Parole Sante versi per una metamorfosi Antologia di poesia a cura dell’associazione culturale Orto dei Tu’rat
Edizioni Kurumuny Sede legale Via Palermo 13 – 73021 Calimera (Le) Sede operativa Via San Pantaleo 12 – 73020 Martignano (Le) Tel e Fax 0832 801528 www.kurumuny.it – info@kurumuny.it ISBN 9788898773688 In copertina: “Sequenza” di Stefania De Salvador, 2013; tecnica mista su tela 70x100 © Edizioni Kurumuny – 2016
A zio Lele che nel ventre nel suo ventre della sua lingua ha costruito l’universo infinito della favola. Che meraviglia.
Scrivere col sangue delle parole
La bellezza ha spoglie che non mentono mai. E non voglio pensare a quella disegnata su volti e corpi che prima o poi, andranno in disfacimento; no, c’è un’altra bellezza, che trasuda dalle parole cucite insieme da “alchimisti” che, il dono di poterlo fare se lo sono ritrovato dentro, naturalmente, ineluttabilmente. Se soltanto, Toma, avesse potuto immaginare che un giorno, alcuni suoi versi custoditi tra le pagine candide del Canzoniere della Morte avrebbero preso corpo e, come gocce nebulizzate a mezz’aria, si fossero poi lasciate cadere nel punto in cui, nella penombra di un afflato scoccano scintille di parole nelle teste dei poeti, se solo lo avesse immaginato... forse, se ne sarebbe andato col cuore meno gonfio di dolore. Aprono, le suggestioni liriche di Salvatore Toma, lo sguardo su quel “luogo” della poesia che risponde al nome di Parole Sante. Un luogo, che nasce dentro un altro luogo: l’Orto dei Tu’rat, con le sue mezzelune incantate e i rituali di arte e convivio; ma anche, un luogo capace di 7
farsi ponte, sospeso tra il Salento e ogni altrove che abbia voglia di esserci, dall’altra parte. Le parole liberano dall’ansia, distribuiscono nenie, cullano i bambini, raccontano storie, massaggiano le tempie; e in questo luogo nel luogo, si fanno danza al chiarore delle stelle che si affacciano all’imbrunire; e poi, sorreggono le pietre incuneate nell’incavo del solco, diventano finestre che danno su scenari multiformi e bellissimi; infine, quando il buio s’impasta alla luna, il loro suono trasmuta in melodia le acredini abbarbicate sul crinale del sogno. All’Orto, se ci vai una volta, ci ritorni, è sicuro. È quasi un posto dell’anima, con una mistica che non ti spieghi; e avviene che, le stagioni, come le fasi lunari, lo aiutino a restare vivo... in movimento. È nell’ordine delle cose che ciò avvenga; così, le brutte arrivano col fuoco, e col vento impazzito, e distruggono piante, frutti, speranze e progetti per un mondo migliore; le belle, arrivano anche loro col vento, e con la voglia di non arrendersi, con quella di ricominciare e di ricostruire, con le idee, gli amici, la musica, la poesia... la voglia di fare. È un bastione l’Orto dei Tu’rat, un porto franco per la cultura, un crocevia quasi a Oriente, un setaccio di antiche cure per soccorrere un territorio a rischio desertificazione. Poi, l’Orto è anche un pretesto, un’opera d’arte, un mi8
crocosmo. È provocazione, sfida, proposta. Andarci dopo l’ultimo rogo è stato surreale, neanche la devastante potenza del fuoco è riuscita a corromperne la bellezza; il tutto, appariva sospeso tra un quadro di Cèzanne e la cornice di una piece teatrale. Si scatena da scenari come questi un’ispirazione atipica, e si avvia quel “disperato” tentativo di mettere in sintonia voci, che dall’aria, dalla terra e dal cuore, pulsano e fuoriescono per legarsi in una frase, un pensiero... un sentire. Che siano i venti da sud o quelli freddi che battono da nord, che siano palpiti vitali, paesaggi mozzafiato, o, quel male di vivere causa (e caprio espiatoro) di tanti sfoghi poetici, tutto, alla fine, riconduce ad un nugolo di poeti che, con tutte le loro forze... e con le parole: vorrebbero salvare il mondo. Roberto Molle
