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MOTORI: L’AUTO CAMBIA PELLE. OPPURE L’ABITO, 3D

ARENA

CAPODANNO: A EDIMBURGO, DOVE DURA PER 4 GIORNI

Arena Lifestyle supplemento del settimanale on line Commodity World Weekly - Anno I I n.. 22 12 /2016 registr. al Tribunale di Pavia n. 673 dell’11/5/2007

WEB MAGAZINE ANNO II DICEMBRE 2016

LIFESTYLE

ARTE/GIO’ DI BUSCA: I MAGNIFICI GIGANTI DI BRONZO

La stagione della Scala apre con Maria Josè Siri diretta da Chailly

I segreti di Madama

BUTTERFLY MILANO DALLA A ALLA Z: ASTE, SHOPPING, MUSEI, VISITARLA PER LE FESTE

WWW.KATIAFERRI.com

INTERVISTA: ALLA SCOPERTA DEL BANGLADESH CON IL CONSOLE ONORARIO SCARPA BASTERI

FASHION: IN TOTAL GOLD O SILVER PER S.SILVESTRO




ARENA

LIFESTYLE MAGAZINE n.22 12/2016

Editoriale

IN COPERTINA: JOSE’ MARIA SIRI E’ LA MADAMA BUTTERFLY 2016, DIRETTA DA RICCARDO CHAILLY

Katia Ferri Melzi d’Eril Direttore responsabile di Commodity World Weekly Magazine e dei supplementi Arena Lifestyle e Heritage & Traditions ritratta dal maestro Luigi Ontani. Acrilico su carta, 1983

ARENA LIFESTYLE, supplemento di Commodity World Weekly Magazine, è il mensile in cui le materie prime diventano prodotto finito: cibi sopraffini, gioielli, oggetti per la casa, automobili, inimitabili pezzi d’arte. Elementi che si trasformano e si adattano ai nuovi ambienti, ai nuovi stili. Arena è sempre più una guida al lifestyle più cool, in bilico tra Europa e resto del mondo. In questo numero di fine anno (e fine governo) una cover iconica dedicata alla Scala di Milano dove Maria Josè Siri canterà nei panni di Madama Butterfly. La jap mania sta già contagiando la città e non solo perchè in contemporanea all’opera è alla ribalta la bellissima mostra di Hokusai a Palazzo Reale. La grande moda anni ‘80 con i suoi colori decisi e i suoi tessuti metallizzati è tornata ad animare Milano che, grazie alla stagione delle grandi aste, è finalmente una vera capitale europea. E’ qui che giungeranno migliaia di persone per godersi le feste, mentre una parte dei milanesi scapperà al freddo (della Scozia per esempio, per il tradizionale Capodanno a Edimburgo) o al caldo (anche in posti estremi come il Bangladesh, dove arrivano solo turisti indiani e indocinesi) o nelle città d’arte a caccia di mostre, come il nostro amico Giovanni Malerba di Busca, architetto prestato alla scultura, che nell’arte antica cerca l’ispirazione per modellare le sue divinità maschili di bronzo. Fra meno di un mese staremo a tavola non stop, a degustare meraviglie alimentari. E a bere, bene, mi raccomando. Italiano o no, come vi pare.Auguri. Katia Ferri Melzi d’Eril (direttore@arenamediastar.com)

Contributors di questo numero: Stories

Sonia Avanzi Amir H. Barouh Giovanni Nicastro Guidiccioni Giorgia Pertosa Ada Eva Verbena

Rubriche

Timur De Angeli Galeazzo Melzi d’Eril Claudia Palmucci

Grafica e web Luca Timur De Angeli

Photographers & Illustrators Simone Saccani

Foto di copertina: si ringrazia l’ufficio stampa del Teatro alla Scala di Milano

ARENA LIFESTYLE anno II n. 22 dicembre 2016 supplemento mensile di Commodity World Weekly Magazine settimanale web registrato presso il Tribunale di Pavia n. 673 dell’ 11/5/2007, edito da Katia Ferri Melzi d’Eril realizzato in collaborazione con l’associazione culturale non profit Arena Media Star Sede legale: Via S. Giovannino 5, 27100 Pavia tel. 0039 349 8610239 www.katiaferri.com katiaferri@hotmail.com

Le pagine pubblicitarie (mostre o campagne sociali) sono scelte ogni mese dalla redazione e inserite a fronte di nessun compenso

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LIFESTYLE MAGAZINE n.22 12/2016

Sommario

GIOVANNI MALERBA DI BUSCA: GIGANTI DI BRONZO PER RACCONTARE L’ESISTENZA pag.54

Dicembre 2016

Rubriche:

Intervista| 48-52

Libri &Co| 12

Cover Story| 16-27

Top Nightlife| 14-15

contati da Riccardo Chailly

cura della nostra crew tv

Gianalberto Scarpa Basteri, console onorario Bangladesh

Scala: Siri e la Butterfly rac-

Grand Tour| 34-38

Volare a Edimburgo. Perchè è la capitale del Capodann

Esistenziaisti al caffè

I party e gli eventi con vip a

Food| 39

Le buone strenne pro terremotati firmate Coldiretti

Grand Tour 2| 42-48

Heritage| 53

di spiagge e foreste

sul campo di battaglia

Focus Arte|28-31

Aste| 60-61

In Bangladesh, alla scoperta

A Natale per mostre, prima

Austerlitz, le celebrazioni

di andare alla Scala

Arredi, dipinti e gioielli da non perdere

Fashion| 56-59

A.Provocateur|68

Allure metallico anni ‘80

da fare. A Schio, stavolta

S.Sylvester? Now shine

Quel matrimonio non s’ha

MOTORI: A CHI PIACE STAR FUORI DAL CORO, UNA CARROZZERIA PERSONALIZZATA: CON DIPINTI, PAILLETTES, MOSAICO, SMALTI, BORCHIE, PERLE E PERSINO TESSUTO A MAGLIA. BASTA RIVOLGERSI A GARAGE ITALIA O A ERIKA CALESINI, I GURU DEL CAR CUSTOMIZING.

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Eventi Nord

110 MIRACOLI INCREDIBILI ARTE PER L’ARTE EMILIA ROMAGNA/ MODENA/FORO BOARIO Robert Rive, Photographies Italia Fino all’8 gennaio 2017 Tel. 059 239888 LOMBARDIA/ MILANO, CASA DEL MANZONI 110 miracoli incredibili: ex voto, dipinti di fede fino al 28 gennaio 2017 Tel. 02 86460403 EMILIA ROMAGNA/FERRARA, CASTELLO ESTENSE Arte per l’arte fino al 4 giugno 2017 www.castelloestense.it VENETO/BASSANO DEL GRAPPA/ MUSEO CIVICO DI BASSANO Il magnifico guerriero Fino al 31 gennaio 2017 tel 0424/519901 LOMBARDIA/MILANO/PALAZZO REALE Escher fino al 22 gennaio 2017 Il Giappone e l’Oriente attraverso gli occhi di Hokusai fino al 29/01/17 Piazza del Duomo 2

VENETO/VENEZIA/ MUSEO CORRER 1966-2016 Dall’acqua granda al Mose, un percorso complesso: risultati e prospettive fino al 31 dicembre 2016 tel. 041 2405211 LOMBARDIA/MONZA/ARENGARIO Vivian Maier, nelle sue mani/eventi collaterali fino all’ 8 gennaio 2017 tel. 039329541

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Eventi Nord

LUCCA LONGOBARDA SANDRO GIORDANO LOMBARDIA/MILANO/MUDEC “Milano città mondo” -La vita quotidiana della comunità cinese Via Tortona 54 Fino al 19/2/17 www.mudec.it LOMBARDIA/MILANO/MUDEC Jean Michel Basquiat, graffiti e opere della maturità fino al 19/2/2017 Via Tortona 54 www.mudec.it

LOMBARDIA/MILANO/PALAZZO REALE Pietro Paolo Rubens e la nascita del barocco fino al 27/2/2017 Piazza del Duomo 2 www.palazzoreale.it

PIEMONTE/ALBA/FONDAZIONE FERRERO Futur Balla dal 29 ottobre 2016 al 27 febbraio 2017 tel. 0173 295094 LOMBARDIA/MILANO/MUSEO DI STORIA NATURALE Terremoti: origini, storia e segreti dei movimenti della terra dal 29 ottobre 2016 al 30 aprile 2017 tel. 02/99901931 info 0288463337 FRIULI/CODROIPO/VILLA MANIN PASSARIANO Lorenzo Mattotti, Sconfini fino al al 19 marzo 2017 www.villamanin.it TOSCANA/LUCCA/MUSEO DI VILLA GUINIGI Lucca longobarda: alla scoperta dell’alto Medioevo nel museo di Villa Guinigi dal 2 novembre al 7 dicembre 2016 villaguinigi@gmail.com

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Eventi Centro

PORCELLANE CINESI MINUTE VISIONI UMBRIA/PERUGIA/PALAZZO LIPPI ALESSANDRI Tesori della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia fino al 20 novembre 2016 tel. 075/5724563 CAMPANIA/PARCO ARCHEOLOGICO DI PAESTUM/MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Ossessione: trafugamenti e falsi di antichità a Paestum fino al 31 dicembre 2016 tel 0828/811023 LAZIO/ROMA/MUSEO NAZIONALE DI PALAZZO VENEZIA Capolavori dell’antica porcellana cinese dal Museo di Shangai fino al 16 febbraio 2017 www.capolavoriporcellanacinese.it CAMPANIA/POMPEI/SCAVI DI POMPEI Mito Ray, 30 sculture a Pompei fino all’8 gennaio 2017 tel. 081/8575347

LAZIO/ROMA/ MUSEO NAPOLEONICO Minute visioni fino al 31 dicembre 2016 tel. 06/060608 LAZIO/ROMA/GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA The lasting, l’intervallo e la durata fino al 29 gennaio 2017 tel. 0632298221

MARCHE/LORETO/MUSEO - ANTICO TESORO DELLA SANTA CASA La Maddalena tra peccato e penitenza fino all’8 gennaio 2017 tel. 071/974798 MARCHE/SENIGALLIA/ROCCA ROVERESCA Maria Mater Misericordiae fino al 29 gennaio 2017 www.artifexarte.it

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Eventi Sud

GIOVANNI PAISIELLO IL MAGNIFICO CORNUTO CAMPANIA/NAPOLI/ MEMUS MUSEO E ARCHIVIO STORICO DEL TEATRO SAN CARLO Giovanni Paisiello al San Carlo fino al 31 dicembre 2016 081/7972448449 CAMPANIA/NAPOLI/STUDIO TRISORIO- CASTELLO DI POSTIGNANO, SELLANO Dorothea Lange A visual life/the camera is a great teacher fino al 9 gennaio 2017 tel 081/414306 SICILIA/PALERMO/ MUSEO REGIONALE ARCHEOLOGICO ANTONIO SALINAS Il magnifico cornuto fino al 31 dicembre 2017 urpmuseopa@regione.sicilia.it SICILIA/MONREALE/GALLERIA CIVICA GIUSEPPE SCIORTINO L’arte del Novecento nella collezione Posabella fino al 31 dicembre 2020 te. 091 6417268

SICILIA/PALERMO/RISO-MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA Studio +++. Il mare non ha paese nemmeno lui ed è di tutti quello che lo stanno ad ascoltare fino al 31 dicembre 2016 tel. 091/320532 PUGLIA/BARI/PINACOTECA PROVINCIALE CORRADO GIACQUINTO Polittico di Antonio Vivarini. Storia, arte, restauro fino al 31 dicembre 2016 tel. 0805412420/2/4/7 BASILICATA/MURO LUCIANO/ MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI MURO LUCIANO Immagini del mondo fluttuante. Opere dei maestri giapponesi del periodo Edo nella collezione Yasunami fino al 27 agosto 2017 pm/bas.museomuroluciano@beniculturali.it SARDEGNA/BARBAGIA/ EVENTO DIFFUSO IN 28 PAESI “Autunno in Barbagia” eventi, buon cibo e antichi saperi fino al 18 dicembre 2016 www.cuoredellasardegna.it

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Mostre Top

MIRABILI MINIATURE, MOSTRA A VENEZIA

by Timur de Angeli

Fra i tanti tesori della Fondazione Cini, una raccolta stupefacente. Percorso e allestimento splendidi

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e pagine miniate sono un tesoro inestimabile e non sempre conosciuto dal grande pubblico. La mostra Mindful Hands, aperta alla Fondazione Cini sull’Isola di San Giorgio a Venezia, propone un percorso meraviglioso nella bellezza, con oltre 120 tra pagine e iniziali miniate provenienti da una delle collezioni di miniature più importanti al mondo: quella del conte Vittorio Cini, donata alla Fondazione nel 1962.Parte integrante del percorso espositivo, con un salone imponente e aree che offrono esperienze visive e tattili entusiasmanti,allestito dallo Studio Michele De Lucchi, è una sezione con installazioni e riproduzioni multimediali curate dall’atelier Factum Arte di Adam Lowe. Aperta fino all’8 gennaio prossimo, realizzata grazie al supporto di The Helen Hamlyn Trust e con il contributo di Pirelli, Mindful Hands espone, per la prima volta dopo oltre 35 anni, più della metà di una delle collezioni più importanti e preziose custodite dalla Fondazione Cini: la raccolta di 236 miniature acquisita dal conte Vittorio Cini tra il 1939 e il 1940 dalla Libreria Antiquaria Hoepli di Milano e donata alla Fondazione nel 1962. Si possono ammmirare oltre 120 delle miniature più significative e importanti della collezione e un nucleo scelto di pregevoli codici miniati. Curatori scientifici del progetto sono Federica Toniolo, docente di Storia della Miniatura all’Università degli Studi di Padova, Massimo Medica, direttore del Museo Civico Medievale di Bologna, e Alessandro Martoni che opera presso l’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, che hanno curato anche la catalogazione scientifica dell’intera raccolta. La collezione di miniature di Vittorio Cini rappresenta una delle più importanti raccolte al mondo di questo genere, formata da pagine e iniziali miniate ritagliate, per lo più provenienti da libri liturgici (graduali e antifonari), paragonabile sia per tipologia che per qualità a collezioni come la Wildenstein custodita al Musée Marmottan di Parigi o quella di Robert Owen Lehman Senior, fino a pochi anni depositata al Metropolitan Museum di New York. La collezione Cini è rappresentativa delle principali scuole italiane di miniatura e raccoglie le creazioni di alcuni dei più importanti miniatori attivi tra XII e XVI secolo. “Mindful Hands rientra in quel ciclo di grandi mostre che periodicamente la Fondazione Cini promuove per valorizzare le proprie collezioni, patrimoni importantissimi dal punto di vista storico, artistico e scientifico ma poco noti al grande pubblico spiega Pasquale Gagliardi, Segretario generale della Fondazione - sono anni che lavoriamo a questo ambizioso progetto legato alla nostra collezione di miniature, unica in Italia e tra le poche al mondo di questo livello. Gli ottimi risultati in termini di pubblico e consensi registrati dalla mostra dedicata nel 2010 alle incisioni di Giambattista Pianesi, il cui corpus è interamente conservato negli archivi di San Giorgio Maggiore, ci hanno incoraggiati a proseguire questa missione di valorizzazione delle arti decorative, in cui l’eccellenza della realizzazione artigianale non ha nulla da invidiare ad altri settori dell’espressione creativa”.L’esposizione allestita in un suggestivo percorso creato ad hoc per gli spazi delle Sale del Convitto dallo Studio Michele De Lucchi, capace di avvicinare anche il visitatore non specialistico. La mostra sarà inoltre l’occasione per raccontare un particolare fenomeno di collezionismo e di gusto, in cui la tipologia di pezzi è il frutto della pratica - oggi deprecabile - di smembrare le pagine dei codici e immettere sul mercato le sole parti figurate, spesso ritagliate.Unico pezzo esposto che non appartiene alla Fondazione Giorgio Cini è il magnifico Antifonario Q della Biblioteca della basilica benedettina di San Giorgio Maggiore, generosamente prestato: dallo stesso codice fu staccata una delle pagine oggi nella collezione Cini. Pagina e libro, esposti accanto in apertura della mostra, sono il suggello ideale di questo percorso di ricomposizione, a sottolineare come l’immagine debba sempre essere ricondotta al suo contenuto testuale. Ma Mindful Hands va oltre l’esposizione dei soli capolavori miniati: parte integrante del progetto è la collaborazione con l’atelier Factum Arte di Adam Lowe, esperto di tecniche digitali applicate alla conservazione, alla riproduzione e alla lettura delle opere d’arte. Supporti digitali organizzati in una vera e propria installazione artistica che valorizza e “traduce” in chiave moderna questo patrimonio inestimabile.

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Libri & Co

Caffè con Sartre Un’opera che ci apre gli occhi sull’esistenzialismo, la nuova corrente di pensiero che scosse la prima metà del secolo scorso. Schields ci racconta John Williams

A sinistra, la copertina di “Al Caffè degli Esistenzalisti” pubblicato da Fazi Editore nella collana Campo de’ Fiori. A destra Charles Schield, autore de “L’uomo che scrisse il romanzo perfetto” sempre uscito da Fazi.

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iamo a cavallo tra il 1932 e il 1933. Al Bec-de-Graz, un caffè di Parigi la cui specialità sono i cocktail all’albicocca, si incontrano tre giovani amici: Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir e il loro compagno di scuola Raymond Aron. È lui a introdurre Sartre e la de Beauvoir alla fenomenologia, una nuova corrente di pensiero così radicale che, dice indicando i bicchieri, «Se sei un fenomenologo puoi parlare di questo cocktail ed è filosofia!». Questa stringata argomentazione dà a Sartre l’ispirazione di cui era in cerca da anni, e gli offre lo spunto per creare la propria filosofia basata sull’esperienza della vita reale, sull’amore e il desiderio, sulla libertà e l’essere, sui caffè e i camerieri, sull’amicizia e il fervore rivoluzionario. Sono idee che ammalieranno

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Parigi, avranno rapida diffusione in tutto il mondo e lasceranno un marchio indelebile sulla cultura giovanile degli anni Sessanta, dai movimenti per i diritti civili a quelli studenteschi fino alle rivendicazioni del femminismo.Sarah Bakewell, grazie a uno stile che con la stessa elegante disinvoltura affronta concetti metafisici e aneddotica, dilemmi morali e faide ideologiche, racconta la storia dell’esistenzialismo moderno come un sorprendente e felice incontro di idee, menti e persone. Il libro è un viaggio originale in una delle filosofie più affascinanti del XX secolo, abitata da personaggi che hanno impresso una traccia indelebile nella storia del pensiero contemporaneo, da Sartre e la de Beauvoir, “il re e la regina dell’esistenzialismo”, fino ai loro amici e fieri avversari come Camus, Hei-

degger, Merleau-Ponty e Lévinas. Attraverso l’intreccio di biografia e pensiero, Bakewell ci conduce al cuore di una filosofia talmente influente da aver cambiato letteralmente il corso di numerose vite e che è riuscita ad affrontare la più grande di tutte le questioni: chi siamo e come dovremmo vivere? Questo libro ha ricevuto recensioni entusiastiche, per esempio deal Wall Street Journal. «Non si può avere la piena comprensione di una filosofia senza conoscere alcunché della vita che l’ha resa possibile. «Accalorata e intellettualmente rigorosa, Bakewell è una radura in una fitta foresta filosofica che anche i meglio attrezzati faticherebbero ad attraversare da soli dice il Financial Time. E gli fa eco il Whashinton Post.Al caffè degli esistenzialisti riesce nell’arduo compito di unire levità e sagacia».

A oltre vent’anni dalla morte di John Williams, i suoi romanzi sono amati da milioni di persone nel mondo e considerati fra i migliori esemplari di narrativa americana del ventesimo secolo, tanto che i lettori iniziano a chiedersi: che storia si nasconde dietro a Stoner? Probabilmente con Stoner Williams ha voluto esorcizzare la sua paura di morire nell’anonimato, come accade al protagonista del suo capolavoro: un ragazzo di campagna del Missouri che diventa professore, si accontenta di una vita senza scossoni. Williams invece è il contrario: anch’egli di estrazione contadina, procede ostinatamente in salita e non demorde. Il romanziere e il suo doppio sono entrambi infelici ma, se Stoner è un tipo accomodante e comprensivo, Williams ha invece un carattere impossibile ed è ossessionato da un unico pensiero: essere preso sul serio come artista.


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Ritorno ad Austerlitz by Giovanni Nicastro Guidiccioni

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Heritage & Traditions

La famosa battaglia (2 dicembre 1805) sarà ricordata sabato 3 dicembre 2016. I turisti affollano i ristoranti tutt’intorno, poi si assiepano al freddo, sulle tribune

gni anno, il 2 dicembre nell’Europa continentale si ricorda,Austerlitz, una delle più brillanti battaglie militari della storia. La vittoria di Napoleone e dei suoi 75.000 soldati con duecentocinquanta cannoni, contro i 90.000 austro-russi con trecento pezzi di artiglieria, rimane ancor oggi un evento eclatante. Non tanto perché egli ottenne la vittoria in una situazione di inferiorità numerica, quanto per la genialità dell’imperatore francese nell’aver saputo volgere a proprio vantaggio una posizione che pareva alquanto debole. Sotto il dominio di Napoleone la situazione politica europea si presentava estremamente complicata. Il rivale storico della Francia era l’Inghilterra e gli interessi politici ed economici di questi due stati si trovavano in aperto contrasto. Dal punto di vista militarei francesi erano nettamente superiori a livello di esercito, gli inglesi erano avvantaggiati nella difesa dal fatto di vivere su una grande isola, protetta inoltre da una flotta formidabile che avrebbe impedito qualunque sbarco. La strategia inglese era dunque semplice: indebolire la Francia usurandola in una guerra europea. Una volta distrutta la flotta franco-spagnola aTrafalgar (ottobre 1805) metà dell’opera poteva dirsi compiuta. Al resto avrebbero potuto pensare gli austriaci e i russi, finanziati dall’orobritannico. E i prussini, una potenza sempre pronta ad attaccare la Francia. Napoleone, tutto questo, lo aveva compreso benissimo, così come aveva intuito che l’unica possibilità di successo era quella di prendere l’iniziativa. Approfittando quindi della lontananza delle truppe russe, Napoleone attraversò il Reno e inflisse agli austriaci isolati una serie di sconfitte disastrose arrivando fino a Vienna w oltre, fino in Moravia. Ma a questo punto capì che non avesse ottenuto rapidamente una vittoria decisiva, tutti i suoi successi precedenti sarebbero risultati vani, perché la Francia non sarebbe stata in grado di sostenere una lunga campagna contro le forze austro.russe. Napoleone studiava meticolosamente la carta topografica dei luoghi migliori per dare battaglia. Così fece anche ad Austerlitz. Le posizioni strategicamente più importanti erano le alture ad ovest del paese, che dominavano le postazioni francesi concentrate vicino al poggio di Žuráň, prossimo al villaggio di Schlapanitz (Slapanice). Napoleone lo sapeva bene ma giocò d’astuzia, lasciando che gli alleati le prendessero e “invitandoli” contemporaneamente all’offensiva col mettere in mostra (e poco difesa) l’ala destra del suo esercito, comandata da Davout. Gli alleati abboccarono all’invito, investendo questo schieramento per aggirare e prendere alle spalle il grosso dell’esercito francese. Così facendo le brigate russe si disposero in ordine di marcia, abbandonando e indebolendo il centro. Mentre Davout, con i suoi 8.500 uomini resiste eroicamente all’assalto dei 40.000 combattenti dell’ala sinistra alleata, Murat e Lannes respinsero l’ala destra russa, cominciando lo sfondamento. A questo punto la coalizione austro-russa venne attaccata di fianco e alle spalle. Le formazioni scompaginate e costrette a una ritirata disordinata, caddero sotto il fuoco incessante dell’artiglieria francese. La disfatta fu totale. Caddero circa 30.000 tra morti e feriti; venti generali e 11.000 uomini vengono fatti prigionieri e nel “bottino” di guerra si contarono 180 cannoni. Le perdite francesi sono di 1.300 caduti e 7.000 feriti. La “Pace di Bratislava”, firmata il 26 dicembre 1805, mise fine alla guerra con l’Austria e assicurò un po’ di tranquillità a Napoleone e al suo Impero. ,

A fianco, immagini della rievocazione storica 2015 della battaglia di Austerlitz, che vide il trionfo delle truppe napoleoniche. Anche quest’anno sono attesi oltre 1000 figuranti , appassionati di tutto il mondo tra ufficiali, cavalleggeri, fanti e fucilieri. I paesi ni che circondano l’area della battaglia hanno inaugurato le celebrazioni già quest’estate, ma è in dicembre che si respira la vera atmosfera della battaglia. OGNI ANNO UNA SUGGESTIVA RIEVOCAZIONE STORICA CON CENTINAIA DI FIGURANTI. Questo importante avvenimento storico rimane molto vivo nella memoria della gente del posto che, ogni anno, organizza una celebrazione, nel corso della quale centinaia di figuranti indossano le divise dell’epoca e ricostruiscono le fasi salienti della battaglia, proprio nei terreni compresi tra i paesi di Slavkov e Slapanice. Per la celebrazione dei duecento anni, le cose sono state fatte in grande. La manifestazione è durata parecchi giorni e i partecipanti si sono contati a migliaia, provenienti da tutto il mondo, Australia, Canada e USA compresi. In quei giorni, sono stati più di quattromila i “re-enactors” (così si chiamano coloro che partecipano a tali manifestazioni) con uniformi, equipaggiamenti e armi, copie perfette di quelli impiegati dagli eserciti dell’epoca. Non sono mancati cannoni e cavalli, oltre alla ricostruzione degli accampamenti anche nel sud della Moravia, allora appartenenti all’Impero Austriaco e oggi situati nella Repubblica Ceca. Dopo il successo dello scorso anno, l’emozione continua. Sabato 3 dicembre l’evento prevede anche la visione dall’alto, sulle tribune erette per il pubblico. Ecco il link per acquistare i biglietti. http://www.austerlitz.org/en/austerlitz-2016/

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I particolari ed esclusivi eventi della primavera 2016 scelti dagli autori del nostro tv reality 16 14


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Gli eventi Hublot con i top dello sport. Lady Gaga va in bianco..

