ANNO XLIII, N. 211 FEBBRAIO 2023
Juliet online: www.juliet-artmagazine.com
66 | Lucia Gangheri - tra pittura e tecnologia Rita Alessandra Fusco 67 | L’Europa non cade dal cielo - L’Arte dei Valori con la Cattelan League Gabriele Romeo 68 | Gianluigi Antonelli - Linee costruttive Lorella Giudici 69 Roberto Vidali 70 | Art Room - di Piazza Ferretto, a Genova Amina Gaia Abdelouahab 71 | Yang Jiechang - Carta bianca Marta Dalla Bernardina 72 | Enea Righi - Collezionare su molti fronti Emanuele Magri 73 | Galleria Gilda Lavia - a Roma Michela Poli 74 | Ad Minoliti - Neo-pop? Bruno Sain 76 | Angela Maria Rocco - L’espressione della linea Marco Filippetti 78 | Henrik Olesen - Il limite del corpo Maria Cristina Strati 80 | Ruggero Maggi - Come risuona questo caos Lorella Giudici 82 | Paola Pisani - O della natura tra arte/scienza/ tecnologia Maria Campitelli
Corrispondenti
Berlino - Annibel Cunoldi Attems annibel.ca@gmail.com
Bologna - Emanuela Zanon emanuelazanon@yahoo.it
Brookings (USA) - Leda Cempellin leda.cempellin@sdstate.edu
Genève - Paola Forgione paola.forgione@unipv.it
Milano - Emanuele Magri emanuelemagri49@gmail.com
Melbourne - Stefano Cangiano ste.cangiano@gmail.com
Napoli - Rita Alessandra Fusco ritaalessandra.fusco@gmail.com
Paris - Marta Dalla Bernardina marta.dallabernardina@gmail.com
Tokyo - Angelo Andriuolo arsimagodei@gmail.com
Torino - Valeria Ceregini valeria.ceregini@gmail.com
Collaboratori
Amina G. Abdelouahab, Lucia Anelli, Elisabetta Bacci, Alessia Baranello, Giulia Elisa Bianchi, Boris Brollo, Antonio Cattaruzza, Stefano Cavaliero, Angelo Bianco Chiaramonte, Micaela Curto, Serenella Dorigo, Irene Follador, Roberto Grisancich, Ernesto Jannini, Elena Marcon, Chiara Massini, Loretta Morelli, Ivana Mulatero, Claudia Pansera, Liviano Papa, Michela Poli, Paolo Posarelli, Rosetta Savelli, Piero Scheriani, Giovanni Viceconte
Promozione e advertising
Fabio Fieramosca
Pubbliche relazioni
Giovanni Pettener
Maria Rosa Pividori
Paolo Tutta
Pina Inferrera 34 | Juliet 211
PICS
75 | Lia Perjovschi - Map of Impressions
77 | Nate Lowman - “Untitled”
79 | Hisae Sakuma - Fiori essiccati
RITRATTI
Fotoritratto - Pier André Podbielski Luca Carrà
COPERTINA
Adel Abdessemed “Tonight no man will sleep” 2022, bronzo, 173 x 60 x 35 cm. Photo by Oak TaylorSmith. Copyright Line: © Adel Abdessemed, Paris ADAGP 2022. Courtesy the artist and GALLERIA CONTINUA (opera esposta alla mostra “OUT, OUT, BRIEF CANDLE” 2022 / Galleria Continua Paris, France)
Abbonamenti
Luca Carrà
Stefano Visintin
Illustrazioni
Consulente tecnico David Stupar
Juliet Cloud Magazine Cristiano Zane
Collaborazioni
JULIET art magazine collabora con scambio di notizie con la web-rivista www.olimpiainscena.it di Francesco Bettin Stampa Sinegraf
5 fascicoli + extra issue:
Italia 60,00 € Europa 65,00 € others 90,00 € copia Italia 15,00 € copia estero 25,00 € arretrati 30,00 € c/c postale n. 12103347 o Iban IT75C0200802242000005111867
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Contatti info@juliet-artmagazine.com Juliet - via Battisti 19/a 34015 - Muggia (TS)
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Juliet è pubblicata a cura dell’Associazione Juliet. Autorizzazione del Tribunale di Trieste, n. 581 del 5/12/1980, n. 212/2016 V.G. registro informatico
81 | Mariko Okabe - Partenza 83 | Mitsunori Makino - Monte Fuji
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84
Scatti di luce - Niko Luoma Stefano Visintin 91
RUBRICHE 85 | Sign.media - “Machina”-Museo Gabriele Perretta 86 | Appuntamento con Patricia Urquiola - Ca’ di Dio e l’essenza della venezianità Micaela Curto 87 | P. P.* - Benedetta Casini Angelo Bianco Chiaromonte 88 | (H) o - del suono Angelo Bianco Chiaromonte 89 | Part 1 - Peter Shire Memphis Group Leda Cempellin 90 | Arte e Zoologia - Paolo Bonivento Serenella Dorigo AGENDA 92 | Spray - Eventi d’arte contemporanea AAVV