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I poeti, sì, che nominano l’universo
Parole Sante è un’antologia poetica e al tempo stesso un sogno che abbiamo costruito in tanti assieme per dare forza a un discorso ambientale che porta il nome di Orto dei Tu’rat. Un discorso corale che intesse un dialogo con la terra e prova a costruire un percorso che ha a che fare con il futuro di tutti noi, con l’afflato che nutre la terra e con essa la possibilità di pensare il domani. Non è consueto che un verso diventi rugiada e che la voce di un poeta germogli tra le pietre rupestri dei muretti a secco, eppure è proprio questa la metamorfosi che, verso dopo verso, porta questa antologia a diventare ulivo, giuggiolo, pero spinoso. Lo suggerisce con immensa efficacia “Sequenza” la splendida opera di Stefania De Salvador che abbiamo il privilegio di poter riportare in copertina, una tecnica mista su tela 70x100, ispirata al celebre ciclo musicale di Luciano Berio. 11
Un dono di cui siamo riconoscenti a Stefania e che entra in perfetta sintonia con lo spirito della nostra ricerca, proprio in virtù del fatto che come tutti i suoi lavori anche questo è incentrato su una sua scrupolosa poesia del paesaggio. “Un paesaggio silenzioso – scrive Sergio Rotino – privato di ogni presenza umana, un paesaggio che dal vuoto prende vita e movimento”. È infatti attraverso una ricerca sui dipinti tardo medioevali e rinascimentali che la pittura di Stefania rivisita la natura fino ad arrivare a proporci questa gemma che pare tendersi tenacemente verso il cielo a portare il paesaggio oltre i propri limiti performativi, quasi a diventare strumento di lotta e forza propulsiva per il sostegno a un’idea. C’è nelle sue tele una natura che sentiamo umana, come scrive Angelo Ferracuti, umana nella sua bellezza terrigna ma anche nello stato perturbante della sua continua metamorfosi. Ed è proprio “metamorfosi” la parola di cui facciamo esperienza attraverso questo testo. È successo l’autunno scorso che, grazie ai fondi ricavati dalla distribuzione della prima antologia, abbiamo potuto restituire forza alle pietre Tu’rat uscite da poco da un devastante incendio doloso, impiantando nel parco ottanta ulivi della specie oliarola e 12
cellina, e proseguendo così nella realizzazione di quella poesia del verde e della pietra che è l’alfabeto base del nostro discorso sul paesaggio. Per chi non ha avuto ancora modo di conoscere l’Orto dei Tu’rat è bene spiegare che si tratta di un sistema di irrigazione che ripropone una tecnica arcaica, una tecnica che è stata riconosciuta come il principio arcaico dell’Oasi nel deserto del Negev, e che abbiamo cercato di riproporre in Salento proprio perché è il lembo d’Italia considerato a maggior rischio di desertificazione. Si tratta di un progetto unico per forza innovativa che cerca, attraverso grandi condensatori di umidità costruiti in pietra a secco, chiamati appunto Tu’rat, di raccogliere le particelle di acqua contenute nel vento, creando una poesia di rugiada permanente che nutre le piante senza irrigazione meccanica. Strutture di pietra, che non hanno altro legante se non l’idea poetica di un acqua che si produce negli anfratti d’ombra e scende al suo per percolamento. Sarà perché, come scrive Paolo Vachino, le pietre sanno tenere una posizione senza essere confine, o perché certi luoghi, come scrive Michele Bellazzini, si aprono a una bellezza che arriva intatta in volo, tra le braccia stesse del pianeta o perché ancora, come scrive Giuseppe Ciarallo, se non si cercano 13
seriamente strategie per invertire la rotta, potrebbe davvero diventare destino comune quello di morire di fame o perché ancora come scrive Sergio Rotino, simu lu ranu / simu stati // li tienti te / la terra la / petra ca ni / serra sutta siamo il grano / lo siamo stati // i denti del / la terra la / pietra che ci / serra sotto // la terra tutta