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cco gli eventi d’autunno. Arrivederci nel 2017 HUBLOT’S PARTIES Il marchio di orologi Hublot fa centro con la sponsorizzazione di prestigiosi eventi. Eccolo impegnato nella presentazione del documentario I am Bolt in Leicester Square (foto 1, i top manager con la famiglia Bolt). Inoltre ha organizzato una prestigiosa serata presso il Garkhin Building di Londra, per inaugurare una mostra retrospettiva dedicata alla collazione All Black in collaborazione con The Watch Gallery. Fra le top celebrities anche l’allenatore del Chelsea Antonio Conte (nella foto 2) LADY IN WHITE Sarah Tanno, make up artist di Lady Gaga(foto 5) ha realizzato per la pop star un beauty look davvero impeccabile in occasione degli American Music Awards, evento che ha visto l’artista coinvolta in un’esibizione carica di energia ed emozioni.I l trucco, luminoso e glowy, semplice ma sofisticato, si sposa con il fascino eclettico della star e l’outfit da red carpet. Il make up di Lady Gaga è stato realizzato interamente con i prodotti Marc Jacobs Beauty. DONALD & FRIENDS Quando anni fa Stefano Masullo nominò il suo amico George Lombardi suo vicepresidente internazionale in Isfoa, la libera e privata università che ha sede in Svizzera a Lugano, non avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe approdato alla Casa Bianca. George Lombardi, infatti, ospita la rappresentanza di Isfoa nei suoi uffici nella Fifth Avenue, alla Trump Tower di New York. Ecco Masullo e Lombardi in una foto insieme (8) di qualche anno fa. Ecco, nella foto 3 George Lombardi con

sua moglie Gianna Lombardi Lanieri, allora vicepresidente della Trump Foundation, col magnate Trump. Il buon amico di Lombardi è ora divenuto Presidente degli Stati Uniti. CONTROFAGOTTO IN VILLA Fernanda Giulini, proprietaria della magnifica Villa Medici Giulini di Briosco, un gioello rinascimentale con amplamenti tardobarocchi a a venticinque minuti da Milano, che custodisce una preziosissima collezione di pianoforti, organizza prestigiose masterclass dedicate a musicisti professionisti e giovani diplomati in conservatorio che vogliono approfondire gli studi con grandi maestri. Ogni sessione di studio si conclude con concerto su invito esclusivo e con un brindisi. Le spettacolari sale della Villa Medici Giulini ospitanmo continuamente conventions ed eventi di alto livello. Eccoci tra i fortunati invitati alla masterclass e al brindisi di controfagotto (6,7,9) ORA ..DI ADIDAS Continua la collaborazione fra la bellissima Rita Ora che ha creato un outfit sportivo in jersey e pelle con righe, stelle, scritte e colori molto accesi.. Brava Rita! (10) NABUCCO A MONACO Una serata di grande musica verdiana all’Opera Monaco, alla presenza dei principi di Monaco S.A.S Alberto II e Charlene (foto 4) Tra gli spettatori della serata, la bellissima Antonia Gospodinova (foto 11) IL DRINK DI ROCCO Rocco Siffredi (12) ha lanciato Macalove, il primo love energy drink che, grazie alla maca, suo principio attivo, è una potente pozione d’amore in grado di riscaldare da subito l’atmosfera tra persone che si vogliono

amare.La maca è una pianta tipica delle Ande - nome botanico Lepidium Meyenii - che sorge spontanea al di sopra dei 3000 metri nei territori montagnosi del Perù e della Bolivia. Noto anche come il ginseng peruviano, la Maca è conosciuta fin dai tempi dell’antico impero Inca per le sue grandi proprietà energizzanti ed afrodisiache per entrambi i sessi. La parte che si utilizza è la radice, composta di acqua, amminoacidi essenziali, fibre, grassi (pochi), vitamine e minerali tra cui ferro, fosforo, calcio, potassio, zinco e manganese. Funzionerà? Beh, fateci sapere... FINALMENTE SIAMO AL MONTAGGIO... Le riprese del nostro reality show sono quasi finite e stiamo già montando. Come sempre, anche per la quarta puntata abbiamo simpaticamente ‘rapito’ tre persone con il loro consenso, al calar della notte. E le abbiamo portate a vivere una Top Nightlife di esperienze culturali, gastronomiche e musicali in giro per la nostra bella Italia. Come sempre, nei luoghi speciali dove abbiamo portato le nostre vittime, ci attendevano con pazienza, a volte per ore a tarda sera, amministratori locali, ristoratori, volontari di associazioni, imprenditori e professionisti che rappresentano vere e proprie eccellenze di un territorio. Per questa puntata abbiamo scomodato cavalli e ballerini, direttori museali e osti, mugnai, artisti e designer. Hanno accolto i nostri nuovi amici (nominiamone un paio, Chiara e Alessio) e ci hanno aiutato a trasformarli, come sempre ne corso della nostra trasmissione, da abituali spettatori a non abituali protagonisti di un set. Se volete conoscere la data di messa in onda del reality show Top Nighlife, chiedete l’amicizia alla nostra pagina Facebook. Se vi sfugge la diretta, niente paura: potrete vederla e rivedere anche le puntate precedenti sul nostro canale Youtube. Per ora grazie alla nostra troupe e alla nostra redazione (Timur de Angeli, Simone Saccani, Loria Brambillasca, Alessandro Zanotto, Sonia Avanzi, Giuseppina Caraccio), ai nostri autori musicali (Arduino Roccioletti, Galeazzo Melzi d’Eril) e ai nostri artisti (Ada Eva Verbena e Laura Malattia) per i contributi visivi creati esclusivamente per Top Nightlife.

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LIFESTYLE MAGAZINE n.22 12/2016

Cover Story

A M p A g M P q P b m s C H R

riscoprire puccini 16

In queste pagine: Cappella Sistina, particolare del Giudizio Universale di Michelangelo. In alto: il simbolo del Giubileo della Misericordia 2015


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A sinistra, il Teatro alla Scala visto dal Palcoscenico. Qui sopra, il Maestro Riccardo Chailly, nuovo direttore musicale da gennaio prossimo. A fianco, la bellezza di Maria Josè Siri, interprete della versione integrale di Butterfly, andata in scena al debutto. Madama Butterfly, la tragedia giapponese in due atti di Giacomo Puccini è stata scritta da Giuseppe Giacosa e Luigi Illica. Ritorna quest’anno con Coro e Orchestra del Teatro alla Scala. Per questa nuova produzione del Teatro alla Scala, un cast e un backstage ricchissimi. Regia di Alvis Hermanis, scene di Alvis Hermanis e Leila Fteita, costumi di Kristine Jurjāne, luci di Gleb Filshtinsky, video di Ineta Sipunova, coreografia di Alla Sigalova. Con: Maria José Siri, Annalisa Stroppa, Nicole Brandolino, Bryan Hymel, Carlos Álvarez, Carlo Bosi, Costantino Finucci, Abramo Rosalen, Leonardo Galeazzi, Gabriele Sagona, Romano Dal Zovo.

con chailly e siri

L’esecuzione della prima versione è un progetto che porta il pubblico nel cuore dell’opera. Ce lo spiega il Maestro, incontrato all’associazione Amici del Loggione 17


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Il capolavoro pucciniano torna in versione integrale alla Scala

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a terza opera più rappresentata al mondo, Madame Butterfly, apre la stagione operistica mercoledì 7 dicembre, giorno di Sant’Ambrogio, al Teatro alla Scala di Milano. Quest’anno l’opera scelta torna dopo vent’anni nella sala del Piermarini a incantarci con la direzione di Riccardo Chailly e la regia di Alvis Hermanis. Viene però rappresentata la prima versione che Giacomo Puccini scrisse nel 1904. E’ una scelta che, non solo sottolinea il legame tra la Scala e questo capolavoro. Ma premia soprattutto il lavoro paziente di Chailly che ha studiato con grande attenzione lo spartito d’esordio dell’opera che fu rimaneggiata da Puccini dopo un iniziale insuccesso. Chailly ha lavorato per mesi con l’orchestra, il coro e i cantanti. Riproporre questa prima versione con il massimo rispetto della scrittura musicale più lunga e più complessa, è un’operazione molto interessante. Permette a tutto il pubblico di comprendere il processo di costruzione della Butterfly, acquisire una consapevolezza storica e musicale sulle opere di Puccini che con Verdi è uno dei compositori più amati a livello globale. Alla fine saranno quindici gli spettacoli in cartellone a partire da questo mese. L’ha ribadito il sovrintendente Alexander Pereira durante una recente conferenza stampa in cui ha commentato il solo voto contrario (tutti gli altri erano a favore) che la Regione aveva espresso durante l’assemblea del cda. «Troppo elevato il numero di opere che avrebbero fatto lievitare i costi degli allestimenti acquistati da altri teatri», era stata la spiegazione. «Non capisco l’argomentazione -, ha commentato Pereira in conferenza stampa. Se si guardano le produzioni della Scala

Riccardo Chailly ospite all’Associazione Amici del Loggione del Teatro alla Scala, durante l’intervista con la direttrice di Arena Lifestyle

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a partire dal 2008, la media è di 14 produzioni a stagione; se invece di 14 ora ne facciamo 15 non credo sia un grande problema». Questa stagione porta l’impronta di Riccardo Chailly (che dal 1 gennaio 2017 diventerà Direttore Musicale). E’ stato lui a volere proprio questa Madama Butterfly,, nella versione che manca alla Scala dal suo debutto, la versione del 1904. Ma ci sarà anche una originale collaborazione con il regista Gabriele Salvatores, premio Oscar per il film Mediterraneo nel ‘91, che debutta nel teatro lirico milanese con “La Gazza Ladra” di Rossini. L’esecuzione dell’opera giapponese di Puccini si colloca anche in un periodo di intensi scambi culturali tra Milano e il Sol Levante: mentre si spengono gli echi della tournée che ha portato il Ballo scaligero a Tokyo dal 22 al 25 settembre in occasione dei 150 anni delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, a Palazzo Reale è in mostra Hokusai Hiroshige Utamaro - Luoghi e volti del Giappone, una bellissima mostra che raccoglie oltre 200 opere. E il Museo della Scala dedica una monografica alla storia di Butterfly. La caccia ai biglietti meno costosi è iniziata, come sempre il 7 ottobre scorso. Come avviene dal 2011, anche quest’anno il Comune di Milano ha deciso di rendere disponibili i biglietti riservati all’Amministrazione per la prima del 7 dicembre, serata inaugurale che prevede lo sfoggio di magnifici abiti da sera e l’arrivo di vip da tutto il mondo: il ricavato della vendita, per il sesto anno consecutivo, sarà interamente destinato a un progetto di utilità sociale, una scelta che unisce sobrietà e solidarietà. Ma passiamo ora a occuparci più da vicino dell’opera,

Il Maestro ascolta le domande tecniche dei soci, sullo spartito della Butterfly, versione originale del 1904.astelani

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La firma dell’autografo per la nostra rivista con dedica speciale al responsabile delle pa-

gine junior, Galeazzo Melzi d’Erilva Una


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La prima protagonista fu Rosina Storchio della sua storia e degli interpreti di questa edizione. Madama Butterfly di Giacomo Puccini ebbe la sua prima assoluta al Teatro alla Scala il 17 febbraio 1904 con la direzione di Cleofonte Campanini. La prima protagonista fu Rosina Storchio. Le cronace del tempo raccontano di una serata contrastata: i nemici del compositore alimentarono le proteste: <<fu un vero un linciaggio>> dichiarò lo stesso Puccini, che però credendo nella validità di quel lavoro, si affrettò a proporre una nuova versione, con il secondo atto diviso in due, che trionfò a Brescia il 28 maggio dello stesso anno, per poi andare alle stampe e restare come edizione ufficiale. Alla Scala Butterfly non tornò fino al 1925, dopo la morte del compositore, con la prestigiosa direzione di Arturo Toscanini. Da allora, ovunque, è sempre stata un trionfo. Fu un fiasco autentico, quello di Milano, o il frutto di una spedizione punitiva organizzata da avversari artistici ed editoriali? E le modifiche che Puccini introdusse furono dettate da considerazioni artistiche o dalla necessità di far accettare l’opera al pubblico smussandone gli aspetti drammaturgici più crudi e le innovazioni musicali più legate al panorama europeo? Il direttore Riccardo Chailly ci ha spiegato molto bene quel che accadde in quegli anni, durante il tradizionale incontro a porte chiuse che si tiene ogni anno per gli Amici del Loggione del Teatro alla Scala, un cenacolo di appassionati d’opera, di esperti, di ex professori dell’orchestra e concertisti che hanno un orecchio finissimo, pronto a cogliere ogni inciampo. Tanto fino che nessun direttore si presenta al podio senza aver colloquiato col gruppo dei terribili loggionisti, che con fischi e proteste - se è il caso - da sempre decreta il successo o l’insuccesso di un cantante o di

Foto ricordo con il Presidente degli amci del Loggione, pronti a fischiare spietatamente gli errori di orchestre e cantanti

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MARIA JOSE’ SIRI Se l’esser stata scelta da Riccardo Chailly per interpretare il ruolo del titolo in Madama Butterfly nella serata inaugurale della stagione 2016-2017 del Teatro alla Scala di Milano rappresenta la punta di diamante dei suoi prossimi impegni, altri appuntamenti prestigiosi affollano il calendario 2016/2017 di Maria José Siri nei prossimi mesi, fra cui la Messa da Requiem di G. Verdi diretta da Chailly per la tournée del Teatro alla Scala al Teatro Bol’šoj di Mosca e successivamente con i Berliner Philharmoniker sempre diretti da Chailly, Manon Lescaut al Teatro Regio di Torino, al Teatro San Carlo di Napoli e al Grand Théâtre di Ginevra, Tosca alla Semperoper di Dresda e alla Deutsche Oper di Berlino, Maddalena di Coigny in Andrea Chénier alla Deutsche Oper di Berlino e al Teatro dell’Opera di Roma. Il soprano uruguayano ha iniziato gli studi vocali all’ENAL di Montevideo, perfezionandoli al Conservatorio di Parigi e con Ileana Cotrubas a Nizza e a Vienna. Maria José Siri ha interpretato i primi ruoli operistici sui palcoscenici della sua nazione e in Argentina, debuttando poi in Europa nel 2008 nel ruolo di Leonora ne Il trovatore in Genova sotto la direzione musicale di Bruno Bartoletti. Da allora i suoi impegni l’hanno portata nei teatri e nei festival più prestigiosi a livello internazionale, fra cui il Teatro alla Scala (Aida), lo Staatsoper di Vienna (Tosca e Maddalena in Andrea Chénier), il Liceu di Barcellona (Mimi ne La Bohème), lo Staatsoper di Berlino (Tatiana in Evgenij Onegin e Tosca), la Deutsche Oper di Berlino (Tosca), La Monnaie di Bruxelles (Amelia in Un ballo in maschera), il New National Theatre Tokyo (Tosca e Andrea Chénier), il Palau de les Arts di Valencia (Manon Lescaut, Aida), la ABAO Bilbao (Elisabeth de Valois in Don Carlos), il Teatro Comunale di Bologna (Leonora ne Il trovatore, Amelia in Un ballo in maschera e Odabella in Attila.).

Ritratto di Giacomo Puccini, negli anni di debutto della Butterfly, terza opera più rappresentata al mondo

Il manifesto originale dell’opera con le annotazioni a margine del maestro di Torre del Lago

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Ha aperto i battenti anche la mostra dedicata all’opera

una produzione. Da quando viene eseguita, Madama Butterfly si è guadagnata il favore del pubblico di tutto il mondo. E la Scala fa ammenda della tempesta della prima rappresentazione, allestendo negli anni una sequenza di spettacoli leggendari. Ma sempre, tutti improntati sulle versioni accorciate e rivisitate dal Maestro Puccini, dopo l’esordio del 1904. La prima edizione fu quella di Milano, Teatro alla Scala, 17 febbraio 1904 (in due Atti), clamorosamente bocciata dal pubblico. Butterfly venne ripresa a Brescia, Teatro Grande, 28 maggio 1904 (versione in tre Atti) e misteriosamente risorse, incontrando il favore popolare. Fu ancora modificata per Londra nel 1905. La versione di Parigi, quella che s’ascolta di solito, venne allestita per l’Opera Comique, il 28 dicembre del 1906. Si tratta dunque di quattro Butterfly differenti. I mutamenti significativi riguardano l’edizione di Brescia, che elimina l’allusione ‘ Il primo sole ‘ mio ‘ al primo Atto della Boheme; aggiuge l’Arioso ‘ Addio fiorito asil ‘ e abbrevia il finale col suicidio di Cio-Cio-San. Le riprese di Londra e di Parigi alleggeriscono ancor più’ la partitura. Puccini fu costretto, in ultimo, a ritoccare anche la parte della protagonista, per adattarla al registro della cantante Marguerite Giraud, che era la moglie del direttore del Teatro parigino. In attesa di riascoltare la prima versione in stile ‘Chailly’, quest’anno il Teatro alla Scala ha organizzato due appuntamenti di approfondimento: un convegno internazionale di studi su Madama Butterfly curato da Franco Pulcini, che si è tenuto il 10 e 11 novembre nel Ridotto dei Palchi del Teatro. E’ stato importante accompagnare la produzione con un momento pubblico di riflessione musicologica e culturale sull’o-

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Bellissimi paraventi giapponesi con raffigurazioni di samurai, geishe e alberi di ciliegio, che hanno ispirato i costumi

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pera. Il successo è stato notevole, con studiosi in arrivo da tutto il mondo. Inoltre ha aperto i battenti, per un pubblico davvero allargato, la mostra “Madama Butterfly, l’Oriente ritrovato”, nelle sale del Museo Teatrale alla Scala. A cura di Vittoria Crespi Morbio, inaugurata il 12 novembre scorso e aperta fino al 28 febbraio 2017, essa racconta le meraviglie dischiuse sulla scena scaligera da registi, scenografi e costumisti, da Caramba a Foujita fino a Keita Asari. Sono esposti abiti, spartiti, manifesti, progetti, gioielli, fotografie, lettere e documenti, ritagli di giornale, bozzetti e cimeli, le foto e le parole di Puccini, la sua musica risuonano fra queste preziose testimonianze. Ma passiamo ora agli ultimi segreti scoperti dagli studiosi, dettagli che hanno reso quest’opera sempre più avvincente per chi vi si accosta. Partiamo innanzitutto dal titolo: Il nome “Butterfly” è stato tratto da un dialogo: Pinkerton, allude alla fragilità, paragona la sua Cio-Cio-San a una farfalla. L’idea di un’opera esotica non è un’esclusiva di Puccini e i personaggi non sono opera di fantasia, ma sono veramente esistiti. La storia di una gheisha amata da un ufficiale americano è stata confermata a Puccini dalla moglie dell’ambasciatore giapponese in Italia. Di recente è stato scoperto un archivio con le foto di alcuni ufficiali della Marina statunitense di stanza in Giappone alla fine dell’Ottocento. Uno di questi si chiamava Pinkerton, aveva gli occhi chiari, non era particolarmente alto e portava la barba. La foto è stata mandata a Chailly dal musicologo inglese Grosz pochi giorni fa, impressionandolo fortemente. An-

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I poetici paesaggi giapponesi, con specchi d’acqua, montagne e betulle e personaggi in costume antico. http://www.studiopierrepi.it/wp-content/uploads/2014/09/n.12.jpg

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Una scena invernale carica di simbologia, con il salice piangente sotto la neve


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Puccini musicò il Giappone arcaico dei Samurai GIUSEPPE RIVA, UN RICORDO DELLO ‘ZIO BONZO’ Ho avuto il piacere e, più ancora, l’onore di cantare diverse volte sotto la direzione del Maestro Chailly, cominciando nel 1985 al Teatro Alla Scala con l’Andrea Chenier con Josè Carreras, Eva Marton, Piero Cappuccilli; quindi a Bologna per Gianni Schicchi, Rigoletto, poi a Tokyo con Rigoletto ancora. Nel maggio 1995 la direzione del Teatro Alla Scala mi manda a chiamare per un’audizione nel cast della Madama Butterfly, in programma per la stagione 95-96.Poi non ne seppi più nulla. Nè notizie e men che meno il contratto (come da lettera del Maestro Chailly). Il Teatro Carlo Felice mi propose di lavorare nella Salomè di Strauss in tedesco (che non conoscevo). Telefonai a Milano e mi fu risposto che per il ruolo desiderato dal Maestro Chailly, vi erano già altri tre cantanti scritturati e che stavano già provando. Misi il cuore in pace e non volendomi mettere a studiare un ruolo di un’opera che si mette in scena molto raramente, rifiutai la proposta del Teatro Carlo Felice, pensando di impiegare le festività per viaggi e vacanze. Il pomeriggio del 2 gennaio, appena tornato con le valigie ancora da disfare, squillò il telefono. Mi chiamavano dalla Direzione Artistica del Teatro Alla Scala perchè il Maestro Chailly aveva cacciato i tre colleghi e voleva me. Senza aver mai studiato la parte dello zio Bonzo (lo sapevo, ma ad orecchio), stanco per i bagordi delle feste passate, arrivai in Teatro che l’opera Madama Butterfly era già alla prova generale; catapultato così com’ero vestito sul palcoscenico, senza sapere dove e cosa fare, provai. Andò tutto a meraviglia. Le recite, 12 in totale le sostenni tutte io; non solo: siccome le ultime sarebbero state in febbraio, laddove io avrei dovuto essere a Genova per iniziare le prove di un’altra opera, il Teatro Alla Scala riuscì ad ottenere il permesso dal Teatro Carlo Felice, affinché arrivassi a prove già iniziate.

Il baritono Giuseppe Riva nei panni dello zio Bonzo, Teatro alla Scala, 1996

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che il tenore che canta quest’anno alla Scala nei panni dello sposo di Butterfly la porta. Il personaggio di Pinkerton, dell’americano che conquista tutto coi dollari, non doveva risultare molto simpatico al compositore. Puccini gli affida una parte tutto sommato modesta e una grottesca citazione dell’inno americano. L’Arioso del secondo Atto: “Addio fiorito asil” ‘ interrotto più’ volte dal console Sharpless. Solo il Duetto d’amore, alla fine del primo Atto, lo risolleva un po’ dalla piattezza espressiva e dall’accento sempre un po’ di derisione verso il mondo giapponese che lo caratterizza, specie durante la scena della festa quando si rivolge allo zio Bonzo beve il sakè. Passando alla genesi della storia, i precedenti operistici sono Slika, eroina dell’Africaine (1865), opera postuma di Meyerbeer, e Lakmè, protagonista dell’altra opera omonima (1883) di Delibes. Entrambe non sono europee e si innamorano di un bianco, tradendo i propri costumi, uccidendosi quando costui le abbandona. Dopo le turcherie del 1700, anche i paesi dell’estremo Oriente aprirono ai commerci occidentali, ispirando racconti e romanzi su ciliegi e samurai. Pierre Loti scrisse nel 1887 il celebre romanzo Madame Chrysantheme, introducendo la moda dei soggetti orientali. Le opere giapponesi che seguirono crearono l’humus ideale per la nascita dell’opera di Puccini. Lo scrittore John Lutter Long trasse il racconto Madam Butterfly proprio dalla “Signora dei crisantemi” di Pierre Loti, e lo pubblicò su una rivista nel 1898. David Belasco la ridusse in versione scenica, che servì a Giacosa e Illica per il libretto pucciniano. Long utilizza la storia adattandola alla sua sensibilità e

Josè Maria Siri durante le prove della Madama Butterfly, produzione del Teatro alla Scala diretta da Riccardo Chailly

Il famoso abbraccio tra la bella geisha e l’ufficiale della marina americana Pinkerton, che è realmente esistito.

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Riccardo Chailly: “Butterfly non era così ingenua, leggete il libretto...” La ‘prima’ della Scala del 7 dicembre è da sempre una gara di eleganza: la Rai manda una cronista nel foyer per raccontarla. A sinistra, Daniela Javarone con il mito della danza Roberto Bolle. Qui sotto: la capacità interpretativa di Josè Maria Siri.

