Arahmaiani 197
a cura di Marco Scotini
Juliet 197 - apr/mag 2020
Politiche del Disastro
6 Marzo – 31 Maggio 2020 opening 5 Marzo
Genere Ambiente Religione APR 2020 – ISSN 11222050
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Anno XL, n. 197 apr - mag 2020 Juliet è pubblicata a cura dell’Associazione Juliet. Autorizzazione del Tribunale di Trieste, n. 581 Illustrazione di Antonio Sofianopulo
del 5/12/1980, n. 212/2016 V.G. registro informatico Direttore responsabile: Alessio Curto Editore incaricato: Rolan Marino Direttore editoriale: Roberto Vidali Servizi speciali: Luciano Marucci Direzione artistica: Stefano Cangiano, Nóra Dzsida Contributi editoriali: Piero Gilardi, Enzo Minarelli Direttrice editoriale web: Emanuela Zanon
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Sommario
Anno XL, n. 197, aprile - maggio 2020 Questo numero di JULIET, programmato per il mese di APRILE, a causa dell’ epidemia di Covid-19, va in stampa con due mesi di ritardo. Di conseguenza anche l’uscita del numero di GIUGNO slitterà a data da destinarsi. 36 | Produzione creativa e identità - Rif lessioni sulla genesi e
80 | Pierangelo Bertolo - Croce dell’ingiustizia
l’evoluzione
Liviano Papa
Luciano Marucci
82 | L’Urlo muto - Gualtiero Dall’Osto
46 | L’interazione disciplinare - Dall’arte visuale alla società globale (V)
Danilo Reato
Luciano Marucci
84 | Rodrigo Blanco - Foresta erotica
52 | The Enoura Observatory - Hiroshi Sugimoto
Milena Becci
Angelo Andriuolo
54 | Alberto Di Fabio - Materia e spirito
PICS
Roberto Vidali
79 | Tracey Emin - “When I Sleep”
56 | “Coexistence” - Kiasma’s Collections
81 | Josh Sperling - “Premonition”
Emanuele Magri
83 | Richard Jackson - Rooms
58 | Franco Toselli - “+spazi”
85 | Wong Ping - Golden Shower
Roberto Vidali
60 | Michel François - Ordine e forma Roberto Grisancich
62 | Kader Attia - arte e politica Fabio Fabris
64 | Henrik Håkansson - Blinded by the light
RITRATTI 86 | Fil rouge - Elvis Malaj Fabio Rinaldi
93 | Alessio Barchitta - Fotoritratto Luca Carrà
Gianni Zulich
66 | Dušan Fišer - il mondo a Ptuj Roberto Grisancich
67 | Enzo Bersezio - Panchine d’artista Giuseppe Biasutti
68 | Giulia Barone - “Still” Lucia Anelli
69 | Animazioni italiane - lo stato dell’arte Paola Bristot
70 | Stockholm Design Week - Istituto Italiano di Cultura Chiara Baldini
71 | Lorenzo Giusti - GAMeC, Bergamo Pina Inferrera
72 | Dionisio Gavagnin - Arte e fotografia
RUBRICHE 87 | Sign.media - Sorry We Missed You Gabriele Perretta
88 | Appuntamento memorabilis - Claudia Perren Micaela Curto
89 | P.P. dedica il suo spazio a Ramdom Angelo Bianco
90 | (H) o - dell’occhio Angelo Bianco
91 | Alice Aycock - Conceptual Mindset Leda Cempellin
92 | Arte… e Sport - Francesca Clapcich Serenella Dorigo
Emanuele Magri
73 | Arte Fiera - edizione 2020 Fabio Fabris
74 | Tomás Saraceno - La strategia del ragno Luca Sposato
75 | Ivo Wessel - collezionista
AGENDA 94 | Spray - Eventi d’arte contemporanea AAVV
COPERTINA
76 | Uno, nessuno - e centomila
Piero Gilardi “The Szechwan Tale. China, Theater and History”,
Boris Brollo
vista dell’installazione presso FM Centro per l’Arte Contemporanea
77 | Raffaella Rita Ferrari - Eclipsis Style Project
di Milano, 2018, a cura di Marco Scotini (courtesy l’Artista e FM
Rosetta Savelli
Centro per l’Arte Contemporanea; ph Alessandra Di Consoli)
78 | Tête-à-tête - con Building
[A pagina 50 è riportato il commento di Marco Scotini
Emilie Gualtieri
sull’operAzione di Gilardi]
SA Se GG pr (D I O i v o N . . P. R G R d e l 6 6 . AT t r 3 26 UI ian ar / 1 TO g ol t . 2 0/ , l 19 e s. o et 7 2 IV t. ) A d
