tem i come l’ident ità, l’a n notazione autobiog raf ica, la posa e l’autor it rat to, r i f let tendo sul processo di trasformazione e sul ruolo svolto dal tempo di realizzazione dell’opera. Prendendo spunto da elementi autobiograf ici, Chopra combi na la v ita quotidiana e la storia collettiva; tanto che gli atti quotidiani - come i l mangiare, i l riposare, i l lavarsi e i l vestirsi, ma anche disegnare e fare vestiti - acquisiscono un valore rituale e diventano par te essenziale del lo spettacolo, in un f lusso processuale dove ar te e vita si confondono e si compenetrano a vicenda. Così, questo suo f lusso narrativo può essere visto come un filo che unisce le storie familiari con la vita quotidiana, e questo perché i l registro autobiografico è il punto fermo da cui l’autore sa che può cominciare. Tutte le urgenze, i desideri, le conoscenze, le emozioni, le espressioni provengono da quel luogo in cui egli è radicato da generazioni, tanto che il suo senso di identità è profondamente connesso al senso di collocazione
nel tempo e nello spazio. In questo modo il processo di esecuzione è un mezzo per accedere, scavare, estrarre e presentare in pubblico queste pulsioni o queste memorie stratificate e depositate nel profondo. A detta del l’autore, “ogni lavoro è speci f ico del sito dove viene realizzato: le luci della città, l’architettura e i l paesaggio, i l cl ima, la conf usione e i l caos del la v ita met ropol ita na contempora nea, la prova del lo stress mentale e f isico, le ar t icolazion i del le stor ie e dei r icord i cu lt u ra l i col let t iv i , si u n i scono nel la Gesta lt c he crea lo spazio per for mat ivo”. T ut tav ia q ue s t e a z i on i s ono a nc he c oi nv o l g e n t i : p o s s ono i n i ziare nel ch iuso d i u na stanza e conc ludersi, i n maniera inaspettata, per strada, con i l pubblico che segue il percorso improv visato o pre-determinato da par te del l’autore. Gl i ogget t i che compongono i l set sono come pred ispost i a u n uso successivo e provengono da vecc h i mercati o negozi di antiquariato; in questo modo gli oggetti por tano con sé energie e f lussi di vite vissute i n man iera anon i ma ma profonda, u n po’ come u n vestito usato e che talvolta si compera per comodità e a lt re volte c i si t ra ma nda da pad re i n f ig l io, per a f fezione. Possono consi stere, t ra le var ie cose, i n una sedia, un tavolo pieno di ci bo, lenzuola, costumi
a destra: “Drawing a Line through Landscape” 2017, performance, installazione, video (50’) documenta 14 (supportato da Piramal Art Foundation, Payal e Anurag Khanna). Design costumi: Loise Braganza; on-site production: Stephen Frick e Madhavi Gore; set design: Aradhana Seth; film: Sophie Winqvist; on-site documentation: Madhavi Gore. Photo Ilan Zarantonello, OKNOstudio, courtesy the artist and Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana
a sinistra: “Drawing a Line through Landscape” 2017, performance, installazione, video (50’) documenta 14 (supportato da Piramal Art Foundation, Payal e Anurag Khanna). Design costumi: Loise Braganza; on-site production: Stephen Frick e Madhavi Gore; set design: Aradhana Seth; film: Sophie Winqvist; on-site documentation: Madhavi Gore. Photo Ilan Zarantonello, OKNOstudio, courtesy the artist and Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana
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av volti in pacchetti, secchi d’acqua, lavabo, sapone, k it da barba, asciugamani, cestini di carbone. L’a r t i s t a (c he è n ato a C a lc ut t a ne l 1974 , h a c on cluso gli studi nel 2003 al la Ohio State University di Columbus/ USA e vive a Goa) si è imposto al la ri balta del mondo del l’ar te a par t i re dal 2005. R icord iamo l a p a r te c ip a z ione ad a lc u ne mo s t r e i mp or t a nt i : Yokohama Triennale (2008); 53° Biennale di Venezia (2009); Singapore International Festival for the A r ts (2 0 14); B i e n a l d e H a b a n a , L’Av a n a , C u b a (2 0 16); doc u menta14 , K as sel /Atene (2017 ); 2° Bien na le d i Yinchuan, Cina (2018). Una sua mostra / performance / installazione / video (“Draw i ng a Li ne t hrough Landscape” che l’autore aveva realizzato nel 2017, in occasione della sua partecipazione a documenta 14) viene proposta nella sede di San Gimignano della Galleria Continua fino al 7 aprile, assieme all’anteprima assoluta della serie fotografica “Inside out” (2012). Il progetto di “Drawing a Line through Landscape” è stato architettato su un tracciato geografico che è diventato un percorso a tappe dalla Germania alla Grecia: un viaggio con il quale l’autore ha tentato un “collage” simbolico di paesi e paesaggi, confini e culture tra loro diseguali. Paesi e paesaggi stanno a indicare popoli, sentimenti, nazionalismi, istanze economiche spesso in contrasto tra di loro. Puntare il dito ovviamente non risolve i problemi e le contraddizioni, ma almeno li mette sotto il naso del pubblico.
in basso: “Drawing a Line through Landscape” 2017, performance, installazione, video (50’) documenta 14 (supportato da Piramal Art Foundation, Payal e Anurag Khanna). Design costumi: Loise Braganza; on-site production: Stephen Frick e Madhavi Gore; set design: Aradhana Seth; film: Sophie Winqvist; on-site documentation: Madhavi Gore. Nella foto: Jana Prepeluh strikes a pose against the drawing of Gorna Lipnitsa, Bulgaria. Location: The Old School Residency, Gorna Lipnitsa, Bulgaria. Performance Collaboration: Jana Prepeluh (26/5/2017). On-site production support: Stephen Frick. Photo Nikhil Chopra, courtesy the artist and Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana
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Diego Marcon Non solo animazione di Ch Schloss
sopra: “Ludwig” 2018, video, animazione CGI, colore, suono, loop. Veduta dell’installazione, “Ludwig”, Institute of Contemporary Arts Singapore / LASALLE, Singapore. Courtesy l’artista ed ErmesErmes, Vienna a destra: “Quattro cani morti” (dettaglio), 2018, quattro elementi di ceramica, dimensioni variabili. Veduta dell’installazione, “Les Pratiques Solitaires”, TheView Studio, Genova. Foto: Andrea Rossetti, courtesy l’artista, TheView Studio ed ErmesErmes, Vienna
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Diego Marcon (Busto Arsizio, 1985, vive a Milano ) è innanzitutto un narratore: egli inventa dei personaggi, dà loro vita, e ci costruisce attorno delle av venture, delle vicende, delle micro-storie. Un po’ come Lewis Carrol l, questo suo mondo fantastico prende forma e diventa consistente pur nella sua irrealtà perché i suoi protagonisti prendono corpo come in un magma letterario, a cui si dà forma grazie a un addentellato di ingranaggi che ne giustificano l’esistenza, la rendono comprensibile e compatibile, la rendono convincente e ci fa partecipi. Ci coinvolge, ci attira, ci risucchia. Come nell’interludio di “Dick the Stick” (animazione su carta, colore, suono, 1’ 57”, 2014), dove un soldatino depresso, disorientato ed estraniato dalla vita militare è intento a lucidare uno stivale: una specie di saga poco militarista. Come in “Ludwig” (video, animazione CGI, colore, suono, loop; prodotto da MAXXI / Premio Bvulgari 2018) dove un bambino emerge dall’oscurità (una sorta di notte primordiale?) e si illumina di luce propria (uno zolfanello, e luce fu) e poi scompare nel momento in cui il fiammifero completa la sua combustione. La storia è
