Se questa non è vita
Giampiero Raspetti
N° 4 - Aprile 2008 (54°)
... attorno bianca la spuma dall’immortale membro sortì e da essa una figlia nacque: dea veneranda e bella... Afrodite (da aphros, schiuma). Nasce così, per Esiodo, l’impeto che irrompe sulle sorti delle specie, al fine della loro conservazione. Afrodite, dea dell’amore, genera la vita, quella vita che tutti, da sempre, giuriamo di amare, difendere, rispettare. Se siamo sinceri allora non possiamo non impegnarci a favore di quei bambini che nascono, conoscono per alcuni attimi solo sofferenza… poi... poi non ci sono più! Non è forse vita anche questa? Alcuni fanno finta di niente. Non possiamo invece non vibrare per milioni di creature che muoiono di sete e di stenti... bambini nella realtà mai nati, se non nel dolore. Io sono con quei 6000 bambini che ogni giorno muoiono di sete o a causa di malattie provocate da acqua sporca; con i 3 milioni e mezzo di bambini che muoiono ogni anno, nel mondo, per fame; con i 200 milioni di bambini ai quali la fame divora corpo e mente cancellando il loro futuro entro i primi due anni di vita, arrestando per sempre la loro crescita e stroncando ogni possibilità di vita appena decente. Sento i 30 milioni di schiavi nel mondo e quei 200 milioni di bambini che l’organizzazione Anti-Slavery afferma essere coinvolti nelle peggiori forme di lavoro minorile quali lo sfruttamento sessuale, il lavoro per debito e la schiavitù. E questa... non è forse vita? Patisco per le vittime dei pedofili e mi indigno contro chi stabilisce, colpevolmente, di tacere al riguardo. Soffro per i bambini dei treni della prostituzione, quelli che nella folla si vedono, con l’aria più spersa degli altri: un vestitino, un legno-giocattolo, una bambola di pezza, una manciata di riso, l’ultimo lacerante ricordo delle materne, dolci carezze: l’infame schiavitù arriva... il treno riparte. Cristo risorge per loro; con Lui, Francesco, Teresa, i loro discepoli e chi è strenuamente al fianco delle sofferenze, senza attardarsi nelle vane parole. Sto con chi, amando riamato, segue le regole del comune codice genetico, senza violenze, ingiunzioni, dettami, costrizioni, mortificazioni. Sto con la coppia, quando arde il desiderio di generare. Perché amare è vivere, vivere è amare e la vita trova la sua sacralità nell’intenso desiderio dei due consapevoli amanti. Sto con chi si impegnerà per la dignità della vita di ognuno, qualunque sia la sua età e ovunque esso sia. Con chi libererà l’umanità, con una sorta di pillola del giorno prima, quella che consentirà di generare figli solo se desiderati, da violenze e sensi di colpa perché amore pieno e consapevole possa trionfare. Venere risorgerà allora dalle acque, odio e ipocrisia inabisseranno, vita sboccerà nuovamente. E Amore scenderà anche dal cielo indossando un rosso mantello.
A PA G I N A . . . Nannarella dagli occhi di brace... , E S t en t el l a Ancora senza preferenza , A Mel a secch e 3 Dalle piccole azioni... , C Ma n t i l a cci Diritti umani , M R i cci 4 Brent , P F a b b ri Il piacere , C C a rd i n a l i 5 Una mobilità sostenibile , J D ’ A n d ri a Il pastore errante di Acerra , F P a t ri zi Campo de’ fiori di loto , F B o rzi n i 6 Contro la fuga dalla memoria , F L o ru sso Un racconto ci salverà , A R o sci n i 7 OSPEDALE , E R u ff i n el l i , D G h i o n e 8 Taccuino minimo, Ufficio stampa Provincia di Terni Da Mazzini al Campidoglio , P L i b era t i La Cina, il Tibet... e le Olimpiadi , G Talamonti Elementare 9 10-11 Licei 12 Media 1 3 GALIZIA , A S ca l i se 14-15 Fondazione Carit , E S 16 Astronomia , G C o zza ri , F G u erri , P C a sa l i 17 Astronomia , T S ca cci a f ra t t e, G R a sp et t i 18 Una vita da esperta , C F i o ro n i Argento per Daniele Di Deodato , MG G Non serve allo sport... , G T 19 Antimago RASPUS A proposito di elezioni , J D a n i el i Dalla M alla M , F M B i l o t t i 2
A pr ile A fr o dite ... dà leggi al cielo, alla terra e alle acque da cui è nata e perpetua tutte le specie ispirando accoppiamenti. Ha creato tutti gli dèi e donato virtù generativa a campi e alberi; ha dato coesione ai rozzi animi degli uomini, insegnando a ognuno ad unirsi con la sua congeniale compagna. Cosa genera tutte le varietà di uccelli se non il soave piacere? Né ci sarebbero accoppiamenti nel gregge senza il tenue amore. Ovidio, Fasti, IV, 93 - 100
Nannarella Ancora senza preferenza liste elettorali sono state dagli occhi di brace... Leconsegnate, ma nei giorni di Eleonora Stentella
Gli occhi di brace, immensi ed appassionati, i capelli sempre arruffati, indomabili come lei, il carattere impulsivo e la risata contagiosa: così era Anna Magnani, l’icona del neorealismo cinematografico che... ...ha incarnato come nessun’altra la donna italiana, le sue passioni e le sue lotte. Nata a Roma il 7 marzo 1908 da Marina Magnani, una sarta originaria di Fano, Anna trascorre i primi anni della sua infanzia in un collegio di suore francesi che ben presto abbandona per entrare a far parte dell’allora Scuola di recitazione Eleonora Duse diretta da Silvio D’Amico, attualmente conosciuta come l’Accademia di Arte drammatica. Tra il 1929 e il 1932 si arruola nella compagnia Vergani-Cimara, diretta da D. Niccodemi. Recita nell’avanspettacolo di Totò e viene instradata al cinema da Augusto Genina e Nunzio Malasomma che le offrono piccoli ruoli nei film Scapolo e La Cieca di Sorrento (1934). Il suo pigmaglione resta comunque Totò, con il quale forma una compagnia nel 1941, finchè, lo stesso anno, Vittorio De Sica le offre la possibilità di imporsi all’attenzione collettiva attraverso il personaggio di Loretta Prima nel film Teresa Venerdì. Il 23 ottobre 1942 dà alla luce il suo unico figlio, Luca, frutto di una relazione col giovane attore Massimo Serato. A causa della gravidanza, non potè essere scritturata per il film Ossessione (1943) di Luchino Visconti ma l’appuntamento con il destino era solo rimandato: due anni dopo Roberto Rossellini le offre la parte della Sora Pina in Roma Città Aperta e la Magnani viene consacrata nell’olimpo del cinema italiano. Da quel film in poi segue, infatti, una carriera di successi impareggiabili: riceve la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia per il film L’Onorevole Angelina, il Nastro D’Argento per la sua interpretazione in Bellissima (1951) di Luchino Visconti e, il 21 marzo 1956, è la prima attrice italiana a vincere il Premio Oscar come migliore attrice protagonista per la sua magistrale interpretazione di Serafina in La Rosa Tatuata di Daniel Mann. Nel 1962 è ancora protagonista in Mamma Roma di Pierpaolo Pasolini mentre, nel 1971, si cimenta con la televisione, fino a quel momento guardata da lei con sospetto. Si spegne all’età di 65 anni stroncata da un tumore al pancreas. Questa la vita di Anna Magnani...
Dove trovare
Una vita fuori dagli schemi, fatta di amori drammatici, gioie sfrenate ed amaro disincanto che lo scrittore Giancarlo Governi racconta, attraverso un profluvio di aneddoti, in Nannarella, il romanzo edito dalla Minimum Fax in occasione del centenario della sua nascita. Dalle pagine del libro la Magnani emerge come una donna subalterna, moderna, forte ed affascinante che, a differenza di altre sue colleghe come la Loren, la Cardinale, la Mangano non crebbe all’ombra del marito produttore, bensì, lottò sempre per la sua indipendenza. Una signora che, a dispetto di quanti la definivano una popolana maleducata e superba che si nutre di parolacce e fagioli, sapeva donarsi completamente agli altri.
... Confesso francamente che se mi chiedessero di dare un’opinione su me stessa, non la saprei dare... Credo di avere dei pregi: sono profondamente umana e, anche se non si vede, sento di avere molta poesia dentro, sono molto leale, molto... mi pare che basti! (1965)
La Pagina
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delle candidature non sono mancati i coup de théâtre. L’attuale legge ha conferito a pochissimi patron di partito il diritto di investitura, quando non il diritto di vita o di morte, politica ben s’intende, su Deputati e Senatori. Chiunque faccia parte dell’entourage giusto si può vedere catapultato nei sacri palazzi della democrazia costituzionale. Pensare che pochissimi segretari di partito possano determinare l’intera composizione di Camera e Senato fa quasi rabbrividire e solo così si comprende come sia possibile approvare leggi che depenalizzino il falso in bilancio, favoriscano colossi televisivi e riducano i termini di prescrizione dei reati penali. Ma la verità è che fa comodo a tutti, per cui si continuano a candidare e ricandidare mogli di segretari di partito, giovani carine che dichiarano con candore che porteranno in Parlamento la propria inesperienza, operai che hanno avuto la sventura di trovarsi nel rogo della Thyssen Krupp, salvandosi per grazia ricevuta, accanto ai capitani di ventura della Federmeccanica che hanno fatto di tutto e di più per impedire che i metalmeccanici italiani avessero pochi euro di aumento stipendiale. Un pout-pourri che risponde ormai solo ad una politica d’immagine sempre più lontana dai problemi quotidiani delle famiglie. Sulla discussione relativa all’inserimento del fascistissimo Ciarrapico nelle liste del PdL, Berlusconi ha dichiarato in libertà (ma non è quello in fondo il partito delle dieci, cento, mille libertà? Ognuno ha la propria): cosa volete che faccia su mille parlamentari, nulla conterà.
LA
BUIO
Conteranno, poi, solo i direttori d’orchestra, cioè i capigruppo, coloro che valuteranno, non il senso degli interventi in aula, ma esclusivamente la presenza fisica e soprattutto la fedeltà nel premere sulla tastiera per dare il voto giusto, quello che sancisce la fedeltà al capo ed alle sue sacrosante esigenze. Ma con una sinistra che nei lunghi anni di governo, compresi gli ultimi due del governo Prodi, mai ha voluto affrontare il tema dei temi, quello del conflitto di interessi, come possiamo pensare che il nostro Paese possa tornare ad una democrazia matura e consapevole? In più l’inciucio del voto utile pende sulla testa e sul futuro degli italiani. Le prime fantasmagoriche promesse elettorali, i rutilanti tagli alle imposte già si sono trasformati in pochi giorni in preoccupazioni riflessive su cinghie da tirare e vacche magre. Siamo soltanto curiosi di capire chi vincerà la lotteria delle riduzioni di imposta e viceversa a chi toccherà tirare la cinghia. Fino ad allora ogni elettore si può illudere di essere fra i fortunati di questa sorta di riffa elettorale. Peccato che è l’Italia e sono gli Italiani a dover ancora una volta rinviare ad altra data la soluzione dei propri problemi. alessia.melasecche@libero.it
PA G I N A
Mensile di attualità e cultura Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, V. Carbonario 5 Tipografia: Umbriagraf - Terni In collaborazione con l’Associazione Culturale Free Words
DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Direttore Giampiero Raspetti R E D A Z I O N E Elettra Bertini, Angelo Ceccoli, Pia Giani, Alessia Melasecche, Francesco Patrizi, Alberto Ratini, Beatrice Ratini, Adelaide Roscini, Emanuela Ruffinelli, Albano Scalise, Eleonora Stentella.
Editrice
Projecta s.a.s. di Martino Raspetti e C.
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Dalle piccole azioni...