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(D.P.R.26/10/1972)
Illustrazione di Antonio Sofianopulo
Seprivodeltriangolo SAGGIO GRATUITOes.IVA
N.663art.2,lett.d
EVENTO PLURIMO IN VETRINA DEL 1995
di Luciano Marucci
RIVISITAZIONE DI UN ESEMPLARE EVENTO ARTISTICO DEL PASSATO, RADICALMENTE PROPOSITIVO, NON IMPOSTO DA MISURE RESTRITTIVE O DIVIETI, MA DALLʼURGENZA DI ATTUARE UN PROGETTO CULTURALE ANTICONFORMISTA DI RIQUALIFICAZIONE PRODUTTIVA ED ESPOSITIVA, CONCETTUALE E CURATORIALE
Comunemente la vetrina serve ad attrarre lo sguardo dei passanti. È il luogo che privilegia il lusso, le apparenze sui contenuti. L’opera d’arte, pur avendo un messaggio autosufficiente, se messa in vetrina, può anche accrescere la sua funzione comunicativa.
bozza catalogo SS 16Installazione/ Rimozione
Negli ultimi due anni le restrizioni sanitarie imposte dalla pandemia spesso hanno impedito di fruire le opere e gli eventi direttamente presso le istituzioni museali e nelle gallerie private. Al fine di non reprimere la creatività e il collezionismo, sono state adottate strategie per diffondere la produzione artistica all’aperto e, ancor più, online. Sono state attuate anche alcune mostre nelle vetrine, mettendone in risalto la novità. Da qui l’orgoglio di rievocare una manifestazione del 1995, intitolata “SS 16 - Installazione/Rimozione”, da me curata, realizzata proprio nella vetrina di un negozio di eleganti accessori per la casa a Cupra Marittima (AP), ma con presupposti completamente diversi dagli attuali. Infatti, essa era incentrata su sette personali di giovani operatori visuali chiamati ad “autoinstallarsi”, a turno, nello spazio della
vetrina, ininterrottamente nelle ore notturne per riviverlo creativamente, mentre una telecamera fissa registrava gli ‘avvenimenti’. Così, a “rimozione” avvenuta, le azioni comportamentali di ciascuno potevano essere rivisitate. Va anche raccontato che l’uso artistico, spettacolare, di quelle esibizioni, ogni sera aveva richiamato tanta gente. Non solo, era arrivata subito anche una troupe di RAI 3 che aveva “vegliato” per registrare gli accadimenti. Inoltre, la trasgressiva formula inedita aveva destato l’interesse degli addetti ai lavori. Grazie anche a questi consensi, i sette invitati si erano impegnati senza risparmio di energie e il titolare del negozio-galleria, nei giorni successivi, aveva programmato proiezioni serali del docufilm. Al di là della notorietà dei performer, l’evento plurimo, supportato da motivazioni profonde, era stato degno di confrontarsi con le proposte più avanzate del panorama artistico dell’epoca. Certamente la conoscenza dell’originale format espositivo sorprenderà anche l’amico Hans Ulrich Obrist (direttore artistico delle Serpentine Galleries di Londra), tra i curatori di mostre più innovative a livello internazionale.
Ovviamente, le performance, durate una settimana, non potevano essere accompagnate da un catalogo. Fu approntato dettagliatamente in seguito ma, per mancanza di risorse finanziarie, rimase in bozza di stampa.
Ora, considerato che si vanno riscoprendo significative esperienze del passato, non poteva essere ignorato quel lontano
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Frontespizio
Autoinstallazione di Sabrina Muzi (courtesy galleria Franco Marconi)
progetto, veramente propositivo dal lato estetico, concettuale e curatoriale. Ecco, allora, il testo della mia originaria presentazione e sugli interventi artistici, meritevoli di essere rivisitati, almeno su queste pagine.
