Heritage & traditions 4:2017

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ERITAGE

Rivista trimestrale web a distribuzione gratuita prodotta e diretta da Katia Ferri Melzi d’Eril www.katiaferri.com

N. 4 LUGLIO 2017

& TRADITIONS

Supplemento trimestrale di Commodity World Weekly Magazine - Anno II n.4 Registr.Tribunale di Pavia n.673 del 17/5/2007

San Martino Valle Caudina

I PIGNATELLI DELLA LEONESSA Nelle “Crete Senesi” con Nicolò Bolognini Martinozzi PALIO DI SIENA, LE ORIGINI

LUXURY CARS EVENTS

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MONACO RICORDA GRACE


dietro un sorriso, una storia

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EDITORIALE

di Katia Ferri Melzi d’Eril katiaferri@hotmail.com

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iusto qualche giorno fa, appena tornati da un giro fra i castelli toscani e del sud, il proprietario di un importante maniero italiano, mi raccontava di quanti se ne vendono, oggi nel Bel Paese. Ce ne sono di tutti i prezzi, da trenta milioni in giù, ne ha visti passare di mano almeno 25, l’ultimo svenduto a 2 milioni a uno che ci vuol mettere dentro una grandissima biblioteca. Poi naturalmente si devono fare dei lavori, ma ora non ci pensa. Poi si dovrà continuare a farli, ma ora non ci pensa. E qui sta la nota dolente. A chi non piacerebbe vivere in un castello o in una villa? A tutti. Ma poi non si pensa mai abbastanza alla vita quotidiana in una residenza che supera i mille metri, magari con del terreno intorno: ogni giorno non è mai prevedibile. Le spese lievitano sempre e le risorse non bastano mai. Quando il tempo passa, l’entusiasmo per il rifugio avito, il romito asilo, la posizione dominante diventa cruccio e paura: restare in una casa pericolosamente isolata quando si invecchia, nevica e se piove, pare molto meno esclusivo. L’altro giorno sono entrati i ladri a rubare le teiere d’argento e qualche gioiello in un castello dove da sempre si tenevano le porte aperte, mai successo nulla. Ora si deve spendere per gli allarmi, le sbarre. E lavori di manutenzione? Sono sempre più costosi. Per non parlare di quando si vuole andare in vacanza: chi resterà a sorvegliare? Molti proprietari che diventano vecchi o diventano vedovi o diventano single (perchè il partner se ne va in una città qualsiasi, per carità, piuttosto che star lì) perdono lo sprint. Niente restauri, nè ammodernamenti, i quadri si anneriscono, i mobili di noce si crepano, i tessili si sbiadiscono e si stracciano. La solitudine fa perdere la voglia di investire, di lavorare, di impazzire in attesa che i muratori finiscano, che i tappezzieri consegnino, che i restauratori riportino a casa i trumeau. E i figli? Sono tutti bravissimi, brillanti e in carriera. Ma i maschi di uno che ha un castello e un palazzo in una città, se ne stanno uno a Londra e l’altro a Barcellona. Hanno imparato a lavorare nella finanza, mica a fare gli albergatori. Le femmine di altri hanno seguito i loro consorti in Germania, in Portogallo, negli Stati Uniti, a Milano e sono impegnatissime a seguire i propri figli. Domenica al castello? Da voi in villa venerdì? Non ce la facciamo mamma, dobbiamo correre in montagna, perchè il piccolo fa le gare, sai... I figli non vogliono che si venda il castello, la villa o il palazzo perchè fa comodo a tutti andarci, ma ogni tanto: quando si torna dalle ferie o ci sono da festeggiare compleanni, matrimoni, anniversari. Non vogliono neanche sentir parlare di affitto per eventi: gente orribile ovunque, ci distruggono il prato. Poi, un giorno, i figli che vivono altrove, arrivano al castello e lo vedono rinato. Ma per tutto bisogna chiedere a Eri oppure Nadia o Asuncion. Gente trovata su siti come Mind My House, Nomador e House Carers, Trusted Housesitters: pullulano di annunci che recitano più o meno così: “Magnifica villa nel sud della Francia: mio marito e io siamo in partenza per le vacanze e abbiamo bisogno di una persona o di una coppia che si prenda cura della casa e del nostro cane.” I proprietari ricevono anche centinaia di richieste nel giro di due ore, da housesitters esperti in pulizie e piccoli lavori nelle antiche dimore. Sono persone che hanno Un sito specializzato in house sitters per castelli con animali scelto di viaggiare gratis. E alloggiare gratis. Già, in un castello: che pagano altri. HERITAGE & TRADITIONS anno I° n. 4, luglio-settembre 2017 -Editore e Direttore responsabile: Katia Ferri Melzi d’Eril. Supplemento gratuito trimestrale del settimanale online Commodity World Weelkly - Registr. Tribunale di Pavia n.673 17/5/200 redazione: c/o Villa Melzi d’Eril, via Colombarone 13, Belgioioso PV - Italia. Contributors: Timur de Angeli, Elisa Egger, maestro Nicola Pisaniello, Alessandro Zanotto. Contatti: katiaferri@hotmail.com, Facebook: heritage&traditions

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H&T- SOMMARIO

SOMMARIO 3/ EDITORIALE di Katia Ferri Melzi d’Eril

LUGLIO-SETTEMBRE 2017

4/ SOMMARIO luglio/ settembre 2017

32-33/ TRADITIONS: CASTELLI DI CALABRIA Le fortezze federiciane nella Sibaritide

5-9/ TOP CHARITY EVENTS

34-35/ WINE: ALLA CONTESSA PIACE LIGHT I vini low alcohol firmati Alessia Berlusconi

10-15/HERITAGE: I DUCHI PIGNATELLI DELLA LEONESSA IN VAL CAUDINA di Katia Ferri Melzi d’Eril

36-41/ TRADITIONS: LE ORIGINI DEL PALIO La storia della corsa più bella del mondo

16-21/ LUXURY CARS Auto storiche, gli eventi della stagione

42/ MUSICA CLASSICA a cura di Nicola Pisaniello

22-29/HERITAGE: CON NICCOLO’ NELLE CRETE SENESI Tra castelli toscani con Niccolò Bolognini Martinozzi.

43/ ASSOCASTELLI, le news Il nuovo board firmato Montezemolo

30 LIBRI Gli eventi per il trecentenario della nascita

44-45/ ORDERS EVENTS Nuovi ingressi nell’Ordine di Malta Roma 46-53/ HERITAGE: SULLE ORME DI GRACE Montecarlo ricorda l’amatissima principessa

31/ASSOCIAZIONE DIMORE STORICHE I 40 anni dell’Adsi 4

54-55/HERITAGE: LE GIOIE DEL PRINCIPE I gioielli glam firmati Dimitri di Jugoslavia


Top charity events - H&T

A CENA CON LEONARDO DI CAPRIO E KATE WINSLET Una grande serata il 26 luglio scorso per salvare il nostro pianeta. Un evento unico ospitato da Leonardo DiCaprio a St. Tropez per sostenere la sua fondazione, dal 2008 in prima linea nella lotta al climate change e per la difesa del pianeta terra. Non solo unico per gli ospiti, in primis l’attore premio Oscar che, in questo 2017, ha radunato in Costa Azzurra un parterre di stelle più straordinario che mai, a partire dall’amica storica Kate Winslet (con cui ha condiviso l’essere “messo all’asta” per beneficenza), ma anche per le grandi performance musicali. Il momento più atteso è stata senza dubbio l’asta: poter passare una serata in compagnia di Leonardo DiCaprio e Kate Winslet, la coppia d’oro del cinema hollywoodiano, per una cena davvero esclusiva. A mettere in palio questo premio lo stesso DiCaprio che dal 2008, si batte per la salvaguardia del pianeta e la lotta al riscaldamento globale. Tra i progetti finanziati anche il Gemma Nuttall Cancer Fund, iniziativa su GoFundMe che supporta le madri del Regno Unito a cui è stato diagnosticato il cancro. I biglietti per prendervi parte non sono stati propriamente economici con un ticket d’ingresso a partire da 8mila dollari a persona. Ma sono lo stesso andati a ruba.

Top charity events

30 agosto

SIENA

CENA DI BENEFICIENZA PER L’ARTE A Siena, in Piazza Jacopo della Quercia, il 30 agosto, si terrà la Cena di Beneficenza per l’Arte promossa dall’Opera della Metropolitana, il Santa Maria della Scala e Opera – Civita. Nata a seguito della suggestiva esposizione temporanea “La Bellezza ferita” che fino al 29 ottobre 2017 sarà visitabile all’interno del Santa Maria della Scala e della “Cripta” del Duomo, è finalizzata ad una raccolta fondi per il restauro delle opere terremotate di Norcia, esposte a Siena. La serata di gala sarà aperta a chi vorrà contribuire a sostenere, con la propria partecipazione, un progetto di recupero nato e sviluppatosi dallo scorso 23 dicembre, quando le circa 30 opere “ferite” provenienti dal territorio umbro trovarono ricovero a Siena, portando con sé non solo il dolore e la sofferenza, ma anche la grande speranza di rinascita di cui l’arte è portavoce. Il 27 ed il 24 agosto si potrà fare il percorso “Nello spazio e nel tempo” video mapping 3D del Santa Maria della Scala. I complessi museali saranno aperti al pubblico fino alle ore 24.00 compresi Panorama dal Facciatone, Porta del Cielo e Sotto il Duomo.Info e prenotazioni 0577286300 opasiena@operalaboratori.com

1 settembre CONCERTO A MONTELIFRE’

CRETE SENESI

Un concerto di musica classica, oltre a quelli già programmati dalla sezione Toscana dell ‘Associazione Italiana Dimore Storiche, presieduta da Bernardo Gondi, si svolgerà al Castello Montelifré, San Giovanni d’Asso - Montalcino (Si), su invito di Niccoló Bolognini Martinozzi, il 1 Settembre 2017 alle ore 18,30 nella piccola Chiesa del Borgo, per ascoltare il concerto del Quartetto zArt. Con Enrico Filippo Maligno e Sara Sottolano, violino, Nicoletta Pignataro, viola, Federica Ragnini, violoncello. In programma: Franz Joseph Haydn (1732-1809) – Quartetto n. 81 in sol maggiore, op. 77 n. 1 I. Allegro moderato II. Adagio III. Menuetto. Presto e Trio IV. Finale. Presto Robert Schumann (1810-1856) – Quartetto n. 1 in la minore, op. 41 n. 1 I. Introduzione. Andante espressivo. Allegro II. Scherzo. Presto III. Adagio IV. Presto Ingresso libero con prenotazione obbligatoria. Whatsapp: 3481112132 .111

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H&T: Top charity events

GALA BENEFICO CON PIERCE BROSNAN E PAMELA HANDERSON Pierce Brosnan e Pamela Anderson sono stati gli ospiti illustri della cena di gala organizzata sabato 17 giugno all’hotel Cala di Volpe, in chiusura della manifestazione sportiva e di solidarietà “Costa Smeralda Invitational”. I divi di Hollywood hanno sposato la causa di beneficenza a favore della Global Gift Foundation, l’associazione internazionale fondata dall’attrice Eva Longoria che opera a livello mondiale e alla quale è stato devoluto l’intero ricavato della manifestazione. Brosnan, tra i James Bond più amati dal pubblico e Anderson, protagonista della famosissima serie Baywatch, hanno fatto il loro ingresso sul red carpet del Cala di Volpe e hanno partecipato all’asta di beneficenza, che è stata organizzata per raccogliere i fondi da destinare alla Global Gift Foundation. La cena di gala, a cui hanno presenziato tutte le celebrità di questa edizione, si è svolta a conclusione di una grande giornata di sport in cui è stata protagonista la più forte giocatrice di sempre di golf, la fuoriclasse Annika Sörenstam.

2 settembre

13 settembre

Grande ritorno della lirica a Cervinara in piazza Trescine con Opera Festival. Il sindaco Filuccio Tangredi, con l’assessore alla cultura Raffaella Cioffi, riaprono dopo anni il salotto musicale della Valle Caudina portando in scena la Traviata di Giuseppe Verdi, con direttore artistico il maestro Nicola Pisaniello. Pisaniello, tenore di origini cervinaresi, è uno dei maggiori esponenti del mondo lirico italiano: poche settimane faha aperto la stagione lirica di Torre del Lago Puccini interpretando l’imperatore Atoun ne la Turandot (regia di Alfonso Signorini). Ecco il cast voluto per questa produzione: la soprano Sonia Piruzzo vestirà i panni di Violetta Valery, il tenore Nicola Pisaniello nei panni di Alfredo Germont, Giorgio Germont sarà interpretato dal baritono Andrea Cortese, il mezzosoprano Marita Paparizou interpreterà Flora. La regia sarà firmat dal maestro Vassilius Anastassiou. L’orchestra del Terzo Millenium sarà diretta dal maestro Davide Dellisanti. Il coro Enrico Caruso sarà diretto dal maestrò Cira di Gennaro.

Il capolavoro verdiano sarà rappresentato alla Villa Botta Adorno dei fratelli Alfonso e Carlo Morelli, di Torre d’Isola (Pavia) da sempre appassionati di lirica, nella magnifica cornice della grande villa, che funge anche da scenografia. La serata inizierà alle ore 20.30, con l’orchestra diretta da Gianluca Fasano, la regia di Fabio Buoncore, la direzione artistica di Malva Bogliotti. Il coro è quello dell’istituto Franco Vittadini di Pavia. Personaggi e interpreti: Rino Matafù (Duca di Mantova), Alessandro Civili (Rigoletto), Anna Delfino (Gilda), Michele Filanti (Sparafucile), Cristina del Barrio (Maddalena) Giulia Mariani (Giovanna e Contessa di Ceprano, Gabriele Bolletta (il conte di Monterone), Domenico Barbieri (Marullo), Davide Rufo (Matteo Borsa), Federico Cucinotta (Conte di Ceprano), Marta Noè (Paggio della Duchessa). Balletto della scuola Professione Danza, coreografie Eleonora Burtulla Biglietti in vendita a 15 euro presso alcuni punti vendita pavesi: Libreria Clu, Comune di Torre d’Isola e La Locanda della Contea di Torre d’Isola. Info: comune di Torre d’Isola, 0382-407021.

CERVINARA OPERA FESTIVAL: LA TRAVIATA

PAVIA RIGOLETTO A VILLA BOTTA ADORNO

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Top charity events - H&T

15 settembre

2 ottobre

MILANO

MILANO

I VIRTUOSI DI STRAVINSKY Nella splendida cornice di Palazzo Visconti di Modrone in Via Cino del Duca dietro Piazza San Babila a Milano, una elegante serata dedicata alla grande musica organizzata dall’associazione culturale musicale Stravinsky Russkie Motivi presieduta dalla soprano Larisa Yudina, una delle realtà milanesi più vivaci per la promozione della musica e della cultura russa in Nord Italia. Tra i prestigiosi interpreti, il tenore del Teatro alla Scala Angelo Scardillo, il giovanissimo pianista Victor Filoscia, Yulia Berinskaya (violino), Cristiana Nicolini (pianoforte), Alexander Zyumbrowskiy (violoncello), Larissa Yudina (soprano). Durata del concerto: 60 minuti. A seguire un cocktail superglam e vari intrattenimenti a cura di prestigiosi sponsor: sfilate di moda, presentazioni di libri e opere d’arte. Lotteria benefica a favore di importanti progetti culturali a cura del media partner Associazione Arena Media Star. Info e prenotazioni: whatsapp 3385624180

PLACIDO DOMINGO DIRIGE ALLA SCALA Una serata nel Teatro più famoso del mondo, in occasione del concerto a favore della LILT - Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (Sez. Prov di Milano) - XXVII° edizione. Un evento da non perdere per gli appassionati della grande musica. Venerdì 15 settembre il grande tenore Placido Domingo dirigerà l’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala. Questa iniziativa è finalizzata alla raccolta di fondi necessari alla Sezione Provinciale di Milano all’acquisto di 3 mammografi digitali con tomosintesi da destinare agli Spazi Prevenzione LILT di via Caterina da Forlì, via Viganò a Milano, e via San Gottardo a Monza. Si ringraziano i prestigiosi sponsor: Prada - Agos - Fastweb - Hearst -Amadeus- Arval BNP Paribas Group - Banca Generali - Beta Group - Boggi Milano - Cargeas - CDI - Dompè - Faraone -Gallo- Ipsen-Yogaessential - Meridiani - Mauden - Mytha Hotel Anthology -Ubi Banca Per informazioni e prenotazioni : dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 17 Tel. 02 49521 emaiil: sostieni@legatumori.mi.it

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H&T: Top charity events

A sinistra, ospiti al Bal d’Italie di Bruxelles. Qui a fianco: Quote Rosa- Percorsi di Ada Eva Verbena, in mostra a Pozzol Groppo.

5 ARTISTI IN MOSTRA NEL MULINO DEI MALASPINA Schegge in opere fotografiche di Viola Cappelletti, particolari semplici o elaborati, pieni e vuoti, pittura, colori e materia, filamenti tessuti, disegnati o incisi. Sono questi gli elementi che permettono agli artisti Joao Alberto de Azevedo Miranda Menez, Giuliana Bellini, Makoto-Codice Bianco, Micaela Tornaghi e Ada Eva Verbena, di muoversi negli aspetti della natura, nelle problematiche della vita e nelle questioni dell’arte, nel tentativo di giungere alla consapevolezza dell’effimera bellezza di un mondo in cui la costante è il cambiamento. In tale ottica è riconducibile la ricerca artistica dei diversi artisti presenti in mostra nel Mulino di Pozzol Groppo, residenza pavese che fu dei Malaspina, i quali, con la loro trattazione in diversi materiali, affrontano i diversi concetti e gli aspetti legati alla complessità dell’Uomo filtrandone i significati più profondi sotto l’influenza benefica dell’arte. Prorogata fino al 23 luglio.

14 ottobre GRAN BAL D’ITALIE

4 novembre

BRUXELLES

TUSTIN (USA)

KIDS CHARITY GALA Il 4 novembre prossimo si terrà la 34° edizione del Kids Charity Gala, presso il Marconi Automotive Museum. con Cocktail di benvenuto, Dinner e spettacolo live. L’ ospite d’onore sarà John Vallely, famoso giocatore di basket per l’Università di California, dopo aver perso la moglie Erin, Hohn e Karen Vallely hanno dedicato la loro vita al sostegno della Pediatric Cancer Research Foundation. Grazie alla sua magica leadership è stato possibile raccogliere ben 1.7 milioni di dollari per la ricerca. La serata con 300 ospiti inizierà alle 17.00 con cocktail e la visita alla impressionante mostra d’auto storiche. Dopo la presentazione ufficiale di Save a Life, sarà servito il dinneri. Alle 20.30 si apriranno le danze che proseguiranno fino a notte fonda. Per info e prenotazioni, rivolgersi a Erin Arreola earreola@pcrf-kids.org or (949) 859-6312.