... le grandi rivoluzioni sociali. L’ennesima figuraccia del Belpaese si consuma in ambito sportivo: due squadre bulgare hanno chiesto ed ottenuto che la finale di coppa nazionale venisse arbitrata da un fischietto straniero, a garanzia di maggiore equanimità. Saputo però che l’arbitro designato era l’italiano Dondarini, lo hanno immediatamente ricusato, tacciandolo di scarsa deontologia professionale, dato che, nel 2006, era stato coinvolto nello scandalo di calciopoli (l’orgoglio nazionale provato nel momento della designazione di Collina per la finale dei penultimi mondiali è ormai solo un ricordo). Quindi, riassumendo, l’immagine che l’Italia offre all’estero è quella di un Paese in cui la monnezza staziona in strada, la politica subisce continue ingerenze da parte di chi dovrebbe occuparsi d’altro, le Università sono caotiche e disorganizzate, il costo della vita è alle stelle, la moralità, invece, alle stalle e la corruzione dilaga in ogni ambito della vita dei cittadini. Tutti vorremmo, con un colpo di bacchetta magica, poter cancellare questi giudizi che il resto del mondo formula sul nostro bellissimo Paese, però chi scrive non ritiene che questo sarà possibile finché, nel nostro intimo, non troveremo la forza per iniziare a modificare le piccole ingiustizie cui assistiamo e che a volte perpetriamo in prima persona,
ogni giorno. Non possiamo inalberarci perché un arbitro italiano viene respinto da due squadre straniere e poi dare per scontato che un lavoro si possa ottenere solo grazie a qualche segnalazione; che, per un esame medico, sia lecito scalare le liste d’attesa poiché la sera precedente si è cenato col primario o che sia lecito presentarsi come l’amico-amante-cuginosegretarioparticolare di… Quando l’argomento sono la mafia e la corruzione il pensiero corre subitamente al meridione, a realtà che immaginiamo represse ed economicamente arretrate, all’omertà tipica di chi non si è mai emancipato dalla sudditanza psicologica nei confronti della malavita. Siamo sempre pronti a dimostrare solidarietà agli imprenditori che combattono la piaga del pizzo ma, in realtà, quello contro cui dovremmo lottare quotidianamente è ciò che Paolo Borsellino definì compromesso morale, ovvero la tacita accettazione dei piccoli fenomeni di clientelismo di cui molto spesso siamo i primi beneficiari. Con questo non s’intende mettere sullo stesso piano l’assassinio mafioso con la raccomandazione che si cerca prima di partecipare ad un concorso pubblico, però sarebbe bello se, per una volta, invece di inalberarci per le pecche degli altri, riuscissimo a capire che le grandi rivoluzioni sociali cominciano dalle nostre piccole azioni quotidiane. Claudia Mantilacci
Nella storia dei diritti umani una tappa importante è quella rappresentata dal cristianesimo, infatti dei due diritti, alla libertà e all’uguaglianza, di cui abbiamo seguito la nascita nel mondo greco, la dottrina cristiana delle origini si fa convinta portatrice. Per quel che riguarda l’uguaglianza, che tanti significati assumerà nel corso della storia, la concezione cristiana ne fa un momento essenziale del suo insegnamento: tutti gli uomini sono uguali perché tutti fratelli in quanto figli dello stesso padre. Come si vede questa concezione dell’uguaglianza viene fondata su una credenza religiosa e rimane limitata al piano spirituale e morale, non traducendosi sul piano politico cioè fino a contestare la schiavitù come istituto giuridico. Infatti, oltre al famoso Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, S.Paolo è molto chiaro quando afferma: Servi obbedite ai vostri padroni di quaggiù come se prestaste servizio al Signore. Nel corso della storia la Chiesa come istituzione si attesterà su questa posizione, tollerando la diseguaglianza e la schiavitù come fatto sociale e politico. Tuttavia, pur con tale limite, questo concetto religioso dell’uguaglianza riveste un aspetto rivoluzionario nei confronti del precedente mondo classico, aprendo una breccia decisiva all’interno della cultura schiavista. L’altro diritto, quello alla libertà, si muove anch’esso in un quadro religioso, infatti come il laico Socrate, Gesù muore per testimoniare la sua libertà di coscienza di fronte al potere religioso ebraico e al potere politico romano. In seguito i primi cristiani affrontano la morte in un atto estremo
DIRITTI UMANI 6°
di disobbedienza civile all’Imperatore (lo Stato) in nome del proprio Dio. Nel Medio Evo questo processo di costruzione della libertà dell’individuo, a cui aveva dato vita, sia il mondo laico-pagano che quello religioso-cristiano, si interrompe perchè la Chiesa, diventata con Costantino interlocutrice principale del potere politico e con Teodosio religione ufficiale dello Stato, diviene la più accesa negatrice della libertà di coscienza. Esiste una sola religione vera, quella cristiana con i suoi dogmi e le sue verità assolute, chi dissente o è un pagano o è un eretico. La stessa società medievale non solo non favorisce lo sviluppo dell’autonomia dell’individuo, ma, essendo strutturata per ceti, cioè per gruppi sociali di persone che occupano la medesima posizione sociale e politica, la ostacola notevolmente: l’individuo ha valore per il rango sociale che riveste, non in quanto soggetto di diritti. Il soggetto di diritti, intesi come privilegi da ottenere dal sovrano, è il ceto non l’individuo. L’esempio più classico è la Magna Charta Libertatum (1215), che non può essere intesa come la prima proclamazione dei diritti dell’uomo, ma come docu-
mento della lotta vittoriosa del ceto baronale e della nascente borghesia contro il sovrano d’Inghilterra Giovanni Senzaterra. Nella Magna Charta è il re che dall’alto della sua autorità per sua buona volontà concede privilegi, ma non riconosce diritti anteriori alla sua sovranità. Ecco alcune delle concessioni: i conti e i baroni non potranno essere colpiti da ammenda che dai loro pari; nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, spossessato della sua libertà; tutti i mercanti potranno... liberamente e in tutta sicurezza uscire dall’Inghilterra e rientrarvi per comprare e vendere... senza che si possa imporre su loro alcuna tassa indebita. Interessante per il nostro discorso è la chiusa del documento: per questa concessione e donazione delle libertà suddette... gli arcivescovi, vescovi, priori, conti, baroni, uomini d’arme... ci hanno dato la quindicesima parte di tutti i loro mobili. In altre parole le concessioni sono pagate da coloro che ne usufruiscono, la libertà politica non è rivendicata come diritto inseparabile dell’individuo, ma si vende e si compra. Marcello Ricci
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B R E N T
Le parole, dicevamo. Le parole, importanti e talvolta divertenti, in tutte le lingue. Una parola inglese che è arrivata anche nella lingua italiana è brent. Già, proprio il petrolio, il greggio. Anche se il suo significato non è esattamente greggio, ma piuttosto un tipo particolare di greggio: quello del Mare del Nord. E qui c’è forse la prima sorpresa: si tratta di un ottimo petrolio europeo, non arabo, e la sua quotazione fa da sistema riferimento anche per gli altri petroli, in base alla loro qualità. Come dire che se il brent sale da 100 a 110 dollari il barile, allora anche degli altri petroli (iracheni, venezuelani, sauditi, eccetera) si saprà più o meno come varieranno di prezzo. Detto questo, l’etimologia della parola è evidente: basta procurarsi un dizionario enciclopedico di lingua inglese per scoprire che brent significa papera. Beh, insomma, quasi: in realtà si tratta di un’anatra, e molto bella, anche: con la testa verde decorata da belle strisce bianche. Abbastanza simile al nostro germano reale, tutto sommato; e a questo punto il legame con il petrolio greggio sembra davvero impossibile.
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Ma il legame tra la papera e il greggio c’è davvero, e la storia è interessante. Tutto risale a quando la Esso inglese andava in giro per il Mare del Nord alla ricerca di giacimenti petroliferi. Quando trovò il primo, si pose il problema di dargli un nome: e il nome prescelto fu Auk. L’auk è un tipo particolare di pinguino, dal becco molto caratteristico. È forse stupefacente che dei rozzi ingegneri petroliferi che passano il tempo su gelide e aride piattaforme abbiano trovato un nome tanto poetico per un giacimento di petrolio, ma è proprio quello che accadde. E questo era solo l’inizio: l’idea di chiamare i giacimenti con nomi di uccelli acquatici prese piede e approfittando del fatto che auk cominciava con A, prima lettera dell’alfabeto, si decise che i anche i successivi avrebbero dovuto avere nome di uccelli d’acqua, ma con l’iniziale acconcia e rispettare l’ordine alfabetico di scoperta. È chiaro allora che il Brent fu il secondo giacimento scoperto, ma non l’ultimo: ad esso fecero seguito il Cormorant (cormorano), il Dunlin (piviere), l’Egret (un tipo di airone), poi il Fulmar, il Gannet, e così via. Ma di tutti questi giacimenti dal nome d’uccello, il Brent è sempre stato quello con il greggio di migliore qualità, ed è per questo che il nome di quel giacimento è passato, per antonomasia, ad indicare proprio il tipo di petrolio. E questa è l’etimologia ufficiale della parola brent. Ma, a dar retta alle malelingue, sembra che la parte migliore della storia, quella che la rende davvero memorabile, sia invece un’altra. È una versione assolutamente non ufficiale, ma è talmente credibile da essere quasi certamente la versione vera.
Si mormora che i rudi ingegneri petroliferi della Esso, in realtà, non avessero alcun intento poetico nel battezzare i giacimenti. Da uomini pratici quali erano, si sarebbero contentati come al solito d’una bella sigla. E come poteva mai essere fatta una sigla che doveva indicare un primo giacimento inglese? Ovvio, con qualcosa che indichi primo e qualcosa che indichi inglese. Ovvero, banalmente, giacimento A-UK. Il povero pinguino auk non c’entrava per niente, almeno all’inizio: per quel che riguardava i tecnici, A-UK andava benissimo per il primo, B-UK sarebbe andato altrettanto bene per il secondo, C-UK per il terzo giacimento, e così via. Ma un solerte funzionario si accorse dell’incombente tragedia. Per la barba della regina! Come sarebbe andata a finire la cosa, quando sarebbe stato scoperto il sesto giacimento? My god, non si può certo chiamare un impianto F-UK, che suona identico a fuck, anzi, è proprio come scrivono fuck i ragazzacci che vanno male a scuola. Bisognava subito cambiare codifica, e fu allora che qualche mente geniale e poetica si accorse che il già battezzato A-UK poteva essere inteso anche come Auk-pinguino, e da lì si ripiegò in fretta e furia sui nomi presi dagli uccelli acquatici. Così, la storia della parola brent rimane davvero impressa, perché è divertente. Meno divertente, anzi quasi tragico, è che il prezzo del brent sia più o meno raddoppiato nel giro di tre anni. Ce la avessero detta tre anni fa, questa cosa, saremmo rimasti o increduli o terrorizzati: ma invece, diluendo la notizia in mille giorni, quasi non ce ne siamo accorti. Non se ne parla in campagna elettorale, non si urla terrorizzati per strada, non si ha nemmeno un vero senso dell’emergenza. Eppure è probabile che stia cambiando il nostro modo di vivere, anche se a noi piace continuare a parlare soprattutto di fuorigioco e di grandi fratelli. Auk, Brent, Cormorant: sono tutti nomi d’uccello, come abbiamo visto. Anche Allocco lo è: e allora abbiamo anche noi qualcosa in comune con i giacimenti di petrolio, forse. Piero Fabbri
Il piacere...
www.spiovmi.it/famiglia/mondo.htm
... di tradire?! La libertà sessuale e la contraccezione hanno favorito più la donna che l’uomo, dando maggiore legittimità e spazio al piacere sessuale femminile. Quando quest’ultimo non è soddisfacente con il partner, la donna spesso tradisce. In tal caso, il motivo alla base del tradimento è sessuale. La donna si mette al passo dell’outing del sesso che la TV, i giornali, ecc. propinano. Inoltre, la stessa libertà sessuale favorisce più il singolo che la coppia. Le tentazioni pullulano e sempre più si è portati ad agire seguendo il detto l’erba del vicino è sempre più verde. Questo è anche la matrice dell’insoddisfazione che siamo capaci di procurarci e mantenerci. Invece di so-stare su quello che abbiamo e magari impegnarci per fare in modo che diventi più simile a quanto preferiremmo, ci si muove con rapidità verso altre situazioni che abbiamo deciso essere (o sembrarci) migliori. Praticamente, così, potremmo essere sempre in cerca di quello che ci manca, trovando però sempre qualcosa che non c’è per poter fuggire dalla realtà in cui siamo. Non è possibile così la costruzione in un rapporto/i. Ci sono uomini che, con più facilità delle donne, alle soglie della costituzione di una famiglia, scelgono il piacere dell’innamoramento per un’altra donna. Sono gli innamorati dell’innamoramento. Chi agisce una sessualità pulsionale e non legata all’oggetto d’amore, non manterrà a lungo la coppia. E’ anche vero che con il passare del tempo la sessualità diminuisce e lascia sempre più spazio alla tenerezza e all’affetto. Ciò è sostenuto da un cambiamento ormonale: la dopamina, substrato del desiderio, dura al massimo tre anni e poi viene progressivamente sostituita dalla ossitocina (che stimola soprattutto la tenerezza). Questo ha un senso quasi naturale se si pensa che allevare i figli richiede un tempo più lungo. Oggi spesso si dice coppia o famiglia: certamente non va bene identificare interamente l’una con l’altra; occorre continuare ad alimentare entrambe, e, mantenendo così buoni confini tra le due, diventa possibile a volte anche sovrapporle in modo che coincidano. Un altro fenomeno dei nostri tempi è quello dei sessantenni in crisi che lasciano la moglie per una donna più giovane: per ragioni esclusivamente erotiche. Parallelamente ci sono anche molte donne, soprattutto nelle grandi città e con una buona indipendenza economica, che si accompagnano con uomini più giovani. A monte può unirsi anche una motivazione biologica: ovvero che il testosterone (ormone del desiderio) tende nell’uomo a diminuire con l’età, nella donna ad aumentare. Dalla Madame Bovary che faceva scandalo, si è passati un po’ tutti ad assomigliarle, perché consideriamo l’innamoramento quasi un diritto e ricerchiamo forti emozioni. W. Pasini (2007) parla di modello arcipelago per descrivere la convivenza (e connivenza) fra il matrimonio, come isola centrale, e le relazioni stabili od occasionali, come atolli. Ci sono coppie che stabiliscono che quello è il loro piacere: e lo fanno in maniera condivisa, aperta o implicita. L’idea è che il piacere può prendere strani percorsi…!?! Dott.ssa Claudia Cardinali Psicologa Psicoterapeuta Esperta in Sessuologia Clinica
Una mobilità sostenibile
Nello scorso articolo ho iniziato ad approfondire la prima delle direttrici di ricerca dei principali costruttori verso l’obiettivo finale, la realizzazione della Ultimate Eco-Car (veicoli a emissioni zero) in termini di impatto ambientale lungo l’intero ciclo di vita (Life Cicle Assessment). E la prima strada che è stata seguita ha riguardato l’ottimizzazione dei propulsori esistenti, a cominciare dai motori a combustione interna, che ormai da molti decenni dominano incontrastati il panorama dei veicoli passeggeri e commerciali. I primi limiti alle emissioni di gas nocivi alla salute e all’ambiente, introdotti a partire dallo Stato della California alla fine degli anni ’60 e poi in tutti i principali mercati, hanno costretto i costruttori a ripensare le tecnologie alla base del funzionamento dei tradizionali propulsori a benzina e a gasolio. E ad introdurre sistemi di controllo e di diagnosi di bordo via via più sofisticati, con il risultato di trasformare radicalmente il prodotto automobile, da un qualcosa di tecnologicamente maturo a un manufatto complesso, sia nello sviluppo che nella realizzazione che nella manutenzione. I prossimi spauracchi si chiamano Euro 4 (in vigore per i veicoli di nuova omologazione dal 2009) ed Euro 5 (dal 2014), norme che ridurranno in maniera ancora più sensibile i limiti di emissione dei principali inquinanti. I propulsori tradizionali continueranno la loro inevitabile trasformazione verso rendimenti maggiori, mentre i sistemi di contenimento e di abbattimento delle emissioni diventeranno ancora più complessi e costosi, per costruttori e consumatori. L’obiettivo dei progettisti non più i cavalli (o chilowatt) per litro di cilindrata, non più l’accelerazione bruciante da 0 a 100 km/h, ma meno grammi per km di gas nocivi e di gas serra rilasciati in atmosfera, insieme a consumi inferiori. Per sopravvivere alle normative sempre più severe i motori a combustione interna ridurranno sempre più le proprie dimensioni (in gergo tecnico downsizing), con conseguente riduzione degli attriti interni. I motori a benzina faranno uso diffuso della sovralimentazione, non per raggiungere prestazioni mozzafiato, ma per elevare l’efficienza della combustione e quindi il rendimento. Ed i sistemi di ricircolo dei gas di scarico, già da tempo prerogativa non più dei soli motori diesel, prevederanno controlli elettronici ancora più sofisticati. E la gestione dell’aspirazione della carica fresca e dello scarico dei gas non potrà prescindere nei motori a benzina dall’utilizzo di sistemi di fasatura variabile. Ossidi di azoto (NOx) e particolato (PM) prodotte dai motori diesel potranno essere ulteriormente ridotti abbinando il propulsore ad un filtro anti-particolato e ad un catalizzatore de-nox. E la tecnologia common-rail sta viaggiando verso pressioni massime di esercizio di circa 2000 atmosfere, con iniettori con ugelli dal diametro inferiore al decimo di millimetro. Insomma, i motori a combustione interna sono duri a morire e in particolare i motori a benzina stanno vivendo una loro seconda giovinezza. Ing. Jacopo D’Andria
Il pastore errante di Acerra Una distesa di carcasse di pecore e poche altre al pascolo in un prato brullo e velenoso. Insieme alle pecore, è morto anche il pastore. Stessa malattia, stessa causa: la diossina. Ora tocca al fratello continuare il pascolo… e cosa devo fare, le pecore devono mangiare! dice al giornalista e mostra un agnellino appena nato, deforme, senza un occhio. Non è lo scenario di un film horror, ma la campagna di Acerra filmata da Report. Il pastore respira la stessa diossina che ha ucciso suo fratello, continua a far mangiare alle pecore la stessa erba tossica che le sta decimando e, quel che è più grave, lascia intendere che continua a produrre formaggio, a macellare carne e vendere lana. Gli abitanti del posto, i magistrati, i politici, tutti sanno che la campagna di Acerra produce solo veleno, la causa è nota: rifiuti malgestiti, balordi che bruciano pneumatici in aperta campagna per ricavarne fili di rame, cumuli di polveri tossiche lasciate libere al vento per incuria, falde acquifere
contaminate e, addirittura, una fabbrica che scarica direttamente in un pozzo a cui attingono per irrigare i campi! Eppure tutto continua a scorrere come sempre, si coltiva, si annaffia, si pascolano le greggi e si immettono in commercio prodotti carichi di diossina. Nessuno che si prenda la responsabilità di denunciare lo stato di allerta e di mettere in crisi un’economia che sta diffondendo in tutta Italia alimenti inquinati. Ci sono nomi eccellenti di aziende di acqua minerale, catene ortofrutticole, distributori di prelibatezze territoriali, che fare? Al Ministero dell’Ambiente ammettono sottovoce che i cento chilometri quadrati di terreno tra Acerra e Caserta rappresentano la zona più inquinata d’Europa. In attesa di bonifiche e di controlli, che non sono all’ordine del giorno, l’unica possibilità di tutela della salute, almeno per chi ci vive, è il buonsenso: non piantare l’insalata, non mangiarla e non venderla.
