Juliet 200

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Juliet online: www.juliet-artmagazine.com

Anno XL, n. 200 dic 2020 - gen 2021 Juliet è pubblicata a cura dell’Associazione Juliet. Autorizzazione del Tribunale di Trieste, n. 581 del 5/12/1980, n. 212/2016 V.G. registro informatico Direttore responsabile: Alessio Curto

Illustrazione di Antonio Sofianopulo

Editore incaricato: Rolan Marino Direttore editoriale: Roberto Vidali Servizi speciali: Luciano Marucci Direzione artistica: Stefano Cangiano, NĂłra Dzsida Contributi editoriali: Piero Gilardi, Enzo Minarelli Direttrice editoriale web: Emanuela Zanon

Contatti info@juliet-artmagazine.com Juliet - via Battisti 19/a - 34015 Muggia (TS) f b: associazione juliet

Corrispondenti Berlino - Annibel Cunoldi Attems annibel.ca@gmail.com

Bologna - Emanuela Zanon emanuelazanon@yahoo.it

Collaboratori Amina G. Abdelouahab, Lucia Anelli, Elisabetta Bacci, Chiara Baldini, Angelo Bianco, Mara Borzone, Boris Brollo, Antonio Cattaruzza, Micaela Curto, Serenella Dorigo, Sara Fosco, Dionisio Gavagnin, Roberto Grisancich, Andrea Grotteschi, Emilie Gualtieri, Silvia Ionna, Ernesto Jannini, Alessia Locatelli, Isabella Maggioni, Chiara Massini, Loretta Morelli, Ivana Mulatero, Liviano Papa, Gabriele Perretta, Paolo Posarelli, Michela Poli, Rosetta Savelli, Giovanni Viceconte Illustrazioni Antonio Sofianopulo Web designer Andrea Pauletich Fotografi Luca CarrĂ  Stefano Visintin

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Brookings (USA) - Leda Cempellin leda.cempellin@sdstate.edu

Milano - Emanuele Magri emanuelemagri49@gmail.com

Melbourne - Stefano Cangiano ste.cangiano@gmail.com

Napoli - Rita Alessandra Fusco ritaalessandra.fusco@gmail.com

Parigi - Anna Battiston 90103annabattiston@gmail.com

Tokyo - Angelo Andriuolo arsimagodei@gmail.com

Torino - Valeria Ceregini valeria.ceregini@gmail.com

Collaborazioni JULIET art magazine collabora con scambio di notizie con la web-rivista www.olimpiainscena.it di Francesco Bettin

Consulente tecnico David Stupar Promoter Gary Lee Dove Giovanni Pettener Maria Rosa Pividori Paolo Tutta Juliet Cloud Magazine Cristiano Zane Stampa Sinegraf Abbonamenti 5 fascicoli + extra issue: Italia 50,00 €, Europa 65,00 € others 90,00 €, arretrati 20,00 € copia estero 20,00 € c/c postale n. 12103347 o Iban IT75C0200802242000005111867 Banca Unicredit, Trieste. con paypal tramite il sito juliet-artmagazine.com


Sommario

Anno XL, n. 200, dicembre 2020 - gennaio 2021 36 | Produzione creativa e identitĂ  - Rif lessioni sulla genesi e

PICS

l’evoluzione (IV)

75 | Jim Lodges - “A Dream of Knowing”

Luciano Marucci

77 | Ramon Haze - “Der Schrank”

48 | RenĂŠ e Georgette Magritte - Memorie di una relazione

79 | Marcello Diotallevi - Roma 1966

surreale

81 | Kiki Smith - “Seer (Alice I)”

Anna Maria Novelli & Luciano Marucci

83 | Helen Marten - “The Gnocchi of Autumn”