Avrà luogo il 14 ottobre 2017 presso il Cercle Royal Gaulois (rue de la Loi 5, Bruxelles 1000). Il Grand Bal d’Italie è un galà di beneficenza organizzato dal Com.It.Es. di Bruxelles, Brabante e Fiandre, al fine di promuovere l’integrazione della comunità italiana in Belgio. La prima edizione ha avuto luogo il 26 novembre 2016 con il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia in Belgio, presso il Cercle Royal Gaulois. Il Com.It.Es. ha l’ambizione di farne un evento annuale che sia un punto di riferimento per la comunità italiana: in effetti, il Grand Bal d’Italie, è un evento unico sul territorio belga, che coniuga lo spirito di solidarietà della comunità internazionale con il savoir-faire e la cultura italiani. Musica italiana, numerosi artisti in scena, una cena di gala, vari sponsors e una lotteria di beneficenza.I proventi del galà saranno destinati a associazioni italiane che si occupano di progetti umanitari in Belgio. Per maggiori info: https://www.facebook.com/BalloItalianoBruxelles/

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Top charity events - H&T

WEEK END A PAESTUM E ROCCADASPIDE IL 16-17 SETTEMBRE Il commendator Anna Maria Croce, Cittadina Onoraria di Roccadaspide dal 2000, ai tempi Rocca d’Aspro, contea innalzata a principato nel 1610 da Tommaso Filomarino che si trova a poca distanza da Paestum, organizza un week end in questi luoghi di storia, archeologia e cultura per il 16-\7 settembre prossimo. Partenza in pullman da Roma, visita al parco archelogico di Paestum, convegno e pranzo placé in quel Castello dove i due principi Giacomo e Giovan Battista ebbero come precettore G.B Vico che, in occasione del matrimonio di quest’ultimo con Maria Vittoria Caracciolo dei marchesi di Sant’Eramo nel 1721, scrisse un sonetto. Successivamente, il castello venne acquistato dal Nobile On Gaetano Giuliani, i cui eredi, tuttora vi abitano. La domenica mattina è libera. Info e prenotazioni: amcroce@hotmail.it, whatsapp 3319785636

11 novembre

18 novembre

TORINO GRAN BALLO DELLA VENARIA REALE

ROMA

GRAN BALLO VIENNESE Nella splendida cornice dell’Acquario Romano si svolgerà ancora una volta Il Gran Ballo Viennese di Roma, a favore di di Make – A – Wish Italia, per realizzare il desiderio di bambini e ragazzi affetti da gravi patologie. Il Gran Gala Charity, con il suo fascino inimitabile, è stato presentato nel 2016 da Lucia e Luisa Nardelli: showgirls e inviate televisive Rai. Molti gli ospiti presenti alla serata dello scorso anno: Stefano D’Orazio dei Pooh con la moglie, lo schermidore Stefano Pantano con la moglie, il modello Brice Martinet con la moglie, la giornalista Carmen Lasorella, la conduttrice radiofonica Roberta Beta, i Principi Torlonia. Sono volate a Roma anche molte cariche istituzionali austriache: S.E. René Pullitzer, Ambasciatore d’Austria in Italia, Renate Brauner, Assessore alle Finanze, l’Economia e gli Affari Internazionali della Regione di Vienna, Mag. John Gudenus, vicesindaco di Vienna e vicepresidente Regione Vienna. Biglietti: 130 euro per gli adulti, 90 euro per gli under 30 (con documento). Per i tavoli da 12 persone, promozione a 1650 euro invece di 1800 euro. Welcome drink, dinner, spettacolo, ballo, dj set finale. Dress code: abito lungo e cravatta nera. Info e acquisto online: www.granbal-

Torna, nella Galleria Grande, il favoloso Gran Ballo della Venaria Reale nell’emozionante cornice della Galleria Grande della Reggia, per chi vuole partecipare ad un evento davvero fiabesco che comprende anche la cena di gala. Iniziativa di beneficenza in collaborazione con Vienna sul Lago. Per informazioni su programma e partecipazione: www.granballodellavenariareale.it L’occasione è ideale anche per visitare la mostra dedicata a Lady Diana. Il 31 agosto 1997 moriva in un tragico incidente Diana Spencer, lasciando l’opinione pubblica sgomenta e generando un vuoto mai colmato nei cuori delle persone. Sono trascorsi oramai vent’anni dalla morte della principessa, e Kornice intende celebrare questa icona mondiale con un’ esposizione. Uno speciale spazio architettonico -le Sale dei Paggi della Reggia di Venaria, per la prima volta sede di una mostra- è dedicato a rendere omaggio alle diverse anime di Lady Diana grazie alla presentazione evocativa ed emozionale di racconti, immagini, riferimenti a giornali o ad avvenimenti e testimonianze che coinvolgono il visitatore in un’esperienza a tutto tondo. La mostra prodotta e organizzata da Kornice e La Venaria Reale. A cura di Giulia Zandonadi, e Fabrizio Modina.

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H&T - COVER STORY- I Pignatelli della Leonessa

I SIGNORI DELLA VAL CAUDINA

Qui sopra, il Duca Giovanni Pignatelli della Leonessa sulle mura del suo castello a San Martino Valle Caudina. A sinistra, il cortile d’arme longobardo coperto di edera gigante. In basso lo stemma della famiglia dipinto al centro del soffitto nel salone

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a nostra meta è collocata in alto, in una atmosfera di misteriosa grandezza. E’ un castello di impianto longobardo, sorge sulla cima d’un poggio che sporge a sorpresa dall’aspra giogaia di monti dai quali scesero i Goti, dove i Sanniti crearono le prime torri per spiare i potentissimi nemici, i Romani. Che, riferisce Tito Livio, un giorno furono intrappolati qui in 20 mila e costretti a inchinarsi, passando ad uno ad uno sotto un giogo (le forche), davanti agli occhi degli orgogliosi abitanti di questa valle, dove una cittadina ha nome proprio Forchia. Già fin da lontano, guardando il suo profilo, si capisce che è stato edificato e adattato alla difesa per non meno di cinque secoli, poi abbandonato e poi riaperto e riabitato. Restaurato infine, da chi ha dedicato tempo, pazienza e passione per godere del suo indiscusso fascino. Fin dall’epoca tardoantica il Castello Pignatelli della Leonessa vantava un potere eccezionale in quel territorio.

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Lo abitavano signori che non accettavano limiti di sorta, sia che provenissero da altri potenti sia che si trattasse di leggi pubbliche. Bisogna immaginarlo com’era, racchiuso nelle mura ghibelline, contornato da un lato da un fitto bosco selvaggio. Con le stanze nude, arredate solo di armi, un segno della personalità fiera e solitaria dei suoi antichi abitanti, in perenne allerta. Sull’altro lato si sviluppava la valle angusta e uggiosa che ospitava un gruppo di casucce tremanti, non certo il borgo colorito e ridente di oggi, con la bella chiesa di San Martino. Ci sono campi coltivati adesso: e poi una lunga teoria di capannoni per tutta la valle, artigiani e imprese che lavorano per il sistema moda e pure le ferrovie del Giappone, dove un tempo esisteva una boscaglia alternata a massi e dirupi, un andirivieni di tane e di precipizi. Quella che guarda giù, verso l’ingresso della Valle Caudina, è ancora la sola strada praticabile per raggiungerlo, tra gioghi


I Pignatelli della Leonessa - COVER STORY- H&T

opposti, che formano colli, schegge e macigni, erte davvero ripide. Tanto stretta che per un tratto fra le case o si scende o si sale: possono incrociarsi bene due cavalli, non certo due auto. Dunque si lascia il passo a chi scende. Solo le aquile, dall’alto dei loro nidi insanguinati e quei fieri signori appollaiati qui, sulla rupe di San Martino, dominavano all’intorno tutto lo spazio dove piede d’uomo potesse posarsi. E non vedevano mai nessuno al di sopra di sé, né più in alto. Ancor oggi è una sola stradina di ciottoli, a gomiti e a giravolte che porta lassù a quel domicilio murato, si dipana come un nastro serpeggiante prima e dopo l’arco, buona solo per far salire e scendere i cristiani a che vanno a piedi, i signori in portantina, gli asini e i cavalli. Ma i castellani oggi ci scendono - pericolosamente, non si sa davvero come - ai comandi di Panda e Smart. Per andare a dirigere l’azienda agricola e, si capisce, a trovare spesso gli amici a Napoli e a Benevento. Dalle finestre, dalle feritoie, l’antico padrone di quel luogo poteva contare a suo bell’agio i passi di chi arrivava e poteva spianargli contro l’arme cento volte. Invece oggi il Duca Giovanni Pignatelli della Leonessa ci aspetta con un bel sorriso nel severo cortile interno, un luogo davvero impressionante. Se non fossimo nel Terzo Millennio e seduti con lui a chiacchierare davanti a una meravigliosa cremolata di fragola e melone, quelle mura altissime, millenarie, coperte di edera gigante e di muschio su una parete ancora a roccia, percorse da ripide scalette difensive, usate da quelli che correvano a stendere i nemici sul sentiero o farne ruzzolare a decine al fondo (a colpi di

archibugio, frecce oppure palle di pece infuocata) ci si sentirebbe parecchio intimoriti, sorpresi come una spia nemica che venga colta in un accampamento. Dal 1200, in poi le vicende del borgo di San Martino si confondono con la storia feudale della famiglia, che in origine si chiamava della Lagonessa. Il cognome fu man mano trasformato da “De La Lagonière” (la famiglia era di origine francese, venne in Italia al seguito di Carlo d’Angiò) a “della Lagonessa” e infine in “della Leonessa”. Spodestati dagli Aragonesi che tolsero loro il Castello e i 90 feudi ad esso collegati, i della Leonessa tornarono proprietari di 4 feudi soltanto e del Principato di Sepino in Molise. La discendenza della famiglia della Leonessa continuò sotto i Borbone fino al 1797 con Giuseppe Maria, Principe di Sepino e duca di San Martino. Estinto il ramo maschile all’inizio del XIX secolo, il titolo passò per filiazione femminile ai Ruffo e con Carolina Ruffo ai Pignatelli di Monteroduni. A quel tempo, Alfonso Pignatelli della Leonessa (1825-1929) abitava più volentieri nel bel palazzo settecentesco ancor oggi esistente nel Borgo, in parte ancora nelle proprietà di famiglia. Ma i suoi discendenti poi tornarono ad abitare l’antico maniero, conservando il titolo di Duca che oggi compete a Giovanni Pignatelli della Leonessa, attuale proprietario “Questo castello fu edificato su di un colle di particolare importanza strategica, in epoca longobarda, probabilmente nella prima metà del IX secolo, vista l’esistenza di un documento risalente all’anno 837 in cui si accenna alla presenza in San Martino di un fortilizio e di un monastero. Nel 1347 Caterina de Baucio vende il

LA TERRA DELLE FORCHE Osservando dalle loro fortezze gli spostamenti delle legioni romane, i Sanniti riuscirono a intrappolare ben 20 mila soldati dentro alla gola di Caudio (tra le odierne province di Napoli, Benevento e Avellino). Con cumuli di massi e alberi divelti, chiusero gli unici due ingressi della vallata e sbarrarono ogni via di fuga ai nemici. Quando di notte i Romani si videro circondati dalle fiaccole sannite, capirono che rimaneva solo la resa. A sorpresa, però, dopo essere passati, disarmati e forse nudi, sotto un giogo (le “forche”), i prigionieri furono rilasciati. Perché? Secondo fonti antiche, affinché la mortificazione lasciasse un segno nel loro animo. Ma per gli storici moderni, i Sanniti volevano evitare l’insurrezione delle altre genti latine di fronte a un massacro. Ecco il racconto dello storico Livio (Storie, IX, 5): «E venne l’ora fatale dell’ignominia; (...) prima i consoli, quasi nudi, furono fatti passare sotto il giogo; poi gli altri in ordine e grado furono sottoposti alla stessa ignominia; infine ad una ad una tutte le legioni».

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In alto: particolare grande affresco secentesco che ricorda le imprese della famiglia della Leonessa in difesa del territorio caudino. Sotto: lo scenografico salone del mastio dove il Duca Giovanni ospita concerti di musica lirica e sinfonica


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castello a Giovanni Cantelmo. Giovanni Cantelmo, che in realtà era Giovanni della Leonessa.” Ristrutturato più volte durante il periodo di dominazione normanno-sveva, il Castello conserva ancora oggi l’originaria fisionomia di fortezza medievale. Sono ancora evidenti gran parte delle opere difensive quali le mura merlate, le torrette di guardia ed i camminamenti; ed ancora, sulla seconda porta, il ballatoio coperto e protetto sul davanti per il lancio di pietre e dardi, sulla terza vuoto per far calare giù la grata a saracinesca. Si conservano a tutt’oggi la cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, le prigioni, le garitte e l’oratorio interno sulla cui porta campeggiano le rose, simbolo dei Cavalieri Templari. Abbandonato nell’800, ridotto quasi a un rudere con la demolizione nel 1908 del piano superiore del “Mastio”, nonché dell’ala sud per “pericolo incombente”, è stato restaurato e reso di nuovo abitabile dall’attuale proprietario ed in particolare da sua madre, la Duchessa Carmela (detta Melina) Pignatelli della Leonessa, nata Matarazzo, “una famiglia che costruì una grande fortuna in Brasile, nel settore tessile del cotone ma anche nel settore alimentare, imbottigliavano la Coca Cola. Amavano il lusso, la cultura. Avevano due RollsRoyce personalizzate da Pininfarina. Mia madre decise di ristrutturare questo Castello, che era stato nuovamente abbandonato e di venire e vivere qui con me. Persi mio padre quando avevo 14 anni. Dopo gli studi ho lavorato altrove, poi decisi di ritirarmi qui con la mia famiglia, mia moglie Irene Imperiali e mia figlia

Ramita. Ho creato un’azienda agricola specializzata in frutti di bosco invernali: castagne, nocciole”. Nei salotti più intimi del Castello, ammiriamo i violini e il pianoforte di Melina Pignatelli, violinista e soprano, che ha studiato canto alla scuola della celebre Luisa Maragliano Mori presso il Conservatorio S.Pietro a Maiella di Napoli. Ha avuto tra i suoi allievi migliori la soprano Maria Dragoni e il tenore Nicola Pisaniello. Il Castello, ogni tanto aperto per concerti, è situato ad una quota di circa 400 metri, si affaccia sulla Piazza del Gaudio, raggiungibile attraverso l’erto sentiero di ciottoli che si percorre dopo la prima porta. Una stradina lastricata in pietre protegge dagli assalti ingresso del complesso fortificato, costituito da un portale, realizzato in blocchi lapidei con sistema archivoltato. Qui si lasciava il cavallo per raggiungere il suggestivo cortile d’armi coperto di edera. Oppure ci si raccoglieva in preghiera nella cappella gentilizia riconsacrata il 18 ottobre 1706 dal cardinale Orsini (futuro papa Benedetto XIII). La costruzione, a pianta quasi rettangolare, mostra nelle pareti esterne un lieve basamento scarpato. Il cortile centrale è dominato da un’ampia scala esterna in pietra a doppia rampa, da cui si raggiungono le stanze residenziali del piano superiore, tuttora abitate e provviste di camini. Sul lato Nord-Est del cortile si affacciano gli ambienti a due piani interni. Al piano superiore si può visitare il grande salone con pavimentazione lignea e con soffitto a volte ogivali e a

LA FAVOLA DEL VASO DI ASSTEAS Tre secoli prima della nascita di Cristo, a Paestum viveva un artista di origini greche, Assteas. Egli dipingeva vasi con scene ispirate ai miti greci che a loro volta erano ispirati alle vicende umane. I suoi vasi finivano a volte in tombe sotto terra. A far compagnia a chi non era più di compagnia. Nel 1973 a Sant’Agata dei Goti che una volta si chiamava Saticula, un contadino trovò una tomba e uno dei vasi di Assteas. C’era una fanciulla seduta su un toro dipinto di bianco, tra strane creature marine. Il vaso raccontava la storia di Europa, figlia del re fenicio Agenore. Il dio Zeus, innamoratosi di lei, si trasformò in toro bianco e la portò, nuotando fino all’isola di Creta. Forse per vanità, il contadino si fece ritrarre all’ aperto accanto al vaso, con una foto polaroid. Qualche anno dopo, lo diede ad un antiquario svizzero, per un milione di lire e un maialino. L’antiquario vendette il vaso ad un museo americano, per 380.000 dollari. Un gruppo di funzionari riuscì, dopo indagini accurate, anche grazie alla polaroid, a ricostruire la storia del vaso di Assteas e ad ottenerne la restituzione dal Museo Getty. Il vaso, insieme ad altri reperti recuperati, fu esposto in una mostra a Roma. Allora gli abitanti di Sant’Agata fecero sentire la loro voce, chiedendo che il vaso tornasse alla terra dalla quale era stato sottratto. Ma non avevano un museo dove collocarlo. Si fece avanti il sindaco di un paese vicino, che, invece, il museo ce l’aveva. Ma non ci fu niente da fare. Il vaso ritornò dove era partito, all’inizio della storia, al museo di Paestum. Oggi però il cratere è esposto presso la Torre del Castello di Montesarchio, in Provincia di Benevento, sede del Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino. capire.

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Sopra: il giardino pensile del Castello Pignatelli della Leonessa, visto dalle mura, con orto, frutteto e grandi cespugli di ortensie. In basso: tra i merli ghibellini, la vista straordinaria a volo d’aquila che permetteva di avvistare chiunque si avvicinasse.


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crociera, in buono stato di conservazione, dove si tengono spesso concerti, convegni e presentazioni di libri. La grande sala con pianoforte a coda, è ricca di decorazioni e grandi affreschi realizzati nei secoli XVII-XVIII, che raffiguranto scene relative agli episodi storici più rilevanti per la casata della Leonessa. Sulla porta orientale sono rappresentati Carlo III di Durazzo ed il capitano Carlo della Leonessa; sulla parete Ovest re Carlo d’Angiò e Guglielmo della Marra; sulla parete Nord il gran maresciallo del regno, Giovanni della Leonessa. Le volte sono invece decorate da affreschi con fregi, armi d’epoca, stendardi e motivi fitoformi. Questo salone comunica con un’interessante sala dal soffitto a cassettoni, attualmente utilizzata come sala da pranzo, la cui copertura rivela, negli angoli, l’antica struttura muraria a crociera. Il ribassamento delle antiche volte, effettuato nel 700, serviva a rendere più abitabili gli ambienti e a raddoppiare gli spazi. La Corte Ducale, come si apprende da una Platea dell’epoca, era, in quel tempo piuttosto numerosa. “Era composta oltre che dai membri della nostra famiglia, da ben 46 persone tra precettori, religiosi, segretari, paggi, cuochi, lacché, armigeri, cocchieri, damigelle e lavandaie” spiega il Duca Pignatelli. Usciamo all’aperto, per vedere dove era posizionata la torre-mastio dell’antica fortezza, in parte demolita nella seconda metà del secolo scorso. A pianta quadrata, presentava tre piani interni sovrap-

posti. Sotto il primo piano si apre un ambiente, chiuso una pesante porta con grata in ferro, privo di finestre: era adibito a prigione. Le grida strazianti dei torturati non sarebbero mai potute arrivare al borgo, in quanto il muro esterno del castello raggiunge i cinque metri di spessore. Oggi, tra busti e testoline in terracotta realizzate dalla Duchessa Melina Pignatelli della Leonessa, che era apprezzata anche come artista, si ammira un pozzo perfettamente funzionante, presso la scala che porta alla terrazza alta, da dove si domina l’intera valle. Da questo lato, collegato al cortile c’è il giardino pensile delimitato dalla poderosa cinta fortificata che circonda l’intera sommità dell’altura; tuttora coltivato, esso contiene numerose piante ornamentali, fiori e alberi da frutto. Ma anche un’altalena e uno scivolo di plastica: Perchè, quando arriva l’amato nipotino del Duca, Harry Giovanni Rueb Pignatelli della Leonessa , in mezzo a tutte mura storiche... insomma, si deve anche poter giocare. Una leggenda vuole che, costruito il castello, le donne del paese, per rendere devoto omaggio alla loro castellana, pensarono di donarle un giardino, trasformando lo spazio antistante il maniero, allora coperto di pietre e calcinacci. Per giorni e giorni si vide una lunga teoria di donne salire l’erta rampa che mena al castello, ciascuna portando in bilico sulla testa un grosso cesto traboccante di terra: la pietraia fu così trasformata in un prato verdeggiante e fiorito.

