Certo che...
La Corona
Giampiero Raspetti
Raffaela Trequattrini Con un Presidente del Consiglio operaio e un Santo Padre umile lavoratore, è il caso che ci prepariamo subito a diventare un popolo di dirigenti, altrimenti chi detterà le regole in questo Paese? E’ naturale che il povero operaio a volte prenda iniziative personali discutibili se nessuno gli spiega quello che deve fare! E anche l’umile lavoratore mi sembra abbia qualche difficoltà a ricordare le direttive lasciate dal Signore della vigna… Lui era davvero umile ed estremamente tollerante! Non ha mai attribuito ruoli a nessuno. Ha detto date a Cesare quel che è di Cesare e chi mi ama mi segua. Non ha dettato leggi, ma solo princìpi. Niente per forza, tutto per amore. Da diversi secoli a questa parte, però, molti suoi umili servi hanno travisato il messaggio. Alcuni, in passato, hanno addirittura ucciso, torturato, condotto guerre lunghe e sanguinose… Cervellifoto
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I fantasmi senza giustizia di Portopalo
Sandro Tomassini
Abbiamo raccontato su queste pagine la strage di Portopalo, della carretta del mare, carica fino all’inverosimile di clandestini diretti nel nostro paese, che si inabissò nel Canale di Sicilia la notte di Natale del 1996. Da allora 283 corpi giacciono sul fondale, sono stati individuati e fotografati, ma nessuno fino ad oggi li ha ripescati. L’Italia non ha la competenza, dice il governo. È in corso un processo a Siracusa. Gli ottanta responsabili della strage sono stati individuati e l’hanno fatta franca; tutti
A livello politico, il mutamento più evidente lo abbiamo avuto nel costume…di scena, visto che da un ritratto del politico effigiato nell’immaginario collettivo come grigio e intrigante mestatore, un po’ untore e un po’ monatto, si è passati, senza soluzione di continuità, ad un vero e proprio show di prime donne che sorridono a 32 candele e 27 pollici (lo schermo al plasma è ancora poco usato perché gli italiani quel poco sangue che rimane in circolazione, cercano di tenerselo nelle vene…). Per l’effetto domino, noto
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Francesco Borzini
N° 4 - Aprile 2005 (24)
Muta... menti
A PAGINA 5 Reggae Fistols 6-7 I forum de La Pagina Il commercio a Terni 8-9 Cantamaggio d’autore I carri vestiti da Marcello Camorani 11 Tiffaniadi 13 Roberto Gentileschi Federico Li Gobbi 14 I viaggi di Sergio 15 Piediluco Vecchia Osteria
Memento castrare semper
Vincenzo Policreti
Ti do un euro. Mi dai un euro. Sempre un euro abbiamo. Ti do un’idea, mi dai un’idea, due idee abbiamo. La discussione sul commercio, dunque, non si limiti a valutare come far passare un euro dal proprio portafoglio a quello di un vicino di casa. Gli euro devono venire da lontano: ci vuole un progetto di città, di territorio. Un territorio che noi riteniamo ricchissimo, ma che altri sbirciano solo da una cappa partitica o lobbystica ormai obsoleta, alla affannosa ricerca di qualche incarichetto. Ma, se un progetto va male, dopo, come mangio? Così, non s’è mai visto amministratore ternano circondarsi di intellettuali, di uomini sensati, carismatici, con capacità progettuali. Si son visti spesso, al rimorchio di politicanti scadentissimi, ometti e donnette senza arte né parte. Meglio infatti stroncare sul nascere eventuali concorrenti! Subìta così dal basso, piatta, desolata e palizzata da monti, la nostra terra appare a molti come una Conca per sguazzare. Noi de La Pagina, redattori, lettori, sponsor, la ammiriamo dall’alto e la percepiamo come una Corona per sognare. Per costei amiamo studiare, discutere, progettare.
La colonna sonora dei grandi magazzini Francesco Patrizi
Cani e gatti vanno castrati? C’è un crescente movimento d’opinione che va dagli amministratori pubblici ai veterinari passando attraverso i proprietari di animali, che lo sostiene. Amministratori e veterinari per combattere il randagismo, i proprietari per non avere la rogna di dover piazzare cuccioli che nessuno vuole. A parte la posizione dei proprietari, di comodo, il discorso sul randagismo è più serio: si sostiene infatti che gli animali randagi possano costituire un pericolo (sì, anche i gatti) o comunque che siano contrari all’igiene. E dando per buona questa opinabile pre-
L’America è da tempo alle prese con un piacevole problema. Quando sei in ascensore, quando entri in un Grande Magazzino, quando entri in un fast food, quando vai in un’agenzia di assicurazione, insomma, ovunque vai c’è una musica di sottofondo. È molto gradevole, ma non troppo; sono brani celebri arrangiati e suonati in maniera un po’ piatta e incolore, in maniera tale che ci fai attenzione sì e no, perché è una musica che non deve farsi ascoltare, ma soltanto percepire.
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dalla prima
C e r t o Si sono definiti infallibili, ma chi tante volte ha sbagliato, è chiaro che infallibile non è. Può chiedere scusa e questo gli fa onore, ma ciò non toglie la sua fallibilità. Infatti, persino di recente hanno continuato ad invadere il terreno di Cesare. Hanno giudicato e discriminato categorie umane contro le quali il Signore stesso mai aveva proferito giudizio. Anzi, in generale, aveva lasciato detto proprio: non giudicate!!! La mia impressione, insomma, è che questa fantomatica
c h e . . . umiltà nasconda invece una brama di potere che quando gli ultimi diventeranno i primi, ed ovviamente il contrario, di Papi in prima fila ne mancheranno diversi… E Ratzinger, almeno fino ad oggi, in seguito a sue svariate, recenti dichiarazioni, non mi sembra né troppo tollerante né lontano dal desiderio di avere voce in politica e, se devo essere sincera al 100%, non mi sembra nemmeno tanto umile… Se così fosse, c’è da augurarsi che almeno non sia neppure un gran lavoratore! R. Trequattrini
P o r t o p a l o tranne uno, Ahmed Sheik Turab, un pakistano residente a Malta, che è contumace, cioè non si è mai presentato al dibattimento. La storia del naufragio l’abbiamo raccontata nel numero di Dicembre di questo giornale. Quella che vogliamo raccontare oggi è l’assurda storia di Zabihullah Bacha. Settant’anni, piccolo di statura, turbante, tunica e barba bianchi, è una delle massime autorità religiose del suo paese. È il padre di uno dei ragazzi annegati e rappresenta nei tribunali internazionali i familiari delle vittime pakistane. Bacha è arrivato in Italia lo scorso dicembre. E’ venuto per raccontare a un giudice la storia di Syed Habib e dei suoi 282 compagni di sventura. L’ha fatto a Siracusa nell’udienza del 19 gennaio. A volte la commozione l’ha costretto a interrompersi ma, alla fine, è riuscito a dire tutto ciò che gli premeva. In particolare che gli stessi trafficanti che nel 1996 organizzarono il viaggio della morte continuano a operare come prima, tranquilli e indisturbati, arricchendosi sulla pelle di migliaia di migranti asiatici. La televisione non ne ha parlato, e neanche la stampa, perché una strage vecchia di nove anni non fa notizia.
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La storia di Bacha però dovrebbe farla. Per ironia della sorte, anzi per ironia involontaria della nostra burocrazia, al vecchio padre è toccata la stessa sorte del figlio… Tutto sembrava andare per il meglio, il presidente della Corte d’Assise non aveva avuto alcuna difficoltà a rilasciargli una dichiarazione che attestava il suo ruolo di testimone, si trattava solo di andare in questura e avere un permesso di soggiorno per motivi di giustizia valido fino alla conclusione del processo. Il problema è nato a questo punto. La dichiarazione del magistrato di Siracusa, a quanto pare, non bastava. Ci voleva qualcosa di più: un decreto. Questo, almeno, è quanto ha capito Zabihullah Bacha prima di ritrovarsi in un pantano burocratico, in una di quelle situazioni dove si fa fatica a individuare la persona o l’ufficio cui rivolgersi. Ma questo non l’ha colto di sorpresa, perché conosce molto bene la burocrazia italiana… Suo figlio Syed Habib viveva in Italia fin dall’inizio degli anni Novanta e nel gennaio del 1996 aveva presentato regolare domanda di permesso di soggiorno. Il documento purtroppo non era ancora pronto quando, due mesi dopo, la madre s’ammalò. Tornò in Pakistan senza alcun
problema, perché per partire non ci vogliono autorizzazioni. Per tornare invece sì: finì così per rivolgersi ai trafficanti ed ebbe la disgrazia di imbattersi proprio negli organizzatori del viaggio della morte. A questa stessa burocrazia, oggi, Zabihullah Bacha si è appellato cercando umana pietà. È successo che, qualche giorno dopo Pasqua, la polizia lo ha fermato per un controllo, ha constatato che non aveva i documenti in regola, che insomma era un clandestino, e lo ha portato in un commissariato. Sarebbe anche finito in un centro di permanenza temporanea se, informata della vicenda, Tana De Zulueta, uno dei pochissimi parlamentari italiani che si sono occupati della tragedia del Natale del 1996, non avesse telefonato alla polizia spiegando che quel vecchio non era un clandestino, ma solo un padre disperato che cercava giustizia. Zabihullah è uscito dal commissariato, è tornato nella casa degli amici pakistani dai quali era ospite, ha fatto la valigia, ha acquistato il biglietto per Karachi e, in silenzio, se n’è andato via. Non potrà più essere presente al processo, non potrà tornare in Italia se non come clandestino. Ha capito solo che nessuno ha voglia di ripescare suo figlio e gli altri 282 ragazzi. Le loro scarpe da ginnastica non riempiono più le reti dei pescatori, le eliche delle barche non si aggrovigliano più con i jeans strappati e nessuno, in Italia, vuole ricordare quella nottata gelida e indiffeF. Borzini rente.