Come tutti gli anni anche quest’anno abbiamo indicato ai poeti un verso ispiratore, una sorta di traccia per raccordarsi attorno ad un’idea. Quest’anno è un verso di Salvatore Toma, (11 maggio 1951 – 17 marzo 1987) il poeta “maledetto” di Maglie (Le) che considerava i poeti prima di tutto degli scienziati con i piedi per terra perché, diceva, sulla luna i poeti ci sono andati appena nati. È un poeta capace di sorprendere, Salvatore Toma, conosciuto soprattutto per il suo bellissimo Canzoniere della Morte, uscito postumo per Einaudi nel 1999. È lui che scrive A me Dio piace indovinarlo in una pietra qualunque
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Un verso che è anche invito alla ricerca del meraviglioso, quel meraviglioso che, calato nella vita “particolare” di Salvatore Toma, ci arriva come lezione e anche iniziazione costante alla bellezza. Perché i poeti sì che sanno nominare l’universo
Sono tanti i poeti a cui rivolgiamo il nostro grazie per aver donato con tanta generosità i propri componimenti, poeti salentini, liguri, lombardi, friulani, molisani, emiliani, inglesi e romagnoli. Tra loro c’è Roberto Molle che ha curato la direzione artistica di una parte importante di questa antologia. E poi c’è Raff, Raffaele bb Lazzara, un amico insostituibile, una parte fondamentale di questa avventura poetica, che purtroppo, ci ha lasciato durante la lavorazione di questa seconda antologia. A lui dobbiamo il coraggio di fare della poesia la vena performativa in grado di aprire a tutti la cancellata dell’Orto dei Tu’rat, aprirla a suggestioni nuove, alle lingue vere, ai versi che sanno riconoscersi per vibrare assieme dello spirito autentico di un legame. Raff è stato un grande sostenitore dell’importanza della lingua madre nell’universo poetico contem15
poraneo, qualunque lingua essa fosse, lui, la cui lingua privilegiata era il friulano attraverso il quale scriveva: E une dì, di bot a ti samee di jessi tal puest. Just dut alì, i arbui la mont il bar une siore scove il marcjepît passe une bici un gjat al duar. Crodimi fie, e je dure samee simpri in sù la strade samee di no rivâ mai di nissune bande ma prime o dopo in cualchi lûc tu sês.
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E un giorno, / di colpo / ti sembra / di essere al posto / giusto. // Tutto è li, / gli alberi / il colle / il bar / una donna spazza il marciapiede / passa una bici / un gatto dorme. // Credimi figlia, / è dura / sembra sempre in salita la strada / sembra di non arrivare / mai / da nessuna parte / ma prima o dopo / in qualche posto / sei.
Per noi redattori di questa antologia, essere con Raffaele è stata l’esperienza irripetibile di essere al posto giusto. Tante sue suggestioni che negli anni ci hanno plasmato lo sguardo, tante sue intuizioni che all’inizio sembravano solo versi e invece poi sono entrate nella vita, come radici di senso profondo. Sarà per questo che non abbiamo più paura delle streghe, perché abbiamo visto tante cose brutte intorno a noi, ma abbiamo visto anche tante meraviglie. No ai pore da li sstriis Jo Cumò Mame Noi ai pore da li strise.
Grazie a Raffaele, indimenticabile, fratello, poeta pirata cantastorie. 17
Grazie a chi, procurandosi questa antologia, ha deciso di sostenerci aggiungendo un mattone poetico alla poesia dell’acqua e della pietra. Milena Magnani (per Ass. Orto Tu’rat) www.ortodeiturat.it
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Appunti per un Orto Salentino agosto 2011 In ricordo di Raffaele bb Lazzara un suo testo sull’Orto dei Tu’rat
difint i palés di oràr o aunàr / I nons dai dius grecs o cines Mor di amour par li vignis / E i fics tai orts P. P. Pasolini. My my, hey hey / Rock’nroll is here to stay N. Young.
