Patres senatores
Giampiero Raspetti
N° 4 - Aprile 2010 (74°)
Ho cercato in marzo, lungo le muraglie di cartelloni, gli elenchi dei candidati alle regionali. Svaniti! Ad elezioni concluse li ho captati ed ho capito, solo allora, perché non avrei voluto votare. Vana, infatti, la ricerca, fra quei nomi, di un poeta, un contadino, un pastore. Nemmeno l’ombra di un matematico, di un fisico, di un uomo di scienza. Nessuno, altresì, che si sia mai messo in luce per aver donato qualcosa a questa nostra comunità. Quasi tutti, invece, alla ricerca di una occupazione. Come non pensare, allora, ad Angelo Ceccoli, l’apprendista storico, lo stradino, uno dei veri Patres Senatores di questa città, alla quale ha dato sempre generosamente e disinteressatamente? Nessuno, dei sedicenti amministratori, ha mai pensato ad un riconoscimento per lui, ad una stretta di mano, magari. Eh già, ma i politicanti che ne sanno? Non sono certo interessati a dare al territorio. Ormai a me appare sia in lista solo chi pensa unicamente a prendere dal territorio. Fatte salve pochissime, lodevoli, eccezioni che poi, magari, non vengono nemmeno elette. Nessuno dei presenti in lista si è mai visto nei luoghi della cultura o in quelli del progetto. Politica, la loro, fatta di feste, cene, sms, frasi vuote e, soprattutto, di tendoni da circo. Qualcuno dichiara temerariamente, con slogan di bassa lega, di essere pronto a combattere per il bene del territorio, dopo averlo purificato, magari. Lo farà, se resterà ben chiuso in casa. Quasi nessuno ha un lavoro. Molti sfruttano il patrimonio familiare o di conventicola, del gruzzolo di voti che deriva, per inerzia, da partiti o sindacati. A costoro dovremmo affidare, con il nostro voto, siano essi nella maggioranza come nella minoranza, le sorti del territorio? Ma come? Se non sono stati capaci di procurarsi nemmeno un lavoro onesto, come possiamo pensare possano favorirlo per gli altri? Il bipolarismo, si dice, è causa della disaffezione al voto. Io sono di parere ben diverso. Chi vota, bi-tri-tetra polarità, con il proporzionale o con il maggioritario, ha pur sempre davanti agli occhi, fin quando almeno la dittatura dell’inciviltà non si farà più stringente, il nome del candidato. Sa bene di chi si tratta... e fugge! Se non si tornerà a lavorare, sulle piazze e sulle strade, sempre, non solo ai dì delle elezioni, per i cittadini, non per la propria parrocchietta, se i candidati non saranno quelli riconoscibili per dedizione alla causa sociale e culturale, saremo tutti complici della degenerazione totale della politica. Se codesti candidati sono davvero legati alle sorti della polis, si facciano da parte, dopo un ragionevole numero di anni di bivaccamento, e diventino senatori della città, mettendo la propria esperienza e il proprio sapere a disposizione dei giovani. Per essere coerente con il mio pensiero ho proposto, da queste pagine, un corso gratuito di matematica. Spartisco quel poco che so e quel tanto che l’esperienza mi ha dato, al servizio dei nostri giovani. L’idea si sta rivelando vincente. Iscrizioni bloccate (se ne riparlerà a settembre) e raddoppio del corso. Mi aspettano, al Liceo Classico, due Aule Magne alla settimana piene di giovani e meno giovani con i quali costruire matematica. Sento dunque l’obbligo di dover dare alla mia città e sono anche certo di esserne in grado. Così come son certo di non aver, con l’attuale mondo della politica, niente da spartire.
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Lesbo, la nuova porta dell’Inferno - F P a t ri zi Apriamo gli occhi sul mondo - A Mel a secch e Gioco aperitivo - B R a t i n i Liberi di vedere Ipazia - P F a b b ri ciao Primavera - C C o l a sa n t i INTERPAN PROGETTO MANDELA Diritti umani - M R i cci Liceo Classico - B G ri ff a n i , G Tessi ci n i Prospettive per l'Az.Osp. di Terni - G G i o va n n i ni L’essenza della matematica è la sua libertà - G R SUPERCONTI festeggia 50 anni di storia La formula uno sbarca a New York - A L i b era ti Uranio arricchito - A L Quanno ce vole ce vole - G Ta l a m o n t i LIBRI Astronomia - T S ca cci a f ra t t e, G C o zza ri Astronomia - P C a sa l i , F Va l en t i n i SUPERCONTI
Il popolo Sahni a Yunnan non è grande, conta poco più di 20.000 musicisti, poco più di 20.000 danzatori, poco più di 20.000 poeti. Inoltre ci sono poco più di 20.000 contadini e poco più di 20.000 pastori. Ma non crediate che ci siano più di 100.000 persone. Sono un po’ più di 20.000 in tutto.
