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We have a dream mantenere in vita la Sanità pubblica
EDITORIALE
WE HAVE A DREAM: MANTENERE IN VITA LA SANITÀ PUBBLICA
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Il numero dei contagi ha ripreso a correre. E l’unica forma di tutela è la vaccinazione. Intanto, le condizioni di lavoro dei medici negli ospedali e sul territorio sono sempre più difficili. E non solo a causa del Covid
di FRANCO LAVALLE Vice-Presidente OMCeO di Bari Quest’anno volge al termine e restano, ormai, disattese le nostre speranze di vedere la pandemia da Sars CoV-2 come un ricordo lontano. Cosa porta questo virus a farci davvero così tanta paura? È facile a dirsi. Il suo curriculum, pieno zeppo di morte e devastazione che domarlo risulta quanto mai difficile. La vaccinazione è stata un eccezionale presidio per limitarne l’azione devastante, ma non è stata sufficiente per debellarlo completamente perché, da abile e nefasto guerriero, muta di continuo il suo aspetto portando a varianti sempre più temibili che rendono tutti noi terribilmente a rischio, senza mettere in atto le dovute cautele che fino a questo momento ci hanno permesso di scamparla. Non possiamo più fare a meno dell’uso delle mascherine, del distanziamento sociale, dell’igiene delle mani e degli indumenti. Tutte regole che sono ormai entrate nel nostro comune senso di vivere oggigiorno la vita. Ma la regina di tutte le protezioni resta solo, e soltanto, allo stato delle cose la vaccinazione. Solo attraverso questa pratica, noi medici e tutti gli operatori sanitari con noi, abbiamo potuto lavorare con maggiore serenità, limitando così la crescita di quel fatidico e tragico elenco di colleghi, medici ed odontoiatri, deceduti a causa del Covid. Elenco che la nostra Federazione tiene puntualmente aggiornato, mantenendo in tutti noi vivo il ricordo dei tanti colleghi, alcuni dei quali amici, che non ce l’hanno fatta a contrastare questo infido nemico. Lo scemare dei casi gravissimi post vaccinazione ci ha dato fiducia e ci ha spinto a fare il nostro lavoro con sempre maggiore impegno, pur nell’osservanza delle regole di contrasto al contagio. Attualmente, come risulta dai bollettini giornalieri forniti dall’I.S.S. e dalle Strutture Regionali, la malattia sta riprendendo forza. Vuoi per la cadute delle difese immunitarie dovute alla distanza dall’ultima dose vaccinale, vuoi perché l’infezione sta interessando classi di età sempre più giovani e non vaccinate, arrivando fino ai bambini che, di fatto, portano le infezioni in casa e favoriscono così il contagio per le persone anziane e fragili. Allora, diventa necessaria la terza dose “booster” per queste persone fragili
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ed anziane, nonché per gli operatori sanitari. Ma, a mio avviso, diventa praticamente opportuno, se non necessario, disporla per tutti. Attualmente il nostro Paese, sebbene in crescita, gode di numeri migliori di altri, anche più attrezzati di noi, ma che non hanno avuto la nostra visione di contrasto alla pandemia. Aver decisamente puntato sulle vaccinazioni, con l’obbligo per alcune categorie professionali, aver stabilito l’obbligo del green pass per le attività di interesse comune, obbliga di fatto le persone al maggior controllo ed a farsi vaccinare. Un capitolo a parte sono i medici e gli operatori sanitari no vax. La scienza ci ha insegnato come molte malattie siano state debellate attraverso le vaccinazioni. Esse non si possono mettere in discussione con pretestuose considerazioni in merito all’efficacia dei vaccini, né si possono avanzare dubbi su una vaccinazione, quella attuale, che ha già visto vaccinati miliardi di persone e la cui maneggevolezza è nei numeri. La prova provata per noi, nello specifico, risiede nella riduzione dei contagi e dei decessi subito dopo l’introduzione della vaccinazione. Inoltre, i numeri attuali dimostrano come le persone con le forme più gravi, quelle da rianimazione, siano quasi esclusivamente le persone non vaccinate. Questo dato, di grande rilevanza, dovrebbe essere l’unico e sostanziale motivo di convincimento per i riluttanti. Ovviamente, questo esempio vale anche per i medici no vax ma non deve essere questa la motivazione vera, piuttosto devono essere le evidenze scientifiche delle quali ci siamo cibati nel corso della nostra formazione accademica e successivamente le letture scientifiche avvenute durante la nostra attività lavorativa, che ci devono condurre tutti alla buona pratica vaccinale. Un medico non può disconoscere l’utilità e l’importanza dei vaccini. Essere un medico no vax è contro l’essenza di questa professione per cui è più che legittima la loro sospensione dall’attività lavorativa stabilita dalle norme ed anche la messa in atto di misure più importanti da parte degli Ordini professionali. Al momento, con i numeri dell’infezione che stanno crescendo, tutti ci aspettiamo che una ulteriore ed incisiva campagna vaccinale possa limitare gli effetti della pandemia ed evitare la riproposizione di misure restrittive che possano riportare all’orizzonte quel tracollo della nostra economia alla quale abbiamo assistito negli scorsi mesi. E’ stato un periodo buio dove oltre alla perdita dei posti di lavoro ed alla chiusura di esercizi commerciali, anche dal punto di vista sanitario le persone hanno pagato un duro prezzo. La paura di contrarre l’infezione ha tenuto molte persone lontane degli ospedali. La conseguenza è stata drammatica: molte patologie sono state diagnosticate con grave ritardo, anche molte malattie neoplastiche sono state evidenziate in fase di avanzamento preoccupante, ed ancora molti follow up sono stati trascurati dagli ammalati cronici. Tutto ciò ha portato ad un peggioramento delle prognosi. Proprio questi pazienti critici e cronici sono quelli che hanno pagato il La regina di tutte le protezioni resta solo, e soltanto, allo stato delle cose la vaccinazione.
