38
Luciano Marucci
46 genesi e l’evoluzione (XVII)
Luciano Marucci
50 | Le lezioni di BruMun - Testimonianze (II)
Luciano Marucci
54 | “Reaching for the Stars” - da Maurizio Cattelan a Lynette Yiadom-Boakye
Emanuela Zanon
56 | Fiber Art - a Londra, e non solo
Emanuele Magri
58
Roberto Vidali
60 | Gianni Vittor- Marinedivision e lo stile Zinelli&Perizzi
Fabio Fieramosca
61 | June Newton a.k.a. Alice Springs - fotografa australiana dal 1970
Matthias Harder
62 | Aldo Mondino - Regole per l’inganno, il paradosso di una mostra
Giulia Elisa Bianchi
63 | Tim White-Sobieski - “The Memory Prism”
Emanuele Magri
ANNO XLIII, N. 213
GIUGNO 2023
Juliet online: www.juliet-artmagazine.com
64 | Marco Pietracupa - Il vuoto in sospeso
Irene Follador
65 | Diego Sileo - a proposito del PAC
Elena Marcon
66 | Galleria Zero… - in una foto di Luca Casonato
Elena Marcon
67 | David LaChapelle - Genetiche estetiche
Gabriele Romeo
68 | BWM Architekten - e altre realtà da visitare a
Vienna
Alessio Curto
69
Emanuele Magri
70 | Studio Sales - a Roma
Michela Poli
71 | Matilde Sambo - “Fulgur”
Emanuele Magri
72 | Rosario Bifulco - Arte e collezionismo
Emanuele Magri
74 sperimentale
Amina Gaia Abdelouahab
76
Fabio Fabris
Direttore responsabile
Alessio Curto
Editore incaricato
Rolan Marino
Direttore editoriale
Roberto Vidali
Servizi speciali
Luciano Marucci
Direzione artistica
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Berlino - Annibel Cunoldi Attems annibel.ca@gmail.com
Bologna - Emanuela Zanon emanuelazanon@yahoo.it
Brookings (USA) - Leda Cempellin leda.cempellin@sdstate.edu
Genève - Paola Forgione paola.forgione@unipv.it
Milano - Emanuele Magri emanuelemagri49@gmail.com
Melbourne - Stefano Cangiano ste.cangiano@gmail.com
Napoli - Rita Alessandra Fusco ritaalessandra.fusco@gmail.com
Paris - Marta Dalla Bernardina
marta.dallabernardina@gmail.com
Tokyo - Angelo Andriuolo arsimagodei@gmail.com
Torino - Valeria Ceregini valeria.ceregini@gmail.com
Collaboratori
Amina G. Abdelouahab, Lucia Anelli, Elisabetta Bacci, Alessia Baranello, Giulia Elisa Bianchi, Lukrecija Bieliauskaite, Boris Brollo, Antonio Cattaruzza, Angelo Bianco
Chiaramonte, Micaela Curto, Serenella Dorigo, Pasquale Fameli, Irene Follador, Roberto Grisancich, Ernesto Jannini, Elena Marcon, Chiara Massini, Loretta Morelli, Ivana
Mulatero, Pierluca Nardoni, Claudia Pansera, Liviano Papa, Michela Poli, Paolo Posarelli, Rosetta Savelli, Piero Scheriani, Giovanni Viceconte
Promozione e advertising
Fabio Fieramosca
Pubbliche relazioni
Giovanni Pettener
Maria Rosa Pividori
Paolo Tutta
36 | Juliet 213 J213_ART_230518.indd 36 18/05/2023 9:26:36 AM
78 | Deichtorhallen Hamburg - Intervista a Dirk
Lukow
Maria Cristina Strati
80 | Marcantonio Lunardi - “Pietas”
Sara Papini
82 | Luisa Catucci Gallery - a Tempelhofer-Feld
Alessio Curto
PICS
73 | Leandro Erlich - “Changing Rooms”
75 | Hisami Yamagata - Il vuoto e le sue dimensioni
77 | Nobue Ito - Il principio e il fondamento
79 | Tamiko Yamashita - Elegia di un ricordo
81 | Antony Gormley - Umano e ultraumano
83 | Gaia Di Lorenzo - “Temmatemeneté”
RITRATTI
84 | Scatti di luce - Alda Balestra von Stauffenberg
Stefano Visintin
91 | Fotoritratto – Giordano e Virginia
Alessio Curto
RUBRICHE
85 | Sign.media - Intensità
Gabriele Perretta
86 | Appuntamento con un paesaggista e un presi -
dente - Porcinai e Bazin
Micaela Curto
87 | P. P.* - Vincenzo Santarcangelo
Angelo Bianco Chiaromonte
88 | (H) o – dell’estetizzazione politica
Angelo Bianco Chiaromonte
89 | Part I - Makoto Fujimura
Leda Cempellin and Nesrine Mansour
90 | Arte e Medicina – Grazia Di Leo
Serenella Dorigo