Lesbo, la nuova porta dell’Inferno
Tre sono le vie del Paradiso: c’è quella che va dal Marocco alle Canarie, quella che va dalla Libia al Sud Italia e quella che congiunge la Turchia alla Grecia. Le prime due, percorse da africani, indiani, cingalesi e pachistani in fuga, sono state quasi del tutto chiuse. La terza, dove transitano iracheni, curdi e afgani, è la più affollata e la più pericolosa. Come denuncia in un’inchiesta shock Die Zeit, lo sbarco a Lesbo operato dagli scafisti turchi non porta in Paradiso, ma dritti nella bocca dell’Inferno. Tutto ha inizio con il regolamento 343/2003, noto come Dublino II, secondo il quale l’Unione Europea prevede che l’asilo politico sia concesso solo una volta dal primo paese in cui il profugo sbarca; in pratica, i paesi dell’Europa nord-occidentale sono geograficamente esenti dal problema. L’Italia, la Spagna e la Francia hanno stipulato accordi di bassa macelleria con i signori del Maghreb impegnati a bloccare il flusso migratorio con metodi su cui il mondo sta chiudendo gli occhi (vedi il documentario Come un uomo sulla Terra). La Grecia è rimasta sola a fronteggiare il problema ed è, ha scritto un osservatore ONU, il peggiore posto in cui un essere umano in fuga possa capitare. Nell’isola di Lesbo, avamposto europeo sull’Egeo, non si concede asilo politico a nessuno, le convenzioni internazionali e diritti umanitari sono sospesi; tutti i profughi sono considerati terroristi e rinchiusi in veri e propri lager per essere poi rispediti indietro. Compresi i bambini, tutti schedati come soldati ben addestrati; vedi il recente caso di un orfano afgano di otto anni arrestato ed espulso in quanto sospetto terrorista. I minori che sopravvivono agli sbarchi vengono reclusi in celle senza servizi igienici né ore d’aria e, dopo due mesi, finiscono in strada alla mercé di un altro inferno ben organizzato, il mercato della prostituzione minorile che, al calar della sera, popola le piazze delle città greche. I bambini più fortunati, scrive Die Zeit, sono quelli che muoiono in mare prima di arrivare qui. La Grecia crede di combattere una guerra di frontiera a nome dell’Europa e ricorre a mezzi scorretti e sospensione di diritti sotto l’occhio distratto dell’UE. Dopo le mareggiate invernali, le rive sono cosparse di salvagente, galleggianti e resti umani. Nayem, un afgano che vive da anni sull’isola, si occupa di raccogliere i corpi dei bambini, li pesca e li porta in un cimitero sul monte, dove nessun religioso è autorizzato né è intenzionato a celebrare una qualsiasi forma di cerimonia funebre. I bambini vengono gettati in una fossa con su scritto afgano 1, afgano 2 afgano 3… non ad indicare l’etnia, ma perché li ha pescati l’afgano di Lesbo, questo curioso immigrato che, non ancora avvezzo all’aridità levantina, si commuove nel pulire la spiaggia prima dell’arrivo dei turisti. Francesco Patrizi
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Apriamo gli occhi sul mondo Si sono incontrati a metà marzo a Dubai i coordinatori nazionali della Settimana Globale dell’Imprenditorialità. L’Italia era, per il terzo anno, rappresentata da una realtà ternana: META Group. Dubai, fusione di oriente e occidente, un moderno ombelico della Terra, perfetta per ospitare un movimento che ha un’ambizione alta: ispirare i giovani, conferire un ruolo decisionale a coloro che vogliono crescere con merito, stimolare organizzazioni e aziende. Non si tratta solo di celebrare l’imprenditorialità, ma di partecipare alla formazione e alla educazione di individui e imprese, di avere accesso a reti mondiali, di formare legami che superino i confini geografici dei continenti, nell’accezione più ampia e positiva della globalizzazione. Tutte le attività organizzate, dal contest per inventori in erba al seminario con i Premi Nobel, dalla Nuova Zelanda alle Bermuda, dalla Cina al Malawi, dal Perù all’Italia, etc, aspirano al raggiungimento di obiettivi comuni, a prescindere dalle modalità, diverse da paese a paese. Ci sono poi le attività più generali che consentono a chiunque di avere audience e confronto su scala planetaria grazie a tematiche di interesse collettivo, come il Global Innovation Tournament che mette in concorrenza tra loro migliaia di menti, giovani e brillanti. Partendo da un oggetto di uso comune, come i post-it o una bottiglia di acqua, essi devono intraprendere un business o individuare il modo migliore per risparmiare divertendosi. Ci sono poi, fra gli altri, il Global CleanTech Ideas Contest per far germogliare progetti eco-sostenibili (lo scorso anno META Group ha portato l’Italia in finale a San Francisco con un progetto sponsorizzato da Intesa San Paolo) e lo “Your Big Year”, un programma con finalità umanitarie. Il valore di queste iniziative sta nella volontà di migliorare l’atteggiamento delle persone nei confronti dell’imprenditorialità e nell’incrementare la fiducia nell’iniziativa umana. Un angolo visuale quindi positivo, per aprire le persone alle mille opportunità che l’intelligenza umana può dare, fornendo loro la possibilità di viaggiare su reti globali di valore per contribuire a migliorare le prospettive sia individuali che collettive. Si mira più alla qualità che alla quantità: fare impresa è un mezzo privilegiato per scatenare le idee, favorire il potenziale di ognuno, la creatività e il talento. E’ proprio per questo che si punta sui giovani. Tutti i continenti operano all’unisono per mettere in contatto milioni di ragazzi attraverso