Con i piedi ancora incerti, sceso dal treno nella bella e rossa terra degli ulivi, muovo i primi passi imprecisi, zoppico barocco dietro allo zio che mi porta nell’orto. L’ora è panica, il cielo è azoto blues. Sono nel silenzio di questa campagna aperta, abitata da pietre, sabbia, cardi e carrubi, finocchi e sterpi. Megaliti. Un bosco di ulivi monumentali alla mia sinistra, una vigna circondata di fichi, mirti e ginestre alla mia destra. Tacere è santo in questo luogo. Tanto silenzio e poi, come in sogno, il ritmo quieto delle
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ali degli uccelli, il mare. Nella terra che dissero del rimorso, con ironica e civile lentezza le persone fanno la fila per pagare alla cassa del fornaio. Sul frigorifero c’è una madonna, protettrice delle bibite. E al bar la ragazza mi restituisce una moneta: «Qui l’acqua non si paga», dice. Ma il pozzo sa di sale. La terra diviene polvere, il deserto avanza. All’ombra si sorseggia un caffè, si fuma una sigaretta. È caldo. Il sole danza nel cielo. Le sorelle parlano nella lingua olimpica e tragica del mare nostro, col suono antico e vero di un’allucinazione. Poi sorge la luna e torniamo nell’orto a camminare tra le sue pietre emozionati in quel biancore, fumando. E poi il dì di festa. In un nodo, un fiocco, un gomitolo di tessiture pelagiche saltano fuori gli scazzamurrieddhi dalle specchie: poeti, scrittori, musicisti, un gruppo di comunarde di Urupia coi loro vini famosi, bolognesi molestatori, donne in cucina, bimbi piromani, l’edicolante barbuto e Milena. Lo zio ha lavorato, ha portato l’acqua, la luce elettrica e ogni cosa, vuoi per la commedia che per la tragedia. Blasfemo come sempre sul sacro suolo del tondo mondo, spengo le mie cicche sulla terra dell’orto e accartoccio lattine di birra. Parole sante. Cosa ne abbiamo fatto del nostro orto? L’orto che 20
abbiamo ereditato dai nostri padri e dalle nostre madri? Un posteggio d’asfalto? Un centro commerciale? Come scrisse una grande poetessa dovremmo domandare agli dèi solo il piacere di perdonarci. Se non lo sappiamo noi, loro lo sanno il perchÊ. Noi, inchiodati alla nostra vita prigioniera di quattro illusioni. Dormienti. Poi, destati in un orto, sotto un cielo deserto.
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AIDAN ANDREW DUN Spent a fantastical childhood in the West Indies and knew his calling for poetry from an early age. In 1968 he returned to London to live with his inspirational grandmother, dancer Marie Rambert, and then spent several years travelling the world with a guitar. AAD was drawn back to London to explore the psychogeography of Kings Cross, magnet to other visionaries before him. In 1995, his poem Vale Royal was launched at the Royal Albert Hall, where he shared the stage with Allen Ginsberg and Paul McCartney. Launching his second epic poem India Cantos (Universal) in 2002, AAD accomplished an American tour, reading in New York, Santa Fe and San Francisco (at City Lights Bookshop). AAD has read alongside David Gascoigne, Ben Okri, Iain Sinclair and Andrew Motion. In 2008 he lectured at the British Library on The Kings Cross Mysteries. Numerous poems have appeared in «The London Magazine», «English», «The Cortland Review», «The Salzburg Review», «Tears in the Fence», «Resurgence», «Scintilla» et al.
