Ad Antonio ColÏ 1917 - 2012 e a quanti, a Cutrofiano, hanno dedicato la loro vita all’arte di lavorar la creta. E. L.
Enzo Ligori
L’ARTE DI LAVORAR LA CRETA Cinque secoli della famiglia Colì nella storia della ceramica
Si ringranziano: Comune di Cutrofiano, e in particolare i funzionari dell’Ufficio Anagrafe MIBACT, Archivio di Stato Lecce, aut. 27/02/2017 Colorobbia s.p.a. - Montelupo Fiorentino (Fi) Camer Gas & Power s.r.l. - Galatina (Le) Banca Popolare Pugliese - Parabita (Le) Progettazione e impaginazione: Mood - Costruttori di immagine - Galatina (Le)
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Indice
Prefazione 7 di Teresa Bellanova
L’insegnamento non muore 11 di Antonio Colì Cutrofiano – kuthra. La ceramica dai Messapi a noi
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Un primo censimento disponibile:
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Il Catasto Onciario del 1750 Il cognome Colì 25 I Colì di Cutrofiano tra Cinque e Novecento
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Dagli stangati al no-piombo. 47 Da via Roma al mercato globale Immagini tra passato e presente
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Prefazione di Teresa Bellanova*
Ogni lunedì mattina, ormai da anni, un aereo mi porta da Lecce a Roma. E ogni lunedì mattina, davanti alle vetrine in aeroporto, i colori delle terrecotte Colì mi mettono di buon umore. Perché raccontano la storia di una identità territoriale e sottolineano, con chiarezza, un successo imprenditoriale. Il modo in cui un sapere antico, una tradizione artigiana, la passione per un materiale, una vocazione territoriale, una competenza ereditata e affinata attraverso le generazioni, ha saputo nel corso del tempo trasformarsi, innovarsi, ridefinirsi, stare nel mondo, senza perdere nulla del valore dell’origine. Di quel filo con cui, certo non a caso, Enzo Ligori chiude il suo racconto sulla famiglia Colì e, inevitabilmente, su Cutrofiano e perfino sulla sua evoluzione urbanistica: il filo «che parte da quell’Andrea Colì il primo, chino sul desco a tornire vasi intorno al 1650, e questo Andrea Colì l’ultimo – undicesima generazione dal primo Andrea – figlio di Antonio il giovane e pronipote di Antonio il vecchio, che non sa ancora che nel 7
prossimo futuro sarà messo alla rota e, facendola girare, percorrerà con essa l’antica strada della creta, dei Colì, di Cutrofiano». Il libro di Enzo è appassionante. Con pazienza certosina segue le tracce della famiglia Colì e di un albero genealogico ricco e a tratti molto affollato. Con attenzione ai particolari restituisce una storia economica dalle origini antichissime che qui a Cutrofiano ha una delle sue radici più forti. E che, come ci racconta, emerge e ri-emerge continuamente a ogni scavo: pezzi di storia di coccio che, una volta ricomposti, scrive Enzo, vanno a formare la nostra storia di vasai. Eppure, proprio la vicenda della famiglia Colì ci racconta un pezzo di economia e dell’industria salentina per nulla marginali o periferiche, piuttosto vivissime e capaci – da sempre – di viaggiare per il mondo. Una borghesia imprenditoriale ante litteram, in grado di competere sul mercato e, addirittura, di creare forme di cooperazione per poter raggiungere i paesi più lontani e dunque di reggere la competizione internazionale. Quello che oggi chiamiamo internazionalizzazione e che per i Colì, e buona parte del Salento, è stata per secoli pane quotidiano. Con la creta, con l’olio lampante, con il vino, con i tessuti. «Da via Roma al mercato globale» è una metafora felice e riuscitissima ed è avvincente il momento in cui Antonio, 8
decidendo di mettersi in proprio, abbandona via Roma per i Piani, fuori paese, inaugurando una strada (in tutti i sensi) che altri artigiani avrebbero seguito. Così come lo è il modo in cui la parabola invece di concludersi, arenarsi nel turbine di un cambiamento epocale e travolgente, segue il passo, e come anche l’idea stessa di crescita dell’impresa si modifichi sostanzialmente e si trasformi. Non più solo l’ampliamento del capannone, l’assunzione di nuovi addetti, l’incremento della capacità produttiva, tutto quello che ancora adesso chiamiamo core business ma il management, la puntualizzazione del brand, il controllo della qualità, la misura di sé attraverso la relazione con gli altri, la formazione/crescita professionale, la collaborazione con l’università, la ricerca, l’investimento nei materiali. Una dinamica caratterizzata, infine, dalla lucida consapevolezza di una verità assoluta. Che l’esistenza di altre aziende simili non sia un limite ma un vantaggio, e che l’ampliamento dei segmenti di mercato non è l’esito dell’assenza di competitor territoriali, tutt’altro. Se gli altri chiudono, dice Antonio, «per noi è una perdita: segmenti di clientela della ceramica si sposteranno verso altri prodotti, e noi non saremo in grado di subentrare a chi si ritira». Un monito che un imprenditore ci consegna e di cui bisognerebbe fare tesoro più di quanto non avvenga o non sia avvenuto proprio in questo territorio. Quella atavica difficoltà a fare rete, a essere distretto, a 9
essere in relazione con le altre imprese divenuta ben presto una empasse anche nella competizione internazionale e nel posizionamento sui mercati esteri. Antonio Colì, forte di una storia centenaria e di una passione antica, con semplicità ci dice che una terra fatta di singolarità, anche eccellenti ma solitarie, alla fine è più debole e meno capace di cogliere e accogliere nel tempo giusto i segnali del cambiamento. Abituate da millenni ai commerci e agli scambi, immagino che le crete lo abbiano sempre saputo.