attività locali, nazionali ed internazionali volte ad aiutarli ad esplorare il loro potenziale di self-starters e di innovatori. Attraverso lo sviluppo della conoscenza, delle abilità e delle reti, i giovani possono far nascere imprese innovative e sostenibili che, imprimendo un impatto positivo alla propria vita, riescono in questo modo a creare sviluppo, lavoro e benessere nelle proprie realtà. Nello spazio di due anni la Settimana Globale dell’Imprenditorialità è cresciuta molto grazie alla partecipazione di imprenditori famosi, di pensatori influenti, di esperti ed anche di politici che uniscono le proprie forze ed il proprio vissuto per ispirare le nuove generazioni. Dal suo esordio nel 2008, la Week ha visto 10.650.733 partecipanti a 57.883 eventi. C’è talmente tanta voglia di fare ed energia in questa rete che, per molti, trovarsi a Dubai, tra le dune del deserto e gli edifici così avveniristici, è passato in secondo piano, come l’ospitalità dell’Emiro e la presenza della Duchessa di York che, con semplicità anglosassone, collabora al progetto. META Group ha un’ambizione, quella di far crescere in Italia e in Umbria le iniziative legate a questo movimento per dare stimoli ed occasioni di sviluppo, innanzitutto culturale. Mi chiedo: è preferibile aprire gli occhi e le menti ai nostri giovani sul mondo, dare possibilità di conoscere, crescere e viaggiare, oppure farli crescere con logiche da salario sociale? Ma, da inguaribile ottimista, spero proprio che le menti migliori, a prescindere dalla politica, vogliano unire le forze in un approccio positivo e costruttivo. Ognuno di noi ha il dovere di scuotere le coscienze e reagire a questa nebbiolina che, diossina compresa, minaccia di addensarsi sul fondo di molte nostre vallate. a.melasecche@meta-group.com
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PA G I N A
Mensile di attualità e cultura
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L i b e r i d i v e d e re I p a z i a
Primo giorno di vacanza nel villaggio turistico di Punta Paletti per il professor Canova, antropologo. Dopo aver sistemato i bagagli, con il telo sotto braccio, si avviò lungo il vialetto che portava alla spiaggia. Fece appena in tempo a stendere l’asciugamano che gli si avvicinò un ragazzo sorridente: Ciao! Come ti chiami? Quanti anni hai? Che fai nella vita? Il professore aprì la bocca per rispondere ma quello continuò: Vieni a fare il gioco aperitivo dai vieni a fare il gioco aperitivo è divertente il gioco aperitivo aspetta chiamo Massimo (il bagnino), Massimo digli anche tu quant’è bello il gioco aperitivo! Canova pensò: io odio il gioco aperitivo ma rispose gentilmente Grazie, magari domani. L’animatore disse Non finisce qui e si allontanò, voltandosi due volte indietro a guardarlo. Un pomeriggio, mentre passeggiava in riva al mare, vide alzarsi un polverone. Per un attimo gli sembrò una mandria di bufali dell’America Centrale ma erano i bambini del mini-club con degli elmetti con le corna. Si spostò per farli passare ma quelli l’avevano puntato: lo travolsero buttandolo a terra e rompendogli gli occhiali. Seguiva l’animatrice, con un bastone da pastore. Con aria innocente disse al professore Sa, stiamo facendo un gioco, e proseguì. Egli si alzò sconvolto. Senza occhiali non avrebbe potuto continuare la ricerca. Andò alla reception e domandò se ci fosse un ottico nei paraggi. La ragazza gli scoppiò a ridere in faccia. Da Punta Paletti non le conviene uscire. Non c’è niente nel raggio di quaranta chilometri. Rientrò nell’appartamento, chiuse la porta dietro di sé e quando vi si appoggiò con la schiena sentì del morbido. Si voltò: un grosso cefalo con l’occhio sbarrato era conficcato nel legno con un coltellaccio. Canova cacciò un urlo, aprì l’armadio e buttò nella valigia tutto quello che trovò. Attraversò di corsa la hall. La ragazza della reception gli gridò Dove crede di andare?, ma lui finse di non sentirla. La vacanza va da sabato a sabato. E oggi è solo giovedì!, ma il professore aveva quasi guadagnato l’uscita. Il maestro di surf e il bagnino gli sbarrarono la strada incrociando due remi. Canova lottò, si dimenò ma il suo fisico leopardiano non gli permise di competere coi due energumeni che lo trascinarono in spiaggia al cospetto del capo-animatore. A pochi passi da quello, era stata scavata una buca larga e profonda quanto un uomo. Lei non ha mai partecipato a un torneo, non ha mai fatto i balli di gruppo né cantato la sigla del villaggio. Rullo di tamburi e il professor Canova venne fatto avanzare di un passo. Ha sempre continuato a pensare nonostante il regolamento lo vieti severamente. Rullo di tamburi e un’altra spinta. E, in ultimo, ha tentato la fuga. Gong. E il professore finì nella buca. Ai bambini bastarono pochi minuti per coprirlo di sabbia lasciando fuori solo il collo e la testa. Vennero posizionati altri birilli ed ebbe inizio il gioco aperitivo. Beatrice Ratini