«La postmodernità sta condizionando fortemente i comportamenti umani che si dirigono verso una spettacolarità sempre più aperta. Si tende, cioè, al protagonismo, a vivere fuori di sé per apparire uniformandosi alle superficialità propagandate dai mass-media. Oggi tutto è vetrina e la stessa è specchio della quotidianità; luogo di comunicazione al servizio di chi produce, vende e consuma. Sito ideale dell’eccentricità e della seduzione, è ovunque e chi non ce l’ha se la inventa, come nei villaggi del terzo e quarto mondo dove non ha una sede ufficiale, gli oggetti in vendita vengono disegnati sulle pareti esterne delle misere dimore. C’è pure chi per vendere qualcosa va incontro alla gente e fa della strada o della piazza la sua vetrina. Certi se la portano addirittura addosso sopportandone il peso... Mille sono i modi di esporre i prodotti: alcuni legati alle necessità essenziali; altri ai falsi bisogni incentivati dallo sfrenato consumismo. Nelle nostre città, per sfruttarne al massimo le potenzialità e vincere l’indifferenza del pubblico, vengono mobilitati specialisti e designers di grido. S’inventano paradossi pubblicitari catturanti, ingannevoli, tanto che al fascino del contenitore spesso non corrisponde la qualità del contenuto. La vetrina, dunque, pur di s-vendere tenta di calamitare lo sguardo inseguendo le mode e le abitudini, senza porsi il problema di educare . Il fenomeno è così macroscopico e generalizzato che meriterebbe di essere analizzato a fondo pure dai sociologi.
Da qualche tempo anche l’arte visiva cerca di abitare dappertutto. Lascia le abituali residenze e va ad occupare spazi alternativi più disinvolti e stimolanti. Scende dalle pareti e dai piedistalli, si esibisce negli ambienti più impensati: artificiali e naturali, pubblici e privati, nobili e ignobili... Quindi, non poteva ignorare un posto a vocazione estetica come la vetrina, nella segreta speranza di conquistare i distratti... Senza entrare in merito all’opportunità di associare l’unicità del prodotto creativo alla serialità di quello a largo consumo, tra vetrina e oggetto artistico
c’è ancora qualche differenza...: la prima è medium per imporre una merce utile ma esteriore e inerte; l’altro impersona l’interiorità, capace di attivare l’immaginazione e la riflessione. La Galleria Marconi di Cupra Marittima, con “SS 16 - Autoinstallazione/Rimozione”, pur inserendosi in questa dialettica voyeuristica , ha promosso un’iniziativa spregiudicata, propositiva. Sette giovani artisti sono stati invitati a non immettere opere preconfezionate nella cornice della vetrina per soddisfare esigenze cosmetiche di facciata, ma a vivere-allestire liberamente quello spazio dalle ore 22:00 alle 10:00 del giorno successivo, mentre una in-discreta telecamera fissa ha vegliato su tutti gli eventi registrando le singole
Autoinstallazione di Franco Chiarelli (courtesy galleria Franco Marconi)
Autoinstallazione di Laura Palmieri (courtesy galleria Franco Marconi)
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DAVID SALLE
LO SPAZIO TRA LE IMMAGINI
di Pasquale Fameli
Probabilmente non è possibile spiegare la ricerca di David Salle (1952) senza risalire alla sua formazione, avvenuta al California Institute of Arts di Los Angeles, sotto la guida di John Baldessari. Figura eccentrica della Conceptual Art statunitense, Baldessari ha sempre lavorato sul potenziale narrativo delle immagini poste in relazione al linguaggio:
pensati come fattori di deviazione del senso. Una ricerca talmente estranea all’approccio tautologico-analitico da portare Baldessari ad accostarsi alla Narrative Art sin dai suoi esordi, avvenuti nel 1973 alla John Gibson Gallery di New York. Anche i primi esperimenti di Salle esplorano il rap -
ma presto il più giovane artista comprende che la ricerca concettuale si sta esaurendo, che è necessario tornare a mezzi più tradizionali, come la pittura, senza però abbandonare il lascito della precedente stagione creativa. Approdato a New York nel 1976 Salle trova lavoro presso una casa
NEL QUADRO ALLARGATO DELLA TRANSAVANGUARDIA INTERNAZIONALE FU INSERITO ANCHE IL LAVORO DI DAVID SALLE: UN LAVORO CHE FORSE AVEVA PIÙ ASPETTI CONCETTUALI DI QUANTO ALLʼEPOCA SI ERA CAPACI DI RICONOSCERE
i primi ritagli da applicare su spartani supporti di cartone che recano il nome dello stesso fotografo, testando così la via della ‘presentazione’, ancora secondo un approccio di stampo concettuale. Nel passaggio alla pittura Salle non perde l’attitudine all’appropriazione: le sue opere si compongonoposti, ma in tutti i casi riprodotti fedelmente con il pantografo o il retino, tecniche già impiegate da altri importanti artisti statunitensi quali Roy Lichtenstein e Chuck Close nella stagione culturale contesa tra Pop Art e Iperrealismo. Tuttavia, le opere di questi artisti si caratterizzano per l’ingrandimento di -