* Viceministro dello Sviluppo Economico. 10
L’insegnamento non muore di Antonio Colì*
È da alcuni anni che con Enzo Ligori coltiviamo l’idea di documentare l’inscindibile rapporto tra la famiglia Colì e il proprio territorio. Gli ingredienti non mancano: un’attività tra le più antiche e affascinanti del mondo, e tra le principali tipicità artigianali d’Italia; un piccolo paese, Cutrofiano, che si contraddistingue da sempre per la produzione della ceramica; una famiglia che rappresenta questa tipicità e che, attraverso lo scorrere dei secoli, non ha mai abbandonato l’uso sapiente delle mani, abili nella trasformazione di un pezzo di terra in un manufatto conosciuto e apprezzato ormai in tutto il mondo. Nella famiglia Colì, la passione per «l’arte di lavorar la creta» ha un grande effetto sulle generazioni successive: crea forte dipendenza, genera uno stato d’ansia da cui non ci si libera fino a quando il cuore, attraverso le nude mani, non avvolge un pezzo di argilla informe che, ruotando sul tornio, assume la fisionomia voluta. 11
Enzo ha saputo rappresentare, con apparente semplicità e attraverso le varie generazioni dei Colì, l’evoluzione della ceramica a Cutrofiano: partendo da una puteca (bottega) è stata creata una fiorente realtà internazionale, per approdare poi all’acquisizione di ulteriori marchi di settore riconosciuti anche oltre i confini nazionali. Il raggiungimento di questi obiettivi non rappresenta, per la famiglia Colì, delle medaglie da cucire sul petto, ma un normale svolgimento di un compito di responsabilità, una mission che pone al centro del proprio universo la massimizzazione del numero di utenti dei prodotti in ceramica artigianale: proprio così, perché ogni azienda che cessa non crea spazio alle altre, ma disperde i propri clienti, e nessuno, da solo, sarà mai in grado di coprire il nostro pianeta di prodotti. Devo essere sincero: leggendo le pagine del libro mi sono scappate le lacrime. Quando l’autore parla di nonno Uccio (Antonio il vecchio) ho rivissuto tutti i momenti in cui mi faceva scola, cioè mi insegnava la vita mediante il suo vissuto e quello dei suoi figli, Donato mio padre e Rocco mio zio, una vita fatta di sacrifici ma anche di tante soddisfazioni. Per me è un vanto essere andato ai mercati con lui, essermi bagnato durante la pioggia che, improvvisa, ce li “rovinava”, quando bisognava prima di tutto coprire le trombe (sì, le trombe! Quelle che suonano, fatte in terracotta) perché altrimenti il colore si sarebbe sciolto. 12
Ed è un vanto per noi essere stati nei secoli, e di essere tuttora, un’unica famiglia, con tanti fratelli, i nostri padri, Donato e Rocco, e noi figli, noi cugini, Donato, Massimo e Giuseppe, cugini ma fratelli, non di sangue, ma di creta: non a caso l’azienda si chiama Fratelli Colì. L’occasione del centenario della nascita di nonno Uccio ha contribuito alla definizione della data per l’uscita di questo libro. Nel nome e in onore di nonno Uccio la famiglia dei Fratelli Colì vuole testimoniare, con gratitudine e sobrietà, che anche quando le persone fisicamente mancano, il loro insegnamento non muore.