Muta... menti ovunque lippis et tonsoribus ma non in quel di Arcore, anche il linguaggio ha naturalmente seguito il cambiamento, adattandosi ad esso con inusitata celerità ed unifocale trasversalità (le stesse qualità, per intenderci, che si registrano quando i parlamentari aggiustano al rialzo i loro compositi compensi!). Per cui anche gli slogan e le invenzioni semantiche della prima repubblica, hanno docilmente seguito lo stesso sentiero di novità, e dalle indimenticate e indimenticabili convergenze parallele si è arrivati alle innovative divergenze coincidenti, nel senso che un partito politico che ragiona (si fa per dire) in modo totalmente difforme da uno schieramento già costituito, vi entra comunque a pieno titolo solo per farlo vincere con i suoi voti e, magari, per farlo poi cadere… causa divergenze non più coincidenti! E ricordate, per caso, l’onda lunga socialista? Ebbene, dopo la tragica esperienza dello tsunami, i molti partiti socialisti ora esistenti cominciano piuttosto a considerare la risacca lunga dalla quale potrebbero essere risucchiati al largo, se non cambiano il tipo di salvagente. Bisogna però riconoscere che dall’uso del politichese, contorto ed involuto metodo di criptica comunicazione che ci ha costretti ad elaborare interpretazioni ermeneutiche di surreale intensità, si è finalmente passati ad un linguaggio più semplice, leggero e piano come la ballatetta del Cavalcanti (amico di Dante e membro di quella “malvista” setta dei Fedeli d’Amore). Così “Io sono”, “Io ho” ed “Io ho fatto”, sono ora i tre cardini terra terra del pensiero filosofico attuale, una triade molto poco rivoluzionaria che va a sostituire la frusta e trita Dio, Patria e Nazione, ma che nella sua innegabile e pedestre mediocrità risulta essere molto amata da alcuni Uomini d’oggi (la maiuscola è un tributo ironico alla grandezza tragica di certe individualità). E, purtroppo, come spesso accade in una a-koinonia (nel senso di comunità disorganizzata), l’atteggiamento del politico influenza il comportamento degli elettori (o, forse, sarebbe meglio dire degli abbonati, vista la precedente riflessione), i quali applicano alla lettera il messaggio politico-istituzionale, ripro-
ponendo al loro personale livello politico-sociale, l’altro fondamentale trinomio che circola liberamente nei palazzi del potere: Sono cazzi miei, intervallandolo a volte con la pentaformula oramai rituale e capillarmente diffusa dalla padania alla trinacria: Faccio solo i cazzi miei. Ebbene, di fronte a tutto questo, viene quasi la nostalgia, il che la dice lunga sul malessere attuale, dei populistici e retorici libro e moschetto oppure degli aulici e roboanti obbedire e combattere, se messi a confronto con gli attuali, beceri TV e marchette oppure con gli spregiudicati e amorali fregare e… battere, a piedi, con la nave, con l’autobus, con la vela o con la “Vespa”. Diceva Belzebù che il potere logora chi non ce l’ha! Oggi sembra piuttosto vero il contrario, considerati gli interventi tricologici che si rendono necessari dopo pochi anni di gestione del potere, lo sbrindellamento dei maglioncini di cachemire appena si sente il profumo di governo, la scelta, proprio sulla auspicata soglia del Quirinale o della Presidenza della Camera, di commentare le regate in mare aperto invece che le fregate nel transatlantico, l’affidamento alle consorti della scelta delle future ministre, per giunta un anno prima delle elezioni, l’incetta di alka-seltzer per digerire le carni seppur tenere dei bambini che si giura continuino ad essere mangiati senza pudore, il rientro dei capitali dall’estero per pagare i condoni edilizi e fiscali, etc., etc., etc.! Insomma una bella gara tra i poli che di certo delizierà il meno farsesco di essi, il mitico Paolo il quale non avrebbe mai immaginato di essere superato in comicità dal teatrino granguignolesco della politica. Sembra quasi che al complesso di Edipo, presente a livello più o meno conscio nei comportamenti dei due poli nati da DC e PCI, si vada sostituendo una sindrome di Edipode, che è una cavalletta sufficientemente nociva e devastatrice. Speriamo di trovare presto un antitodo (senza freon) che ci liberi dalla iattura senza intaccare l’ozono! Per il momento il mio medico di famiglia consiglia un efficace antiemetico per evitare almeno la fastidiosa reazione stomacale. S. Tomassini
Opinioni Colonna sonora
Notava questo fenomeno il drammaturgo americano David Mamet (in Appunti in margine a una tovaglia, Minimum Fax 2004) che avanza un’analisi piuttosto critica. Dove viene diffusa questa musica? Nei luoghi dove si va per spendere denaro, in quelli destinati allo shopping e in quelli dove potresti spazientirti per l’attesa o per la situazione stessa (come dall’assicuratore o dal dottore). Questa musica è tutta uguale, sia che esegua Mozart o Bob Marley, ti entra nelle orecchie, ma non ti distrae, non ti cattura, non ti sorprende. Perché se giri per gli scaffali in cerca di un prodotto da acquistare, non deve distrarti facendoti pensare ad altro. La musica, si sa, fa pensare ad altro, fa spaziare la mente, muove le corde emotive. Questa musica di sottofondo è suonata in modo da non esaltare l’emotività, è piatta al punto giusto da non comunicare alcun tipo di emozione. Potremmo dire che rilassa. Ma Mamet si spinge oltre e ci vede dietro una politica del consumo e del controllo: questa musica non rende l’ascoltatore reattivo. Impedisce la reazione a qualsiasi cosa. Se ne è accorto un giorno in ascensore. In America a volte spingi il tasto 50 e sali per dieci minuti. Mamet stava con altre persone, ma non aveva voglia di scambiare neanche due parole, una signora ha accennato qualche banalità, tutti erano sorridenti… cavolo, si è detto Mamet, è questa dannata musica soft che ci anestetizza! Il vulcanico e prolifico drammaturgo si è reso conto che in ascensore quella volta (e chissà quante altre!) non stava pensando a nulla, aveva la mente completamente vuota.
Elezioni
Immaginiamo questo effetto anestetico in un Grande Magazzino: l’acquirente non è critico come lo sarebbe se potesse pensare in silenzio, non avrebbe neanche una grande voglia di acquistare, ma il posto, con questa colonna sonora in diffusione, è così piacevole che riempi il carrello quasi senza accorgerti. Sembra quasi che lì, tra gli scaffali, qualcuno ti vuole bene. Sì, che lassù qualcuno ti ama! Immagina poi di andare nell’assicurazione, incavolato o preoccupato, e resti in sala d’attesa con questa musica che toglie reattività, che rende inerti. Il problema è che, in America, ti ritrovi la colonna sonora soporifera anche in ascensore, insomma, nella tua vita quotidiana, anche quando non sei un acquirente da tenere quieto. Lassù qualcuno non vuole farci interagire, non vuole farci pensare, vuole farci vivere senza emozioni forti, senza scossoni, senza contrasti, senza pensieri in solitudine, in un benessere forzato che ti entra dalle orecchie... Siamo condannati, conclude Mamet, ad una colonna sonora che non ci siamo scelti; quando usciamo di casa ci ritroviamo ad essere comparse di un film melenso e soporifero, dove tutti si vogliono bene e il lieto fine è dietro l’angolo. È un problema americano e in Italia ancora non si è diffuso, ma a Terni, se ci fate caso, qualche Grande Magazzino ti accoglie da tempo con questa pessima musica gradevole, che ti fa dire questa la conosco, è quella canzone di… e dopo dieci secondi già non ricordi più cosa stavi F. Patrizi pensando.
Nonostante che i veti di Alleanza Nazionale e dell’UDC abbiano impedito l’accordo con Alessandra Mussolini e con i radicali, Silvio Berlusconi non ha abbandonato l’idea di ampliare i confini dello schieramento di Centrodestra, in modo da comprendervi partiti di scarso peso elettorale, ma comunque in grado di spostare gli equilibri tra i poli a favore di quello cui si apparentino. A detta dei bene informati sono attualmente in corso trattative con i seguenti movimenti politici: la Lista civica per il ripristino dei filobus; la Federazione dei surfisti; il Partito dei senzasussidio; l’Alleanza circoscrizionale; il Partito del presidente del circolo della porchetta; la Lista civica Io voto a mio cugino, e tu?; il Partito dei simpatici; il Partito per l’occupazione del potere; la Lista civica Tutti insieme per Tonino a sindaco; il Movimento contro l’arte astratta; il Partito di quelli che una volta erano di sinistra; L’Italia dei bollori; la Lista civica Ridatece i soldi; il Partito dei cinque pasti; il Partito è mio e lo schiero con chi mi pare; i Trasformisti per il terzo millennio; la Lega degli incazzati; il Partito dei lavoratori stanchi; il Patto coatto; il Movimento asociale italiano; la Lista civica Anche stanotte non si dorme; il Partito dello shopping selvaggio; i Socialisti per caso; la Lista Godzilla; il Partito senza ritorno; il Partito degli onestifinquandociconviene; la Lista civica Per una fogna migliore; il Partito dei poeti; il Partito che non c’è. Ferdinando Maria Bilotti
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Me m e n to c a s tr a re s e mp e r
messa, si dà per buona anche la conclusione: castriamoli tutti. Sì, sì; il discorso sembra non fare una grinza, eppure… Chi scrive ha un’età tale da ricordarsi di avere già udito discorsi simili nella propria infanzia. Solo che allora non si parlava di animali domestici, ma di Ebrei. Si dava per buona la premessa che gli Ebrei fossero un inconveniente per il Reich millenario e se ne concludeva, con inevitabile evidenza, che andassero sterminati; chi trovava tale soluzione (finale) un tantino troppo truce ripiegava sulla loro sterilizzazione, in modo che, esaurite le scorte, non ne nascessero più. Obietterete che non è la stessa cosa? Certo che no! Ma se prescindiamo un attimo dalla posta in gioco (animali contro esseri umani) quello che mi lascia molto perplesso è la struttura logica del ragionamento. E ancora più perplesso mi lascia la posizione psicologica che vi si legge sotto. Cani e gatti sono domestici. Vale a dire, esseri viventi adattati all’uomo, col quale convivono, che ne è proprietario e coerentemente ne è responsabile. Se però sono randagi non appartengono a nessuno e vivono per conto proprio, di ciò che trovano o delle talvolta laute cure da persone che li amano. In altre parole: un animale randagio è un animale libero. Ma è proprio questo che non va: niente affascina l’uomo quanto la libertà, ma niente lo spaventa altrettanto. La libertà è responsabilità ed è invece tanto bello prendersela con gli altri. La libertà è scelta ed è invece tanto bello affidarsi ad altri per poi arrabbiarsi se la loro scelta non ci piace. La libertà è coraggio e invece vogliamo che qualcuno ci protegga. La libertà è solitudine e niente dispiace quanto la solitudine.