talmente, mentre quelle di Salle sperimentano spesso un’articolazione in sequenze multilivello produrre, secondo l’insegnamento di Baldessari,
David Salle
“Dean Martin in Some Came Running”, 1990-1991, acrylic and oil on canvas with three inserted panels, 85 x 105”. © David Salle/VAGA at Artists Rights Society (ARS), New York, courtesy The Brant Foundation, Greenwich, CT
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un disorientamento, una deviazione di senso. La poetica di Salle trova forma compiuta già alla
l’artista associa la pittura alla morte, intendendo con quest’ultima l’impossibilità di cogliere com-
cati e l’arte ha la capacità di partecipare a questa assenza, di sostenerla grazie al livello di opacità che è in grado di raggiungere. La ricorrenza di immagini erotiche all’interno dei suoi dipinti serve proprio ad attrarre l’osservatore, a esercitare su di esso una seduzione irresistibile che lo porti a desiderare e desistere al contempo. È un modo per misurare “il potere delle immagini”, per dirla con David Freedberg, ossia il livello di controllo, di infiltrazione e di usurpazione che esse esercitano sugli individui nella vita di tutti i giorni. Si potrebbe affermare che Salle si interroghi già sulla agency delle immagini, ossia sulla loro capacità di interpellare l’osservatore e di attivare le qualità vitali del corpo umano. Sempre nel 1979 dichiara infatti di essere interessato alla capacità delle immagini di dare del “tu” alla gente, un “tu” idealizzato e inesistente, ma al tempo stesso credibile e convincente. La forza delle immagini risiede proprio nella capacità di rendere reale questo coinvolgimento, di stabilire con il fruitore una complicità immediata, ma in qualche modo attesa.
In più occasioni Salle è stato etichettato come un pittore neoespressionista, tuttavia il rapporto
riproduzione delle immagini e il procedimento di montaggio attraverso le quali le combina rivelano un atteggiamento mentale del tutto differente, legato a criteri di appropriazione e di schematizzazione utili a interrogarsi sul valore semantico
delle immagini adottate. Senza dubbio i suoi pastiche pittorici si caratterizzano per una buona dose di fenomenismo, di pastosità materica, ma l’insieme di questi frammenti rivela un’attenzione prevalente alle dinamiche del mostrare, del ‘rendere visibile’. Ha ragione Thomas Lawson ad affermare che il suo lavoro è «onnivoro e promiscuo», basato su «un intreccio privo di indice» che ricade nell’«estrema cancellazione» dell’immagine stessa. È un processo
dipinte: Salle lavora infatti su grandezze abnormi, nell’idea di con-
tutte le sue parti, ma anche un modo aggiornato di essere ‘classici’, di analizzare il processo formativo nella sua essenzialità e porre l’immagine di fronte a sé stessa. I montaggi di Salle puntano alla destabilizzazione delle nostre abitudini visive e dei codici di riferimento per esplorare i meccanismi metanarrativi che si attivano nel passaggio da un frammento all’altro. Non contano tanto i singoli frammenti, quanto le transizioni, gli spazi tra essi. Per questo motivo l’artista non progetta anticipatamente la composizione del dipinto: segue una routine che di volta in volta trascende nell’evoluzione dell’opera, ma la costruzione delle immagini segue l’impeto dell’improvvisazione, così che l’autore dell’opera possa essere anche il suo primo, autentico fruitore. Questa ricerca legata all’uso coesivo di differenti tipologie di immagini mira quasi a stilare una sorta di lemmario della visione, l’astratta catalogazione di più modalità di sguardo che alludono sempre alla possibilità di un’altra combinazione. È un lavoro fatto di armonie, dissonanze e contrappunti
Non una performance per immagini, ma una performance delle immagini compiuta all’interno di uno spazio aperto, magnetico, attrattivo. Non c’è una direzione privilegiata: all’interno del dipinto ogni percorso di connessione tra le immagini è autorizzato, quasi come se ci si trovasse di fronte a un ipertesto visuale. Attraverso i frammenti adoperati Salle costruisce infatti impalcature solide e bilanciate che evadono ogni coordinata di luogo e di tempo e che inducono l’osservatore a rompere gli automatismi associativi basati su nessi di causalità e continuità per proporre ogni volta una diversa soluzione all’enigma.