52 | Il calco organico - Un’ipotesi di scultura contemporanea

85 | Gil Shachar - Senza titolo

Emanuela Zanon

56 | Daesung Lee - Crossing Borders Valeria Ceregini

58 | Tracce Olimpiche - a Tokyo Angelo Andriuolo

60 | A call to arms - In conversation with Kendell Geers

RITRATTI 86 | Scatti di luce - Alessandro Rosada Stefano Visintin

93 | Tommaso Calabro - Fotoritratto Luca CarrĂ 

Sara Cirillo

62 | Galleria Continua - festeggia il suo trentennale Luca Sposato

64 | “31: Women” - Daimler Collection Emanuele Magri

66 | Un nuovo iconoclasmo - nello spazio pubblico Jacques Heinrich Toussaint

67 | Anne de Carbuccia - La natura dell’arte Annalina Grasso

68 | Maurizio Ciancia - La vertigine nello spazio Sabrina Zannier

69 | We Never Sleep - Schirn Kunsthalle Frankfurt Fabio Fabris

70 | Magasin III - a Stoccolma Chiara Baldini

RUBRICHE 87 | Sign.media - In difesa del concetto ÂŤfattualeÂť Gabriele Perretta

88 | Appuntamento Purposeful Luxurian - Tina Edmundson Micaela Curto

89 | P. P. dedica il suo spazio a Fabio Roncato Angelo Bianco

90 | (H) o - della Casa Museo Angelo Bianco

91 | Julie Carmean - Thinking Routines, Part II Leda Cempellin

92 | Arte… e Architettura - Francesco Morena Serenella Dorigo

71 | Haegue Yang - segni primordiali Fabio De Carlo

72 | Vittorio Gaddi - collezionare con cuore e cervello, I parte Emanuele Magri

73 | Sara Lorusso - e la fotografia

AGENDA 94 | Spray - Eventi d’arte contemporanea AAVV

Francesco Bettin

74 | TĂŞte-Ă -tĂŞte - con Tommaso Calabro Emilie Gualtieri

76 | La scultura “Shona” - dopo le sanzioni ONU Paola Forgione

78 | Francesco Radino - La forma e l’etica

COPERTINA Daniel Buren “Photo-souvenir: Promenade à La Havane”

Dionisio Gavagnin

2015, lavoro in situ Biennale d’arte contemporanea,

80 | Kontinent - Akademie der KĂźnste Berlin

L’Avana, maggio 2015, porte dipinte e strisce bianche e

Annibel Cunoldi Attems

nere dipinte larghe 8,7 cm. Photo by Lorenzo Fiaschi, courtesy the artist and Galleria Continua,

Enrico Perotto

San Gimignano, Beijing, Les Moulins, Habana, Roma.

84 | Start a Genova - La notte delle gallerie

Š DB-ADAGP Paris

Amina Gaia Abdelouahab

SA Se GG pr (D I O i v o N . . P. R G R d e l 6 6 . AT t r 3 26 UI ian ar / 1 TO g ol t . 2 0/ , l 19 e s. o et 7 2 IV t. ) A d

82 | Claudio Totoro - e l’arte multiforme

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Produzione creativa e identità Riflessioni sulla genesi e l’evoluzione (IV) a cura di Luciano Marucci

