Raccontiamo

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Rosaria De Pascalis


In copertina e all’interno illustrazioni di Christian Imbriani Ha illustrato per Kurumuny P. Chirivì, Con decenza parlando, 2010. F. Colucci, G. Alemanno, Invisibili, 2011. imbriani_christian@hotmail.it Parte del ricavato della vendita di questo libro sarà devoluto all’Associazione Comunità Emmanuel Onlus Lecce.

Edizioni Kurumuny Sede legale Via Palermo 13 – 73021 Calimera (Le) Sede operativa Via San Pantaleo 12 – 73020 Martignano (Le) Tel. e Fax 0832 801528 www.kurumuny.it • info@kurumuny.it ISBN 978-88-95161-64-8 © Edizioni Kurumuny – 2012


Indice

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Alla fine si scrive sempre una fiaba Antonio Errico

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Il fantastico mondo di Adele

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Il lupo e la stella

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Il pescatore e l’onda

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L’oca impertinente

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Lo scoiattolo imbroglione

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Il cervo e la pazienza

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Freccia: la renna smarrita

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Postfazione Rosaria De Pascalis



Alla fine si scrive sempre una fiaba Antonio Errico

Alla fine si scrive sempre una fiaba. Non si può scrivere nient’altro che una fiaba. Perché tutta la vita è come una fiaba: si incontrano creature che sono buone o cattive, si attraversano mari e montagne e boschi scuri, si vivono giorni belli e giorni brutti. Allora si scrive una fiaba per capire la vita, per rintracciarne il senso più profondo, per delineare la fisionomia delle esistenze che abbiamo dentro, che ci sono intorno. Per questo scrive fiabe, Rosaria De Pascalis. Scrive per capire fino a che punto si può scendere dentro di sé, fino a che punto è possibile la comprensione, e lo fa con la leggerezza che ha solo una fiaba, con la disarmante forza semantica che solo la poesia e la fiaba riescono ad avere. Ci sono profili che sono straordinari in queste fiabe di Rosaria. Ci sono proprio nel punto in cui non te li aspetti. Arrivano improvvisi, con una precisione e una semplicità che disorientano. Ci sono in queste fiabe tutte le condizioni dell’abile narratore che costruisce il racconto, l’attenzione alle svolte, alle immagini, alle associazioni, alle metafore, ai simboli, e queste condizioni si rivelano tanto più significative quanto più l’autrice in-

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tende celarle in un linguaggio ricercatamente semplice. Perché chi scrive fiabe deve necessariamente avere un’idea del mondo e della vita – e quindi del linguaggio che esprime l’una e l’altra – libera (o liberata) da sovrastrutture di qualsiasi sorta. Mentre leggevo le fiabe di Rosaria, mi è tornato spesso in mente quel classico di Bruno Bettelheim che è Il mondo incantato, in particolar modo il finale, in cui sostiene che ogni fiaba è uno specchio magico che riflette alcuni aspetti del nostro mondo interiore e i passi necessari per la nostra evoluzione dall’immaturità alla maturità. La fiaba è una profonda e calma pozza che in un primo momento sembra riflettere soltanto la nostra immagine ma poi ci fa scoprire che dietro di essa si muovono le temperie interiori della nostra anima. Ecco cosa ci fanno scoprire queste fiabe: le immagini che stanno dietro e dentro la nostra vita, quelle che non appaiono, che non si mostrano ma che stringono l’origine, il lievito, il tratto originario dell’identità. Così uno legge queste fiabe di Rosaria e sprofonda – si inabissa – nell’infanzia, nel suo vortice e nella sua vertigine. Ritorna al punto in cui si è fatto il destino, dove affonda le radici ogni esperienza, dove si può trovare la giustificazione di quello che si è fatto o non si è fatto, dell’essere così come si è.

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Il fantastico mondo di Adele

Adele abita in un borgo della campagna toscana, la sua casa è immersa tra le lanciate fronde dei cipressi e la linea sinuosa delle colline. Per andare a scuola la mamma la accompagna alla fine della stradina, dove abitualmente si ferma il pulmino, oppure, se deve fare delle spese, la conduce personalmente dinanzi al cancello di ferro battuto della scuola elementare “G. Pascoliâ€?.