Come ha testimoniato la trasmissione Report, l’impavida negligenza del pastore errante la dice lunga: incurante della propria salute e di quella degli altri, continua a pascolare le poche pecore sopravvissute tra le carcasse del gregge decimato. Finché non saranno tutte morte, finché l’agnellino deforme non si accascerà e lui stesso subirà la sorte del fratello. Qui è così! spiega al giornalista con atavico fatalismo. In fondo, il campo non gli appartiene, l’aria che respira non gli appartiene, neanche la vita gli appartiene. Francesco Patrizi
Campo de’ fiori di loto
Per chi ha avuto il privilegio di incrociarlo, quello di Tenzin Gyatso, l’attuale Dalai Lama, è un sorriso che difficilmente si dimentica. Un sorriso dolce, in parte ironico in parte infantile, sicuramente disarmante. Disarmante e semplice come le sue parole, sempre ispirate ad un ideale di sovrumana compassione che spinge a comprendere l’altro senza mai giudicarlo e a porgere l’altra guancia anche nelle situazioni tremende. Difficile non pensare alla vitale profondità di quel sorriso mentre si assiste agli scontri di Lhasa e a quel vero e proprio genocidio nei confronti della cultura millenaria del popolo tibetano che sta perpetrando il regime cinese, il quale conquistò il Paese delle nevi (si tratta di quasi un terzo del territorio dell’attuale Cina) nel lontano 1959, soffocando brutalmente nel sangue ogni tentativo di rivolta.
Certo, tutti sappiamo che la realpolitik impone cautela e dunque il gigante cinese, la nazione più popolosa al mondo, la locomotiva dell’economia mondiale e il principale finanziatore dell’enorme debito pubblico statunitense, non può essere irritato da tutti quei Paesi che traggono beneficio dal suo sistema economico. Tutti sappiamo che la democrazia e il rispetto dei diritti umani sono beni da esportare, ma solo quando c’è convenienza. Eppure le scandalose immagini della dura repressione cinese, che già dopo pochi giorni ha fatto contare morti a decine, sembrano aver attirato l’interesse di una parte, pur minoritaria, della distratta opinione pubblica europea. È stato confortante, dunque, assistere alla piccola ma significativa manifestazione indetta mercoledì 19 marzo nella storica piazza romana di Campo de’fiori per dimostrare, sotto l’austera e pensosa statua dedicata a Giordano Bruno, solidarietà alla causa lamaista. In quella piazza, anche se non del tutto piena, si
respirava un timido refolo di speranza idealista, mosso dall’esigenza di schierarsi al fianco di un popolo oppresso dall’odiosa arroganza di un gigantesco Stato autoritario e liberticida (fascista, lo si sarebbe un tempo definito). Riuscirà l’Europa a far sentire la propria voce con il necessario coraggio e a dimostrare che l’urgenza di far rispettare i diritti umani è più forte dei meri interessi commerciali ed economici? È lecito dubitarne. Saprà il prossimo Governo italiano, quale che ne sia il colore politico, riservare alla causa tibetana la paziente perseveranza che il Governo Prodi ha saputo mettere in campo nel sostenere la proposta di moratoria internazionale sulla pena di morte? C’è da auspicarlo. Di certo possiamo dire che, in un mondo in cui troppo spesso vittime e carnefici si confondono in un disperante senso di nihilismo, la causa tibetana appare degna di essere sostenuta e combattuta senza tentennamenti e reticenze. Francesco Borzini
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Contro la fuga dalla memoria
Binario 21. Stazione centrale di Milano: anche quest’anno è partito Un treno per Auschwitz. Un binario ormai divenuto simbolo, per l’Italia, di uno dei maggiori stermini della storia e dal quale, da tre anni, partono circa ottocento studenti, per non dimenticare le vittime del genocidio nazista. Quel genocidio, portato a termine nel corso della seconda guerra mondiale, era già implicito nei venticinque punti programmatici che, nel 1920, costituirono l’atto di fondazione del Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, al quale Hitler contribuì proprio con l’acceso razzismo antisemita, e nelle leggi di Norimberga che, nel 1935, privarono gli ebrei tedeschi dei diritti di cittadinanza. Il progetto Un treno per Auschwitz non si limita soltanto a garantire ad alcuni studenti la visita ai lontani campi di sterminio di Auschwitz - Birkenau, configurandosi piuttosto come un pellegrinaggio che ripercorre l’itinerario inconsapevole di migliaia di ebrei italiani verso la morte. Pensavano di andare a lavorare: pagavano solo il viaggio di andata, aiutati dai più benestanti, nella speranza di poter ritornare un giorno a casa a proprie spese, con i soldi guada-
gnati dal lavoro nei campi di concentramento. Visitando Auschwitz - Birkenau non si riesce subito a capire la vastità dello sterminio studiato a scuola. In quei luoghi si sente il peso della storia che, con la Shoah (annientamento in ebraico), ha raggiunto il limite. Dal giorno della liberazione, avvenuta il 27 gennaio 1945, i sopravvissuti raccontano, a chi non c’era e a chi non sapeva, il loro incontro con la morte. La desolazione dei luoghi, il grigiore del cielo, il dolore che sembra impregnare la stessa terra fanno dei campi di sterminio un luogo di riflessione e di raccoglimento, lontano dalla vita frenetica e dai piccoli problemi quotidiani. Lì, ad Auschwitz come a Birkenau, c’è il problema più grande: come è stato possibile tanto odio e tanto disprezzo nei confronti del popolo ebreo, e dunque dell’uomo? Per le vittime non c’era scelta: se erano sani e forti, erano sfruttati per il lavoro nei campi di concentramento e poi uccisi; se erano bambini, anziani o infermi, il loro treno si fermava direttamente davanti alle camere a gas e ai forni crematori. Per gli Ebrei, comunque, si voleva non solo lo sterminio, ma anche una sofferta disumanizzazione.
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Chiusi in block e trattati come animali, esposti al freddo e alla fame, rasati e spogliati dei loro vestiti, venivano marchiati indelebilmente, registrati e fotografati. Erano solo un numero: la loro vera identità era cancellata. Tutto questo c’è stato. Esserne consapevoli per evitare che accada di nuovo, provarne vergogna è il minimo che si possa fare per ricordare. Oggi bisogna combattere anche contro il nuovo nazismo, contrastando chi sminuisce la Shoah e chi la nega, per tutelare la democrazia nel rispetto delle vittime. La tentazione di dimenticare tanta sofferenza, in alcune persone, persiste ancora, ma le testimonianze e i luoghi che hanno visto tanto odio vanno doverosamente ascoltati. Come affermava il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder in un discorso alla Nazione, in occasione del 60° anniversario dalla liberazione di Auschwitz: Non potrebbe esistere né libertà né dignità umana, né giustizia se dimenticassimo quanto è potuto accadere quando i poteri dello Stato hanno calpestato la libertà, la giustizia e la dignità umana. Al termine della visita al campo, nella luce del crepuscolo, i ragazzi del progetto Un treno per Auschwitz anche questo anno hanno voluto rendere omaggio alle vittime della Shoah, con una fiaccolata e un momento di silenzio pieno di parole. E, come recita la poesia di un’anonima vittima, già per strada accidentata e torta muovevansi cortei d’uomini frolli tra l’ombre lunghe della sera assorta chiedendo di non dimenticare. Federica Lorusso
Un racconto ci salverà
Quante cose sappiamo, non perché le abbiamo studiate, ma perché ce le hanno raccontate? Quanto si impara, dunque, dalla narrazione di un’esperienza piuttosto che dal suo studio? Raccontando storie e intessendo le Mille e una notte, Shahrazàd si salva dalla morte che le avrebbe inferto il sultano. Infatti egli era solito deflorare ogni vergine e poi ucciderla all’alba. Ma la leggendaria principessa araba, avendo iniziato a raccontare una storia avvincente al sultano, si ferma sul più bello all’alba del nuovo giorno. Costui, incuriosito da quanto la giovane donna aveva, con le parole, messo in piedi, le ordina di continuare a narrare. In questo modo Shahrazàd non viene uccisa: nessuna storia da lei raccontata ha una conclusione soddisfacente e il sultano avrà sempre bisogno di averla accanto a raccontargli il seguito. Ebbene le Mille e una notte rappresentano la tradizione di un popolo e ci avvincono ancora. Ma è veramente così? Cioè, riusciamo davvero ad ammaliare e interessare i nostri interlocutori? Finché la storia non è diventata scienza da studiare, il passato e i vissuti venivano
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trasmessi di persona in persona e di generazione in generazione attraverso l’oralità e il racconto. In generale, stando a quanto abbiamo oggi in mano di civiltà lontanissime dal nostro tempo, si era tutti in grado di affascinare raccontando. Ne sono esempio oltre che le Mille e una notte anche l’Iliade e l’Odissea, ma non solo. Oggetti e parole costituivano il patrimonio culturale di civiltà. L’amore di coppia e di famiglia era sorretto dalla parola. E’ vero, per conoscere il passato autentico bisogna dividere quanto c’è di vero da quanto c’è di edulcorato e reinventato in un racconto. Di questo si occupa la storia. Ma miti e fiabe fanno da base a popoli e imbelliscono il trascorrere del tempo libero. Infatti anche l’immaginazione e la fantasia, tanto quanto il vissuto di ogni singolo uomo, fanno la storia. Tutto ciò è molto affascinante e, tuttavia, sempre più scarsamente in auge oggi. Siamo senza dubbio meno disposti a spendere il nostro tempo nel racconto o di un vissuto o della lettura di un libro o della visione di un film. E lo siamo ancora meno a spenderlo nell’ascolto, senza l’aiuto di immagini visive. Adelaide Roscini
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Il pomeriggio trascorre tra rilassanti sedute ai tavoli dei bar sparsi nelle accoglienti piazzette del centro storico, le visite ai negozi di souvenir, l’ammirazione delle innumerevoli facciate di chiese invase dalle erbacce, la visita allo stracolmo parco dei divertimenti con giro sulla ruota panoramica e assaggi di schifezzuole di varia natura con messa a dura prova dei nostri fegati. Salutiamo con dispiacere gli amici che hanno deciso di rientrare anticipatamente in Italia e decidiamo per una cena etnica a base di kebab e birra alla spina conquistati dopo spintoni vari e improbabile comunicazione a gesti con la bella ma incazzosa magrebina al banco. La lunga e densa giornata si avvia alla conclusione. Ci ritroviamo in Plaza de la Plateria per assistere al concerto folk in programma. La gamba gonfia di Ida ci preoccupa, le diagnosi di Benito spaziano da una banale puntura di zanzara all’amputazione per probabile improvviso aggravamento. Le dolci e arcaiche note della gaida nelle mani esperte della giovane artista gallega scaldano i nostri cuori e rasserenano le nostre menti; ci allontaniamo dal clamore della festa con un ultimo sguardo alla ruota panoramica resa fosforescente dai colorati tubi al neon e, con questa felliniana immagine nella mente, salutiamo Santiago con i suoi santi, i suoi eroi e i suoi fantasmi. Per noi che il cammino non è ancora finito è mattinata di eccitazione; si va verso occidente dove, di lì a poco incontreremo l’oceano. Ed è uno strano ed inaspettato oceano quello che si intravede dai finestrini del bus che, superata Negriera dove avremmo dovuto ricevere le credenziali per il tratto finale, ci porta a Cee, in piena costa de la muerte.
G a l i z i a Cronache dal Cammino per Santiago - luglio 2007 Acque calmissime, insenature profonde, pinete fin sulla spiaggia rendono il paesaggio simile ad un immenso lago alpino, in netto contrasto con il funesto nome che i numerosi naufragi le hanno imposto. Le immense pale bianche dei moderni mulini a vento, che numerosi si stagliano sulle creste delle alte colline, ci suggeriscono, però, che non siamo molto lontani dai donchisciotteschi paesaggi dove lo strampalato eroe di Cervantes combatteva i mulini a colpi di lancia. Da Cee, attraverso suggestivi sentieri, giungiamo in vista del capo Finisterre.