PIATTI ANTICHI DELLA VALLE CAUDINA La cucina caudina è ricchissima e saporita. Tra i piatti top, la pizza “chiena” (piena), un piatto pasquale, che rappresenta il trionfo dell’abbondanza dopo la lunga Quaresima. Al suo interno si trova ogni ben di Dio: uova, formaggio di più tipi e salumi che vanno dal prosciutto alla soppressata. I formaggi devono essere primo sale ed i salumi quelli di primavera, ossia pronti dopo la lunga conservazione invernale. La tradizione, infatti, vuole che la pizza ‘chiena’, anche ripiena di pasta, si possa mangiare solo a “campane sciolte”, dopo la Messa di Pasqua. Ci sono tante altre bontà che vengono preparate al di fuori delle festività: i primi piatti ai funghi e tartufi, i taralli, dolci e salati, quelli con il naspro, i pizzi palummo, le pastiere, i dolci con noci, nocciole e castagne. E naturalmente la cremolata di frutta: fragole, pesche bianche, melone. Come quella che abbiamo gustato noi, preparata per la nostra visita al Castello. Accompagnata da acqua e sciroppo di amarene fatto in casa. 15

La famosa cremolata, tra le specialità della Valle Caudina, famosa per i suoi salumi e formaggi e i piatti a base di funghi, tartufi, formaggio e castagne.


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LUXURY CAR, CHE INVESTIMENTO..

Un prezioso esemplare di Rolls Ryoce. La febbre per le auto storiche sale. In Italia ci sono circa 4 milioni di vetture con più di 30 anni di vita. La maggior parte vale meno di 10 mila euro, ma sono in crescita i possessori di autentici ‘gioielli’.

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apita di sentir parlare di una lei che ha bisogno di molte attenzioni e di molte cure, denaro che scorre a fiumi. Ma non si tratta di una donna... Il collezionismo di auto storiche non è solo una passione, è un investimento. Certo, non si può considerare un investimento sicuro nel breve termine, diventa però un investimento sicuro e redditizio nel lungo termine, se si seguono determinati accorgimenti. Ci sono vari fattori che influenzano il mercato delle auto d’epoca e quello delle moto d’epoca : il valore medio dei esemplari è cresciuto del +111% in 5 anni dal 2011 al 2016 ed è in continuo trend positivo. Il mercato delle vetture d’epoca è sicuramente molto più vivo di quello delle moto: molti amatori comprano un mezzo antico a due ruote, ma per tenerselo senza mai venderlo. Invece il mercato delle auto storiche è più dinamico per-

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chè molte ‘signore’ vengono scoperte in vecchi granai, in rimesse dimenticate o semplicemente alienate dai ‘figli di’ che coltivano altre passioni in fatto di collezionismo. Solo in Italia ci sono circa 4 milioni di “auto storiche”, con più di 30 anni di vita secondo il nuovo Codice della Strada ( non più di 20 anni, come fino al 2016) La gran parte valgono meno di 10 mila euro, ma stanno aumentando i possessori di pezzi di gran valore. Per diventare collezionisti non occorre uno studio troppo lungo, visto che in questo settore, dove operano anche importanti case d’asta come Sotheby, ci sono parametri certi e tangibili per orientarsi, oltre quelli banali come la marca, il modello, l’anno di costruzione, il numero di telaio: sono molto importanti lo stato di conservazione e soprattutto il tasso di integrità dei pezzi. Le auto più quotate e ‘spendibili’, cioè che hanno un mer-


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cato certo, sono le marche Porsche Ferrari e Lamborghini, sono molto spendibili anche negli Stati Uniti, ma sono straordinarie anche le Aston Martin, le Porsche, le Jaguar e naturalmente le Rolls Royce e le vecchie Alfa Romeo biposto. Per chie deve cominciare, esiste un registro storico ACI delle auto d’epoca: serve per conoscere l’autenticità di una vettura e la trasparenza delle transazioni, passaggi da proprietario a proprietario. Nel nostro Paese non c’è una precisa normativa in merito, questo va detto chiaramente. Esistono inoltre molte associazioni di privati e aziende che hanno dei propri “registri storici di auto” . Il Registro Storico ACI è nato nel 2013, dunque è importante per distinguere quali siano i modelli e le marche che si possono considerare auto da collezionismo. In pratica è possibile, prima di un acquisto da privato a privato, far valutare un’auto dagli esperti che ne controlleranno lo stato di conservazione, se necessita di restauro, di quanti componenti originali è dotata, se è già stata restaurata bene (con componenti originali o ricostruiti identici), se ha tutti i documenti in regola. In base a tali parametri, viene fatta una valutazione dell’auto in base alla quale si potrà stipulare un’assicurazione, in modo da poterla far circolare ( e proteggersi da eventuali furti o incendi). Le auto considerate storiche, cioè quelle iscritte al registro storico e che hanno più di 30 anni di vita, non pagano il Bollo di proprietà, sono completamente esenti dal Bollo auto. Altrimenti si può comprare un esemplare alle aste di

auto d’epoca tenendo d’occhio anche le aste giudiziarie. Poi ovviamente c’è tutto un mercato visibile online, sul quale compaiono anche concessionari di usato che trattano anche auto d’epoca, oltre alle normali vetture di seconda mano. Le fiere di auto d’epoca sono manifestazioni particolarmente consigliate per chi si voglia affacciare al mondo del collezionismo di auto d’epoca, per farsi un’idea specialmente sui prezzi e sui modelli più validi da comprare. Chi voglia investire i propri risparmi in queste interessanti opere dell’ingegno umano, sa che saranno sempre più apprezzate, visto che in un prossimo futuro i mezzi di trasporto saranno sempre più condivisi e automatizzati, guidati da software. Le auto di oggi scompariranno. Milano Auto Classica è una delle più importanti fiere di auto d’epoca, che di solito si svolge gli ultimi giorni di Novembre, è utile per approcciare questo mercato. C’è anche un’asta di Sotheby’s dedicata proprio alle luxury old cars. La casa d’aste inglese è presente con l’asta anche a maggio a Villa Erba a Cernobbio, negli stessi giorni in cui, per i fortunati possessori di splendide vetture storiche, si tiene il famoso contest organizzato da Bmw, il “Concorso di Eleganza” all’Hotel Villa d’Este, che è anche uno degli appuntamenti mondani più chic del mondo. Il mercato dell’auto d’epoca dovrebbe garantire un trend positivo per i prossimi 10/ 20 anni, dicono gli addetti ai lavori. Per varie ragioni, ci si può credere. Innanzitutto i collezionisti di auto d’epoca non sono più soltanto quel-

RADUNI E CONCORSI DI ELEGANZA A SAN PELLEGRINO Domenica 16 luglio a San Pellegrino Terme il Club Orobico Auto Moto d’Epoca (che vanta 1500 soci) si è tenuto il sesto Concorso d’Eleganza per Auto d’epoca. La cornice del concorso è stata ancora una volta l’impareggiabile costruzione Liberty del Casinò municipale, già sede delle due prime edizioni. Le auto in concorso dovevano essere state costruite entro il 1967 e dovevano essere certificate ASI con C. Identità (o “targa oro”o omologazione ASI). Grande l’affluenza di appassionati e di visitatori della manifestazione. Nella stessa location del Casinò di San Pellegrino, il 3 settembre prossimo, si terrà il raduno dedicato alle due ruote, aperto ai possessori di moto d’epoca che dovranno presentarsi in abbigliamento coerente con l’anno di fabbricazione del mezzo presentato.

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li che hanno una certa età: giovani rampolli di tutto il mondo (dalla Francia al Giappone, dall’Austria agli Usa) ricercano le auto più famose dal 1940 in poi secolo ma non solo (anche quelle precedenti). A tutte le età sono disposti a spendere per mantenere in un garage speciale e in perfette condizioni meccaniche un’ auto ( o più di una) che può venire usata per un piccolo viaggio, una scampagnata domenicale o anche solo per percorrere pochi chilometri, tanto da dover essere trasportata da una bisarca (un camion speciale per trasportare questi veicoli tanto preziosi) quando la iscrivono ai concorsidi eleganza. Che se si svolgono in un altro continente, richiedono anche la spedizione via aerea del mezzo. E naturalmente si spende molto per partecipare agli eventi superglamour che contornano la competizione vera e propria. Quest’anno l’evento di Villa d’Este a maggio è stato seguito da un meraviglioso party a Villa Erba sul tema “Giro del mondo in 80 giorni”, il famoso romanzo di Jules Verne. A seguire il contest di Firenze, ai primi di luglio: l’evento si è aperto con la Piazza della Signoria affollata da automobili storiche mozzafiato, mentre i loro proprietari si godevano un indimenticabile dinner nel Salone dei ‘500 a Palazzo Vecchio, che viene concesso solo per occasioni speciali (es. cerimonie istituzionali o le riprese del film “Inferno” di Ron Howard). A luglio scorso anche a Montecarlo si sono svolti vari eventi glam dedicati alle luxury cars, anche questi tutti preceduti da grande parata di vetture da sogno. Una divertente gara di cappelli per le signore si è tenuta il 3 luglio. E neanche una settimana dopo un altro topdinner, preceduto da messa solenne, con tanto di benedizione di piloti e motori.

A BELGRADO CON LA ROYAL FAMILY

Auto storiche, sfilate di Alta Moda, lifestyle show con creazioni di alto artigianato italiano: il concorso più glam nella Nuova Europa si terrà dall’1 al 3 settembre al Palazzo Bianco di Belgrado. Con la partecipazione, quest’anno, della Principessa Katharina di Jugoslavia.

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PROSSIMA TAPPA: BELGRADO, CON “24 HOURS OF ELEGANCE” Si terrà dal 1° al 3 settembre la 7°edizione di “24 Hours of Elegance”, il contest di supercar d’epoca contornato da eventi speciali tra cui un Gala elegantissimo. Si tratta di uno degli eventi europei più glamour dedicato a questo mondo e si tiene presso il Palazzo Bianco a Belgrado, ospiti dei Principi di Jugoslavia. Anche quest’anno i collezionisti di auto storiche e i loro ospiti compiranno un viaggio nel lusso, conosceranno le aziende italiane più quotate: sfilate, tableaux vivants e presentazioni si susseguiranno non stop nell’elegante ambiente del Palazzo Bianco di Belgrado, che farà da sfondo al rombare di questi gioielli della motoristica con la bellezza incantata della sua storia. La scenografia sarà creata come sempre da Degorsi Luxury Consulting: Alexandre Djordevic e Cristina Egger, proporranno la couture e la grande sartoria maschile italiana, le calzature di straordinari bottier, storie di genialità, artigianalità e lavoro manuale paziente, gioiellieria mirabile, orologi inconfondibili, selezioni speciali di whisky e champagne. Sfilate di moda e party saranno affiancati da un impegno charity (l’ asta di beneficenza di prodotti offerti da aziende italiane a favore della Fondazione Lifeline, Organizzazione Umanitaria della Principessa Katherina di Jugoslavia), esposizioni d’arte e presentazioni di libri. Tutti questi eventi non toglieranno però spazio alle grandi protagoniste, le auto storiche, che sfileranno per la città e apriranno la serata top, organizzata in partnership con il Gran Casinò di Belgrado, con il supporto della Federazione serba di auto storiche (FIVA), della Città di Belgrado, del Museo dell’Automobile e dell’Ufficio Turistico di Belgrado.


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Il Concorso d’Eleganza di auto d’epoca Villa d’Este anche quest’anno è stato un successo. Sotto il patrocinio di BMW, con eventi che hanno coinvolto tutta Cernobbio e la blindatissimaVilla d’Este che ha ospitato come sempre le più belle classiche, di grande pregio, ma anche alcuni esemplari di due ruote e concept. La kermesse d’elite del sabato con la gara di eleganza (e bellezza, con in giuria tecnica anche la top model Jasmine Le Bon) è stata seguita dall’asta di RM Sotheby, qualcosa di raro da vedere dal vivo poichè propone varie decine di “mezzi” pregiati, battuti con prezzi a talvolta a sei zeri. A vincere e ottenere l’ambita Coppa d’Oro è stata una piccola auto monoposto, che non è quasi mai stata vista su strada, un prototipo da competizione di realizzazione artigianale: la Lurani Nibbio con motore monocilindrico del 1935. E’ stata conservata per anni da una antica famiglia milanese in una dimora di campagna nel lodigiano. Il prototipo costruito a mano dal nonno ha battuto le ammiraglie, i nomi blasonati e le vetture dalle quotazioni milionarie che hanno fatto la storia dell’automobile e hanno comunque incantato i media e il pubblico numerosissimo. In ogni caso non sono mancati i grandi collezionisti italiani e internazionali: alcuni iscritti hanno portato le proprie auto dal Canada, dall’Argentina, dagli USA e persino dall’Australia. Confidando nel fatto che nelle precedenti dieci edizioni, per tre volte, la vincitrice premiata non era una vettura italiana. La categoria più gettonata è stata quella deg-

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li “speed demons” di inizio secolo, dove ha partecipato e vinto il premio di classe proprio la Nibbio. Delle cinquantadue macchine presenti per sedici nazioni, sono state ammiratissime la Rolls Phantom II Continental (7668cc del 1933) una meravigliosa Mercedes 300 SL degli anni Cinquanta, la poderosa Ghia L 6.4 (V8 335 CV del 1962) per non parlare di una rombante Miura P400. Bellissime anche tutte le Ferrari, le Lamborghini, le Porsche, le Aston Martin. L’edizione di quest’anno era ispirata al romanzo di Jules Verne “Giro del mondo in 80 giorni” un best seller di fine Ottocento: su questo tema si è svolta la straordinaria festa a Villa Erba, che si è protratta fino all’alba. A un mese di distanza, ai primi di luglio, tutti a Firenze per la grande kermesse in Toscana “Alla Corte dei Medici” concorso d’eleganza organizzato dal Camet con corteo storico, parcheggio mozzafiato davanti a Palazzo Pitti e dinner placè nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio per 400 e poco più. Ma una parte delle bellissime vetture è ripartita subito per Montecarlo: qui siamo in piena stagione dei ritrovi di auto d’epoca di lusso, incontri esclusivi organizzati dal pirotecnico Juan Henri Tamennne de Lovenfosse (Rolls Royce Club di Monaco). Ecco il reportage fotografico della festa benefica che si è svolta all’Hotel Villa Eva a Latte di Ventimiglia il 3 luglio scorso, con parata di auto, cocktail, gara di cappelli, dinner party e lotteria a premi.

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CON NICCOLO’,TRA LE SPERDUTE TORRI

Il Castello di Montelifrè, con la sua rocca triangolare ‘ferita’ dall’ assedio dei Senesi nel 1527 e il piccolo borgo privato, che appartiene agli eredi della famiglia, che lo possiede dalla metà del Trecento. Un’ ala appartiene a Niccolò Bolognini Martinozzi .

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apita a tutti. Arrivate qui troppo tardi, nell’oscurità profonda, profumata di cipresso. Dovete aspettare il risveglio, per capire le Crete Senesi. Quando aprite le finestre dei castelli, degli alberghi, delle case coloniche in cima alle nostre colline, la vista improvvisa dello spazio immenso della campagna aperta, dei manieri, vi colpisce talmente che, solo allora, sembrate destarvi. Restate lì storditi e intimiditi davanti a questo nostro paesaggio: stupefacente, tanto vasto e variegato da non poter essere abbracciato con una sola occhiata”. Il Conte Niccolò Bolognini Martinozzi mi parla da un pezzo delle Crete Senesi, il territorio meraviglioso compreso tra cinque comuni - Asciano, Rapolano Terme, Monteroni d’Arbia, Buonconvento, San Giovanni d’Asso. Da quest’ultimo arriva sua madre Grazia, che gli ha lasciato parte di un

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antico maniero, il Castello di Montelifrè, che da secoli appartiene ai discendenti dei Conti Martinozzi. Niccolò’, architetto quarantenne che vive a Firenze, ma scappa spesso a Londra. Tuttavia, scappa volentieri anche qui. E qui si prodiga alcuni mesi all’anno per restaurare, conservare, recuperare per quanto si può, si confronta con l’intrinseca durezza della valle e della vita di chi ci abita sempre. Percorre su e giù le stradine strette, tra le forre punteggiate di ginestre, per riannodare i fili elettrici, riparare i tetti, riacquistare mobili e oggetti, dividere confini laddove, irrimediabilmente, essi devono esistere nel piccolo borgo, abitato solo da lui e dai suoi parenti. Sotto le mura della Rocca espugnata dai senesi nel 1527 con un grande tiro di cannone che ha lasciato un foro immenso. Ma la chiesa, le torri, il salone sulle cui pareti campeggia lo


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stemma araldico del casato sono ancora lì, per fortuna. E sulle mura c’è una bella terrazza dove si può mangiare la fiorentina alla brace, guardando le luci che punteggiano la valle. Il suo sguardo acuto, dai bagliori abrasivi, si sposta dolente sul paesaggio quasi lunare delle Crete, solcato dal fiume Arbia di dantesca memoria, sulle pietre violate della sua Rocca, sulle geometrie degli antichi laterizi di Montelifré, divenuto il suo omphalos, il suo ombelico delfico, il suo capoluogo spirituale. Preservare, valorizzare e condividere è una missione che richiederà molti anni, un’ enorme disponibilità di tempo, di pazienza e tenacia. Bisognerebbe viver qui, ma lui non per ora ci vive. Magari un giorno, quando sarà stufo di essere cittadino del mondo. Star qui anche pochi giorni dove pure la rete mobile talvolta si defila, significa essere in grado di lavorare, pensare, restare integri, comunque connessi al mondo, non farsi sopraffare o cambiare dal questo luogo isolato, lontanissimo dai clamori, refrattario ai riti di massa, intransigente come le argille (che sono troppo scivolose quando piove e troppo ruvide quando è secco) e insidioso talvolta, come lo sono le svolte degli sterrati. Oppure accigliato: come lo sguardo accigliato che i cani pastori maremmani rivolgono ai ciclisti e ai camminatori quando capita di incrociano il loro gregge. Il borgo fortificato di Montelifré sorge lungo la SS38 fra Trequanda e Montisi, si raggiunge da Sinalunga (uscita Val di Chiana/Bettolle della A1) percorrendo la SS38 di-

rezione S.Giovanni d’Asso/Torrenieri. Oppure si arriva da Siena, attraversando i paesi di Asciano e San Giovanni d’Asso. Sorge a corona di un poggio calcareo posto a metà strada fra i borghi di Trequanda e Montisi. Sul piccolo poggio privato si erge il minuscolo borgo sul quale incombono i ruderi dell’antico castello di Montelifré. Il suo nome deriva da quello di un antico feudatario, Liutfrido, in tedesco Liutfred, divenuto Lifré. In alcune cronache il castello e nominato come Monterenfredi. La rocca, una grande costruzione di forma triangolare con alte e spesse mura in pietra, fu costruita, nella sua forma attuale, nel corso del 13° secolo. Ma si è certi che qualcosa esisteva su quella sulla collina dagli inizi dell’anno 1000 e già in epoca romana. Divenne possesso della nobile famiglia senese degli Scialenghi-Cacciaconti come la maggior parte dei castelli del circondario. Dal 1213 la comunità locale fece atto di sottomissione al Comune di Siena. Le cronache riportano che nel 1217 era residente a Montelifré un podestà minore del Contado senese. La rocca fu occupata dai fuoriusciti senesi ghibellini nel 1289 e fu gravemente danneggiata dalla reazione dell’esercito di Siena. La proprietà del maniero passò quindi alla famiglia Martinozzi, che lo acquisì dai Tolomei ed altri feudatari della zona nel 1348. I Martinozzi risiedevano a Siena, avevano un bel palazzo in Piazza del Campo, all’angolo della Croce del Travaglio. Nel corso dei secoli si imparentarono con gli Este e con gli Stuart, con i Mazzarino, ebbero un palazzo anche a Parigi.