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The Enoura Observatory Hiroshi Sugimoto di Angelo Andriuolo
The Enoura Observatory (Odawara) by Hiroshi Sugimoto. Photo credits Lamberto Rubino
Odawara (Prefettura di Kanagawa) è una cittadina di poco meno di 200mila abitanti, ubicata a circa settanta chilometri a sud di Tokyo. Fuori dai circuiti turistici di massa era conosciuta, oltre che per il poco invidiabile record di essere stata, il 15 agosto 1945, l’ultima città giapponese a subire un bombardamento durante il secondo conflitto mondiale, solo perché stazione di transito verso la più nota zona montagnosa di Hakone, e talvolta visitata, solo per il suo imponente, e per lungo tempo inespugnabile Castello – Odawarajō – che fu la la roccaforte di vari daimyō durante il periodo Muromachi (dal 1336 al 1573). Al di fuori del Giappone erano davvero in pochi a sapere che nel suo territorio costiero è inserita una piccola gemma naturale che si affaccia sulla Baia di Sagami, dalle acque cristalline e da sempre frequentata, quasi esclusivamente, dagli appassionati di attività subacquee e dalle tartarughe: Enoura.
Un pezzo prezioso del patrimonio naturale giapponese, con un paesaggio di straordinaria bellezza conservato in condizioni incontaminate: una vera e propria opera d’arte forgiata dalla mano della natura, visibile ma, per nostra incapacità sensoriale, non vista compiutamente. Un po’ come una vita soprav vissuta, sì presente, ma ineluttabilmente mancante di qualcosa. A soccorrere i nostri sensi e a regalarci un piccolo, ma potente, miracolo “di realtà aumentata” è stata la visione, empirica e metafisica, di uno dei più grandi artisti contemporanei: Hiroshi Sugimoto (Tokyo, 1948). Fotografo («rappresentante di una fotografia seriale ispirata all’arte minimalista e concettuale nella tradizione della sobrietà e della semplicità orientali», come scrive Hans-Michael Koetzle) e architetto di fama internazionale (fra i tanti lavori ricordiamo, in Italia, a Venezia, nel 2014, la evanescente Glass Tea House Mondrian – Le Stanze del Vetro – e in Giappone, nel 2002, lo straordinario restauro del Santuario di Go-Oh a Naohima), vanta anche studi di politica e sociologia e una esperienza come commerciante, ed esperto, di antichità giapponesi. Si è poi cimentato con successo anche con la scultura, le installazioni e le arti dello spettacolo. Una identità e una ci fra ar tistica molto complesse e articolate, che si dipanano su più fronti e si esprimono attraverso una insaziabile ricerca che affronta storia e misteri dell’esistenza con una varietà impressionante di argomenti. Una esplorazione del tempo e dei suoi arcani segreti che avviene attraverso una minuziosa disamina della natura delle percezioni dell’animo u mano e del le or ig i n i ancest ra l i della coscienza. “Devo molto a Odawara. Innanzitutto, il mio primo ricordo d’infanzia è il mare visto dalla finestra del treno Shonan, che corre sulla vecchia linea Tokaido da Atami a Odawara. Quando uscimmo dai tunnel gemelli, c’era il vasto Pacif ico, che si estendeva fino a una linea dell’orizzonte tanto tagliente che spalanca gli occhi. In quel momento mi resi conto che ero io e che ero qui su questa terra... Come se fossi guidato da una mano invisibile, sono stato attratto da questo luogo di ricordi”. Il progetto dell’ Osservatorio di Enoura