C’era in Alessandria una donna chiamata Ipazia, Rachel Weisz in Agorà di Alejandro Amenabar figlia del filosofo Teone, che aveva fatto tali conquiste in scienza e letteratura da sorpassare tutti i filosofi del suo tempo. Essendo succeduta al padre nella guida della scuola di Platone e di Plotino (…) gli uomini la ammiravano sempre più, per la sua straordinaria dignità e virtù. Eppure anch’essa cadde vittima della gelosia politica che a quel tempo prevaleva. Poiché ella aveva frequentazioni con Oreste, fu calunniosamente riportato tra i cristiani che era stata lei ad impedire che Oreste si riappacificasse con il vescovo. Allora alcuni di essi, il cui capo era un lettore chiamato Pietro, presi da uno zelo bigotto e ferino, la assalirono sulla via di casa e, trascinatala giù dal carro, la trascinarono alla chiesa chiamata Cesarèo dove la spogliarono completamente e la uccisero a colpi di tegola. Dopo aver fatto a pezzi il suo corpo, portarono le sue membra sanguinanti in un posto chiamato Cinaron, e lì le bruciarono. Questo episodio ha portato l’obbrobrio non solo su Cirillo, ma anche sull’intera chiesa di Alessandria. E di certo nulla può essere più lontano dallo spirito del cristianesimo che la giustificazione di massacri, battaglie, e cose di questo genere. Questo accadde nel mese di Marzo durante la Quaresima, nel quarto anno dell’episcopato di Cirillo, sotto il decimo consolato di Onorio e il sesto di Teodosio. A parlare così è Socrate Scolastico, storico cristiano. Racconta uno degli episodi più tristi della Chiesa delle origini: l’assassinio, nel 415 dC, della prima donna della storia della scienza, Ipazia di Alessandria. I primi secoli dell’era cristiana sono tempi difficili: siamo abituati a ricordare le persecuzioni alle quali furono sottoposti i cristiani, ma quasi nessuno immagina che si siano state anche delle persecuzioni messe in atto dai cristiani nei confronti dei pagani. Ipazia era il maggior sapiente della sua epoca, illustre rappresentante della maggiore istituzione culturale pagana, la celeberrima Biblioteca di Alessandria: il suo assassinio è con ogni probabilità riconducibile, se non direttamente attribuibile, a san Cirillo, dottore e padre della Chiesa. È quindi inevitabile che l’episodio del 415 sia sempre stato fonte di imbarazzo ecclesiastico: le fonti storiche sono però più d’una e concordi nella ricostruzione dei fatti; quella di Socrate Scolastico, riportata poco sopra, è una delle più moderate, proprio perché scritta da uno storico di estrazione cristiana.. Di tanto in tanto la tragica storia di Ipazia torna ad essere raccontata, ma la figlia di Teone è pagana, scienziata e donna: difficile immaginare qualcosa di più inviso a vescovi e cardinali. Quando Raffaello sta per dipingere il grandioso affresco della Scuola di Atene, nella Stanza della Segnatura dei Palazzi Vaticani, pensa di mettere Ipazia, unica donna, proprio al centro dell’opera: ma i bozzetti vengono visti dal cardinale responsabile dell’opera, che intima Raffaello di rimuovere la femmina dall’affresco. Raffaello riuscirà comunque a farla comparire, ma più defilata e con tratti androgini, prendendo a modello l’adolescente nipote prediletto di papa Giulio II. Più vicino a noi, nel 1915, Charles Kingsley pubblica New foes with an old face, la storia romanzata della vita della filosofa alessandrina. Un libro che, inevitabilmente, suscita scandalo e reazioni da parte della Chiesa di Roma. Nel 2009 esce in quasi tutto il mondo Agorà, diretto da Alejandro Amenabar. È il film più costoso della cinematografia spagnola, un vero kolossal, e parla proprio di Ipazia, interpretata per l’occasione da Rachel Weisz. L’anno però termina senza che il film esca in Italia. Gli appassionati di cinema, di scienza e di matematica cominciano ad interrogarsi sulle possibili ragioni: e soprattutto Internet comincia a popolarsi di forum, di domande e petizioni perché l’opera di Amenabar venga distribuita anche in Italia. La storia, per una volta, sembra avere un lieto fine: forse per le petizioni girate in rete, forse per alcuni articoli comparsi sulla stampa, forse per altre ragioni ancora, Agorà riuscirà ad arrivare nelle sale italiane a partire dal prossimo 23 Aprile. Non sappiamo ancora se sarà un bel film, ma sembra che potremo scoprirlo pagando il prezzo d’un biglietto, che è quanto ci si aspetta in un paese laicamente normale. Però, nonostante il lieto fine, rimane lo stesso un retrogusto amaro: è possibile che la Chiesa, abituata al potere da due millenni, voglia ancora regolamentare la diffusione d’una pellicola che certo non sarebbe vista neppure da un decimo degli spettatori di Avatar? Per contro, sarebbe meglio se invece la Chiesa non c’entrasse niente, se i distributori avessero semplicemente pensato che un film che narra un pezzo di storia della scienza non ha alcuna speranza d’essere giudicato interessante dal pubblico italiano? Quali delle due ipotesi è più triste e tragica? Piero Fabbri
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Gi oco a p e r i t i v o
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Settore Medicina di laboratorio Tel. 0744.409341 Patologia Clinica (Ematologia, Chimico-Clinica, Immunochimica, Coagulazione) Microbiologia e Parassitologia Clinica Riproduzione (dosaggi ormonali, valutazione fertilità maschile) Infettivologia - Allergologia - Biologia Molecolare Tossicologica umana e ambientale - Citologia Intolleranze alimentari - Malattie Autoimmuni
Settore AcquAriAlimenti Tel. 0744.406722 Microbiologica e chimica degli alimenti e delle acque Consulenza ed assistenza tecnico-legislativa in aziende alimentari Valutazione, progettazione, implementazione piani HACCP Corsi di formazione ed aggiornamento
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P r i m a v e r a ciao La Provincia di Terni per la cultura