minimale, direi quasi puerile, eppure molto coinvolgente. La voce del protagonista recita: “Diooo, come son staaanco, mi seeento proooprio giùùù. Vooorrei tiiiraaar
le cuoooia. E nooon peeensaarci piùùù. Eppur…”. La f iamma raggiunge i polpastrel l i e con un urletto d i dolore il piccolo cantore sparisce dalla scena. Il buio ci avvolge e ci rimanda a una evocazione dell’immagine filmica, secondo i meccanismi ben noti della Gestalt. Infine “Il malatino” (fi lm 16mm, colore, muto, loop, 2017; prodotto da MiBACT e AMACI), dove si ritrae un bambino malato che boccheggia nel suo letto: sembra sul punto di morire, eppure non muore mai. Ma la narrazione di Marcon è molto articolata: non si ferma a una produzione video (che necessita ov viamente di collaborazioni e sostegni di produzione e di postproduzione): la sua narrazione spazia dall’installazione alla scultura, dall’installazione al disegno, e questo per dimostrare una capacità disseminativa che gli fa onore e gli permette una f lessibilità linguistica e una capacità di dominare lo spazio e la materia. A questo proposito si ricordano, a mo’ di esempio, solo tre opere: “Quattro cani morti” (2018), con corpi di cani plasmati in ceramica; l’installazione “La miserabile” (2018), realizzata con adesivo e luci al neon; la scultura “Ludwig” (2018), opera che ovviamente rinvia al video omonimo, ma scolpita in marmo di Carrara, h 179 cm, e prodotta dalla Fondazione Premio Hernaux. Questa scultura è emblematica della nostra contemporaneità, perché ricorda, nella fattura, quella dei lapicidi, e in effetti i l model lato (un po’ anonimo, freddo, impersona le e d i f f uso a i g ior n i d’og g i t ra var i autor i) c i
permette un aggancio al “Ragazzo con la rana” di Marc Quinn. Tuttavia, va detto che il plasmare (o il cavare) in prima persona non è per dav vero il fine perseguito da alcun autore che si voglia definire contemporaneo, mentre tutta la carica e l’energia e la malìa di qualsiasi opera punta – oggi – sul la forza espressiva del soggetto (cioè sull’idea), sulla sua solitudine e anche sulla sua consapevole e inevitabile ipotesi trasgressiva, dato che gli esempi forniti da Rodin e Michelangelo stanno troppo lontani e ormai sedimentati nella storia dell’arte, mentre l’insegnamento di Duchamp è ancora vivo e praticabile, seppure con le giuste varianti e correzioni. Il tutto nella possibile recisione del nesso tra causa ed effetto.
“Monelle” 2017, film 35mm, animazione CGI, colore, sonoro, loop. Veduta dell’installazione, “Sanguine. Luc Tuymans on Baroque”, Fondazione Prada, Milano. Foto: Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti, courtesy Fondazione Prada
“Il malatino” 2017, film 16 mm, colore, senza sonoro, loop. Veduta dell’installazione, PAC, Milano. Foto: t-space studio, courtesy l’artista e AMACI
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Spray Eventi d’arte contemporanea
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Diego Ibarra Sánchez “A view of a destroyed classroom, through a hole in a wall, shows the scars of the war inside the school of Tel Ruman” Siria, 2016 (opera finalista al premio BNL VIII edizione). Ph credit e courtesy dell’artista e della Galleria De Chirico, Torino
Ornella Rovera “Habitus” 2019 stampa su alluminio cm 137 x 65