MIRAGGIO O EVIDENZA <<San Giovanni d’Asso, il comune dove si trova il Castello di Montelifrè, è un territorio di grande impatto emotivo, di quelli che turbano, lasciano il segno >> spiega il conte Niccolò Bolognini Martinozzi. Sono molti i letterati che hanno ambientato qui racconti e romanzi, il primo che parlò delle Crete fu il più illustre, Dante Alighieri. Trent’anni fa il poeta Mario Luzi venne qui a visitare la valle e la fotografò con bellissimi versi che hanno fatto epoca: <<La terra senza dolcezza d’alberi/ la terra arida/ che rompe sotto Siena il suo mareggiare morto/e incresta in lontananza/ (inganno o verità, miraggio o evidenza/insidia a lungo la mente/una tortura di dilemma) sperdute torri, sperdute rocche/ è un luogo non posseduto dal senso, una plaga diversa/ che lascia transitare i pensieri/ però non li trattiene, non opera come ricordo, ma come ansia>>. 1957 dalla Repubblica Italiana.

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Nell’Aprile del 1527, in occasione dell’ultima delle guerre tra Firenze e la Repubblica di Siena, la fortezza di Montelifré, posta ai confini dei due territori, fu ancora una volta nido di cospiratori ai danni della Repubblica e ospitò ribelli e fuorusciti. Le truppe senesi, approfittando di una momentanea vittoria su quelle fiorentine, dopo un lungo assedio, ottennero la resa e minarono le mura fin dalle fondamenta, riducendola in ruderi. Questi da allora, grandiosi e in parte con ancora presente l’originario rivestimento in filaretto di pietra calcarea, sorgono sparsi sul crinale e sul versante nord-est del rilievo., Sul lato opposto si è sviluppato, nei secoli, il piccolo paese. Anch’esso era racchiuso da una cinta muraria esterna dotata di due porte. Oggi l’antico borgo, privato e visibile solo dalla strada è di proprietà dei discendenti. Il nonno di Niccolò, Liutfredo Martinozzi, esattore di tributi per il Re era nato nel 1898. Ebbe due figlie femmine (Giovanna e Grazia) e un maschio, Fulvio, che ha avuto cinque figli. Grazia Martinozzi ha sposato l’architetto Aldo Bolognini, figlio di una nobile famiglia i cui rami hanno avuto palazzi in Toscana (a Colle Val d’Elsa) in Emilia (a Bologna) e anche in Lombardia (il Castello Attendolo Bolognini di S. Angelo Lodigiano). Niccolò e suo fratello Filippo sono molto legati al ricordo della madre Grazia e a questo antico maniero, che ogni giorno riserva nuove sorprese tra le sue antiche mura. Passaggi segreti, iscrizioni, oggetti che con l’arrivo delle piogge e della siccità affiorano dal terreno. L’ultimo in ordine di apparizione è un bellissimo anello d’oro con un piccolo sigillo di bronzo che due anni fa è comparso tra i sassi e l’erba della terrazza, Niccolò lo ha raccolto e da allora lo porta al dito, ancora

IL SALONE RECUPERATO

Grazie all’opera paziente di Niccolò Bolognini Martinozzi, vari ambienti del Castello tornano ad essere arredati e abitabili. Fra questi il salone che si affaccia sul primo camminamento, oggi una terrazza e la bellissima valle, con i soffitti lignei dipinti, dove campeggia lo stemma antico della sua famiglia materna.

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stupito per il ritrovamento. Dalle finestre delle torri, dove Niccolò ha ricavato alcune stanze semplici e spartane, giusto per sistemare per la notte i tanti che insistono per venire fin qui e poi insistono per volersi fermare (e hanno ragione), scruto all’alba questa immensa distesa di terra: ora nera, ora grigia, ora marrone, ora ocra, ora indaco. Pallidi aloni aranciati si materializzano timidamente allo zenith e ogni cosa dà la sensazione di essere un enorme organismo che si risveglia lentamente. Guardando il circondario dall’alto, ci si sente come sulla groppa di un grande mostro rugoso, con scaglie fatte non di pelle ma di morbida creta. Come tanti turisti che lasciano la notissima Pienza per avventurarsi tra queste valli, punto lo sguardo verso l’orizzonte bluastro, verso la cortina di colline organizzate come mille quinte, diafane e sovrapposte come i fondali mobili di un teatro. Porto la mano alla fronte e credo di riconoscere, finalmente, tutti i colori dell’iride: nelle tinte del collo dei fagiani che si posano guardinghi, nel vibrare delle messi, grasse e pastose come pennellate dipinte a olio, simili a onde o a riccioli di creta umidi di rugiada, plasmati dalle lame degli aratri. Guardo a bocca aperta la fitta trama di campi, boschi, e poderi dispiegata sotto i miei occhi, come una minuziosa mappa, come la cromia visionaria dei pittori surrealisti francesi. Poi prendo l’auto e vado percorrerlo, quel paesaggio millimetrico e stupefacente, alla ricerca dei grandi affreschi trecenteschi incorniciati da blocchi di pietra chiara, nei castelli che punteggiano queste colline tanto famose nel mondo. Perchè è proprio qui che si girano tanti film, tante pubblicità di


H& T - GRAND TOUR - Montelifrè e le Crete Senesi


Montelifrè e le Crete Senesi - GRAND TOUR- H& T

automobili sulle quali sfrecciano famiglie di vacanzieri ridenti, si scattano foto turistiche di specialità toscane circondate da fiaschi, tovaglie a quadri, pane e salame, colline. Le Crete in realtà sono una terra meno facile di quel che appare, ricca di contraddizioni e avara di compromessi: qui il sole picchia davvero, il vento soffia senza ostacoli, il paesaggio è visibile ma difficile da decifrare, bello e antico, ma cordiale a modo suo: popolato di gente brusca e cortese, spigolosa ma ospitale, custode di una ruralità che neanche l’arrivo del Terzo Millennio riesce a scalfire. Le Crete sono o tutte verdi o tutte grigie o color ocra: plaghe talmente aride e assetate ricche di argilla, da dare il nome a questa regione. Ma la produzione delle terrecotte è altrove, chissà perchè: resta una sola fornace da queste parti, a Montisi. Colture promiscue e colline arruffate si alternano. Nel fitto si trova però il tartufo, il capriccioso tubero nero semiselvatico che non si fa addomesticare, non si fa coltivare. Paesaggi diversi ma anche stili diversi, mentalità diverse, dominano qui. I senesi delle Crete sono più divisi che uniti: si trovano d’accordo su poche cose: la magia dell’Abbazia di Monte Oliveto, gioiello dell’architettura locale; l’estrazione del travertino e l’arte antica della lavorazione della pietra; i bagni terapeutici nelle meravigliose terme a Rapolano, laddove almeno le acque finalmente si incontrano; i mestieri antichi, dalla forgiatura del ferro all’allevamento del maiale tipico di qui, tutto nero con una cinta di pelo bianco che gli attraversa il ventre all’altezza delle zampe anteriori. E sui tesori della terra: il carciofo, il tartufo, il formaggio e naturalmente l’olio. Perchè dove non

sono le crete, sono gli ulivi. Ma non solo: “Abbiamo 43 musei nella provincia di Siena” spiega Niccolò Bolognini Martinozzi. “Tra i più importanti, il Museo civico Archeologico e d’Arte Sacra al Palazzo Corboli di Asciano, che vanta due cicli di affreschi del Trecento attribuiti a Cristoforo di Bindoccio e Meo di Pero. Sono presenti anche opere di Giovanni Pisano, Ambrogio Lorenzetti, Francesco di Valdrambrino, Matteo di Giovanni, Giovanni di Paolo, Bernardino Mei. La sezione archeologica ospita gli oggetti etruschi rinvenuti negli scavi della necropoli di Poggio Pinci e nel tumulo del Molinello. Il Museo Cassioli, realizzato nel 1991 grazie al lascito della famiglia e riallestito nel 2007, costituisce un unicum nella provincia, essendo dedicato interamente alla pittura senese del XIX secolo. A Buonconvento il Museo di Arte Sacra della Val d’Arbia, situato nel Palazzo Liberty Socini, ospita un nucleo di opere d’arte dal XIV al XIX secolo provenienti dalle pievi della Val d’Arbia, con artisti del calibro di Duccio Buoninsegna, Pietro Lorenzetti, Sano di Pietro, Matteo di Giovanni , oltre a capolavori di oreficeria e paramenti tessili. Il Museo della Mezzadria senese è ubicato in una antica fattoria del ‘600, il Museo documenta, attraverso un allestimento storico evocativo, il mondo ormai scomparso della mezzadria senese. A Murlo si trova l’Antiquarium di Poggio Civitate un museo archeologico allestito all’interno dell’antico Palazzo Vescovile, che custodisce i reperti provenienti dal territorio, tra i quali spicca il corredo della necropoli di Poggio Aguzzo e i materiali rinvenuti nel sito etrusco di Poggio Civitate, con i resti di una dimora principesca

CONCERTO ADSI A MONTELIFRE’ Un prossimo concerto, oltre a quelli già programmati dalla sezione Toscana dell ‘Associazione Italiana Dimore Storiche, presieduta da Bernardo Gondi, si svolgerà al Castello Montelifré, San Giovanni d’Asso- Montalcino (Si), su invito di Niccoló Bolognini Martinozzi, il 1 Settembre 2017 alle ore 18,30 nella piccola Chiesa del Borgo, per ascoltare il concerto del Quartetto zArt. Seguirà un brindisi. E indispensabile confermare la propria presenza al cell.348.1112132 o alla e-mail: niccobol@gmail.com.

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H& T - GRAND TOUR -Montelifrè e le Crete Senesi

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Montelifrè e le Crete Senesi- GRAND TOUR- H& T

del VII-VI secolo a.C. A Serre di Rapolano si trova il Museo dell’Antica Grancia e dell’Olio, che documenta la storia delle antiche fattorie fortificate, appartenenti fin dal XIV secolo all’Ospedale Santa Maria della Scala. Nel comune di Montalcino, dove sono Montelifrè e San Giovanni d’Asso, infine, si trova il bel Museo del Tartufo, situato nei sotterranei del Castello trecentesco. Il percorso parte dalla leggenda che vuole il tartufo originato da un fulmine e poi propone varie esperienze sensoriali , olfattive molto divertenti e un focus sulle tecniche di generazione del tubero e di raccolta, di conservazione e di impiego in cucina. E’ una gita ideale per le famiglie grazie ai percorsi didattici appositamente pensati per i ragazzi. Rientrando al Castello di Montelifrè dopo le escursioni culturali, non si può fare a meno di sostare, malinconici, sotto le antiche mura vinte, i ruderi dell’ultimo assalto che fu cruento e sanguinoso, odioso e crudele. Questi massi grandiosi e in parte con ancora presente l’originario rivestimento in filaretto di pietra calcarea, sorgono sparsi sul crinale e sul versante nord-est del rilievo, a testimoniare quello scmpio. Sul lato oppostonei secoli, la vita è proseguita, si è sviluppato il piccolo paese, racchiuso da una cinta muraria esterna dotata di due porte. Oggi l’antico borgo, privato e visibile solo dalla strada, ci sfida con la sua mole e con i segreti che le sue mura e le sue terrazze, le sue stradine e i suoi sotterranei - che secondo una leggenda portano giù, giù, fino ai campi e ai boschi - sono ancora in grado di custodire e preservare.

E, NATURALMENTE ,C’E’ ANCHE IL FANTASMA Non c’è castello che si rispetti, che non abbia il suo bravo spettro che lo abita. Però, se non si è preda delle fantasie, capita di fermarsi da Niccolò a Montelifrè e di non fare domande sull’argomento, nè prima nè dopo cena. Quando ci si ritrova un figlio adolescente che arriva nel cuore della notte e dice “Dormo qui con voi, di là non mi piace”, capita di riderci su e di raccontarlo, al mattino, al padrone di casa, davanti al caffè caldo. Ebbene, Niccolò Bolognini Martinozzi se n’è uscito con un’ ammissione molto candida. <<In effetti nella stanza dove avete dormito voi c’è stato uno che mi ha detto che non voleva stare per la notte, che si sentiva osservato>>. C’è da dire che, appena spira un alito di vento, qualche porta cigola. Perchè sono ottocentesche, ci sono vecchie maniglie che si aprono a rovescio e pure dei fermi di legno, si intuisce che il vento d’inverno forse non scherza. Ma c’è dell’ altro. <<Visto? No, io non ho visto niente. Ma una volta d’inverno c’ era ospite un amico, parlavamo lassù in cima alla torre ed eravamo da soli, qui nel borgo. A un certo punto abbiamo sentito delle voci, più persone che parlavano fra loro, sentivo bisbiglii, grida e risate. E li sentiva anche lui>>. Ridiamo anche noi. Bello scherzo. Fallo sapere in giro Niccolò, gli appassionati del genere ‘mistero’ faranno la fila per venire qui, per vivere piccole emozioni. Altrimenti ci sono altri siti famosi per avvistamenti di fantasmi, qui intorno: il monastero abbandonato dalle parti di Coltibuono (a nord di Siena), il Castello di Brolio (sempre a Gaiole in Chianti) e l`Orto Botanico di Siena.

Le meravigliose colline delle Crete Senesi, con i campi di frumento a perdita d’occhio e i caratteristici filari di cipressi. Molti stranieri sono venuti a vivere volentieri qui, in questo angolo segreto di natura a meno di un’ora da Firenze e a meno di due ore da Roma. m

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H & T- Libri & Co

Alla mensa dei Papi “Alla Mensa dei Pontefici” di Hilde Hilde Catalano Gonzaga Ponti - Palombi Editori

Il cibo è sempre stato il primo bisogno dell’uomo, tanto da far nascere e progredire qualsiasi attività, intellettuale e fisica: ha incentivato commerci e scambi, influenzato politiche, guerre, conflitti, cultura, arte e religione. Il libro: “Alla Mensa dei Pontefici”, Segreti e Virtù delle Corti Papali, a firma Hilde Ponti – Palombi Editori - indaga la Storia esplorando quanto ci può essere di autentico negli annali che hanno attraversato la Chiesa di Roma, vagliando le esistenze di grandi Papi. Inoltre, si esamina quanto potere temporale esercitato nei Secoli – sempre celebrato – e talvolta intrecciato a un’aneddotica minore, sconfina spesso nella leggenda. Ci si domanda: quanto c’è di credibilità? E proprio per ritrovare questa atavica semplicità di sentimenti terreni, simile ai comuni mortali, l’autrice si è addentrata – attraverso l’emblema del cibo – in un mondo privatissimo, un osservatorio esclusivo, quello delle varie età della Chiesa, rivisitando gusti e preferenze gastronomiche di alcuni grandi Papi del passato, riservando al lettore un privilegio ineffabile: gustare adattate all’oggi alcune preparazioni presenti a quelle Mense. Per un giusto confronto emblematico, una razionale diversificazione nella maniera di presentare le pietanze, nella grandezza perimetrale del potere di Palazzo, si è reso necessario addentrarsi non alla tavola della società cortese, nemmeno del gran signore o nobile territoriale, bensì ai banchetti dei re, degli imperatori e del papa, arrivando via via ai fasti dei regnanti del Rinascimento. I pontefici sono stati scelti sia per periodo storico in cui hanno espresso il Magistero, sia per l’interesse rivelato da note documentali, minute e curiosità riguardanti proprio il gusto, nonché singolarità personali o di corte. Sono infatti presenti, a corredo – di volta in volta – accenni biografici delle auguste persone.

“Saggio sopra il vajuolo ” riedizione a cura di Vincenzo Valente - la Rondine Editore

In piena polemica sulle vaccinazioni, si torna a parlare di un’impresa storica in tema di vaiolo, malattia contagiosa di origine virale, uno dei più terribili flagelli dell’umanità che ha mietuto vittime in tutto il mondo. L’occasione per discuterne è stata offerta di recente dall’uscita del “Saggio sopra il Vajuolo” (la Rondine Editore) scritto nel 1786 del medico di Sersale Antonio Casolini, oggi rielaborato e curato da Vincenzo Valente, medico di Sersale, già dirigente medico del servizio di fisiopatologia respiratoria e allergologica del Distretto sanitario di Mesoraca. E’ stato presentato di recente a Sersale da Alberto Focà, ordinario di microbiologia e direttore del Centro di storia della medicina “Cassiodoro” dell’Università Magna Graecia di Catanzaro e Carlo Torti, docente in malattie infettive dell’Università “Magna Graecia”. Luigi Francesco Casolini di Sersale, presidente del Capitolo della Cattedrale di Tivoli e Rettore dell’associazione internazionale Cavalieri di San Silvestro, ha ricordato il suo illustro antenato medico, il marchese Antonio Casolini. Dopo l’introduzione del sindaco di Sersale avv. Salvatore Torchia. Il curatore della pubblicazione dr. Vincenzo Valente, ha illustrato le peculiarità del saggio e il tipo di sperimentazioni “assolutamente innovative” per il suo tempo che l’autore attuò per debellare il vaiolo. Il giovane medico Antonio Casolini, ebbe dal principe Pignatelli (“governatore delle Calabrie”) l’incarico di combattere con ogni mezzo il vaiolo, abbattutosi sulla popolazione della Presila catanzarese nel 1785: adottando uno speciale metodo di cura, egli apportò sollievo e salute a quanti erano funestati da tale malattia e subito mandò alle stampe il libro sulla cura del vaiolo.Oltre a questo, pubblicò un trattato sulle febbri intermittenti. Entrambe le opere richiamarono su di lui l’attenzione dei sommi uomini del tempo e il Governo che gli conferì la nomina, allora ambitissima, di “Accademico della Reale Accademia di Napoli”.