* Amministratore Unico Fratelli Colì. 13
Cutrofiano – kuthra. La ceramica dai Messapi a noi
A vintiquattro giugno del mille seicento ottant’otto, fatte le tré solite denuncie in tré giorni di festa di precetto continui, frà le sollenità della Messa, cioè la prima alle sei di giugno giorno di domenica Pascha di Pentecoste, la seconda à sette d. seconda festa, la terza all’otto d. terza festa di Pascha, nella Parrochiale di questa Terra di Cutrufiano, non essendovi scoverto alcuno impedimento, et havuta la licenza dal Sig. Vicario Generale d’Otranto, che possi celebrare il Matrimonio trà Giovan Pietro Colì, figlio del quondam Vincenzo Colì e di Margarita Giannachi, con Cornelia Ligori, figlia d’Agostino Ligori e di Padovana Mastr’Antonio, stante che nella sua Corte s’è provato il libero stato loro di poterlo contrahere secondo l’Istruzioni della Sacra Congregazione del S. Officio, Io Don Bonafede d’Alessandro, Paroco di detta Terra di Cutrufiano, havendo nell’istessa Chiesa dimandato 15
li predetti Giovan Pietro e Cornelia, et havuto il loro scambievole consenso, l’ho congionti sollenemente in Matrimonio con parole di presente secondo la disposizione e forma del Sacro Concilio di Trento. Presenti per testimonij da me ben conosciuti Francesco Maria Basilio di detta Terra, e Giuseppe Bucci, e doppo furono da me, secondo il Rito di S.M. Chiesa, benedetti nella celebrazione della Messa.
È questa la prima celebrazione registrata nel Liber Matrimoniorum Terre Cutrufiani ab anno 1688, il registro parrocchiale più antico giunto fino a noi, essendo andati perduti i precedenti, redatti probabilmente a far data da un centinaio di anni prima, e cioè dopo la chiusura del Concilio di Trento (1563) che impose tale regola. È un caso che sia proprio un Colì ad aprire il Libro dei matrimoni, ma è un caso che ben rappresenta la comunità cui si riferisce. Nessuno meglio di un esponente di questa famiglia, anzi di questo clan, potrebbe rappresentare più adeguatamente la comunità insediata ai bordi di una estesa palude, su una terra perciò argillosa dalla quale ha da sempre saputo succhiare la vita due e tre volte: in superficie, raccogliendo i frutti del coltivato; al di sotto, finché ha potuto o non ha trovato di meglio, cavando la creta, la preziosa materia prima dei manufatti dell’industria figulina; e in profondo, per circa un secolo, estraendo da cave ipogee il candido calcare con cui ha edificato tra la 16
fine dell’Ottocento e la fine del secolo successivo. Parlare dei Colì, perciò, è parlare di Cutrofiano. E Cutrofiano è kuthra, vaso di creta, già nel nome. Cutrofiano è industria ceramica documentata fin da epoca messapica e poi romana, medievale e rinascimentale. In epoca barocca, poi, la corporazione dei vasai è protagonista dell’edificazione della bella Congrega, uno degli edifici più rappresentativi del barocco salentino di fine Settecento. Cutrofiano non ha mai interrotto la sua produzione, come attestano i numerosi reperti, riferibili a epoche diverse e continue, che costituiscono il Museo civico. Intorno all’antico casale di Cutrofiano, ritrovamenti casuali ma anche saggi scientifici in quelli che furono villaggi o ville rustiche di epoca romana hanno restituito non solo oggetti di uso comune o resti di impianti termici, ma anche resti di lavorazione, fosse e depositi di scarti d’industria (Badia delle Calohere a nord ovest), e perfino una fornace vecchia circa duemila anni (Scacciato, a nordest), costruita con tecnica identica alla fornace setteottocentesca nella bottega dei Colì di via Roma, identica a quella che i Colì costruirono nella bottega dei Piani a metà Novecento, e perfino uguale a quella che usarono i primi tempi (anni ’70-’80) nell’attuale insediamento della zona industriale: solo il forno a ciclo continuo, simile a una catena di montaggio, alimentato a metano, ha mandato in pensione la fornace a tecnica messapica, o comunque tecnica antica: un piano forato sul quale venivano stipate 17
le opere del tornio precedentemente essiccate al sole, in un vano (la fornace) costruito quasi come un trullo, con alcuni fori nella volta; al di sotto del piano forato una profonda gola ingoiava ramaglie d’ulivo (un tempo la legna secca caduta spontaneamente nella vasta Macchia o Foresta di Cutrofiano) restituite dai fori superiori in forma di lingue di fuoco libere dopo aver attraversato la fornace stipata di vasi. Lambiti dalle fiamme, in un ambiente reso incandescente, i vasi giungevano a cottura, se il maestro era bravo e non sbagliava il calcolo della temperatura, ed era bravo a chiudere alcuni fori nella parte superiore (le zinfunìe) per indirizzare le fiamme in altre zone della fornace; perché una distribuzione non uniforme del calore poteva surriscaldare alcuni vasi e portarli al limite della fusione, o lasciare imperfetti, tenenti – dice Antonio Colì – gli altri; così pure un improvviso contrasto di temperatura, o una impurità nell’argilla poteva farli schiattare. E se andava male la cottura, addio lavoro di mesi, bisognava buttare tutto, anzi nasconderlo in fosse di scarti, perché non era bene che si sapesse in giro che il maestro di fornace era stato inetto. Ma anche nel centro storico, a Cutrofiano, ogni scavo restituisce pezzi di storia di coccio, che, pazientemente ricomposti, vanno a formare la nostra storia di vasai: cothamari, nel nostro dialetto, creatori di kothyme, vasi di terracotta nella lingua grika che qui si usò insieme al rito cattolico-greco fino all’inizio del Seicento.