L’i ndag i ne su l tema “Produzione creat iva e ident ità” prosegue, questa volta attraverso i contributi di tre personalità che nar rano le loro par t icolar i esper ienze anche i n rappor to ai gravi problemi causati dalla crisi sanitaria globale. Da qui le analisi oggettive sull’evoluzione della situazione in atto e sui mezzi usati nel sistema socio-culturale e politico per arginare gli effetti negativi; le proposte concrete o immaginifiche che (i n)d irettamente d ialogano i n senso estetico ed etico con gl i altri protagonisti della scena esistenziale impegnati a risolvere emergenze v ital i del mondo reale d ivenuto più v u l nerabi le. Dunque, tre modi di convivere con la perseverante pandemia e di reagire con le risorse creative per limitare i danni anche dal lato economico e, quindi, la pover tà e le tensioni social i. Purtroppo, la seconda ondata epidemica ritarderà l’approdo alla nuova normalità, che potrà arrivare solo dopo la vaccinazione di massa, capace di immunizzarci dal Covid e dagli altri virus che provocano sofferenze alle comunità umane. Domenico Quaranta, critico e curatore d’arte contemporanea, docente Luciano Marucci: La crisi causata dalla pandemia, che persiste, ha anche incentivato la digitalizzazione delle dotazioni museali ad alta def inizione, una produzione artistica più responsabile, la virtualizzazione di spazi ed eventi espositivi limitando la fruizione diretta dell’opera. L’uso delle tecniche per il maggiore coinvolgimento degli osservatori attraverso installazioni immersive, interattive e multimediali, è praticabile per promuovere un largo consumo? Domenico Quaranta: Trovo molto interessante questa domanda, anche perché mi consente di fare i conti con il tempo e con i tempi rapidi del nostro adattamento alle tecnologie. Come sai, uno dei principali cavalli di battaglia del fenomeno Post Internet è stato l’insistenza sulla legittimità della fruizione mediata dei contenuti e sulla centralità della circolazione digitale delle immagini. Artisti come Seth Price, Hito Steyerl, Oliver Laric hanno sostenuto come l’esperienza di una riproduzione, di una traduzione, di una mediazione “impoverita” di un’opera (un’immagine a bassa risoluzione, il racconto di un amico) abbia legittimamente sostituito, in molti casi, l’esperienza diretta dell’originale, sempre che questo termine abbia ancora un senso. In una intervista che gli feci nel 2011, Laric mi disse: “Amo le interpretazioni e le esperienze mediate: libri che parlano di libri, cataloghi di mostre, interpretazioni di film. Alcune delle opere e dei film che preferisco li conosco solo attraverso un racconto” (Domenico Quaranta, “The Real Thing: Interview with Oliver Laric”, in Artpulse, luglio 2011, online http://artpulsemagazine.com/the-real-thing-interviewwith-oliver-laric). Queste dichiarazioni erano vere nel 2011 e sono vere oggi. Nel 2011 erano anche affermative e provocatorie, insistendo sull’autenticità di una modalità di esperienza che fino ad allora avevamo vissuto come secondaria e surrogata. Nel corso del decennio successivo ci siamo in gran parte allineati ad esse. Nel 2020 la pandemia ha fatto della mediazione l’unica modalità possibile di fruizione: una condizione senza alternative. Questo

Domenico Quaranta durante il suo intervento al simposio “AUTOMATE ALL THE THINGS!”, The Academy of Fine Arts and Design e Moderna galerija, Ljubliana, gennaio 2020. Produzione: Aksioma – Institute for Contemporary Art, Ljubljana (ph courtesy Domen Pal / Aksioma)

sviluppo ha accelerato e in certi casi forzato la digitalizzazione, ma non può non indurci anche a un ripensamento del rapporto tra presenza e mediazione. Nella vita e negli affetti, l’esperienza forzata della distanza e della mediazione ci ha portato a ri-attribuire importanza alla presenza e al contatto: è inevitabile che questo accada anche nel campo delle esperienze artistiche. L’arte è già per sua natura mediazione, concrezione di un’idea in una forma, espressione di un contenuto attraverso un linguaggio specifico. La priorità, per me, resta sempre quella di presentarla come l’artista stesso l’ha concepita, nello spazio da lui scelto, rendendo invisibile la mediazione curatoriale. Viceversa, presentarla in un ambiente non suo (dallo spazio fisico alla rete, dalla rete allo spazio fisico), o attraverso modalità esperienziali che non appartengono all’opera originaria (la realtà virtuale, l’installazione multimediale) è un’operazione molto delicata che va curata con grande attenzione per evitare falsificazioni e tradimenti. In questo caso, la mediazione deve, a mio parere, essere visibile, e attribuita, in quanto vera e propria operazione autoriale: chi ne è responsabile? Il curatore? L’artista? È giunto il momento di dire che un quadro non è un file JPG, e che se voglio presentarlo in rete il modo deve essere conseguenza di una scelta consapevole, non di una convenzione prestabilita. A queste condizioni, sicuramente la mediazione può favorire un maggiore accesso, parola che preferisco a consumo. Il lockdown ha favorito la libera espressione e la comunicazione online, ma il loro livello qualitativo è condivisibile?