ANCONA La Mole Vanvitelliana ospita un’importante mostra di Robert Capa (Budapest, 1913 – Thai Binh, 1954), il celebre fotoreporter fondatore, nel 1947, dell’agenzia Magnum Photos con Henri Cartier-Bress on, G e or g e Ro dg e r, Dav id S ey m our e William Vandiver. Dopo quelle di Steve McCurr y, Henri Cartier-Bresson e Sebastião S algado, l ’e sp osizione c omplet a un percorso che Comune e Civita hanno voluto dedicare ai maestri della fotografia contemporanea e del Novecento. La rassegna Robert Capa. Retrospective, a cura di Denis Curti, presenta più di cento fotogrammi in bianco e nero, proponendo un excursus attraverso il secolo scorso con i suoi conflitti e alcuni grandi nomi del panorama culturale internazionale. Gli scatti dal 1936 al 1954 sono divenuti veri e propri documenti storici e umani che ritraggono la sofferenza, la miseria, il caos e la crudeltà delle guerre. Alcuni s ono ormai delle ic one. B a sti p ens are alla morte del miliziano nella guerra civile spagnola del 1937 e alle immagini dello sbarco delle truppe americ ane in Normandia, nel giugno del 1944. La mostra, a r ti c o lat a in tre di c i s e zio ni, r ip re n d e fedelmente quella originaria curata da Richard Whelan (biografo e studioso del fotografo) che osser va: “Se la tendenza della guerra è quella di disumanizzare, la strategia di C apa fu quella di ri-personalizzare la guerra registrando singoli gesti ed espressioni del viso”. Egli decise
di combattere con la sua fotocamera in prima linea in mezzo ai soldati, ai bombardamenti, dove scoppiavano le mine. E su una di queste saltò in aria. L a sua rappresenta zione è senza pregiudizi e g iu dizi. Il s u o o b i et t i v o, l u c i d o e s in cero, trasmette l’ansia di esserci, di non demandare, di non dedurre. -Loretta Morelli
ANDORA Il Museo Luciano Dabroi ha ospitato la presentazione di “Natura Altera”, ultimo libro di Pina Inferrera. L’incontro ha permesso di rivedere le fotografie, le installazioni, le sculture e le light box dell’artista messinese esposte nell’ambito della mostra inaugurata nel mese di dicembre 2018: la visione di una natura che preserva il proprio senso mistico e misterioso. Il libro, in unica copia, contiene dodici immagini inedite a colori. Stampe prodotte dall’artista stessa su carta cotone fine art esclusive, per questo si usa indicarlo con l’espressione francese “unique”. Sull’oggetto libro l’autore ha lavorato per dare vita a un’opera d’ar te che ha valore “di per sé stessa”. L’incontro si è concluso con l’inter vento di Carlo Manicardi, presidente di Phoresta Onlus,che dal 2012 cerca di affrontare una delle più grandi sfide nella storia dell’uomo ovvero la riduzione della concentrazione atmosferica di CO2 . L’evento permetterà al pubblico di riflettere sulle re sp ons abilità che l ’uomo ha nei
confronti del mondo in cui viviamo e di ottenere consigli e nozioni utili per capire come ognuno di noi possa fare qualcosa per aiutare l’ambiente. Carlo Manicardi ha affrontato argomenti complessi e delicati concludendo l’incontro con un sug gerimento molto importante che il pubblico potrà seguire per mitigare le emissioni di gas, contribuendo così a salvaguardare il nostro pianeta. -Christine Enrile
BARI “Abissi” è la suggestiva personale di Angela R ap io, alle stit a p re s s o il C e nac o l o di Bitonto. Il lavoro di Rapio è un percorso in una interazione sommessa, delicata, poetica quasi, tra gli spazi inesplorati e spesso volutamente soffocati dell’inconscio e tutte quelle urgenze esterne che producono uno straniamento, uno stordimento, che un animo sensibile non può ignorare. “Abissi” rappresenta i meandri più bui della nostra anima, i desideri, le angosce, quell’urgenza di riappropriarsi di sé stessi attraverso una fuga e al contempo un bisogno malcelato di rag giungere un approdo. Tutto è concesso, donato laicamente alla coscienza dell’altro, che prende par te a un’esperienza pluri-sensoriale, tra istinto, sguardo, sonorità multiple, in una percezione condivisa sottile, impalpabile, dove tutto vibra, solo quando ci si pone in ascolto. -Lucia Anelli Juliet 192 | 95