Nessuno vuole realmente essere libero; è assai più comodo arrabbiarci, come adolescenti viziati, con chi, per nostra stessa delega, decide in nostro nome. Perciò se qualcuno fa una scelta di libertà lo guardiamo storto e lo chiamiamo disadattato. Disadattato rispetto a cosa? Un uomo ha o no diritto, quando non nuoce ad altri, di decidere se adattarsi ad un mondo del quale tra l’altro tutti (tranne i governi) parlano male od operare una scelta diversa? Disadattarsi può essere segno non solo di patologia, ma anche di libera scelta; però siccome la libertà spaventa (l’imprevedibilità non piace all’organizzazione) ecco che si accomuna tutto in un unico termine patologico, così almeno se ne dà una connotazione sicuramente negativa: non è libero, è disadattato. E l’animale che c’entra? Un animale libero, se di tipo domestico, è una provocazione: qualcosa di nessuno in una società nella quale dobbiamo essere tutti di qualcuno. Senza questo qualcuno cui appartenere, è la stessa nostra identità a essere messa in discussione: posso identificarmi per l’appartenenza alla famiglia, al partito, all’ufficio, alla carica, alla patria, alla setta, alla mafia, ma proprio come il cane, a qualcuno devo appartenere. Libero? No: libero no. E siccome, passato Hitler, non possiamo più sterilizzare i disadattati, lo facciamo con gli animali che non protestano e, in quanto “domestici”, devono avere un padrone. Esattamente come noi. V. Policreti
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Diritto Ma quanto pesano i mattoni? Qualcuno fece un patto con gli Italiani e disse: “ridurrò le tasse” e qualcuno ci cascò. Siamo nel 2005 e per fare la lista di tutte le tasse aumentate non basterebbe l’autostrada, quindi ci occuperemo solo dell’ultima trovata del nostro amato Legislatore. Nella Finanziaria 2005 il comma 335 prevede l’aumento delle rendite catastali che sono la base per calcolare tutti i tributi: ICI, IRPEF, Imposta di Registro, ipotecaria e catastale. L’ICI si calcola prendendo la rendita catastale vigente al 1° gennaio dell’anno considerato, rivalutandola del 5% e moltiplicandola per 100 per i fabbricati classificati di tipo A, B e C; per 50 per i fabbricati del gruppo D e della categoria A/10; per 34 per i fabbricati della categoria C/1. L’IRPEF viene pagata dal proprietario del fabbricato, qualora non sia locato, sulla base della rendita catastale rivalutata del 5%, valore da aumentare di un terzo in alcuni casi in cui si tratti di “abitazione secondaria”. L’IMPOSTA DI REGISTRO non si calcola sulla rendita catastale ma sul prezzo di vendita. L’usanza vuole che quando si stipula un contratto di compravendita immobiliare si dichiari un prezzo leggermente superiore al valore catastale dell’immobile. Quindi un aumento delle rendite catastali si riverbera sul
gettito delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in quanto costringe a elevare il livello del prezzo dichiarato. L’aumento riguarda solo gli immobili ritenuti sottovalutati; probabilmente la falce dei Comuni si abbatterà sugli edifici situati nei centri storici e sui rustici trasformati in abitazioni, che potrebbero facilmente essere considerati villette a schiera o addirittura ville. Saranno i Comuni a decidere questi aumenti chiedendo alle Agenzie locali del territorio di correggere l’imponibile immobiliare, ma è noto a tutti che la fame di denaro li pervade, proviamo ad immaginare cosa saranno in grado di escogitare avendo in mano un’arma tale. Il Ministero del tesoro ha approntato una stima che fissa il numero degli immobili da rivalutare tra 1 e 2,5 milioni, ma chi non accetterà l’aumento potrà fare ricorso. Si dovrà coinvolgere un tecnico che contesterà i criteri di stima applicati dai Comuni. Ora, parlando seriamente, quante probabilità ci sono di cambiare i convincimenti dei Municipi? Sono state inoltre aumentate tutte le imposte pagate in misura fissa sulle compravendite e sulle successioni e donazioni. Quando si compra una prima casa o quando si riceve in successione un immobile dove si andrà ad abitare, si deve pagare una cifra fissa per
L’ingiustizia delle spese di giustizia
Per semplificare i calcoli Per gli immobili diversi dalla prima casa il valore catastale si calcola: rendita catastale 2.000* + 5% (della stessa) x 120 = euro 252.000 quindi per fabbricati classificati C/1 e E basta fare: rendita catastale x 42,84 per i fabbricati classificati A/10 e D: rendita catastale x 63 per tutti gli altri fabbricati: rendita catastale x 126. Per l’acquisto della prima casa il valore catastale si calcola: rendita catastale 2.000* + 5% (della stessa) x 110 = euro 231.000 quindi qualunque sia la classificazione basta fare: rendita catastale x 115,50 *per comodità si è assunta una rendita catastale pari a 2000 euro. Potrete controllare la vostra attraverso la visura catastale che si chiede e ritira presso gli Uffici del Catasto di competenza. A Terni si trovano in via Bramante.
registro, ipotecario, catastale e bollo, che era nel primo caso di euro 129,11, nel secondo di euro 176,00. Oggi si paga rispettivamente 168 euro e 230 euro, cioè un incremento del 25%. Con queste cifre conviene comprarsi un bel camper, così potremo scegliere se abitare in montagna o al mare e dovremo pagare solo il bollo e l’assicurazione. Serena Battisti
www.abitareinumbria.it
DIB
La Legge Finanziaria 2005 ha apportato significativi aumenti degli importi dovuti a titolo di contributo unificato per l’iscrizione a ruolo dei procedimenti civili estendendone l’applicazione anche alle cause di modesto valore sino ad oggi esenti (cause di valore inferiore ad Euro 1.100,00). Ciò comporta che anche le cause davanti al Giudice di Pace, istituito per consentire ai cittadini di ottenere giustizia e rimborsi per cause di piccoli importi, senza spese e in maniera veloce, non sono più gratuite. L’introduzione del contributo unificato di 30 Euro scoraggerà chiunque abbia diritto ad ottenere un rimborso di 25 Euro dal proporre qualsiasi azione a proprio vantaggio dal momento che per ottenere 25 Euro sarà necessario spenderne 30. Tali aumenti si accompagnano al mantenimento degli esborsi dovuti per i bolli ancora previsti per la spedizione delle copie degli atti giudiziari (il cui importo è stato già oggetto di aumento) che rappresentano ripetuti adempimenti da assolvere per tutta la durata del processo nonostante l’assolvimento iniziale (appunto il contributo unificato). L’elevazione degli scaglio-
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ni per le cause di maggior valore economico risulta ingiustificata soprattutto in rapporto alla accresciuta mancanza di proporzionalità con le soglie più basse. Infatti, ad una causa di alto valore non è detto che corrisponda una proporzionale situazione economica dell’istante, la giustizia non può essere ridotta ad un mero calcolo economico, non corrisponde ad una equazione matematica né può essere sottomessa alle leggi dell’economia. L’eliminazione della esenzione, poi, costituisce una ulteriore lesione dei principi costituzionalmente garantiti. Tali aumenti gravano sui contribuenti ovvero sui cittadini, sulle persone, proprio nel momento dell’esercizio di un loro diritto costituzionalmente garantito, il diritto cioè a richiedere la tutela giurisdizionale dei propri interessi. L’aumento degli oneri fiscali al momento dell’accesso alla giustizia non può neanche essere giustificato sotto il profilo degli investimenti poiché lo scenario che viviamo e quello che si prospetta è caratterizzato sempre più dalla inefficienza della giustizia civile. Anche volendo impostare il discorso da un punto di vista eminentemente economico o di corrispettività, di fronte alla scarsa qualità del servizio offerto, risulta quanto meno inadeguato chiedere al cittadino-utente un ulteriore sacrificio per l’accesso a quello stesso servizio. Altro punto importante è l’abolizione del parere di congruità dei Consigli dell’Ordine in materia di patrocinio a spese dello Stato. La Finanziaria 2005 ha infatti abrogato il parere di congruità del Consiglio dell’Ordine, originariamente previsto in materia di tutela dei non abbienti e di difese di ufficio. Pertanto, le richieste di liquidazione da parte degli avvocati andranno presentate direttamente all’Autorità Giudiziaria competente e non più avanti il Consiglio dell’Ordine con la conseguente esasperazione della tendenza dei giudici a decurtare i compensi spettanti agli avvocati che hanno scelto (scelta di grande valore etico, espressione di civiltà e di solidarietà) di mettersi proprio al servizio dello Stato e dei cittadini bisognosi. Avv. Arianna Alpini Specialista in diritto civile
M usica
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Reggae Fistols
Reggae music, reggae music... My sweet reggae music!
Ecco cosa ci piace pensare della musica che suoniamo. Siamo i Reggae Fistols e… non suoniamo di certo il liscio. Facciamo reggae, una musica che viene da lontano, da un’isola dei Carabi chiamata Jamaica. Lì la reggae music è una musica popolare, cioè a vero e proprio uso e consumo del popolo, che ne ha fatto una sorta di bandiera sonora. Questa musica, infatti, è legata alla filosofia di vita, alla religione e al modo di essere di molti giamaicani. Il reggae nasce dall’evoluzione del calypso, che rappresentava in Jamaica una forma musicale legata alla danza, dai contenuti allegri e spensierati, che coinvolgeva persone di tutte le età. Nel tempo la struttura musicale è cambiata nel ritmo che si è fatto più lento ed è cambiato il
messaggio di cui questa musica si fa portatrice. Con alcuni cantanti, tra cui Bob Marley, il reggae diventa uno strumento sociale, politico ed etico, un modo diretto e non pedante per raggiungere le persone più povere e meno colte. La musica degli oppressi, così la definiva Marley, esce dall’isola con le sue note, a volte malinconiche e nostalgiche, altre volte gioiose e serene, oltrepassa i mari e gli oceani dei pregiudizi e arriva non solo in America, ma anche in Europa, dove anche chi non aveva dreadlocks o la pelle nera comprende l’universalità del messaggio di pace e di uguaglianza. Il tentativo di risvegliare le masse dal torpore creato dal pensiero diffuso dai potenti arriva molto chiaramente dai testi. In Get up stand up si grida:
…alzatevi, tiratevi su, ribellatevi per i vostri diritti… rivolgendosi al popolo, mentre in Babylon System, ancora Marley canta: …ladri di professione e assassini state attenti a succhiare il sangue dei sofferenti.. scagliandosi contro la classe politica. Ogni musicista reggae porta con sé le origini e i contenuti di questa musica: reggae is a mission, not a competition! Con questo spirito i Reggae Fistols hanno cominciato a suonare nel 2000 e sono arrivati ad oggi con qualche cambio di formazione, ma senza perdere le forti motivazioni che li hanno sempre sostenuti. La band è formata da 9 personaggi: 9 teste che pur provenendo da esperienze musicali completamente diverse, condividono la
reggae mission. Lo stile dei Reggae Fistols è facilmente riconoscibile: prediligono il reggae roots, cioè il reggae delle origini, fatto di suoni morbidi che invitano alla danza in modo dolce; ma non abbiate paura quando la parte più sporca di loro si vuole esprimere a tutti i costi: le chitarre diventano taglienti, il basso ancora più incessante, la voce black del cantante diventa un grido di rabbia pura. Sicuramente il sound di oggi è il frutto di anni di lavoro, sperimentazione e di forte ispirazione a grandi artisti, suonando sullo stesso palco di Rita Marley e le I-Threes e di Bushman, e con gli italianissimi Arpioni, Folkabbestia, Radici nel cemento e molti altri. Negli ultimi mesi abbiamo suonato in locali, goliardiche feste di paese e concor-
si di settore e non (Arezzo Wave e Rototom Sunsplash). Come ogni gruppo che si rispetti stiamo poi lavorando al nostro primo vero disco, dopo alcuni demo; sfrutteremo l’estate e le piazze per il tour promozionale. Intanto il prossimo maggio raggiungeremo la Sardegna per un concerto, in questo modo anche la nostra musica potrà attraversare un mare… www.reggaefistols.it info@reggaefistols.it
Reggae Fi s t o l s Gillo voce Aurora e Dana cori e danze Riccardo basso Enzo e Ghepi tastiere Luca e Alonso chitarre Giacomo batteria
TERNI - V. della Stazione, 32/38 - Tel. 0744. 420298
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FOR U M A partire da questo numero La Pagina dà inizio ad una nuova rubrica dedicata a specifiche problematiche del territorio regionale. La prima edizione si riferisce al commercio locale ed è stata realizzata attraverso un forum che si è svolto presso la redazione del nostro giornale, con la presenza del signor Fiorenzo Cipolla, presidente della Confesercenti Provinciale ed il signor Claudio Visaggio, presidente della Confcommercio Provinciale. Nel prossimo numero intervisteremo i titolari delle stesse cariche, per quanto riguarda la Provincia di Perugia. E’ nostro intento offrire ai lettori un panorama informativo sulle condizioni della Regione Umbria, analizzata sotto diversi profili, dando voce ai diretti interessati e cercando di interpretare gli interrogativi più comuni da parte del cittadino. La redazione
La situazione attuale del commercio Visaggio In generale possiamo dire che il commercio è il primo settore a risentire dell’attuale congiuntura economica. In questi ultimi anni la situazione economica è stata difficile per molti paesi europei, non solo per l’Italia. Nel nostro paese poi, la situazione è peggiorata con i crack della Parmalat e della Cirio, ad esempio. Senza considerare tutte le difficoltà che i cittadini hanno avuto e stanno ancora avendo dopo l’entrata in vigore dell’Euro. Nella nostra città in particolare, a questi fattori si è aggiunto anche il problema acciaieria, che ha portato una ventata di pessimismo e, in molte famiglie ternane, di paura di investire. In questo ambito anche i media hanno fatto la loro parte, perché hanno sempre esasperato le difficoltà economiche del nostro paese facendo crescere così nei cittadini la paura di investire i propri beni. Proprio per questo calo di investimenti, le aziende hanno pensato bene di proporre delle contromosse. Mi riferisco alle famose promozioni Compri adesso e paghi tra un anno! L’acquirente è molto stimolato ad acquistare con una comoda dilazione
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dei pagamenti, ma questo potrebbe essere pericoloso perché a volte la situazione sfugge di mano e il cittadino non è più in grado di rientrare nelle spese. Altra situazione analoga per i mutui: i tassi d’interesse si sono pure abbassati, ma il mutuo adesso viene fatto su cifre totali di molto superiori a quelle di qualche tempo fa, così che le spese alla fine sono le stesse se non addirittura maggiori.