Luca Carrà
Giuseppe Cassalia
Stefano Visintin
Illustrazioni
Consulente tecnico
David Stupar
Juliet Cloud Magazine
Cristiano Zane
Collaborazioni
JULIET art magazine collabora con scambio di notizie con la web-rivista
www.olimpiainscena.it di Francesco Bettin
Stampa Sinegraf
AGENDA
92 | Spray - Eventi d’arte contemporanea
AAVV
COPERTINA
Vista aerea del PAV. A destra è riconoscibile “Labirintico antropocene”, installazione permanente con alberi chamaecyparis, dimensioni ambientali, di Piero Gilardi, del 2018. Foto di Omar Tomaino, courtesy PAV Parco Arte Vivente, Torino
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Juliet è pubblicata a cura dell’Associazione Juliet. Autorizzazione del Tribunale di Trieste, n. 581 del 5/12/1980, n. 212/2016 V.G. registro informatico
(D.P.R.26/10/1972)N.663art.2,lett.d
Illustrazione di Antonio
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Sofianopulo
GRATUITOes.IVA
“REACHING FOR THE STARS”
DA MAURIZIO CATTELAN A LYNETTE YIADOM-BOAKYE
a destra:
Josh Kline (Filadelfia, 1979, vive a New York)
“Thank you for your years of services (Joann / Lawyer)” 2016, gesso stampato in 3D, inchiostro da stampante, cianoacrilato, schiuma, sacco in polietilene; cm 58,5 x 99 x 71. Photo: Sebastiano Pellion di Persano, courtesy Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
A FIRENZE, UNA GRANDE MOSTRA A PALAZZO STROZZI
(CURATA DA ARTURO GALANSINO E CON CHIUSURA PREVISTA PER IL 18 GIUGNO)
Se si pensa alla sterminata produzione creativa degli ultimi decenni nell’ottica di individuare tra le migliaia di artisti in circolazione, ora provenienti in maniera preponderante anche dai cosiddetti Paesi Emergenti, quali passeranno alla storia e per quale motivo, democratizzazione dell’arte dei nostri giorni, a cui hanno contribuito la diffusione dei nuovi media, lo sgretolarsi delle gerarchie di stampo accademico, il pluralismo culturale e l’iper-comunicazione digitale, ha avuto comegressivo venir meno dei punti di riferimento che in precedenza,nitivi, garantivano una griglia strutturale su cui fondare pre-
CELEBRA I TRENTʼANNI DELLA COLLEZIONE
SANDRETTO RE REBAUDENGO
lare, in Italia, la cronica carenza di fondi pubblici ha portato a un ulteriore livellamento delle proposte espositive museali che mina alle radici l’intrinseca autorevolezza delle istituzioni, oggi costrette a barcamenarsi tra strategie
tour e progetti di ricerca che spesso, per essere fattibili dal punto di
vista economico, non riescono a coinvolgere artisti di primo piano, mentre anche la progressione di carriera dei giovani emergenti è in gran parte lasciata al loro individuale spirito d’iniziativa. Chi conta davvero è dunque un elitario manipolo di collezionisti e mega gallerie di taglia globale che, al contrario dei musei, hanno a disposizione budget praticamente illimitati. Come rilevava già nel 2013 un celebre articolo di Jerry Saltz sul New York Magazine, questo predominio di pochi e potentissimi privati ha azzerato il dibattito, perché tali soggetti, invece che implementare la ricerca e analizzarne
di Emanuela Zanon
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sopra: Lara
Favaretto (Treviso, 1973, vive a Torino)
“Gummo V” 2012, lastre di ferro, motori, spazzole da autolavaggio, quadro elettrico, cavi elettrici; cm 250 x 500 x 190. Photo Sebastiano Pellion di Persano, courtesy
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
nella pagina a fianco:
Goshka Macuga (Varsavia, 1967, vive a Londra)
“Gonogo” 2023, h 15 m ca, installazione per il cortile di Palazzo Strozzi, in occasione della mostra “Reaching for the Stars”, 4/3-18/6/2023.