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Danilo Correale “Reverie, On the Liberation from Work” 2017, installata per la mostra “Hyperemployment”, a cura di Domenico Quaranta, International Center of Graphic Arts, Ljubljana, 7 novembre 2019 – 19 gennaio 2020. Produzione: Aksioma – Institute for Contemporary Art, Ljubljana (ph courtesy Jaka Babnik)

Dipende molto da quale “comunicazione” stiamo considerando. Il livello qualitativo della discussione sulle mailing list e i forum degli anni Novanta è stato annacquato dall’avvento dei social network, basati su risposte brevi, condivisioni e reazioni. In gran parte, la comunicazione da dialogica è divenuta unidirezionale, e ha assunto una natura promozionale: non si pubblica per stimolare il dialogo, ma per promuovere sé stessi, ottenere like, conquistare follower. Questo ha prodotto tutte le deformazioni comunicative ormai ben note: fake news propagate da eserciti di utenti bot, “tempeste di merda”, linciaggi pubblici, cancel culture. Ovviamente la comunicazione online non è solo questo, ma è cruciale una rieducazione collettiva alla comunicazione online. Dobbiamo acquisire la consapevolezza, a tutti i livelli (individuale, istituzionale, scolastico) che la rete è ormai diventata il nostro spazio pubblico primario. La cultura digitale dovrebbe essere integrata nell’educazione civica. Non possiamo delegare la gestione di questo spazio pubblico alle community guidelines delle compagnie che ci permettono di accedervi, né ai criteri censori degli algoritmi e dei moderatori di contenuti. Questa tendenza, ormai irreversibile, sta veramente cambiando il sistema espositivo tradizionale e il mercato dell’arte? Come già accennato, la pandemia ha solo accelerato o forzato un processo già in corso, da molto tempo. Se quindici anni di social network, blog, piattaforme di streaming non avessero abituato gli artisti a veicolare e il pubblico a fruire contenuti attraverso uno schermo, non avremmo visto, nell’ultimo anno, questo fiorire di

mostre digitali. Se i collezionisti non avessero già consuetudine con l’acquistare online un’opera vista sul sito di una galleria o di una fiera, su un account Instagram o in un dossier in PDF, le fiere sarebbero morte piuttosto che migrare al digitale; o avrebbero cercato di andare online senza riuscirci, per mancanza di consenso tra le gallerie. Paradossalmente, oggi per me la vera sfida non sono la digitalizzazione e la virtualizzazione, ma la ricerca su nuove forme di presenza. È lì che dobbiamo settare il nuovo traguardo, mentre i tardivi della digitalizzazione arrivano a completare il vecchio circuito: nel generare contatto, socialità non mediata, coinvolgimento di tutti i sensi (non solo la vista e l’udito), nuove ritualità per lo spazio espositivo. L’intelligenza artificiale, importante per incrementare la ricerca e la sperimentazione non soltanto nel campo estetico, potrà alterare le relazioni umane con la realtà fisica? Preferisco non avventurarmi sul terreno impervio delle previsioni, soprattutto quando si parla di intelligenza artificiale, una linea di ricerca che ha avuto diversi momenti di accelerazione e congelamento nel corso dell’ultimo mezzo secolo. In questo momento, il successo dell’intelligenza artificiale e il suo impatto sulla nostra immaginazione si fondano soprattutto sugli sviluppi nel machine learning e sull’uso delle reti neurali nella manipolazione delle immagini. Sicuramente già influenza la nostra socialità e le nostre relazioni, intrufolandosi nella nostra vita online (chatbot, virtual boy- / girlfriend, assistenti intelligenti) e offline, attraverso la robotica. Ci permette di giocare