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Adele frequenta la quinta elementare, le piace leggere, cantare, disegnare, ma spesso a scuola e a casa il suo sguardo si perde nell’infinito e diafano cielo e i pensieri, le immagini e le storie si intrecciano, si incontrano, si raccontano.

La bambina è coccolata dai genitori, dai nonni, dagli zii, dagli amici e, anche, dai maestri! Il suo carattere, però, è introverso e spesso scontroso, crede di non essere capita veramente, per questo motivo ama immaginare luoghi, persone e colori diversi da quelli che la circondano.

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Ebbene, quando ritiene di non essere compresa più del solito, Adele si chiude in sé e racconta delle storie.

Uno dei maestri, invano, ha tentato di capire che cosa si nasconde dietro la porticina del silenzio. Adele ha sempre non risposto, o meglio si è limitata a scrivere dei messaggi cifrati. I messaggi hanno una particolare struttura, come questo di seguito: «Gogi edvi fliretetre uslla obntà e uslla lisoriedatà!»

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Il lupo e la stella Un lupo solitario vaga tra fitti boschi. è stato emarginato perché ha disobbedito al comando del branco: «Ogni volta che s’incontra un umano, bisogna attaccarlo, perché è un nemico». Il lupo quel giorno, memorabile, è stato impietosito dal debole pianto di un bambino e, invece di attaccare, lo aveva difeso e trasportato vicino al villaggio degli uomini.

Nessuna pietà da parte dei suoi simili, è stato emarginato e rifiutato anche dalla dolce compagna.

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Ora si trova in un luogo che non gli appartiene, desolato di non avere piĂš amici e forse non ne potrĂ piĂš avere.

Dopo tanto girovagare, una notte, affamato, assetato, si lascia cadere come morto e alzando gli occhi al cielo vede tante stelle. Non aveva mai sollevato gli occhi e non si era mai accorto di tanto splendore, e ora tra quelle stelle una in particolare lo colpisce, lo incanta.

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La stella manda un fascio di luce illuminando un coniglietto che saltella, impavido, il lupo intuisce e soddisfa, così, il suo bisogno di mangiare. Il lupo solitario il giorno dopo riflette sull’accaduto e crede di aver sognato, ma il sentirsi satollo gli conferma, invece, che tutto si è veramente realizzato. Da quel momento il suo scrutare il cielo è frequente e regolare, ma invano cerca quella stella.

Una notte nuvolosa, mentre tenta di dormire è abbagliato da una portentosa luce: la stella!!! Ulula di gioia, così intensamente che provoca un rimbombo inaudito, euforico lascia il suo gia-

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ciglio, la stella lo segue con la sua luce e ancora una volta lo aiuta a procacciarsi del cibo.

Il lupo è felice, finalmente ha un’amica, nonostante abbia perso il suo branco. Ha capito, inoltre, che pur essendo così diversi, lui appartiene alla terra e la stella al cielo, può esserci un’intesa vera e sincera! «Oh stellina, quanto calore e conforto mi procura la tua presenza! So di aver sbagliato nei confronti del mio branco… Ma io ho un cuore e non posso non ascoltarlo!» La stella ascolta e osserva, ma non risponde. Il lupo continua: «Dagli umani, noi lupi, siamo ritenuti pericolosi o trofei da esporre; dalle altre specie

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animali siamo temuti perché aggressivi. Ritengo che nessuno ci comprenda e ci consideri come esseri che non solo hanno delle proprie regole e leggi, ma soprattutto dei sentimenti». La stella brilla sempre più, ma non interloquisce con il lupo. Chi mai lo avrebbe creduto, un’amicizia con una stella… Quante risate… Così pensa il lupo mentre prosegue il cammino.

La testa bassa, gli occhi rigonfi di lacrime e a un tratto: «Mio caro lupo, non disperare. Il mondo è così bello, ma tanto complicato!

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