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The Uninhabitable City (Goldmark) was published in 2005; Salvia Divinorum (Goldmark ) appeared in 2007. McCool, a verse-novel in 264 sonnets, followed from the same publisher in 2010. Appearing in 2016 (from Skyscraper in the UK and Interlink in the USA) is Unholyland, a verse-novel in 800 sonnets set in Palestine-Israel. Heathcote Williams describes Unholyland as «a pyrotechnic, apocalyptic dance... a powerful meditation on the place where civilization began and where it could end».
Aidan Andrew Dun ha trascorso un’infanzia fantastica nelle Indie Occidentali e ha conosciuto la sua vocazione per la poesia già dalla più tenera età. Nel 1968 è tornato a Londra per vivere con la nonna, la danzatrice Marie Rambert, che per lui è stata una grande fonte d’ispirazione e poi ha trascorso diversi anni in giro per il mondo con una chitarra. AAD è rientrato poi di nuovo a Londra per esplorare la psicogeografia di Kings Cross, già oggetto di studio per altri visionari prima di lui. Nel 1995, la sua poesia Vale Royal è stata lanciata alla Royal Albert Hall, dove ha condiviso il palco con Allen Ginsberg e Paul McCartney. Lanciando il suo secondo poema epico India Cantos
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(Universal) nel 2002, AAD ha compiuto un tour americano, facendo letture a New York, Santa Fe e San Francisco (al City Lights Bookshop). AAD ha letto con David Gascoigne, Ben Okri, Iain Sinclair e Andrew Motion. Nel 2008 ha insegnato presso la British Library su I misteri di Kings Cross. Numerose poesie sono apparse in «The London Magazine», «Inglese», «The Cortland Review», «The Salisburgo Review», «Tears in the Fence», «Resurgence», «Scintilla» et al. La Città Inabitabile (Goldmark) è stato pubblicato nel 2005; Salvia Divinorum (Goldmark) è apparso nel 2007. McCool, un romanzo poetico in 264 sonetti, seguito dallo stesso editore nel 2010. Ha pubblicato nel 2016 Unholyland (per l’editore Skyscraper in the UK e Interlink in the USA), un romanzo poetico in 800 sonetti ambientati nel contesto Palestina-Israele. Heathcote Williams descrive Unholyland come un «componimento pirotecnico, una danza apocalittica... una potente meditazione sul luogo dove la civiltà è iniziata e dove potrebbe finire».
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VITO ANTONIO CONTE È nato, è morto, è nato ancora... Morirà di nuovo e di nuovo rinascerà... Tra le sue recenti pubblicazioni si segnalano: Mai più secondo, (Luca Pensa Editore 2012); In ordine sperso – In origine: silloge del quando in ordine sparso la poesia dove non c’è, (Luca Pensa Editore 2013); Autonome Valutazioni - ovvero: tutta la pioggia che mai hai ascoltato cadere, (Luca Pensa Editore 2014). Per il Magazzino di Poesia di «Spagine» ha pubblicato: Naturalmente (2013) e Se non fosse che... (2014). Ha collaborato col quotidiano «Il Paese Nuovo», nonché con altri quotidiani e riviste cartacee. Suoi scritti sono anche presenti su diversi siti on line e in diverse pubblicazioni corali.
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VALENTINA MAZZOTTA Si occupa di poesia e letteratura dai tempi dell’università, dove si laurea in letteratura inglese con un lavoro di tesi in cui applica le analisi di Propp ai racconti delle vicende di Robin Hood. Chitarrista e bassista, dal 1997 è membro dei gruppo musicale Criamu. Nella produzione musicale del gruppo l’attività artistica di Valentina si incentra sia sulla produzione di forme musicali meticce che sulla ricerca delle potenzialità liberanti e curative di suoni, parole e parole-come-suono. Il suo percorso di indagine teorica ed esperienziale, infatti, si concentra sulle dimensioni spirituali dei suoni-parole e sul loro potere ‘multivocale’ e polisemico di generazione e ri-generazione. Tensioni dialettiche e binarismi sono nominati riconciliati in una attenzione al quotidiano che è concepito come strutturalmente ossimorico e per questo, anche nei momenti emotivamente più difficili, sempre pregno di possibilità e di occasioni di rinascita.