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Dimore Storiche Italiane, le news ADSI- H&T,

Roma, i 40 anni Adsi S

Immagini dal sito Adsi e dal convegno per i 40 anni dell’Associazione Dimore Storiche Italiane, tenutosi a maggio a Palazzo Venezia, Roma. Al centro il Sottosegretario alla cultura Dorina Bianchi

aliranno velocemente i numeri che il patrimonio culturale, storico e architettonico italiano sviluppano solo nell’ambito dell’industria del turismo: un fatturato annuale di 335 miliardi di euro (secondo il Council of the European Union), 9 milioni di posti di lavoro e 5 miliardi di euro l’anno investimenti per la conservazione. Fra i principali protagonisti della valorizzazione di queste risorse, l’Adsi (Associazione Dimore Storiche Italiane), che riunisce i proprietari di palazzi, castelli, ville e rocche che ha festeggiato il suo quarantennale con un evento a Palazzo Venezia di Roma, una tavola rotonda dal titolo “Cultura e impresa: le eccellenze italiane guardano al futuro”. La responsabilità della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, storico e architettonico italiano è stato il tema al centro dell’incontro, al quale hanno partecipato Dorina Bianchi, sottosegretario ministero dei Beni e delle attività culturali e del Turismo, Edith Gabrielli, direttore del Polo Museale del Lazio, Rodolphe de Looz-Corswarem, presidente European Historic Houses Association, Giorgia Abeltino, direttore Google Arts & Culture, Armando Branchini, vice presidente Fondazione Altagamma, Pietro Salini, amministratore delegato Salini Impregilo, Diego Visconti, presidente Fondazione Italiana Accenture. I lavori sono stati aperti dal Presidente Adsi Gaddo della Gherardesca: “Quarant’anni sono una tappa molto importante, siamo nati negli anni ‘70, in un contesto sociale e culturale molto diverso dall’oggi” ha dichiarato Gaddo della Gherardesca. “Oggi i nostri soci sono protagonisti attivi nelle comunità e nei territori in cui le loro dimore storiche si collocano, promotori di innumerevoli iniziative culturali, sociali ed economiche”. Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini, presidente emerito, ha sottolineato che “Sin dagli esordi l’Adsi porta avanti il dialogo con la pubblica amministrazione che talvolta ha aiutato, altre volte ha frenato lo sviluppo dell’ospitalità e dell’apertura al pubblico. Il tema fiscale è cruciale, perchè chi custodisce dimore storiche, attraendo i turisti, ha diritto ad alcuni riconoscimenti economici. Il percorso è in salita”, ha proseguido Gaddo della Gherardesca “ma è confortante l’attenzione del sottosegretario del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del Turismo, Dorina Bianchi, oggi presente qui”. Il sottosegretario ha preso poi la parola ricordando che sono circa 31mila le dimore storiche vincolate, che possono dare una spinta importante al turismo, ancora di più se aiutate dalla pubblica amministrazione:“Ho lottato per far entrare il turismo nel programma di Sviluppo economico, Industria 4.0. Vogliamo creare ricchezza con la cultura e Adsi fa parte di questo progetto. La politica deve aiutare i proprietari. È necessario dialogare con il Ministero delle Finanze per parlare di detassazione, ampliando per esempio l’art bonus, che è rivolto solo ai beni pubblici, dovrà comprendere le dimore storiche vincolate private”. Il rapporto tra dimore e territorio è stato analizzato da Edith Gabrielli, direttore del Polo Museale del Lazio (43 musei alle sue dipendenze), “bisogna essere flessibili e fare rete con le realtà del territorio per costruire insieme un progetto che duri nel tempo. Tra gli ospiti chiamati al podio anche Pietro Salini di Salini Impregilo, che fattura 7 miliardi e dà lavoro a 36 mila persone, Rodolphe de Looz-Corswarem, presidente European Historic Houses Association: “Le dimore storiche danno molto lavoro in Europa e stanno facendo tanto per i giovani. Mi auguro che l’Italia, che oggi è la seconda meta più desiderata d’Europa, dopo la Francia, resti sempre alle vette della classifica”. A conclusione, una riflessione di Armando Branchini, vice presidente Fondazione Altagamma, di cui fa parte Adsi. “Abbiamo l’obiettivo di lavorare insieme, per fare in modo che la cultura di impresa possa anche diventare un patrimonio dei proprietari delle dimore storiche. È necessario fare un salto, dalla gestione patrimoniale a quella imprenditoriale”. Importanti i dati forniti dall’Oxford Economic Report del 2013, illustrati da Giorgia Abeltino, direttore Google Arts & Culture: “i contenuti online sono la prima fonte di informazione per chi vuole fare un viaggio. L’attività turistica online ha prodotto il 3% del Pil e di occupazione. Noi digitalizziamo il patrimonio culturale, questo significa poterlo conservare e fruire digitalmente anche nel futuro. Il digitale è un motore di crescita per il settore culturale”. Ha preso poi la parola Diego Visconti, presidente della Fondazione Italiana Accenture, che insieme con Adsi ha dato vita ad ARSLab, un programma di alternanza scuola-lavoro che offre formazione e stage agli studenti, con l’obiettivo di creare progetti di rilancio delle dimore storiche del loro territorio, a partire dalla comunicazione”.

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H& T: - TRADITIONS - I manieri di Federico II

CALABRIA, I MANIERI DI FEDERICO II

Il Castello Petrae Roseti a Roseto Capo Spulico, fu dei Cavalieri Templari, poi venne requisito da Federico II. Costruito sullo scoglio, con due torri, un anfiteatro e simboli alchemici sul portale, appartiene all’imprenditore Giuseppe Cosentino che lo ha perfettamente restaurato.

L’

arco jonico della Sibartide,un lembo di Calabria che si protende verso la Lucania e l’estremità della Puglia è ricco di castelli e paesini poco conosciuti, ma incantevoli. I manieri di pietra si ergono a picco sul mare, su spaventose forre. Enotrii, Greci, Brettii, Romani, Bizantini, Svevi, Francesi, Austriaci e Saraceni hanno lasciato impronte profonde in queste terre, costruendo città e centri fortificati, tessendo una fitta rete di tradizioni sempre vive oggi, donandoci testimonianze storiche di valore indiscutibile. Partendo dalla Sila greca si incontra Rossano Calabro, un tempo molto importante dal punto di vista strategico militare, politico, artistico e religioso da meritare appellativi come ‘la Bizantina’, la ‘Ravenna del Sud’. Questa città abbarbicata sulle rocce costituita il cuore della spiritualità greco-cristiana. La bella cattedrale dell’Archiropirita, il Museo

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di Arte Sacra del Palazzo Arcivescovile, l’Oratorio di San Marco e lo splendido Santuario del Patirion, sono i siti da visitare dopo aver visto il bellissimo Codice Purpureo, un evangelario greco del V-Vi secolo, con 15 miniature d’oro e d’argento nel Museo Diocesano di Arte Sacra. Qui in basso ma nella stessa città, una testimonianza della Calabria ottocentesca è il Museo Amarelli, di fianco all’omonima azienda che produce liquirizia e prodotti alla liquirizia esportati in tutto il mondo. Venendo verso Nord, ci si avvicina al primo insediamento fortificato: una ex torre di guardia a pianta quandrangolare eretta dai Bretti nel IV secolo a.C a nordest di Pietrapaola, su u’altura tra Capo Trionto e Punta Fiume Nicà. All’interno dell’area archeologicha sono stati recuperati preziosi oggetti, ceramiche e monete, detti “Il tesoro di Annibale”. Partendo da Marina di Cariati, nota per le


I manieri di Federico II - TRADITONS - H & T

praterie di posidonia oceanica e per i maestri d’ascia ancora in attività, si incontra il Borgo di Cariati, con le sue mura, le sue torri, i palazzi Vescovile e Vennari, le belle chiese. Dirigendosi verso l’interno si incontrano la Torre di Guardia di Terravecchia e poi le grotte di Castelluccio. A Mandorataccio, dove si acquistano pipe intagliate, il primo Castello, corrispondente con la Torre dell’Arso, la Grotta del Principe. A Calopezzati, con il panorama del Colle Sant’Elia, il Castello Feudale Giannone. Tornando verso Rossano, si incontrano il Castello di Mirto e la Torre Santa Tecla. Il primo itinerario si conclude a Castiglione di Paludi, dove si ammira il centro fortificato brettio meglio conservato di tutta la Calabria. Proseguendo verso l’interno si può visitare Longobucco, dove si ammirano la Chiesa Madre di S. Maria Assunta, la Torre civica, i palazzi nobiliari e il museo. In queste zone si ammira il paesaggio disegnato dal fiume Trionto, la selvaggia natura silana. La torre campanaria romanico normanna di Longobucco è disposta su pianta quadrangolare, con blocchi squadrati di tufo. Edificata come torre di guardia, divenne campanile nel 1500. La fiumara del Trionto è tra le più grandi d’Europa. Il letto del fiume in alcuni punti è largo oltre un chilometro. Nelle stagioni invernali è ricco d’acqua, è quasi secco per il resto dell’anno. In questo territorio, nei boschi della Fossiata, si ammirano esemplari del pino laricio alti anche 50 metri, con un diametro di 2 metri. Mostrano ancora le caratteristiche incisioni a lisca di pesce, per l’estrazione della resina utilizzata per fabbricare la pece.

Proseguendo verso Nord, il territorio dell’Alto Jonio Cosentino, ci si può addentrare nel territorio di Cerchiara, famosissima per il suo pane, dove si ammirano orridi, voragini e grotte di origine carsica, come l’Abisso del Bifurto, una cavità carsica con 683 metri di dislivello. La grotta delle Ninfe, frequentata fin dall’antichità, ospita oggi un centro termale aperto soprattutto d’estate. Procedendo verso Villapiana scalo si incontrano a Torre della Guardia i ruderi della Torre Cerchiara.Una tappa d’obbligo è il bellisismo Castello di Roseto Capo Spulico (vedi box), che ospita un ottimo ristorante. Il territorio di Amendolara è un vero campionrio di culture, dall’età protostorica a quella bizantina. Molti reperti sono conservati nel Museo Archeologico Vincenzo Laviola, nel centro del borgo e vicino al Castello. Ad Albidona, pochi chilometri più a Sud, la Chiesa della Madonna del Cafaro e la torre di avvistamento, a pochi passi da un meraviglioso agriturismo “Torre di Albidona” affacciato sul mare e circondato di aranceti e frutteti, con ottimo ristorante, navetta per la spiaggia e piscina. A Trebisacce, la Chiesa madre di San Nicola di Mira, la Torre del Saraceno e i Giardini delle Arance. Proseguendo verso nord, si incontra Rocca Imperiale, famosa per il castello, imponente e maestoso, che domina il borgo dall’alto di una collina. A poca distanza, il paesino di Oriolo, con un castello dalla pianta quadrangolare, un torrione quadrato e alcune torrette. Era un centro strategico di avvistamento. Fu di proprietà degli Svevi, degli Angioni, degli Aragonesi, dei principi Sanserverino e dei Lopes Vergara. I Pignoni del Carretto furono proprietari tra il XVI e il XVII secolo.

DA ROCCA IMPERIALE A CAPO SPULICO Rocca Imperiale è un borgo scenograficamente aggrappato alle pendici di una collina ( foto a destra) al centro di una zona dove si coltiva l’Oro di Federico, una speciale varietà di limone, succoso e profumatissimo. Il Castello Petrae Roseti a Roseto Capo Spulico fu edificato nel X secolo. Con simboli alchemico-templari sul portone, fu requisito da Federico II di Svevia ai Cavalieri Templari nel 1229, dopo il loro tradimento nella VI crociata in Terra Santa. A picco sul mare, con due alte torri, di cui una merlata a pianta quadrangolare, si apre in un ampio cortile con cisterna centrale. Le scuderie sono oggi le cucine e il ristorante invernale. Per i banchetti si mangia nei grandi saloni di rappresentanza e nelle stanze arredate in stile medioevale che un tempo ospitarono la Sacra Sindone. Si cammina sulle mura, su e giù per le torri. Si possono seguire concerti nel piccolo anfiteatro di pietra che si affaccia sulla spiaggia. Se si prenota tutto per una festa, può anche dormire in una stanza sita nella torre più alta.

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H&T - Traditions - I rossi light de “LaContessa”

LA BERLUSCONI CHE FA IL VINO

Vista del castello bresciano dove ha sede l’azienda vinicola LaContessa, di Alessia Berlusconi. A fianco, l’imprenditrice raggiante per il succsso conseguito con il suo rosso light biologico, 9.9, apprezzato dalla critica e dal pubblico giovane, che si accompagna a piatti moderni, gustosi ma leggeri.

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iglia d’arte? Vabbè. Ma ora niente editoria e neanche televisione. Figuriamoci il calcio. Alessia Berlusconi, figlia di Paolo e nipote si Silvio, ha scelto di diventare una ‘donna del vino’.

Quando i geni ci sono e la verve non manca, non si ha paura di entrare nell’arena in un settore difficile come quello della gestione balenare. O in quello del vino, dove il mercato, ad ogni vendemmia non perdona niente a nessuno. Nel 2009 Alessia Berlusconi, imprenditrice proveniente da altri settori ma da sempre appassionata di enologia, trova qui il luogo ideale per sviluppare il proprio progetto di vita, quello vitivinicolo. L’azienda che ha conquistato è un preziosa come un gioiello, si chiama La Contessa e si colloca in un piccolo quadrilatero di terra, ben protetto da un’ antica foresta di querce, alle pendici del Montenetto. Qui la coltivazione della vite e la produzione di uva per la vinificazione avvenivano già dai primi del ‘900, grazie al lavoro dei mezzadri. Oggi Capriano del Colle è una delle più piccole DOC italiane, storicamente

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vocata alla produzione di rossi. Ma produrre un buon rosso alla giovane Berlusconi non basta: ha scelto il mondo bio. Nell’agosto 2014 l’azienda ottiene la certificazione di viticoltura biologica: una strada impegnativa, ma intrapresa con convinzione per ottenere vini di qualità superiore, espressione sempre più vera del territorio, nel rispetto dell’ambiente e della biodiversità. “Dalla campagna alla cantina, limitiamo al minimo indispensabile l’utilizzo delle macchine. Curiamo la pianta come se fosse sul balcone di casa: togliamo la fogliolina, gestiamo l’acino, riposizioniamo i grappoli”. Il prodotto ‘tradition’ della casa è La Rossa, un bouquet di uve merlot (55%), Sirah (20%), Cabernet Sauvignon (15%), Rebto (10%) con un tasso alcolico di tutto rispetto, 15 gradi. Premiato col Merano Wine Award 2014 e segnalato nelle guide Viniplus e Veronelli nello stesso anno, è un progetto vincente perchè il lavoro parte già in vigna: l’uva viene raccolta delicamamnte e posta in piccoli recipienti


Traditions - I rossi light de “LaContessa”- H&T

tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre. Le quattro varietà sono vinificate separatamente a temperatura controllata, la macerazione finisce dopo 20 giorni. Il vino si crea dopo mesi di riposo in acciaio e in grandi botti e barrique (60%). L’imbottigliamento avviene 18 mesi dopo la vendemmia e si aspettano ancora sei mesi prima di procedere alla vendita. Questo lento processo ha permesso la generazione di aromi di frutti rossi, di marmellata, di spezie. Un corpo vellutato e piacevole per il palato, da servire a 18-20 gradi, perfetto con le carni rosse speziate, con la selvaggina arrosto, ma anche il kebab. Il territorio di Capriano del Colle, le colline di Montenetto, circondate da campi e da foreste secolari, è molto interessante dal punto di vista biologico. In questo magico ecosistema è stato possibile sviluppare varie tipologie di prodotti, inclusa una grappa. Grappa Sincera Riserva (45°), ottenuta da un bouquet di Sangiovese, Marzemino, Merlot e Barbera, è distillata con metodi antichi e tradizionali, in piccole botti, per 18 mesi. Un altro interessante progetto, firmato La Contessa è La Bianca, un bouquet biologico di trebbiano (70%) e chardonnay (30%) con un tasso alcolico del 13,5%. La vendemmia dello Chardonnay inizia a settembre, quella del Trebbiano si aggiunge a metà ottobre. Fiorito, profumato di frutti gialli, erbe e camomilla, il La Bianca è ben strutturato e armonioso in bocca. Va servito tra i 7 e i 10 gradi, in accompagnamento a piatti di pasta e riso con vegetali, secondi di pesce o carni bianche. Anche questo vino ha ricevuto

ottime recensioni nelle guide Veronelli e Viniplus. Così come il Rosamistica, uno spumante brut Blanc de Noirs prodotto fin dal 2011 con unve Sangiovese e Barbera, 12 gradi, da servire a 6 gradi come aperitivo o a tutto pasto con i piatti di pesce. Vinificato senza buccia in acciaio per un anno e poi portato a fermentazione e a pressione per 5 mesi, unisce il colore giallo delicato con bagliori verdi e un perlage vivace al fresco aroma fruttato. E’ un vino giovane insomma, fragrante e armonioso. Ma ad Alessia Berlusconi la tradizione non basta. “Voglio produrre un vino di colore rosso intenso, ricco di aromi ma anche leggero, un vino perfetto per la vita sociale, con un tasso alcolico sotto i 10 gradi. Il mio progetto si chiama 9.9: meno alcool e più piacere.” spiega Alessia Berlusconi. Il nuovo rosso denominato proprio “9.9”, contiene uve Marzemino al 100%, il tasso alcolico non supera il 9,5%. E’ un mix di tre tipi diversi di uve marzemino, con caratteristiche diverse. Si vendemmia tra la fine di agosto e ottobre, in tre volte, per raccogliere il meglio e ottenere un buon corpo e un magnifico colore rosso rubino con riflessi violacei, dal profumo elegante e sentori di bacche, lampone e viole, un gusto vellutato al palato. La vinificazione avviene separatamente in contenitori d’acciaio a controllo costante. L’assemblaggio finale avviene giusto prima dell’imbottigliamento e il vino riposa per un mese prima di essere messo in commercio. Il ‘9.9’ è perfetto per accompagnare pasti moderni: un lunch di lavoro con piatti di pasta e riso o carpacci di carne e pesce, ma anche happy hour, oppure la pizza.