Photo Ela
Bialkowska / OKNO studio, courtesy Palazzo Strozzi
a destra: Michael
Armitage (Nairobi, 1984, vive tra Nairobi e Londra)
“Mangroves Dip” 2015, olio su tela lubugo; cm 221 x 170,2. Ph courtesy
Fondazione
Sandretto Re Rebaudengo
dal punto di vista storico-critico i risultati come dovrebbero fare i musei, decretano l’iperbolico successo di artisti che raramente vengono seguiti
altre gallerie quando sono già nel pieno della loro carriera. In questo panorama confuso e poco ras -
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, che celebra i suoi trent’anni di attività con una grande mostra a Palazzo Strozzi, curata da Arturo Galansino, -
tina. Reaching for the Stars. Da Maurizio Cattelan a Lynette Yiadom-Boakye è una spettacolare mostra collettiva che ripercorre l’avventura collezionistica
la linea di continuità tra l’operato dei fondatori, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e il marito -
volti nello sviluppo del progetto. L’attività della Fondazione è esemplare non solo per la qualità del collezionismo che rappresenta, ma soprattutto per il suo illuminato mecenatismo nel commissionare opere agli artisti emergenti su cui scommette, per l’impegno nel formare giovani curatori e per la volontà di condividere con il pubblico gli esiti di questi investimenti. La collezione, nata negli anni
di approfondire le istanze della contemporaneità attraverso l’arte ed è cresciuta nel tempo mediante un costante dialogo con artisti, galleristi e altri collezionisti, privilegiando il rapporto con inter -
al presente ha portato sempre più la Fondazione a ricoprire un ruolo pubblico, per l’incisivo contributo nel provare a mettere le basi per strutturare un sistema dell’arte che è attualmente ancora molto debole in Italia. La mostra ripercorre le tappe del percorso di collaborazioni e di legami che hanno formato la collezione attraverso nove sezioni crono-tematiche, in cui settanta opere dei più importanti artisti contemporanei italiani e internazionali (in bilanciata presenza tra pittura, scultura, installazione, fotografia, video e performance)
tità culturale, ecologia, decolonizzazione, disagio digitale, corpo, narrazione critica della storia, per nominarne alcune. L’impegno a continuare a
orientare la collezione verso obiettivi ampi viene in quest’occasione sancito dalla commissione a Goshka Macuga del monumentale razzo che, posizionato nel cortile di Palazzo Strozzi, troverà la sua colloca-
Fondazione Re Rebaudengo dopo Torino e Guarene. Le stelle verso cui sembra in attesa di venir lanciato il missile, pur nella sua elusiva modo di incontrare all’interno, che vengono a questo modo proposti come punti fermi del panorama presente e futuro. Questi sono i nomi, che vale la pena citare estesamente per sottolineare l’ipotesi di sistematizzazione storico-critica sottesa alla presentazione di tale selezione. In ordine (quasi) di apparizione: Ian Cheng, Damien Hirst, Anish Kapoor, Glenn Brown, Rosemarie Trockel, Katharina Fritsch, Isa Genzken, Cerith Wyn Evans, David Medalla, Rudolf Stingel, Maurizio Cattelan, Vanessa Beecroft, Paola Pivi, Lara Favaretto, Cindy Sherman, Pawel Althamer, Shirin Neshat, Sherrie Levine, Barbara Kruger, Josh Kline, Jeff Wall, Thomas Ruff, Thomas Struth, Andreas Gursky, Charles Ray, Sarah Lucas, Lynette Yiadom-Boakye, Rojas, Giulia Cenci, Albert Oehlen, Tauba Auerbach, Wade Guyton, Sanya Kantarovsky, Thomas Schütte, Wolfgang Tillmans, Cecily Brown, Douglas Gordon & Philippe Parreno, Cady Noland, Fiona Tan, Ragnar Kjartansson, William Kentridge, Wael Shawky, Doug Aitken,
quasi tutti i casi di opere importanti, eloquenti anche come pezzo
l’origine, cosa che non è scontato riscontrare con la stessa omogeneità qualitativa, soprattutto per certe tipologie di media, nemmeno nelle grandi esposizioni museali. Il suggerimento per la visita è quello di prendersi tempi lenti, pausati come quelli suggeriti dalla successione
innescate con la stessa passione con cui sono state scelte e in alcuni casi commissionate. Da un punto di vista più strettamente documentativo, inoltre, la mostra offre anche a un pubblico più allargato la possibilità di intuire direzioni e gerarchie dell’arte contemporanea degli ultimi decenni, facendo il punto su quello che a una certa unanimità si candida per entrare a pieno titolo nella storia dell’arte. Sarà interessante, a distanza di anni, scoprire quali e quante di queste intuizioni raggiungeranno quest’obiettivo, ma senza dubbio la rassegna mette a disposizione una ragionata panoramica (che ovviamente non ha la pretesa di essere che ha rilievo ora nella scena dell’arte. Con l’auspicio che sempre più il collezionismo esca dalla dimensione privata e segreta dei depositi inaccessibili per aprirsi all’interazione con l’esterno, si tratta sicuramente di una mostra da vedere e su cui ragionare a più livelli.