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ROSEMILY PATICCHIO Nata nel 1975 nel Salento, dove ha sempre vissuto conseguendo nel 2002 la Laurea in Beni Culturali, esordisce in campo letterario nel 2012 con la pubblicazione della raccolta poetica “Prima che i germi”, nell’ambito del volume antologico Retrobottega 2, (CFR Edizioni). Successivamente pubblica la plaquette di poesie dal titolo Incipio, (Arca Felice Edizioni). Nell’ottobre 2013 consegue il Premio Astrolabio per originalità del tema nell’ambito dell’omonimo concorso letterario con la silloge inedita Entropie del Sistema Astrale, pubblicata poi nel gennaio 2014 per i Libri Liberi, (LaRecherche edizioni). Negli ultimi anni suoi componimenti sono apparsi in varie antologie e nell’ambito dei Premi “Verba Agrestia 2011”, (Lietocolle) e “Dal manoscritto al libro 2010”, (Perrone). Ha pubblicato racconti sulla rivista per ragazzi «Un due tre stella», (Lupo Editore), e collaborato con vari artisti curando i testi creativi di mostre fotografiche e installazioni nonché in ambito teatrale. Numerosi suoi contributi poetici sono apparsi su riviste letterarie e litblogs. Attualmente svolge attività giornalistica collaborando con testate locali occupandosi di cultura, ambiente e territorio. 41
RAFFAELE BB LAZZARA Militante anarchico fin dai primi anni Ottanta quando frequenta a Milano il circolo del Ponte della Ghisolfa. Ha studiato e si è laureato a Bologna prima di tornare nella regione dei suoi antenati, il Friuli – anche se nacque a Düsseldorf – lì ha affiancato al lavoro con persone disabili a un’intensa attività poetica in lingua friulana di cui è l’artista più visionario. Intimo di Federico Tavan ha animato i fermenti letterari locali più innovativi come Usmis e ha fondato i Trastolons – poeti senza legge per lingue caraibiche. Compagno intransigente, provocatorio, artista onesto e generoso. Ci hai lasciato improvvisamente nel mese di giungo durante i lavori di questa seconda antologia.
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PINA PETRACCA Insegnante di Laboratorio di Chimica presso l’I.I.S.S. “Don Tonino Bello” di Tricase, nata a San Cassiano (LE) e residente a Surano (LE), comincia a scrivere versi già all’età di sette anni e pur non avendo studi classici da sempre porta avanti la passione per la poesia e per tutto ciò che ha a che fare con l’arte poetica. Ha pubblicato nel 1999 la sua prima raccolta di poesie dal titolo Inno alla vita, nel 2007 ha pubblicato il volume L’Antidoto, nel luglio 2013 viene pubblicato il libro Il senso dell’incanto della pittrice Laura Petracca che raccoglie dipinti e poesie di Pina a essi ispirate e con una prefazione dell’attrice Paola Pitagora. Inoltre ha partecipato a diversi reading di poesia e a concorsi nazionali conseguendo in varie occasioni menzioni speciali e premi.
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PAOLO VACHINO È nato a Ivrea nel 1965 e all’età di vent’anni si è trasferito a Rimini, dove attualmente vive nel borgo di San Giuliano con la sua compagna, due gatti nudi e un levriero. Poeta e narratore – è un verbiscalco che attende alla ferratura delle parole. Scrive come respira, rima come mastica. Da anni cerca di poesistere: affrontare un’esistenza intrisa di poesia. Nel 1990 ha vinto un torneo di ping pong.