Lo ammiriamo da lontano in religioso silenzio con la meraviglia negli occhi e la gioia nel cuore. Finis Terrae, la fine del mondo, luogo simbolico, evocativo, metafora di luogo estremo, meta finale deposito delle passate sofferenze e generatore di nuova vita, nuove energie. Conquistiamo il Km 0 con impeto, con senso di liberazione: baci, abbracci, cerchio sinergico con espressione di un desiderio, foto ricordo, percorso fra le rocce, riflessioni profonde sul ciglio della scogliera a picco sull’immenso mare, inchino al bronzeo scarpone che un geniale artista ha saputo trasformare in monumento saldandolo ad una roccia posta sotto l’imponente faro, rito del fuoco purificatore a cui anche noi abbiamo contribuito con
mutande, calzini ed altre inutili cianfrusaglie. Peccato, peccato davvero dover respirare, in questo luogo benedetto dagli dèi e tanto caro ad Atlante reggitore del mondo, un’aria malsana, intrisa di fumo di indumenti sintetici bruciati per rinnovare il rito degli antichi pellegrini che, finalmente, potevano liberarsi di panni logori e inservibili per rivestirsi di nuova vita ma, vivaddio, almeno quelli erano di fibra naturale! Ci allontaniamo dal Capo ormai appagati, riconciliati con noi stessi e col mondo, ci immergiamo in una caletta appartata nelle acque calme dell’oceano e qui, dalla sua temperatura non certo mediterranea, scopriamo quanto possa essere grande la sua forza repulsiva. C’è ancora tempo per passare all’ufficio turistico dove, aggirate piccole incomprensioni e ben più corposi difetti di credenziali per aver superato, senza far apporre il sello a Negreira, ci viene rilasciata la fisterrana in lingua gallega ossia l’accredito per aver percorso le terre da costa da muerte, fin do camino jacobeo. La serata si conclude al bar dell’albergo Mariquito dove, tra il denso fumo di sigarette serrate, per lo più da avide e imbellettate labbra di ammiccanti signore galleghe, sorseggiamo succo di arancia al suono di una stonata pianola elettrica pigiata dalle tozze dita di una ragazza in carne che, nella voce e nel fisico, neanche lontanamente riuscirebbe a competere con la nostra indimenticabile Marilena. Al mattino, non c’è bisogno di sveglia a Fini-
sterra. Ci pensa la sterminata colonia di gabbiani che con il loro rumoroso gracchiare tranquillizzano i paffuti, traballanti, petulanti e pigri pulcini sul-
l’imminente arrivo della pappa già digerita. Riposti ormai gli scarponi in valigia, si parte in taxi per Muxia dove un antico e suggestivo santuario sulla scogliera conserva l’immagine di Nostra Signora de la barca. Oggi è la sua festa e viene portata in processione sul mare seguita da un nutrito
corteo di barche al suono della banda e tra gli osanna dei fedeli già brilli per le numerose birre consumate. Rendiamo onore alla santa nella raxeria del porticciolo con abbondanti porzioni di sardinas arrosto, bocherones e vino tinto e terminando con caffè e agua ardiente. L’ultimo saluto all’oceano lo facciamo dalla immensa spiaggia di Finisterra dove raccogliamo conchiglie a testimonianza della conclusione del nostro cammino. Non sono le conchiglie a pettine regolamentari, quelle le abbiamo ricevute in omaggio al ristorante dove erano servite come contenitori della gustosa zuppa di marisco, ma ai nostri amici a cui le porteremo quali souvenir sono
sicuro che piaceranno lo stesso. Non so se il cammino ci ha cambiati e come ci ha cambiati, forse è presto per dirlo. Una cosa è certa! Tutti noi abbiamo fatto nuove e gran belle amicizie ed è soprattutto questo che ci rende felici e soddisfatti.
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TA C C U I N O M I N I M O per far conoscere e valorizzare il patrimonio culturale del ternano. Un utile strumento comunicativo e di consultazione per i turisti e non solo. La Provincia di Terni per la cultura
La Provincia di Terni per la cultura
Un taccuino concepito con l’intento di valorizzare musei, luoghi archeologici e centri di documentazione presenti nel territorio della Provincia di Terni. Uno strumento comunicativo utile e di facile consultazione per favorire la conoscenza di situazioni differenti, non omogenee dal punto di vista dei contenuti, ma accomunate dall’appartenenza a questa parte dell’Umbria. L’idea è venuta al Servizio Beni e Attività Culturali della Provincia di Terni che ne ha curato la pubblicazione, caratterizzandola come Taccuino minimo, occasioni, pretesti, contesti. La progettazione grafica è dello studio Molly & partners. Una pubblicazione tascabile, elegantemente confezionata e curata nei minimi particolari. In una trentina di pagine vengono spiegate le peculiarità dei diversi siti e fornite informazioni preziose per chi volesse visitare l’importante patrimonio culturale dislocato nel Ternano. Vi si trovano indirizzi, numeri di telefono, orari, costo dei biglietti, e-mail, indicazioni web, tutto quanto viene normalmente richiesto dai turisti. Si va dalla paleontologia alla memoria storica cittadina, dall’archeologia (inclusa quella industriale), con reperti appartenenti a varie epoche e fasi sociali, all’arte in senso più stretto, con opere che testimoniano gusti e significativi mutamenti estetici. Al centro c’è il territorio, sia come luogo in cui, nel corso del tempo, si è sedimentata una tradizione con i suoi connotati distintivi, sia come crocevia in cui s’intersecano multiformi schegge culturali. Il territorio è inteso non soltanto come ambito in cui si custodisce e si tenta di valorizzare ciò che appartiene a una vicenda collettiva, ma anche come spinta ad ulteriori ramificazioni e collegamenti. Lo scopo complessivo dell’operazione è stato individuato nel superamento di una cesura tra chiuso e aperto, prestando attenzione ad una generalità complessa, composita, globale. In un itinerario immaginario si attraversano località e simboli, si viaggia nella storia per orientarsi meglio nel presente. Ed ecco allora Luca Signorelli e Benozzo Gozzoli, Domenico Ghirlandaio e Piermatteo d’Amelia, Matteo di Gattaponi, ma anche Tomaso Buzzi: artisti, architetti che hanno dato il proprio contributo con gusti, tendenze, orientamenti estetici differenti, che riflettono profonde modificazioni sociali. Presentato alla Borsa Internazionale del Turismo, svoltasi recentemente a Milano, il taccuino ha riscosso apprezzamenti ed interesse tra gli addetti ai lavori e tra i visitatori. Un’operazione culturale, quindi, ben riuscita. Ufficio Stampa della Provincia di Terni
Nel salone della Casa della Memoria e della Storia di Roma, alla presenza di una folta e qualificata platea di storici, studiosi e di appassionati lettori è stato presentato, per i tipi della casa editrice Ediesse, il volume Da Mazzini al Campidoglio.
Vita di Ernesto Nathan della dott.ssa Nadia Ciani, studiosa ricercatrice, romana di adozione, legatissima a Terni, sua città natale. Frutto di una lunga e minuziosa indagine sulla vita di uno dei più significativi sindaci che la città di Roma abbia mai avuto, il libro ripercorre con dovizia di particolari storici, sociali ed economici uno dei periodi più travagliati della nostra storia offrendo un affresco a tutto tondo del post risorgimento mazziniano in un raro gioco di equilibrio tra la storia d’Italia, la storia di Roma e la storia personale, politica e familiare del nostro. Ad un attento lettore, attratto dallo stile piano ed avvincente, non sfugge
certo l’attualità sorprendente di un pubblico amministratore che, già all’inizio del secolo scorso, ha improntato il suo impegno sociale e politico su temi quali la laicità dello Stato, il divorzio, l’istruzione laica e gratuita, la lotta alla speculazione edilizia attuando una forma di democrazia partecipata mediante referendum, come quello sulla municipalizzazione dei servizi pubblici o quello sul piano regolatore, nell’intento di aprire ai cittadini la gestione della cosa pubblica. Come hanno avuto modo di sottolineare eminenti storici, sociologi, economisti intervenuti alla presentazione, determinante è stato il suo contributo alla seco-
larizzazione dell’Italia e a quella della scuola pubblica, in particolare, contrapposta ad una istruzione d’élite gestita da barnabiti, scolopi, gesuiti, orsoline ecc. Alla sua famiglia si deve, già nel 1873, la fondazione, a loro spese, di una scuola pubblica, laica e gratuita, destinata alla istruzione delle bambine meno abbienti. Nel libro, scrive Walter Veltroni nella sua puntuale prefazione, …è messo chiaramente in luce anche come l’adesione agli ideali di Mazzini, da cui trasse il suo profondo senso del dovere, e di una vita privata e pubblica da condurre secondo i princìpi di una elevata moralità, si sia combinata in lui con un prag-
matismo che lo ha portato a misurarsi con la concretezza del fare politica… In un periodo come il nostro in cui sembrano evanescenti i princìpi fondamentali che dovrebbero essere condizione essenziale per ben amministrare la res publica, ad ogni livello ed a qualsiasi schieramento politico si appartenga, la riscoperta, anche attraverso la lettura di questo volume, di questo misconosciuto coraggiosissimo nobiluomo, può contribuire a rigenerare, per la soluzione di problematiche analoghe e quanto mai attuali, il significato di parole quali pragmatismo, etica e sociale nel contesto politico-istituzionale. Patrizia Liberati
Il libro sarà presentato presso la Biblioteca Comunale di Terni martedì 27 maggio alle ore 17. Oltre all’autrice interverranno personalità della cultura quali Giancarlo Pellegrini e Romano Ugolini, docenti della Università di Perugia.
L a C i n a , i l Ti b e t e … l e O l i m p i a d i Il Tibet sta vivendo il periodo più difficile del suo processo autonomista. La sua controparte ha poca dimestichezza con la comprensione dei problemi sociali e con gli aneliti di libertà di una popolazione che prima di guardare ai suoi interessi economici, vuole dissociarsi dagli indirizzi politici assunti dal governo cinese. La disputa non è nuova. Si trascina da anni nel silenzio dei media e nella sopportazione dei monaci, oggi simbolo di una lotta matura per evolvere in insurrezione. Alla base della suppurazione della vicenda sta l’imminenza delle Olimpiadi, intese come potenziale eco di un disagio sociale ed economico. Il Dalai Lama, Nobel per la Pace, premio guadagnatosi a seguito di soprusi sofferti dai monaci e dalla popolazione tibetana, ha sensibilizzato l’occidente sulle ragioni della battaglia visitando i paesi più evoluti alla ricerca di un consenso morale e di opinione e ricevendo spesso un’accoglienza non proprio calorosa. La Cina accusa i tibetani di voler boicottare le Olimpiadi e creare un danno materiale e di immagine ad una nazione che solo da poco è entrata nella competizione economica mondiale. Non è dato sapere se questa sia la verità, anche se si fa fatica a credere che tanto spargimento di sangue possa trovare giustificazione nella banalità dell’accusa. Ma non è certo questa la sede per approfondire i dissapori. Qui si vuol far notare che lo Sport non merita di essere strumentalizzato per contrasti che gli sono estranei. Per sua natura, esso aggrega, livella le differenze, premia il sacrificio e l’impegno, dà dignità agli uomini, senza distinguere l’origine, il credo, il colore della pelle e la cultura. Un occidente maturo non dovrebbe neppure minimamente lasciarsi tentare dall’idea di aderire al boicottaggio, perché si priverebbe di uno dei pochi strumenti di cui il mondo dispone per intrecciare dialoghi di pace, comprensione fra i popoli, confronto culturale. In questo senso, la rinuncia alla partecipazione ai giochi risulterebbe essere il fallimento degli ideali di libertà, la perdita dei valori basilari di equità e di giustizia, l’abbandono di ogni possibilità di perseguire, attraverso il confronto sportivo, la volontà di affermare i princìpi di fratellanza che devono animare tutti i popoli della terra. Ing. Giocondo Talamonti
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Le attività che si svolgono nella Direzione Didattica A. Moro sono molte variegate e differenziate negli anni. Ci sono attività facoltative pomeridiane rivolte ad alcuni alunni e attività antimeridiane rivolte a tutti. Lo scopo che ci prefiggiamo è di far provare agli alunni le loro capacità, affinché possano, attraverso il compito reale, rendersi conto di quanto sanno fare, innamorarsi delle attività e trovare poi la loro strada futura. E’ un compito difficile nel quale però crediamo perché è solo innamorandosi di ciò che si fa che si possono ottenere i risultati in grado di renderci felici, stimati dagli altri e da noi stessi. Per una panoramica sulle attività che si svolgono nella nostra Direzione didattica invito i lettori a visitare il nostro sito: www.direzionedidatticaaldomoro.it
Le insegnanti che hanno condotto il corso di fotografia, nei locali e soprattutto nello splendido giardino della scuola primaria A. Moro, ringraziano gli alunni che hanno partecipato con tanto entusiasmo ed hanno guardato la realtà attraverso la macchina fotografica, con la spontaneità e con gli occhi incantati della loro età, realizzando immagini molto belle, alcune delle quali qui vedete.
La Preside Carla Proietti
Le insegnanti Lauretta Sopranzi, Sandra Cari
Laboratorio pomeridiano facoltativo di fotografia classi III e IV
FOTOGRAFARE SIGNIFICA Scrivere con la luce, osservare, esprimere, comunicare, creare
Durante le ultime due settimane del corrente anno scolastico sarà possibile visitare, all’interno della scuola stessa, una esposizione-mostra dei vari lavori prodotti nei laboratori.