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PIERO GILARDI
TRA NATURA E ARTIFICIO di Roberto Vidali
Nella poetica di Piero Gilardi l’idea dei tappeti natura ha preso consistenza nel 1964, come deduzione tratta dal progetto delle “Macchine per il futuro” (mostra realizzata alla galleria l’Immagine di Torino, nel 1963). In seguito, la definizione di “Tappeto natura” verrà usata, per la prima volta nel 1966, nella scheda di presentazione per la sua personale da Gian Enzo Sperone, a Torino. Un breve passo riportato qui di seguito è la testimonianza puntuale del pensiero che sta alla base di queste opere e che diventeranno il marchio indelebile del lavoro di Piero Gilardi: «Spero di poter riunire, un giorno, tutti i tappeti che sto realizzando, in un luogo largo e piano, racchiuso da una cupola opalescente: in quell’ambiente rarefatto l’immagine di ogni tappeto comincerà a dilatarsi e deformarsi secondo un ritmo organico incomprensibile ma accettabile... L’effetto è di una natura artificiale in cui le sorprese e i misteri della natura vera stimolano il cervello ma si flettono elementarmente sotto i piedi». Ecco perché questi tappeti sono il sigillo del suo impegno artistico, etico, ecologico e politico: sono stati il primo tassello del suo sogno di una natura ideale, incontaminata e ricreata attraverso un materiale artificiale come il poliuretano espanso, a cui l’autore
Piero Gilardi “Massolo” 1968, multiplo di design realizzato per GUFRAM Production, Torino. Foto courtesy Fondazione Centro Studi Piero Gilardi (tipica contraddizione tra la parola ’porfido’ e la leggerezza del poliuretano, ma indica anche un bordeggiare su alcuni aspetti concettuali dell’Arte Povera)
SEPARARE LʼARTE DALLA VITA EQUIVALE A FONDERLE. È QUESTO LʼASSUNTO DI PIERO GILARDI E CHE POSSIAMO PORTARE INCASTONATO NEL NOSTRO CUORE COME UN SIGILLO SINTETICO DEL SUO PENSIERO
dà forma mediante la tecnica dell’intaglio. La leggerezza del poliuretano contro la pesantezza del marmo, della creta, del legno, fa la sostanziale differenza e di certo dà a queste opere anche tratti a volte ironici e allegri. L’intento dell’artista all’epoca era quello di realizzare dei veri «oggetti estetici fruibili» che potessero superare la cesura tra arte e tecnologia, natura e artificio, corpo e mondo: soffici tappeti dove fosse possibile camminare e coricarsi, per riuscire a vivere un’esperienza multisensoriale. La realizzazione di quell’intento ideale spetta ora a chi vorrà sostenere la sua memoria, poiché Piero Gilardi purtroppo è morto il 5 marzo 2023, all’età di 80 anni. Certo, di progetti questo grande idealista ne ha realizzati e sostenuti tanti altri, sviluppando la sua vita non solo nel cono radioso dei suoi principi estetici, ma anche nel credo di comportamenti etici a sostegno di battaglie sia politiche e sia civili, come la partecipazione alla campagna “No TAV” e il rifiuto di qualsiasi dogmatismo o chiusura dottrinaria. L’apice di questo percorso è stato raggiunto infine con l’apertura del PAV (Parco Arte Vivente), a Torino nel 2008, ma la cui idea
Manifestazione “No Tav” dell’8 dic 2005 a Venaus. La partecipazione di Piero Gilardi si concretizza con il GolemBruco che si vede a sinistra. Foto courtesy Fondazione Centro Studi Piero Gilardi (questa immagine è la concreta testimonianza di una delle tante partecipazioni di Piero Gilardi alla prassi politica per mezzo di un credo estetico)