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muta la geisha dolce e spiritosa dell’originale. Nella versione di Loti il racconto chiude con la geisha intenta a contare il denaro lasciatole dall’ufficiale americano. Long cambia il finale in senso semitragico: Cio-Cio-San, che Loti aveva battezzato Ko-Hou-San (il nome somiglia), decide di fare harakiri, ma il pensiero del figlio la dissuade. Quando la nuova moglie di PInkerton Kate a prendere il figlio per portarlo in America non la trova più, la donna ha ripreso l’antica professione di geisha. David Belasco, che amava i colpi di scena, opta invece per la soluzione tragicissima dell’arrivo di Pinkerton e del suicidio di Butterfly, concentrando in un solo atto, per sottolineare le unità aristoteliche di tempo e luogo. Puccini sceglie infine l’aurea via di mezzo, costringendo i librettisti Giacosa e Illica a due atti e alla duplice suddivisione del secondo quadro, per consentire una descrizione minuziosa dei caratteri e dell’animo dei protagonisti, tornati ad essere infine più dolci ed affettuosi. Le versioni successive dell’opera hanno eliminato alcune cose e ne hanno aggiunte altre. La produzione 2016 taglia la famosa aria ‘Addio fiorito asilo’ perchè nell’esecuzione del 1904 non c’era. Ma l’opera non si accorcia, torna ad essere presente il materiale originale che era stato tagliato nelle versioni precedenti: si coglierà un notevole ampliamento della parte musicale, del racconto di un mondo parallelo a quello ottocentesco europeo, con un senso di rispetto della tradizione fortemente voluto in questo progetto di Chailly, che nel suo mandato scaligero punta alla riscoperta delle partiture originali di Butterfly, un’opera che vanta 6 grandi rappresentazioni, fra le tante uscite in tutto il mondo. “E’ un’opera apparentemente economica, per i teatri”, perchè ci sono pochi personaggi” spiega il Maestro “ e da cassetta perchè tutti la conoscono. Dunque non è facile essere innovativi con la Butterfly. Andare in

All’indagine psicologica Puccini unisce la novità del sapore esotico della vicenda. Egli cita letteralmente vari temi giapponesi. 1) l’inno nazionale del Giappone, all’arrivo del commissario imperiale e dell’ufficiale del registro nel primo Atto. 2) La canzone del fiore di ciliegio quando Butterfly mostra a Pinkerton i suoi piccoli averi. 3) la canzone “Nihon Bashi” che accompagna con ondeggiamenti melodici gli inchini degli ospiti che si congratulano con Butterfly - Atto primo 4) la canzone “Il mio principe” che simboleggia il principe Yamadori - Atto secondo. 5) la preghiera di Suzuki nell’Atto secondo, parte prima. 6) la canzone di primavera all’arrivo di Butterfly, nell’Atto primo 7) un canto popolare che s’ispira alla triste storia della famiglia Butterfly, nell’Atto primo.


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“Oggi un atto che dura 75 minuti non spaventa nessuno” scena con la prima partitura, dunque, è un modo per essere innovativi, ricordare a tutti cosa voleva dirci Puccini fin dalla prima volta. Oggi portare in scena un atto che dura 75 minuti non spaventa nessuno, è un’operazione di conoscenza e di arricchimento”. Passando alla psicologia di Butterfly, si tratta di un aspetto che è sempre stato profondamente indagato. La storia della fanciulla ingenua che si innamora, diviene donna e madre e affronta il suo destino senza paura, anche quando cade l’ultima illusione, sconvolge sempre l’animo del sesso femminile. Il suo ‘ processo di maturazione è accompagnato da un crescendo musicale: la musica è prima più semplice e leggera, poi sempre più profonda. Il fil di fumo, che “Un bel d’ vedremo” ‘ è affidato alla melodia ascendente, sopra gli archi che accompagnano in pianissimo e sordina. Brevi frasi a toni interi conducono all’Arioso. Le pause musicali esprimono efficacemente i dubbi di Butterfly, prima della ripresa della melodia iniziale, libera ora di svettare, sicura, sopra l’orchestra. “Il linguaggio musicale di Puccini è molto vicino all’espressionismo” spiega il maestro Riccardo Chailly durante il consueto incontro in Via Silvio Pellico con l’Associazione Amici del Loggione del Teatro alla Scala e la conversazione con il dottissimo Presidente Gino Vezzini, un’enciclopedia vivente dell’opera. “Egli ha dato precise indicazioni sull’esecuzione di certi passaggi piuttosto difficili. Abbiamo confrontato con i manoscritti dell’esecuzione di Londra che certe annotazioni fossero effettivamente di suo pugno. E poi ci siamo messi tutti a lavorare. Quasi tutti, per la verità: ho ritrovato in orchestra tre professori che avevano suonato con me vent’anni fa, tutti gli altri sono nuovi. Abbiamo deciso di reintrodurre il cymbalum, uno strumento ungherese che somiglia a un antico strumento giapponese, perchè nella versione del 1904 c’era. In seguito era stato eliminato, ma è importante udirlo: offe una sonorità speciale, un’aria di Oriente straordinaria. Anche Stravinsky lo ha usato. In questa prima versione dell’opera non c’è alternativa al re bemolle previsto per l’arrivo di Butterfly. Puccini vuol rendere in musica una certa sensibilità pittorica che in quegli anni era molto sentita. “Lo spettatore è pervaso da una musica bellissima, fluttuante, si sente già nell’aria una certa tragicità, si sente l’influenza della scuola di Vienna? “Sì, qualcosa di Richard Strauss” conferma Chailly. “ In quegli anni Puccini si ferma ad ascoltare la Salomè di Strauss e le ultime creazioni di Malher. Dunque non è vero, a mio avviso, che il personaggio di Butterfly sia così ignaro. Lei dà segnali di preoccupazione, ci sono registri molto tristi, un pessimismo che si evince anche dalle sue parole ‘fammi bella’, ‘non son più quella’, la fragilità della donna che è stata si coglie qui. Un altro segnale arriva dal lungo abbraccio alla fine del duetto. Il senso di sofferenza si stempera apparentemente nella scena della festa di matrimonio, ma poi si torna verso la tragicità, verso l’arrivo vigliacco di Pinkerton con la nuova sposa. Nel secondo atto ci sono forti ribaltamenti della storia. Pinkerton, ripartito con la nave dopo questo matrimonio giapponese non riconosciuto civilmente dall’America, torna dopo anni con la nuova sposa. Butterlfy è spaventata dalla donna bionda che compare nella sua casa, perchè le porta via il suo sogno, quello di una famiglia. Da qui inizia una deriva tragica: l’intenzione di portarle via il bambino, l’offerta di denaro e il rifiuto di lei “Sono avvezza ad ogni peggior cosa’ dice Butterfly, che appare dunque non così ingenua come pareva. E avvia il suo crescendo di disperazione. Il secondo Atto infatti, bipartito tra la solitudine di Butterfly, momentaneamente fugata dall’arrivo di Sharpless, presenta tutti gli episodi ineluttabili che precedono la sua morte.

Dall’alto: Sono sette i temi autentici, gli altri sono stati altri inventati da Puccini sulla falsariga delle musiche tradizionali, con combinazioni ritmiche e timbriche inusitate: arpa, legni e campane all’arrivo di Butterfly nel primo Atto. Puccini impiega altrove scale nazionali, specie quelle pentatoniche, come nel tema di Yamadori nel secondo Atto, oer dare un significato drammatico usa la scala a toni interi, il tritono, i pedali e gli ostinati, oltre a passaggi che suonano bitonali. Il primo Atto è suddiviso in due parti. Nella prima il coro dipinge la vicenda e presenta basato su la si re mi sol e armonizzato per sei volte in modo diverso. Nella seconda trionfa l’amore, che si concentra espressivamente nel duetto di Butterfly e Pinkerton, molto complesso e articolato, di assoluta efficacia espressiva, l’ Introduzione “Bimba, bimba non piangere”, prima sezione “Bimba dagli occhi pieni di malia”, seconda “Stolta paura” e terza parte “Ah dolce notte” che chiude Duetto e Atto.

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La storia di Cio-Cio-San e Pinkerton commuove da un secolo LA TRAMA DI MADAMA BUTTERFLY di Giacomo Puccini Melodramma in tre atti su Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa. Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 17 febbraio 1904 Personaggi Madama Butterfly - Cio-Cio-San (soprano) giovane geisha Pinkerton (tenore) tenente della marina degli Stati Uniti Suzuky (mezzosoprano) servente di Butterfly Sharpless (baritono) console statunitense a Nagasaky Goro (tenore) sensale di matrimoni Lo zio Bonzo (basso) Il principe Yamadori (tenore) pretendente di Butterfly Kate Pinkerton (mezzosoprano) moglie di Pinkerton Imperial Commissario (basso) Ufficiale di Registro (basso) Zio Yakusidé (basso) Zia di Butterfly (soprano) Cugina (soprano) Madre e Parenti di Butterfly (coro) Dolore (bimbo mimo) ATTO I In una casa con giardino, a Nagasaki, il tenente della marina statunitense Benjamin Franklin Pinkerton, accompagnato da Goro, sensale di matrimoni, attende divertito il corteo nuziale della sua sposa, la geisha Cio-Cio-San, detta Madama Butterfly. Goro gli presenta l’ancella Suzuky, nel frattempo giunge Sharpless, console americano, al quale Pinkerton espone, conversando amabilmente davanti a un bicchiere di whisky, la sua cinica filosofia di «yankee» che vuol godersi la vita, sprezzando rischi e i sentimenti altrui: s’è invaghito di Cio-Cio-San e intende ora sposarla secondo il rito giapponese, non riconosciuto negli Stati Uniti. Sharpless gli fa un garbato rimprovero, perchè ha compreso che «ella ci crede» veramente, ma alla fine brinda con Pinkerton che un giorno sposerà una vera sposa, americana. Intanto, arriva Butterfly e il console le rivolge qualche domanda, Cio-Cio-San dice di essere nata a Nagasaki da una

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In alto, a San Francisco con il light designer Gary Marden. Qui sopra all’Atlanta Opera, 2014, progetto l direttore artistico Tomer Zvulun.


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Il prepotante americano non piace, in fondo, neanche a Puccini famiglia un tempo assai prospera, ma poi finita in miseria, motivo per cui è stata costretta a fare la geisha. Vive con la madre il padre è morto. Quando le viene chiesta l’età, Butterfly si diverte fanciullescamente a farla indovinare, poi ammette maliziosa di avere 15 anni. «L’età dei giochi» commenta Sharpless con tono severo. Giungono quindi la madre di Butterfly e gli altri parenti per la cerimonia, e Pinkerton li osserva divertito. Butterfly trae in disparte Pinkerton per mostrargli alcuni oggetti che ha portato con sé in dote: dei fazzoletti, una pipa, una cintura, uno specchio, un ventaglio, un vaso di tintura per il trucco tradizionale e, infine, un astuccio lungo e stretto, ma alla richiesta di Pinkerton di vedere cosa contiene, essa lo ripone in tutta fretta, dicendo che c’è troppa gente intorno. Goro spiega sottovoce che si tratta della lama con cui il padre si è suicidato su ‘invito’ dell’Imperatore. In attesa dell’inizio della cerimonia, Cio-Cio-San confessa a Pinkerton, a dimostrazione della sua devozione, di aver rinnegato la sua fede e di essere divenuta cristiana. Si celebrano quindi le nozze, il console e i funzionari se ne vanno, mentre tutto il parentado si trattiene per festeggiare. A quel punto irrompe lo Zio Bonzo, furibondo: ha scoperto che che Cio-Cio-San ha rinnegato la fede degli avi e, cacciato da Pinkerton, la maledice rinnegandola a sua volta, seguito dai parenti. Il pianto di Butterfly viene placato dalle ardenti parole di Pinkerton, infiammato dal desiderio, mentre scende la notte. L’ingenua fanciulla risponde teneramente alle appassionate parole del marito che, stringendola in un abbraccio, la conduce all’interno della casa.

Altre immagini di famosissime Butterfly: in alto la mitica Maria Callas. Qui sopra, una rara immagine di Geraldine Farrar durante le prove

ATTO II La fedele Suzuki prega davanti alla statua di Budda affinchè Cio-Cio-San non pianga più, perchè da tre anni, la sposa aspetta il ritorno del marito Pinkerton, partito per gli Stati Uniti con la promessa di ritornare a primavera, nella stagione in cui i pettirossi fanno il nido. Butterfly è convinta che che un bel giorno dall’orizzonte spunterà la nave di Pinkerton e il suo sposo salirà la collina chiamandola con gli affettuosi vezzeggiativi di un tempo. Sopraggiungono Goro

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, Maria José Siri, giovane soprano uruguaiano di origini italiane, la star della stagione scaligera 2016/17, si è dedicata inizialmente allo studio del pianoforte, della chitarra, sino a giungere al sassofono tenore. Dal 2003, quando viene proclamata rivelazione artistica dell’anno dall’associazione dei critici musicali argentini. è una presenza ormai costante nei maggiori teatri europei dalla Spagna, alla Germania, all’Austria, all’Italia. Ha lavorato a San Pietroburgo e nei paesi scandinavi (Savonlinna in Finlandia, Stoccolma e Copenhagen), ha cantato Aida al Cairo, di fronte alle piramidi di Giza. Anche a Tokyo, Osaka, Tel Aviv e Istanbul è celebrata come una delle cantanti più interessanti degli ultimi anni. Lavora moltissimo, dunque ha pochissimo tempo libero per sè. Che lo abbia speso per studiare il suono di alcuni strumenti come il sassofono e il violoncello, è una notizia che ha fatto subito il giro del mondo. “Complessivamente avrò studiato sassofono in totale per sei mesi al massimo, ma ricordo come è stato difficile raggiungere le note più gravi, imparare velocemente a prendere dei fiati incredibilmente profondi per riuscirci. Studiare il suono d’uno strumento così impegnativo ha fatto sì che io prendessi coscienza del fiato e dell’appoggio a un livello molto alto. Questo è stato un grande vantaggio, nello studio del canto” A Maria Josè piacciono molto la varietà e l’innovazione. Ha lavorato in produzioni in cui il direttore segue una linea chiara che non rispetta il libretto o il regista cerca di cambiare o “migliorare” quello che è già un pilastro nella storia della lirica. Ha cantato l’opera italiana con proposte innovative all’estero, mentre in Italia ha firmato con la sua voce produzioni più tradizionali. Si muove con disinvoltura sulla ribalta delle Aide ‘classiche’ di Zeffirelli ma canta anche per quelle modernissime, anche per le produzioni a rischio di contestazione. La Butterfly alla Scala è un lavoro molto interessante per il tipo di percorso che lei ha in mente per sè stessa. “Mi piacciono le proposte dove c’è una vera lettura profonda e curata di quella materia particolarissima chiamata Opera, che è teatro cantato. “ ha dichiarato alla stampa qualche anno fa. “A volte certi registi non hanno la minima considerazione o, peggio, consapevolezza del fatto che la voce, l’emissione, condizioni anVintage che il fisico. Ci capitano situazioni dove noi - e quando dico noi mi riferisco ad artisti che sono aperti a fare o a provare a fare cose anche molto difficili fisicamente mentre si canta - dobbiamo spiegare che non è possibile far ciò che ci viene chiesto e tuttavia non sempre siamo ascoltati. Il problema è che c’è sempre qualcuno che accetta! Così lo spettacolo nasce in un modo nella prima produzione, con artisti che consentono qualunque cosa senza dialogare, e poi i registi hanno perfettamente ragione a esigere che anche gli interpreti delle riprese facciano lo stesso.” La Butterfly del 1904 ci offre un personaggio femminile tutto da studiare dal punto di vista psicologico. Certo, il pubblico di quest’opera, come per Aida, è molto influenzato dagli allestimenti e dai costumi. “Per quanto riguarda gli allestimenti tradizionali, in certi casi li preferisco” sostiene Maria Josè Siri. “Perché il linguaggio corporale cambia con i costumi d’epoca e ogni tanto sento di tornare a casa quando indosso un grande vestito per fare un movimento ampio che accompagna una grande frase, che riempie il palco e la vista del pubblico”. Ha iniziato gli studi come soprano leggero: Regina della notte (e anche Pamina), Lucia, Amina e Gilda, per citare solo alcuni dei ruoli che ha interpretato. Poi il destino l’ha portata a cambiare insegnante e repertorio, la voce piano piano è diventata più lirica con lo studio, poi sono arrivati i primi concorsi e le prime audizioni. Col tempo Maria Josè Siri ha capito di essere un soprano lirico a 360 gradi, con accenti drammatici. E questo le permette di padroneggiare pienamente i ruoli verdiani e pucciniani. “La ricerca sulla mia vocalità non finisce mai” sottolinea “ scopro sempre nuove possibilità, ma il mio scopo è riuscire a trovare quella che io definisco “l’onestà” della mia voce. Solo acquisendo questa piena consapevolezza potrò cantare da Mozart a Puccini, interpretar Tatiana o Manon Lescaut con la stessa vocalità di soprano lirico pieno, solo cambiando intenzioni e colori: seguendo il testo, la parola, il fraseggio e lo stile.” Quando la si sente cantare, appare comoda nella mezzavoce, pronta a “rischiare” con i piani piuttosto che con i forti, capace di sviluppare una zona grave con gli anni, pur mantenendo freschi e morbidi gli acuti e il fraseggio. Puccini, Verdi, Leoncavallo,Čajkovskij, sono il suo repertorio di elezione, ma - dichiara - le piacerebbe provare anche altri ruoli: da Rusalka a Thais da Adriana Lecouvreur a Elektra o Fanciulla. La Siri ha un debole per l’opera francese ma è cosciente che il suo repertorio di elezione sarà sempre quello italiano. Il ruolo di Desdemona, che ha interpretato qualche tempo fa, l’ha incuriosita molto. “La lettura non è facile, prima di studiarla la vedevo in un modo, ora approfondendo ho imparato ad amarla ancora di più perché la trovo una donna di un grande coraggio, umanità e amore puro di frotte a tutti e a tutte le situazioni, fino al punto di rischiare la sua stessa vita. Dal punto di vista emotivo mi ha colpito la grande compassione che ella prova per Otello, la sua insistenza per riuscire a trasformare l’odio in amore e perdono. Ovviamente essendo accanto a un personaggio assai forte e complesso come Otello ho dovuto trovare il giusto equilibrio, cimentarmi inuna sfida bellissima”. Anche per il ruolo di Butterfly lo studio è stato lungo e profondo con il Maestro Chailly intenzionato a rispettare con grande attenzione la partitura di Puccini e la sua capacità di cogliere tutte le inquiedutini del suo tempo, i primi anni del Novecento. “Nel momento che in cui iniziamo ad avvicinarci a un nuovo personaggio dobbiamo anche scavare profondo nelle nostri emozioni e ricordi per fare della nostra interpretazione una creatura credibile” spiega Maria Josè Siri. “Affronto tutti i ruoli nello stesso modo, non mi importa in che Paese nè in che teatro canto. Tuttavia l’Italia è il posto giusto dove poter migliorare ogni volta di più i ruoli di repertorio italiano anche dal punto di vista linguistico. Ma il mio impegno non cambia. E’ sempre uguale: tanta responsabilità e naturalmente tanto divertimento”.

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Cover Story

Madama Butterfly nell’allestimento dell’English National Opera, 2005 e Sharpless, il quale ha ricevuto una lettera da Pinkerton con un messaggio per Cio-Cio-San. Ella è raggiante di gioia e dà il benvenuto al console. Sharpless non ha il coraggio di comunicarle che Pinkerton si è risposato in America e che verrà presto a Nagasaki con la sua nuova sposa. Cio-Cio-San informa il console di come il sensale insista per trovarle un nuovo marito. Uno dei pretendenti è il ricco Yamadori, che giunge poco dopo in gran pompa accompagnato dai suoi servi, ma Cio-Cio-San non vuole saperne, orgogliosa nella sua tenace convinzione di essere ancora sposata con Pinkerton, anche secondo la legge americana. Sharpless comincia con imbarazzo a leggere la lettera di Pinkerton, continuamente interrotto da Butterfly e cerca di farle capire la verità chiedendo: «Che fareste s’ei non dovesse ritornar più mai?» Cio-Cio-San s’arresta, immobile, e risponde sommessa che le alternative sono due: tornare a fare la geisha o morire. Butterfly all’improvviso corre nella stanza accanto e ritorna trionfante con un bambino in braccio:

se Pinkerton l’ha scordata, potrà scordare anche suo figlio? Il console, profondamente turbato, promette che informerà Pinkerton dell’esistenza del bambino ed esce. Si avverte un colpo di cannone e Cio-Cio-San si precipita fuori e, con un cannocchiale, cerca di individuare la bandiera della nave, quindi, esultante ne grida il nome: «Abramo Lincoln!», la nave di Pinkerton. La sua gioia è immensa e ordina a Suzuki di cogliere tutti i fiori del giardino per adornare la casa e ricevere degnamente lo sposo. Con indosso l’abito da sposa, Cio-Cio-San si accoccola con Suzuki e il bambino davanti allo shosi in attesa dell’arrivo di Pinkerton. ATTO III A poco a poco la notte si dilegua, Butterfly, si allontana dalla stanza con il bimbo addormentato in braccio. Poco dopo giunge Pinkerton, in compagnia di Sharpless e di Kate, la moglie americana, che resta ad aspettare in giardino. Informato dal console del figlio che Butterfly gli ha dato, è infatti salito alla casa sulla collina per convincerla ad affidargli il piccolo. Quando apprende

da Suzuki come Butterfly lo abbia atteso in quei tre anni, si allontana col cuore gonfio di rimorso. Butterfly si desta, chiama Suzuki, scorge Kate, sulla terrazza, ed è colta da un brutto presentimento. Interroga Suzuki su Pinketon mentre fissa Kate, quasi affascinata e finalmente comprende chi è. Kate allora si avvicina e, chiedendole perdono per il male che inconsapevolmente le ha fatto, si mostra amorevolmente disposta ad avere cura del bambino e a provvedere al suo avvenire. Butterfly risponde che consegnerà il piccolo soltanto a «lui», se avrà il coraggio di presentarsi. Poi li congeda. Rimasta sola crolla a terra. Ordina a Suzuki di chiudere le imposte e di ritirarsi nell’altra stanza con il bambino. Suzuki intuisce le intenzioni della padrona: vorrebbe restare, ma Cio-Cio-San, risolutamente, la spinge fuori. Poi estrae dall’astuccio di lacca il coltello di suo padre e legge con solennità le parole incise sulla lama: «Con onor muore chi non può serbar vita con onore». Sta per compiere harakiri, quando all’improvviso Suzuki spinge nella stanza il bambino. Butterfly lascia cadere il coltello, si precipita verso il piccolo, lo abbraccia soffocandolo di baci e, dopo avergli rivolto uno straziante addio, gli benda gli occhi e lo fa sedere, mettendogli in mano una bandierina americana. Quindi raccoglie il coltello e si uccide. Nello stesso istante, invocandola da lontano, accorre nella stanza Pinkerton, che s’inginocchia singhiozzante sul suo corpo. Brani celebri Amore o grillo, Pinkerton e Sharpless Ancora un passo... Spira sul mare, Butterfly e coro Viene la sera.... Bimba dagli occhi pieni di malia, Pinkerton e Butterfly Un bel dì vedremo, Butterfly Che tua madre dovrà prenderti in braccio, Butterfly e Sharpless Scuoti quella fronda, Bytterfly e Suzuky Coro a bocca chiusa Addio fiorito asil, Pinkerton Tu, tu piccolo Iddio, Butterfly

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Milano Xmas & mostre

Dalla Scala alla Madonnina, tutte le grandi mostre meneghine da non perdere tra il Ponte dell’Assunta e i giorni della Befana

by Ada Eva Verbena

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l soggiorno a Milano per una serata all’opera può essere reso ancora più piacevole se unito, in giornata, alla visita a una delle importanti mostre ospitate dalla capitale meneghina e alla scoperta delle prelibatezze lombarde.

Qui sopra: due immagini della mostra di Escher a Palazzo Reale, con una sezione dedicata agli aspetti matematici della sua pittura. Di seguito, vista interna della Pasticceria Marchesi (Gruppo Prada) con sala da thè che si affaccia sulla Galleria Vittorio Emanuele.