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nasce nel 2009 con la Odawara Art Foundation. L’artista si ripropone di promuovere una implementazione della cultura giapponese in una prospettiva di respiro internazionale (Sugimoto si è trasferito, inizialmente per motivi di studio, negli Stati Uniti nel 1970 e dal 1974 vive a New York) attraverso una innovativa “presentazione” che trascenda i generi e i periodi storici, una miscela in cui arte e cultura possano esprimersi in un “continuum” senza barriere: un retaggio, ormai connaturato, che parte dalla preistoria Jōmon (10.000 a. C. circa) e arriva ai giorni nostri, nel quale l’arte di vivere in armonia con la natura del popolo giapponese ha portato allo sviluppo di una civiltà unica che incorpora in sé il culto di una miriade di divinità (Kami) e spiriti del regno naturale. In un mondo come quello di oggi dove consumismo e materialismo la fanno da padrone, si è persa una gran parte di questo splendore naturale e, conseguentemente, di quest’Arte fatta di Simbiosi. Ciò rende necessaria una azione di recupero. Pertanto, interconnessi e fusi, Natura e mano (sapiente) dell’Uomo, teatro classico, sia occidentale che orientale (Kabuki, Noh e Kyogen ma anche il teatro delle marionette, il Bunraku), e teatro di avanguardia, arte moderna e arte antica, fotografie e sculture, pittura e istallazioni. Una magica Arca delle Arti in cui tutte le varie espressioni linguistiche possano avere posto e respiro anche per aiutarci a trovare una giusta strada per il futuro. Una commemorativa “moderna pittura rupestre” che ci aiuti a riconsegnarci al mondo e celebri questa nostra (speriamo) rinnovata autocoscienza. Un sogno che diventa dapprima progetto e poi realtà attraverso un impegnativo lavoro durato circa dieci anni. L’Osservatorio, pensato e progettato dallo stesso artista con l’ambizione, dichiarata di essere “un sito archeologico del futuro”, viene terminato ed aperto al pubblico soltanto nell’ottobre del 2017. Situato in zona collinare, nel bel mezzo di un grande agrumeto, offre una vista panoramica che si estende
sulla penisola di Boso e Oshima Island. Nella struttura realizzata, utilizzando tecniche antiche e sofisticate in una gamma di stili architettonici che vanno dal medioevale al moderno, dalla Kajima Corporation con l’ausilio di artigiani di Odawara e di Itabashi, hanno sede anche uno spazio espostitivo, un palcoscenico teatrale, una sala per la cerimonia del Tè, una Porta Meigetsu del periodo Mouromachi e uno scenografico giardino. Proprio per realizzare gli scopi che si propone, l’Osservatorio è aperto giornalmente (tranne il martedì e il mercoledì) soltanto a un pubblico limitato. Occorre prenotare la visita in ampio anticipo (la media attuale è di un paio di mesi) oppure rischiare un probabilissimo viaggio a vuoto, nel caso in cui non si arrivasse in tempo per prendere i misuratissimi biglietti che sarebbero, per rinunce dell’ultima ora, eventualmente, disponibili per la vendita estemporanea direttamente sul posto. Nei due turni giornalieri di ammissione (ingresso mattutino 10.00 - 13.00, e pomeridiano 13.30 - 16.00) sono accolte solo poche persone alla volta, in modo che possano vivere questa esperienza, che in realtà è quasi mistica, in maniera totale e immersiva, come fossero in un mondo antico e poco popolato, entrando esse stesse in completa amalgama con l’Edificio e, di conseguenza, diventando parte del Paesaggio stesso e, contemporaneamente, Oggetto e Soggetto d’Arte. Una commistione che non era affatto facile realizzare. Ma Hiroshi Sugimoto è riuscito in maniera piena in questa impresa che rappresenta, forse, il suo più interessante intervento architettonico. L’Osservatorio di Enoura è davvero come una sorta di Porta Alchemica, una Porta dei Cieli in cui, in un attimo e per un attimo, nel tempo di uno scatto fotografico o di uno sguardo, si scompare da fruitore per ricomparire da “fruito”.