Le difficoltà di chi apre un’attività Visaggio Oggi può risultare molto più difficile aprire un’attività, per diversi motivi. Innanzi tutto è cambiato il sistema della licenze, per cui queste sono divise soltanto in alimentari ed extra alimentari, mentre prima c’era la differenziazione in tabelle. Le licenze extra alimentari raccolgono ovviamente una infinità di categorie di esercizio. Questo, se da una parte forse snellisce le pratiche burocratiche e incentiva in questo senso il commercio, dall’altra porta dei rischi, perché chi possiede la licenza extra alimentare e deve chiudere la propria attività, può riaprirne una nuova che tratta merci completamente diverse. Si perdono così tutte le specializzazioni e le espe-
Il comm
rienze che si erano acquisite nel tempo. Inoltre i giovani che si mettono in proprio hanno molto meno tempo per diluire le proprie uscite, e per questo sono maggiormente esposti a rischi, perché le spese possono arrivare tutte insieme nei momenti di crisi.
Venditori ambulanti Cipolla Il problema dei venditori ambulanti non è da sottovalutare. Con quantità industriale di merci tolgono mercato alle altre attività ma soprattutto commettono una serie di reati a catena, occupando il suolo pubblico, vendendo senza licenza o trattando materiali contraffatti. Comunque l’amministrazione ha cercato di regolare anche questo aspetto con delle leggi. Sono stati stabiliti infatti giorni appositi per i mercatini settimanali, dei posti fissi dove i venditori possono esercitare, e si è concessa anche la possibilità di pagare la tassa di occupazione di suolo pubblico proprio per poter vendere per strada. Un discorso particolare è da fare per i venditori ambulanti di frutta con un proprio mezzo, per esempio il furgone. Anche per questo mercato la legge prevede delle licenze itineranti, che permettono di esercitare solo in alcune zone della città in cui ci si può fermare con il mezzo. Ma ovviamente appena fatta una legge si trova l’inganno per aggirarla, anche perché i controlli a volte non possono essere molto serrati.
Mercato nero Cipolla Il mercato nero a Terni esiste, ed emerge in particolare nei momenti di crisi. Quello che più ci sta a cuore è far capire alla gente che comprando oggetti di bassa qualità a basso costo, si pensa di aver risparmiato, ma alla lunga ci si rimette sempre, soprattutto perché non si hanno garanzie: non si ha la certezza della qualità di quello che si compra, e poi il venditore molto spesso risulta
irreperibile per eventuali problemi al prodotto acquistato. Quindi il prodotto si perde.
la gente poi lo va a dire in giro.
Mercato coperto Cosa fanno le vostre associazioni per educare il cittadino? Visaggio Le differenze di prezzi e di qualità ci devono essere nel mercato, a patto però che i diversi prezzi siano adeguati allo standard qualitativo del prodotto. In questo senso c’è anche bisogno di educare il cittadino ad un buon acquisto. Cipolla Noi della Confesercenti facciamo una costante opera di sensibilizzazione nei nostri associati per sottolineare l’importanza di una grande professionalità in ogni settore dell’attività. Il messaggio che cerchiamo di far passare è che bisogna salvaguardare sempre la trasparenza, in ogni settore. Cercare di raggirare l’acquirente è sempre disdicevole, perché alla lunga ne viene fuori una pessima pubblicità per la propria attività, perché
Visaggio Il problema del mercato coperto si porta avanti ormai da diversi anni. Innanzi tutto, secondo noi della Confcommercio, la struttura non è a norma di legge, quindi il primo passo che dovrebbe fare l’amministrazione sarebbe quello di una completa ristrutturazione di tutto il complesso. Anche perché in certi momenti della giornata, soprattutto d’inverno, l’impatto che dà il mercato non è certo gratificante per la città, soprattutto perché si trova in pieno centro. Inoltre le attività all’interno, negli ultimi anni sono in diminuzione, perché ormai, viste la crisi e le spese, può rimanere soltanto chi ha le spalle coperte o chi ha altre attività all’esterno. A questo punto, se il Comune non può intervenire, bisognerebbe considerare anche l’opzione di far entrare un priva-
m e r c i o a Te r n i Zona a traffico limitato
to: sappiamo che da tempo è stato presentato un progetto che prevede negozi su due piani, che al centro non sarebbe male. C’è inoltre da considerare che presto aprirà anche il Centro Commerciale Coop, praticamente in centro, che stravolgerà le dinamiche di mercato in questa zona. Rivalutare e potenziare il mercato coperto potrebbe essere un importante passo per creare un polo di vendite alternativo in pieno centro. Il progetto di qualche anno fa prevedeva che il mercato dovesse essere spostato a Largo Manni, ma poi non se ne fece più nulla per incomprensioni nell’amministrazione. Anche le attività all’interno devono essere rimesse a nuovo: per esempio si potrebbe pensare ad un mercato polifunzionale, che vende certi tipi di prodotti la mattina e nel pomeriggio si trasforma magari in una esposizione, oppure ospita altre attività. Cipolla Noi della Confesercenti abbiamo le idee chiare
su questo argomento sin dall’amministrazione Ciaurro. Sono d’accordo con Visaggio sul fatto che la struttura debba essere rimessa a posto e a norma di legge. Crediamo però che quel tipo di mercato sia molto importante per la nostra città. Innanzi tutto perché è l’unica attività di questo genere nel centro cittadino, e poi perché non bisogna sottovalutare l’importante apporto che danno al mercato gli auto produttori, cioè quelli che portano direttamente sui banchi prodotti freschi e completamente naturali. Questo tipo di attività commerciale rappresenta anche un tipo di cultura, di agricoltura, di trattamento del prodotto, di cui la città deve tener conto. Siamo anche noi consapevoli che l’amministrazione se non ha possibilità di intervenire, come sembra di aver capito, deve cedere ad un privato, se vuole smuovere questa situazione di stallo che dura ormai da troppo tempo.