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PALAZZO REALE e GALLERIA VITTORIO EMANUELE Il pittore Maurits Cornelis Escher è in mostra a Palazzo Reale, che si affaccia sulla Piazza del Duomo e fronteggia la Galleria Vittorio Emanuele. Scomparso nel 1972, egli ha lasciato un vastissimo corpus di opere che non solo non mostrano i segni del tempo, ma possono essere considerate di essenziale influenza sulle nuove tecnologie digitali, che sembrano rincorrere i risultati da lui già raggiunti nel secolo scorso. Promossa dal Comune di Milano-Cultura, la mostra è prodotta da Palazzo Reale di Milano, Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE ed è curata da Marco Bussagli e Federico Giudiceandrea. Con oltre 200 opere, l’itinerario del progetto espositivo è un viaggio all’interno dello sviluppo creativo dell’artista, partendo dalla radice liberty della sua cultura figurativa, soffermandosi sul suo amore per l’Italia e individuando nel viaggio a L’Alhambra e a Cordova la causa scatenante di un interesse per le forme geometriche già ampiamente presente nella sua vena creativa. Snodo centrale della mostra è il momento della maturità artistica di Escher con i temi della tassellatura e degli oggetti impossibili. Questi due aspetti dell’opera di Escher introducono al suo rapporto con le Avanguardie storiche - come il Futurismo - e un chiaro riferimento al Surrealismo, punto nodale del suo intreccio creativo. Sono quelli di Escher degli attraversamenti che intersecano movimenti italiani ed europei, in parte anticipandoli addirittura. Inevitabile e necessaria una sezione dedicata agli aspetti matematici e di percezione visiva dell’Universo Escher. Infine, una sezione è dedicata a documentare quanto la lezione di Escher sia stata centrale nella cultura, nell’editoria e nella musica del Novecento. Info e prenotazioni Tel. 02 89 29 711 Dopo le illlusioni ottiche di Escher, ci vuole una sosta. In Galleria Vittorio Emanuele c’è un indiscusso tempio della pasticceria, Marchesi. Un brand storico per Milano che è stato rilevato dalla griffe di Miuccia Prada e trasformato in una catena di prelibatezze di lusso. Il verde salvia è il colore guida che dobbiamo cercare in Galleria Vittorio Emanuele o in Via Montenapoleone. Eccellente ogni tipo di pasticceria, delicatissimi i panini e i tramezzini, le meringhe e i gelati. Ma ora è tempo di panettone. A Palazzo Reale è assolutamente imperdibile anche la mostra che raggruppa tre grandi maestri dell’ukiyoe, Hokusai, Hiroshige e Utamaro. Si tratta di una selezione di oltre 200 opere, che mostra uno stile di vita opposto all’etica del samurai e dedita al godimento di ogni singolo momento, al piacere e al divertimento in ogni sua forma. Tante furono le scuole e gli artisti che si specializzarono in questi temi, tuttavia tre sono i maestri che ancora oggi rimangono punti di riferimento indiscussi:


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A sinistra la Grande Onda di Katsushita Hokusai, che con i maestri Hiroshige e Utamaro porta la grande pittura giapponese in Italia nel 2016. A destra: gheishe al bagno di Utamaro, paesaggio con grande onda e paesaggio fluviale di Hiroshige, il Van Gogh del Giappone. In basso, altre bellissime fanciulle di Utamaro.

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Katsushika Hokusai (1760-1849), Utagawa Hiroshige (1797-1858) e Kitagawa Utamaro (1753-1806). L’esposizione con circa 200 silografie policrome e libri illustrati provenienti dalla prestigiosa collezione della Honolulu Academy of Arts, è promossa e prodotta dal Comune di Milano insieme a MondoMostre Skira e curata dalla professoressa Rossella Menegazzo, docente di Storia dell’Arte dell’Asia Orientale dell’Università degli Studi di Milano. La mostra mette in luce da una parte le peculiarità tecniche, l’abilità e l’eccentricità dei singoli artisti, dall’altra il mercato dell’immagine dell’epoca che richiedeva di trattare soggetti precisi, luoghi e volti ben noti al pubblico, temi e personaggi alla moda. Una domanda intorno alla quale crescevano inevitabilmente rivalità, prima ancora che tra gli stessi artisti, tra gli editori che producevano le opere e si contendevano i migliori pittori, incisori e stampatori per dar vita a serie di stampe sempre diverse, verticali, orizzontali, in forma di ventaglio, in formato di libro per soddisfare un mercato dell’editoria sempre più esigente e ampio. Il percorso propone una selezione di silografie dalle serie più significative dei tre artisti, mettendo in evidenza come fossero ricorrenti gli stessi soggetti e come per continuare a venderli nel tempo gli editori fossero obbligati a inventare espedienti come formati diversi e inquadrature diverse. La mostra si inserisce all’interno di un calendario di eventi che hanno avuto luogo in Italia lungo tutto l’arco del 2016 per celebrare il 150° Anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia con la stipula del primo Trattato di Amicizia e Commercio, firmato il 25 agosto 1866 tra Italia e Giappone, che diede inizio ai rapporti diplomatici tra i due Paesi. Importanti contatti tra i due Paesi erano già avvenuti nei secoli precedenti, a partire dal XVI secolo, per volere di singoli feudi e signori dell’aristocrazia di spada particolarmente sensibili alla cultura occidentale e alla religione cristiana tanto da inviare missioni conoscitive in America, in Europa e in particolare in Italia e in Vaticano, tuttavia quello del 1866 è il primo trattato firmato tra Paesi moderni dopo oltre due secoli di chiusura del Giappone. Per motivi di conservazione e tutela delle opere esposte, la mostra resta chiusa il lunedì mentre il sabato anticipa la chiusura alle 19.30 anziché alle 22.30 Dal 12 novembre con il biglietto della mostra si può accedere a prezzo ridotto alla mostra Madama Butterfly l’Oriente ritrovato- Foujita e Asari per Puccini inclusa nel percorso del Museo Teatrale alla Scala. In occasione di questa digressione verso Piazza della Scala, che fa angolo con Via Manzoni, si potrebbe decidere di prenotare uno dei ristoranti giapponesi più noti di Milano, il Nobu, che si trova ap-

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Rubens lascia un segno indelebile nella pittura del ‘600 punto in via Manzoni. Linee pure e minimaliste nel più tipico stile Armani, ma anche caratteristiche di un certo design nipponico caratterizzano questo locale che offre una sushi experience glamour. Sono alti i prezzi e la fama di questo brand che ha “gemelli” sparsi per il mondo... La sua cucina? Fusion con influenze sudamericane. La terza mostra ospitata a Palazzo Reale che sta riscuotendo un grandissimo successo, è quella dedicata a Rubens. Si tratta di un artista famoso e di centrale importanza per la storia dell’arte europea, ma ancora poco conosciuto in Italia e annoverato frettolosamente nella schiera dei “pittori fiamminghi” nonostante il suo importantissimo soggiorno nella penisola tra il 1600 e il 1608. Rubens ha lasciato un segno indelebile e vitale in tutta la sua vasta produzione artistica e annovera vari seguaci. L’Italia è fondamentale per Rubens, così come Rubens per l’Italia A lui si devono i primi segnali della nascita del Barocco che si diffonde in espressioni altissime in ogni regione. Un’ influenza che tutta la critica gli riconosce ed esalta al punto che Bernard Berenson ama definirlo “un pittore italiano”. I suoi rapporti con Genova, Mantova, Venezia e la sua vicenda romana permettono di ricostruire il filo che lo lega così profondamente alla cultura italiana, che resterà il tratto d’identità per tutta la sua produzione successiva. Milano aveva già ospitato tra dicembre 2015 e gennaio 2016 a Palazzo Marino la sua Adorazione dei Pastori, vista da oltre 120.000 persone e concessa in prestito dal Museo Civico di Fermo, l’ultima opera dipinta da Rubens prima di lasciare definitivamente l’Italia, testimonianza eccellente del suo rapporto con l’arte italiana che oggi torna a Palazzo Reale. La mostra mette in evidenza i rapporti di Rubens con l’arte antica e la statuaria classica e la sua attenzione verso i grandi maestri del Rinascimento come Tintoretto e Correggio e soprattutto a far conoscere la straordinaria influenza esercitata dal grande Maestro sugli artisti italiani più giovani, protagonisti del Barocco come Pietro da Cortona, Bernini, Lanfranco, fino a Luca Giordano. Per rendere chiaro e lineare questo tema complesso Anna Lo Bianco, curatore della mostra, ha selezionato un gruppo di opere esemplificative, che creano con confronti evidenti tra dipinti di Rubens, sculture antiche, opere di alcuni grandi protagonisti del Cinquecento e di artisti barocchi. Oltre 70 opere, di cui 40 del grande maestro fiammingo, riunito grazie a prestiti internazionali da alcune delle più grandi collezioni del mondo. Le opere provengono dal Museo Nazionale del Prado, dell’Hermitage di San Pietroburgo, della Gemäldegalerie di Berlino e del Principe del Liechtenstein, e da numerose collezioni

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In alto: Adorazione dei Pastori e trionfo a cavallo di Pietro Paolo Rubens. A fianco, interno del ristorante Nobu portato a Milano da Giorgio Armani, con cucina fusion e giapponese. TOP SUSHI IN CENTRO A MILANO Oltre a Nobu, sono vicinissimi a piedi altri ristoranti giapponesi top, non solo di Milano ma d’Italia come Zero a metà del centralissimo corso Magenta. Qui le specialità sono molte e i le proposte particolari e fuori dalla norma. Un’esperienza gastronomica di altissimo livello, da accompagnare rigorosamente con buona compagnia e un vino ghiacciato. E poi segnaliamo Basara in Corso Italia, che parla di se stesso come di una sushi-pasticceria. Proposte deliziose, pesce freschissimo e ottimo servizio. Inutile presentarsi senza prenotare con qualche giorno d’anticipo, è sempre strapieno.


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Qui sopra, i delicati angioletti di Rubens. A fianco, una dei famosi dischi di Arnaldo Pomodoro. A destra, la Terrazza Aperol in Piazza Duomo a Milano italiane, tra cui la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma, i Musei Capitolini, la Galleria Borghese, la Galleria degli Uffizi e la Galleria Palatina di Firenze, il Museo di Palazzo Ducale di Mantova, la Galleria di Palazzo Spinola di Genova, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Il prezioso catalogo di mostra, edito da Marsilio Editor, è un punto di riferimento per la conoscenza di un maestro assoluto dell’arte occidentale. Dopo questo tuffo nel Seicento e nel colore, non c’è niente di meglio di un aperitivo dai colori squillanti, firmato Campari. Sulla Piazza del Duomo, con vista sulle guglie, ci sono il Caffè Zucca, il Bar Campari e la nuovissima mitica Terrazza Aperol che porta più vicino alle bellissime guglie della cattedrale, offrendo una vista imperdibile della Madonnina e del cuore della città. Infine, sempre a Palazzo Reale, per festeggiare i 90 anni di Arnaldo Pomodoro, la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale è divenuta il fulcro della grande antologica che abbraccerà l’intera città e alcune delle sue sedi espositive più prestigiose: Palazzo Reale, la Triennale di Milano, la Fondazione Arnaldo Pomodoro e il Museo Poldi Pezzoli. Palazzo Reale accoglie una trentina di sculture realizzate dal 1955 ad oggi e scelte dall’artista stesso, per rappresentare le tappe fon-

damentali della sua ricerca e del suo lavoro di oltre sessant’anni. Il percorso prende avvio dai bassorilievi degli anni Cinquanta in piombo, argento e cemento, nei quali emergono già le caratteristiche trame segniche di Pomodoro. Nella Sala degli Arazzi, durante il periodo di apertura della mostra, i visitatori potranno entrare, in modo virtuale, nel Labirinto, grazie alla potenzialità immersiva dei Gear VR e di HTC Vive, in un’esperienza multisensoriale che si estende nello spazio e nel tempo. La mostra, curata da Ada Masoero, offre infine un ricco e articolato progetto didattico. Il progetto espositivo è accompagnato da una serie di eventi volti ad approfondire e discutere l’opera e la figura di Arnaldo Pomodoro nei suoi rapporti con le idee e i movimenti dell’arte contemporanea ed è completato da un itinerario artistico che collega più punti della città: da Piazza Meda con il Grande disco, a Largo Greppi con Torre a spirale, fino all’Ingresso nel labirinto nei sotterranei dell’edificio ex Riva Calzoni di via Solari 35, già sede espositiva della Fondazione. In Piazzetta Reale, inoltre, è esposto il complesso scultoreo The Pietrarubbia Group, per la prima volta nella sua totalità. Un’opera ambientale composta di sei elementi realizzati in un processo aggregativo in progress iniziato

HOKUSAI RAGAZZI nel 2015 che, nel 1975 ePER completato Fili d’erba,un grandi onde,ideale ciliegiall’antico in fiore e rendendo omaggio civette.di Queste cose, e molte altre, sapeva borgo Pietrarubbia nel Montefeltro, disegnare Hokusai.Ma c’era ancora qualha dato forma all’emozione e al legacosadel cheMaestro gli sfuggiva, sapeva.origini me conlui le lo proprie Come fermare il volofisico della elibellula un che sono qui luogo insiemesuimfoglio di carta? maginario. Bambini e adolescenti possno scoprirlo con i campus dedicati che sono organizzati a Palazzo Reale durante le feste. Dopo la visita viene letto il libro “Il sogno di Hokusai” e si affronta, insieme al grande artista giapponese un lungo viaggio nella notte del mondo fluttuante, interrogando i personaggi che lo popolano per trovare un finale diverso alla storia. E’ un laboratorio creativo all’insegna del collage, del disegno e dei timbri, i ragazzi possono scoprire dove si nasconde la misteriosa libellula. COSTI € 25,00 | Il costo comprende il biglietto d’ingresso in mostra Date > 28 dicembre 2016 e 3 gennaio 2017 dalle 14:30 alle 17:30 Date > 29 dicembre 2016 e 4 gennaio 2017 dalle 09:30 alle 12:30 Prenotazione consigliata e (aggiungiamo noi) per tempo.

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Mercatini che passione Da Merano a Vipiteno, da Brunico a Bolzano, gli appuntamenti con la tradizione, la gastronomia, gli eventi by Sonia Avanzi

I Qui sopra: la magia dei mercatini di Natale sulle Alpi, con i tpici stand di legno he offrono spettacoli, produzioni artigianali, degustazioni direttamente dai produttori, divertimento sulle piste di pattinaggio. A Brunico, prima di godersi la magia di luci e suoni, si può salire al Messner Mountain Ripa Museum, dedicato ai popoli della montagna, che offre un meraviglioso panorama sulla città e sulle vette circostanti del comprensorio di Plan de Corones.

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mercatini di Natales sono un appuntamento che piace sempre di più a chi sceglie la vacanza sulla neve. Per questo, in tutte le città i tradizionali banchetti per lo shopping gastronomico e non,sono sempre più affiancati da aree dedicate alle degustazioni di vino, di salumi e formaggi, di dolci, ma anche di primi e secondi piatti preparati al momento. Tra i più suggestivi, quelli che si inaugurano in Veneto, Trentino e Alto Adige. Ecco le mete più gettonate. BRUNICO Il Mercatino di Natale di Brunico si tiene in via Bastioni e al Parco Tschurtschenthaler. E’ l’occasione per respirare tutta l’atmosfera di questa cittadina nel cuore della Val Pusteria, dove le tradizioni alpine e l’amore per la montagna e la natura si fondono con innovazione e modernità. Passeggiando tra i tipici stand di legno è possibile trovare tessuti e prodotti in lana dell’artigianato locale, tè e tisane, grappe alle erbe, specialità gastronomiche, prodotti di qualità e tantissime idee da regalare e regalarsi. I più piccoli trascorreranno momenti indimenticabili volteggiando sulla pista di pattinaggio su ghiaccio allestita in piazza Municipio, mentre i genitori potranno passeggiare tra i negozi del centro storico o nella Oberstadt attorno alla Colonna Mariana e al Palazzo Sternbach, dove visitare una delle numerose esposizioni o assistere a una dimostrazione di artigianato tradizionale. Da non perdere poi una passeggiata al Castello di Brunico, che ospita il Messner Mountain Museum Ripa, dedicato ai popoli della montagna, e offre un panorama meraviglioso sulla città, sulle vette circostanti e sul comprensori sciistico Plan de Corones.

La piazza del Duomo, incorniciata dal Duomo, dalla chiesa parrocchiale di S. Michele e dal palazzo del Municipio, è il palcoscenico in cui svolge il tradizionale Mercatino di Natale di Bressanone. Sulle bancarelle si possono trovare decorazioni natalizie artigianali, sculture in legno e tantissime altre idee regalo per la gioia dei propri cari, senza dimenticare le numerose specialità gastronomiche altoatesine, come i canederli allo speck con i crauti o i tipici Kaiserschmarren. I più piccoli potranno ammirare la storica giostra natalizia a vapore, e tutti potranno godere delle bellezze della cittadina altoatesina con giri in carrozza e itinerari attraverso il centro storico, per poi fermarsi a riposare assaporando un bicchiere di vin brûlé o un succo di mela caldo, e riprendere la visita con una passeggiata al Palazzo vescovile, l’antica residenza dei principi vescovi che oggi ospita il Museo Diocesano con una ricca collezione di presepi e altri tesori di grande valore. BOLZANO Il più grande Mercatino di Natale dell’Alto Adige è quello di Bolzano: una luce magica illumina piazza Walther e tutte le vie del centro storico, addobbate a festa e pronte ad ospitare i numerosi appuntamenti dell’Avvento: la Rassegna natalizia - mercatino artistico in piazza Municipio, il Mercatino della Solidarietà in via Argentierie in piazza del Grano, e i famosi portici con i loro negozi dove continuano a vivere le tradizioni locali, immersi in un’atmosfera unica che è perfetto connubio tra tradizioni alpine e caratteristiche mediterranee. Per i più piccoli c’è il Mercatino di Natale dei bambini in piazza della Mostra che ha in serbo un ricco programma per i giovani ospiti, mentre gli adulti possono scaldarsi con un bicchie-


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re di vin brûlé nel cortile del Palais Campofranco. Piazza Walther diventa teatro per numerosi concerti musicali ed eventi letterari sullo sfondo delle bancarelle dove acquistare originali regali di Natale o degustare le specialità locali, come i rinomati Zelten, con cannella e spezie. MERANO La cittadina termale di Merano ha uno stile unico, fatto di ritmi tranquilli che si ritrovano anche durante il periodo dell’Avvento, fra le tradizionali bancarelle delMercatino di Natale. Camminate lungo la Passeggiata Lungo Passirio lasciandovi cullare dal suono delle acque del Passirio e assaporando il profumo delle caldarrostee l’aroma del vin brûlé, e andate alla scoperta delle bancarelle con i prodotti artigianali tipici della regione, avvolti da un clima di festa. Qui è davvero possibile dimenticare la frenesia di tutti i giorni, facendo un giro della città alla luce delle lanterne, passeggiando tra le viuzze medievali e trascorrendo momenti rilassanti alleTerme Merano. Tanto divertimento anche per i piccoli ospiti: per loro la pista di pattinaggio su ghiaccio in piazza Terme e il ricco calendario di eventi in programma presso la Casetta di Goldy in piazza della Parrocchia. Gli amanti dell’arte potranno visitare Merano Arte, il Palais Mamming Museum e il Castello Principesco, mentre chi vuole andare alla scoperta dei dintorni può visitare uno dei sette mercatini nei pressi della città, piccoli ma davvero speciali.

In queste pagine, luci e colori dei mercatini dell’Avvento e di Natale in Alto Adige, un territorio che offre ottima accoglienza, servizi turistici eccellenti e alberghi molto confortevoli, spa bellissime e rilassanti, ristoranti di riconosciuta eccellenza.

VIPITENO Vipiteno, la cittadina più a nord dell’Alto Adige, invita alla scoperta di uno dei più suggestivi Mercatini di Natale, avvolto in un clima magico e circondato dalla splendida cornice delle Alpi. L’imponente Torre delle Dodici, che risale al XV secolo e ospita, durante il periodo dell’Avvento, una mostra di presepi, svetta sulla Piazza Città e fa da sfondo alle tipiche casette in legno che espongono prodotti artigianali e tradizionali da regalare e regalarsi. Le splendide facciate colorate delle case testimoniano l’importanza storica della cittadina come centro minerario e commerciale, e invitano a passeggiare per le vie del centro, chiuso alle auto, perdendosi tra le vetrine. Una visita guidata al Mondo delle Miniere di Ridanna Monteneve permette di rivivere 800 anni di storia delle miniere, di conoscere l’intero processo produttivo e di vedere in funzione gli impianti originali. Da Vipiteno, chi ama gli sport invernali può raggiungere in soli cinque minuti a piedi la stazione a valle che porta a Monte Cavallo, vero paradiso invernale con piste da sci perfettamente tenute e la pista per slittino illuminata e innevata più lunga d’Italia.

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Capodanno

S.Silvestro a Edimburgo

Per gli amanti del Capodanno, un vero paradiso. Qui i festeggiamenti durano quattro giorni. E se giocate a golf, siete circondati dai green piÚ famosi del mondo. Anzi: il golf è nato qui.

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Capodanno

Halloween top a Londra, Parigi, Venezia, Vienna, Budapest, New York

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ogmanay è il nome da imparare a memoria se si è fanatici del Capodanno. Perchè è così che lo chiamano a Edimburgo (si pronuncia “Edìmborou”), la città dove si festeggia il più grande veglione di san Silvestro del mondo, per ben quattro giorni. Gli scozzesi danno il nome di Hogmanay alla girandola di feste di piazza che coinvolgono tutta la città a partire dal 29 dicembre, fino al primo giorno del nuovo anno. Hogmanay è un’antica festa pagana che in origine si svolgeva al solstizio d’inverno e poi è stata spostata a coincidere con la notte di S. Silvestro, ovvero l’ultimogiorno dell’anno. Il maxi party di Capodanno a Edimburgo, il più grande d’Europa, attira ogni anno 100.000 persone da tutto il mondo: si svolge per ben 3 giorni e tutta la capitale si anima di eventi, concerti, mostre, rassegne musicali e cinematografiche, giochi di strada e attività per grandi e bambini. Edimburgo in questo periodo quadruplica la sua popolazione e questo festival è così famoso nel mondo, soprattutto nei paesi di cultura anglosassone come gli States, il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda, che le sistemazioni alberghiere vengono prenotate un anno per il successivo. Bisogna prenotare con almeno 9 mesi di anticipo un vostro alloggio per trovare il migliore rapporto qualità – prezzo ma soprattutto

Per i fanatici del Capodanno, la meta ideale è Edimburgo: www.edinburghshogmanay.org. Per partecipare, meglio prenotare 9 mesi prima, se si vuol dormire in centro. Arrivano non meno di 100 mila persone ogni anno. Foto grande e qui a fianco: Al tramonto, i quartieri più antichi mostrano tutto il loro fascino.

per assicurarsi una buona vicinanza al centro storico, che viene chiuso al traffico. Data l’enorme affluenza di gente in città anche pub e ristoranti vengono presi letteralmente d’assalto: vi consigliamo di prenotare un tavolo nel locale da voi scelto non solo per la sera del 31 ma anche per quella del 30 e del 1° dell’anno (pranzo e cena) a meno che non desideriate mangiare in un fast food. Per la gioia dei festaioli, ogni anno viene compilato un ricchissimo calendario di eventi con concerti, fuochi d’artificio, balli di beneficienza e party di strada. Tutto ha ha inizio con la tradizionale fiaccolata del 29 dicembre che dal Royal Mile arriva fino alla panoramica collina di Calton Hill dove sono in programma gli eventi più importanti e il falò di una simbolica nave vichinga. Il giorno successivo è dedicato allo spettacolo delle luci e al Night Afore Fiesta, un carnevale con musica ed eventi di strada. La notte di San Silvestro si raggiunge il clou con l’Edinburgh’s Hogmanay Street Party, migliaia di persone si riuniscono nel centro della città per lasciarsi andare al divertimento tra musica e fiumi di birra scozzese. Ogni anno c’è sesmpre un superconcerto, si tiene di solito in West Princes Street Gardens e, nonostante il freddo, dura fino a notte inoltrata. Il momento clou dell’inizio del nuovo anno si chiama Loony Dook, è previsto un bagno nelle gelide acque del Forth Estuary. E potete crederci che vanno in centinaia a farlo. Sul sito Edinburgh’s Hogmanay trovate il programma dettagliato. Se non proprio non tirate l’alba, potete partecipare alla O’Clock Run, corsa di un miglio aperta a tutti, o all’Edinburgh Triathlon in giro per la città. E dopo tutta questa attività ci si gode la ottima cucina scozzese, seguita dall’appunta-

mento musicale con Hogmanay Jazz Fringe e altri eventi per festeggiare in compagnia il primo gennaio 2017. E riposarvi il giorno dopo: il 2 gennaio infatti in terra scozzese è festa nazionale. Il cuore della manifestazione è ovviamente il centro storico che va dal Royal Mile a Princes Street, compresi i suoi giardini. Quest’area viene chiusa al traffico sia automobilistico che pedonale con accesso solo tramite biglietti. Tutti si emozionano alla mezzanotte del 31, nel momento più magico: quando il cielo notturno sopra il castello si illumina con centinaia di fuochi di artificio per che 20 minuti colorano la città sotto le note di Auld Lang Syne, un’antica melodia scozzese sui versi di Robert Burns, il poeta nazionale. Tra le iniziative più divertenti alle quali paratecipare o anche solo belle da vedere, i giochi di squadre stradali e il The Loony Dook, il famoso bagno nelle acque gelide del River Forth davanti al maestoso Forth Bridges. Oltre al Festival, che chiude i battenti intorno alle 2 di notte, per tutta la città la festa continua nei pub dove si può ascoltare musica dal vivo e dove i festeggiamenti vanno avanti fino al mattino. Per tornare in albergo o in appartamento ci sono tantissimi taxi, costano relativamente poco e possono essere condivisi con altre persone, anche sconosciute. Il Capodanno a Edimburgo è indimenticabile per l’atmosfera speciale che si respira in questo periodo dell’anno. Il centro di Edimburgo è vestito a festa e si trasforma in un enorme Luna Park: un villaggio di Natale viene allestito lungo Princes Street con giostre ed attrazioni, e litri di vino caldo vengono venduti insieme a hot dog, salmone, merluzzo fritto e dolcezze natalizie. La zona viene transennata sopratutto per permettere lo svolgimento delle famose feste da ballo scozzesi.