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primigenia aveva preso corpo già nel 2002. Tuttavia, va sottolineato che questa struttura non è stata progettata per essere un mero contenitore d’arte ma per crescere come un ambiente ibrido e organico, nel quale gli spazi, gli oggetti e i processi artistici si armonizzano in modo naturale . Nelle parole del suo ideatore, Piero Gilardi, il PAV è stato definito «un parco d’ecologia ambientale, sociale e mentale, capace di coinvolgere gli artisti contemporanei attraverso il suo funzionamento e il sostegno alle loro ricerche di forme innovative, in tutti i campi: un modello di sviluppo sostenibile e durevole». Ecco perché la cifra stilistica dei “Tappeti natura”, questa sorta di natura idealizzata e riquadrata, non è un semplice elemento formale, ma è un eterno ritorno e un substrato filosofico, quasi in uno stream of consciuosness di stampo etico posto su ogni scelta o comportamento della sua vita e di cui il PAV ne è il coronamento. Dall’idea esplicitata con l’intuizione dell’uso di un materiale innovativo e antitradizionale, si arriva alla convinzione che quella natura edenica, quel mondo trasognato, quasi edulcorato e idealizzato, va poi a scontrarsi con la deriva di un sistema che non accoglie la vita, ma la ostacola, la sconfigge, la sottomette. Il compito immane è superare non solo la presuntuosa concezione dell’uomo come centro dell’universo, ma anche come essere separato dal bios complessivo, in modo da poter accettare la pluralità e la diversità.
Nel pensiero dell’autore la coscienza vigile segna la differenza tra il prima e il dopo, tra un mondo antropocentrico e una realtà dialogante, tra una forma statica e una interattiva. A tale proposito è bene ricordare Inverosimile , la vigna interattiva e profumata, corredata da effetti sono/visivi, proposta nel 1990 a Volpaia e nel 1991 da Sperone-Westwater, a New York. Tuttavia, già nella versione del 1989 del progetto “Ixiana” prevedeva già una postazione di realtà virtuale, mentre nell’opera “Banano danzante”,
dello stesso anno ed esposto, a Milano, da Franco Toselli, la soluzione tecnica era ancora sviluppata con parti meccanico/elettroniche. Il tutto a testimonianza di un flusso lento e progressivo di un progetto che via via diviene sempre più coinvolgente e avvolgente: la pelle dell’opera rimane quella del poliuretano ma la tecnica vi entra di prepotenza, con il fine di trasformare una situazione statica in azione dinamica. L’interattività è data dal dialogo tra le parti in causa: un’arte del pensiero e dell’accoglienza, biologia e dell’informatica. A questo punto possiamo affermare che Gilardi ha praticato i principi dell’arte relazionale (una filosofia estetica teorizzata da Nicolas Bourriaud), sebbene si debbano cercare le radici più profonde del suo agire nel situazionismo del secondo dopoguerra o, più in generale, nella fusione di arte e vita, teorizzata anche nel suo libro “Dall’arte alla vita dalla vita all’arte” (Prints Etc., 1982). Nel libro si riprende uno slogan che faceva riferimento a un preciso impegno politico e da un grande idealismo estetico proprio degli anni Sessanta, quasi che l’arte di Piero fosse destinata a divenire negli anni futuri una “Sforzinda” idealizzata, un immenso “Tappeto natura” oppure un PAV amplificato ben oltre i confini segnati dal territorio di appartenenza.