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Cutrofiano. Antica bottega ColĂŹ in via Roma. (Ph. L. Cesari).
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Archivio di Stato, Lecce. Frontespizio del Catasto Onciario di Cutrofiano. 1750 circa.
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Immagini tra passato e presente
L’area di Cutrofiano in una carta del 1620. A sud sono segnati i casali di Francavilla e di Sombrino (scomparsi alla fine del ‘400). I proprietari delle fornaci di Francavilla per privilegio di Carlo VIII potevano usare la legna secca della Foresta di Cutrofiano per cuocere i laterizi. Si notino i quattro laghetti (paludi) tra Sombrino e Scorrano.
Aerofotogrammetria territorio a ovest di Cutrofiano. Le aree azzurre indicano l’antica palude grande tra Badia e Scacciato. A sinistra paludi delle Lustrelle. In basso area detta Patuleddha. Altre paludi insistevano in territorio di Sombrino. Le frecce in verde indicano il Bosco Chiusa (S. Antonio) e altre piccole superfici sopravvissute alla scomparsa dell’antica Foresta di Cutrofiano.
Cutrofiano, localitĂ Scacciato. Fornace di epoca romana imperiale. (Ph. L. Cesari).
Cutrofiano, antica fornace Colì di via Roma. La calotta vista dall’interno (sotto) e dall’esterno (sopra), con i fori-zinfunìe otturati con piatti e pignatte. (Ph. L. Cesari).
Cutrofiano, zona industriale. Forno a ciclo continuo Fratelli ColĂŹ. Uscita di pentole da fuoco (testi).
Cutrofiano, Museo della Ceramica. Tornio.
Cutrofiano, laboratorio Fratelli Colì. La rota di Antonio Colì il vecchio.
Statuine in terracotta al museo.
Pupi da presepe dei Fratelli Colì.
Antica bottega ColĂŹ di via Roma. Angolo con strumenti di lavoro della tradizione. (Ph. L. Cesari).
Cutrofiano, azienda Fratelli ColĂŹ, Processo di invetriatura del biscotto (il vaso di ceramica grezzo dapprima essiccato e poi cotto una prima volta). Il vaso viene controllato e quindi immerso in una malta liquida che durante il processo di seconda cottura nel forno assume la forma di vetro trasparente o del colore stabilito.
Cutrofiano. Museo della Ceramica. Menza, ‘mbili, piatti. (Ph. J. Amato).
Tegami da fuoco (testi), tradizionale e moderno.
Cutrofiano. A sinistra: Museo della Ceramica, piatto decorato a incisione e (in basso) antico recipiente in terracotta per la separazione dei piatti da infornare detta “casaâ€?. A destra: laboratorio Fratelli ColĂŹ, piatto decorato ad incisione e (in basso) moderno sistema di impilatura dei piatti per la cottura nella fornace a ciclo continuo.
Cutrofiano, in alto, Museo della Ceramica, decorazioni con richiamo a figure umane. In basso, laboratorio Fratelli ColĂŹ, contenitori antropomorfi.
Cutrofiano. Museo della Ceramica, in alto, a sinistra copertura di comignolo; a destra contenitore per bambino in fasce. In basso, vasi, piatti e pentole da fuoco di varie epoche.
Cutrofiano. Laboratorio Fratelli ColĂŹ. Alcune fasi di lavorazione e controllo dei manufatti.
Cutrofiano. Museo della Ceramica, vari recipienti.
Immagine dal Museo della Ceramica di Cutrofiano. Il Mercato di piazza Alighieri a Galatina ai primi del Novecento.
Azienda Fratelli ColĂŹ: interno punto vendita, vista esterna e insegna.
Finito di stampare nel mese di marzo 2017 da Torgraf - Galatina (Le)