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Grand Tour

Suggestive feste religiose a Roma, Barcellona, Lisbona

L’importante è essere ben coperti per sfidare la lunga notte gelida, perché non basta bere alcolici o bevande calde per resistere al freddo. Inutile dire che dà per possibile il pernotto in sacco a pelo, non ha ben chiare le avversità del tempo che possono arrivare all’improvviso. Meglio pasasare la sera di Capodanno al caldo a un party scozzese in un albergo o in un buon ristorante e godersi i fuochi d’artificio che vengono sparati dal Castello, per poi riparare in un albergo o in alloggio. Ce ne sono di bellissimi, anche fuori città: qualcuno parcheggia in periferia e raggiunge il centro con un taxi, piuttosto che perdersi o vagare per ore alla ricerca di un posto intorno alla zona transennata. Una delle città più belle intorno a Edimburgo è Stirling, sede di una prestigiosa università che offre magnifici camp estivi per gli studenti stranieri dai 12 ai 16 anni. E’ lì, alla Stirling University che io sono andato la scorsa estate tre settimane e dove tornerò anche nel 2017. Edimburgo è una città meravigliosa da visitare e i giorni precedenti il Capodanno sono proprio ideali per fare la sua conoscenza. A Edimburgo si arriva in aereo con scalo a Parigi o a Francoforte. Una comoda navetta ci ha portato dall’aeroporto al centro della città, ce ne sono di varie compagnie. Il tragitto dura circa venticinque minuti. Tra i vari quartieri dove alloggiare, uno dei più accoglienti è quello georgiano, con vie tranquille e piccoli alberghi eleganti, con ottimo servizio e atmosfera cordiale.

Vista della centralissima Victoria Street di Edimburgo. Per visitare i dintorni, www.visitscotland.com www.edinbur-

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Uno dei posti più eleganti per risedere, che vanta anche un eccellente ristorante è l ’Hotel Balmoral, nella via dello shopping di Edimburgo. L’imponente edificio offre un ambiente sofisticato e richiede un abbigliamento elegante adeguato anche al ristorante. Il menù è all’altezza della fama di questo ristorante, coniuga la cucina francese ai prodotti scozzesi, offre una esperienza culinaria che coinvolge tutti i sensi. Per ritirare il programma degli eventi, si può andare all’ufficio turistico di Princes Street. Ma è bene non indugiare troppo nello shopping, ma dirigersi subito al Castello Il castello è un luogo ricco di storia e di fascino. La parte più antica è rappresentata dalla Cappella di St.Margaret del XII secolo, dedicata da re David I alla madre. Due antichi cannoni si trovano sulle terrazze del castello: si chiamano il Mons Meg - è uno dei più antichi del mondo, poteva lanciare palle pesanti 150 Kg - e One O’clock, che dal 1861 all’una dopo mezzogiorno in punto spara ancora, tranne la domenica, Venerdì Santo e Natale. Il Royal Palace con la Great Hall fu voluto dal re James IV nel 1510. Essa possiede ancora il tetto medievale, uno dei due più vecchi in Scozia, e le decorazioni rinascimentali sono le più antiche di tutte le isole britanniche. In questo castello Maria Stuarda diede alla luce il proprio figlio Giacomo che divenne re di Scozia ad un anno, e poi re 36 anni dopo. Qui si svolgono anche piccole rappresentazioni in costume, molto spettacolari, che coinvolgono

La città e la cattedrale presbiteriana vista dal drone, in una limpida giornata invernale www.edinburghcastle.gov.uk

Tutto il centro storico di Edimburgo viene chiuso al traffico e diventa un grande Luna Park con attrazioni mozzafiato


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Imperdibili le visite al Castello e allo Yacht Britannia

grandi e piccini. Le varie ali del castello racchiudono sale storiche e musei specializzati. Sono custoditi proprio qui nel castello i cosiddetti “The Honours” i gioielli della Corona di Scozia: lo scettro del 1494 donato dal Papa Alessandro VI, la spada del 1508 donata dal Papa Giulio II e la corona del 1540. Furono indossati per la prima volta tutti insieme dalla regina cattolica Maria Stuarda nel 1543 per la sua incoronazione all’età di nove mesi. Non c’è turista che non passi ad ammirare la Pietra del Destino: è la pietra sulla quale vennero incoronati i re; Edoardo I nel 1296 la portò in Inghilterra, e la pietra ritornò definitivamente in Scozia solo nel 1996. Tra i musei contenuti fra queste mura che si possono visitare anche nei giorni di Capodanno, figurano sono lo Scottish National War Memorial che celebra coloro che persero la vita nelle due guerre mondiali, e il National War Museum Scotland dove sono raccolti moltissimi cimeli scozzesi di guerra. Infine è possibile scendere nelle prigioni del castello, che ospitarono per secoli prigionieri di ogni nazionalità, mostrano la vita che in esse si conduceva durante il XVIII secolo. Dopo tanta storia, il piacere della tavola. Ci sono vari ristoranti nelle vicinanze di un edificio che ospita la “Scotch Whisky Exeperience”, che mostra con percorsi sensoriali la fabbricazione del whisky. Vari locali affiancano alcune specialità scozzesi a una carta di whisky. Si può

La fontana dedicata al cane Bobby che ha vegliato il suo amato padrone al cimitero per 14 anni.

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TUTTI A BORDO DEL BRITANNIA, LO YACHT REALE Un’altra esperienza da non perdere se si visita Edimburgo è la visita al Royal Yacht Britannia (www.royalyachtbritania. co.uk) un vero e proprio palazzo reale galleggiante varato nel 1953, è in disuso dal 1994, dopo aver condotto in giro per il mondo la famiglia reale ed aver ospitato grandi personalità mondiali per 40 anni. Possiede una enorme sala da pranzo per ricevimenti dalla quale sono passati tutti i potenti della terra. E’ stato donato alla città di Edimburgo che lo ha trasformato in un magnifico museo ed una grande attrazione per le famiglia. Si visitano sia gli appartamenti reali che gli alloggi dei membri dell’equipaggio, la camera da letto della Regina, la sala macchine, il garage con ancora dentro una Rolls-Royce, la lavanderia e l’infermeria. Il Britania è ormeggiato nel porto di Edimburgo, il Leith, e si trova dietro il centro commerciale Ocean Terminal. Per salire a bordo si entra nel centro commerciale e si sale al II piano dove c’è l’ingresso per lo Yacht. Per raggiungerlo si può andare con uno dei tanti tour turistici dal ponte Waverley. Con il Majestic Tour si può raggiungere il Britannia, passando per la New Town all’andata e per Holyroodhouse al ritorno. C’è anche un Royal Edinburgh Ticket che permette di salire e scendere dai bus turistici (Sighseeing Edinburgh, Edinburgh Tour e Majestic Tour) per due giorni, e visitare il Castello, Holyroodhouse e il Britannia.

Vista al tramonto del centro storico di Edimburgo col Castello.

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Grand Tour

Sir Thomas Sean Connery, mito del cinema e interprete ineguagliato di James Bond nella serie 007. E’ sempre stato uno dei più importanti testimonial della Scozia e da sempre promotore della sua indipendenza. Proprietario di un antico castello sulla costa, eccolo elegantissimo in kilt dl gala con il suo tartan e i suoi suoi colori, durante una cerimonia a Edimburgo.

Innamorati pronti a un tuffo da brivido nelle gelide acque scozzesi, il giorno di Capodanno nel 2014.

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dunque assaggiare un ottimo Haggis, piatto sostanzioso a base di interiora di pecora con aggiunta di farina di avena e cipolla, il tutto cotto nello stomaco della pecora stessa, un piatto per stomaci forti, affiancato ad alcolici forti. Molti storceranno il naso, ma se preparato bene, questo piatto tradizionale è molto gustoso. Percorrendo la Royal Mile dal Castello, per arrivare alla residenza reale di Holyroodhouse, si trovano moltissimi negozi di souvenir e di prodotti tipici pieni di turisti. Dunque se si vuol trovare qualcosa di esclusivo, bisogna cambiare quartiere e addentrarsi nelle vie più periferiche. Scendendo dal Castello s’incontrano il Parlamento Scozzese, la Cattedrale di St.Giles, la casa di John Knox e Canongate Church. La cattedrale di St. Giles è’ la chiesa scozzese dei Presbiteriani (non riconoscono i vescovi). Ha un’architettura gotica, e particolari guglie, quasi a formare una corona sul tetto dell’edificio. L’interno è caratterizzato dalla presenza di tombe e statue di personaggi famosi e dalla Cappella dei Thistle (cavalieri dell’ordine del cardo che hanno come capo la regina), interessante per il suo soffitto intagliato. Holyroodhouse è la residenza ufficiale della Regina Elisabetta II quando si trova ad Edimburgo, e lo è stata per molti re dal XVI secolo. La costruzione attuale è infatti barocca, ma originariamente era una foresteria dell’Abbazia di Holyrood fondata da re David I. Di questa abbazia rimangono solo i muri, visto che il tetto che crollò nel XVIII secolo non fu più ricostruito. Le guide spiegano che nella residenza non mancano episodi oscuri della storia della dinastia reale, tra i quali l’assassino di Rizzio, segretario della regina Maria, ad opera del marito geloso, Lord Danley. Quando la regina non soggiorna ad Edimburgo (di solito una settimana a luglio), si può visitare il palazzo e la Galleria della Regina che custodisce molti capolavori dell’arte. Il posto ideale per il classico “Afternoon Tea” è l’Hotel Caledonian. E’ un tradizionale break pomeridiano, con gustosi snack in attesa della cena, inventato dalla duchessa Anna di Bedford intorno al 1840 per togliersi il laguore che le veniva tra la colazione e il pasto serale (si facevano all’epoca solo due pasti al giorno). Per poterlo replicare a casa e sapere esattamente cosa servire, c’è un sito (www.afternoontea.co.uk). Il ristorante che all’interno del lussuoso Hotel Caledonian offre questa imperdibile pausa pomeridiana con una gran varietà di sandwiches, scones e pasticcini. Questa pausa è ideale dopo una visita culturale, per esempio alla National Gallery che si trova nel centro di Edimburgo. Conserva una delle più rinomate collezioni di opere d’arte dal Rinascimento al XIX secolo. Custodisce le opere dei più noti artisti come Raffaello, Tiziano, Botticelli, El Greco, Velazquez, Van Gogh, Degas, Monet, Gauguin, Cezane, Rubens, Canova e la pittura scozzese. Per il dinner, uno dei posti più rinomati è il The Wictchery, ambientato in un edificio del 1595, pieno di fascino. Si mangia in una atmosfera barocca, cena seduti su divani di pelle, attorniati da oggetti antichi e l’ambiente è illuminato da tantissime candele, in una piacevolissima penombra. Prima di sedersi a tavola è bello perdersi nella New Town ammirando le case borghesi georgiane, e nella Old Town facendo shopping e scoprendo angoli un po’ nascosti e pieni di storia, leggende o curiosità. Vicino al cimitero di Greyfriars Kirkyard c’è una fontana famosissima, raffigurante un cane terrier chiamato Bobby che rimase per ben 14 anni sulla tomba del padrone. Vicino alla Cattedrale di St.Giles vi è un mosaico a forma di cuore, dove prima si ergevano le prigioni: prima di entrarvi i prigionieri usavano sputare per terra, ed ancor ora gli abitanti usano in modo scaramantico fare questo gesto passandovi accanto. Curiosità a parte, le due vie principali per lo shopping ad Edimburgo sono Royal Mile nella città vecchia e Princes Street nella città nuova. I migliori affari si fanno sul cachemire, sui kilt e il tartan, e sul whisky. Le boutique sono alternate a ristoranti che servono anche piatti tipici come il salmone e l’haggis. In pieno centro, in questio giorni di festa, si incontrano spesso musicisti di cornamusa in kilt, che si prestano volentieri a farsi fotografare coi turisti.


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Food & Co

Un dono da Amatrice La strenna gastronomica più gradita di quest’anno proviene dalle zone colpite dal sisma. E si compra online

by Galeazzo Melzi d’Eril

Qui sopra, la caciotta della solidarietà, prodotta nelle zone colpite dal terremoto

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er la prima volta gli agricoltori e gli allevatori delle zone terremotate portano on line i propri prodotti salvati dal sisma per consentire ai cittadini presenti su tutto il territorio nazionale di fare da casa acquisti sicuri per sostenere concretamente e direttamente la ripresa economica ed occupazionale dei territori colpiti dal sisma, senza cadere nel rischio di truffe e inganni che si nascondono in rete e non solo. Occhi alle spaghettate solidali, non lo sono proprio tutte. Trasparente ed efficace è invece l’iniziativa presentata dalla Coldiretti a 100 giorni dall’inizio delle scosse, che si tiene nel centro di Roma, nel mercato di Campagna Amica al Circo Massimo con le aziende agricole colpite nel Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo in occasione del primo shopping di Natale. L’opportunità è valida anche per un italiano su tre (38%) che quest’anno per le festività di fine

2016, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Deloitte, effettuerà online i propri acquisti natalizi e potrà adesso approfittare del web anche per fare solidarietà e sostenere così i produttori che non si rassegnano all’abbandono e vogliono ricominciare. Una percentuale di internauti in linea a quella europea del 40% ma che - precisa la Coldiretti - vede in Italia una maggior presenza di consumatori che prevedono di comprare tramite smartphone i regali da mettere sotto l’Albero (17% verso contro il 10% in Europa). Con un semplice click è possibile ordinare on line dal sito www.campagnamica.it (accessibile anche da www.coldiretti.it) tre diverse tipologie di cesti natalizi che raccolgono le specialità delle specifiche realtà regionali terremotate. L’indirizzo di tutte le aziende terremotate coinvolte nell’iniziativa è disponibile attraverso uno specifico banner con la

possibilità – spiega la Coldiretti - di contattarle direttamente per fare acquisti personalizzati ad hoc, secondo le diverse esigenze. I cesti con i prodotti terremotati continua la Coldiretti - sono per tutti i gusti e tutte le tasche con il più piccolo al prezzo di 30 euro con golosità che vanno tra l’altro dal pecorino di Leonessa al farro di Monteleone di Spoleto DOP. E ancora abbiamo la schiacciata aquilana prodotta insieme ad altri salumi abruzzesi da Rinaldo D’Alessio, storico produttore che ha subito diversi danni alle stalle, ma continua a prodigarsi per i suoi amati luoghi ritirando la maggior parte del latte ovino degli allevamenti colpiti dal sisma per continuare la sua pregiata produzione. Per chi invece volesse spendere qualcosa in più per portare sulle tavole delle feste prodotti delle aziende terremotate e specialità legate fortemente a quei territori

- prosegue la Coldiretti - l’opzione è un cesto medio da 42 euro composto da tipicità che vanno dalla cicerchia che rappresenta un legume storico fortemente legato al territorio all’olio extravergine di Arrone fino al prelibato vino Montefalco Doc del giovane Brunozzi Giorgio che in Umbria al magazzinaggio è stato gravemente danneggiato là dove Giorgio accoglie le scolaresche per la sua attività di fattoria didattica. E per chi invece vuol optare per la composizione più grande, ecco le appetitosissime specialità locali che vanno dalla storica lenticchia di Castelluccio di Norcia IGP allo zafferano e al miele dei Monti Sibillini, dal vino marchigiano Passerina fino ai golosi biscotti di Rita Santi di Accumuli che ha visto letteralmente crollare il laboratorio di trasformazione e il forno in cui cuoceva le sue golosità. Prosegue, per ora, ospitata da un forno romano.

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Donare un brindisi Vini fermi da collezione, bollicine di tutte le Regioni, champagne. E i top italiani ora trionfano a Hong Kong by Sonia Avanzi

I Per gli affezionati delle eccellenze francesi, i Pouilly fumè e i Sancerre Baron de Ladoucette (la tenuta qui sopra) e gli Champagne Louis Roederer. Il Brut Premier è composto per il 66% da Pinot Nero e per il 34 % da Chardonnay, è insomma un “multi-millésimé”. Nella sua cuvée vengono aggiunti al vino dell’ultima vendemmia 4 grandi millesimati d’annate precedenti provenienti dai “Vins de Réserve”, per conferire maggiore complessità e rotondità. Sotto: Contessa Alessia di San Colombano; Ottavia Giorgi di Vistarino con il suo rosso Sangue di Giuda.

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Montalcino), fra l’altro a un prezzo decisamente contenuto, considerato il contesto: 45 euro. Il Barolo Momprivato in Castiglione Falletto 2011 di Mascarello spunta infatti il secondo posto e il terzo posto se lo aggiudicano sempre i Paglieri di Roagna con il Barbaresco Pajè Vecchie viti 2011. L’eco della vittoria del vino irpino non si è ancora spenta: è uno dei migliori Taurasi mai prodotti, sostengono i critici della guida: “carnoso, sanguigno, sferico e poi sfaccettato, e dal finale chirurgico. Inforcate gli occhiali 3D, perché sarà pazzesco in futuro”. Insomma non c’è che provarlo. Tra i vini da conservare colpisce, al 18esimo posto della graduatoria, la presenza di uno spumante: il Trento Extra Brut Riserva del Fondatore Giulio Ferrari 2005, gloria di casa Lunelli. Noi di Arena Lifestyle regaliamo anche altre etichette, senza guardar troppo alle classifiche. Nell’Oltrepò Pavese, visto che la nostra base è qui, abbiamo scelto i rossi di Tenuta Mazzolino (il Noir) e di Giorgi di Vistarino (Sangue di Giuda) e le bollicine Metodo Martinotti di Anteo. Tra i bianchi fermi i nostri preferiti sono i Soave Pieropan e Rinaldi di Soave e l’extra brut friulano Principe di Porcia. In Sicilia acquistiamo il Nero d’Avola coltivato nella zona di Pachino, il Frappato di Ragusa, l’Etna Rosso ‘A Rina 2014 di Russo Girolamo e l’Etna Rosso 2015 di Pietradolce. Davanti a un bel fuoco serviamo Cannonau, Carignano del Sulcis, Malvasia di Bosa, Vermentino di Gallura. Tra gli champagne regaliamo sempre Louis Roederer e qualche eccellenza francese come i Pouilly Fumè e i Sancerre Baron de Ladoucette. Siamo anche pronti alle novità assolute, come il Contessa Alessia, un vino ‘milanese’ creato da Stefano Bossi a San Colombano al Lambro, in Val del

l vino - anzi un buon vino - è il dono che la maggior parte degli italiani dichiara di voler acqustare come regalo per le feste da donare agli amici o i parenti più cari. Fidarsi del proprio gusto è bene, fidarsi della propria enoteca di riferimento anche, ma è ovvio che - a meno che non si voglia regalare un vino da collezione, che non si beve, si idolatra (vedi box pagina a fianco) - se si sceglie una bottiglia entrata nella classifica dell’Espresso, si fa bella figura. Quest’anno fra l’altro ci sono novità sbalorditive: sono stati osannati dalla Guida alcuni vini che sono abbordabilissimi nel prezzo. Ecco i nomi dei primi tre classificati per ciascuna delle categorie, che sono ‘vini da comprare’, ‘vini da bere subito’ e ‘vini da conservare’ . Nella categoria ‘vini da comprare’ci sono il Brunello di Montalcino 2011 di Ridolfi, il Verdicchio di Matelica 2015 di Collestefano e il Trebbiano d’Abruzzo Gianni Masciarelli 2015. Nella categoria ‘vini da bere subito’ si piazzano ai primi tre posti il Barbaresco Criscé Pajet 2007 di I Paglieri Roagna. Costa 600 euro: i critici dicono che dentro ci troviamo profumi d’incenso d’Oriente, ribes, cannella, mandarino, eccetera. Ma se vi sembra troppo caro, a 15 euro il secondo classificato: Greco di Tufo Terra Rosa 2013 dii Prisco, definito un piccolo capolavoro. Per Capodanno è perfetto il vino medaglia di bronzo: Franciacorta Extra Brut Vittorio Moretti Riserva Meraviglioso 2015 di Bellavista. E’ una cuvee di sei vini d’annate storiche, tra il 1984 e il 2002. Il Taurasi Poliphemo 2012 di Luigi Tecce, irpino, si aggiudica il primo posto nella graduatoria dei 100 vini da conservare, superando a sorpresa molti blasonati del Piemonte (Barolo e Barbaresco) e della Toscana (Brunello di Re, perfetto per accompagnare i formaggi.


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Wine&Co A sinistra, i vignaioli top Luca e Alfredo Paglieri di Roagna, con due vini vincitori nella Guida l’Espresso. Sotto, l’ultima asta fiorentina Pandolfini. Qui sopra Vinitaly a Hong Kong, un successo enorme.

VINI IN ASTA IL 16 A FIRENZE

Si terrà il 16 dicembre prossimo l’attesissima asta di vini da Pandolfini. La Casa d’Aste dal 1999 si dedica alle aste di vini pregiati e da collezione, rispondendo al crescente interesse generale per questo settore. Le aste dei vini di Firenze sono diventate ormai appuntamenti irrinunciabili per gli esperti e gli appassionati di settore a livello nazionale, e in misura crescente anche internazionale. Molti sono gli ordini che arrivano per telefono e via web. Oggi si sta velocemente riducendo il gap che vedeva l’Italia in posizione subalterna alle piazze più importanti per le aste enologiche come Londra, New Le aste Pandolfini degli ultimi anni hanno confermato il trend positivo dei grandi vini, affermando il predominio dei Supertuscans quali Ornellaia, Sassicaia, Masseto e Solaia per quanto riguarda le bottiglie italiane e dei grandi Châteaux come Lafite Rothschild, Mouton Rothschild, Haut-Brion, Latour, Margaux, Romanée Conti per quanto concerne la Francia. All’ultima asta - che si è tenuta alla Stazione Leopolda per I Vini d’Italia, la guida dell’Espresso - i prezzi sono saliti oltre ogni aspettativa. In questi 12 anni di attività i risultati ottenuti sono sempre stati eccellenti con un incremento delle vendite sui prezzi di stima talvolta anche superiore al 100%.

VINITALY BUSSA ALLA PORTA DELL’ORIENTE Di vino da noi se ne beve sempre meno: sarà colpa della crisi o del fatto che le nuove generazioni pasteggiano poco ad alcool a mezzogiorno. Fatto sta che il nostro export però va benissimo. L’talia si conferma leader mondiale nella produzione con 48,5 milioni di ettolitri stimati per la vendemmia 2016, davanti a Francia (42,9 milioni) e Spagna (42-43 milioni), mentre le vendite di spumante nel mondo sono balzate nell’ultimo anno del 23 per cento, con picchi in Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania e Francia, dove le bollicine sfidano addirittura lo champagne. «Ci siamo resi conto che il 75 per cento degli spumanti va consumato subito, ma esistono bottiglie particolarmente buone adatte a restare in cantina molti anni» confermano i produttori, che stanno studiando nuovi prodotti. Intanto l’Italia del vino fa rotta verso est con le tappe di Vinitaly International a Hong Kong (che si è tenuta il 10-12 novembre) e in Russia (Mosca, il 14 novembre). Si parte dalla porta d’Oriente - Hong Kong - nell’ambito della International Wine and Spirits Fair, con uno spazio di 1500mq e più di 160 aziende italiane partecipanti e la novità dei seminari ‘Wine2wine Asia’. A seguire la tappa di Mosca, con circa 87 imprese presenti presso il Convention Center dello Swissôtel Krasnye Holmy, in occasione del principale appuntamento b2b italo-russo dedicato al vino. In primo piano, sia a Mosca che ad Hong Kong, gli Executive Wine Seminar della Vinitaly International Academy (VIA) curati dal suo direttore scientifico, Ian D’Agata, e dedicati anche ai premiati del 5 StarWines International Wine Award. «La presenza delle imprese italiane in queste due trasferte è sicuramente di rilievo – ha detto il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese – a dimostrazione del fatto che c’è una volontà nuova di mantenere la leadership di mercato in Russia e soprattutto di recuperare terreno in Cina, a partire dall’ex colonia britannica che rappresenta la vera e propria porta d’accesso commerciale sul grande Paese». Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: «Lo scorso anno il valore del vino importato da Hong Kong ha superato quota 1,25mld di euro; di questa, quasi la metà è stata riesportata verso l’Asia e nella stragrande maggioranza dei casi in Cina, dove si è registrata una crescita delle forniture dal porto commerciale del 171,6. Il mercato con la Russia – da sempre strategico per il nostro Paese – segna nei primi 7 mesi di quest’anno un’inversione di tendenza dopo 18 mesi di congiuntura geopolitica negativa, con una crescita in valore del 4,5%». La novità principale della settima edizione di Vinitaly Hong Kong è la prima esperienza di Wine2wine Asia – The Speaker’s Bureau, con focus quotidiani dedicati alla Cina e alla sua domanda di vino.

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BANGLADESH, TERRA PROMESSA Popolazione giovane e scambi commerciali vivaci. Ora, la nuova scommessa: sviluppare il turismo. Su 100 km di spiaggia incontaminata e nelle foreste di mangrovie

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Grand Tour

Donne bengalesi al lavoro nelle risaie, dove la messa a dimora si fa ancor oggi a mano.