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L I C E O
S C I E N T I F I C NARNI O
LA GIORNATA TIPO
L i c e i
Gianluca sa che non scamperà all’interrogazione di latino neanche se venisse a salvarlo Cesare Augusto in persona. Ha preso l’autobus delle 7:20, usato solo nei casi di assoluta emergenza: oggi lo è. Spera inoltre che a scuola ci sia Luana per aiutarlo nella versione del Cicero… Gianluca ha studiato solo la vita e il resto è un vago ricordo, anzi, cinque pagine di appunti totalmente rimossi; impreca per aver aspettato tanto a studiare e finisce di annebbiare la memoria con una sigaretta troppo amara da fumare in un’ora cosi giovane del mattino… pensa a Luana e si domanda come
L I C E O
D O N AT E L L I
S C I E N T I F I C O
Talvolta, o assai spesso, leggendo una pagina di un autore vissuto tanti secoli fa ci sorprendiamo nel trovare dei valori o degli ideali o una mentalità molto vicina, inaspettatamente, alla nostra: la profonda umiltà intellettuale di Socrate che già quasi tremila anni fa asseriva di Sapere di non sapere, e proponeva, come arte del conoscere, la maieutica, ossia quella tecnica in base alla quale Socrate riusciva a far emergere la migliore verità possibile intorno all’oggetto dibattuto, senza entrare in conflitto con l’interlocutore (che modernità nell’antica politica!), in un contesto di lotte feroci; il profondo senso della famiglia e della giustizia di Odisseo e di
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faccia a sapere sempre tutto, lei che non ha mai timori… lei tranquilla… lei lieta sempre. Cicero è antipatico... d’altronde è incuriosito da Catilina. Gianluca si immagina come un sovversivo, come Lucio… durante le ore di latino si cullava immaginando Marco Tullio e Sallustio banchettare e consultarsi per scrivere la storia a sfavore del suo mito; lui tollerante del digiuno, del freddo, della veglia oltre ogni credibilità… un condottiero alla conquista di Roma con la spada sguainata! Un ultimo cerchio di fumo dalla sua bocca e si precipita a scuola per la versione… dopotutto l’interrogazione è solo l’ultima ora… Maledetta. Quest’ipotassi atroce! I suoi appunti sono illeggibili, comincia a disperare, è il secondo
quadrimestre, quest’anno ci si mette anche la riforma sui debiti, se non ha sei può anche dire addio alla vacanza con i suoi amici… Visione: c’è Luana. Si mettono subito a studiare, pian piano i ricordi riaffiorano, quegli appunti scarabocchiati riacquistano il senso originario, ecco Gianluca è tranquillo; Cicero non è poi così cattivo e forse Catilina non è proprio una vittima incompresa. Guarda quei capelli sottili e quel nasino infreddolito davanti a lui. C’è un bacio. Marco Tullio gli piace e Lucio è stato ucciso giustamente.Eleonora Menicacci
Penelope, sua moglie, che non disperano di rivedersi, nonostante i venti anni che li hanno separati, senza aver notizia uno dell’altro e la terribile, ma equa risposta del re ritornato a casa, nei confronti degli arroganti pretendenti, rei di non voler credere neppure all’idea della sopravvivenza di Ulisse, e di comportarsi come i legittimi eredi del suo trono, quando il sopruso era la regola, nonostante tutto; l’ eccezionale umanità di Terenzio (Sono un uomo: e penso che niente che riguardi l’uomo possa essermi estraneo! Dal Punitore di se stesso vv. 77), che non ha niente da invidiare alla contemporanea solidarietà, che fa interrogare i due fratelli Demea e Milione sulla pedagogia migliore, quella rigida o quella liberale, in un tempo in cui il padre aveva diritto di vita o di morte su tutta la famiglia, o che fa dipingere la suocera Sostrata non come una scaltra e cinica donna, pronta a proteggere il proprio figlio, ma ad andare
sorprendentemente incontro alla nuora per aiutarla amorevolmente contro tutto e tutti, in una società dove la donna era considerata proprietà del marito o del lenone o del suo compagno; che fa affermare a
Cicerone nelle famosissime Tusculanae Disputationes, scritte in un momento tragico della sua vita, all’indomani cioè della perdita della sua amata figlia, che
C I C E R O N E Che cos'è codesta indicazione e, direi, codesta minaccia di sventure, inviata dagli dèi? E che cosa vogliono gli dèi immortali, innanzitutto col mandarci dei segni che non possiamo capire senza interpreti, in secondo luogo col predirci sventure che non possiamo evitare? Ma questo non lo fanno neppure gli uomini onesti, di preannunciare agli amici sciagure incombenti alle quali essi non possono sfuggire in alcun modo; per esempio i medici, pur rendendosene conto spesso, tuttavia non dicono mai agli ammalati che la loro malattia li condurrà certamente a morte: perché ogni predizione di un pericolo grave è da approvarsi soltanto quando alla predizione si
la sofferenza e la morte, sono sì una grande prova per l’uomo, ma che la virtù non è sopraffatta da tali eventi sinistri, bensì è da essi rafforzata e quindi può guidare l’essere umano verso al felicità; concetto questo che ritorna in pieno nelle pagine di un altro grande filosofo latino, Seneca, che nell’opera Sulla Provvidenza sosterrà addirittura la virtù, senza le dure sventure della vita, essere indebolita! Lo stesso Seneca, in un’altra opera, avrà a dire, con visione sorprendentemente moderna, che non esiste alcuna diversità tra lo schiavo e l’uomo libero, che non sia determinata dal caso, quando la schiavitù nelle società antiche, era la norma! Mi fermo qui, ma gli esempi da citare sarebbero ancora numerosi. Come è possibile, quindi, questa vicinanza essenziale allo spirito di valori che oggi ormai sono universalmente accettati, nonostante le differenze di costume e
aggiunge l’indicazione dei mezzi per poter guarire. Che giovamento arrecarono i prodigi e i loro interpreti agli Spartani in quei tempi remoti, ai nostri poco tempo addietro? Se dobbiamo ritenerli segnali divini, perché erano così oscuri? Se erano mandati dagli dèi perché comprendessimo che cosa sarebbe successo, bisognava che le predizioni fossero chiare; oppure, se gli dèi non volevano che noi sapessimo, non dovevano mandarci nessun segno, nemmeno occulto. Cicerone Della divinazione, II, XXV
di sensibilità innegabili e dovute ai secoli di distanza? Questa è la domanda da porci, per cercare di capire. E se esistesse un minimo denominator comune, che lega tutte queste epoche, che le fa essere somiglianti fra loro nonostante il gap temporale? Un minimo denominatore comune che faccia riapparire l’idea di giustizia nel corso dei secoli, nonostante le sanguinose tirannidi e le terribili ingiustizie, verificatesi nel frattempo, o che guidi l’umanità con il senso di solidarietà o di tolleranza, che tende sempre a riemergere? Come se questi valori, in altre parole, venissero di continuo riproposti al mondo, proprio quando sembrano esser venuti meno, per garantire ad esso un livello di vita più civile e nobile? E se questi valori fossero portati dai Grandi Fondatori delle Religioni come Buddha, Mosè, Cristo, Bahà’u’llàh? Ad ognuno di noi la risposta… Prof. Duccio Penna
N O I E I C L A S S I C I
Le nostre radici La cultura italiana, dal Medioevo ad oggi, e gran parte di quella Europea, almeno dell’area neo-latina, ha profonde radici nel mondo classico. Non c’è intellettuale che non nasca ideologicamente dalla filosofia greca o dai nostri padri latini. Rimaniamo in Italia: i sofismi dei nostri politici non godono di illustri precedenti? Quale periodo di crisi non ha trovato le motivazioni al rinnovamento in quel mondo? Sarebbe troppo facile, al livello culturale, ritrovare le nostre radici nel pensiero e nella lingua dei nostri antichi giganti, è invece nella menta-
lità media di noi italiani che si scoprono i segni di un mondo che non è affatto passato. Il piacere della tavola, del convito, l’allegria del bere e del mangiare con gli amici, certo oggi tristemente degenerato nell’ebbrezza dionisiaca, non deriva dallo stesso sentimento che provavano Catullo e Orazio? La stessa degradazione non è quella di Trimalchione? Per quale motivo a noi italiani piace tanto la satira sia sociale che politica? La foga e l’indignazione di Beppe Grillo non sono le stesse di Giovenale? Da chi ha ereditato l’amabile ironia il nostro
Crozza se non da Orazio? Quello che ha sempre salvato noi Italiani nelle peggiori crisi storiche è stata la capacità di trovare il lato umoristico della situazione, l’altra faccia del Giano bifronte, che consente quel minimo di straniamento da cui può rinascere il piacere della vita, l’eros e l’armonia.
La donna già nella Roma del I sec. aC era più emancipata che nel Medioevo, era colta e raffinata, sapeva danzare, comporre poesie, poteva ereditare, non era costretta a sposarsi per sentirsi realizzata. La Lesbia che ha fatto impazzire Catullo non era un caso isolato se molti storici latini come Sallustio e Livio, o poeti elegiaci e satirici parlano con imbarazzo dei disinvolti costumi delle donne, che fraquentavano luoghi pubblici e nell’età imperiale si esibivano nel Circo. Altre culture si sono stratificate sul paganesimo di base, intendendo per paganesimo il classico vitalismo dionisiaco, ma non sono riuscite a modificare né a prevalere
sulla nostra genetica propensione alla solarità e all’edonismo, non escluso quel materialismo che tende a trasformare anche i riti in feste di Flora o in Saturnali. Ma se la corruzione e l’arroganza della classe dirigente e la passività delle classi medie hanno portato Roma alla decadenza, vediamo di liberarci dei difetti dei nostri padri per non fare la stessa fine sotto i barbari invasori. Prof.ssa Gabriella Silvestri
Anno 2008. Ovunque macchine, computer, robot, tecnologie e quant’altro l’uomo è riuscito a produrre negli ultimi anni di galoppante progresso. La domanda nasce spontanea: ha ancora senso parlare di classici? Prima di tutto occorre comprendere il significato di tale parola. Di classici possiamo trovare mille definizioni diverse, ma ognuno di noi ne ha poi un’idea diversa. Solitamente si intende per classiche, quelle produzioni, non per forza pragmatiche e non per forza risalenti a quel periodo che gli storici identificano con mondo classico, con la cultura e con la storia latina e greca per intenderci. Se si parla, ad esempio di letteratura, non è difficile pensare ad opere quali l’Iliade e l’Odissea come classici, ma anche testi come I Promessi Sposi o I Miserabili possono facilmente essere inseriti nella categoria. E’ più difficile invece immaginare come un classico l’ultimo libro di Stephen King o di Ken Follett, senza nulla togliere ad entrambi. Ciò potrebbe indurre a pensare che i classici appartengano solo ad un passato remoto lontanissimo nel tempo, a percepirli come entità distanti e obsolete. Niente di più sbagliato. Provate a leggere un’opera di Ernest Hemingway o di Elsa Morante, una poesia di Salvatore Quasimodo, a soffermarvi davanti ad un quadro di Salvador Dalí e vi renderete conto, di persona, di quanto la classicità e i classici siano una realtà presente e per di più, in continua evoluzione. Ispirarsi ai classici, così come hanno fatto moltissimi nel corso della storia, significa riattualizzare quei valori che da sempre hanno caratterizzato il percorso umano ed anche preservare la memoria di un passato che troppe volte gettiamo nel dimenticatoio della superficialità. Nella società di oggi forse quella dei classici è la lezione più elevata che si può ricevere per evitare di ricommettere quegli errori che l’uomo dimentica con troppa facilità. Matteo Crasti VE
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Siamo circondati dai classici. Occupano una larga parte del nostro corso di studi di base. Vengono incessantemente ristampati in grandi tirature e in ogni tipo di edizione. Una libreria rischia di perdere il proprio buon nome, se, a richiesta, si trova sprovvista di un titolo universalmente noto con la definizione di un classico. Ogni libro viene scritto con la speranza, occulta o meno, che possa divenire quel monumento più duraturo del bronzo, che Orazio proclamava di aver forgiato. Ma un classico diviene tale non solo per essere riuscito a guadagnarsi un nutrito seguito, ma anche e soprattutto per aver saputo cogliere nel modo migliore lo Zeit Geist, lo spirito del tempo in cui esso è stato concepito. Per questo lo studio dei classici è fondamentale nella formazione di una coscienza: non perché siano attuali, come sostiene molta bolsa retorica, ma perché sono i pilastri su cui il nostro intero sistema filosofico-culturale si regge.
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Lo stesso aggettivo attuale fa riferimento ad una categoria mentale in questi tempi abusata ovvero utilizzata a sproposito. C’ è ben poco di attuale nelle stesse opere contemporanee: esse si limitano a tentare di afferrare lo Zeit Geist, con gli stessi strumenti che i classici, a loro tempo, avevano adottato. La feroce critica sociale degli scrittori d’oggi, non è forse la stessa che aleggia nelle pagine di grandi russi come Dostoevskij o Gogol? La ricerca di modelli etici non accomuna forse le opere concepite in questi anni minacciosi con la drammaturgia greca, con l’Antigone, con la Medea? La mente umana viaggia da sempre sugli stessi binari (le grandi sfere emotive ed intellettuali), seppur seguendo ogni volta percorsi diversi. Per giungere al sentimento di angoscia verso una realtà sfuggente connaturato ad ogni prodotto edio toriale del XXI secolo, non si può evitare di fare scalo presso l’Orlando Furioso.
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Tuttavia, l’uomo della strada non è consapevole di quanto i grandi classici, non solo della letteratura, siano parte integrante della sua vita quotidiana.
Eppure i topoi letterari, complice il tempo, hanno penetrato profondamente la membrana permeabile del suo inconscio. Il nostro repertorio iconografico e gran parte dei nostri comportamenti si basano su modelli preesistenti, codificati e veicolati dai classici. Non potremmo essere avventurosi allo stesso modo se l’Odissea non fosse stata scritta, né vezzosi senza Catullo, né esteti senza il Barocco.