ALLE PORTE DELLA FRANCIACORTA Capriano del Colle si trova a poca distanza dalla Franciacorta, un toponimo che può riferirsi a una terra, a un vino o ancora a un metodo produttivo. Il lemma Franciacorta deriva dal latino “francae curtes”: in epoca medioevale questa era una corte franca, vale a dire una zona completmente esentata dal pagamento di dazi e gabelle. In cambio di questo privilegio, i suoi abitanti si occupavano della manutenzione e della sicurezza della strada che collegava la città di Iseo, che sorge sull’omonimo lago, a Brescia. E naturalmente, essendo sereni e felici, producevano un ottimo vino. In Franciacorta la viticoltura è praticata sin dall’anno 1000. Il suolo morenico, poco fertile e molto drenante, l’azione mitigatrice delle acque del lago e le correnti fresche della VAlle Camonica assicurano alla vigna le condizioni ideali. La natura e l’uomo hanno plasmato nei secoli questo territorio: la vocazione umana ha permesso la nascita di un fenomeno enologico consacrato dal disciplinare produttivo del Metodo Classico, il più severo in tutto il mondo. L’ area della Franciacorta si estende per 250 chilometri quadrati e comprende 19 comuni. Gli ettari vitati sono circa 2900, sono coltivati per l’80% a Chardonnay e per il restante 20% a Pinot Nero e a Pinot Bianco.

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Alessia Berlusconi, produttrice di vini bresciani ‘tradition’ e di 9.9, il suo rosso light certificato bio, dalla vigna alla bottiglia.


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PALIO, LE ORIGINI DEL MITO SENESE

Le norme del Palio nel ‘600 sono cambiate: i cavalli non sono più montati dai nobili ma da mercenari assoldati dalla Contrade; i fantini sono obbligati a cavalcare “a pelo”; i cavalli si assegnano tramite sorteggio. Dal ‘700 si iniziaa correre anche un secondo palio, il 16 agosto: una corsa prima organizzata a spese dalla Contrada vincitrice nella precedente Carriera – poi diventata “pubblica” .

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uando il sole copre l’intera Piazza del Campo, parte la corsa più adrenalinica del mondo: il Palio di Siena. Uomini e cavalli, odio e amore si sfidano ‘alla tonda’.

Tutti sanno che il Palio di Siena è una competizione fra le contrade di Siena, nella forma di una giostra equestre, di origine medievale che si svolge due volte l’anno: il 2 luglio si corre il Palio di Provenzano (in onore della Madonna di Provenzano) e il 16 agosto il Palio dell’Assunta, in ricordo dell’Assunzione in cielo di Maria. In occasione di avvenimenti eccezionali (ad es. la conquista della Luna da parte dell’uomo) o di ricorrenze cittadine o nazionali ritenute rilevanti e pertinenti (ad es. il centenario dell’Unità d’Italia) la comunità senese può decidere di effettuare un Palio straordinario, tra maggio e settembre. Le famiglie nobili senesi hanno sempre espresso coloro che patrocinarono e

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diressero la grande manifestazione delle Contrade di Siena. Fin dall’inizio, infatti, il Palio in onore della Madonna di Provenzano fu organizzato e finanziato da Nobili Deputati, scelti fra i «risieduti» o tra i membri delle famiglie patrizie della città. E sempre nobili furono pure i Giudici che promossero e diressero le carriere anche quando si affermarono le «ricorse» di mezz’agosto o quando furono decisi palii straordinari in occasione delle visite di cardinali, principi e re.Proprio nella promozione dei palii straordinari più antichi ebbe un ruolo decisivo la Nobile Conversazione degli Uniti, fondata nel 1657 con lo scopo di organizzare feste speciali non solo interne e private, ma anche pubbliche. È per questo che oggi il Circolo degli Uniti è considerato il più antico club privato di gentiluomini del mondo.


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Secondo alcune fonti, questa corsa è nata in ricordo della memorabile battaglia di Montaperti e dello scampato pericolo di invasione da parte di Firenze. I senesi decisero di indire il famoso Palio in Piazza del Campo: ancor oggi è la festa storica più importante d’Italia. Questa interpretazione viene però attualmente considerata di scarso fondamento storico. La storia del Palio di Siena è probabilmente più articolata e complessa. Nelle città italiane tra il 1100 e il 1200era usanza organizzare corse di cavalli, sia come spettacolo pubblico, sia come competizione tra i diversi allevamenti equini posseduti dai cittadini, nobili e non. A queste origini si ricongiungono idealmente le diverse rievocazioni storiche che ancora si svolgono in tante città d’Italia, per esempio la Sartiglia a Oristano. Ma questo tipo di Palio non è ancora il diretto progenitore della competizione senese attuale. I nobili correvano tra loro in palii riservati solo ai cavalieri aristocratici. I cittadini di Siena cominciarono ad organizzare, più o meno spontaneamente, altre competizioni, nei modi più disparati. Si ricordano, a partire dal XV secolo, Palii rionali, Bufalate, Cacce ai tori (se ne facevano molte anche a Venezia) Giochi delle pugna, gioco dell’Elmora, giochi di San Giorgio, Asinate, Pallonate (di cui resta il Calcio Fiorentino in Costume). Molte di queste competizioni erano precedute da cortei, rappresentazioni allegoriche, carri trionfali a tema mitologico greco. Notizie di palii a Siena si hanno attraverso tutto il XV e il XVI secolo, ma in alcuni casi è difficile capire se le cro-

LA NASCITA DELLE CONTRADE

nache si riferiscano a palii dei nobili (Palio alla lunga) o già ai cosiddetti palii alla tonda. L’organizzazione su base rionale della Festa e delle comunità trova la sua origine, probabilmente, nel tipo di organizzazione territoriale delle compagnie militari che caratterizzava l’esercito senese medievale. Quando non c’era la guerra, questa organizzazione si riversava nella competizione durante le giostre cittadine. Su questa organizzazione interclassista sono state fatte anche interpretazioni di tipo antropologico, relative al carattere territoriale dell’organizzazione sociale senese opposto a quello classista o per censo più diffuso, ad esempio, nei paesi anglosassoni. La corsa del Palio prende il nome, e non solo a Siena, dal premio: il Palio, dal latino pallium (mantello di lana), un drappo di stoffa molto pregiata che veniva utilizzato per gli scopi più svariati, mantello o copertore per un tavolo importante. A Siena, in genere, il palio, cioè il drappo premio, era destinato alla chiesa del rione vincitore. Poteva essere utilizzato sia come arredo per la chiesa stessa, o per altri scopi analoghi. Un pallium cinquecentesco sembra abbia decorato fino alla sua completa consunzione, l’altare della Chiesa di San Giuseppe, della Contrada Capitana dell’Onda. Questo avveniva perché, ai loro albori, le Contrade si appoggiavano per le loro riunioni alle Parrocchie o alle compagnie laicali che sostenevano e supportavano gli ordini monastici. È comprensibile dunque, come, in caso di vittoria, il premio venisse regalato alla Chiesa del rione, sia per riconoscenza sia per devozione.

Nei primi decenni del 1600 , si cominciò a correre “il palio alla tonda”, ovvero percorrendo l’anello più esterno di Piazza del Campo. Ed è proprio in questo periodo che iniziano ad acquistare sempre più importanza le Contrade: porzioni di territorio urbano, compreso dentro le conta murarie, con primitiva funzione militare, civile e religiosa, diventate poi istituzioni territoriali con finalità ricreative e sociali.Le Contrade originariamente nascono come “piccoli stati” e da qui derivano forme statuarie, ruoli e riti che sono arrivate fino ai nostri giorni. Ognuna è retta infatti da propri organi di governo eletti dal popolo: priore, seggio e capitano. E quest’ultimo nei giorni del Palio assume la gestione strategica.Inizialmente le Contrade di Siena erano 60, per poi ridursi a 17 nel 1729, che poi sono quelle attuali: Aquila, Bruco, Chiocciola, Civetta, Drago, Giraffa, Istrice, Leocorno, Lupa, Nicchio, Oca, Onda, Pantera, Selva, Tartuca, Torre, Valdimontone.

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Non tutti sanno che un tempo era possibile la restituzione del premio alla Comunità civica in cambio del suo valore in denaro. In questo caso l’importo poteva essere usato, ad esempio, per fornire di dote le giovani più indigenti della contrada o per compiere altre spese di utilità comune.È dal Settecento che si afferma l’idea che il drappo debba essere più piccolo e dipinto: il Palio più antico di questo tipo è conservato a Siena, è presente nel museo della contrada dell’Aquila e risale al 2/7/1719. Solo dopo la Seconda guerra mondiale vengono chiamati a dipingere il Palio non più i bravissimi artigiani senesi, come Federigo Joni e i falsari senesi di inizio Novecento, ma pittori di fama nazionale e internazionale: per esempio Renato Guttuso, Aligi Sassu, Ernesto Treccani, Salvatore Fiume, Domenico Paladino, Ruggero Savinio, Sandro Chia, Luciano Schifano, Emilio Tadini, Luigi Ontani, Igor Mitoraj, Fernando Botero, Ugo Nespolo, Tullio Pericoli, Elisabetta Rogaj. Tra i vari spettacoli e competizioni, nel XVI secolo si va lentamente affermando il Palio alla tonda, quello che conosciamo anche oggi. Questo si accentua dopo il 1555, anno in cui termina la guerra di Siena e la città, sconfitta, si richiude in sé stessa sfogando il peso della perdita della libertà nei giochi e nelle celebrazioni al suo interno. Il vero elemento ‘scatenante’ del Palio moderno sta probabilmente in un episodio avvenuto durante l’occupazione fiorentina e spagnola della città. Verso la fine del Cinquecento una famosa Pietà conservata in un tabernacolo nel rione dove aveva abitato Provenzano SalPER IL PALIO, QUATTRO GIORNI DI FESTA Il I quattro giorni di festa del Palio, sono solo la parte parte più visibile di una passione comune che coinvolge tutto l’anno i contradaioli in numerose attività preparatorie. É contradaiolo chi nasce all’interno di una data contrada, dunque non è una scelta, ma un dovere e un diritto, a vita. E si rimane contradaioli di quella data contrada anche quando si cambia casa e ci si trasferisce in un territorio di un’altra contrada. Ma contradaiolo si può anche diventare. Infatti chi abita al di fuori delle mura o in un’altra città, può scegliere la sua Contrada, e partecipare attivamente alla sua vita. Tutto inizia con il battesimo contradaiolo: una cerimonia con alfieri e tamburini, in cui il “Priore” battezza il “contradaiolo a vita”, utilizzando l’acqua della fontana di contrada e recitando una formula.

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vani, che si diceva essere stata posta nella sua collocazione da Santa Caterina tre secoli prima, fu oltraggiata da un soldato spagnolo. Forse in preda all’alcool, il soldato sparò alla statua, rimanendo ucciso dall’esplosione del suo stesso archibugio. Era il 2 luglio e, per commemorare il miracolo fatto dalla Vergine protettrice di Siena contro gli occupanti, i cittadini cominciarono di anno in anno a celebrare con sempre maggiore sfarzo l’anniversario. Tra le varie celebrazioni, fu naturale inserire una corsa del Palio. Nel 1611 fu anche innalzata la Basilica di Provenzano che custodisce ancora oggi quello che resta dell’immagine sacra oltraggiata, la Madonna di Provenzano. Questa corsa differiva dalle altre organizzate spontaneamente in altre occasioni: vi partecipavano le contrade (quindi il popolo) e non i nobili; si correva in Piazza del Campo alla tonda e non attraverso le strade della città alla lunga (come per i palii organizzati dalla nobiltà, vedi Sartiglia di Oristano) o in uno specifico rione. Dobbiamo presupporre che esperimenti di questo tipo di corsa fossero già stati fatti in precedenza, ma è solo all’inizio del Seicento che il Palio moderno si afferma nel gusto ludico dei senesi. Dal 1656 il Comune di Siena (allora denominato Balìa) si prende in carico l’organizzazione della Festa del Palio, consolidando una festa che sappiamo essere precedente. Così nacque il palio di Luglio, il Palio di Provenzano come lo conosciamo oggi. I costi del Palio saranno presi in carico dall’aristocrazia senese fino al 1836. I verbali della comunità senese relativi all’effettuazione del Palio esistono dal 1659


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COME SI SVOLGE LA GARA L’ordine di entrata è stabilito per sorteggio, la decima contrada entrerà “per rincorsa”. Si tratta di una fase di grande pathos, perché si pensa sia determinante per l’esito della corsa.Una volta che la rincorsa entra, il mossiere abbassa i canapi e se la partenza viene ritenuta valida, inizia la carriera. Se la partenza non è valida, è invece tutto da rifare. La corsa consiste in tre giri di pista e il vincitore è il primo cavallo che arriva. Dunque anche un cavallo “scosso” (senza fantino) può vincere.Una volta terminata la corsa, i contradaioli della contrada che ha vinto, accorrono verso il palco dei giudici e gridando “Daccelo!” prenderanno il drappellone per raggiungere la Chiesa di Provenzano (nel palio di luglio) oppure la Cattedrale (ad agosto). La Contrada vittoriosa avvia una lunga festa che avrà il suo apice tra la fine di settembre e il mese di ottobre, quando si terrà nel rione di Contrada “la cena della vittoria”, con migliaia di contradaioli e il cavallo al posto d’onore.

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ed è quindi da questo anno che si conteggiano le vittorie “ufficiali” delle Contrade da parte del Comune. Le registrazioni delle vittorie antecedenti a questo anno sono da considerarsi attendibili solo se suffragate da documenti conservati presso le singole Contrade o da ricerche storiche approfondite. Il Seicento fu un secolo molto importante per Siena e per il Palio. Il cento nobiliare fu ‘rimpolpato’ con varie annessioni. Nel 1277 erano poche decine i ‘casati’ elencati nel 1277, fra i quali Tolomei e Piccolomini, Ugurgieri, Saracini, Salimbeni, Malavolti. Quando si entrò in età medicea, entro il 1500, furono riconosciuti come nobili tutti i riseduti in Concistoro (la giunta bimestrale di governo) e i loro figli (legittimi). Fu una svolta clamorosa, perché la Repubblica fino a fine ‘400 aveva tenuto lontano dal Concistoro proprio i nobili, giudicati potenti pericolosi per l’aequalitas repubblicana. I vari potenti del tempo – dai Bichi ai Chigi, dai Borghesi agli Zondadari, dai Patrizi ai Petrucci, ai Sozzini -, erano stati dunque dei ‘popolari’, a volte anche orgogliosamente avversari dei nobili. La grave crisi impose dunque un rimescolamento dei gruppi politici tradizionali (i ‘monti’). A fine ‘400 furono detti tutti Gentiluomini proprio per la difficoltà di tenere ad essi riservata la definizione di nobili, quali erano ritenuti ad esempio i Nove, monte ‘popolare’, da Machiavelli. Molte ‘eccellenze’ tra le quali emergeva Agostino Chigi, il banchiere più ricco d’Europa, nei primi anni del 1500 volevano adeguarsi alla ‘moderna’ cultura europea che valorizzava i nobili. Su questo punto Firenze e Siena si logorarono fino all’es-

aurimento delle loro Repubbliche, mentre Genova e Lucca riuscirono ad avviarsi più rapidamente verso il trionfo della nobiltà. Venezia aveva saputo farlo prima di tutte, sin da fine Duecento, con una saggezza tutta mercantile. A Siena la situazione invece si chiarì solo alla fine del ‘500: venne a crearsi una laraga nobiltà, in buona parte del tutto nuova, composta di centinaia e centinaia di famiglie, nonostante in città risiedessero solo 18mila abitanti. Perciò il Seicento, secolo del Monte dei Paschi e del palio delle contrade, fu anche quello del tripudio della nobiltà senese, che vide trionfare a Roma, oltre a vari cardinali, medici ed artisti, altri due papi senesi Paolo V e Alessandro VII. A fine secolo il ceto nobile senese si rinchiuse però in una oligarchia senza ricambio, molto indebolita dalle spese fatte nelle ville e alla corte principesca di Mattias de Medici e dei suoi successori. Fiorirono allora le tre accademie e il Circolo degli Uniti che ebbe presto, dai Lorena, come sede la Mercanzia. Da allora i borghesi brillanti come Gerolamo Gigli furono ammessi alla nobiltà, ma le cooptazioni furono rare. Da metà Settecento in poi molte famiglie tradizionali si estinsero andando ad arricchirne altre con i loro patrimoni per via matrimoniale o ereditaria: come nel caso di Fabio Saracini a favore di Guido Chigi. Altre nuove si affermarono, come i Grottanelli. Nonostante questi corsi la nobiltà senese è stata fondamentale, oltreché per incoraggiare il Palio, per creare l’immagine elegante della città, le sue relazioni internazionali, la sua presenza brillante a Roma, i suoi molti monumenti insigni e le sue chiese ricchissime.

LA GIORNATA DEL PALIO In due giorni prestabiliti avviene la “tratta” e cioè vengono accoppiati “a sorte” un cavallo ad ogni contrada. Per ogni “carriera” (corsa) corrono solo 10 contrade su 17, la cui partecipazione viene sempre decisa così: 3 contrade vengono scelte tramite un sorteggio che avviene almeno una ventina di giorni prima del Palio, mentre le altre 7 partecipano “di diritto” e sono quelle che l’anno prima, nella stessa data, non avevano corso. La sera della “tratta”, iniziano le sei prove che precedono il Palio. Tra queste le ultime 2 sono le più importanti: sono la “prova generale” e la “provaccia”. Il giorno del Palio inizia prestissimo con la Celebrazione della Messa del Fantino alle ore 8 nella Cappella esterna ai piedi del Palazzo Pubblico. Poi viene svolta l’ultima corsa e alle 10.30 avviene la “segnatura dei fantini” all’interno del Palazzo Comunale. Da questo momento in poi non potranno più essere sostituiti: Alle 15 negli oratori di Contrada si svolge la benedizione del cavallo. Poi le comparse delle Contrade e i figuranti del Comune attraversano la città per riunirsi in Piazza Duomo, da dove partirà il Corteo Storico che alle 17, al primo rintocco del campanone che si trova in cima alla Torre del Mangia, entrerà in Piazza del Campo. Da quel momento in poi, chi si trova nel cuore della piazza o nei palazzi intorno, potrà vivere un’atmosfera davvero suggestiva. Si è come catapultati nel Medioevo grazie al rintocco del campanone, unito al rullo dei tamburi. Dopo la sfilata, viene portato giù dal Carroccio il Palio – il drappellone di seta nonché ambito premio della corsa – per poi essere condotto al Palco dei giudici. I contradaioli lo chiamano anche “cencio”.Una volta che il Palio è stato issato, può iniziare la corsa vera e propria. I 17 alfieri (uno per ogni contrada), si dispongono nel tratto di pista davanti al Palazzo Comunale e inizia la sbandierata della vittoria. A quel punto il campanone smette di battere i suoi rintocchi e cessa anche il rullo dei tamburi. E il silenzio surreale di una Siena illuminata dalla luce calda del tramonto, viene rotto solo dal colpo di un mortaretto che annuncia l’uscita dei cavalli dall’entrone.