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“Coexistence” Kiasma’s Collections di Emanuele Magri
anche la Band of Weeds, u n proget to aud io e v ideo, del 2015, creato da Kal le Hamm e Dzami l Kamanger c he reg i st ra t ut to i l mater ia le sonoro proven iente da l le piante usando i l metodo sv i luppato da l botanico sov iet ico Ivan Gunar. Ci sono l iq uid i ionizzat i che corrono al l’i nterno dei tessuti vegetal i e i cambiament i nel loro campo elettromag net ico possono essere conver titi nel la gamma sonora udi bi le dal l’orecchio umano. I materiali delle tre sculture di Charlotta Östlund sono piante, rocce e altri materiali naturali. Lavorando su f rag i l ità e sta bi l ità, ef f i mero e per manenza l’ar t ista tiene insieme rocce, frammenti di asfalto e pezzi d i cemento ammantandol i d i del icat i petal i. Le sue sculture sono come poesie: intrecciano i l ciclo incessante del la natura con una sotti le sensi bi lità lirica. Poesia dell’intestino (2017 ) d i Jen na Sutela si basa su un algoritmo programmato nel sistema che crea casua l mente nuove com bi nazion i d i f ram ment i d i testo sul la base di segnali biochimici provenienti da una colonia di kombucha in fermentazione, creando così u n nuovo t ipo d i poesia biolog ica al computer. Durante la sua residenza al MIT, ospite del la professoressa Caroline A. Jones del la sezione Storia, teoria e critica del Dipar timento di architettura del la MIT School of A rch itec t u re and Plan n i ng, Jen na Sutela ha approfondito i l suo interesse per l’ar te biologica e computazionale, av valendosi di organismi come i
sopra: Charlotta Östlund “Three works” 2016–17 (“Cup” 2017, plant parts; “Bouquet” 2016, petals, plant parts, stone, concrete, asphalt; “Moulting” 2017, petals, branch), courtesy Kiasma Collection / Finnish National Gallery, Helsinki
a destra: Maija Tammi “One of Them Is a Human” 2017, series of four photographs, courtesy Kiasma Collection / Finnish National Gallery, Helsinki
Coesistence - Human, Animal and Nature in Kiasma’s Collections è la mostra della collezione Kiasma (curata da Saara Hack lin, Kati K ivinen & Satu Oksanen) che esplora la possi bi lità di una coesistenza sosteni bi le tra l’uomo, le altre specie e l’ambiente. In un’epoca d i g ra nde r i s veg l io e pa r tec ipazione e i nteresse a conser vare la natura contro i danni e la violenza su di essa, arriva dai paesi nordici non solo i l richiamo della svedese Greta ma anche l’opera di artisti finlandesi. Coexistence - Human, Animal and Nature fa parte del l’anno tematico del K iasma Museum d i Helsi nk i incentrato sull’idea di good life, invitandoci a rif lettere su che cosa intendiamo per “bel la vita”. La maggiore consapevolezza del l’impatto umano sul la natura, si rif lette non solo nel contenuto tematico degli oggetti esposti, ma anche nei materiali scelti dagli ar tisti. L’opera Giardino degli immig rati (2006 -12) d i K a l le Hamm, Dzami l Kamanger & Lauri A inala, è composto da quattro par ti: una raccolta di i l lustrazioni di piante, una mappa, un li bro e opere audio. Gli studi in acquerel lo ritraggono varie piante ornamentali e commestibili che si trovano comunemente in Finlandia, ma che sono tutte non autoctone. La mappa mostra i percorsi delle piante verso la Finlandia. Interessante