Cipolla L’attivazione della zona a traffico limitato è stata necessaria, ma forse si potevano considerare meglio i tempi di attuazione. Partire a novembre ha creato soltanto problemi, soprattutto durante il periodo natalizio. Sarebbe stato meglio partire allora direttamente il 7 gennaio. Tuttavia i commercianti si sono fasciati la testa prima di rompersela, perché poi alla fine sul piano delle vendite non è cambiato poi tanto. Visaggio Addirittura si poteva partire anche prima, in modo da sfruttare i tre mesi di prova che l’amministrazione si era data per poter arrivare alla fine dell’anno già rodati nei meccanismi. Il discorso poi si è inserito in un contesto particolare, perché i commercianti ternani erano già in agitazione per la vicenda dell’acciaieria, e magari si sono fatti impressionare troppo da questo provvedimento. Comunque la ZTL è ormai un disegno vecchio, di 25 anni fa, che non risponde completamente alle esigenze nuove del centro cittadino. Per questo andrebbe ridisegnata. Inoltre credo che prima di far partire il tutto bisognava considerare meglio gli aspetti conseguenti, come quello dei parcheggi, per esempio, o quello del trasporto pubblico, in modo da rendere meglio assimilabile il cambiamento ai cittadini. Cipolla Il problema del parcheggio sta diventando importante per la nostra città. Soprattutto nella ZTL e nelle zone adiacenti. Di sicuro si potrebbe fare di meglio: per esempio ci risulta che il parcheggio di Largo Manni è per molta parte della giornata semi vuoto. Forse si dovrebbe spingere il cittadino a parcheggiare lì o in altri parcheggi sotterranei, magari con promozioni o piccoli incentivi. Massimo Colonna Albano Scalise
La piramide Le tecnologie telematiche presagiscono un futuro in cui il commercio, soprattutto per la grande distribuzione e per i prodotti di massa, equivarrà a mercato televisivo, legato alla moneta elettronica ed alla possibilità dì acquistare, dalla propria abitazione, qualsiasi cosa. Grandi magazzini di vendita, la cui principale funzione sarà quella di ricevere ordinazioni attraverso internet, inscatolare e consegnare, avranno le loro vetrine nei monitor e nei computer delle abitazioni e degli uffici. Finalmente l’impiegato non dovrà uscire dall’ufficio per fare la spesa durante l’orario di servizio! Gli attuali megamercati si trasformeranno in grandi piazze commerciali, telematiche e della socialità, moderne agorà in cui fattori salienti saranno il disbrigo di pratiche e l’organizzazione del tempo libero. Ben altro è invece il discorso per la piccola distribuzione e per i prodotti di nicchia. Per questi si dovrà provvedere ad una grande rivitalizzazione del centro storico da intendersi sempre più come oasi di incontro, di passeggio, di studio, di relazioni culturali e politiche. E’prevedibile, per Terni, un grande turismo indiretto, di visita, se saremo in grado di costituirci come centro coordinatore e promotore delle tante risorse turistico-paesaggistiche di un più esteso territorio e sapremo rendere la nostra città attrattiva in termini di qualità della vita e per l’arredo urbano. Dovremo allora, nel centro storico in particolare, individuare larghi spazi per l’esposizione e vendita di prodotti di nicchia,
riguardanti in particolare i prodotti tipici della nostra terra oltre a quelli artistici ed artigianali. Ecco perché Piazza del Mercato Nuovo, attuale cattedrale del niente, dovrà trasformarsi in un grande centro culturale e commerciale cittadino. Lo realizzi il pubblico o il privato, mi è completamente indifferente. Mi soffermo invece ad abbozzare una semplice idea, una delle tante. Tolto l’ingombro delle macchine nel lato largo della piazza (restituendo altri spazi di parcheggio ai residenti), edificati qui dei banchi di vendita funzionali ed eleganti, meglio se in materiale pregiato, ci si potrebbe riappropriare della gloriosa piazza delle erbe. Al coperto, al piano terreno prodotti gastronomici locali, che sono tanti e uno spazio espositivo. Al primo piano un Centro Laboratoriale per la gioventù e per l’esposizione-vendita, simultanea, delle opere di artisti, di artigiani, delle scuole stesse. Una sorta di osmosi, di interazione innovativa, di apprendimento alle arti e ai mestieri. Un atelier anche per nuovi prodotti, quelli dei giovani e per i giovani. Elevare poi una grande piramide d’acciaio e vetro al cui interno dar vita all’emporio dei prodotti di nicchia e di grande qualità. Ovviamente terrazze bar, giardini pensili, presenza dei nostri simboli, le acque e il verde, ristoranti. Tale Centro sarebbe già da solo estremamente attrattivo ed il suo rendimento valicherebbe di moltissimo i confini del suo stretto perimetro. Giampiero Raspetti
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Cantamagg
I carri vestiti da M La Provincia di Terni per la cultura
U n a m o s t r a , u n i n c o n t ro , u n v o l u m e c o n l o s t e s s o t i t o l o : C a
La mostra apre il 6 maggio e chiude il 22 maggio 2005. E’ alla Città del Maggio, ai giardini pubblici La passeggiata di Terni. Espone 30 vestiti pensati, disegnati, tagliati, talvolta anche cuciti da Marcello Camorani per i carri allegorici del Cantamaggio da lui
firmati per la Circoscrizione Tacito. Maggiu pajacciu per l’edizione del Cantamaggio 1984, Villa amarena per il 1985, Maggio magico per il 1986 e Ballata per una primavera annunciata per il 1987.
L’incontro è il 6 maggio 2005 alle ore 17,00 al Caffè letterario della BCTBiblioteca Comunale di Terni in piazza della Repubblica. La conversazione è sui costumi in mostra, sui carri di Marcello Camorani e sul Cantamaggio d’autore.
Prima di tutto credo doveroso spiegare cos’è. Dal greco eu, buono, e bios, vita, è la scienza che studia ciò che giova alla vita. Per chi lo percorrerà, questo sentiero può diventare un vero e proprio stile di vita. E’ un modo sano e dolce di curare la propria persona. Ricordo sempre alle mie clienti che il nostro primo vestito è La Nostra Pelle; è inutile cospargersi di bei gioielli, indossare vestiti costosi e mettersi dei buoni profumi se la pelle non è a posto, se non è elasticizzata, tonica, idratata e se presenta inestetismi visibili, porta a soffrire di complessi di inferiorità. Basterebbe così poco per migliorare e star bene con noi stessi e con gli altri! Chi non si ama e non si accetta, non può farsi accettare per quello che è. Chi invece ha un buon rapporto con il proprio corpo, brilla di luce propria, esprime serenità, allegria, vede le cose con più ottimismo. Qualche trattamento al viso e al corpo con creme adatte al mantenimento domiciliare, rendono tutto più semplice ed efficace. I primi miglioramenti si vedono a breve. La differenza netta tra un cosmetico Eubiotico e uno qualunque, sia esso di farmacia o di erboristeria, è che un cosmetico Eubiotico è BIOCOMPATIBILE , ossia è compatibile con la materia vivente, non solo per i princìpi attivi che si trovano al suo interno, ma nell’intera massa del cosmetico; è ASSIMILABILE, in quanto i princìpi attivi debbono arrivare alla pelle ridotti in particelle sufficientemente piccole da poter essere utilizzate e metabolizzate dal nostro organismo; inoltre non è ENZIMOTOSSICO, ovvero gli enzimi cutanei possono provvedere alle trasformazioni necessarie all’utilizzazione di molti princìpi, non contenendo enzimi o princìpi attivi tossici. Non contengono paraffina, nociva per la pelle perché ne ostruisce i pori e non la fa respirare, rallentando il suo metabolismo fino ad invecchiarla precocemente. Solo provando si riesce a capire Katia Di Rocco l’importanza di vedere la propria pelle ringiovanita e luminosa.
Estetica Eubiotica
Terni, v. Garibaldi 14 - 0744.402068
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beautyrelaxcenter@virgilio.it
Un dibattito tra testimoni privilegiati di saperi e sentimenti diversi per ricordare la figura poliedrica di Marcello Camorani. Il volume esce il 6 maggio giorno dell’apertura della mostra e del dibattito. E’ una raccolta delle foto dei costumi esposti e di scritti anche di Camorani stesso sulla sua esperienza di maggiaiolo. Immagini e parole che ognuno può osservare o leggere nel tempo che vuole. E poi conoscere o
ricordare una stagione del Cantamaggio e godere l’opera di un grande artista e forse riflettere su questa festa della Primavera in allegoria che ci appartiene così profondamente. Non ha ognuno di noi un suo proprio Cantamaggio nel cuore?
D O V E
T R O V A R
Alfredo Visaggio, v.le Stazione 32/38 - Antica merceria, c. Vecchio 52 Artemide argenti, v. Beccaria 5 - A volte 3, v. Mancini 10 Bar Firenze, p.zza Solferino 15 - Bar Rossi, c. Vecchio 46 - Bar Tacito, c. Tacito 83 BCT, p.zza della Repubblica 1 - Blunauta, v. Goldoni 1 Briganti Corredi, v. Fratini 22 - Brooks, l.go Villa Glori 26 Caffè del Corso, galleria del Corso - Cartolibreria ERIKA, v. Rossini 115/117 Casagrande, c. Tacito 70 - Cascianelli, v. I Maggio 37-39 Centro Commerciale Cospea, v. Montefiorino 12 - Centro Tim, c. Vecchio 26 Cervellifoto, v. Goldoni 2 - Cinzia, c. Tacito 101/a Copisteria Signe, p.zza Solferino 19 - Cristall bar, c. Vecchio 123 Donati sport, v. Beccaria 30/32 - Edicola Antonini, lg. dei banderari Edicola Bellaccini, c. Tacito - Edicola Ciarulli, v.le Stazione Edicola di Marco, v. Petrucci - Edicola Rossi, p.zza S. Francesco Edicola di Via Tre Venezie - Elettromnia, c. Vecchio 71 Farmacia Morganti, c. Vecchio 9 - Forno Pasticceria Colasanti, p.zza del mercato 33 General Store, c. Vecchio 155 - Hong Kong abbigliamento, c. Vecchio 56 Jalenti, v.le Nobili 4 - Krash, p.zza del mercato 1 - L’acagiù, l.go Villa Glori 20 La coccinella, c. Vecchio 36 - Laura, c. Vecchio 120 Le case di Habana, c. Vecchio 34 - Leo abbigliamento, c. Vecchio 40 -
gio d’autore
Marcello Camorani La Provincia di Terni per la cultura
a n t a m a g g i o d ’ a u t o re - I c a r r i v e s t i t i d a M a rc e l l o C a m o r a n i
Marcello Camorani, medico stimato, pittore di successo, socialista impegnato, uomo di cultura, spirito raffinato e maggiaiolo per vocazione e storia personale ci ha fatto conoscere il suo. E’ un autore creativo del maggio in sfilata, ma anche un interprete del fer-
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L A
mento culturale degli anni Ottanta che hanno iniziato a pensare il vestito e il costume teatrale in modo diverso. Gianni Versace sfila nel 1983 in modo innovativo e apre un’epoca con l’abito d’artista. Marcello Camorani sente profondamente questo movimento e come lo stilista Versace crea i costumi per il teatro e per il cinema, il pittore Camorani costruisce un suo particolare palcoscenico sul carro di maggio e fa sfilare i suoi costumi vestendo l’allegoria della primavera
in un teatro simbolico che si muove lento e ammirato tra la folla, dove attori e pubblico si uniscono nel messaggio del nuovo nella rassicurante tradizione. L’Ente Cantamaggio Ternano e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Terni offrono un tributo dovuto
ad un maggiaiolo d’eccezione e a un grande cittadino ternano, italiano, europeo espressione di una comunità da sempre aperta al nuovo e profondamente europea anche nella sua propria festa della primavera rigeneratrice.