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Un oscuro demone babilonese come il vampiro non sarebbe diventato una delle figure più inflazionate del genere horror senza Dracula di Bram Stoker. Massimo Cacciari, in una intervista doppia rilasciatacon Umberto Eco al quotidiano La Repubblica, parla di come i classici resistano al presente. Come si è visto ciò è perlomeno inesatto: piuttosto essi lo condizionano, lo influenzano, lo dirigono. La società moderna è, quindi, immersa nei classici, ma il più delle volte essi si nascondono sotto forme semplificate, banalizzate fino all’eccesso di stravolgerle. E così il Dottor Zivago si tramuta in un libro della serie Harmony, l’Iliade si deforma e si comprime in una produzione hollywoodiana. Ed è appunto per questo che l’istituzione scolastica, come ricorda Umberto Eco, nella stessa intervista, deve accogliere in sé, nella propria struttura, l’insegnamento dei classici: perché un corretto approc-
LICEO CLASSICO
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G . C . TA C I T O cio a questi capolavori rappresenterebbe un utile vaccino contro il progressivo impoverimento intellettuale, di cui la nostra cultura è affetta, soprattutto se questo studio avvenisse in sinergia con un altro, sul panorama artistico contemporaneo. l classici, è manifesto, rappresentano l’espressione artistica del pensiero occidentale e della sua evoluzione. Solo mediante una loro accurata analisi critica potremo comprendere appieno da dove il nostro presente trae origine ed ipotizzare, addirittura, la possibilità di un futuro. Alberto Coletti, II PNI
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Cassa di Risparmio di Terni e Narni S.p.A. Gruppo Intesa Sanpaolo
Istituto Comprensivo Statale
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Giovanni XXIII M U S I C A Appena l’alba rischiara il cielo, al canto del gallo, il castello riprende vita: i servi ancora insonnoliti, si affrettano al lavoro, gli stallieri accudiscono gli animali, le massaie danno inizio alle faccende quotidiane. Chi deve partire attraversa il ponte levatoio appena abbassato, incamminandosi lungo il sentiero che serpeggia nella campagna. Il Signore ed i suoi familiari si alzano poco dopo, sempre di buon’ora, comunque. La loro giornata ha inizio con la preghiera. Poi, la colazione - il primo dei tre abbondanti pasti consumati ogni giorno che spesso viene allietata dalle facezie del buffone, che ha il compito di tenere allegri i convitati con burle, storielle e motti. Il salone, dove si trascorre la maggior parte del tempo è fornito di un grande camino intorno al quale sono disposti sgabelli e poltrone. Vassoi e coppe d’argento o d’oro, fruttiere traboccanti, brocche di vino; caldaie e spiedi, tanto grandi da poter cuocere vitelli e cinghiali interi, cantine colme di vettovaglie danno la misura dell’abbondanza in cui vivono il feudatario, la sua famiglia, i servi: scudieri, paggi, soldati, falconieri, giardinieri, cavalieri, parenti e amici. Le giornate più belle sono quelle dei tornei, organizzate dal Signore per le feste più importanti. Ci sono persone ovunque: nobili e villani. Accorrono anche menestrelli e saltimbanchi. Di tanto in tanto arrivano anche giullari, uomini di spettacolo, giocolieri, acrobati, prestigiatori, ma soprattutto cantanti che propongono le canzoni scritte dai Trovatori (poeti del tempo): Quando vedo l’allodola che agita Le sue gioiose ali nei raggi del sole, E dimentica di sé si lascia cadere Perché la gioia le riempie il cuore, Ahi allora quale invidia provo Per chiunque sa esser tanto felice! Mi sorprende che all’improvviso Il mio cuore non si sciolga nel desiderio. Bernard de Ventadour I menestrelli trascorrono la loro vita errando di castello in castello. Intrattengono e divertono: abili nel compiere i giochi di destrezza con i coltelli e nel mettere alla prova un orso ammaestrato, si trovano a loro agio nel castello come sulla strada maestra. Padroni di un’arte modesta, sono molto apprezzati in un’epoca in cui si ignorano i giornali ed il caffèconcerto. Cantano le meravigliose imprese dei cavalieri, gli amori delle dame, le fantastiche avventure di maghi e streghe, l’esistenza di draghi e castelli incantati. Sono i cantanti dell’epoca, o meglio i cantautori di un tempo ormai lontano, capaci di esaltare, divertire, commuovere. Siamo intorno all’anno Mille. Se in precedenza la musica aveva avuto una destinazione quasi esclusivamente liturgica perchè espressione di una concezione della vita mistica e contemplativa, ora è anche espressione di cose concrete e terrene. I goliardi furono i primi cantori dell’amore, della natura, della gioia di vivere, del piacere, dei divertimenti. Nello stesso periodo nacque e si sviluppò un altro e ancor più importante filone di arte musicale profana: l’arte trovadorica. Trovatori in Provenza e Trovieri nella Francia del nord erano poeti-musicisti che, accompagnandosi con la viella o con il liuto trovavano poesie e canzoni che si ispiravano all’amore galante e cortese o alle vicende ardimentose di nobili cavalieri. I loro testi erano spesso di alto valore poetico, la loro musica era elegante e raffinata. Tra le forme preferite da Trovatori e Trovieri ricordiamo: la canzone (il componimento amoroso per eccellenza), la ballata e la estampida (forme più strettamente legate alla danza) e i sirventesi (che trattavano invece argomenti di Prof. Pia Giani carattere politico, morale, religioso).
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Un po’ di storia - Quinto gong
Per effettuare una ricerca storica sulla musica profana medievale consigliamo di iniziare visitando www.repubblicaletteraria.net/Ch ansonsdegeste.htm. Ci sono notizie e approfondimenti. Se, oltre ad una trattazione storica, si cerca anche della musica da ascoltare (in formato midi) e persino qualche spartito da suonare, allora www.bcsnet.it/ppages/fondacci e www.criad.unibo.it/galarico/ar ts/cantastorie/trovatori.htm. Segnaliamo anche www.viaoccitanacatalana.org/pe rcorsi/per_menu_tro_ita.asp, con biografia di una decina di trovatori e testi con traduzione di alcune loro canzoni.
Bernard de Ventadour (o Ventadorn) fu il più famoso dei trovatori del suo tempo; di lui ci sono giunte solo 45 poesie e 19 melodie. La più famosa delle sue chansons è forse - Can vei la lauzeta mover - (Quando vedo l'allodola agitarsi), parafrasata anche da Dante Alighieri nel canto xx del Paradiso.
O spedale
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T erni
REGOLAMENTO ORGANICO PER L’OSPEDALE CIVILE DI TERNI L’ Ospedale Civile di Terni fu fondato per donazione del concittadino Tristano di Joannuccio fin dal 7 Settembre 1366, e venne quindi riordinato con aumento di rendite provenienti dalle soppresse Confraternite de’ Disciplinati di S. Antonio Abate, del Suffragio, e S. Lucia per decreto di Monsignor Martino Innico Caracciolo Visitatore e Commissario Apostolico approvato da Papa Clemente XII. lì 3 Maggio 1739. CAPITOLO PRIMO Scopo dell’Istituto e sua Amministrazione Art. 1. Ha per iscopo di dar ricetto, e cura gratuita agli infermi poveri della città di Terni d’ambo i sessi affetti da malattie curabili, fratturati, e feriti. Art. 2. Le rendite dell’Ospedale sono costituite dai fitti e canoni di fondi rustici ed urbani, frutti di censi, e crediti consolidati. Art. 3. L’ amministrazione per Decreto Reale 28 Gennajo 1864 è commessa alla Congregazione di Carità di Terni, costituita a senso, ed a forma della legge 3 Agosto 1862, ed annesso regolamento sulle Opere Pie. Art. 4. Nelle riunioni ordinarie, che la Congregazione stessa suol tenere una volta la settimana, delibera tutti gli atti e contratti che interessano il patrimonio del Luogo Pio, adotta le opportune provvidenze per il buon andamento del medesimo, nomina, sospende, e licenzia gli impiegati, amministra in fine colle norme tracciate dalla legge e regolamento sulle Opere Pie attualmente vigenti.
REGOLAMENTO ORGANICO PER L’OSPEDALE CIVILE DI TERNI VITTORIO EMANUELE II. PER GRAZIA DI DIO E VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D’ITALIA Sulla proposta del nostro Ministro dell’Interno - Visto lo statuto organico compilato dalla Congregazione di Carità di Terni per quell’Ospedale civile - Vista la deliberazione sul medesimo emessa dalla Deputazione Provinciale dell’Umbria in sua seduta del giorno 24 Agosto 1864 - Vista la legge 3 Agosto 1862, ed il regolamento 27 Novembre detto anno sulle Opere Pie - Avuto il parere del Consiglio di Stato: ABBIAMO DECRETATO E DECRETIAMO E’ approvato lo statuto organico per l’Ospedale civile di Terni, quale fu adottato dalla Congregazione di Carità che n’è amministratrice in sue sedute 8 Giugno e 6 Ottobre 1864, e sarà d’ordine Nostro sottoscritto dal Ministro per gli Affari dell’Interno. Il predetto Ministro è incaricato dell’esecuzione del presente Decreto. Dato a Torino addì 27 Novembre 1864.
CAPITOLO SECONDO Del personale di servizio Art. 5. Il servizio sanitario è adempito dai Signori Medici e Chirurgi condotti della Città a forma dell’obbligo che il Municipio fa ad essi assumere nel respettivo capitolato di ferma. Art. 6. Risiede nell’Ospedale come capo del servizio pe’ malati un Flebotomo capo infermiere, due o più Infermieri per gli uomini, due o più Infermiere per le donne dipendenti dal Capo infermiere. Art. 7. Risiede parimenti nello Stabilimento un Cappellano incaricato della direzione spirituale delle infermerie, e di apprestare gli ultimi conforti della Religione ai morienti. Art. 8. L’ amministrazione interna è affidata ad un Economo, il quale ha sotto la sua dipendenza il cuoco ed il portinajo. Art. 9. Tanto il Capo infermiere, che l’Economo sono sorvegliati da due Deputati della Congregazione di Carità per turno annuale. Art. 10. I doveri, e le attribuzioni di ciascuno impiegato, come le norme per il servizio, sono determinate dal regolamento disciplinare che fa seguito al presente. Questo Regolamento Organico è stato approvato nella seduta 8 Giugno 1864, e confermato nella tornata 6 Ottobre detto anno. ANTONIO SILVESTRI Presidente BERNARDINO FAUSTINI - DIEGO COLONNESI - FRANCESCO MANNI GIULIO LOCCATELLI - SILVESTRO VIVIANI - AUGUSTO FRATINI
Visto d’ordine di Sua Maestà Torino addì 27 Novembre 1864. IL MINISTRO G. LANZA
VITTORIO EMANUELE G. LANZA A cura di Emanuela Ruffinelli e Daniela Ghione
...dal 2002 il mensile di
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Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni
Dal 1992...
Nata il 24 luglio 1992 a seguito dello scorporo dalla propria omonima azienda bancaria, in attuazione della legge 218 del 1990, la FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI TERNI E NARNI è una persona giuridica di diritto privato senza fini di lucro dotata di piena autonomia statutaria. La Fondazione persegue da sempre, sia direttamente che indirettamente, scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico locale attraverso la definizione di progetti, programmi ed iniziative anche pluriennali nei settori: ricerca scientifica e tecnologica; arte, attività e beni culturali; salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; educazione, istruzione e formazione incluso l’acquisto di prodotti editoriali per la scuola; volontariato, filantropia e beneficienza; sviluppo locale. La Fondazione opera in via prevalente nei settori rilevanti assicurando, singolarmente e nel loro insieme, l’equilibrata destinazione delle risorse, dando preferenza ai settori a maggiore rilevanza sociale.
Intervista all’Ing. Giuseppe Belli Vice Presidente della Fondazione Carit Dai dati statistici riportati nei bilanci consuntivi legati all’esercizio della Fondazione Carit dal 1999 ad oggi si evince che, tra le “iniziative proprie”, una parte considerevole è rappresentata dai restauri delle opere d’arte. In base a quali criteri vengono scelte le opere da restaurare? La scelta degli interventi risponde a segnalazioni specifiche o dipende dalle iniziative proprie della Fondazione? I restauri rispondono principalmente a richieste specifiche per lo più inoltrate dai parroci, tuttavia ne promuoviamo alcuni autonomamente quando veniamo a conoscenza di opere che hanno bisogno di interventi. La scelta dei restauri da effettuare dipende dalla dislocazione delle opere, dal loro stato di conservazione e dalla loro qualità. I beni da restaurare non devono trovarsi necessariamente nei centri urbani più grandi, ma anche nelle piccole frazioni, dove spesso troviamo opere di notevole interesse. Quali sono stati i principali interventi di restauro affrontati dalla Fondazione nell’esercizio del 2007? Uno degli interventi principali è stato quello nella chiesa di San Giovanni di Rocca San Zenone, dove è stata condotta una campagna di messa in luce e consolidamento degli affreschi delle pareti laterali della navata centrale e del vestibolo (XIV-XV secolo). L’intervento è iniziato due anni fa con il descialbo dei dipinti esistenti sulla parete destra dalla quale sono affiorati affreschi di considerevole pregio risalenti, per lo più, al 1400, epoca della quale a Terni abbiamo poche testimonianze. L’intervento, che si è protratto per tutto l’esercizio del 2007, sta continuando quest’anno e, senz’altro, dovrà essere portato avanti anche negli anni successivi. Un altro importante intervento è quello attualmente in corso della cappella di San Sebastiano della chiesa di Sant’Agostino di Narni in cui sono presenti oltre 300 mq. di affreschi del XVI
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secolo. Nascerà un volume da questi restauri? Dopottutto, a quanto ci risulta, Voi avete già curato dei volumi relativi a l’“Arte e il Territorio” durante gli esercizi del 2001, 2003 e 2005… Man mano che si completa un ciclo di interventi, la Fondazione si adopera per una pubblicazione degli stessi. I volumi che curiamo descrivono le opere sia dal punto di vista storico-artistico che da quello tecnico attraverso le relazioni dei restauratori che, quindi, forniscono una dettagliata documentazione. La Fondazione non si è occupata esclusivamente di restauri bensì ha pubblicato anche volumi legati alle mostre che si sono tenute all’interno della propria struttura. Sono in programma altre mostre per l’esercizio del 2008? Sì… E’ in corso l’organizzazione della mostra “Amerigo Bartoli e l’Umbria” che dovrebbe essere inaugurata nel mese di giugno e con la mostra, che sarà visitabile sino all’autunno, sarà edito anche il catalogo. Oltre alle iniziative legate all’arte, la Fondazione si è sempre assunta l’onere di erogare fondi per altri settori rilevanti quali la sanità e l’educazione... In particolare, riteniamo doveroso ricordare che nel 2005 è stato promosso un progetto di “informatizzazione” delle scuole del territorio... Per quale motivo si è scelto di investire in tale iniziativa? La motivazione è la seguente: da un’indagine condotta nel 2004 dal Ministero dell’Istruzione sulle risorse tecnologiche nelle scuole, si è rilevato che in Italia il rapporto complessivo PC/alunni è pari a 1/10,9 (1 PC ogni 10,9 alunni). Si è quindi avviata un’indagine su ciascun ordine di scuole, dalle superiori fino alle elementari, per poter allineare anche le scuole locali alla media nazionale e, nel giro di tre anni, sono state acquistate varie centinaia di computer donati alle scuole. Cosa può dirci, invece, del vostro rapporto con l’università e la sanità locale? Per entrambi la Fondazione se ne occupa in aderenza ai propri indirizzi statutari con impegni economici piuttosto considerevoli. Impegni equivalenti dal punto di vista economico a quelli per l’arte e la cultura. Per quanto riguarda la Sanità, la Fondazione delibera ogni anno finanziamenti per l’azienda ospedaliera “Santa Maria” di Terni e per l’ASL n. 4 per l’acquisto di apparecchiature delle quali si ha particolarmente bisogno per aggiornare il servizio sanitario. La Fondazione tra tutte le richieste pervenute anno per anno dalle Direzioni Sanitarie sceglie quelle che ritiene più adeguate o più opportune, compatibili con le disponibilità economiche. Per quanto riguarda l’università, la Fondazione stanzia oltre cinquecentomila euro l’anno in base alle richieste che pervengono dalla stessa. La Fondazione stanzia dei fondi anche per le associazioni umanitarie…