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H & T - Musica Classica e Opera: Jacopo Sipari di Pescasseroli

El siglo di Jacopo

E’

a cura di Nicola Pisaniello, tenore

grandissimo ovunque il successo per il giovane direttore aquilano, Jacopo Sipari di Pescasseroli, 32 anni. Dopo aver conseguito la laurea specialistica in Giurisprudenza con il massimo dei voti a soli ventidue anni, Sipari diviene avvocato del Foro di Roma, assistente di Diritto Penale presso l’università di Roma Tre, e in seguito diviene dottorato in Diritto Canonico; è inoltre il più giovane avvocato del Tribunale Apostolico della Rota Romana. Parallelamente a quella legale, intraprende la carriera di direttore d’orchestra, divenuta ora la sua attività prevalente. Lo abbiamo incontrato di recente a Torre del Lago, alla prima della Turandot diretta da Alfonso Signorini e ci ha confermato un programma fittissimo di impegni fino al 2018. <<A un certo punto della mia vita la musica ha prevalso, e nulla è più forte della musica: che sia un grande amore o il ricordo di un posto meraviglioso. La musica è qualcosa che ti condiziona la vita: già quando ti svegli la mattina il tuo animo vive le emozioni che ti dà la musica, emozioni e sensazioni che nulla nella vita ti potrà mai regalare. Ho provato una delle emozioni più forti proprio qui a Torre del Lago, quando ho diretto in questo enorme teatro, col Maestro Puccini che riposa a pochi metri di distanza. Tutto quello che avevo sperato nella mia vita si è concretizzato>>. Niente vacanze insomma, ma una specie di tour de force, dopo la direzione dei Carmina Burana all’International Opera Choir di Tagliacozzo e la direzione di West Side Story al Festival del Cinema di Benevento. Il maestro è appena tornato, fra l’altro da una tournèè in Asia: in giugno a Ulambador ha diretto l’orchestra di Stato della Mongolia ne la Cenerentola di Gioacchino Rossini. E’ stata anche l’occasione per un po’ di riposo e di viaggio tra le bellissime montagne ai confini del mondo. Di recente era stato in Messico, a Jalisco dove ha diretto la Egmont ouverture di Beethovene il concerto per violino n.3 in G maggiore, K 216 di Mozart. Nel 2017, dopo una lunga tournèè che lo aveva visto protagonista come direttore in alcuni tra i piu’ importanti teatri della Cina, il Maestro e’ stato invitato dal Teatro dell’Opera di Belgrado a dirigere il 21 Gennaio nel prestigiosissimo Sava Centar per dirigere il balletto per eccellenza, lo Schiaccianoci di Tchaikovsky con la partecipazione straordinaria delle star internazionali Olga Galica e Denis Nedak del balletto nazionale di Ucraina accompagnati da Balletto e Orchestra del Teatro Nazionale. “Ricordo la grande gioia che ho provato – dice Sipari – considerato il mio amore grandissimo per lo Schiaccianoci e l’immenso prestigio di essere stato invitato in un cosi’ importante Teatro”. Sipari è definito ovunque l’inventore del ‘concerto-evento’: definizioni a parte, è un fatto che il pubblico, quando egli dirige con la sola orchestra, non riesce a staccare gli occhi dalla sua figura in continuo movimento, quasi più della sua bacchetta. Quelli che non riescono a vedere, allungano il collo, come se fossero al cinema. <<Ogni volta che tengo un concerto cerco sempre di trasformarlo in un grande evento>>spiega <<in fin dei conti le persone che si avvicinano alla musica devono vivere un momento di sogno, è la funzione catartica di Aristotele. Ecco perché il concerto-evento; quando una persona decide di andare a un concerto e quindi spende diverse ore della propria vita a prepararsi, recarsi sul luogo e tutto quello che ne consegue, ha il diritto di pensare di esser presente ad un evento per sé ma anche un evento per tutti>>. A ottobre e novembre eseguirà la IV e VII sinfonia di Beethoven con la Symphonic Orchestra di Istambul. A dicembre dirigerà Suor Angelica di Giacomo Puccini in Nicaragua. A Gennaio prossimo tornerà in Serbia per un Concerto con la Radio and Tv Symphony Orchestra of Serbia. Tra Settembre e Dicembre 2017 e’il direttore principale di SACRUM - Rassegna Internazionale di musica dedicata a Papa Francesco presso la Basilica Papale di Santa Maria in Aracoeli a Roma. Il 7 Ottobre 2017 dirigerà il Concerto generale “The Children for Paece per Sua Santità Papa Francesco presso l’Aula Nervi in Vaticano.

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Assocastelli, le news - H&T

Dopo l’estate si cambia A sinistra, panorama di Singapore. A destra, una delegazione di investitori di Singapore. Il mercato finanziario asiatico oggi dimostra un discreto interesse verso le grandi proprietà storiche italiane, da trasformare in alberghi e resort di lusso.

E’

già ora di giro di poltrone per Assocastelli, l’associazione della proprietà di castelli, palazzi e ville d’Italia. Comunicati ufficiali dalla Presidenza non ne sono ancora usciti, ma negli ambienti vicini al consiglio si conferma che il board sarà rinnovato prima dell’autunno e che chi ha dimostrato più entusiasmo che competenze, verrà sostituito, senza sconti. Intanto, alle porte dell’estate, l’associazione ha avviato un programma di promozione rivolto al mercato finanziario di Singapore che in questi ultimi 10 mesi ha registrato un discreto interesse verso le grandi proprietà italiane. L’associazione ha aperto una propria delegazione a Singapore affidata a Filippo Olivi di Briana imprenditore italiano da molti anni presente nel paese, che si relazionerà con l’Ambasciata, l’Istituto Italiano di Cultura e operativamente con i principali operatori turistici del paese. La regia è stata affidata al principe Emanuele Filiberto di Savoia, erede della casa reale italiana e ambasciatore del patrimonio architettonico e immobiliare storico italiano. L’iniziativa è sostenuta anche da Nicolò Marzotto, ambasciatore della Repubblica di Singapore in Italia. Singapore è una Stato con 5 milioni e mezzo di abitanti collegato con gli aeroporti di Milano Malpensa e di Roma Fiumicino grazie a voli diretti (12 ore di volo per coprire i 10 mila km che separano i due paesi) da Singapore Airlines anche con pacchetti andata e ritorno a tariffe molto interessanti, a partire da 800 euro, con atterraggio all’aeroporto di Milano Malpensa e Milano Linate Ata e Roma Fiumicino e Ciampino. Per sviluppare il turismo di alto livello c’è bisogno organizzare i collegamenti con alcuni itinerari principali: per Venezia e le Ville del Veneto , per Firenze e i Castelli della Toscana, per Roma e i suoi Palazzi, per la Puglia e il Salento, per la Sicilia e Taormina, per la Liguria e Portofino. Lungo questi itinerari i turisti provenienti da Singapore possono essere ospitati nelle più belle dimore italiane (castelli, palazzi e ville) e conoscere i più importanti personaggi dell’aristocrazia e dell’imprenditoria italiana. Oltre le dimore sono tre i settori che caratterizzano l’offerta le auto (l’Italia è apprezzata per le sue produzioni automobilistiche), la moda e il vino. Assocastelli ha stimato che Singapore ha una potenzialità di flussi verso l’Italia di oltre 200 mila turisti l’anno. Ma l’obiettivo di tutti i soci è anche quello di riuscire ad offrire soggiorni e tour a tariffe competitive soprattutto se confrontate a quelle della vicina Francia con i suoi castelli.

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Presso la chiesa si Santa Maria del Priorato, all’Aventino, S.E. Reverendissima Paolo Sardi, Cardinale Patrono Emerito dell’Ordine di Malta, il 18 giugno scorso ha celebrato la Santa Messa nel corso della quale sono stati ricevuti nell’Ordine, dal Luogotenente di Gran Maestro, Balì fra’ Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, 27 nuovi confratelli e consorelle tra cappellani, cavalieri, dame e donati e donate. S.E. mons. Angelo Acerbi, già Prelato dell’Ordine, ha concelebrato la funzione alla quale hanno preso parte anche: S.E. il Balì fra’ Carlo d’Ippolito, S.E. il Balì fra’ John Critien, S.E. il Commendatore di Giustizia fra’ Marco Luzzago, il Procuratore del Gran Priorato di Roma S.E. l’Amb. Amedeo de Franchis, il Presidente dell’Associazione Cavalieri Italiani (ACISMOM) Riccardo Paternò, il Presiedente della Fondazione CISOM (Corpo Italiano di Soccorso) Gerardo Solaro dal Borgo e il Comandante del Corpo Militare dell’Ordine Gen. di Brigata Mario Fine. Tra i nuovi accolti, in una lunga cerimonia che è stata seguita con grande silenzio e trepidazione, nella chiesa sull’Aventino, AGOSTINI Francesco (Donato di Devozione) BORGHESE Lorenzo (Cavaliere di Onore e Devozione), CARDARELLI Luigi Maria (Donato di Devozione), D’ANGELO Massimo (Cavaliere di Grazia Magistrale), DELLA BINA Fabrizio (Donato di Devozione), FEDERICI, nata MARCONI Giuliana (Dama di Grazia Magistrale), FRASCA Ornella (Dama di Grazia Magistrale),GUIDI, nata VICIANI Adriana (Dama di Grazia Magistrale), LIBERATI Gabriele (Cavaliere di Grazia Magistrale), MIDULLA Fabio (Cavaliere di Grazia Magistrale) PALMINI Marco (Donato di Devozione) RUSSO Stefano (Donato di Devozione). E ancora sono stati festeggiati dai confratelli e dai familiari accorsi da tutta Italia:

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SPOSETTI Emanuele (Donato di devozione), ZALUM, nata MOLENDI Franca (Dama di Grazia Magistrale) BERSANI Francesco Saverio (Donato di Devozione) CAFARELLA, nata MESSERINI Virginia (Dama di Grazia Magistrale) COZZOLI Vito (Cavaliere di Grazia Magistrale) DE MARCO, nata COGO Cristina (Dama di Grazia Magistrale), DIAZ PALLAVICINI Sigieri (Cavaliere di Onore e Devozione), FINE Antonello (Cavaliere di Grazia Magistrale), GRIGNAFFINI Guglielmo (Cavaliere di Grazia Magistrale), GULINO Leonardo (Donato di Devozione), MATALONI, nata RUGGIERI Annalisa (Donata di Devozione), NARDI Sandro (Cavaliere di Grazia Magistrale, RICCI Benedetto (Cavaliere di Grazia Magistrale), SIMONE Andrea (Cappellano Magistrale), VULCANO Domenico (Donato di Devozione). I nuovi accolti sono apparsi molto felici ed emozionati: perché nell’Ordine di Malta esistono varie categorie (onore e devozione, grazia e devozione, grazia magistrale, donato). Per le prime due, è richiesta la nobiltà – i famosi quattro quarti, oppure solo il quarto paterno – che bisogna documentare attraverso un “Processo di nobiltà”. Questo processo, spiega l’araldista Fabio Cassani Pironti “è l’articolato e formalizzato procedimento volto ad accertare lo status dei candidati”. Ma le famiglie che non sono mai state ricevute a Malta possano entrare? “Certo, basta dimostrare, attraverso una ricostruzione genealogica, di discendere per via paterna da chi ha goduto nobiltà. Di recente, è stato ammesso nell’Ordine un membro di Casa Diaz della Vittoria, per il quale occorreva dimostrare la genealogia di oltre 200 anni: con il fine di attestare che ancor prima del titolo di Duca della Vittoria, concesso al termine della Prima Guerra Mondiale, la famiglia era nobile.”

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H&T - HERITAGE - A Monaco, sulle orme di Grace

A MONACO, SULLE ORME DI GRACE

Una foto di famiglia con Grace, Ranieri e i tre bellissimi figli. Quando sposò il Principe, Grace Kelly si dedicò agli eventi benefici. Finanziò molti progetti rivolti ai bambini e divenne Presidente della Croce Rossa di Monaco. Per raccogliere fondi, divenne la star del Ballo della Croce Rossa, che ancor oggi è uno degli appuntamenti mondani più importanti a livello mondiale.

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uto luccicanti e rarissime riflettono gli occhi dei milioni di passanti: vengono qui da ogni parte del mondo a godere del bello che il lusso porta con sé. Ferrari e Rolls Royce, ostriche e champagne, gioielli e yacht, grattacieli e boutique sono le prime cose che entusiasmano durante un weekend, anche breve, a Montecarlo. Ma quando si ritorna, magari a fine estate, si va a caccia di qualcos’altro, di un fil rouge nascosto tra le boutique e i cafè, tra gli alberghi di lusso e i ristoranti stellati: si cercano le orme della divina Grace, la Princess delle favole che sarà anche quest’anno ricordata,il 14 settembre, quando cade l’anniversario della sua tragica scomparsa. Aveva solo 52 anni. A 27 anni, al culmine di una carriera grandiosa, durante le riprese del film di Alfred Hitchock “Caccia al ladro” (1955) la bellissima attrice americana Grace Kelly conobbe il Prin-

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cipe Ranieri di Monaco, al Festival di Cannes. Abbandonò Hollywood un anno dopo, alla fine delle riprese del film “Alta società” , che ottenne un Oscar per la fotografia e due nomination (ma lei ne aveva già vinto uno per “La ragazza di campagna” del 1955) e si sposò a Monaco il 18 aprile 1956, in un abito di taffetà e pizzo firmato Helen Rose che è rimasto il più copiato del mondo. Grace visse felice la sua nuova vita lontana dai set, con i tre belllissimi figli Alberto, Carolina e Stephanie. L’ American Film Institute la ricorda al 13° posto fra le più grandi star della storia del cinema. Grace, con la sua bellezza e il suo stile, ha reso famosissimo questo piccolo Stato oggi guidato da suo figlio, S.A.S Alberto II. Ha saputo trasmettere la sua classe innata alle donne Grimaldi: a sua figlia Carolina, icona di Chanel e a Stephanie, glam rock. Che hanno generato a loro volta due icone


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di stile: Charlotte Casiraghi, testimonial di grandi brand e copiatissima da milioni di under 30 e Pauline Grace Ducruet, adorata da tutta New York. La Principessa Grace, smessi i panni della diva di Hollywood, si ritirò sul Rocher (lo sperone di roccia dove sorge il Palazzo) e si dedicò alla famiglia e al Principato: capì subito che era ora di modernizzarlo e renderlo, come ben presto divenne ed è ancora oggi, il luogo più desiderabile del mondo. Con lei, negli Anni Cinquanta, arrivarono a Monaco cose mai viste: la piscina privata, i tappeti persiani. E in città si diffusero dell’aperitivo all’Hotel de Paris, l’allure parigino, arrivarono i paparazzi. Dando alla luce il Principe Alberto, Grace salvò il Principato di Monaco dai tentativi di annessione alla Francia da parte del generale Charles de Gaulle nei primi anni 60’, trasformando Monaco in un luogo d’élite di fama mondiale. Grazie alla sua fiscalità privilegiata, Monaco si trasformò in una località ideale per ritirarsi ma anche per avviare attività bancarie e finanziarie. Lo sviluppo immobiliare fu assai intenso e prosegue ancor oggi in verticale, senza sosta. Vecchi palazzi residenziali lasciano posto a grattacieli modernissimi ma anche ecosostenibili. Il nuovo Principe, infatti, è un forte sostenitore dell’ambiente, dei prodotti biologici e della biodiversità: il padiglione del Principato di Monaco è stato uno dei più visitati e ammirati all’ Expo 2015 per le grandi innovazioni promosse da Alberto II. Per cogliere lo spirito di Grace, prima di fiondarsi nella boutique Hermès, si dovrebbe seguire il profumo delle

sue rose. No, non è stagione del Ballo della Rosa, fiore all’occhiello della belle ville monegasca, e non è neanche ora di presentarsi al mitico Sporting Club, sono le dieci del mattino. Bisogna andare per giardini. La Principessa Grace ha disseminato le sue rose ovunque qui e il posto migliore per ammirarle è il roseto a lei dedicato a Fontvielle, dove ci sono 180 mila specie provenienti da tutte le sue aiuole e da tutto il mondo. “Cosa rende così diversa la rosa da un altro fiore? Forse il suo mistero maturato negli anni. Forse è la gioia che continua a donare” dichiarava la Princess con il suo radioso sorriso. Le essenze fiorite che ella preferiva sono ancor oggi prodotte dai profumieri della Costa Azzurra e non passano mai di moda i famosi cioccolatini con fondant alla rosa. La Chocolaterie de Monaco ha studiato per un cofanetto speciale dedicato alla Principessa Grace, che si può riempire con cioccolato bianco aromatizzato alla rosa. Una candela profumata alla rosa è ma anche il simbolo de la Fondation Princesse Grace Usa per sostenere i giovani artisti: si vende presso Manufacture de Monaco. Questa boutique cura anche di tutte le porcellane e minuterie che vengono utilizate per le occasioni ufficiali di Corte come il matrimonio ultimo tra Pierre e Beatrice. Un altro giardino che oggi sarebbe molto amato da Grace è quello giapponese, aperto nel 1994 per ricordare il suo amore per l’Oriente. Copia stilizzata della natura nipponica, con la montagna, la collina, la cascata, la spiaggia e il ruscello, questo sorprendente spazio verde di 7.000 m2 è un’autentica opera d’arte realizzata nel rispetto dei

SHOPPING N. 1: LA KELLY, DA HERMES

La boutique Hermés che si trova ai piedi dell’Hotel Hermitage, è una specie di santuario femminile: l’oggetto più ammirato, da uomini e donne è ovviamente la Kelly. Non tutti sanno che la famosissima Kelly Bag di Hermés, originariamente si chiamava “Sac à dépêches”. Divenne subito sinonimo di Grace Kelly quando fu usata per i suoi outfits nel film Caccia al Ladro. Nel 1956, dopo il matrimonio col Principe Ranieri, era diventata ancora più famosa, perchè la borsa veniva usata come difesa dai paparazzi che volevano scattare foto alla Principessa durante i mesi di gravidanza. Poi, finalmente, nel 1977 la borsa divenne ufficialmente chiamata Kelly e divenne un best-seller mondiale ancora in testa ai ‘must have’ femminili. Una Kelly con riprodotto sul fronte il volto della Princpessa Grace è stata battuta all’asta il 19 luglio scorso all’Hotel Hermitage di Monaco. ,

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In alto, una foto di Grace e Ranieri nei giorni delle nozze. In basso, S.A.S Alberto II di Monaco presiede il Ballo della Rosa, ancor oggi uno degli eventi benefici più importanti del mondo. A destra, un ritratto di Grace Kelly, durante un viaggio in Oriente. Il Principe la ricorda con grande rimpianto, quando morì egli aveva solo 24 anni. «Mia madre era molto attenta e affettuosa, aveva un grande cuore. Il mio modo di vedere il mondo dipende ancora oggi dai suoi insegnamenti. Anche le nuove generazioni hanno imparato a conoscerla. Entrambi i miei genitori per i loro valori sono stati un esempio non solo per le mie sorelle e per me, ma per tutta la famiglia, e spero per molte altre persone. A Monaco e al di là dei nostri confini».