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a metà di dicembre è il periodo migliore per visitare il Bangladesh, paese asiatico che tutti conoscono più che altro grazie alla dichiarazione di provenienza stampata su molte etichette di prodotti tessili. Ma, a parte il nome della capitale, Dacca (Dhaka) pochi sanno descriverlo o hanno visitato le sue bellissime foreste di mangrovie, la spiaggia lunga 100 km e le città operose. Agiorni ricorre l’anniversario della sua nascita come Stato indipendente. Dunque ogni città organizza vari festeggiamenti e si riempie di colori. Con 142 milioni di abitanti, il Bangladesh è uno de i Paesi più densamente popolati del mondo. Ha un elevato tasso di povertà che ogni anno si riduce, perchè arrivano sempre più capitali e ordini di produzione di beni e servizi dall’estero. Anche se la crescita economica è evidente, con 50 milioni di persone sotto la soglia di povertà, la gestione del Paese non è facile: la causa di ciò va ricercata nella frequenza di fenomeni naturali violenti che si manifestano di tanto in tanto nella stagione delle piogge, con cicloni e

inondazioni che distruggono ogni sforzo di individui e famiglie. A ciò va attribuita la lentezza negli ammodernamenti e la difficile gestione delle infrastrutture come i porti e uno sfruttamento non ottimale delle risorse energetiche come il gas naturale. Ma va detto anche che moltissimo è stato fatto nell’ultimo decennio, dopo quasi quarant’anni di percorso in salita, grazie alla diffusione della globalizzazione via web. Oggi il Bangladesh, che si è costruito una fama positiva di Stato produttore, tanto che molti investitori si stanno spostando qui dalla Cina, vuole far decollare anche il settore turismo. Fra i primi a promuoverlo, uno dei personaggi che ha dato maggior notorietà al Bangladesh negli ultimi anni: Muhammad Yunus, di origini bengalesi, premio Nobel per la pace 2006, inventore del microcredito e fondatore della Grameen Bank, che in lingua bengalese significa “la banca del villaggio”. Grande player del mondo bancario ormai noto in tutto il mondo, egli ha permesso di accendere i fari sul

giovane stato asiatico, sulle sue risorse e sulle sue difficoltà: la precarietà delle condizioni in cui operano alcune fasce di lavoratori è emersa in tutta la sua drammaticità due anni fa con l’incidente alla fabbrica tessile di Rana Plaza, nell’area sud di Dakha. E anche il terrorismo islamico colpisce: qui come a Parigi, come a Nizza: in un ristorante della capitale il 6 luglio scorso, con vittime di tutto il mondo. Ma anche questo non basta a fermarlo. Il Bangladesh è uno stato che, come l’Italia, si rialza con tenacia da tutto e ogni volta riparte con grinta e dinamismo. Al visitatore occidentale può proporre un territorio lussureggiante, fatto di dolci montagne e di mare: confina a nord, ovest ed est con l’India, a sud-est con il Myanmar e si affaccia sul Golfo del Bengala a sud. Da questo nome deriva il fatto che i suoi cittadini si chiamano bengalesi, mentre la lingua che si parla è il bangladi. Il monte più alto è il monte Keokradong di 1230 metri di altitudine sul livello del mare. Il Gange è il fiume di maggiore portata, seguito dal Brahmaputra. Il lago più importante per estensione è il Barkal. Nel passato il Bangladesh era sede delle più rigogliose foreste di gran parte dell’Asia, che al giorno d’oggi, a causa dell’azione distruttiva dell’uomo, contano uno spazio molto ridotto. Ma sono ancora talmente belle e importanti che gli scienziati arrivano da tutto il mondo per studiare la flora e la fauna. Gli italiani che volano in Bangladesh per turismo sono ancora pochi, rispetto a quelli provenienti dall’Europa e altre aree asiatiche. Ma il passaparola sull’ottima qualità degli alberghi di lusso, il mare incantevole e la natura da ammirare funziona sempre di più. Da Roma a Dhaka vi sono due voli settimanali diretti organizzati dalla compagnia aerea Biman. Se si viaggia con altre compagnie si effettuano scali in diverse città europee. Molti turisti si fermano nella capitale e si appoggiano alle agenzie del turismo, si muovono poco da soli con i trasporti interni pubblici che sono sempre straripanti di passeggeri. Ma anche noleggiando un taxi ufficiale, bisogna dotarsi di pazienza: le strade sono in cat-

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Grande successo per lo stand del Bangladesh all’Expo

Da sinistra: la coltivazione a cura delle donne. La gustosa cucina bengalese. Le fattorie galleggianti durante la stagione delle inondazioni, lo stand del Bangladesh all’Expo 2015, dove gli italiani hanno potuto comprare prodotti tessili, spezie, thè e alcune varietà di riso esclusive tive condizioni nelle stagioni piovose, il traffico cittadino è, anche col bel tempo, allegramente caotico. I voli tra Dahka e Chittagong, le due città più grandi, partono tre o quattro volte al giorno, così come i treni che, a seconda delle mutevoli condizioni meteo, possono impiegare fino a sette ore. La strada statale Dhaka-Chittagong è una delle migliori del Paese e sono molti gli autobus che assicurano questo collegamento. Bagerath è una città moschea di grande fascino. Offre al visitatore le rovine del monastero buddista di Vihara a Paharpur. Da qui ci si può inoltrare verso le foreste di mangrovie o verso il Gange. Questa regione del Bengala ha un patrimonio di tradizioni popolari molto vario, qui convivono differenti radici, buddhiste, hindu e musulmane, soo presenti anche comunità cristiane. Le più antiche forme d’arte sono la tessitura, l’arte della ceramica, la scultura in terracotta. Anche oggi fioriscono e possono farsi conoscrere grazie al commercio on line che porta nel mondo queste antiche produzioni bengalesi insieme a quelle più moderne e sviluppate: dalla produzione di abbigliamento e accessori per tutte le grandi griffes mondiali, fino alla produzione di yuta, elettronica e prodotti farmaceutici. Fu per primo il regno Moghul che mostrò particolare sensibilità verso la scienza, le arti e gli scambi. Ed il commercio con l’occidente arricchì la regione di cultura e di merci provenienti da ogni parte del mondo. Nei villaggi ci si può fermare per lo shopping, ma è molto suggestiva anche una sosta per assistere a uno spettacolo di teatro popolare. Le rappresentazioni hanno luogo durante il periodo del raccolto o in occasione delle ‘melas’ (fiere dei villaggi), nelle quali si può apprezzare il fatto che i cittadini musulmani e hindu del Bangladesh vivono in relativa armonia. Ciò perchè l’hinduismo in Bangladesh non è così sfarzoso e solenne come in India, si uniforma alla grande sobrietà della comunità islamica. Le maggiori festività riguardano le date religiose più importanti della tradizione musulmana e di quella indù. Particolarmente sentita dalla popolazione è la festa che sancisce la fine del Ramadan quando si organizzano incontri, preghiere e party in tutto il Paese. Per quanto riguarda le festività indù, si festeggia a marzo l’Holi festival, detto anche festa dei colori e ad ottobre il Durga puja in cui in tutti i templi hindu vengono messe in mostra statue della dea

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a cavallo di un leone, con dieci diverse armi in ognuna delle sue dieci mani. COSA MANGIARE IN BANGLADESH Se si è sensibili alle infezioni intestinali, cibarsi di gamberi alla griglia da sgusciare personalmente e senza alcun tipo di condimento e frutta da sbucciare. Thè e caffè con acqua bollita a lungo, acqua sigillata anche per lavarsi i denti. Questi cibi si trovano ovunque e si sta benissimo. Se invece si vogliono provare i piatti locali, chiedere di cuocere tutto molto, moltissimo. Il piatto tipico del Bangladesh proviene dalla tradizione indiana: è a base di carne (manzo, pecora, pollo) o pesce con curry o altre spezie. Si mangia molto riso bianco (bhat) che viene servito con lenticchie gialle (dhals) e salsa piccante, che assume la denominazione di biryani, il pulao et il khichuri. I kebab (spiedini) e i kofe (polpette di carne), di chiara influenza araba, si trovano ovunque, così come il chapati (pane caldo). Si possono trovare alcuni piatti vegetariani (bhaji) composti di verdure fritte. I dessert sono molto dolci a base di riso o latte (firni, pais, kheer), speziati allo zafferano o alla cannella. La bevanda tradizionale è il te con latte (cha). SHOPPING A DAKHA E DINTORNI Si acquistano gioielli in oro, pietre preziose oggetti in rame o in cuoio. Tessuti in seta e accessori in juta, molti oggetti in paglia e sari colorati. Prodotti elettronici, dalle macchine fotografiche ai pc. TEMPO LIBERO IN BANGLADESH Archeologia, pesca, passeggiate e safari fotografici nella foresta. Abbigliamento consigliato ovunque : abiti lunghi, pantaloni. Portarsi dietro un cappello con zanzariera e litri di repellenti per insetti. DOCUMENTI Passaporto e un visto obbligatorio da richiedere all’ambasciata di Roma o ai consolati di Milano e Venezia. SANITA’ E’ obbligatorio il vaccino contro il colera. Si raccomandano i vaccini dell’epatite A e B, e quelli relativi alla febbre tifoide e alla rabbia. Profilassi antimalarica obbligatoria visto che il Paese è in fascia 3. Lavarsi le mani spesso e disinfettare subito in caso di ferite o piccole vesciche.


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Il 16 dicembre si festeggia ovunque il “Giorno della Vittoria”

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LE SPECIALITA’ GASTRONOMICHE BENGALESI Chi non se la sente di volare in Bangladesh, può incontrare questa vivace cultura anche restando in Italia. A Roma i bengalesi sono 15 mila, lavorano nel turismo e nella ristorazione. Sono una comunità pacifica che si raccoglie intorno alla sua ambasciata, alle moschee e alle scuole dove si insegna anche la madre lingua. A Venezia i bengalesi lavorano soprattutto alla Fincantieri di Mestre (che conta oltre 1800 addetti assunti), ma anche come venditori di fiori, gadget e giocattoli luminosi. Le loro specialità si possono gustare al ristorante Orientale di Via Piave. Durante il Ramadan a Roma i bengalesi si trovano in Piazza Venezia, soprattutto per la fine del digiuno, dove organizzano di solito una giornata di fratellanza dove i fedeli islamici distribuiranno gratuitamente a tutti l’Iftar, il pasto di rottura del digiuno. IL MENU BENGALESE DELLA FESTA DI BOISHAKHI MELA (14, 15 aprile) Boishakhi Mela, che per le popolazioni del sudest asiatico coincide con il momento della raccolta del riso, è una festa importantissima, salutata dai contadini con grandi celebrazioni all’aperto. In Bangladesh la giornata del Boishaki Mela si trascorre nel verde, vicino ai fiumi. I lavoratori stranieri si accontentano di ritrovarsi da qualche parte tutti insieme e mettono in piedi colorati mercatini che si possono visitare, magari assaggiando i piatti della tradizione bengalese, come l’ilish (una pietanza a base di riso e pesce tipica di questa ricorrenza), i samosa (sfoglie ripiene di carne) o i babapita (dolcetti al cocco), cucinati dalle signore dell’associazione Donne del Bangladesh. In queste occasioni si possono comprare un sari nuovo su una delle bancarelle del mercatino dell’artigianato, gioielli e oggetti in legno e magari godersi uno dei concerti di musica tradizionale. IL MENU’ BENGALESE DEL RAMADAN (luglio) Il digiuno durante il mese di Ramadan è molto suggestivo a Puran Dhaka, la parte vecchia della capitale bengalese. Il Chawk Bazaar, il più grande mercato della città e uno dei più grandi al mondo – lungo 2 km – durante il Ramadan vende cibo Mughlai, diffuso dai musulmani nel nord dell’India, e ogni cosa che serve per l’Iftar, il pasto dopo il tramonto che interrompe il duro digiuno della giornata. Tra banchi di spezie e ristoranti tradizionali è possibile comprare pietanze di influenza indiana e pakistana: jhal muri speziato, ceci con riso soffiato (muri) e salsa di mango; pollo tikka marinato in una mistura di spezie e yogurt che si consuma con burro e salsa chutney di coriandolo verde e tamarindo; faluda, bevanda fredda e dolce fatta mescolando sciroppo di rose con semi di basilico, gelatina, perle di tapioca e latte, acqua o gelato; lassi, bevanda a base di yogurt, acqua e spezie. Ma il menu bengalese di fine digiuno per eccellenza si compone di: datteri e succo di frutta oppure shorbot, zucchero, limone e ghiaccio: praticamente una limonata per recuperare subito un po’ di energie; piaggio, “come la vostra moto”, ci dicono. E poi lenticchie gialle con cipolla e farina di ceci; begoni, melanzane a fette ricoperte di farina di ceci e fritte nell’olio: stessa cosa si fa con le polpette di patate e cipolle; ghumni, ceci bolliti con spezie, cipolla, aglio e peperoncino; infine il biriyani, dalla cucina persiana, pietanza a base di riso preparato assieme a spezie, carne, pesce, uova o verdure. Si chiude con la frutta.

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Nei posti più belli si dorme in bungalow di legno su palafitte

MONUMENTI Conosciuto sotto il nome di Somapura Mahvira, ‘il grande monastero’, questo luogo è stato un centro intellettuale importante fino al XII secolo. Questa città-monastero ha influenzato l’architettura buddista per la semplicità e l’armonia delle sue linee ma anche per il suo scenario. Inscritto nel patrimonio dell’Unesco nel 1985, questo sito è un vero e proprio capolavoro artistico.Il Bangladesh possiede tuttora importanti templi buddisti, uno più affascinante dell’altro. In alcune regioni del paese risiedono ancora tribù autoctone buddiste.Un tempo la regione del Bangladesh era una delle più ricche dell’Asia meridionale con una vita culturale molto intensa. Per un periodo il paese appartenne ai Britannici (dal XVI secolo alla 2ª guerra mondiale), poi passò al Pakistan fino alla dichiarazione d’indipendenza nel 1971.La storia del Bangladesh potrebbe essere paragonata ad una spugna che ha assorbito le diverse religioni e culture dei popoli che soggiornarono nelle regioni. Oggi le vestigia di questo splendido passato sono ancora visibili LA FLORA a flora del Bangladesh è tipicamente tropicale: si trovano banani, diversi tipi di palme, alberi da cocco, manghi, datteri, immensi alberi con fogliame, liane e una moltitudine di piante da fiore.Gli alberi fruttiferi sono particolarmente abbondanti, alcuni sono persino utilizzati a fini commerciali, come il boschetto di mango sundari, il gewa, il sale e il garyan. Altri alberi fruttiferi sono famosi per i datteri, i bambù e le palme. Il litorale è in gran parte ricoperto da foreste di mangrovie. Le terre coltivabili ricoprono i due terzi del paese, rispetto al 10% delle distese boscose. FAUNA Il Bangladesh possiede un clima tropicale e una fauna simile a quella presente in India. Si osservano quindi serpenti, coccodrilli, scimmie, gibboni, manguste, leopardi, orsi, cervi e centinaia di uccelli e pesci. Senza dimenticare gli scarafaggi, le enormi zanzare e le minuscole formiche molto aggressive. Il veleno di queste ultime prude e brucia per ore. L’animale emblematico del Bangladesh è sicuramente la tigre reale del Bengala. Un magnifico animale che rende fiero il paese che lo ospita, ma che è al contempo molto temuto. I Bangladesi infatti dicono che prediliga la carne umana. È oggi una specie minacciata a causa delle numerose cacce che la vedono come protagonista.Le isole St Martins ospitano l’unica barriera corallina del Bangladesh.

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In queste pagine: immagini della capitale Dacca, che sta velocemente ammodernando le sue strutture e si è dotata di vari alberghi 5 stelle


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Le spiaggie più belle con reef sono situate a Nord

PAESAGGI E PARCHI INANI BEACH Inani Beach, a 30 km da Cox’s Bazar, possiede la più lunga e larga spiaggia del mondo: fino a 300 m di larghezza con la bassa marea! Potete tuffarvici in tutta tranquillità perché non vi sono squali in questi luoghi. Parchi Nazionali:Bhawal,Himchari,Lawac hara,Medha Kassapia, Modhupur,Nijhum Dweep,Ramsagar,Satchari,Kaptai, Oasi Faunistiche: Char KukriMukri,Chun ati,Pablakhali,Rema-Kalenga,Sundarban East,Sundarban South,Sundarban West. Riserve Venatorie:Teknaf Altre Aree Protette: Baldha Garden,Dulahazara Safari Parks National Botanical Garden, Madhabkunda Eco-Park,Sitakunda Botanical Garden TRASPORTI Se vi muoverete al volante di un’auto noleggiata, per esempio a Dacca, sappiate che il traffico è, come in molti altri paesi dell’Asia, assolutamente caotico e la rete stradale aleatoria. Non esiste un codice stradale. Se dovete guidare, è necessario che vi muniate di patente di guida internazionale. Le compagnie di noleggio di veicoli vi propongono sistematicamente un’auto con autista (non è richiesta alcuna assicurazione poiché non siete voi il conducente, ma è utile avere una polizza infortuni in viaggio). La rete dei pullman presta servizio in tutto il paese. Meglio quelli moderni, a quelli ordinari benché siano molto economici poiché sono scomodi. Al sopraggiungere della notte, non prendete i pullman per grandi spostamenti.Spostarsi in treno può costare il doppio del tempo rispetto alla strada, soprattutto per raggiungere le città ad ovest. Durante la stagione secca, potete spostarvi con i “ferry-boat” su 8.000 km di vie navigabili, il sistema di navigazione fluviale è piuttosto sviluppato (è più lento del pullman però è consigliabile per gli spostamenti interni). Esistono dei percorsi regolari,

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vi segnaliamo in particolare “le Rocket”, barche a ruote, che collegano Dacca a Khulna, quattro volte alla settimana. A proposito di voli, la compagnia aerea nazionale Biman Bangladesh Airlines, e la compagnia privata GMG, non rispettano tutte le norme tecniche di sicurezza a cui siamo abituati noi. Gli incidenti, i ritardi sono frequenti. PAGAMENTI La moneta è il taka (BDT). 10 euro sono circa 841 taka. Una donna che lavora guadagna circa 50 taka al giorno. È consigliato munirsi di travellers cheque in dollari americani. Le carte di credito (Visa, American Express, Diner’s, ) sono accettate nei grand hotel e ristoranti di lusso di Dacca e di Chittagong, la città principale. I bancomat non esistono. Le banche sono aperte dal mercoledì al sabato, dalle 9h alle 15h, e il giovedì dalle 9h alle 12h. Il giorno di chiusura è il venerdì. PRIMA DI PARTIRE AMBASCIATA BANGLADESH, ROMA Via Antonio Bertoloni 14 – 00197 - RomaOrario d’apertura: 9.30-17.00, dal lunedì al venerdì Tel: 06 8083595, 06 8078541 CONSOLATO ONORARIO A MILANO Piazza Missori 3 - Tel.: 02 8055353 CONSOLATO ONORARIO A VENEZIA Corte del Tintor, Ramo de la Bissa, 5519, 30124 Venezia Tel.: 329 442 2535 CONSOLATO ONORARIO A FIRENZE Via Pellicceria 6 Tel:055/217500, 055/2344491 CONSOLATO ONORARIO A NAPOLI Via Argine 827/829 - tel. 081 7334211 IN VIAGGIO Ambasciata d’Italia: Road 74/79 Plot 2/3 Gulshan, P.O.box 6062, Dacca Tel.: (00 880) 2 8822 781 / 2. Bangladesh Parjatan Corporation (Ufficio nazionale del Turismo) 223 Aeroporto Road Tejgaong, Dhaka-1215.

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My heart beats for Dhaka E’italiano, giovane e dinamico il Console Onorario del Bangladesh per il Nord Est. L’avvocato Gianalberto Scarpa Basteri ci racconta la storia di questa nazione che conserva un patrimonio archeologico e naturale ancora tutto da scoprire by Katia Ferri Melzi d’Eril

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iamo vicini a un importante giorno, il giorno della Vittoria. In Bangladesh, ma anche in tutte le comunità di emigrati nel mondo: tutti si fanno gli auguri e preparano piatti speciali in questa ricorrenza. In bengali, la lingua parlata nel paese e nelle zone confinanti dell’India, questa festa nazionale si chiama Bijôe Dibôsh. E’ veramente molto sentita da questo giovane popolo che ha conquistato la sua indipendenza meno di cinquant’anni fa. Abbiamo ascoltato il racconto diquesto speciale anniversario e del suo significato con l’avvocato Gianalberto Scarpa Basteri, Console Onorario del Bangladesh per il Veneto, che ci ha ricevuti nella sede di Venezia e ci ha introdotti alla scoperta della storia di questa fiera nazione che conserva un patrimonio archeologico e naturale tutto da sco-

prire. Per prima cosa, i bengalesi arrivano volentieri in Italia. Sono una comunità pacifica che ha scelto di raccogliersi in alcune città. Stando ai numeri, Roma sarebbe la quarta capitale del Bangladesh. La città in cui si concentra il maggior numero di Bengalesi è Roma (15.230), seguita da Venezia (6.844) e Vicenza (6.829). Il Console Onorario Scarpa Basteri rappresenta dunque una comunità grande come l’intera popolazione di Corsico o di Lissone. “Il 16 dicembre il popolo bengalese celebra la vittoria militare sull’esercito pakistano dopo nove mesi di guerra, la Guerra di Liberazione del Bangladesh). Mezzo secolo fa, il 16 dicembre 1971, il generale pakistano Amir Aabdullah Khan Niazi firmò la resa a Dacca e si consegnò insieme a circa 90.000 soldati alle forze congiunte del Bangladesh e dell’India. Da allora regna la pace.”

Il sanguinoso conflitto fu la conseguenza ultima della spartizione dell’India coloniale britannica, nell’agosto 1947, in due entità statali: da una parte l’India e dall’altra uno stato islamico, il Pakistan. Il Pakistan era diviso in due parti distanti tra loro oltre mille chilometri, geograficamente, linguisticamente e culturalmente molto diverse: il Pakistan di oggi, allora definito Pakistan occidentale, e l’attuale Bangladesh, che allora si chiamava Pakistan orientale. Nonostante le due zone fosse quasi uguali per densità e popolazione, il potere politico era concentrato in Pakistan occidentale. Anche nell’esercito i bengalesi erano svantaggiati, avevano difficilmente accesso alle cariche più alte del comando. Il sistema elettorale era organizzato in modo da considerare il Pakistan orientale come una provincia, e a relegarlo in un luogo secondario nell’Assemblea Nazionale pachistana, che era composta da 313 seggi. Le tensioni tra i due stati arrivarono

UN CUORE VERDE FINO IN FONDO L’avvocato civilista Gianalberto Scarpa Basteri è stato invitato a diventare Console Onorario del Bangladesh un anno e mezzo fa, a neanche quarant’anni, dopo aver vinto alcune cause civili per la tutela di lavoratori bengalesi in Veneto. Questo incarico era forse scritto nel suo destino, perchè il verde, color che campeggia sulla bandiera bengalese è anche il suo preferito: Scarpa Basteri è stato consigliere comunale della Lega nel 2010 e soprattutto è un cuore neroverde doc, essendo il Presidente della Ssc Venezia, la storica squadra di calcio cittadina che gioca col marchio Venezia Ac 1907. Il 30 giugno 2015, nell’ incantevole cornice dell’Hotel Gritti Palace di Venezia si è tenuta dunque l’inaugurazione ufficiale del Consolato Onorario del Bangladesh per il Veneto, presieduto dall’Avvocato Gianalberto Scarpa Basteri. Il neo Console era accompagnato dalla moglie Ludovica Leuzzi e dalla suocera Daniela del Secco D’Aragona. Sono intervenuti numerosi ed illustri ospiti provenienti da più parti d’Italia, ma con una particolare quanto nutrita presenza di Autorità operanti sul territorio. Dopo aver degustato alcune prelibatezze, sua Eccellenza l’Ambasciatore Shahdat Hossain, ha preso la parola e nel discorso di saluto ai presenti, ha posto l’accento sulle numerose affinità tra Italia e Bangladesh e sul rapporto di collaborazione che lega i due Paesi da molti anni, auspicando che, anche grazie all’intervento del neo Console Avv. Scarpa Basteri, le relazioni commerciali possano ulteriormente intensificarsi. All’ evento era presente anche il Console Generale Rezina Ahmed con la consorte. Il conferimento pubblico dell’ ”Ufficio” è stato suggellato da A pag. 49, il neoconsole onorario una stretta di mano e dal taglio di una torta sulla cui sommità campeggiavano – in segno di evidente amicizia- le bandiere dell’Italia e del Bangladesh. Alla inaugurazione della sede consolare presso lo studio legale Scarpa Basteri hanno Gianalberto Scarpa Basterli con l’ambasciatore Md Shahdat Hos- presenziato numerose autorità tra cui Monsignor Luigi Casolini, il Vice Prefetto Vicario di Venezia dott. Cusumano, il sain alla cerimonia di investitura. Vice Questore di Venezia Vicario dott. Odorisio, l’assessore regionale Avv. Cristiano Corazzari, gli Assessori Simone Venturini e Renato Boraso e la consigliera comunale Maika Canton per il Comune di Venezia. Oltre a loro, il presidente Qui sopra con familiari e ospiti, del Rotary Club di Venezia dott. Vianello, i consoli onorari di Spagna, Corea, Ucraina, Thailandia ed Estonia. tra cui Mons. Luigi Casolini.