E’ stata promossa, dall’Ordine dei Giornalisti, dalla Associazione Stampa umbra, dalla Regione Umbria, dalla Provincia e dal Comune di Terni, dal Collegio dei Maestri venerabili dell’Umbria del Grande Oriente d’Italia, la prima edizione del Premio Mantilacci alla memoria del giornalista, capo ufficio stampa della Provincia di Terni, prematuramente scomparso nell’autunno del 2008. Il Premio Mantilacci è dedicato alla tutela dei diritti umani, alla lotta a ogni forma di integralismo, razzismo e intolleranza. Il concorso biennale si prefigge inoltre di promuovere e valorizzare la cultura del rispetto reciproco e della libertà. Tre le sezioni: 1) Stampa, agenzie di stampa, uffici stampa (migliore inchiesta) 2) Radiotelevisione (miglior reportage) 3) Studenti degli istituti scolastici superiori (miglior elaborato) Potranno concorrere: sez. a) giornalisti, professionisti o pubblicisti, della carta stampata, delle agenzie, degli uffici stampa iscritti all’Ordine, con inchieste e reportage pubblicati dal 1° gennaio 2008 alla data del 20 aprile 2010. Saranno ammessi elaborati anche inediti; sez. b) giornalisti radiotelevisivi, professionisti o pubblicisti, con inchieste trasmesse dal 1° gennaio 2008 alla data del 20 aprile 2010 su emittenti locali e nazionali; sez. c) studenti degli Istituti scolastici superiori con un elaborato sul tema: Lo sport come strumento di promozione di dialogo e comprensione, contro ogni forma di violenza, sopruso, intolleranza. Questo in considerazione dell’impegno profuso da Roberto Mantilacci nell’attività sportiva, intesa non come competizione, ma come occasione di crescita interiore e di scambio relazionale. Contatti: premiomantilacci@gmail.com
Un paio di jeans nuovi, una giornata di sole e una canzone che ti ronza in testa … La canzone non è l’unica cosa che ronza in testa in giornate che sembrano aprire le porte alla primavera, tanto attesa, ma che sembra ancora tanto distante. Di cose in mente ce ne sono tante, forse troppe, oppure mai abbastanza. Perché tante volte il vuoto nella mente cerchiamo di riempirlo con cose superflue per non sentire fastidiose eco che potrebbero sconvolgerci in maniera irrimediabile e non molto desiderabile. Invece no: un paio di jeans nuovi addosso, una maglietta colorata, una giornata di sole e una canzone. Pronti per affrontare il mondo là fuori, pronti a volere sempre di più, pronti a volere sempre tutto. A pensarci è sempre la solita storia: ci sono momenti migliori di altri per convincersi che si è cambiati, anche se alla fine tutto questo cambiamento non c’è realmente stato, si tratta solo di un’altra percezione di noi stessi. Devo ammettere però che molte volte questi cambiamenti di percezione sono una vera e propria benedizione. Non è molto semplice rimettersi in discussione, trovare la voglia di piacersi e il desiderio di arrivare a toccare quelle vette che ci si era abituati a guardare da lontano. Molte volte sono le strane coincidenze della vita che ti fanno riflettere, che ti fanno fermare un attimo a pensare e sono i piccoli dettagli o le grandi situazioni che fanno scattare qualcosa dentro. Molte volte è solo un raggio di sole che ti illumina il volto. Altre volte è il buio che senti attorno ma che sai essere solo la trasposizione del buio in cui vivi dentro di te. Molte volte è semplicemente una situazione che viviamo che ci fa capire che assolutamente non si può più andare avanti così, altre volte sono una serie di circostanze favorevoli che ti fanno capire che è così che vuoi continuare a vivere la tua vita. Ecco. Adoro soprattutto la seconda situazione: quando tutto (più o meno) sembra andare per il verso giusto e capisci che devi lottare, ma sai che ce la farai a vivere la vita che vuoi … béh, allora ti senti quasi padrone del mondo. Perlomeno sei il re o la regina del tuo mondo e, pur sapendo che di difficoltà ce ne saranno, che di periodi bui ne verranno a iosa... l’energia che è nascosta in te non aspetta che un piccolo raggio di sole per essere irraggiata nella tua vita e nelle vite di coloro che ti circondano. Sono questi momenti che ti fanno vedere ancora più chiaramente quelle vette di cui si parlava prima: sembrano quasi più vicine, o anche se non sembrano più vicine sono ben distinte, nette contro il cielo e senti dentro la voglia irrefrenabile di metterti in cammino. In questi momenti per mettersi in cammino basta veramente poco: abbandoni le zavorre (anche con qualche difficoltà, magari), alzi il mento, fissi lo sguardo davanti a te e stringi al petto le tue convinzioni e i tuoi punti fermi. Non serve nient’altro, perché tra le tue convinzioni e i tuoi punti fermi ti porti dietro il tuo mondo. Tutto quello che veramente ti serve, nulla di più, nulla di superfluo… e canticchi la canzone che ti ronza in testa mentre, nei tuoi jeans nuovi, illuminato dalla luce del sole che preannuncia calde giornate di primavera, inizi a continuare quel tuo cammino che dura da una vita, la tua, e che ti porterà ovunque sarai. Chiara Colasanti
Q U A L ITÀ PREZZO