Foto
Franco Cervelli
Giuliana Orsini Cervelli
P A G I N A
L’elefante, c. Tacito 74 - Libreria Alterocca, c. Tacito 29 Libreria Goldoni, v. I Maggio 29 - Luxuria Moda,, c. Vecchio 48/50 Mode Manni, c. Tacito 9 - New Sinfony, galleria del Corso 12 Nuovo caffè Clapier, c. Tacito 134 - Ohio Spazio Omnitel, v.le Stazione 42 Ottica Pielicè, v. I Maggio 64a - Pallini, c. Vecchio 110 Pasticceria La briciola, v. del Rivo 154 - Pasticceria Marchetti, v. I Maggio 68 Pasticceria Modernissima, v. Battisti 41 - Pizza Italia, v. I Maggio 54 Pizzeria Paolo, p.zza della Repubblica 25 - Pizzeria dell’Orologio, v. Battisti 19/A Pizzeria Elio, p.zza Solferino 25 - Pizzeria Superman, c. Tacito 106 Placebo, v. Cavour 45 - Profumeria Villaglori, lg. Villa Glori 6 Punto cultura, p.zza della Repubblica 1g - Rosati bimbi, l.go Villa Glori 8 Sabatini Ciro, p.zza Buozzi 24 - Sanitaria Spanò, c. Vecchio 146 Sergnese, p.zza della Repubblica 4 - Stazione Ferroviaria, p.zza Dante INPS, v.le Stazione - Tabaccheria Macellari, p.zza della Repubblica 26 Tabaccheria Napoletti, c. Vecchio 17 - Tabaccheria Parrabbi Carlo, v. Battisti 58/A Tabacchi Vizi e Virtù, c. Vecchio 127 - Tedeschi, c. Vecchio 101 Terniedicola, Largo S. Gallo - Tessilmoda, c. Vecchio 92/94 Tre prezzi, p.zza del mercato 17 - Vagnozzi, v. Goldoni 29/31 Viavai, c. Vecchio 148
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Psiche A c he s er v e la fo b ia A tante cose; anche perché sono tanti i significati che questo termine evoca. Da un punto di vista sociale l’essere “matti” può rivelarsi utile per evadere dalle convenzioni della società e dagli obblighi della vita quotidiana: come nel Berretto a sonagli di Pirandello. Spesso poi si dà del folle a chi segue la propria strada senza troppo preoccuparsi di quale seguano gli altri. Ma chi fa parte del gregge difficilmente accetta i dissidenti, sicché a questi occorre o la forza di sopportare un certo ostracismo sociale, oppure un mucchio di quattrini (i miliardari notoriamente non sono mai matti). Se tuttavia riescono a persistere, la loro “follia” non è altro che libertà. Non a caso nell’URSS i dissidenti venivano internati nei manicomi: secondo le autorità pazzo era infatti chiunque non apprezzasse il sistema sovietico. Il paradosso era poi che, data la persecuzione cui costui era sottoposto, occorreva per affermare ciononostante la propria idea, essere o molto coraggiosi o… molto pazzi. Spesso si dà del pazzo anche a chi ha idee troppo avanzate per essere capite, almeno dalla maggioranza. Molti anni fa, una signora anziana mi raccontava di avere visto in gioventù i contadini, che ascoltavano un oratore socialista sostenere idee oggi accet-
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tate da tutti, andarsene scuotendo la testa e dicendo “E’ un povero matto”. In fondo, a guardar bene, il dare del matto è confortante: se matti sono gli altri, noi non lo siamo e quindi siamo dalla parte del giusto e della ragione. Da un punto di vista psichiatrico poi (l’unico in cui il termine abbia una connotazione precisa) la psicosi ha spesso la funzione di salvare il soggetto da una sofferenza troppo pesante, distaccando la sua mente dalla realtà e facendolo vivere o in un sogno delirante in cui le cose siano più accettabili, come nel caso di chi, per evitare l’angoscia di sentirsi troppo insignificante, allucini di essere un grande personaggio; oppure mettendolo in uno stato di confusione che, come una fitta nebbia, gli impedisca di vedere il proprio sfacelo. Come tutte le astuzie della nostra ragione, anche questa funziona solo in parte; lo psicotico evita sì il peggio, ma il suo stato non ha niente a che vedere con quello di chi sappia prendere atto del proprio problema e trovi la forza di affrontarlo. Perciò ricordiamoci sempre che è assai ingeneroso prendercela con i nostri governanti: se davvero prendessero coscienza delle loro reali dimensioni intellettuali e umane, potrebbero restarci talmente male… Vincenzo Policreti
La fobia di impazzire
Forse questo mio articolo non saranno in molti ad apprezzarlo, perché la fobia della quale mi accingo a parlare non è sicuramente tra le più comuni; ma anche le minoranze, seppure sparute, sono degne di attenzione. Non è facile descrivere la sensazione che si prova in determinati frangenti: nella mente si accalcano tanti pensieri, relativi a tante situazioni da risolvere; di ognuna si vorrebbe trovare la soluzione ottimale, definitiva, e togliersene il peso per sempre; tale soluzione, o meglio, tali soluzioni sono però complesse da individuare; spesso, sembrano proprio irraggiungibili. E’ come se a qualunque ipotetica via d’uscita corrispondessero ulteriori difficoltà rispetto a quelle già note. Non so se vi è mai capitato, navigando in internet, di cliccare su certi banner pubblicitari a trabocchetto. Appena apri una finestra se ne aprono altre non richieste. E ognuna che ne chiudi ne apre altre, finché non hai tutto il monitor pieno di finestre aperte e più continui a chiuderne più se ne aprono. L’unica soluzione è spegnere il computer e riavviarlo. Anche per il cervello sarebbe auspicabile una simile tattica, ma… ci sono due rischi: il primo, consiste nel non riuscire a spegnere la macchina; il secondo, nel non riuscire a riavviarla. In quest’ultimo caso si cade in depressione, mentre nell’altro si entra in uno stato di stress che può sfociare nella fobia di impazzire. Io credo che, per alcuni soggetti, impazzire sia una vera e propria scelta. Ovviamente non lucida,
non ponderata, perché più che decidere di impazzire, si abbandona l’idea di combattere. E si crolla. Combattere oltre le forze, invece, significa percepire una tensione tale che si ha l’impressione di sentir scorrere dentro se stessi una specie di corrente, che a volte si manifesta in modo costante (tutti i muscoli sono tesi, la mente è sempre concentratissima per la paura di perdere il controllo della situazione); in altri casi, arriva a scosse (sembra di stare tranquilli, ma basta un niente per saltare in aria perché ci si aspetta inconsciamente che stia per accadere qualcosa di sconvolgente da un momento all’altro). La chiamano ansia. Ma la fobia di impazzire, lo dice il nome stesso, va oltre l’ansia. E’ una forma di panico. Per quanto possa contare il mio parere, ho due consigli da dare. Il primo: come per ogni altra tipologia di attacco di panico, mai nasconderla agli altri! Mai vergognarsene! Non solo si deve mantenere il desiderio di comunicare con chi ci sta
intorno, ma addirittura esagerare nella comunicazione. Renderla eclatante, quasi teatrale. Anche se l’istinto porta a fare il contrario. Essere trattati da idioti, in certi momenti, ha un effetto positivo, così come constatare l’indifferenza dei presenti di fronte al proprio terrore, perché solo così si comincia a sminuire la gravità di ciò che si prova. E a poco a poco sentirsi ridicoli diventa una consolazione, una salvezza, anzi, un vero e proprio piacere. Il secondo consiglio lo spiego meglio con un detto giapponese: quando cade la neve sugli alberi, i rami più grossi rimangono rigidi. Così, se la neve si accumula in grande quantità su di essi, prima o poi il peso li spezza. I rami sottili invece si piegano e lasciano scivolare giù la neve. E così non cedono. La fobia di impazzire, dunque, si supera non lottando strenuamente per non impazzire, ma dicendo: va bene, impazzirò…. Chi se ne frega!!! Scremate il paradosso, ma nemmeno più di tanto.
LA PAGINA
Raffaela Trequattrini Mensile di attualità e cultura
Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002 presso il Tribunale di Terni Direzione e Redazione: Terni Via Carbonario 5, tel e fax 0744.59838 Tipografia: Umbriagraf - Terni
Consiglio di redazione
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Credo sia facile pensare le case di riposo come posti tendenzialmente tristi, un po’ noiosi… certo è che non ci si ammazza dalle risate! Gli ospiti non sono giovanissimi e per contar gli acciacchi non bastano le dita di una mano. Io sono Monica! Socia della Cooperativa AIDAS da circa 7 anni, anche se mi sono sempre occupata di questioni amministrative e gestionali, ho avvertito quanto e quale amore viene profuso in un’attività come quella dell’assistenza alla persona, agli anziani nello specifico. Non ne avevo mai, però colto veramente il senso. Almeno credo! Da qualche tempo invece, ho iniziato a frequentare più spesso le residenze che la Cooperativa gestisce (Tiffany e Domus Gratiae), e a… sentire… parlare con gli ospiti, con gli operatori… Lavorare in una casa di riposo è dura. Fisicamente, psicologicamente… non ci si può inventare operatori del sociale. C’è bisogno di una sensibilità e di un’attenzione particolare. Le persone che vivono presso queste strutture hanno bisogno non solo di cure sanitarie, ma anche e soprattutto di ricreare attorno a sé un ambiente familiare ed accogliente che possa scacciare l’idea che la casa di riposo sia solo un parcheggio nell’attesa del passaggio a miglior vita. Anche gli operatori sono coinvolti da questo strano meccanismo, si affezionano e confrontano con un individuo che diventa inevitabilmente un familiare acquisito. Non è facile tenere a bada le emozioni, le depressioni che spingono all’inattività, all’inespressività, tanto...!!! La gioia di sentirsi ancora vivi, utili, importanti, alcune volte è un vero miracolo… Beh, al Tiffany i miracoli accadono! E mi piace chiamarli per nome: Roberta e Paolo (fisioterapisti), Mara, Cinzia e Paola (animatrici), Giuliana e Francesca (psicologhe) che si occupano ogni giorno dei loro amici anzianotti e che, insieme a loro, hanno dato vita alle Tiffaniadi!!! Due squadre: i fucsia ed i gialli. In due lunghe file, una di fronte l’altra. Atleti (rigorosamente over 60) eccitati ed in fibrillazione. Le condizioni fisiche? Le più disparate. Sedie a rotelle, cateteri, braccia e gambe diventate ormai un po’ pesantine, ma sulla faccia sorrisi che si agganciano alle orecchie! La chicca? Le nonne pon pon. Sì, perché non tutti se la sentono di cimentarsi in difficilissime prove sportive (buttare giù 4 micro birilli con una palla enorme, fare canestro con una minipallina in un bidone…), ma, poiché si vuole partecipare a tutti i costi, ... pon pon al vento e si tifa! Il clima è straordinariamente gioioso. Ci sono gli allenatori (i fisioterapisti che con loro fanno ginnastica ogni giorno) e addirittura la cronista che con il microfono incita e descrive minuziosamente il gesto atletico. Troppo bravi! Questo il pensiero che mi si è stampato in testa. Incredibile come potesse essere divertente anche solo guardare! Fatto sta che gli ospiti sono concentratissimi. Massimo impegno e anche sana rivalità. Insomma alla fine vincono ai punti i gialli e nei fatti vincono tutti, ma proprio tutti! Gli operatori del Tiffany, i parenti degli ospiti, tutti noi soci della Cooperativa AIDAS, il pubblico accorso per l’evento e soprattutto loro, gli adorabili vecchietti che in un colpo solo hanno allenato corpo e spirito! Per me, un’esperienza di vita! Scoprire persone che lavorano nell’ombra e spesso solo con grande difficoltà riescono a farsi riconoscere dalle istituzioni per quello che fanno e realmente valgono, come professionisti cioè dalle grandi capacità tecniche ed umane, uomini e donne in grado di manifestare efficienza, tenerezza e rispetto per il prossimo con gesti concreti. Un modo come un altro per lavorare esprimendo solidarietà (e quindi pace) ed accettazione delle diversità e difficoltà altrui. Mani tese per dare, ma anche per ricevere tanto… Ancora oggi, a distanza di una settimana, tra gli atleti vibra forte lo spirito delle Tiffaniadi… La domanda ricorrente è: ma le rifaremo?… Certo che le rifaremo, ormai siamo una squadra! Alla prossima sfideremo qualche altra casa di riposo, perché no? Tra le nonne pon pon già impazza il tifo! Monica Consolini