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Daesung Lee Crossing Borders di Valeria Ceregini

Daesung Lee “On the shore of a vanishing island. Soth Korea” 2011. Ph credits and courtesy the artist and Amy-D gallery, Milano

As Italian I am ver y sensi ble at the migration problem, every day it is possible to see on TV, newspaper, or only meet in person these people in the streets who lost everything. They are moving on for so many different reasons in a foreign country where often they are seen as an unwelcomed guest. I absolutely don’t want to compare myself to these wasted lives (Z. Bauman, 2004), but like me, many others people from my generation left Italy to find a job or a stable future. Italy was and still is a country of migrants. That demonstrates how many reasons there are beyond the decision to cross borders even when you are living in wealth and developed western country. Acting as a visual arts curator, I decided to approach this argument researching among artists how to transmit the message of this social and ecological emergency. The South Korean photographer Daesung Lee has been hit my attention for the quality of his images and stories. At the same time, I came across a wonderful group of i nter nat ional ar t ists and curators w it h my si m i lar interests and with an ambitious project titled Crossing Borders. Valeria Ceregini: Why and when did you decide that photography was the right medium to express your art, thoughts and yourself ? Daesung Lee: My favorite artists are like Charlie Chaplin, Christian Boltanski and William Kentridge, not even photographers. Their works are not difficult to understand and create a lot of different pathos in my mind.

They know how to tell the story and how to resonate to audiences rather than express their thoughts. I am generally interested in telling social issues. Therefore, I am focused on how to communicate the subject and how to deliver the message to the audience. By that, I generally prefer to use popular and understandable visual languages. I started to photograph for fun as an amateur. And to me, photography is still the same medium for easy, fun and good communication to audiences, because it is more illustrative than abstract. But at t he sa me t i me, it a l so has ambiguity and mystery to inspire audiences with imaginations and interpretations upon their perspectives. That is the charm of photography as a medium. Please, tell more about yourself and your research… I am from South Korea, born in 1975. My generation has experienced a very compressed and rapid economic growth. When I was born, in my grandparents’ village, no tab water, no proper toilet (we already had an eco-friendly toilet in nowadays trend) and cooking with wood. Nothing was sufficient in daily life. So, we had to depend on and help each other to live. There was more solidarity, friendship and neighbourhood by that time. A lso, we were very depending on our lives in agriculture. The relationship with nature was very different in the village. There still were very strong animism and shamanism traditions and practices since economic change has happened rapidly in 40 years. Also, I have watched the rapid change in society. We have lost these beautiful traditions through economic growth and westernization. I guess most of the Asian countries have similar experiences. I think we are maybe more intelligent, but not wiser than before. This globalization economically connected the world more than before, which means that we globally depend more on each other. But ironically we are less connected as human by this globalization. In the past, we used to have a lot of smalls shops and ateliers in my childhood memories. But now, we don’t know who produce and how is made any more by globalization. So, we finally don’t appreciate any more to those who produce daily products for us. And also, all the products have become cheaper by globalization (by using this cheap labours & resources from poorest countries). So, we waste more and throw them easily. That causes enormous impacts on the environment. We