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bat ter i Bacillus subtilis nattō e i l Physarum polycephalum. Questa slime mold (letteralmente muffa melmosa) ha dato prova di poter svi luppare capacità di apprend i mento anche i n assenza d i q ualcosa vagamente som i g l i a nte a u n cer vel lo o a l si stema nervoso prosperando in ambienti ombreggiati, freschi e u m id i, come le fogl ie i n decomposi zione e i t ronch i. At t raverso i l suo lavoro con mater ia l i v ivent i, Sutela si i nter roga su come esser i uman i e m icrobi si relazionano tra loro, esplorando le possi bi l ità d i comunicazione tra le varie specie viventi. Con Uno di loro è un essere uma no (2017 ) d i Ma ija Tam m i ci t rov iamo d i f ronte a fotog raf ie c he sono ritratti di androidi - robot progettati per assomigliare agl i umani. Il titolo suggerisce che uno dei q uattro ritratti è probabilmente umano, mentre gli altri sono esseri artificiali, ma non ci viene detto quale potrebbe essere i l “diverso”. I ritratti sono stati ripresi in Giappone. Gli androidi sono stati costr uiti sotto la super v isione di Hiroshi Ish ig u ro, professore d i robot ica del l’Un iversità d i Osaka, che mira a costruire l’androide più realistico del mondo. Una delle fotografie della serie ha vinto due premi in un concorso internazionale di ritratti, scatenando i l di battito sul fatto se la foto di un androide possa dav vero essere considerata un ritratto. A nche in questo caso si tratta di un lavoro in bi lico tra ar te e scienza e che parla anche di futuro. Quali saranno gli spostamenti di animali e piante? Baci l li intel ligenti prenderanno i l soprav vento sul l’uomo? Non s a r e mo più d i s t i n g u i bi l i d a g l i a nd r oid i c he avremo costruito? A l passato ci porta invece Marja Helander con Uccelli nella terra (2018), un video di 10 minuti in cui vediamo due ballerine in tutù bianco danzare sullo sfondo dei paesaggi del la Lapponia. A l l’improv v iso i loro tutù ven gono sos t it u it i d a i t rad i z ion a l i cos t u m i S á m i del la regione di Utsjok i-Karasjok i e veniamo por tati dalla Lapponia ai gradini del Parlamento finlandese. I n q uesto breve f i l m, l’ar t i sta esam i na i l con f l it to tra la società moderna e i l tradizionale sti le di v ita Sámi. I diritti al la terra indigena, i l consumismo e i l
rispetto per la natura sono tra i temi centrali affrontati nel video. A l triste presente del le foreste pluviali amazzoniche del Brasi le c i por ta i nvece i l v ideo d i K at i Roover, Coesistenza (2018). Catturando le miriadi di sf umature di verde e i ricchi paesaggi sonori del la foresta ved iamo c he non è più così selvag g ia e i ncontam inata come spesso supponiamo, dato che gli scienziati hanno lasciato tracce della loro presenza sotto forma di ingombranti attrezzature di ricerca. Il cielo e l’aldi là sono invece protagonisti del le opere di Hannaleena Heiska che in Something there is (2016), carbone su compensato, ci propone occh i, uccel l i e pianeti presi in prestito da antiche carte stellari, mentre Alma Heikkilä, con Interfaccia sensoriale primaria con il mondo esterno (2017), inchiostro e acri l ico su poliestere, ci fa rif lettere su come tutti gli organismi d ipenda no l’u no da l l’a lt ro. I n f i ne, non ma nca no i riferimenti a temi della Storia dell’Arte. Nell’opera di Emma Hel le, The Dolphin Is Angr y (2018), vediamo la figura di un bambino, probabi le Cupido, che cavalca sulla schiena di un delfino. Ma nella scultura di Helle i l delfino assume i l ruolo principale, è lui che non ne v uole più sapere del la f ig ura d i norma dom i nante. E l’ar tista invece di usare i l marmo e la porcel lana, sceg l ie a rg i l la g rossa e sa bbiosa per dec lassa re i l tema classico. In definitiva, una varietà di linguaggi per confront a r s i con le q ues t ion i a m bient a l i , u n tema c he d i recente, con l’agg ravarsi del la crisi ecolog ica degl i anni 2000, ha av uto giustamente una grande attenzione da par te di molti ar tisti.