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“La festa è celebrata in tutte le comunità bengalesi del mondo, compresa quella italiana” al punto massimo nel 1970, quando il maggior partito del Pakistan orientale, la Lega Awami, riuscì a ottenere 167 seggi su 169 nella zona orientale del Paese. Ma la classe politica occidentale non vedeva di buon occhio la formazione di un governo con queste radici. Propose dunque, per la prima volta in oltre vent’anni, la nomina di due primi ministri separati per le due parti del Paese. La rabbia e le proteste dei nazionalisti nel Pakistan orientale furono represse violentemente con un’operazione militare. L’esercito pakistano occidentale avviò il 25 marzo una campagna di occupazione per prendere il controllo rapidamente di tutte le principali città bengalesi, per procedere poi a una serie di arresti e di terribili brutalità, nell’intento di annientare tutto il movimento nazionalista locale. Il 26 marzo il leader della Lega Awami, Sheikh Mujibur Rahman, ebbe il coraggio di dichiarare l’indipendenza del Pakistan orientale e di attribuirgli il nome di “Bangladesh”: da allora evitare una guerra civile non fu più possibile. Entro la metà di maggio tutte le città del Bangladesh passarono sotto il controllo dell’esercito pakistano, ma nel corso dei mesi successivi la resistenza prevalse, la situazione militare si rovesciò anche grazie all’alleanza tra l’Esercito di Liberazione del Bangladesh, che portava

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avanti tattiche di guerriglia, e l’India, che entrò in guerra ufficialmente con il Pakistan al 3 dicembre 1971. New Delhi da tempo sosteneva i ribelli del Bangladesh con aiuti economici, diplomatici e militari. Milioni di persone, tra cui olte 200 mila donne persero la vita in quei terribili nove mesi. Dopo la vittoria, la ratifica dell’indipendenza e il riconoscimento internazionale, i due Paesi iniziarono a convivere pacificamente, l’uno di fianco all’altro, e a dialogare per l’affermazione di un vasto territorio, perchè risultasse sempre più interessante, pronto a rispondere alla domanda crescente di prodotti low cost da spedire da ogni parte del mondo. Il 16 dicembre è festeggiato come “Giorno della Vittoria” non solo in Bangladesh ma anche in varire regioni dell’India. “Uno degli eventi più seguiti in questa solenne è la creazione, a Dakha, della cosiddetta ‘bandiera umana’. Ogni anno sono oltre 27 mila i volontari che innalzano rettangoli colorati per formare uno sterminato puzzle, la più grande ‘bandiera umana’ del mondo: la sua realizzazione è uno spettacolo a dir poco emozionante, che ogni anno in poche ore fa il giro del mondo e cattura milioni di like sui social network . Studenti, bambini e forze dell’ordine tengono in mano, per sei minuti e sedici secondi, cartelli verdi e rossi per formare la bandiera del Bangladesh. Robi Axiata Limited, operatore di telecomunicazioni mobili, in collaborazione con l’esercito, ha di recente sponsorizzato l’evento al National Parade Ground a Dhaka, tentando di stabilire un nuovo primato mondiale. Nello studio del Console ammiriamo oggetti di ceramica e di juta, prodotti elettronici, far-

L’antico palazzetto Amarelli, Il Console Gianalberto Scarpa Basteri con le ospiti della cerimonia. In sari bianco con gli orli rossi sua moglie, avv. Ludovica Leuzzi del Secco. maci e tessili in seta ricamata, sacchetti di riso e spezie. Delegazioni di imprenditori italiani sono spesso accompagnate, grazie ai buoni uffici dell’Ambasciata del Bangladesh di Roma e l’entusiasmo del Console Onorario Scarpa Basteri - a visitare il Paese e a fermarsi per incontrare gli imprenditori locali presso la Camera di Commercio e il Ministero dell’Industria Bengalese. Tra i settori più sviluppati, oltre al tessile, quello metalmeccanico, che sforna ottimi prodotti in acciaio. E quello farmaceutico: il costo del lavoro bassissimo ha convinto varie multinazionali a piantare le tende in Bangladesh, nazione che ospita molte fabbriche di produzione ma anche importanti centri di ricerca. Sfilano davanti a noi altri oggetti artigianali in legno e poi innumerevoli sacchetti di zenzero, cannella, noce moscata, bacche e naturalmente riso. Ci sentiamo quasi trasportare nelle sterminate coltivazioni che scorgiamo nelle foto appese alle pareti, dove le donne


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piantano le preziose piantine di riso ancora a mano. “Il motivo è presto detto. L’agricoltura è un’attività molto difficile in Bangladesh. ogni anno la stagione dei monsoni semina distruzione, grandi masse di acqua nera travolgono senza soluzione di continuità case, raccolti e bestiame. “Le acque di fiumi come il Gumani si gonfiano a dismisura e sommergono i campi coltivati rovinando la principale forma di sostegno. Tre anni fa però è arrivata una svolta in villaggio nel nord-ovest del Bangladesh. Una novità che è già di esempio per molte realtà simili. Gli abitanti hanno iniziato a costruire fattorie galleggianti nelle quali coltivare ortaggi e allevare animali, proprio sulle acque alluvionali. “ L’idea è stata data agli abitanti dall’organizzazione no profit Shidhulai Swanirvar Sangstha che ha insegnato loro come convivere con i monsoni, mantenendo in piedi le caratteristiche forme di reddito. Mohammed Rezwan, fondatore di Shidhulai, ha iniziato quattro anni fa a costruire fattorie galleggianti per gli abitanti, e in particolare per i poveri senza terra, per aiutarli a sbarcare il lunario durante i mesi di alluvioni. Ad oggi sono state realizzate 40 fattorie galleggianti nelle quali lavorano circa 300 donne. L’obiettivo di Rezwan è di crearne 400 entro i prossimi anni. Una fattoria galleggiante può essere dedicata alla coltivazione di ortaggi, all’allevamento di pesci, alla creazione di sementi e mangimi. Viene condivisa da diverse donne del villaggio e permettere ai suoi abitanti di convivere con i monsoni.Fattorie galleggianti? Ma noi pensavamo che il verde che si ammira dall’aereo fossero soprattutto le foreste di mangrovie, quelle che ospitano le tigri del Bengala domate da Sandokan nei romanzi scritti da Emilio Salgari. “Le cosiddette ‘fattorie galleggianti’ sono sicuramente uno spettacolo bizzarro per chi arriva da fuori, sorride il Console. “Ma risolvono molti problemi di sopravvivenza. E’ tutto più difficile per la sopravvivenza delle tigri, invece. Lo scorso anno sono state censite solo cento tigri del Bengala (Panthera tigris tigris) nel Parco Nazionale Sundarbans, un numero molto inferiore a quello che ci si aspettava. Il parco è uno degli ultimi habitat per questi straordinari felini, si stimava infatti che presentasse la più alta densità assoluta di tigri. E’la più grande foresta di mangrovie del mondo, con oltre 20mila chilometri quadrati di terra e di acqua nel delta del Gange, divisa tra India e Bangladesh.

In questa pagina, il Console Scarpa Basteri con Shubbashish Bose vicepresidente dell’Export Promotion Bureau.In basso, il lavoro in una fabbrica di abbigliamento a Dhaka. Il 24 aprile 2013 a Rana Plaza un edificio commerciale di 8 piani crollò, causando la morte di oltre 1100 dipendenti, presenti in una fabbrica tessile al suo interno. Da allora le condizioni di lavoro nel Paese sono notevolmente migliorate. Per contribuire al sostegno degli orfani di quelle vittime, risarcite solo in parte, si può donare tramite il Donor Trust Fund.

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Intervista Qual ‘ il periodo migliore dell’anno per visita- re il Bangladesh? <<Se si vuol assistere alle celebrazoni più festose, il periodo migliore è aprile. Dunque adesso, dicembre, è il mese ideale per preparare un itinerario di viaggio e soprattutto per informarsi sulle vaccinazioni obbligatorie e consigliate da fare prima della partenza. >> spiega il Console. <<Il Capodanno in bengalese si chiama Pohela Boishakh, o Poila Boishakh. Si tratta del Nuovo Anno, il Nôbobôrsho, cioè il primo giorno del calendario bengalese, celebrato sia in Bangladesh sia nel Bengala Occidentale e anche nelle comunità bengalesi a Assam e a Tripura. La celebrazione del Pohela Boishakh unisce tutti i membri delle differenti comunità bengalesi, indipendentemente dalle differenze religiose e regionali.Il Pohela Boishakh cade il 14 di aprile o il 15 di aprile, secondo il calendario gregoriano, sulla base dell’applicazione del nuovo o del vecchio calendario bengalese.In Bangladesh, il Pohela Boishakh è celebrato il 14 di aprile perché si seguono le indicazioni dell’Accademia Bangla, che ha designato come uf ciale il calendario modi cato e corretto. In Bangladesh, il Pohela Boishakh è una festività nazionale. >> Nel Bengala la festa di Capodanno è stretta- mente connessa con la vita rurale. Di solito, in occasione del Pohela Boishakh, le case sono pulite a fondo e profuma degli squi- siti manicaretti che si preparano. La gente si alza presto la mattina ed è felice di indossare i vestiti più eleganti. La giornata si trascorre incontrando i parenti, gli amici e anche i vicini di casa. Si preparano delle pietanze speciali proprio per accogliere nel modo più gentile e ricco i propri ospiti. Si tratta, quindi, di una festa rurale, di campagna, che è diventata, nel tempo, enorme, importantissima nelle grandi città e specialmente nella capitale del Bangladesh, Dhaka. In moltissimi luoghi del Paese si organizzano delle vere sagre proprio in occasione del Capodanno. Differenti prodotti agrico-

li e anche artigianali, come giocattoli, cosmetici e anche disparati tipi di piatti e dolciumi sono venduti in piazza. <<Durante le feste cittadine è anche possibile assistere a spettacoli, concerti, con cantanti e ballerini che si esibiscono nelle famose danze bengalesi, che si chiamano jatra (esecuzioni musicali tradizionali), pala gan, kobigan, jarigan, gambhira gan, gazir gan e alkap gan. I vip dello star system locale presentano le canzoni popolari o folk come quelle baul, marfati, murshidi e bhatiali. >>Si rappresentano pieces teatrali, come Laila-Majnu, Yusuf-Zulekha e Radha-Krishna, rallegrano la festa gli spettacoli di marionette e le giostre. La festa del Pohela Boi- shakh, nata come una festa rurale, è diventata importante anche per le classi più elevate, che la vivono soprattutto all’aperto. La mattina presto la gente si siede nel proprio giardino sotto un grande albero o lungo la riva di un lago per vedere l’alba, insieme ad altre famiglie ed assistere a matineé musicali.Gli artisti che si esibiscono all’aperto cantano delle canzoni di augurio per il nuovo anno. Tutti indossano i tradizionali abiti della festa: le ragazze indossano il sari dagli orli rossi e portano bracciali churi, i ori ful e i tipici bindis. Gli uomini, invece, portano il paejama di colore bianco o pants oppure il lungi (dhoti/ dhuti), cioè una lunga gonna o ancora il kurta, cioè una tunica.La gente in città inizia la giornata con la tradizionale colazione a base di panta bhat, che secondo la tipica ricetta prevede riso, peperoncino verde, cipolla e pesce hilsa fritto. Invece il Panta Ilish è un piatto tradizionale a base di riso avanzato con il pesce hilsa fritto, con aggiunta di shutki, cioè pesce essiccato, achar, cioè sottaceti come i cetrioli, dal, cioè lenticchie, peperoncino verde e cipolla. Questo piatto freddo a base di pesce è molto popolare, viene proposto nelle case anche in occasione della festa del Pohela Boishakh. A Dhaka si tiene ogni anno la festa più bella, diver- tente e colorata in occasione del Capodanno. La gente attende il sorgere dell’alba sotto gli alberi banyan, cioè i tipici cus benghalensis, gli alberi baniano, cioè chi del Banyan al Ramna Park, dove gli artisti Chhayanat salutano il nuovo giorno con le famosissime canzoni di Rabindranath Tagore:.

IL LAVORO IN BANGLADESH La maggioranza degli abitanti dipende dall’agricoltura. In genere producono riso, frumento, patate, semi di senape, pomodoro, peperoncino, cipolla, curcuma e alcune varietà di legumi. La maggior parte delle persone (80-95%) non ha una propria terra. Chi possiede terreno in genere è maschio e secondo la legge musulmana una donna riceve solo la metà di quello che un glio eredita dal padre stesso. Secondo la legge indù invece la donna non riceve nulla. In ogni caso è sempre il maschio che controlla la parte finanziaria. Il metodo di coltivazione dei campi è tradizionale e non si usano nuove tecnologie. I giovani iniziano presto a lavorare come agricoltori, pescatori, operai salariati, venditori nel piccolo commercio. I maschi di solito lavorano nei campi, molti sono coinvolti nella mezzadria (coltivano la terra di altri con il loro propri mezzi ma ottenendo solo il 50% della produzione totale). Alcuni sono impiegati come braccianti per l’aratura, la pulizia delle erbacce, per l’irrigazione, per la raccolta. Le donne sono per lo più casalinghe anche se alcune sono impiegate come operaie e guadagnano 40-50 taka al giorno. Nella maggior parte del paese le donne sono responsabili del bestiame e dell’allevamento del pollame. Anche i minori contribuiscono col lavoro all’economia familiare. Purtroppo non di tutti, specie nelle zone rurali, viene registrata la nascita. Dunque attraverso le visite in ospedale si può rintracciare successivamente l’anno di nascita ma non il giorno esatto. Le bambine sono responsabili dei lavori domestici, come prendere l’acqua, raccogliere la legna secca. pascolare il bestiame, prendersi cura dei fratelli più piccoli, fare il bucato. I ragazzi hanno il compito di lavorare nei campi, di pescare, di recuperare l’acqua in eccesso per evitare gli sprechi, di acquistare il riso, i legumi ecc. dai piccoli negozi di alimentari locali.

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Personaggi

Torriani, l’altro Leonardo by Edoardo Barbieri

Ingegnere come il Genio di Vinci. Ma anche matematico, fabbro, orologiaio, inventore di rari meccanismi: orologi solari, mulini a molla e bellissimi automi

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u, indubbiamente, un incredibile genio del Rinascimento. Ma finora erano in pochi a conoscerlo. Il cremonese Janello Torriani è stato un grande personaggio del suo tempo: matematico, ingegnere, inventore, orologiaio, fabbro e costruttore di sofisticati meccanismi. Nacque intorno al 1500, un anno cruciale perchè è quello del crollo di Ludovico il Moro alla guida del Ducato di Milano. Non si sa se da ragazzo abbia mai incrociato il celebratissimo Leonardo da Vinci, prima della sua partenza per Roma e per Amboise nel 1516. Di sicuro Janello ne avrà sentito parlare e lo avrà anche molto ammirato, più per le sue capacità di inventore che di pittore, azzardiamo. Infatti il giovane cremonese divenne in poco tempo un inventore tanto abile, che fu ingaggiato a forza da Filippo II di Spagna, il quale se lo portò alla sua corte per mettere a punto una serie di invenzioni geniali, legate principalmente, guarda un po’, proprio al mondo dell’idralica sulla quale aveva, a lungo, lavorato anche il Da Vinci. I suoi complessi meccanismi furono subito coperti dal segreto di Stato. Le sue innumerevoli invenzioni ci dicono che egli era sicuramente un personaggio poliedrico e mai banale. Janello, nato fabbro, non perse mai la sua saggezza nè il suo approccio pragmatico. Per il suo re creò orologi sofisticati: uno bellissimo, completamente solare, denominato Microcosm, il più complesso mai costruito, con 1800 ruote dentate. Nulla era impossibile per l’acuto cremonese. Dalle sue mani uscirono la prima macchina fresatrice, mulini a molla, nuove applicazioni della sospensione cardanica, vari lucchetti a combinazione, bellissimi automi che compivano movimenti comuni, lasciando stupefatti gli ospiti del re di Spagna. Partecipò alla riforma gregoriana del calendario, compilando un trattato. Mise inoltre a punto vari strumenti di calcolo. L’opera del Torriani -al quale è dedicata la mostra attualmente in corso al Museo del Violino di Cremona, in Piazza Marconi, che sarà aperta fino alla fine di gennaio, con alto contenuto multimediale e percorsi guidati sulle tracce del genio cremonese nel suo ambiente cittadino dell’epoca - trova la sua massima espressione nell’ideazione e nella messa a punto di una impresa veramente titanica: sollevare di 100 metri le acque del fiume Tago sino alla sommità dell’Alcazar di Toledo. Per soddisfare questa richiesta, egli mise a punto due macchine, in grado di convogliare quasi 40 mila litri d’acqua al giorno, su fino alla residenza reale, dopo un percorso di oltre 300 metri. Fu un’opera ciclopica, ma il geniale cremonese riuscì a portarla a compimento. Solo che, anche per lui come per Leonardo, farsi pagare era un’impresa ciclopica. Per vari anni lamentò i ritardi e i mancati pagamenti del suo lavoro, oggi valorizzato al massimo con questa esposizione che ha il sostegno della Fondazione Bracco, impegnata da anni a organizzare una serie di eventi e dibattiti sul legame fra ‘arte e scienza’. In mostra è esposto anche un severo ritratto di Janello, con veste nera e grande collo bianco di batista, prima che cadesse nel dimenticatoio e si spegnesse a Toledo nel 1585, sempre reclamando i suoi denari. La città del Torrazzo gli rende ora il giusto merito: Janello era indubbiamente un figlio de saper fare e secondo un merito tutto italiano. In alto, Janello Torriani. Sotto, le sue invenzioni

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Focus Mostre

I giganti di Gio’ di Busca by Katia Ferri Melzi d’Eril

Bronzo e smalto forgiati con maestria. Forme magnifiche, dettagli dell’epopea classica e dell’era elettronica.

Le straordinarie opere in bronzo di Giovanni Malerba di Busca, l’aristocratico architetto italo-ticinese, divenuto uno scultore di successo

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nutile cercarlo, è ‘in fusione’. Vuol dire che sta forgiando caparbiamente i suoi giganti di bronzo, con lavorazioni costosissime che nessuno azzarda più, perchè è quello che la sua testa gli dice di fare. Inutile telefonare, non risponde. Bisogna andare a stanarlo di persona, il poliedrico Giò di Busca, nel suo atelier ticinese dove si chiude per mesi, per poi emergere sorridente con quegli occhi azzurri come il cobalto, farsi vedere nei selfie a qualche evento mondano, dove non racconta quasi mai il tormento che gli procura la lavorazione dello smalto sul metallo. Ma quando lo fa cambia sguardo: gli occhi diventano lucenti come zaffiri, il respiro si fa più frequente. Si intuisce che quasi quasi se ne scapperebbe seduta stante, via dal party e dalle conversazioni educate, per tornarsene al suo antro svizzero, a praticare, a torso nudo, forse,, come i suoi bronzi, con le sue mani forti, le nobili arti di Vulcano.

La sua mostra diffusa a Portofino, in contemporanea con l’esposizione a Villa Durazzo di Santa Margherita a settembre scorso, è stata un successo. Erano 15 anni che la città più snob del mar Tirreno non ospitava un artista nella storica Piazzetta. Ma i bronzi dell’aristocratico Giò di Busca, per esteso Giovanni Maria Malerba di Busca - che vive nel Canton Ticino e nel passato ha lavorato presso prestigiose società in Italia e all’estero come architetto e designer distinguendosi per la Sua poliedricità - sono talmente maestose, imponenti e spettacolari che nessuno oserebbe proporle all’aperto in una location meno elegante della perla del Tigullio. Siamo andati di persona a vedere i turisti, che invece di farsi ritrarre con lo sfondo degli yacht più costosi del mondo, stavano a bocca aperta davanti ai giganti bronzei di Giò: telamoni, guerrieri scintillanti nel sole del mattino, squillanti per gli smalti colorati. E li toccavano, con

timore e riverenza. Le sculture di Giò di Busca sono infatti tutte da guardare, da lontano ma anche da molto vicino. Anche un occhio non esperto può cogliere la ricchezza e la complessità delle sue lavorazioni che abbinano tecniche antiche e moderne. Le sue creazioni richiamano culture radicalmente opposte, sono legate alla natura e alla musica. Giovanni Maria Malerba di Busca nasce a Milano nel 1959, dalla biologa Angela Brazzola e dall’imprenditore Luigi Malerba, figlio, a sua volta, di Carlo Malerba, pittore “chiarista”, al fianco di Oreste Marini (che del gruppo è il personaggiochiave e l’anima critica) e di Angelo Del Bon (dal quale parte questa “primizia” lombarda nel risveglio della pittura italiana, secondo il famoso critico Roberto Longhi). La passione per l’arte di entrambi i genitori, grandi collezionisti, con il concorso di Oreste Marini, connesseur prodigioso, gli consentono a

LE MOSTRE DI GIO’ DI BUSCA 29/7-20/9(2016 Santa Margherita Ligure e Portofino 1/5-31/10 2015 Galleria Ferruzzi, Venezia 21/2-7/3 2015 Galleria Angelica, Roma 7/12 -28/2 2015 Galleria Art Dinasty Forte dei Marmi 19-24 ottobre 2015 Royal Opera Arcade Gallery, Londra 13/6 /2014 Hotel du Dèpartement, Bastia 1-30 agosto 2014, Forte Village, Art Events Mazzoleni 1-30 agosto 2012, Finter Bank Zurich, Lugano.


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MEDIASTAR MAGAZINE n.22 11/2016

Focus Mostre

A destra, il gigantismo di Giò di Busca, in bronzo nero e dorato. Qui sopra, lo scultore italo-ticinese. Sotto: dettagli e ceselli ispirati a Palmira di crescere in un ambiente favorevole allo sviluppo delle sue doti innate; lo stesso Marini è suo mentore fin dall’età di sei anni perchè intravede in lui la stessa propensione all’arte del nonno Carlo, e, insieme al critico Gustavo Predaval, firma la presentazione dell’opuscolo della sua prima mostra di pittura, quanto Giò era ancora un ragazzo. L’incontro con Emile Giglioli, scultore italo-francese di fama internazionale, che lo ospita a Parigi onde completi le sue conoscenze dopo gli studi al liceo artistico a Milano e alla facoltà di Architettura a Venezia, dove si laurea è stato fondamentale per la sua formazione. Giò si afferma subito come architetto e designer prestigioso, ottenendo importanti commesse. Ma la passione per la scultura, in cui sviluppa il suo spirito di ricerca interiore accompagnato da una straordinaria manualità, agitano i suoi sonni. Da qui la scelta coraggiosa di lasciare la professionie, scegliere il cammino dell’arte e della bellezza. Che nel suo linguaggio si traduce in continui riferimenti naturalisti, alla musica elettronica ma anche al futuro. “Bisogn difendere la natura e l’arte dallo scempio”afferma in ogni consesso. La distruzione di Palmira condotta dall’Isis gli ha procurato

una grande commozione. Da qui il desiderio di ricordare alcuni dettagli architettonici dell’antica città nelle sue sculture, che sanno combinare gigantismo e minimo dettaglio. La maggior parte delle sculture di Giò di Busca adotta titoli derivanti dalle sue ispirazioni, i quattro elementi, “Tempo” (bellissimo bronzo patinato nero), “Concerto”, “DNA”, in cui si intuisce la predestinazione di ognuno di noi. Quando lavora su dipinti e disegni, l’artista mostra una velocità di esecuzione impressionante. Joseph Castelli, Presidente del Consiglio Generale dell’Alta Corsica, in occasione del vernissage della mostra dedicata a Giò di Busca di qualche anno fa, rivolgendosi all’artista ha dichiarato: “Lei rappresenta anche la Terra delle Arti, quella che ha ispirato i più grandi, dalla notte dei tempi, dal Rinascimento ai nostri giorni: il Paese sul quale tutte le muse si sono posate, dove vola lo spirito dei più grandi maestri scultori, pittori, architetti e altri di cui Lei fa parte. Anche Lei ci fa vivere la sua passione, lavora la materia come nessun altro lo sa fare..Grazie per farci viaggiare nel Suo mondo, fra sogno e realtà!”