Piero Gilardi “Ambiente di montagna” 1969, environment realizzato nell’Hotel 5 etoile di La Flaine, in collaborazione con Marcel Breuer. Foto courtesy Fondazione Centro Studi Piero Gilardi (esempio tipico di un “Tappeto natura” portato a estensione ambientale)
Piero Gilardi “Visibileinvisibile”
6 set 2008, installazione open air, “Transbionica 08, VSL - Verein Symposion Lindabrunn, sagoma di un aereo Stealth, tronchi secchi, bruciatura del perimetro, piante rampicanti, courtesy Fondazione Centro Studi Piero Gilardi. (in questo caso il contrasto è non solo cromatico, ma anche dicotomico: morte e rinascita, nero e verde)
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“Out of Hollwness” 2017, elementi vari tra cui tartaruga in resina, armatura di acciaio, maschera in legno polinesiano, piume, filo, lino, seta, gocce d’ambra, cipree, perline e perle, cm 323 x 473 x 90, Art Basel 2018, stand Galerie Nathalie Obadia, Parigi/Bruxelles. Foto di Luciano Marucci, courtesy l’Artista e Nathalie Obadia
SPRAY EVENTI DʼARTE
Rina BaneR jee
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ALESSANDRIA
La Galleria Vigato (via Ghilini 30) ha proposto “Frammenti”, una bella mostra di Antonio Sofianopulo composta da circa venticinque dipinti a olio su tela. La presentazione in catalogo è stata firmata da Francesca Liotta. Nello sviluppo delle opere esposte troviamo un canto elegiaco della natura, un insieme di piccole annotazioni che possiamo leggere come piccoli “frammenti” di un mondo più vasto e immaginato, dove l’esuberanza, la contrapposizione di elementi opposti e contraddittori, di orizzonti rovesciati o incongrui, soggetti capovolti, ci presentano una realtà plausibile eppure allo stesso tempo edulcorata. I “frammenti” divengono quindi i vocaboli di una narrazione complessa, un modo di procedere per collage pittorici: luoghi della mente dove la fantasia può produrre dettagli realistici sebbene segnati da un destino la cui responsabilità soverchia le leggi della natura per essere affidata al cuore tracotante e prepotente dell’uomo dominatore.
BARI
Presso la Pinacoteca Metropolitana troviamo la personale di Agnese Purgatorio, “Parole nomadi”. Vivendo tra Belgrado e Beirut, l’artista ha dedicato la sua produzione a tematiche di impatto fortemente etico e politico, con una particolare attenzione ai flussi migratori, al transito, al confine visto come ferita inferta dall’uomo. Ed è proprio da quello che si parte nella sua esposizione barese, dalla lingua di terra imposta come limite tra ex Palestina e Giordania, dalla visione della terra promessa di Mosè. Un’immagine altamente lirica quanto concettualmente fluttuante e appannata, come molti dei lavori della Purgatorio, che portano a uno spaesamento percettivo, proiettando chi osserva in scorci desolati ma pulsanti di contaminazioni emotive. Artista da sempre raminga, la Purgatorio si mette in cammino lasciando impronte sulla sabbia infuocata, tra le pietre di boschi umidi, nelle stanze lerce di nascondigli paludati, tessendo le fila di un viaggio concreto e mentale che la scorta ovunque ci sia sintonia d’intenti. E
chi più di lei conosce il vero senso dell’indifferenza dilagante, affascinata dalla precarietà clandestina dei popoli, protagonisti dei molti lavori esposti?
Mutevolezza naturale e fascino silvano nelle fotografie di Alberta Zallone, presentate dal Museo Nuova Era di Rosemarie Sansonetti. Un percorso a tratti idilliaco e incantevole, attraverso il cromatismo stagionale e innumerevoli foreste di simboli, veicolo silenzioso di metamorfiche compenetrazioni e notturne allusioni. La Galleria Orizzonti di Ostuni inaugura la nuova project room con la personale di Ezia Mitolo “Frangibile”, a cura di Ilaria Caravaglio. Una sensibilità disarmante è trasposta in ogni frammento di vita, o ciò che resta di essa: frammenti plasmati nelle sculture dell’artista, nei disegni, nelle foto come nelle installazioni, con l’allusione a ciò da cui tutto ha origine, alla culla dell’essenza stessa. Ogni particella palpitante diviene aneddoto, traccia di ciò che racconta nel suo semplice transitare.
Evidenziamo anche la collettiva “Segni” dei giovani artisti dell’Accademia di Belle
a ntonio Sofianopulo “Frammenti e fremiti” 2022, olio su tela, cm 100 x 120.
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Courtesy Galleria Vigato, Alessandria