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are maybe smart in a small picture. But in a big picture, we are not wise at all. You are a documentarist photographer, what it means for you, especially in these challenging times? I am interested in telling audiences stories. So, when I work, the format is not my biggest concern. I think which is an eff icient way to communicate in v isual language. Yes, it is a challenging time. We have experienced a lot of environmental crisis recently. I had Covid-19, and I still have a long-covid syndrome since April. But honestly, I am not surprised or frustrated because these problems are supposed to come to us one day. Pandemic, climate change, environmental crisis, these are all the consequences of human activities. And look at the fact, past 50 years, almost half of species of the planet have been extinct by humans’ activities and still goes on. So, who is a virus on the earth? But we say ‘Save the earth!’… well? Who saves who? But the truth is: the earth doesn’t need to be saved by us, we need it to survive. Our society is changing due to the pandemic. Our planet is close to the irreversible collapse. What art and artists can do to awake the social consciousness? I don’t believe that art could do something so much. But I could not say art is useless. I am in a sceptic about the function of political art. I went to see an African art exhibition in Louis Vuitton’s centre. Many of the worker s were a bout colon i a l h i s tor y a nd con f l ic t arou nd nat u ra l resou rce i n A f r ican cou nt r ies. But when I walked around there. All the security guards have black A frican or Northern A frican origin, and then after the exhibition, I went out through the back door. There were a group of cleaners, and they were all black people. Regardless of the intention of those political artworks, the situation has not changed so much from the colonial time. I felt a big paradox between the works and reality in one exhibition space. In my opinion, seeing those political artworks make us believe that there are changes regardless of actual changes in reality. Even, sometimes, it rather than washes the problems. (For example, Barack Obama’s presidency in the U.S., but it seems that racism has worsened than before). But I already told that art could not to do much, but it was not useless i n t he beg i n n i ng. In my opi n ion, becau se of A r t ’s f u nc t ion s as a n indicator of the current situation of society. As long as many artists feel those social problems, there is more work produced on t hat. But why there are no actual changes? Because people don’t consider it “my problem”. Honestly, during the confinement, it seems that the shortage of toilet paper awakened more social consciousness than art. Why? Because it was my problem. Climate change action is the same. We maybe go to ‘Climate change march’ and urging the government to find the solutions

on Saturday morning, and then in the afternoon, we fly for a weekend trip again. There is no actual action in daily life so much. We still live the same as before. And asking the government for the change instead of changing ourselves. ‘I live what I want, but you find a solution for me’. We are very hypocritical. In your photos, you are describing the ecological changes and environmental disasters. Also, in your Souvenirs, you are ironically depicting an unexpected cynical society. What do you think about our current times? This economic system is depending on growth. As long as there is no growth, we have an economics problem. But the ear th doesn’t grow, natural resources don’t grow. How is it possible to keep growing? This economics system itself already has the fundamental paradox from the beginning. If we built the economic system sustainable, we would not have all those problems. This sustainability is based on collaborations and harmony with other people, other species and nature. This crisis requires us the complete change of our paradigm. But the situations are very pessimistic. This pandemic shows that we have chosen infinitive competitions among us instead of collaboration or solidarity. We already have lost so many t h i ngs by t h i s compet it ion w it h nature. Why do we have the refugee crisis in Europe and other countries? Because we have ignored all the global problems because it was not directly happening to us. Economic inequality, war and environmental disaster in the 3rd world were not my problems. Finally, they have become my problems as the refugee crisis, pandemic and forest fire (climate change) due to my ignorance. That is the consequence of our current paradigm, and we pay now. Be wise… Don’t forget what Carl Edward Sagan showed and told us. Think about how you want to live when you still alive. And also, think about what kind of world and future you want to give to your loving children.

Daesung Lee “Futuristic Archaeology” 2015. Ph credits and courtesy the artist and Amy-D gallery, Milano

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Spray

Eventi d’arte contemporanea

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Jules-Louis e Paul Breton “Torretta per l’osservazione degli uccelli e dei velivoli” 10 ottobre 1930, stampa ai sali d’argento, Archives nationales, Francia, 398AP/27/. Ph courtesy Fondazione MAST

Salvo

“Ippolito e Fedra” 1977, 27 x 42 cm, olio su tavola. Courtesy Claudio Poleschi Arte Contemporanea, Dogana, RSM (opera esposta in occasione di Flash Back Edizione Diffusa)