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alve, sono un pappagallo e mi chiamo Cocorito… o almeno così mi chiamano i miei padroni. Vivo con loro da tanti anni, da quando ero ancora piccolo, e non ricordo molto della mia vita prima di essere chiuso in questa gabbia… Da questa mia voliera vedo tutti i souvenir di viaggi che riempiono la sala: vasi, maschere tribali, tappeti, soprammobili di ogni materiale, forma, colori, paese; io sono compreso in questa accozzaglia di oggetti da mostrare agli amici, e tutto ciò non è molto gratificante… Unica attività interessante è sbirciare l’elenco del telefono (cosa utile, e perciò capitata in questa stanza delle meraviglie non si sa come), fortunatamente
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troppo provinciale. Parla del raggio di luce che può venire fuori dalla stellina di pasta usata per farci una collana. Eppure non apre bocca. Muove le mani su e giù per la tastiera. Dall’altra parte dell’immaginario specchio è seduto un ragazzo, ricurvo sulla sua chitarra. Le due mani si muovono sullo strumento arpeggiando qualche accordo minore. Gli occhi neri sono abbassati sotto le folte sopracciglia aggrottate. Una poco eccentrica collana cinge il collo proteso in avanti e mobile al suono della chitarra. Le maniche del maglione grigio gli coprono le mani
giorno. Ma molti di questi animali imparano a parlare la lingua degli umani, ad usarla nel giusto contesto, ad imitare i suoni e le voci più comuni, divertendosi nel sentirli riprodurre. “Ed allora?” Allora, spero di volarmene via in un posto lontano, nel silenzio immenso di una foresta vergine, perduto sopra qualche imprecisato ramo; e se un giorno un uomo dovesse catturarmi e rinchiudermi in una gabbia, allora, mi sforzerei di ripetere tutte le sciocchezze, tutte le false affermazioni, tutte le frottole, che fuoriescono dalle bocche umane, dalle radio, dalle televisio-
tare, proprio questo tipo di animale, questa specie di uccello, non un mammifero, non un pesce, non un uomo?” E va bene, se proprio insisti te lo dirò. Sono stanco del cicaleccio umano, sono stufo di ascoltare, vaniloqui senza senso, fandonie cortigiane, mormorii, diffamazioni e ciarle, tipici dell’umanità. “Ma è un controsenso! Sai quanto rumore fa un pappagallo, sai quanto grida spesso e quanto forte?” Oh, sì, sì. Certo che lo so. L’abilità verbale di questi uccelli è risaputa. Nel mondo dei pappagalli lo schiamazzo, la comunicazione, il canto e il grido, sono all’ordine del
posto sul tavolino vicino alla mia sbarrata dimora… non ho mica la vista di un falco io! Quando la mia padrona lo dimentica aperto mi piace scegliere un nome e immaginarne la faccia annessa, la vita, gli interessi… e oggi è uno dei miei giorni fortunati: l’elenco è aperto! Vediamo un po’, lettera T… Per tutte le piume! Quello è un tucano… c’è anche la sua foto: deve essere una personalità se il suo indirizzo compare nell’elenco telefonico degli uomini! Sarebbe bello averlo come amico di penna, e poi anche lui deve essersi trasferito in città dalla foresta tropicale… avremmo tanto di cui battibeccare! Potrei contattare un piccione viaggiatore per il recapito. E’ tanto che non esco fuori, ormai conosco solo quello che dicono i miei padroni agli amici che entrano in questa stanza: rac-
fino alle nocche. Quando la ragazza ha finito di parlare, egli alza lo sguardo e dice, come se parlasse da solo allo specchio. Chiara si sta truccando da sola: prende la cipria e se la spande per bene su tutta la superficie del volto, prende l’ombretto seppia e se lo sfuma in abbondanza sopra gli occhi. Non ne chiude la scatola, perché tra un po’, non contenta, se ne spargerà ancora. Tocca allo smalto, rigorosamente vistoso: bordeaux lucido andrà bene. Aspetta un po’, perché deve lasciar asciugare prima le unghie della mano sinistra per potersi tingere anche quelle della destra. Intanto guarda il contorno della sua bocca e pensa che la linea di demarcazione tra le labbra e la pelle sia poco evidente: labbra e pelle del viso sono dello stesso colore.
contano sempre le stesse storie, di come hanno trovato quell’elefante in legno nel delizioso mercatino indiano, del vecchio africano che ha regalato loro quel suo corno d’osso, eccetera eccetera eccetera (e poi dicono che sono i pappagalli quelli che ripetono sempre!). Tornando al mio tucano; se può permettersi indirizzo e telefono vuol dire che non abita in una gabbia e può andare dove gli pare: voglio chiedergli tutte le nuove sugli altri uccelli. Io qui sto sempre solo! Per esempio potrebbe dire alla cicogna di venirmi a trovare ogni tanto, non si è presentata neanche un attimo dopo aver portato il nipotino della mia padrona: non si fa così! E
la rondine? Quella è un’altra… lei sì che se la spassa, partenze intelligenti le sue: va dove la porta il caldo! Caro tucano, gli direi, vorrei sapere se lo struzzo ha smesso di ficcare la testa nella terra e ha deciso di affrontare la vita, anche se io credo che lui non si nasconda per qualche crisi esistenziale: per me la colpa è di quell’usignolo che, convinto di cantare da dio -ma in realtà più sgraziato di una cornacchia- non se ne sta un attimo zitto… Il tucano saprà di certo, poi, se la gallina ha chiesto il diritto d’autore alle case di cosmetici umane per la continua citazione delle sue zampe, e se il pellicano ha risolto il problema del suo doppio mento con gli interventi estetici moderni… Ah, non devo dimenticare di chiedergli di politica; la monarchia è caduta o l’aquila è ancora la regina degli
Non ci starebbe affatto bene un lucidalabbra trasparente, peggiorerebbe la situazione. Chiara trucca qualche ruga, qualche insoddisfazione. Trucca tutto il rimorso di non essersi mai lasciata andare alla gioia di piacersi del tutto. Di piacersi naturale. Intanto la stanza, intrisa di un penetrante odore di umidità e legno antico, si scurisce ancora di più all’abbassarsi della luce della lampada alogena. E’ ora di entrare in scena, il ragazzo e la ragazza si alzano dai loro sgabelli posti l’uno di fronte all’altro. La cornice barocca resta a separare la speculare distanza dei due sgabelli rossi. I due ragazzi si abbracciano fortissimo, l’uno è l’immagine dell’altra. Una la voce, l’altra la melodia. In bocca al lupo si sussurrano all’unisono. L’inchino e… via allo spettacolo. Adelaide Roscini
ni, nella speranza, che sentendo anche voi ripetere, le vostre sciocche storie, forse e dico forse, pensereste di più, prima di parlare. “E sia.” Dio, come era bello. Era davvero bello. Più si guardava e più si convinceva dell’assoluta bontà della scelta fatta. Ogni singola penna, ogni singolo colore del suo piumaggio, era una vittoria, una conquista. Lo specchio d’acqua gli rifletteva un’immagine perfetta. Sì, sì! Era diventato ciò che aveva sempre cercato d’essere.
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gli chiesero sotto quale forma vivente volesse rinascere. Voglio rinascere pappagallo. “Pappagallo?” gli chiesero, “e perché mai, proprio un pappagallo? perché non un’aquila reale, uccello maestoso e imponente, dalla solenne apertura alare?, perché non un usignolo, dal canto modulato e ipnotico, dolce strumento umano, perché non un gabbiano che vive di sale e mare, e vola lungo la linea dell’orizzonte?” No, no, voglio rinascere pappagallo. “Perché pappagallo, perchè non merlo, gazza, canarino, dal gioioso cinguettio, o rondine alla ricerca di nuove primavere?” No, pappagallo. “E sia, se così hai deciso, così sarà. Ma dimmi, spiegami, perché tra tante offerte, tra le infinite possibilità d’essere hai deciso di diven-
nice per tutta la stanza. Ombretti di ogni genere sono disposti, uno sopra l’altro, inutilizzati. I loro colori sono troppo accesi e fluorescenti. Solo uno, abbastanza consumato, è aperto accanto allo smalto: un leggero color seppia, lo stesso che sfuma le palpebre delicate della ragazza. Dice, ed è come se parlasse da sola: Danilo suona da solo al buio di un tendone vellutato, rosso scuro, impolverato, pesante. Sono dieci giorni che ha in mano una chitarra, non sapeva infilare una corda, adesso suona. Suona di dolce rabbia mai sfogata, di un incidente improvviso, di una crescita brusca e fuori regola, impreparata. Racconta il gelo che compare nell’ occhio abbassato, nei rimproveri gratuiti di un padre che per lavoro non c’è mai, di un fratello sordo e di un altro
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za quadro né vetro sta in mezzo alla stanza in penombra. Da una parte della cornice è seduta una ragazza come davanti a uno specchio immaginario. L’unghia perfettamente smaltata di lucido bordeaux picchietta il manico laccato della spazzola appoggiata sul mobile della specchiera. C’è un piano speciale su cui sono posti disordinatamente numerosi oggetti: una piccola scatolina tonda, contenente del lucidalabbra trasparente, rotola, chiusa, sotto i colpetti del dito della ragazza. Lo smalto bordeaux è rimasto aperto al centro del piano, continuando a sprigionare l’odore chimico di ver-
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Una cornice sen-
Raffaela Clementi
uccelli? E’ una un po’ all’antica ma ha l’occhio vigile, e comunque basta che non abbiano avuto la meglio galli e tacchini, altrimenti dove andremo a finire!? A un governo pollaio, ecco a che cosa! Prepotenti che si attaccano tra loro senza concludere niente e sbruffoni pieni solo della loro boria (prima di finire ripieni di carne macinata…). Non voglio perdere quest’occasione per tenermi informato, voglio chiamare subito il piccione viaggiatore perché rintracci la casa di questo tucano… DRIIN! Oh, e adesso chi è al campanello? << Salve signora, sono del negozio “Il Tucano”. Ecco le due lampade stile esotico che ha ordinato per telefono. Il prezzo lo sa, no? Firmi qui per la consegna…>> Beatrice Ratini
bella Terni La Provincia di Terni per la cultura
La Provincia di Terni per la cultura
R o b e r t o G e n t i l e s c h i Federico Li Gobbi campione
artista
Roberto nasce a Grenoble (Francia) il 12 Maggio 1940. Contitolare della Società Intermeccanica snc, cessa l'attività operativa dopo 42 anni di ininterrotto lavoro. La sua Intermeccanica è stata premiata, nel 1982, con medaglia d'oro e diploma di benemerenza rilasciati dalla Camera di Commercio di Terni alle Imprese Artigiane. Nel 1996 è nominato Cavaliere del Lavoro. Dal 1997 collabora con l'Istituto Professionale di Stato per l'industria e l'Artigianato
S. Pertini di Terni in qualità di Operatore tecnico nelle lavorazioni meccaniche e carpenteria metallica. E' stato socio fondatore, nel 1980, della Manifestazione sportiva Mille per Mille, insieme ad altri sportivissimi ed illustrissimi concittadini. E' insignito, nel 1999, della Croce di Cavaliere dell'Ordine di Merito della Repubblica Italiana. Dal 1994 al 2004 è stato consigliere dell'Amatori Podistica Terni. Attualmente fa parte del consiglio direttivo dell'Ente Cantamaggio di Terni.