...una lunga storia Certamente! Uno dei nostri indirizzi istituzionali è proprio quello della filantropia, del volontariato e della beneficenza. Supportiamo le attività che la Curia ci propone, nonché, contribuiamo alla realizzazione di progetti promossi dalle organizzazioni di volontariato locale, oltre a circa 170.000 Euro destinati al Comitato di Gestione Fondo Speciale per il Volontariato nella Regione dell’Umbria (L. 266/91). Nel 2004 è stato realizzato un monumento in memoria delle oltre duemila vittime dei bombardamenti che colpirono la città di Terni tra il 1943 e il 1944. Attualmente, l’opera scultorea è collocata nella aiuola cimiteriale… Per quale motivo la Fondazione ha deciso di donare alla città un monumento legato ai caduti? Come è avvenuta la realizzazione dell’opera scultorea? Avete indetto un concorso pubblico per scegliere la tipologia di opera da realizzare? La Fondazione ha ritenuto che tutti i caduti dei bombardamenti non fossero stati adeguatamente onorati, al cimitero ternano. Erano anni che la Fondazione riteneva di ricordarli. È stato indetto un concorso interessando vari scultori del territorio nazionale. Il concorso è stato vinto da Leonardo Lucchi, scultore di Cesena, che ha presentato un bozzetto con un gruppo bronzeo raffigurante una mamma che tiene in braccio un bambino morto a seguito di un bombardamento. Quindi... possiamo affermare che esista una vera e propria “storia d’amore” con la città da parte della Fondazione Carit... Beh…diciamo che il nostro è un impegno istituzionale. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che la Fondazione proviene da una struttura bancaria squisitamente ternana nata nel 1846, ossia, la Cassa di Risparmio e credo sia doveroso ricordare che il patrimonio della Fondazione appartiene alla città! Noi siamo solo gli amministratori di questo patrimonio. E’ bene ricordare che abbiamo l’obbligo, oltre che produrre adeguato reddito per lo svolgimento dell’attività istituzionale, anche di conservare il patrimonio per la vita futura della Fondazione, che attualmente distribuisce ogni anno oltre 4 milioni di Euro. A proposito di capitali… soffermiamoci per un istante sul capitale artistico che voi possedete, o meglio, parliamo della pregevole quadreria di vostra
proprietà... C’è un’opera d’arte, tra quelle che Voi avete acquistato tramite asta pubblica, alla quale Lei è particolarmente legato? Sì!... Effettivamente c’è un’opera alla quale siamo particolarmente legati! La Fondazione ha sempre cercato di acquisire opere che riguardassero la città e il territorio. Quando, infatti, circa dieci anni fa venne battuta all’asta la splendida Cascata delle Marmore attribuita a Philip Peter Ross, sentimmo il dovere di tentarne l’aquisto. Un quadro databile intorno al 1678 di ottima qualità che è sempre stato conservato a Terni, prima a Papigno e poi in un nobile palazzo seicentesco del centro. Il quadro è stato acquistato ad un prezzo corrente al momento assolutamente conveniente ed è sicuramente uno dei quadri che amiamo di più e che contribuisce ad arricchire la nostra quadreria a beneficio della collettività. Oltre alla quadreria voi siete anche in possesso di un nutrito archivio storico… Certamente! La Fondazione custodisce un archivio storico di notevole livello! Un complesso documentario di pregevole interesse storico che abbraccia un arco temporale tra il XIII e il XIX secolo: gli archivi delle Opere Pie e della Congregazione di Carità di Terni. Una parte di questo prezioso patrimonio archivistico fu acquisito dalla Cassa di Risparmio di Terni nel 1954, a seguito della fusione del Monte di Pietà con la banca: in tale occasione la Cassa di Risparmio ricevette dall’Ente Comunale di Assistenza (ECA) non solo i documenti del Monte di Pietà, ma anche quelle prodotte da altre Opere Pie. Sono circa trecentomila pagine scritte a mano con penna d’oca, che alcune volte, come ho avuto modo di vedere, è persino rimasta all’interno di qualche registro, dimenticata forse dal notaio che ha redatto il documento! Dell’archivio fa parte anche un ricco fondo diplomatico con 337 pezzi pergamenacei databili tra il 1275 e il 1730 che è stata nostra premura far restaurare qualche anno fa. La Fondazione ha provveduto alla microfilmatura dell’intera documentazione archivistica e alla sua trasposizione su CD-Rom per una migliore consultazione e conservazione degli originali. In quali giorni è possibile visitare l’archivio storico? L’Archivio storico è aperto al pubblico il mercoledì e il venerdì, dalle 9.00 alle 13.00, con l’assistenza di un archivista. L’archivio non è interessante solo per gli studiosi… Noi de La Pagina auguriamo che questo gentile invito possa riscuotere il dovuto successo! Detto ciò, vorrei porgerLe un’ultima domanda… La Sua storia di uomo è intimamente legata a quella della Fondazione Carit. Ricordiamo, infatti, che Lei affianca il Presidente della Fondazione, Avv. Paolo Candelori, dal 1996... Credo sia lecito affermare che Voi siete i “Padri Fondatori” della stessa... Cosa prova dopo tutti questi anni di attività all’interno della Fondazione? Entrambi siamo molto legati alla Fondazione ma non solo a questa. Prima dello scorporo Banca-Fondazione avvenuto nel 1992 eravamo ancora insieme all’amministrazione della Cassa di Risparmio di Terni e Narni già da tanti anni. Il nostro è quindi un legame di affezione vera e propria, con un impegno particolare dopo una vita da professionisti - il mio da ingegnere, il Presidente da avvocato - protesi insieme a tutto il Consiglio a dare quanto più possibile di noi stessi a beneficio della città... Grazie, Ingegner Belli, anche a nome della città di Terni. Eleonora Stentella
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Se le stelle, anziché brillare continuamente sul nostro capo, non si potessero vedere che da un solo punto della Terra, gli uomini non cesserebbero di recarvisi per contemplare e ammirare le meraviglie del cielo.
Una
Alcor Mizar
Torno a parlarvi del Grande e Piccolo Carro. Forse non tutti sanno che l’ultima stella del timone del Piccolo Carro è la famosa Polare, la stella che attualmente ci indica il Nord celeste. Riuscire a rintracciarla è determinante per orientarsi in cielo ed è molto facile: basta prolungare di quattro volte e mezzo la distanza che separa le due ultime stelle del Grande Carro, nella direzione che dalla meno luminosa conduce alla più luminosa, per giungere alla Polare. Se il cielo non è perfettamente buio è piuttosto difficile individuare la Polare direttamente nel Piccolo Carro perché le sette stelle che lo caratterizzano non sono sempre perfettamente visibili. Inoltre la Polare non è una stella particolarmente luminosa: la sua fortuna è dovuta al fatto che si
trova, attualmente, a poco meno di un grado dal polo Nord celeste e in una zona di cielo relativamente povera di stelle. Fortuna recente, perché il Polo Nord celeste non è sempre stato indicato dalla Polare. Nel 3000 a.C. era indicato dalla stella Thuban della costellazione del Dragone e, verso l’anno 14000, Vega, la stella più brillante del nostro emisfero, nella costellazione della Lira, sarà la stella Polare alla distanza di quattro gradi dal Polo celeste. Questo è dovuto alla precessione luni-solare che è una oscillazione dell’asse terrestre simile a quella di una trottola (l’attrazione combinata del Sole e della Luna cui si oppone la rotazione della Terra fanno descrivere all’asse terrestre un doppio cono) che si compie in circa 26.000 anni. Al polo Sud la polare è σ
A sso c i a z i o ne Tern an a A strofili M a ssi m iliano B eltram e Via Maestri del Lavoro, 1 - Terni tonisca@gmail.com 329-9041110
www.mpc589.com L’osservatorio astronomico di S. Erasmo è aperto gratuitamen te per i cittadini l’ultimo venerdì di ogni mese dalle ore 21,30.
Osservatorio Astronomico di S. Erasmo Osservazioni per il giorno venerdì 25 aprile 2008 Le costellazioni dominanti di questo periodo saranno: Leone, Vergine, Bifolco, Chioma di Berenice e Corona Boreale. I pianeti visibili saranno Saturno in condizioni ottimali e Marte solo nella prima parte della notte. Gli oggetti che osserveremo del profondo cielo saranno l’ ammasso globulare M 3 e la Galassia M 104 (la famosa galassia Sombrero). Sarà possibile osservare la Luna solo dopo la mezzanotte (ha 19 giorni). Ad occhio nudo saranno spiegate tutte le costellazioni visibili ed i relativi modi per orientarsi sulla volta celeste. Al computer, con un sofisticato software, andremo a spasso per l’universo. Federico Guerri
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costellazione
(sigma) Octantis, che si trova a meno di un grado dal polo Sud. Questa stella è però poco luminosa (meno della Polare) per cui si preferisce utilizzare, per trovare il Polo Sud, la Croce del Sud, costellazione costituita da stelle molto luminose ma che si trova a circa 30° dal Polo Sud celeste. Nel Grande Carro la stella più famosa è certamente Mizar, la stella centrale del timone. Se la osserviamo ad occhio nudo riusciamo a vedere un’altra stella meno luminosa chiamata Alcor, Il Cavaliere. Gli arabi intorno al X secolo consideravano una prova di vista acuta distinguere Alcor: oggi è alla portata di una vista normale. E’ possibile che da allora si sia un po’ allontanata o che sia diventata un po’ più luminosa. Alcor e Mizar vengono definite stelle doppie cioè coppia di stelle che orbitano l’una attorno all’altra. E’ una delle poche doppie visibili ad occhio nudo. Se osserviamo Mizar con un telescopio vediamo che anch’essa è doppia: MizarA e MizarB. E’ la prima doppia scoperta al telescopio, nel lontano 1650.
Seneca
al mese
Le sorprese continuano! MizarA e MizarB sono a loro volta doppie spettroscopiche, così definite perché sono costituite da due stelle talmente vicine che non è possibile separarle visivamente e la duplicità è rivelata soltanto dall’analisi, per mezzo di uno strumento chiamato spettroscopio, della luce che proviene dalla stella. Per cui, dove noi vediamo ad occhio nudo una singola stella, in realtà ce ne sono quattro. Se poi consideriamo che anche Alcor è una doppia spettroscopica, il sistema Alcor e Mizar è formato da ben sei componenti! Devo precisare che le stelle doppie sono molto comuni: il 60% delle stelle sono doppie (alcune anche triple o quadruple). E adesso una curiosità. La fibra tessile Meraklon, prodotta dalla Polymer, deve il suo nome proprio alla stella Merak del Grande Carro, uno degli Indicatori per rintracciare la Polare. Sembra che il nome sia stato suggerito dalla moglie dell’allora Presidente della Polymer (il suffisso lon è tipico di molti nomi di fibre sintetiche), forse appassionata del cielo. Giovanna Cozzari
Pillole di ast ronom ia Guardando il cielo si ha la sensazione che la Terra sia al centro di una enorme sfera sulla quale vediamo proiettati tutti gli astri. L’asse terrestre, prolungato nello spazio, incontra la sfera Celeste nei due Poli Nord e Sud e, dal lato del Polo Nord, sfiora la stella Polare. Proprio perché il cielo ha l’apparenza di una grande sfera, le stelle sembrano separate da un arco di segmento di cerchio e possiamo quindi misurare la dimensione apparente di un oggetto in cielo o la distanza tra due oggetti in gradi e frazioni di grado (1° sono 60 primi di arco; 1’ sono 60 secondi di arco). Per fare questo, in assenza di uno strumento specifico, possiamo usare la mano, diciamo così, appoggiata sulla volta celeste alla distanza del braccio disteso. La larghezza della punta del mignolo è quasi esattamente un grado (abbastanza per coprire la Luna e il Sole, che hanno un diametro di circa mezzo grado). Gli Indicatori del Grande Carro, sono distanti circa 5°, quanto misurano l’indice, il medio e l’anulare messi insieme. Il pugno chiuso copre uno spazio corrispondente a 10°, mentre la distanza tra mignolo e indice è di 15°. Infine la distanza tra mignolo e pollice divaricati è di circa 25°, quanto la lunghezza del Grande Carro. GC
La Vorda Celeste ‘Na vorda te vojo fa’ mmira’ ‘na vorda... che tte fa ‘rmane’ a bbocca ‘perta!... m’ha dittu Zzichicchiu... l’amicu miu ‘stronommicu. Ma che stai a ddi’?... j’ho fattu... Ma che tt’ha datu de vorda lu cervellu!?... Che è ‘stu sciojilingua!? Quanno s’è ddicisu... ho ccapitu che cce l’éa co’ la vorda de lu cielu... perché me ccià fattu ‘vvicina’... portannome co’ la macchina mia... su Ssant’Erasmu. Lassù parlava come ‘n filosofu... Se vvoli guarda’ lu passatu... guarda per aria... vidi Sirio... che lluce!? Tu la vidi com’era nov’anni fa!... Vidi Aldebaranne... è ttale e quale a sessantaquattr’anni fa... vidi la Polare... quattrocentosessant’anni fa era ccucì! Me tt’ha fattu ‘na sfirza de nummeri che mm’è vinutu spontaneu da di’... Se vede che ffanno la vita bbona... e lassù ‘n ce sta l’inquinamentu! A pparte che sse poteono pure mette d’accordu... e fasse vede’... presempiu... com’erano tutti cent’anni fa... cucì se confrontavono mejo.’N ciai capitu gnente!... m’ha dittu... Devi sape’ che... co’ ‘ste distanze ‘stronommiche... pure la luce ce mette l’anni p’arriva’... e se vvidi ‘na stella che sse sta a smorza’ e... lancia come ‘n lampu... po’ darsi che chissà da quanno ‘n ce sta più! A Zzichi’... c’éi raggione! Quanno parli de ‘ste cose s’armane a bbocca ‘perta... però cercamo d’armanecce pure coll’occhi... non vidi che stemo su lu ciju de lu burrone? Se cascamo de sotto... le moji nostre, s’ho ccapitu bene, p’arvedecce da campa’... devono anna’ più veloci de la luce su cche andra stella... e ppo’... co’ l’occhiu bionicu arguarda’ ggiù! Paolo Casali paolo.casali48@alice.it
Non pensavamo davvero di riscuotere tanto successo con l’entrata in scena su questo mensile il mese scorso. Ringraziamo sentitamente le persone che ci hanno dimostrato il loro plauso e garantiamo a tutti che faremo del nostro meglio per appassionare all’astronomia. Ci soffermiamo sulle due Orse per dare la possibilità a tutti di saper riconoscere la stella Polare e quindi il nord. Confessatelo, non pensavate che fosse così semplice, vero? Continua per il secondo mese l’articolo sugli asteroidi ed il sistema adottato per scoprirli. Con il numero di Maggio, in conclusione, analizzeremo le tecniche che si possono attuare per difenderci e quello che si sta realmente facendo in campo astronautico. Una buona notizia: il Prof. Paolo Casali è andato in pensione! Buona per lui, ma soprattutto per noi perché adesso non ha scusanti per scrivere qualche articolo. Inizia questo mese con una pagina tratta da un suo libro Lunardinu... e li “misteri” de l’Universu, ma vi assicuro che ha tante frecce al suo arco! Consiglio poi di non perdervi Saturno, a fine Aprile dall’Osservatorio di S. Erasmo, poiché è ora in posizione ottimale, molto alto sull’orizzonte. Fra pochi mesi gli anelli si metteranno di taglio rispetto alla nostra visuale rendendosi invisibili per molto tempo. Tonino Scacciafratte Presidente A.T.A.M.B.
tonisca@gmail.com
ASTRONOMIA Una tavoletta, proveniente da Nippur e oggi appartenente alla Collezione Hilprecht di Jena, il cui testo si fa risalire al periodo precassitico (prima cioè del 1600 aC), è uno dei primi, fondamentali, documenti astronomici provenienti dalla Mesopotamia. Nella parte iniziale appare: 19 dalla Luna alle Pleiadi; 17 dalle Pleiadi ad Orione; 14 da Orione a Sirio... e continua per otto costellazioni, finendo con l’affermazione che il totale è 120 “miglia” e con la domanda: di quanto un dio (cioè una stella) è lontano da un altro dio? La tavoletta è riconosciuta come uno dei primi documenti astronomici per il fatto che presenta l’inizio di un calcolo vero e proprio, anche se, inevitabilmente, ribadisce le concezioni mitologiche riguardanti la deificazione delle stelle, l’invenzione cioè che fossero abitate da divinità, propria dell’astrologia sumerica (circa 1000 anni addietro). Segue poi un procedimento, esattamente come in un testo matematico, che termina con l’abituale questa è la procedura (proprio alla maniera, tutta moderna, di un qualsiasi programma in Basic o in Pascal!). Seguono i nomi dello scriba che ha copiato il testo e di quello che ha verificato la copia. GR
Asteroidi
Nelle due immagini sono evidenziati gli spostamenti dei primi due asteroidi scoperti dall'osservatorio di S. Lucia di Stroncone nel 1993. Quello a sinistra sarà battezzato Stroncone, l'altro, classificato con il numero 73719, è in attesa di un nome.