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più severi principi del concetto di compattezza del pensiero zen. Si tratta di un eccezionale spazio verde ai piedi della città in Avenue Princesse Grace. Questo giardino, aperto dalle 9 al tramonto, è impregnato di un’atmosfera particolare e unisce armoniosamente la pietra, l’acqua e la vegetazione. Grace, pazza per il sushi, lo gustava a Tokio o nel dorato Palais che domina il porto e il poccolo borgo antico, con il principe Ranieri. Ma ora anche i membri della famiglia (per esempio Beatrice Borromeo) non disdegnano una puntata nel miglior ristorante giapponese di Montecarlo, da Yoshi, il terzo ristorante di Joël Robuchon all’Hotel Metropole, in Avenue de la Madone. Per dormire a Montecarlo si può scegliere uno dei luoghi preferiti dalla Principessa Grace(che frequentava la bella piscina con i suoi figli) dove soggiornarono molti suoi amici e i grandi attori americani che la festeggiarono ad ogni compleanno, dopo la sua partenza per l’Europa. Il Monte Carlo Beach Relais&Chateau, del gruppo Monte-Carlo Société des Bains de Mer, è un hotel storico: si trova al termine della passeggiata che sfiora il mare, in Avenue Princesse Grace. Questo resort, affacciato sulle onde dagli anni 30 è sinonimo del concetto di lifestyle. Qui si videro i primi costumi da bagno e le prime abbronzature con Coco Chanel, qui i clienti americani che arrivavano per storici concerti jazz passavano i pomeriggi nella piscina olimpionica. Ora il resort ha un aria molto romantica grazie alla ristrutturazione per mano dell’archi-star India Madhavi. Per passare una serata da sogno, nei ristoranti di Montecarlo amati da Grace Kelly, certo bisogna spendere un po’. Lei amava cenare sul ristorante che guardava le stelle all’Hotel de Paris. Dalla Cave centrale de l’Hotel de Paris, antichissima cantina custode della cultura enologica del Principato arrivava il vino che la Principessa

Grace Kelly amava sorseggiare, lo Château Haut-Brion, con il quale ha festeggiato i 20 anni di matrimonio con il principe Ranieri. Anche ora si può cenare all’Hotel de Paris con la cucina stellare (e stellata) di Alain Ducasse e bere lo stesso vino. Ma se non si trovasse posto qui o all’Hermitage (dalla cui terrazza il gotha assiste alle gare di Formula1) è meravigliosa anche la cucina 100% bio al ristorante Elsa del resort Monte-Carlo Beach, servito da un esclusivo network di agricoltori locali. Perchè dello Yacht Club Monaco, naturalmente, non si può neanche parlare. L’ingresso è riservato soltanto ai soci e ai loro ospiti, che naturalmente fanno parte del jet mondiale, dell’aristocrazia e della finanza più blasonata del pianeta. Di fronte al blindatissimo club sorgono però le Les Thermes Marins Monte-Carlo, struttura pioniera nel portare la talassoterpia in Europa (nel 1895), dove Grace si concedeva i trattamenti più rivoluzionari per la sua epoca che funzionano egregiamente ancor oggi, come i fanghi e gli impacchi all’olio d’arancia. Un altro indirizzo mitico per ricordarla è Fashion for Floors, una boutique creata dal figlio di Herr Moghadam, imprenditore di tappeti persiani in Germania in vacanza al Montecarlo che colpì molto Grace Kelly. Kamyar Moghadam, un passato nella moda accanto a Tom Ford in Gucci, veste i pavimenti come fossero corpi. Herr Moghdam è stato il produttore di tappeti di corte per Grace e suo figlio oggi crea opere d’arte (esposte alla Saatchi Gallery), tappeti per i matrimoni di corte ma anche splendide creazioni che lasciano senza fiato. Passando ai profumi, potete ordinare il profumo di Grace Kelly anche stando sedute per il lunch al Cafè de Paris, ammirando la parata di supercar che parcheggiano davanti al Casino. Il profumo Fleurissimo, fu crea-

SHOPPING N. 2: Il foulard Flora di Gucci Nel 1966 il Principe Ranieri di Monaco e sua moglie Grace entrano nella Boutique di Gucci di Milano vengono accolti da Rodolfo Gucci (uno dei figli del fondatore Guccio Gucci) che chiede alla principessa cosa desideri in omaggio. Ella, inizialmente riluttante, esprime il desiderio di ricevere un foulard dai motivi floreali, ignorando il fatto che la maison non possiede nulla di adatto a soddisfare la sua richiesta. Ma Rodolfo Gucci risponde senza esitazione:“Principessa, stiamo sviluppando un modello di questo tipo proprio in questi giorni. Non appena pronto, le garantisco che lei sarà la prima a riceverlo”. Al termine della visita, Grace di Monaco lascia la boutique con una splendida borsa dal manico di bamboo e la promessa di ricevere in anteprima il foulard floreale. Rodolfo Gucci, ancora entusiasta dell’incontro, coinvolge il celebre illustratore Vittorio Accornero:“…ho bisogno di un foulard che sia un’esplosione di colori!”, gli dice. L’Accornero si ispira alla Primavera di Botticelli per disegnare il motivo di Flora e crea il capolavoro che ancora oggi fa girare la testa a tutte le donne.

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Il foulard Flora, creato da Gucci su ispirazione di Grace Kelly, di recente reclamizzato da sua nipote Charlotte Casiraghi.


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to per lei dal famoso profumiere Creed su richiesta del Principe Ranieri III, in occasione del suo matrimonio con la diva. In seguito è stato usato anche da Jacqueline Kennedy Onassis e Madonna. Nel suo bouquet segreto, tuberosa, rosa di Bulgaria, violetta e iris di Firenze. Per copiare i suoi look invece, bastano pochi metri a piedi: Dior, Lanvin,Yves Saint Laurent, Hermes e Givenchy, sono le griffe che la Principessa amava sperimentare. Si trovano tutte nelle cupole che troneggiano nel garden di fronte al Casino. Oppure sulla passeggiata che scende dolcemente verso il mare. Ma la principessa non si tuffava nelle calette che contornanto le Rocher. Preferiva farlo lontano da occhi indiscreti, nella residenza estiva di Roc Agel, nel comune di Cap d’Ail. Accadde proprio da quelle parti, su quella strada panoramica che la riportava a Palazzo: il 13 settembre 1982 Grace Kelly rimase vittima di un incidente stradale. Diversamente dalla consueta abitudine di farsi accompagnare dall’autista, quella mattina fu lei stessa a guidare la propria auto. Il giorno successivo avrebbe dovuto raggiungere Parigi con la figlia minore Stéphanie, pertanto aveva fatto caricare numerosi bagagli e anche, sul sedile posteriore, un abito molto importante per il ricevimento che avrebbe avuto luogo la sera stessa a Palazzo Grimaldi. Partì da Roc Agel verso Monaco alla guida della Rover 3500S V8. Percorrendo la carrozzabile D 37 per La Turbie nel comune francese di Cap-d’Ail, in corrispondenza del tornante detto Coude du Diable (“gomito del diavolo”), perse il controllo della

SHOPPING N. 3: un gioliello Cartier Anche l’acquisto di una piccola gioia è un’emozione senza fine, nella boutique monegasca che ha ospitato Grace decine di volte. Non si sa il numero esatto dei pezzi firmati Cartier appartenenti alla collezione reale dei Principi di Monaco. Ma in un video intitolato Secrets Cartier, prodotto dalla maison, con oltre 300 gioielli posseduti dalle case reali di tutto il mondo, compaiono anche 20 pezzi che sono stati indossati dalla Principessa Grace. Tra i più famosi, ci sono l’ anello di fidanzamento di diamante con taglio smeraldo da 10,47 carati che le donò Ranieri nel 1956, un anno dopo il loro primo incontro a Cannes. Splendide le due spille con castoni di diamanti e una collana di diamanti purissimi da tre fili. Altri mirabili pezzi unici firmati Cartier che le sono stati donati dalle case reali di tutto il mondo in occasione del matrimonio. Ma il top è una tiara di diamanti con rubino, che la Principessa Grace ha indossato nelle occasioni più ufficiali.

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vettura che precipitò in una scarpata capovolgendosi più volte e rovinando nel giardino di una villa una decina di metri più in basso. La figlia Stéphanie si salvò pur riportando serie ferite e fratture. Mentre le condizioni della Principessa, già priva di conoscenza, apparvero subito disperate. Fu immediatamente trasportata all’ospedale di Monaco dove venne operata d’urgenza dal dottor Jean Duplay ma morì nella notte a 52 anni, senza più aver ripreso i sensi.. La notizia venne divulgata ufficialmente soltanto il giorno successivo e venne proclamato lutto cittadino per alcuni giorni. I medici riferirono la presenza di gravi fratture e di due emorragie cerebrali: la prima lieve, mentre la seconda estesa e fatale; si ipotizzò che, probabilmente, mentre era alla guida, un malore causato da un piccolo ictus le fece perdere il controllo della vettura. Oltre all’assenza di segni di pneumatici sull’asfalto, a sostenere quest’ipotesi vi sarebbe anche la testimonianza del conducente di un autocarro che seguiva la vettura condotta dalla principessa, che dichiarò di non averla visto frenare in prossimità del tornante. Familiari e i domestici riferirono di aver sentito lamentarsi la principessa di una forte emicrania nei due giorni precedenti. La tomba della principessa Grace di Monaco si trova nel deambulatorio della cattedrale dell’Immacolata Concezione, di fianco a quella del consorte, Principe Ranieri. E’ il luogo di culto più importante del Principato, visitato ogni anno da oltre 4 milioni di persone. “Da più di cento anni nella Cattedrale di Monaco riposano i corpi dei Principi Sovrani, delle Principesse, dei Vescovi e degli Arcivescovi di Monaco”. La principessa Grace era un esempio per molte donne anche in fatto di bellezza. Si pettinava e si truccava da sola, in modo semplice ed elegante. Portava sempre con sè la crema per le mani, beveva molta acqua, praticava nuoto, danza classica e joga. Non fumaga e non mangiava junk food: quando aveva voglia di uno snack, preferiva carote crude, sedano e albicocche secche.


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H&T - Gotha World

MONACO, VIP PARTY

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Si è appena concluso un luglio ricchissimo di party vip nel Principato di Monaco, dove si fa la fila anche per parcheggiare lo yacht (1). Se quest’anno non si trova posto, ci si può consolare con un bagno in mare a Plage Mala a Cap d’Ail (2), lo shopping da Chanel, Dior, Vuitton davanti al Casino (3) e da qualche buon gioielliere (19), gli eventi superlusso organizzati dal Rolls Royce Club di Monaco ( 4,5,10), le bellissime serate allo Sporting con spettacoli e menù di pesce squisiti (6,7,8,9,11, 20), i concerti nel prestigioso cortile del Palais Grimaldi, con - se si è fortunati - la presenza della principessa Caroline (12,13, 14). Se piacciono le terrazze, oltre a quella dello Sporting, la foto ricordo migliore è quella che si può scattare alla Nikki Beach (16). Dall’alto infatti può capitare di assistere a qualche evento speciale, come la partenza della nuova goletta del Principato per ricerche scientifiche nei mari(17), evento celebrato con un party blindatissimo e superchic a base di sushi al prestigioso Yacht Club Monaco, alla presenza del Principe Alberto e della sua famiglia, la Principessa Charlene e bambini. A porte chiuse anche i festeggiamenti per il compleanno di Charlotte Marie Pomeline Casiraghi, ottava in linea di successione al trono monegasco, patrimonio solido ma priva di qualsiasi titolo nobiliare. Labbra piene, incarnato perfetto, stile infinito, la figlia della principessa Carolina ha ereditato bellezza e fascino dalla madre, ma soprattutto dall’indimenticabile nonna Grace.

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H&T - Gotha World

IL GALA DI AMITIE’

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Si è tenuta il 4 luglio scorso allo Sporting Club di Montecarlo il tradizionale Gala dell’associazione umanitaria Amitiè Sans Frontieres. Il Grand Hotel Del Mare Resort e Spa è la sede ufficiale di Amitié Sans Frontières Monaco, primo nucleo dell’associazione, costituita nel 1991 nel Principato di Monaco per iniziativa di Madame Régine Vardon West. Nel 1995 Sua Altezza Serenissima Alberto II di Monaco, allora Principe Ereditario, é diventato Président d’Honneur. Nel 1996 é stata fondata l’associazione Amitié Sans Frontières Internationale. L’associazione si fonda su tre principi fondamentali: Giustizia, Tolleranza e Amicizia e si propone di concorrere al conseguimento degli obiettivi stabiliti annualmente dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, adottando iniziative benefiche sia di carattere internazionale, sia di carattere locale. Nel 2003 il Consiglio Economico e Sociale dell’ONU - con sede a New York ha attribuito ad A.S.F.I. la qualità di “Organisation Non Gouvernementale avec Statut Consultatif auprès des Nations Unies”. L’emblema di Amitié è il girasole, simbolo del sole che splende per tutti, qualunque sia la razza, il sesso e la religione. Il Club “Amitié Sans Frontières” è un’associazione internazionale a scopo umanitario i cui principi di base sono “Justice,Tolèrance, Amitié”. In questi anni sono stati fondati Club in Francia (Nizza), Inghilterra (Londra), Stati Uniti: Massachussetts (Boston), Michigan (Bloom Field Hills), California (Miami Beach), Asia (Singapore) e Italia (Asti, Bergamo, Bordighera, Busto Arsizio, Cuneo, Diano Marina, Genova, Milano, Roma, Sanremo, Savona, Torino, Legnano, Bari).Ogni anno il tema della beneficenza cui si devono attendere i club per i loro Galà dipende dal tema annuale stabilito dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.Nel luglio del 1997 è nata “Amitié Sans Frontières” Italia con lo scopo di coordinare i Club Italiani.

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H & T - LUXURY: Prince Dimitri

PRINCE DIMITRI, LE GIOIE REGALI

Il Principe Dimitri di Jugoslavia nella sua casa di New Jork, tra le foto di famiglia. A sinistra, spettacolari orecchini con il suo stile inconfondibile: pietre forate, diamanti incassati al centro, sfaccettature speciali, inconsuete: “Voglio vedere qualcosa di impossibile”.

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d’aste Philipps prima di fondare, nel maggio 2006, la sua propria maison di gioielli. Il marchio Prince Dimitri è oggi sinonimo di creatività, qualità altissima di materiali e perfezione delle lavorazioni. I suoi pezzi si riconoscono al volo ai party e molti dei suoi amici sfoggiano i suoi famosi gemelli che portano impresso il suo minuscolo logo. Oppure qualcuno dei suoi braccialetti in cuoio con pietre preziose. Li porta anche lui e spesso i colori delle pietre sono abbinati alle mille righe delle sue calze. Ovviamente il suo stile vestimentario è copiatissimo. Dal passaparola si sa che si veste da Cifonelli e Parigi, che indossa scarpe Berluti o Ferragamo, che ama le camicie di Etro. Il sogno di Dimitri, che non ha più regno, nè terra, è quello di possedere un impero: aprire cento negozi nel mondo col suo brand. Il sogno di molte è invece quello di poter indos-

nche senza sapere chi le disegna, non ci sono dubbi: si tratta di splendide creazioni contemporanee, ispirate al passato, ideate da qualcuno che ha un senso dello stile straordinario. Sono i gioielli firmati Dimitri di Jugoslavia

Il primogenito di Maria Pia di Savoia e Alessandro di Yugoslavia, Dimitri Karageorgevich, alto, bello, sportivo ed elegante, vive a New York dove frequenta la nobiltà europea che si è trasferita lì per un po’ o per sempre, adorata dal jet set della Grande Mela che tre secoli fa aveva cacciato via tutti i blasonati. Nato alla fine degli Anni Cinquanta, laureato in legge a Parigi, ma da sempre appassionato di gioielli, esperto di pietre e di ogni tipo di lavorazione, Dimitri di Jugoslavia dopo aver lavorato quindici anni nel jewerly department di Sothebys è passato per due anni alla casa

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Prince Dimitri - LUXURY- H & T

sare un gioiello importante firmato PD, oggetti magici, pieni di fascino, che sanno sempre prendere la scena, qualunque sia l’età di chi li indossa. I gioielli del Principe Dimitri talvolta ricordano quelli mitici, contenuti negli scrigni dei Palazzi abitati dai suoi ascendenti di Jugoslavia e d’Italia. Ma non sono certo repliche, pezzi nostalgici: quando arrivò a New York dopo anni passati in Francia, capì che questa città viva, sempre in movimento, dove negli affari prevale un approccio pragmatico, voleva accogliere solo gente proiettata nel futuro. E che era il posto giusto per realizzare, un giorno, il suo sogno: diventare il proprietario di un brand di gioielli. Perchè qui si vedono non solo famosi gioielli, ma anche le pietre più importanti del mondo, appena tagliate ad Amsterdam o Tel Aviv. E qui si sfidano grandissimi designer. In tutti quegli anni di studio, di osservazione, di valutazione presso le case d’asta più importanti del mondo, dove era entrato per la sua ottima competenza, nonostante la sua giovane età, Dimitri di Jugoslavia ha sempre avuto davanti a sè un amuleto prezioso e importante, che ha ispirato il design del logo per la sua company: un cristallo di rocca trovato nelle miniere dei Demidov in Siberia, con incisi sopra gli stemmi di diverse famiglie. A proposito di famiglia, la sua collezione di foto storiche è sterminata. Ci sono re, regine, principi, imperatori, anche lo Scià di Persia, di cui vide il trono con i suoi occhi a Teheran, negli Anni Settanta. Lo ricorda bene, perchè più che un seggio reale era un gioiello, completamente

tempestato di pietre preziose incredibili. Ma fra le immagini più care tiene quelle della nonna, Maria Josè di Savoia. “Era così intelligente e piena di senso dell’umorismo” racconta ad ogni intervista. “Ho passato molto tempo con lei, mi ha insegnato a suonare il pianoforte: Chopin e Mozart. La nonna era molto portata per la musica. Sua Madre Elisabetta del Belgio ha fondato l’Accademia di Musica Classica a Bruxelles”. Il pianoforte è ancora un suo hobby, ma appena esce il sole Dimitri parte per Palm Beach, dove fa sci d’acqua o per il Connecticut, dove monta il suo cavallo. Il suo rigore nel lavoro lo rende meno mondano di quel che potrebbe essere. Nel tempo libero talvolta, invece che andare a un party, preferisce starsene solo studiare i suoi maestri di riferimento, come Fabergè, Renè Boivin, Cartier per le collezioni degli Anni Trenta: erano degli autentici innovatori per la loro epoca. Le collezioni Prince Dimitri si arricchiscono di 40 nuovi pezzi ogni anno. Per le lavorazioni il Principe si affida ad artigiani italiani, francesi e belgi. Ogni pezzo è unico, e servono circa sei mesi di lavorazione per realizzare un disegno. Tutto viene lavorato a mano ed è impeccabile anche il retro. I dettagli fanno la vera differenza dei suoi pezzi. Dimitri di Jugoslavia studia sempre attentamente i colori, le proporzioni giuste, idonee per la contemporaneità. E anche il gusto dei clienti: per esempio, le donne bionde amano gli zaffiri, le brune i rubini mentre tutte indistintamente adorano gli smeraldi. Con qualche eccezione: qualcuna pensa che le pietre verdi portino sfortuna. Ma in verità sono pochissime...

A fianco: croce pendente, orecchini con rubini a motivo paisley e con diamanti, zaffiri e smeraldi di ispirazione Anni Trenta. Una preziosa spilla in diamanti con zaffiro e corona, i famosi e coloratissimi gemelli. Tutti i pezzi sono firmati col logo Prince Dimitri. fian-

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