Fervono i preparativi per il secondo appuntamento dell’International Rally Cup. Dopo la vittoria ottenuta a Cassino Federico Li Gobbi, giovane pilota ternano, non nasconde un sano ottimismo. Affronterà la gara a bordo della nuovissima Peugeot 106 1600 curata dalla JAG SPORT di Firenze, navigato dal comasco Diego Toppi. Cresce l’affiatamento fra i due ventitreenni e l’auto, tanto da far sperare in un’altra ottima prestazione, al pari del primo risultato ottenuto nella gara di marzo. In provincia di Parma tornerà ad affrontare i suoi avversari lungo le sporche ed insidiose prove speciali che compongono il Rally del Taro, in programma il 23 e 24 aprile.
Avvantaggiato dalla conoscenza del percorso, mutato solo per metà rispetto al 2004, e dalla prima posizione in campionato, Federico dovrà guardarsi dai sempre veloci piloti locali che ben conoscono le trappole riservate da una gara così lunga. Solita nota dolente la mancanza di sponsor: con pochissimi aiuti Federico segue un campionato tutt’altro che economico cercando di rimanere competitivo nonostante le numerose spese necessarie per avere un’auto in grado di battersi per la vittoria. Un grande in bocca al lupo quindi a Federico e a tutta la sua squadra per il prossimo impegno rallystico.
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Arriviamo in aereo a Lalibela: scendendo vedo alberi e case, nulla di particolare. L’aereo atterra su una piana sassosa, caracollando. Non c’è alcun edificio o attrezzatura aeroportuale: solo un gazebo e uno scalandrino per scendere. Via in albergo: l’unico di Lalibela, caro, dove convergono tutti i turisti stranieri, ovviamente. Poi, ci immergiamo nell’atmosfera straordinaria di questo luogo, nelle stradine piene di persone biancovestite: le pezze di cotone bianco bordate di azzurro o rosso sono il tipico vestimento degli Etiopi. Lalibela è uno dei luoghi più straordinari del mondo: meno famosa di Petra ma altrettanto fascinosa. Ma, forse è più bella di Petra, perché, accanto ai monumenti, unici al mondo, Lalibela è un centro animato non da turisti ma da una vita ferma nel tempo, immagine viva di un cristianesimo arcaico con le sue cerimonie paragonabili a quelle altomedioevali in Europa. Lalibela prende il nome da un re: Lalibala, del XII sec., che volle ricostruire la città di Gerusalemme nel cuore dell’Etiopia. Lalibala, volendo sfidare l’eternità, anziché elevare gli edifici al di sopra del suolo, fa scavare nella pietra grandi e straordinarie chiese, completa-
mente scolpite nella roccia, i cui tetti sono al livello del terreno. Per entrarvi bisogna scendere le scale, in basso, dove si apre un mondo sotterraneo di corti, di grandi spazi intorno ai monumenti, di corridoi che collegano i vari edifici tra i quali un mausoleo dedicato ad Adamo. Prima delle scale che scendono alla chiesa dedicata a Mariam c’è una fila di mendicanti, malati, infelici dalle atroci deformità, storpi. C’è anche un uomo completamente nudo con il ventre schiacciato da una enorme pietra, per punirsi ed espiare i propri peccati. C’è una grande folla intorno ai sacerdoti: io avanzo pestando, a volte, inavvertitamente qualche corpo di dormiente che emette solo flebili lamenti. Non c’è da stupirsi che nel luogo sacro si dorma, che si alterni la veglia al sonno: in Etiopia la chiesa è anche albergo, rifugio per i pellegrini. Giungo dinanzi al gruppo di sacerdoti: sono molti, ne conto
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viaggi di Sergio In aereo a Lalibela
almeno quaranta; un sacerdote mi invita a sedermi su una gradinata ricoperta da un drappo rosso che forma una specie di altare, in cima al quale un sacerdote dall’aria ispirata ogni tanto parla alla folla. Gli altri sacerdoti, disposti in schiera, avanzano e poi, secondo un preciso ritmo, arretrano, suonando tamburi e
grande corte che circonda la chiesa. Sono tanti, tutti in fila, e da quaggiù sembrano sospesi in cielo, vestiti di paramenti dorati, gli ombrelli di seta rossa aperti oscillano, verso destra, poi verso sinistra, all’unisono, e i sistri accompagnano una nenia grave e ritmata.
italiani; sono con una nota agenzia di viaggi, dai prezzi salati, la cui accompagnatrice ha già avuto parole di fuoco nei confronti di noi di Avventure: sono dei cenciosi che godono ad apparire cenciosi, ha gridato. E’ molto irritata: la boccuccia corrucciata, i tacchi a spillo vertiginosi: qualcuno del suo
sistri, salmodiando. L’atmosfera è molto suggestiva: anch’io, ritmicamente alterno la veglia al sonno. Lascio il luogo a tarda notte. Vi ritorno al mattino sotto una luce di un sole splendente: nella corte sono sempre i biancovestiti pellegrini: i sacerdoti sono in alto, sul margine che corre intorno alla
Grandi immagini sacre dipinte su tela sono appese alle pareti di pietra, contribuendo a creare un quadro grandioso e indimenticabile. Nel pomeriggio dobbiamo riprendere l’aereo per tornare ad Addis Abeba. Con noi, ad attendere, sulla pista polverosa, accanto al gazebo, c’è un altro gruppo di
gruppo si è furiosamente irritato perché noi di Avventure abbiamo, in Etiopia, visto molto di più e speso molto di meno. Arriva l’aereo saltellando sulla pista: è un vecchio aereo militare. Il pilota scende, ci soppesa con lo sguardo preoccupato, quindi sentenzia che sull’aereo possono salire tutte le persone dei due gruppi
ma non tutti i bagagli. Si apre una pungente polemica fra i due gruppi: su quali bagagli debbano essere lasciati a terra finché il pilota, affranto e ancor più preoccupato, autorizza il carico di tutti i bagagli. Noi di Avventure in un attimo siamo con i nostri sacchi sull’aereo e ci piazziamo. Quelli dell’altro gruppo attendono inutilmente per 1e loro elegantissime valigine il servizio di carico, pagato e inesistente. Quando finalmente salgono sull’aereo, ancor più infuriati, trovano i posti migliori occupati da noi. Migliori, si fa per dire: ci sono delle panche che corrono lungo le pareti dell’aereo, i bagagli ammucchiati in mezzo. Chiudono la porta dell’aereo che naturalmente non è pressurizzato: dalle fessure si vede il cielo. Il velivolo si avvia caracollando, sembra che non ce la faccia a sollevarsi, ma poi si stacca da terra. Tacchi a spillo blatera contro di noi perché abbiamo preso i posti migliori: ma l’aereo con i suoi sobbalzi e sbandamenti sollecita altre considerazioni. Noi di Avventure, anche per orgoglio, stringiamo i denti, fingendoci sereni ma quelli dell’altro gruppo non nascondono il terrore: uno di loro addirittura crolla svenuto. Tacchi a spillo grida che è malato di cuore e si affanna per farlo stendere sul pavimen-
to, tra un bagaglio e l’altro chiedendo, a gran voce, una corda. La corda viene tesa da una parte all’altra dell’aereo, le gambe del malato vi sono appese come panni. E’ una scena grottesca alimentata da un fatto nuovo: mentre la guida si piega sull’uomo, gridando che non dà segni di vita, riversa sul viso del malcapitato un fiotto di rigurgito possente, che risveglia il moribondo. Noi di Avventure scoppiamo, allora, con un moto spontaneo e irrefrenabile, in una risata omerica. La reazione di Tacchi a spillo è furente: siete senza cuore, insensibili, cenciosi grida, con la bocca ancora impastata, ormai scalza e scarmigliata al centro dell’aereo tra bagagli che slittano da una parte all’altra. In quel momento, con un effetto irresistibile, dalla cabina del pilota esce lo spaurito stewart, con un carrello per il pranzo e, nelle mani agitate naturalmente e irrefrenabilmente, la caraffa dell’aranciata. Sergio Petrucci
Benvenuti
Un antico fabbricato riportato al suo uso originale
La denominazione Vecchia Osteria è rimasta invariata nel tempo; infatti, pur essendo fino a qualche tempo fa una casa colonica, in precedenza era una stazione di posta. E' proprio qui che i viaggiatori che transitavano lungo la strada sottostante si fermavano per riposare e rifocillarsi. Era anche una gabella cioè vi si pagava il dazio per il passaggio, essendo il confine fra i comuni di Piediluco e Labro proprio qui sotto, sul ponte Catenaccio, così chiamato perché chiuso da una catena che si apriva solamente dopo il pagamento della tassa. Fra i documenti ritrovati c'è anche una lettera di Antonio da Sangallo il Giovane, che vi soggiornò quando seguiva, per conto dello Stato della Chiesa, i lavori di ripulitura del canale della Cascata delle Marmore: era l'anno 1.545. Nella missiva il Sangallo si lamentava con il Cardinale del trattamento riservatogli dall'oste di allora, che lo faceva dormire sulla paglia e gli dava da mangiare del pane fatto con pessima farina. Vi assicuriamo che da allora le cose sono cambiate, ed oggi troverete poche, ma confortevoli ed eleganti camere, ed una cucina fra le migliori della zona. Definita un’oasi di relax in estate e, grazie alle vecchie travi dell’antico camino, un caldo ritrovo invernale, Vecchia Osteria Vi aspetta per offrirVi il meglio della sua cucina. L’ambiente ospitale ed accogliente favorisce il soggiorno e la conoscenza del luogo, ricco di percorsi fra paesaggi e storia.
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