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Una tra le tante interviste che abbiamo fatto noi ragazzi del progetto Mandela è stata quella a Marco Austeri, l’amato regista dello spettacolo. Abbiamo ritenuto opportuno riportare ciò che ci ha detto, così da dare un’immagine completa del lavoro. Marco di cosa parlerà quest’anno lo spettacolo? Lo spettacolo del progetto Mandela parlerà della storia di una ragazzina rumena, immigrata clandestinamente in Italia, che si troverà a girare l’Europa per trovare suo nonno, unico punto di riferimento della sua famiglia che però non ha mai visto prima d’ora. Durante il viaggio incontrerà anche molti personaggi fuori dalle righe che l’accompagneranno lungo tutto il percorso. Da dove nasce l’idea di questo spettacolo? L’idea nasce da Claudia Monti che ha letto il libro “Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani” di Fabio Geda da cui è tratto lo spettacolo e, essendole piaciuto, ha deciso di proporlo nella sede del progetto poiché si era precedentemente deciso di trattare come argomento quello del razzismo e delle problematiche legate alla clandestinità. In questo modo abbiamo avuto la possibilità di affrontare questo tema in maniera più originale, nuova ed efficace. Come mai avete scelto proprio questa tematica? Perché è tornata di attualità; dopo la prima ondata di immigrazione negli anni 90 sembrava che il razzismo
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fosse stato almeno in parte messo da parte ma in realtà non è così, infatti la situazione sembra essere peggiorata! Perciò abbiamo voluto attualizzare una delle tematiche che il progetto Mandela affrontò nei suoi primi anni di vita. Tornando alla trama ci sono delle variazioni che avete apportato rispetto al libro? Sì, ci sono alcune variazioni che abbiamo apportato perché è complesso riuscire a riportare scenograficamente la trama dinamica e varia di un libro. La più significativa è il cambiamento del protagonista: nel libro è un ragazzo, qui è una ragazza. Come l’hanno presa i ragazzi l’idea di affrontare di nuovo la tematica del razzismo? Diciamo che l’hanno presa bene perché prima di organizzare tutto lo spettacolo abbiamo chiesto, giustamente, il loro parere, facendo leggere il libro, e quando ci hanno dato la loro approvazione abbiamo iniziato i lavori di preparazione… Quali sono le reazioni che pensate di ricevere dal pubblico? Noi siamo molto soddisfatti del lavoro che abbiamo svolto e speriamo che possa piacere; ma come sempre l’ultima decisione spetta ad ogni singolo spettatore. Qualche anticipazione sullo spettacolo? (senza rivelarci nulla) Non posso dare anticipazioni altrimenti rovinerei tutto… ma vi posso dire che sarà uno spettacolo basato su linguaggi molto diversi e per questo ritengo che sia molto originale e adatto soprattutto a manifestare qual è la realtà che ci circonda. Noi ragazzi del laboratorio di comunicazione ringraziamo Marco e gli facciamo un grande in bocca al lupo per lo spettacolo! Eleonora Cresta Alessandra Posati
Gli appuntamenti di aprile
Mercoledì 14 aprile ore 10.30 e ore 21.00 Giovedì15 aprile ore 10.30 Per il resto del viaggio Spettacolo conclusivo dei laboratori di Progetto Mandela - Teatro Verdi Terni Diritti in scena Reading di teatro contemporaneo per i Diritti Umani Rassegna a cura del Centro per i Diritti Umani Terni Giovedì 22 aprile ore 17.00 caffè letterario Antigone e le altre Pensieri ed incontri di una condannata a morte in attesa dell’esecuzione Drammaturgia Irene Loesch e Marina Zanchi Cosa accade nella mente di una condannata a morte nelle ultime ore prima dell’esecuzione? Il teatro ha spesso raccontato questi ultimi istanti di vita attraverso personaggi storici e non, diventando nei secoli un luogo di denuncia della mostruosità della pena di morte, dell’ingiustizia mascherata da giustizia. E sono dunque Antigone, Giovanna d’Arco, Charlotte Corday, insieme ad autori più o meno conosciuti, a dar voce a tanti e tanti che hanno subìto, inflitto o combattuto la pena di morte, diventando compagni dell’ultimo viaggio di una condannata a morire. Messo in scena per la prima volta a Terni nel 1996 dal Centro per i diritti umani lo spettacolo è stato ospitato al Viminale nel 1999 e viene riproposto in forma di lettura. Interprete Marina Zanchi.
DENTRO IL PROGETTO! …Parlano i nostri Big Lo spettacolo conclusivo del Progetto Mandela è ormai alle porte; il gruppo di comunicazione ha incontrato, e intervistato per voi, i coordinatori dei vari laboratori per farvi conoscere non solo quella che sarà la rappresentazione di Aprile, ma tutto il lavoro che si è svolto e che si sta svolgendo. Portar fuori, sì, il nostro “prodotto”, ma anche illustrarvi le nostre forze, una squadra che lavora costantemente con un impegno notevole, sotto la guida di giovani insegnanti. Vi riportiamo qualche pillola proprio delle loro interviste. Luisa Contessa è coordinatrice del “laboratorio corpo”. Ci ha spiegato cosa significa dare corpo all’attore, ovvero immedesimarlo nel personaggio che deve interpretare attraverso l’esercizio fisico e l’improvvisazione. Si parte dal linguaggio del corpo e poi lo si incrementa con l’uso della parola. Questo lavoro viene svolto un giorno alla settimana: l’importante però non è la quantità, ma la qualità! Un altro ruolo importante é rivestito dall’improvvisazione, cioè dare spazio alla fantasia dei partecipanti, vista come punto di partenza per raffinare il lavoro. Il risultato finale è spesso un successone poiché l’ansia gioca a favore dell’attore e gli permette di crescere. Emiliano Austeri, coordinatore del gruppo di scenografia, ci ha invece parlato di come procede il lavoro dei suoi “giovani” scenografi. Ha precisato, per prima cosa, che ogni ragazzo ha contribuito alla realizzazione delle varie scene poiché, dopo l’iniziale lettura del libro, ognuno ha espresso ciò che lo aveva colpito di più; così facendo si è cercato di mettere in evidenza i singoli elementi che sono risultati significativi. Il lavoro, inoltre, è stato diviso in più gruppi, ognuno dei quali esamina una parte della scenografia tenendo conto sia del testo che hanno elaborato i ragazzi