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S.Silvester? Shine! Niente bagliori d’oro quest’anno. Sono glam solo il luccichìo freddo del platino e il riflesso dell’argento. by Sonia Avanzi

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Qui sopra: Mara Venier in una camicia nera a grafismi della collezione capsule da lei stessa disegnata per il brand Luisa Viola, prodotta dal Gruppo Miroglio. Sotto, gli orecchini lunghi di ispirazione jap di Lebole Gioielli

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arà un fine anno all’insegna del luccichio grazie a strass e cristalli, ricami nelle nuances rubate al platino, al bronzo e all’argento. Il corpo si copre di lamè e broccati dai bagliori metallici. Durante le scorse sfilate di moda, soprattutto durante la New York Fashion week, abbiamo apprezzato e ammirato tantissimi look metallizzati. I colori sono stati i più disparati, quindi non solo argento e platino, ma anche rosa, viola, verde, rosso e molti altri ancora. Per finire l’anno con un look metallizzato è bene sapere che è possibile scegliere tessuti lamé, glitterati, dal finish brillante o semplicemente ricoperti di paillettes, magari non soltanto rotonde, ma anche triangolari, quadrate e a bacchetta, da portare con scarpe talmente luccicanti che più a specchio non si può. Chi ha avuto la vista lunga si è aggiudicato già alla fine dell’estate i minidress di Michael Kors, disponibili in versione silver o gli abiti con gonna a ruota di Chiara Ferragni, da portare con le decolletè a punta con applicazioni a forma di occhio. Alessandro Michele per Gucci punta su tuniche incrostate di piccole paillettes colorate, Marc Jacobs crea, attraverso ricami di cristalli, onde sensuali per l’abito neo gotico. Fiumi di pietre bianche si posano sulle creazioni di Dolce & Gabbana e di Alberta Ferretti. Sui capelli si posano fermagli carichi di svarowsky e naturalmente tiare da regina, per sentirsi almeno per una sera come la principessa Elizabeth, celebrata dalla fiction Netflix, che divenne regina. Lunghe frange, naturalmente color argento danno movimento ai dress di Valentino e a quelli di Erdem. Se facesse troppo freddo di notte, niente paura. Ci pensano Bomboogie e

Blauer, Moncler e Pirelli, con i caldi piumini silver tutti da indossare. Se ci si rifugia nel solito cappotto nero, bisogna osare almeno un dettaglio. Per esempio la spilla a forma di hastag in metallo a specchio e pietre bianche di Lanvin. Oppure una clutch color platino, o ancora uno dei tanti smalti per unghie argento e anche metallizzati a specchio, prodotti dale big della bellezza, come Chanel, Dior, Collistar e Yves Saint Laurent. Per non parlare dell’argento spruzzato sulle palpebre, soprattutto nell’angolo interno dell’occhio, per accendere lo sguardo: che la cosa funziona ce lo ha dimostrato, negli ultimi mesi, la bellissima Rita Ora. A meno che non si voglia andar‘controcorrente’, uscendo con addosso il broccato d’oro alla marinara di Prada, con un abito oro o bronzo di Lanvin oppure esibendo l’ unicorno dorato e il suo significato onirico e magico che contraddistingue Alexander McQueen, il bagliore del platino è un alleato sicuro per essere eleganti quest’anno, in cui tornano tantissimi temi tipici dei migliori anni Ottanta. Brillano nella notte il giacchino in velluto black con maxi jais argento firmato Emporio Armani o i mini abiti da vera femme fatale di Saint Laurent. Il silver glam trend si fa addirittura stellare da Balenciaga, che propoen un bustier intergalattico, da indossare con stivali altissimi… Quasi un’ ode alla femminilità più forte che qualche griffe tenta di smorzare, in nome del bon ton. L’argento non è solo un colore, dicono stilisti e trendsetter. E’ un’attitude, e richiede look che sicuramente sarebbero piaciuti al personaggio dei cartoon Barbarella. Ma anche al mitico Paco Rabanne. Una griffe che da sempre ha preferito la tintarella di luna ai dorati bagni di sole.


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Fashion&Co

Se non si riesce a osare il total look, uscire in total black con un dettaglio ‘spaziale’: una piccola borsa, una tiara, le unghie

In questa pagina in alto: mini abito argento con cristalli e sandali luccicanti, firmati Alberta Ferretti. Qui sopra, smalto metallizzato argento e bronzo. A fianco: mocassini argento da portare con abiti lunghi e bomber di montone. In alto a destra,: il cappotto da uomo, declinato in tante versioni eleganti e più glam dal duo stilistico Dolce & Gabbana.

CHI SI RIVEDE, IL PALTO’ Uno dei capi più importanti del guardaroba maschile torna in primo piano, ma in varie versioni. Il soprabito invernale quest’anno scopre nuove dimensioni, che vanno oltre il taglio tradizionale del loden. Ci si spinge fino al doppiopetto più formale, si sfiorano estensioni mai viste. Partiamo dal car coat sport chic, un soprabito corto, pratico, adatto alla guida di veicoli a due e quattro ruote. Se ne vedono anche in versione double, con interni staccabili, che asecondano le sorprese di stagione. Herho propone un’imbottitura tecnologica, assicura la protezione e il confort di un piumino, unita all’eleganza di un pezzo classico. L’imbottitura in piuma si può rimuovere quando arriva la primavera. In tre versioni: taglio sartoriale, spgato, tinto in capo. Il loden resta un pezzo da esibire e conserva dettagli speciali, che raccontano le sue origini militari.. Si può trovare in versione classica o con aletta in pelle per chiudere il colletto in verticale. Il classico dei classici è Schneiders di Salisburgo. Anche il cappotto doppiopetto o trebottoni è un capo irrinunciabile. Il sei bottoni blu di Tagliatore è perfetto per le occasioni formali e lavorative. Se si ama il cappotto più lungo, ecco i bellissimi melange in grigio piombo o blu di Ermenegildo Zegna, oppure il classico blu di Valentino o di Yves Saint Laurent, con un taglio sartoriale tutto da esibire: dalla costruzione chesterfield ai revers a lancia, le tasche a patta, il taschino profilato e l’indispensabile spacco sul retro. Se si preferisce un capo più glamour, ecco le proposte di Salvatore Ferragamo in verde scurissimo, con collletto in pelliccia. Per i più esigenti, naturalmente, c’è sempre l’opzione ‘cappotto su misura’, in materiali pregiati. L’Italia è la patria dell’alto aratigianato maschile: ma è sempre bene fidarsi di un buon indirizzo, vedere all’opera chi disegna e realizza cappotti utilizzando solo tessuti inglesi ed italiani pregiati e di qualità, curando nei particolari i dettagli delle linee e delle forme con minuscoli punti a mano. Presso grandi nomi come Caraceni, Dal Cuore, Soncini o Bocchese il cliente può scegliere il taglio del colletto, la lunghezza del cappotto, dove posizionare le tasche e i bottoni, il tipo di allacciatura, la sfiancatura e il colore della fodera interna. Per l’interno è bello scegliere fodere in pura seta, che si accompagna bene sia col cotone caldo smerigliato, che col cachemire, la pura lana vergine o l’alpaca, secondo uno stile classico, casual o elegantissimo per tutte le cerimonie importanti.

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Fashion&Co

Nocturnal Animals (in gold)

QUELLI CHE BASTIAN CONTRARIO O NIENTE. L’oro della nuova Lotion di Yves Saint Laurent che illumina la pelle con una carica di sublimità. Idrata istantaneamente e avvolge con l’inconfondibile fragranza di Blackopium lasciando un velo di micro-glitter,.Abito, gioielli e make up Yves Saint Laurent. Qui a fianco: tuta oro con paillettes, disegno animalier. A fianco, abito geranio con lunghe frange turchesi e cluctch abbinata. Elisabetta Franchi

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Fashion&Co

E’ ORA DI USCIRE Avveniristico orologio in oro, titanio, berillium bronze, peek, arcap e cristallo di zaffiro Ur 105 Raging Gold di Martin Frey, prodotto da Urwerk, marchio creato da Felix Baumgartner. A fianco, outfits da sera di Elisabetta Franchi

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A caccia di eccellenze by Ada Eva Verbena

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ll’insegna dei capolavori assoluti, ma non dello stesso ottimismo del 2015 si apre la stagione delle grandi aste italiane, dopo un anno denso di cambiamenti inimmaginabili, soprattutto a livello europeo. Dopo due anni di crescita ininterrotta di prezzi e di vendite, calano i prezzi dell’arte ovunque, soprattutto a Londra, dove alle ultime manifestazioni gli acquirenti russi sono scomparsi, quelli cinesi sono arrivati ma per acquistare soprattutto gioielli e i britannici hanno tirato il freno a mano. Per il mercato italiano arrivano segnali di ripresa? Chissà. Per ora si può dire che il MercanteinFiera di Parma non è stato soddisfacente per alcuni operatori e che l’ultimo Gotha non lo è stato per molti, tornati a casa addirittura a mani vuote, nonostante il boom di visitatori e le proposte di tutto rispetto. Christie’s annuncia un po’

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Le fiere londinesi hanno un po’ deluso gli operatori del settore. Molti clienti erano in attesa delle aste d’autunno. Acquisti preferenziali su opere conosciute e tracciabili

di recupero dopo una prima parte dell’anno negativa, con un calo del 27,5% su base annua, dovuto principalmente al crollo delle vendite di fascia alta, per lotti superiori ai 5 milioni di dollari. L’area europea, che sopravanza gli Stati Uniti sia per acquirenti che per valore, divenendo la regione leader globale per il suo business dell’azienda. Si sottolinea un buon risultato per i lotti inferiori al milione di dollari, più redditizi per la società rispetto ai top lot; così come segnali positivi sarebbero da cogliere per i nuovi acquirenti, che rappresentano il 25% di tutti gli acquirenti nella prima metà del 2016. Le vendite dell’e-commerce sono cresciute del 96%, passando nei primi sei mesi da 15,3 milioni del 2015 a 28 milioni di dollari quest’anno. Guardando all’Italia, le grandi case d’aste perdono terreno di fronte a quelle nazionali che spesso battono settori sottovalutati. In un semestre in chiaroscuro, che ha visto scende-

rei valori dell’arte contemporanea, le piùpenalizzate sono state le due big, Sotheby’se Christie’s, che da tempo hanno ridotto la loro presenza in Italia puntando al settorepiù redditizio, quello del dopoguerra. r ma con valori ridotti di circa il 20. Chriestie’s guida la classifica italiana del primo semestre.Alle sue spalle si è piazzata Sotheby’s,che dall’arte contemporanea ha incassato12 milioni di euro, il 39% in meno rispetto ai 19,7 milioni raggiunti nel medesimo periodo dello scorso anno. Un pesante arretramento dovuto a una maggior cautela da parte del collezionismo e all’arresto della spinta speculativa. Probabile quindi il ritorno dei beni rifugio e dell’antiquariato con la vendita di opere, possibilmente in possesso dell’attestato dilibera circolazione. console in legno romana del ’600 o ragionevoli, a prezzi calmierati. La genovese Wannenes ha seguito questa strada, conquistando un fat-

turato che nel primo semestre 2016 è stato di 11,7 milioni di euro, addirittura il 102% al di sopra del periodo gennaio-luglio 2015. Se Farsetti ha chiuso la prima parte della stagione a 8 milioni di euro con un incremento del 34%, Pandolfini ha battuto 13 aste totalizzando 12,1 milioni di euro, 600 mila euro in più dello scorso anno. Bene anche Finarte che ha incassato 1,4 milionidi euro dall’asta di arte contemporanea, Il Ponte in giugno a Milano ha ottenuto, sempre dal ’900, ben 5,7 milioni di euro. A Londra, Frieze e Frieze Masters (dedicate all’arte moderna) hanno chiuso i battenti senza gli allori attesi, nonostante i grandi nomi in vetrinaRichter. Passando alle aste, Christie’s e Sotheby’s hanno riscosso un buon successo con le aste londinesi dedicate al contemporaneo internazionale. In Bond Street i battenti si sono chiuso con quasi 50 milioni di sterline, con molte conferme (un Jean Dubuffet stimato


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Aste &Co

Nella.rbieri, Alessandro Borghese e la superchef Lidia Bastianich, mddre di Jo.

TUTTE LE ASTE DI FINE ANNO SOTHEBY’S 23-24 Novembre, Arte Moderna e contemporanea, Palazzo Serbelloni h. 19 25 novembre, Duemila Ruote, Milano Rho Fiera CAMBI Asta N. 277 - Arte Moderna e Contemporanea lunedì 28 novembre - Ore 18:00 Milano (MI), Palazzo Serbelloni - Corso Venezia 16 FEDERICO II Asta N. 3 - Dipinti antichi e del XIX secolo, Arte moderna e contemporanea Bari (BA), Viale Unità d’Italia, 93 martedì 29 novembre - Ore 15:00 - Dipinti antichi e del XIX secolo, Ore 18:00 Arte moderna e contemporanea. CAPITOLIUM ASTA 207 - MODERN & CONTEMPORARY ART mercoledì 30 novembre - Ore 17:00, H. 20.00 Brescia (BS), Via Carlo Cattaneo, 55 PORRO Asta N. 81 - Dipinti Antiche e del XIX Secolo e Arte Moderna e Contemporanea mercoledì 30 novembre - Ore 18:30 Milano (MI), Via Olona, 2 mercoledì 30 novembre - Ore 19:30 Milano (MI), Via Olona, 2 BERTOLAMI FINE ARTS Asta N. 27 - Arte Moderna e Contemporanea giovedì 1 dicembre - Ore 16:00 , venerdì 2 dicembre - Ore 16:00 Roma (RM), Piazza Lovatelli, 1 - Palazzo Caetani-Lovatelli MECENATE ASTE Asta N. 34 - Arte Moderna e Contemporanea giovedì 1 dicembre - Ore 18:30 Milano (MI), Via Mecenate, 76/33 STADION Gioielli e sculture, arredi e dipinti, dipinti di autori Sloveni venerdì 2 dicembre - Ore 10:00 , ore 15:00, ore 20:30 Trieste (TS), Riva Tommaso Gulli, 10/a MECENATE ASTE Asta N. 35 - GRAFICA, DISEGNI E DIPINTI DI ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA (SOLO ONLINE E TELEFONO) venerdì 2 dicembre - Ore 10:30 -Ore 15:00 ,Milano (MI), Via Mecenate, 76/33 PICENUM Asta N. 4 - Arte Moderna, Post War, Contemporanea, Fotografia sabato 3 dicembre - Ore 15:00 - Sessione Unica Cingoli (MC), Piazza Vittorio Emanuele II CASA D’ASTE VINCENT Asta N. 108 - Importanti Sculture da Presepe del XVIII e XIX Secolo sabato 3 dicembre - Ore 17:00, NAPOLI (NA), Via Tito Angelini, 29 CASA D’ASTE IL PONTE Asta N. 385 - Arte Moderna e Contemporanea. Martedì 6 dicembre - Ore 10:30, Ore 15:30 Milano (MI), Palazzo Crivelli - Via Pontaccio, 12

1,5 milioni è stasto assegnato a 2.629 mila sterline), qualche dubbio (Rosso plastica di Alberto Burri, 1962 è stato presentato a 4 milioni di sterline e aggiudicato per 4.050.000) e qualche sorpresa: il Nickelodeon del giovane pittore rumeno Adrian Ghenie è stato battuto a 7.109 mila sterline. Niente da fare invece per le Italian Sales, che hanno annoiato i compratori internazionali presentando selezioni non innovative rispetto agli anni passati e prezzi troppo alti. Tant’è che pure i big come Fontana, castellani e Boetti hanno tenuto ma senza fare faville. Tutti gli occhi, insomma, sono puntati ora sulle aste italiane e non di fine anno, da quelle dei grandi player a Milano e Roma fino a quelle nelle capitali europee e nelle città più periferiche, piccole ma non meno interessanti. La casa d’aste viennese Dorotheum ha ospita alcuni lotti in anteprima, dal 2 al 5 novembre, a Milano nella sede di Palazzo Amman (via Boito 8). L’appuntamento in asta con i moderni e contemporanei è stato il 22 e il 23 novembre, mentre quello con i preziosi e gli orologi è stato il 24 e il 25 novembre. Il 23 e 24 novembre c’è stata l’asta Sotheby’s a Palazzo Serbelloni. In catalogo, tra i 180 lotti dell’asta serale due Concetto spaziale di Lucio Fontana, di un blu molto simile a quello che è passato a ottobre a Londra (700.000 – 900.000 euro), oltre a Burri, Tancredi, Morandi, Melotti, Rotella, Festa, Salvatore Scarpitta. Il 24 c’è stata la prsentazione delle collezioni di orologi, gioielli, novecento, scultura, arte moderna e contemporanea di Cambi, con il consueto grande evento a Palazzo Serbelloni. Sempre il 24 Wannenes ha tenuto il suo evento da Frigoriferi Milanesi. Nel catalogo, due Carol Rama, quattro Baruchello e un Agnetti, uno Schifano e la scultura di Fausto Melotti Poesia del 1962 i Il 25 novembre Farsetti, che a Prato ha organizzato una vendita con Enrico Castellani, Marina Apollonio e Aldo Mondino. Sempre il 25 novembre Sotheby’s ha battuto una selezione di auto d’epoca (Duemila Ruote), mentre il 28 novembre è stata la volta dei lotti di mobili, sculture, oggetti a Parigi. Il 5 e il 6 dicembre gli eventi da Pandolfini e il Ponte chiudono la stagione.

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Motori & Co

In alto: La Alfa Romeo personalizzata con La Grande Onda di Hokusai da Garage Italia Custom. A fianco, l’artista e designer Erika Calesini al lavoro su una Lancia Y10. A destra, l’auto completamente ricoperta di perle. Sotto Lapo Elkann e a fianco la sua versione di Bombardier Learjet 31 intitolato “Nel blu dipinto di blu” che egli ha allestito per una società aerea italiana che offre voli executive sia aziendali che privati. Il jet firmato Lapo ha fatto letteralmente impazzire alcuni passeggeri. Che ora vogliono anche loro un aereo su misura, anche uguale, con gli interni e gli esterni tutti dipinti di un blu squillante, quello che egli indossa spesso e volentieri.

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Motori &Co

Carrozzate da urlo Le auto e gli aerei personalizzati dall’eclettico Elkann conquistano gli Usa. E le citycar di Erika Calesini fanno girare la testa a tutti.

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on date le chiavi della vostra auto a un designer. Potrestre vedervela tornare trasformata in stampa giapponese o così, completamente ricoperta di perle, rivestita con un maglione gigante, luccicante con migliaia di strass, ricoperta di paillettes o di borchie, rivestita di mosaico di Ravenna. Le carrozzerie da urlo sono l’ultimo trend in fatto di motori. Tra i guru della customizzazione sono due i nomi più gettoneati: Lapo Elkann e l’artista riminese Erika Calesini che ha stupito il pubblico fashionista della fiera milanese White con le sue incredibili customizzazioni, che rendono una anonima citycar stupefacente come la carrozza della Regina Elisabetta. La Calesini lavora in un grande hangar sulla costa romagnola, dove accorrono da ogni parte del mondo anche per farsi trasformare la propria vecchia bicicletta in quadro da appendere alla parete, opportunamente segata e decorata. “Ci vogliomo molte ore di lavoro, perchè tutti i decori sono applicati a mano, uno per uno”. La ragazza con la pistola (a caldo) ha realizzato una serie di installazioni mozzafiato per le feste di Natale: grovigli di biciclette rosa, alberi di natale a gomitolo, personalizzazioni di motori e oggetti semplicemente irresistibili. Vanno bene, nonostante le cronache gossip, anche gli affari di Garage Italia Customs, il centro stile di Lapo Elkann che si occupa di personalizzare e rendere unico qualsiasi tipo di mezzo a motore, accendono il turbo e conquistano gli Stati Uniti. Molti supermiliardari americani, infatti, si sono rivolti a lui per personalizzare di tutto, dalla moto al jet privato. E non è che gli aerei siano pochi, da quelle parti. Uno degli ultimi clienti è arrivato dal Texas per personalizzare il suo jet Gulfstream 85.L’estate scorsa, Garage Italia Customs, società di Lapo Elkann, per presentarsi sul mercato, ha esposto nella galleria Venus di Los Angeles la sua ormai famosa Alfa Romeo 4c Hokusai, una personalizzazione artistica della famosa auto sportiva italiana, sulla cui carrozzeria è stata pitturata, completamente a mano, “La grande onda di Kaganawa”, opera del maestro giapponese Katsushika Hokusai, ancora in mostra a Milano proprio in questi giorni di debutti scaligeri. Niente male, insomma, come prima incursione nel mondo dell’arte. Alla classica esposizione di motori di Pebble Beach, dove arrivano da tutta la California per mostrare le versioni personalizzate delle auto più belle del momento, Lapo Elkann h lasciato tutti a bocca aperta, in versione driver dandy, guidando personalmente questa incredibile creazione. Sulla Alfa Romeo 4C Hokusai da 199 mila dollari, che ora si vende a Miami, è stato anche avvistato sulla mitica Us Route 101, la strada sulla costa che permette di ammirare per chilometri lo spettacolo dell’Oceano Pacifico. Le auto come opere d’arte non sono una novità. Sono più di 40 anni che esiste la BMW Art Collection, una selezione fortunatissima di modelli personalizzati con stili e colori unici. Ma se finora i casi sono stati pochi e per lo più si è trattato di artisti noti che hanno messo letteralmente le mani su auto di brand celebri, la Garage Italia Customs di Lapo Elkann ha sviluppato l’idea trasformando in tela alcune carrozzerie. Per i 50 anni di BMW in Italia l’atelier di Lapo ha preso una i8 e l’ha colorata come il dipinto ad olio “Lampada ad Arco” del futurista Giacomo Balla, trasformandola nell’esemplare unico i8 Futurism Edition. Adesso è toccato ad una Alfa Romeo 4C: celebra l’amore dei giapponesi per il marchio di Arese con i colori de “La Grande Onda”.Ammirando la carrozzeria della Alfa Romeo 4C ci si accorge che l’opera giapponese non è stata solo aerografata a mano. E’ stata studiata attentamente per ottenere un posizionamento ad effetto e abbinata a materiali che potessero suscitare un’emozione stupefatta per chi visita l’abitacolo. L’onda domina tutta la parte posteriore della fiancata e l’intera superficie del tetto, seguendo sinuosamente le forme dell’auto, che monta cerchi azzurri dal forte richiamo alla tela. Dentro invece, per personalizzare gli interni si è optato per il denim giapponese Kubaro, con inserti in pelle Foglizzo per richiama le squame della carpa; un riferimento al Giappone più poetico. Così come la particolare lavorazione della corona del volante e della leva del freno a mano si ispirano al Tsukamaki, l’arte di rivestire l’elsa della spada dei samurai, la mitica Katana.Dal 30 luglio al 10 settembre scorso, le esclusive one-off Alfa Romeo 4C Hokusai e BMW i8 Futurism Edition sono state esposte all’interno della mostra “Piston Head II: Artists Engage The Automobile” nella galleria Venus di Los Angeles di Adam Lindemann.

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Agent Provocateur

Nozze? Non s’han da fare by Amir Hussein Barouh

Le nozze per convenienza ci sono sempre state. Ma non fra due persone dello stesso sesso. Ecco il primo caso di due uomini, amici fraterni che si sposeranno in Comune. Non lo fanno per amore, dicono. Ma per risparmiare...

In alto, Gianni Bertoncini e Piero Principe, i primi sposi per convenienza, a Schio, in provincia di Vicenza

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uel matrimonio non s’ha da fare, si è letto qualche giorno fa su alcuni giornali. Una notizia a dir poco manzoniana. Ma si tratta di nozze ‘a norma di legge’. Anche se quella di Gianni Bertoncini e Piero Principe è indubbiamente una scelta fuori dal coro, che ha fatto subito discutere: conviventi da anni ma “solo amici”, Gianni e Piero hanno deciso di unirsi civilmente sabato prossimo a Schio, nel vicentino. “Non siamo gay” hanno precisato, spiegando che la loro è una scelta di pura convenienza. Gianni, vicentino di 56 anni, è un musicista; Piero è di origini romane e ha 70 anni. Convivono già da parecchi anni ma il sesso non c’entra: “non siamo una coppia, ci prendiamo cura l’uno dell’altro, siamo come fratelli” hanno spiegato in un’intervista al Giornale di Vicenza. Allora perché unirsi civilmente? I due prossimi “sposi” sono convin-

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ti che l’unione civile consentirà loro di accedere a diritti che sarebbero loro negati altrimenti e di risolvere problemi pratici. “Ci sono situazioni - spiegano i due amici - in cui non avere un legame riconosciuto crea difficoltà, come le degenze in ospedale, ma anche per piccole cose, il pagamento delle bollette, del canone Rai: prima che venisse messo in bolletta lo addebitavano a entrambi”. La scelta di pura convenienza, dunque, che però non scandalizza la “madre” della legge che ha per la prima volta in Italia introdotto le unioni tra persone dello stesso sesso, la senatrice del Pd Monica Cirinnà. “Anche una donna si può sposare con un uomo che non ama, per convenienza. I matrimoni di comodo si sono sempre fatti. Se stavolta a unirsi sono due uomini che non sono uniti affettivamente ma lo fanno per convenienza, penso che comunque la legge consenta la libertà ai cittadini di

farlo”, commenta.Tuona all’imbroglio invece Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia e leader storico della comunità omosessuale italiana: “che due persone eterosessuali dello stesso sesso vogliano fare una unione civile e accedere così anche alla reversibilità delle pensioni, all’eredità e così via, lo trovo legittimo e legale ma dal punto di vista morale è una truffa. Non è che si possa utilizzare la norma come si vuole. Io, che ho fatto una lunga battaglia per il riconoscimento delle coppie omosessuali, non dirò mai loro: bravi, bravi”. Mancuso avverte: “La legge sulle unioni civili prevede diritti ma anche doveri” e conclude “attenzione a non svilire un istituto come qualcosa che passa come privilegio, la legge non è un eldorado per chi vuol fare il furbo”. Insomma, carissimi Gianni e Piero: forse vi converrà dichiarare che il matrimonio è ‘stato consumato’, per starvene in pace.

Il dibattito contro la legittimità delle unioni civili è viziato da un errore di fondo: credere che la nostra Costituzione vieti, più o meno espressamente, il matrimonio egualitario. «Con la sentenza 138/2010, la Corte Costituzionale sollecita il legislatore al riconoscimento delle coppie omosessuali» ci ricorda ancora il giurista «senza tuttavia indicare in quale forma: il legislatore ha discrezionalità politica sui mezzi». Dalla Costituzione, per di più, «non è possibile desumere un divieto di introduzione del matrimonio tra persone dello stesso sesso» che semmai non può essere riconosciuto «in via meramente interpretativa, ma con l’intervento del legislatore». In altre parole: la Costituzione non parla di matrimonio tra uomini o tra donne, ma ciò «non equivale a dire che lo vieti». Spetta al legislatore, quindi, decidere.




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