sopra : Marja Helander “Birds in the Earth” 2018, video, 10 min 40 s, courtesy Kiasma Collection / Finnish National Gallery, Helsinki
a sinistra : Kati Roover “Coexistence” 2018, video, 22 min 44 s, courtesy Kiasma Collection / Finnish National Gallery, Helsinki
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Ann Veronica Janssens exhibition view at Studio G7. Ph Alessandro Fiamingo, courtsy Studio G7, Bologna
Michał Szlaga “Stocznia/Cantiere navale: documenti di perdita” 2010, stampa fotografica a pigmenti su carta Moab Entrada Rag, 33 x 50 cm, courtesy dell’artista e Trieste Contemporanea (opera esposta allo Studio Tommaseo di Trieste, dal 18 gen al 20 feb 2020)
BOLOGNA Lo Studio G7 lo scorso mese ha ospitato un prezioso approfondimento sul lavoro di Ann Veronica Janssens in un allestimento altamente esemplificativo della vocazione dell’artista a lavorare sull’immaterialità attraverso dispositivi che alterano le normali percezioni per generare un “vuoto” carico di suggestioni. La consistenza minimalista dei suoi lavori, risultato di una lucida intenzione di sottrarre, rimuovere, diminuire e ridurre per arrivare al massimo della semplicità della forma attraverso gesti essenziali, riesce a mettere in scena in modo misteriosamente sontuoso la bellezza della fragilità, senza per questo distrarsi dall’obiettivo di indagare i limiti del visibile per cercare nuovi modi di oltrepassarli. E proprio il profondo legame con la fisicità dello spettatore rende le sue opere creature vive, sensuali, mai asservite alla pura speculazione ottica o fisiologica, ed è all’origine del senso di meraviglia che suscitano nonostante l’estrema economia di mezzi con cui sono realizzate. La mostra S.p.A.A. Società per Azioni Artistiche alla Galleria Enrico Astuni, a cura di Giacinto Di Pietrantonio (opere di Carla Accardi, Cuoghi Corsello, Alberto Garutti, Peter Halley, Suzanne Lacy, David Medalla, Luca Rossi) s’interroga non sul senso del mercato o dell’economia dell’arte come la sigla potrebbe far pensare, ma sulle azioni che le opere d’arte attivano. Per evidenziare quest’aspetto, ogni autore è
messo in relazione con le parole di un critico, che ne enfatizzano la sfaccettata complessità discorsiva. Le parole, serigrafate sulle pareti della galleria e pubblicate nel catalogo-giornale, funzionano come collegamento tra le opere e lo spettatore, esplicitamente invitato a partecipare immaginando altri abbinamenti e altre frasi. La collettiva AGAINandAGAINandAGAINand, a cura di Lorenzo Balbi con l’assistenza curatoriale di Sabrina Samorì, al MAMbo, visitabile fino al 3 maggio 2020, affronta il tema della ciclicità e del superamento della rappresentazione lineare del tempo attraverso l’espediente del loop e della ripetizione nella contemporaneità, analizzandolo dalle diverse angolazioni suggerite da artisti che hanno posto l’argomento al centro della propria ricerca. Spaziando tra i diversi media – performance, video, scultura, pittura, fotografia e installazione – il progetto propone un percorso strutturato in ambienti immersivi, caratterizzati da intensità temporali differenti. Assolutamente da segnalare la video installazione Safe Conduct (2016) di Ed Atkins in cui l’alter ego digitale dell’artista viene smembrato in pezzi riconoscibili sui nastri trasportatori dell’area di check-in e di ritiro bagagli di un aeroporto deserto insieme a oggetti proibiti come pistole e riferimenti alla morte come teschi e sangue. Molto coinvolgente anche l’opera icona della mostra, la performance ambientale Bonjour (2015) di Ragnar Kjartansson composta da
una imponente scenografia che riproduce nei minimi dettagli un caseggiato di un villaggio francese, probabilmente degli anni Cinquanta, in cui due attori, negli orari di apertura della mostra, mettono in scena uno straniante dialogo carico di emozionalità sottintesa. Il progetto ZigZag Protofilosofia (2017-in corso) di Ivana Spinelli, presentato da GALLLERIAPIÙ tra gennaio e marzo, nasce dal suo incontro casuale con l’archeomitologia di Marija Gimbutas e dalla fascinazione per il potenziale filosofico della civiltà Neolitica. La scoperta che quel mondo arcaico fosse molto più evoluto e sfaccettato delle categorizzazioni in cui veniva abitualmente semplificato, suscita nell’artista l’idea di riportarne i segni nel presente con l’intento di sperimentare come si possano inserire nel nostro linguaggio e quali conseguenze epistemologiche e cognitive potrebbero innescare. Specificatamente, la forte connessione vita-segno-natura che caratterizza le grafiche preistoriche postula una logica ciclica totalmente diversa dal sistema di pensiero binario che ha improntato per secoli la riflessione analitica occidentale e che oggi rivela i suoi limiti nell’incapacità di comprendere nelle proprie categorie rigidamente oppositive un mondo fluido in costante ibridazione. -Emanuela Zanon “Vi ho visto... ero presente”, la mostra tributo a Roberto Vitali, tenutasi alla Millenium Gallery, Juliet 197 | 95
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