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PAOLO COCEANCIG Nato più di cinquant’anni fa in un paesino in provincia di Gorizia, a due passi dal confine sloveno. A 19 anni si sposta a Bologna dove parecchi anni dopo si laurea al DAMS (Comunicazione e Spettacolo) con una tesi sul teatro dialettale friulano e in particolare sull’opera del giovane Pasolini. Parallelamente comincia l’attività professionale, che svolge tuttora, come Educatore. Ha lavorato per diversi anni in comunità alloggio, al carcere minorile di Bologna, in vari progetti a favore di minori in condizione di disagio sociale. Oggi lavora al Dipartimento di Salute Mentale della città di Bologna. Per quel che concerne l’attività letteraria, è stato selezionato nella sezione “Poesia” della Biennale Giovani del Mediterraneo (Bologna 1988), grazie alla quale ha potuto pubblicare poesie in diverse riviste e fare alcune letture in pubblico. Per alcuni anni ha continuato a scrivere poesie, la maggior parte in friulano, alcune delle quali sono state pubblicate su riviste friulane. Diventato adulto ha cominciato a scrivere solamente in prosa; dopo i cinquanta, ritornato bambino, ha ripreso a scrivere poesie.
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MINO SPECOLIZZI Nasce a Racale, attualmente vive a Bologna, svolge la professione di muratore.
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MICHELE BELLAZZINI Nasce a Santa Margherita Ligure nel 1966 e vive da trent’anni a Bologna dove lavora come ricercatore presso l’Istituto Nazionale di AstroFisica.
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MASSIMILIANO ROSSI Nasce nel capoluogo emiliano, dove lavora come educatore presso una cooperativa privata che si occupa di disabilità. Sin dalla giovane età si diletta a scrivere racconti, alcuni dei quali pubblicati dalla casa editrice Montecovello; alcune poesie, invece, sono apparse in volumi antologici dell’editrice romana Pagine.
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IRENE ESTER LEO Classe 1980. Laureata in Storia dell’arte moderna presso l’Università del Salento. Maestro d’arte applicata, critico d’arte, illustratrice. Ha esordito con Canto Blues alla deriva, (Besa 2006). Sue poesie sono state inserite nella rivista letteraria «Incroci» diretta da L. Angiuli e R. Nigro, (Adda Editore 2009). Ha pubblicato Sudapest, (Besa 2009); Io innalzo fiammiferi, (Lietocolle 2009), primo classificato al Premio Letterario Nazionale di Calabria e Basilicata I Edizione 2010 – Città di Trebisacce; Il segreto delle fragole, (Lietocolle 2010). È stata recensita da Maurizio Cucchi, Davide Rondoni ed Elio Pecora. Sue poesie sono state pubblicate in diverse antologie, su importanti riviste letterarie nazionali e internazionali. Ha partecipato alla “Biennale dei giovani artisti d’Europa e del Mediterraneo”, (Skopje, settembre 2009) entrando a far parte della rosa dei finalisti per la sezione “scritture” con un testo pubblicato nell’Antologia “Giovani Inkiostri” 2009 edito.
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GIUSEPPE CIARALLO Nasce nel 1958 a Milano. Ha pubblicato tre raccolte di short stories, Racconti per sax tenore, (1994); Amori a serramanico, (1999); Le spade non bastano mai, (Paginauno 2016); l’opera di satira politica in endecasillabi DanteSka, (Paginauno 2011). Ha partecipato alle collettanee Sorci verdi, (Alegre 2011); Lavoro vivo, (Alegre 2012) e Festa d’aprile, (Tempesta 2015). Suoi lavori compaiono in numerose raccolte di poesia. Redattore di «Nuova Rivista Letteraria», scrive di letteratura, satira, politica su numerose riviste.
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GIULIANA COPPOLA Lucugnano suo luogo di nascita; Maglie e il Liceo Capece e la libreria Einaudi i suoi spazi di cultura e d’incontri; Lecce la sua patria d’elezione. Dottore in lettere classiche, docente e giornalista; la ricerca, la lettura e la scrittura sono la sua vita; un viaggio continuo tra passato e presente incontro a storiepersone.