Il mese scorso abbiamo presentato gli asteroidi: cosa sono, quanti sono, che forma hanno, perché sono pericolosi. Analizziamo in questa seconda parte la tecnica applicata per scoprirli. Dicevamo che la maggior parte degli asteroidi si trova tra Marte e Giove ed è in quella parte del sistema solare che dobbiamo puntare i nostri telescopi per ottenere le immagini necessarie. Le fotografie su pellicola sono oramai vecchi ricordi, sostituite egregiamente dalle telecamere elettroniche alle quali bastano pochi secondi per realizzare immagini molto definite che vengono scaricate sul computer. Ottenuta la prima immagine della parte di cielo presa in considerazione, dopo un’apprezzabile intervallo di tempo, diciamo un’ora, in cui il telescopio con i suoi motori di inseguimento tiene sotto mira la stessa zona di cielo, si scarica una seconda immagine identica alla prima. Sulla scala delle distanze, le stelle, essendo lontanissime, mantengono la stessa posizione, mentre gli asteroidi
con il loro moto proprio si sono spostati assumendo sulle due immagini due posizioni diverse. Dall’analisi e misurazione di questo spostamento si può calcolare un’orbita abbastanza precisa e solo dopo aver verificato che non si tratta di un oggetto già conosciuto, si dà immediata comunicazione al Minor Planet Center negli U.S.A. (organizzazione internazionale che si occupa dei corpi minori del sistema solare). Viene assegnato al nuovo oggetto (potrebbe essere anche una cometa!) un numero provvisorio e necessariamente si deve tenere sotto controllo per molto tempo ancora, fino a quando, dopo ripetute osservazioni e misurazioni, l’orbita calcolata è precisa nell’ordine dei cinque numeri dopo la virgola. Sono passati circa cinque anni da quando si è osservato per la prima volta e solo a questo punto viene assegnato un numero definitivo e la possibilità di attribuirgli un nome. Nelle due immagini sono evidenziati gli spostamenti
dei primi due asteroidi scoperti dall’osservatorio di S. Lucia di Stroncone nel 1993. Quello a sinistra sarà battezzato Stroncone, l’altro, classificato con il numero 73719, è in attesa di un nome. E’ questa la ricompensa per la comunità degli astrofili. Ricompensa per centinaia e centinaia di freddi notti passate all’osservatorio a fotografare, studiare, analizzare ed elaborare dati. Ai numerosi asteroidi scoperti dall’osservatorio di S. Lucia di Stroncone, sono stati dati dei nomi per lo più di personaggi ternani che si sono distinti in modo particolare nel campo dello sport, delle scienze, dell’arte, nei valori TS umani.
FOTO ARCHIVIO NASA Missione sonda Galileo: asteroide Gaspra a 5,3 Km di distanza.
Asteroidi scoperti dall’Osservatorio di S. Lucia di Stroncone Nominati dal Minor Planet Center, Cambridge, USA L ibero L ibe rati
Orne ore Me te lli
N° 6417 MPC 2862
N° 7260 MPC 33386
Named in memory of Libero Liberati (1926-1962) motorcyclist who won the Absolute Italian Championship in 1955 and 1956 riding a four cylinder Gilera. In 1957 he won the Absolute Word Championship and was given the Athlete of the Year by the Italian Sport Press.
Named in memory of Orneore Metelli (18721938). He is a internationally acknowledged as the founder of the school of naive painting. He started painting well past the age of 50 in the back of his shoemaker’s shop. In his more than 200 works, he represented a town that is a mirror of the world, a reflection of thousands of aspects of daily life.
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Una vita da esperta!
Argento
Non serve
per
Avevo trent’anni, quando scelsi di darmi completamente alla mia famiglia. Lasciai il lavoro di contabile così sterile e privo di fantasia per abbracciare il desiderio di essere madre e moglie di un medico a tempo pieno. Ero felice e giovane, il termine di casalinga non mi andava così stretto come invece è attualmente. Una vita di dedizione assoluta, lasciando che il tempo scorresse di sotto le dita, veloce, privandoti della gioia di stare fra le persone, togliendoti la possibilità di coltivare le amicizie giovanili, perché? Perché nel mio cuore di madre e moglie loro erano (e sono) più importanti e il resto non contava, o meglio, poteva aspettare. Ora ho qualche anno in più, la consapevolezza di aver rinunciato a mille opportunità, l’amarezza di aver perso la coincidenza….. IO dove sono
andata? Mio marito è cresciuto professionalmente, anche i figli sono cresciuti, ma restano ancora così fragili ed indifesi in un mondo difficile da vivere; è faticoso lasciarli cozzare contro il muro della loro naturale ostinazione. Casalinga è un termine estremamente riduttivo, direi invece educatrice, manager aziendale, psicologa, esperta di alimentazione e perché no? anche seduttrice del proprio uomo; per quale ragione non trovare un termine diverso per etichettare una vita da esperta? E soprattutto perché non premiare il gran lavoro umano che ogni donna casalinga compie per questa nostra società? Lo stato italiano si preoccupa di far pagare un’assicurazione INAIL, per giunta obbligatoria, un’assicurazione sugli infortuni che ti consente di riscuotere il premio soltanto se sei ad un passo dalla morte! Una mia amica psicologa, dopo aver letto il mio libro di poesie, mi ha detto: Sei un’inguaribile sognatrice. Credo che siano proprio i sogni che ci aiutano a vivere, li custodisco gelosamente e nessuno me li porterà via. Cinzia Fioroni
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allo sport...
Daniele Campionato Nazionale Finale 100 metri Dorso Daniele Di Deodato, giovane nuotatore ternano (classe 1993), conquista il podio alla sua terza partecipazione ai Campionati Nazionali Giovanili categoria rgazzi disputatisi tra il 6 e l’11 marzo scorso allo stadio del nuoto di Riccio- ne in vasca da 25 metri. Dopo il bronzo di Roma della scorsa estate, Daniele si migliora andando a conquistare un argento un po’ stretto. Una gara perfetta in tutti i suoi aspetti che lo ha visto al comando fin dalle prime bracciate dopo una superlativa subacquea, mantenuta al limite del regolamento, che gli ha consentito di riaffiorare davanti a tutti per quindi mantenere la testa fino agli ultimi metri, quando il ritorno di un tenace avversario lo ha costretto a cedere la prima posizione per soli diciannove centesimi.
Conclude con il tempo di 58.40 che gli vale, tra l’altro, la quinta posizione assoluta nella speciale classifica TOP TEN dei migliori 10 nuotatori di sempre per gruppi di età della FIN (Federazione Italiana Nuoto) oltre che il nuovo record regionale assoluto. GMM
Lombroso, medico criminologo dell’800 secondo il quale la natura violenta dell’uomo è individuabile nelle misure del cranio, con uno come Antonio Cassano ci sarebbe andato a nozze. Nel senso che se lo sarebbe studiato centimetro per centimetro ‘sto capoccione de Totò ma, alla fine, sono sicuro che non ci avrebbe capito un tubo. Lui è così. Esplosivo e imprevedibile nelle reazioni, proprio come fa con la palla tra i piedi. Il guaio è che il soggetto non gioca nella squadra della parrocchietta, per cui a gioire o lamentarsi non sono solo i compagni di catechismo. La sorte ha voluto riservargli palcoscenici di primo piano, mondiali, anzi galattici dai quali è stato fatto scendere in tutta fretta per non aver recitato bene la parte o, meglio, averla stravolta. Il ragazzo è incurabile. Al suo capezzale si sono alternati luminari come Fascetti, Capello, Mazzarri, si sono prodigati assistenti come Totti, Mancini, De Rossi, Montella, ma niente da fare, la malattia non si stronca. La cassianite cronica, tuttavia, non è un’infermità rara. Molto diffusa, ha manifestazioni epidemiche, specie in contesti che
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ne favoriscono l’improvviso sviluppo, quali campi di calcio e dintorni. I buonisti ad oltranza giurano che tra qualche anno gli passerà. Adesso ne ha 26, è giovane e l’intemperanza è una nota dei ragazzi. Il guaio è che se si aspetta ancora, Cassano non giocherà più, mentre il cattivo esempio di oggi fa più danno d’una guerra persa. Le cinque giornate di squalifica non servono a niente, come poco produrrà la multa di 80.000 €. Uno come lui non deve giocare. Né a calcio né a tamburello. Creerebbe casini comunque e dovunque. Freghiamocene del talento vero o presunto grazie al quale si giustifica ogni attesa di rinsavimento. All’origine del suo comportamento sta solo la pura maleducazione, l’assenza totale di rispetto per gli altri, l’ignoranza alimentata da valanghe di soldi, l’arroganza del parvenu. Cassano non serve allo sport, né potrà mai essere un esempio per i nostri ragazzi già in crisi di identità. A quelli che dicono che è bello vederlo giocare, quando è in pace con il mondo, rispondo: diamogli un pallone ma facciamolo giocare da solo, magari nel salotto di casa sua. Ing. Giocondo Talamonti
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Che uomo è colui che rivendica a sé la conoscenza del futuro? Chi formula profezie per volere di un dio deve avere certamente un destino fuori dal comune, non può essere stato rinchiuso nello stesso utero da cui noi, uomini ignoranti, nasciamo; chi riferisce gli ordini di un dio dovrà avere nel suo aspetto qualcosa di divino.
P U S Deve avere i suoi antenati fra le stelle e trarre la sua origine dal cielo; un dio lo deve riconoscere come suo profeta... Annunciano il futuro: a molti dissero che sarebbero vissuti a lungo, ma il loro ultimo giorno li sorprese senza che avessero alcun timore; ad altri annunciarono una morte imminente, ma quelli sono sopravvissuti, vivendo una inutile vita; promisero una esistenza felice a molti neonati, ma la sfortuna li colpì con ogni male... ... Sbagliate, cari discepoli. A voi sembra di aver letto Seneca delle Suasoriae. Invece il brano è espunto dal suo preveggente testo: Politica Italiana nel 2008. E sbagliate anche a pensare che Seneca rivolga la sua critica a maghi e untorelli.
Il vecchio si rivolge invece a politici e untorelli. In particolare ai politicanti italici del 2008 intenti a sputar profezie, promettere, cercar colpi di teatro, insomma a fare apparizioni da deus ex machina. Non hanno però alcunché di regale: sono scialbi, melensi, tuberosi, squinternati, buffi come puffi. Soprattutto, dicono sempre le stesse, monotone cose. Urlano, si dimenano, scherzano, fanno le boccacce. Cercano, tutti, di capire dov’è lo scontento e se ne fanno paladini e difensori. Promettono di togliere le tasse! E ci vorrebbe che dichiarassero di aumentarle! Ogni governo, ovunque e da secoli ormai, ha un unico scopo: diminuire le tasse. Ma, per poterlo fare, occorre non avere debiti o, almeno, spaventosi debiti. E loro ci scherzano... scherzano con il fuoco! Lo sanno anche i bambini che se il papà non ha soldi, non può aumentare la paghetta! Si riesce allora ad essere cinici anche di fronte alla devastante congiuntura che l’intero mondo sta vivendo... sanno solo cercare frasi d’effetto, battutine, alla ricerca dei creduloni, proprio come i maghi! Ma che uomo è colui che sparla degli altri? E’ mai possibile che non si possano ascoltare compiute, eleganti, logiche, colte esposizioni di una visione (scientifica) dei problemi e di coerenti, seppur di parte, ipotesi risolutive? Possibile che le riflessioni e i giudizi morali siano, ritualmente, affidati, in TV, a veline, calciatori, sarti e profeticanti?... ................. Seneca il Vecchio così conclude: E’ incerta la sorte della nostra vita: chi ha ideato queste finzioni non credeva in esse e voleva solo mettere alla prova l'intelligenza di ciascuno. C O P PA T E TA
Dalla di
M
alla
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Ferdinando Maria Bilotti
Mantenuta Modella Prostituta che ha un solo cliente. Ragazzotta Marito profumatamente Un cameriere che paga lo salariata per camminare stipendio alla sua padrona. lungo una passerella con Masochismo indosso abiti di cattivo gusto ed L’istinto perverso che spinge i un’espressione ebete presidenti delle squadre di stampata sul viso. calcio a sperperare miliardi per il piacere di farsi insultare Moderatismo Malattia senile da tifosi incontentabili. Matrimonio del comunismo. La tomba della dignità dell’uomo. Monopolio Menzogna Lo sbocco naturale Una verità abbellita. del libero mercato. Meritocrazia Moralista Intollerabile discriminazione Un peccatore che s’è verso gli incapaci. riempito lo stomaco. Milano Morte Capitale amorale d’Italia. Il solo nemico che Misantropia preferiamo ci colpisca alle Una malattia che si contrae spalle anziché più facilmente vivendo in affrontarci a viso aperto. mezzo ai sani piuttosto che Multiculturalismo fra gli altri malati. Rinuncia ai princìpi dell’uguaglianza dei Moda Dea della vanità e cittadini di fronte alla legge del conformismo, e dell’universalità autentico nume tutelare dei diritti dell’uomo. di commercianti ed artisti. Però suona tanto bene!
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