alla Brant Foundation Art Study Center, 16 nov 2021 - 2 aprile 2022. Photo credit Tom Powel Imaging, courtesy The Brant Foundation, Greenwich, CT
David Salle, vista parziale delle opere installate
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DʼARTE
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SPRAY EVENTI
BOLOGNA
Dal 3 al 5 febbraio 2023, con preview il 2 febbraio ritorna la grande festa di Arte Fiera . Molte le novità e i cambiamenti, ma anche le riconferme. Innanzitutto la fiera si riappropria della sua sede storica: i padiglioni 25 e 26, raggiungibili a piedi da Piazza Costituzione, principale affaccio del quartiere fieristico sulla città. Quella del 2023 è la 46° edizione della manifestazione bolognese ed è la quarta sotto la direzione artistica di Simone Menegoi. È un’edizione dal forte spirito di rinnovamento, a partire dalla scelta – inedita per una fiera – di coinvolgere un grande collezionista, Enea Righi, nel ruolo di Managing Director (si rinvia all’intervista pubblicata in questo numero a pag 72). In particolare si segnala, per “Opus novum”, la commissione di un’opera inedita da presentare negli spazi della fiera, ad Alberto Garutti, un grande maestro della cosiddetta public art . Oltre al valore dell’artista, la scelta intende celebrare il suo legame con Bologna, città dove Garutti,
all’inizio degli anni Novanta, teneva la cattedra di Pittura all’Accademia di Belle Arti, imponendosi come punto di riferimento per una generazione di artisti più giovani. 135 sono gli espositori che parteciperanno ad Arte Fiera 2023, ne ricordiamo alcuni: Giovanni Bonelli, Cellar Contemporary, Galleria Studio G7, Continua, Emilio Mazzoli, L.U.P.O. Lorenzelli Projects, P420, Giorgio Persano, Santo Ficara, Studio d’Arte Raffaelli, Zero…, Vigato, Richard Saltoun e, infine, last but not least , la Galerie Michaela Stock da Vienna.
«Gli arrabbiati del Battibecco» è la denominazione sotto la quale gli artisti Maurizio Bottarelli (1943), Alberto Colliva (1943) e Franco Filippi (1942-2015) hanno esordito a Bologna nel 1962, in uno spazio espositivo autogestito che li aiutò a imporsi all’attenzione della critica e del pubblico. A sessant’anni esatti di distanza, Studio la Linea Verticale (via dell’Oro 4B), riannoda i fili della storia, riconfermando il proprio impegno sull’arte emergente, sebbene attraverso un ribaltamento cronologico
che riporta i visitatori indietro nel tempo. L’idea di questa iniziativa nasce dall’interesse che la galleria ha sviluppato sin da subito per l’opera di Alberto Colliva. Numerose le opere inedite, provenienti direttamente dagli artisti, a eccezione di una “Testa” di Bottarelli gentilmente prestata dal Patrimonio artistico del Gruppo Unipol. La presenza di questa tavola in mostra è di particolare importanza, perché si tratta di una delle opere esposte dall’artista nella seconda mostra del gruppo del Battibecco nel 1962, come confermano alcune foto dell’epoca. La curatela della mostra è di Pasquale Fameli, critico d’arte e docente dell’Università di Bologna che negli ultimi anni ha dedicato numerosi studi agli artisti del territorio. Per l’occasione è stato realizzato un catalogo, edito da Danilo Montanari. La mostra si è chiusa il 14 gennaio.
Fino al 27 dicembre, la Galleria Studio G7 , ha ospitato una mostra di carte di David Tremlett, con presentazione di Marinella Paderni. Ragionamenti sullo spazio e sui percorsi da intraprendere
Jan Fabre
“Belgian sucker-starfish (III)” 2018, legno, pigmento, carta, polimeri, metallo, tessuto, stella marina, 36,4 x 23,4 x 11,5 cm.
Courtesy Galleria Gaburro, Milano
H ans Kotter
93 Juliet 211 |
“Big Bang… Interruption” 2013, light installation (mirror, plexiglas, metal, LED, wood, glass), 210 x 155 x 87 cm, unique piece, exhibition view “Superposition” 2013/14, ph Matthias Bildstein, courtesy Galerie Michaela Stock, Vienna