di drammaturgia sia del lavoro degli altri gruppi. Infine, Emiliano ci ha parlato dei materiali che vengono usati in laboratorio, evidenziando il fatto che molti degli oggetti sono stati riciclati dagli spettacoli degli anni passati e ciò ha permesso anche un buon risparmio di denaro. Simone Mazzilli opera insieme al regista Marco Austeri nel gruppo di recitazione. Segue i ragazzi per la dizione e per la costruzione del personaggio, cioè li aiuta a capire chi sono i vari personaggi e in quali modi possono metterli in scena. Ci ha spiegato che la trama, a differenza di altri spettacoli diretti da Marco Austeri, è più lineare perché, come sappiamo, è stata tratta dal romanzo di Fabio Geda “Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani”. Non avremo più solo un filo conduttore, ma una vera e propria storia con personaggi fissi. Nel lavoro dei nostri “attori” non mancano certo piccole difficoltà, ma si sta lavorando come ogni anno, per definire alcune caratteristiche peculiari dei personaggi sull’impronta del libro. La protagonista è una ragazza immigrata clandestina in fuga che insegue la sua famiglia. Il “Progetto...”, come già fa da 20 anni, affronta così il tema del razzismo. Non è un tema difficile -ci ha detto Simone- ma anzi è facile da affrontare politicamente. Ci ha spiegato che nessuno osa dire di essere razzista o xenofobo, a prescindere dagli schieramenti, e perciò ogni volta che il “Progetto...” tratta il tema si diverte a farlo in maniera intelligentemente provocatoria. La problematica è all’ordine del giorno, ma mentre su altri argomenti sociali o politici le persone manifestano più apertamente le loro posizioni, anche nella diversità di opinione, sul razzismo si tende ad essere più concordi e ad esporsi il meno possibile. Giulio è la mascotte del Progetto: ha soli 11 anni. È l’attore più giovane ed interpreta il figlio del fotografo. Anche lui ci ha raccontato il suo ruolo nello spettacolo e ci ha detto con un timido sorriso che si trova bene nel gruppo di recitazione, in un clima di collaborazione e unione creativa. Ci ha svelato che è molto emozionato per lo spettacolo; gli piace molto recitare e lo fa con piacere, riuscendo a portare avanti questa passione senza venir meno ad altri impegni. Eleonora Cresta, Alessandra Posati, Giulia Angelosanti, Wanda Broccucci, Maria Laura Bianchini
Lungo Cammino verso la libertà
La dichiarazione dei diritti del '93
Corso sui Diritti Umani, tenuto dal Prof. Marcello Ricci Già dal primo articolo si afferma che: Lo scopo della presso il Centro Socio Culturale in via Aminale. Ogni martedì alle ore 15:30 società è il bene comune. Il governo è istituito per garantire all'uomo il godimento dei suoi diritti naturali Martedì 13 aprile e imprescrittibili. Si può subito notare la differente L’antisemitismo nazista: la persecuzione e i ghetti. impostazione rispetto alla Dichiarazione dell' '89, qui è Martedì 20 aprile I genocidi il bene comune che è messo in evidenza rispetto ai PARTE I: Cosa è un genocidio, la Convenzione sul genocidio (1948), il diritti,che chiaramente rimangono fondamentali. genocidio degli Armeni, il genocidio di Stalin, il genocidio dei cambogiani. Ma nell'art. 2, nell'elencare questi diritti, l'ordine è Martedì 27 aprile diverso, viene infatti accentuata l'uguaglianza che viene I genocidi messa in primo piano: Questi diritti sono l'uguaglianza, PARTE II: Il genocidio cinese in Tibet, il genocidio in Cina durante la la libertà, la sicurezza, la proprietà e nel terzo articolo rivoluzione culturale, le Foibe, la pulizia etnica in Jugoslavia, il si insiste: Tutti gli uomini sono uguali per natura e di genocidio degli italiani in Libia, il massacro di Katyn. fronte alla legge per cui nell'art. 18 si prende posizione contro la schiavitù: Ogni uomo può impegnare i suoi servizi, il suo tempo, ma non può vendersi o essere venduto, la sua persona non è una proprietà alienabile. Ma quale contenuto viene dato all'uguaglianza? La risposta sta nell'art. 21: I soccorsi pubblici sono un debito sacro. La società deve provvedere alla sussistenza dei cittadini bisognosi, sia procurando loro il lavoro, sia assicurando i mezzi di esistenza a chi non è in grado di lavorare e nell'articolo 22: L'istruzione è un bisogno di tutti. La società deve... mettere l'istruzione alla portata di tutti i cittadini. E' chiaro che l'uguaglianza è qui concepita come legata anche ad altri diritti oltre a quelli civili e politici, cominciano a emergere i cosiddetti diritti economici e sociali quali il diritto al lavoro, all'assistenza, all'istruzione che non figuravano nella prima Dichiarazione. Sono le idee democratiche che cercano di superare i limiti del liberalismo cercando di dare all'uguaglianza contenuti concreti che rendano effettivamente uguali i cittadini. Quanto questo sia vero si può vedere nella nuova Costituzione giacobina che prevede il suffragio universale maschile e il ricorso alla ratifica popolare per le leggi più importanti. Per quanto riguarda la resistenza all'oppressione, che nella prima Dichiarazione era solo elencata tra i diritti, ma non esplicitata, qui ad essa vengono dedicati tre articoli e si specifica nell'art. 34: Vi è oppressione contro il corpo sociale quando uno solo dei suoi membri è oppresso. Vi è oppressione contro ogni membro quando il corpo sociale è oppresso e nell'art. 35: Quando il governo viola i diritti del popolo, l'insurrezione è per il popolo e per ciascuna parte del popolo il più sacro dei diritti