I finanziamenti del PNRR, dedicati a ben definiti capitoli di spesa, liberano risorse risparmiate a livello regionale che potrebbero essere utilizzate per le assunzioni.
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prezzo più alto per la presenza della pandemia perché questo virus li ha veramente spaventati e tenuti lontani dagli abituali riferimenti clinici. Non vogliamo che tutto questo accada ancora, per cui l’esortazione alla vaccinazione diventa un imperativo imprescindibile e categorico. Ma veniamo ora, brevemente, alle cose importanti delle nostre Professione benché, paragonate agli scenari vissuti con la pandemia, passino logicamente in secondo piano. Lavorare oggi è veramente un atto di amore per la Professione. Sono tali e tanti i disagi che prova ogni giorno il medico nell’esercizio del proprio lavoro che ci vuole tanto ma tanto attaccamento al camice che si indossa per poter giungere a quanto viene fatto giornalmente da ogni singolo collega. Sempre più grave risulta la carenza degli organici ed i turni di lavoro sono sempre più massacranti. I colleghi vanno in pensione e non vengono sostituiti, gli ospedali vengono chiusi o riconvertiti ed i posti letto mancano. Il Covid lo ha drammaticamente dimostrato. Il carico di lavoro aumenta per ciascun medico ed il rispetto del termine dell’orario di lavoro è sempre più opzionale e spostato in avanti. Le Amministrazioni pretendono sempre di più da ogni singolo medico e non si rendono conto, o almeno non lo dimostrano, che la popolazione medica è sempre più vecchia, stanca e demotivata. Anche i pazienti sono molto più esigenti e, spesso, scaricano sul medico ansie e tensioni, accumulate in questo difficile periodo trascorso. Ci si meraviglia poi che i colleghi decidano di lasciare i posti di lavoro. Ma come si fa a lavorare serenamente e dignitosamente in queste condizioni? L’Emergenza Urgenza è in grande sofferenza ed i neolaureati rifuggono la stessa specializzazione. Non ci sono più giovani colleghi disposti a farsi spremere come limoni, a farsi riempire di botte, ad essere sbattuti tra i vari pronto soccorso senza alcuna gratitudine o gratificazione da parte delle proprie Amministrazioni. Ho letto di uno stanziamento ad hoc per i colleghi dell’Emergenza nel 2023. Provate a fare la divisione della cifra stanziata per il numero dei colleghi. È veramente irrisoria, neppure una mancetta. Lo sviluppo della medicina territoriale è ancora in alto mare. Si spera nell’oculata gestione dei soldi rivenienti dal PNRR. A tal proposito, bisogna sottolineare come questi finanziamenti dedicati a ben definiti capitoli di spesa liberino risorse risparmiate a livello regionale che potrebbero essere utilizzate per le assunzioni. Ma nessuno parla mai di questo. La Sanità pubblica, fiore all’occhiello del nostro Paese, è in forte declino. Non vi sono investimenti che fanno sperare in una ripresa. Eppure, un sistema universalistico come il nostro, che gli altri cittadini europei e mondiali ci invidiano, perché da noi è garantita la cura gratuita per tutti, appare molto sofferente, se non meglio definito “moribondo”. Gli unici che credono ancora in questa nostra Sanità pubblica, equa ed universale, e che sperano di farla sopravvivere ad ogni costo, sono proprio i medici. Forse questo sogno è quello che tiene i tanti medici pubblici legati al loro lavoro, che li spinge a sacrificarsi ancora. La spiegazione è semplice . Come diceva M.L.King: “We have a Dream”. Il nostro sogno è mantenere in vita la Sanità Pubblica e noi medici lo realizzere-