ANCONA Presso il Bastione Sangallo di Loreto è stata presentata la collettiva Crepuscolo, organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Loreto e dall’Associazione Marche Arte Viva, a cura di Matteo Binci e Giacomo Pigliapoco. La mostra ha unito passato e presente, accostando narrazioni secolari e antiche tradizioni locali a visioni contemporanee eterogenee. L’allestimento all’interno dell’edificio cinquecentesco, recentemente restaurato, proponeva al centro dell’architettura semicircolare una serie di materiali d’archivio e documenti storici, datati tra il XVIII e il XXI secolo (legati alle leggende popolari e religiose della città lauretana), accostati a diversi contributi di Mario Giacomelli, Gianni Berengo Gardin, Olivo Barbieri, Antonio Biasiucci, Angelo Mezzanotte, Bruno da Osimo e Valeriano Trubbiani. Gli artisti invitati hanno dialogato con le opere presenti e gli spazi. Harun Farocki ha indagato le tecniche di elaborazione delle immagini operative, come il riconoscimento di oggetti, la sorveglianza elettronica e i dispositivi militari telecomandati, al fine di analizzare da vicino la relazione tra l’uomo, la macchina e il mondo moderno. Raphaela Vogel si è soffermata sui legami tra lo sguardo delle vedute aeree riprese dai droni e la fisicità dei corpi delle donne. Le installazioni personali e profondamente stratificate di

Atena Papadopoulos riflettevano in modo intenso sulle prospettive comuni riguardo la sessualità, i corpi e i processi di decomposizione. Enrico Boccioletti ha composto un insolito autoritratto formato da oggetti di riuso, elementi naturali e tecnologici. I rituali di Raffaella Naldi Rossano hanno affrontato la dualità uomo-donna attraverso nuove pratiche collettive. I diversi significati della sigla W.I.T.C.H. – diffuso negli anni ‘60 dai gruppi di protesta femministe americane – hanno condotto Anna Bunting-Branch a creare un universo alternativo di relazioni all’interno della narrativa femminista. Infine, Giulia Crispiani ha trasformato alcune tradizioni orali locali in azioni emotive e vivaci per trasmettere storie di guarigione, cura, malvagità e miracoli. -Loretta Morelli

BERGAMO Nel lavoro di Francesco Gennari (Pesaro, 1973; vive tra Milano e Pesaro) si coniugano vari aspetti della cultura visiva degli anni Settanta e del primo Novecento: dal minimalismo al concettuale, dalle istanze metafisiche alla purezza della forma. Il suo lavoro tocca il linguaggio della fotografia, della scultura, del disegno: un percorso sempre puntuale e preciso e poetico, un percorso che non dimentica l’indagine sottile

di cui l’autorappresentazione costituisce un aspetto fondamentale. Il GAMeC gli ha dedicato una personale dove la complessità a trecentosessanta gradi del lavoro di Gennari l’abbiamo ritrovata su supporti diversi e sul tema dell’autoritratto. Un volume edito da Skira ripercorre le tappe della mostra: “Drawings, Visual Essays, Self-Portraits”. I testi, molto affascinanti e approfonditi, sono a firma di Lorenzo Giusti (curatore della mostra e direttore del GAMeC), Mouna Mekouar (curatrice indipendente), Petter Snare (direttore di KODE, Bergen). Il costo è di 40,00 euro; per ordinarlo: www.skira.net

BOLOGNA Fino al 3 gennaio alla Fondazione MAST troviamo due mostre molto impegnative. L a prima presenta i cinque finalisti del sesto concorso fotografico su industria e lavoro: “MAST Photography Grant on Industry and Work”: Chloe Dewe Mathews (che sottolinea i danni ambientali delle coltivazioni intensive nei polytunnel, le strutture in plastic a che ricoprono quattrocento chilometri quadrati di superficie terrestre per consentire di produrre ortaggi tutto l’anno), Alinka Echeverría (che guarda alla quarta rivoluzione industriale ricostruendo le storie di tre donne del passato, pioniere nel campo dell’industria cinematografica e Juliet 200 | 95

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