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GIOVANNI SANTESE Scrive quando ritiene che in quel dato momento non possa fare altro. Pubblica libri di poesie quando sente che è arrivato il momento di liberare le parole. Frequenta convivi di poesia o di letteratura solo se pensa sia una buona occasione d’incontro. Gli capita anche di fare l’amore ma non di rado ultimamente, ha pensato che forse poteva fare altro.
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FRANCO VENTURA Ăˆ nato nel 1942 a Sannicola (Le). Diplomato presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce; ha insegnato educazione artistica nelle scuole medie. Pittore e poeta, dal 1964 ha partecipato con successo a svariate rassegne nazionali e internazionali di pittura e poesia. Ha pubblicato sei raccolte di poesia.
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ENRICO MOLLE 25 anni (di Gemini), vive e studia a Lecce. Appassionato di letteratura e poesia, ha scelto di approfondirne lo studio conseguendo la laurea triennale in lettere moderne presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università del Salento ed è in procinto di laurearsi in quella magistrale. Da un paio d’anni collabora con il Consorzio Autori del Mediterraneo.
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ELIANA FORCIGNANÒ Eliana Forcignanò (1983) vive e lavora a Lecce. Dopo la Laurea in Filosofia, sta concludendo il dottorato di ricerca in Scienze della Mente con una tesi su Jung. Ha esordito in poesia nel 2007 con la silloge Fiato corto, (LietoColle) e successivamente ha pubblicato Guerrigliera con «I Quaderni del Bardo». In preparazione il suo ultimo lavoro E libera non nacqui.
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DANIELA LIVIELLO Daniela Liviello è nata a Taviano. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia. Interventi, poesie e testi di narrativa sono apparsi su riviste e lavori collettanei.
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ANNA MARIA MANGIA Nasce a Zurigo da emigranti salentini e vive nel Salento dal 1980, dove si occupa di comunicazione e dove nascono le sue tre figlie. La prima esperienza che la porta ad “aprirsi” alla poesia la vive nel 2004 con il laboratorio tenuto da Giovanni Lindo Ferretti nell’ambito de La Notte della Taranta, cui segue l’anno successivo la pubblicazione della raccolta Il Sibilo Lungo, con i contributi di tutti i partecipanti al laboratorio. Da allora partecipa a diverse pubbliche letture e nel 2006 escono alcuni suoi contributi nella raccolta poetica Majanu, (Calcangeli). Nel 2010 autoproduce e presenta in diverse occasioni la plaquette Tredici di me.
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SERGIO ROTINO È nato a Lecce, vive a Bologna dove lavora per l’editoria e la formazione. Scrittore, critico letterario, conduttore radiofonico e docente in corsi di scrittura. Dal 2010 organizza la rassegna “Paesaggi di poesia” presso gli spazi della libreria Ibs.it. Nel 2015 la rassegna si fa itinerante e viene ospitata anche dalle librerie Trame, Modo Infoshop, Irnerio Ubik e presso gli spazi di AtelierSì. È stato curatore di varie antologie. Suoi racconti e poesie appaiono in svariate antologie e riviste in cartaceo e in elettronico, sia italiane che estere.
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GIANNA MILO Nata a Taranto il 12 marzo del 1961, vive a Bologna dove lavora in ambito sanitario. Scrive da sempre per sola passione personale. Ha pubblicato on line, nell’antologia la Luna e il drago, (Ed. Eif 2011) e nell’antologia Parole Sante, (Kurumuny 2015).
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Indice dei nomi
Aidan Andrew Dun Anna Maria Mangia Daniela Liviello Eliana Forcignanò Enrico Molle Franco Ventura Gianna Milo Giovanni Santese Giuliana Coppola Giuseppe Ciarallo Irene Ester Leo
Massimiliano Rossi Michele Bellazzini Mino Specolizzi Paolo Coceancig Paolo Vachino Pina Petracca Raffaele BB Lazzara Rosemily Paticchio Sergio Rotino Valentina Mazzotta Vito Antonio Conte