e il più indispensabile dei doveri. Non solo viene ribadito il diritto alla ribellione ma viene anche dichiarato un dovere sacro. Da questa Dichiarazione appare chiara la maggiore propensione filopopolare dei giacobini, il maggiore tasso di democrazia politica e sociale. Tuttavia resta fermo il diritto di proprietà; non possiamo quindi parlare di uguaglianza economica e non è nominata la divisione dei poteri. Questi diritti e la stessa Costituzione del '93 a causa degli avvenimenti bellici non entreranno mai in vigore. Si può tuttavia affermare che con questa seconda Dichiarazione l'affermazione dei diritti umani fa un passo avanti almeno in teoria perché poi saranno proprio i giacobini a negarli instaurando un regime di terrore. Fanno il loro ingresso nella storia dell'occidente i diritti economici e sociali, cosiddetti di seconda generazione. Dopo la caduta dei giacobini con la reazione termidoriana la borghesia moderata approva una nuova Costituzione (1795) che sostituiva quella del '93 e che limitava la sovranità popolare dando un forte potere all'esecutivo, il Direttorio di cinque membri, tornava al suffragio ristretto e, elemento fortemente innovativo, comprendeva una dichiarazione dei doveri dei cittadini a testimoniare l'ottica completamente mutata rispetto a tutta la fase precedente. La preoccupazione essenziale è quella dell'ordine sociale che il terrore dei giacobini troppo filopopolari aveva sconvolto, per cui si spiegano articoli come il 5: Nessuno è uomo per bene se non è francamente e religiosamente osservatore delle leggi e il 6: Colui che viola apertamente le leggi si dichiara in stato di guerra con la società, non si parla più di resistenza all'oppressione ma si ribadisce che: E' sul mantenimento delle proprietà che riposano la coltivazione delle terre, tutte le produzioni, ogni mezzo di lavoro e tutto l'ordine sociale. In questo clima matura la cossiddetta congiura degli Eguali(1796), scoperta e repressa, che vede protagonista Babeuf e la sua dottrina nella quale con molta chiarezza si prospetta una società comunista, dove il diritto fondamentale è l'uguaglianza economica: La natura ha dato ad ogni uomo ugual diritto al godimento di tutti i beni (art.1) e In una vera società non ci devono essere né ricchi né poveri (art.7). Inoltre: Lo scopo della rivoluzione è di distruggere l'ineguaglianza e di restaurare il benessere comune (art.10). Come si può notare si riprendono diritti della costituzione giacobina del '93 ma con elementi del tutto nuovi come l'abolizione della proprietà individuale, l'affermazione della proprietà comune dei beni e la gestione dittatoriale del potere. Prof. Marcello Ricci
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Un classico non ha mai finit
Fedele all’assunto di Italo Calvino, secondo il quale un classico non ha mai finito di di Platone nella forma scolasticamente non convenzionale della lettera e con attenzione al Va premesso che la destinataria della prima lettera è una controversa figura di poetessa,
Diletta Renée, ti scrivo questa accoratissima lettera, certa dell’impossibilità d’una tua risposta. I morti, tra le varie prerogative che li caratterizzano, hanno quella di non leggere la corrispondenza. Ciò che più d’altro mi preoccupa in questo periodo della mia vita è la consapevolezza di essere spettatrice d’una profonda regressione culturale. L’Italia -perché io sarei
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italiana, signorina Vivien- sta regredendo. C’è un ritorno al passato dal retrogusto grottesco, e vedo tante piccole e grandi conquiste, fatte da liberi intellettuali e uomini di buon senso, dissolversi. In primo luogo, il ruolo della donna si sta lentamente sfaldando. Siamo poco più che capre votanti, Renée cara. Una mandria da indottrinare con programmi televisivi e spot, buona da mungere tanto al discount
quanto in tempo di elezioni. Lavoriamo spesso senza possibilità di carriera, e nell’assegnare cariche di riguardo il criterio primo sembra essere la lunghezza della coscia. C’è un sentimento generale che vorrebbe le donne o madri dilette o spregiudicate manager in pantalone gessato ma che entrambe sgobbino come mule da soma, sia ben chiaro-. Quindi, se da un lato ci si propone di abbracciare appieno il ruolo femminilissimo di guardiana del focolare, rinunciando a ogni realizzazione all’infuori dell’ambito familiare, dall’altra c’è data la possibilità di crescere in campo lavorativo solo a patto che si rinneghi il ruolo di donna. Un preoccupante platonismo di ritorno. Proprio a proposito di questo ritorno della misoginia alla greca, è significativo che ci siano oggi studiosi secondo i quali Platone sarebbe stato un femminista ante litteram, un protofemminista addirittura, perché teorizzò la parità dei sessi in un’epoca caratterizzata da una cultura spiccatamente patriarcale e androcentrica. Spesso l’uomo si persuade che, a patto che la donna cessi d’esser donna e prenda a comportarsi da uomo, l’uguaglianza dei sessi sia garantita. Nulla di più sbagliato, a mio parere. Nella Repubblica, dove affronta la questione femminile, dopo aver af-
fermato che il genere è un criterio di distinzione rilevante solo per la procreazione, mentre sul piano della divisione sociale e tecnica del lavoro contano solo le attitudini individuali, Platone difende il comunismo sessuale come il modo migliore di possedere e godere rettamente figli e donne per un uomo. Da soggetto alla pari a oggetto di possesso in cinque secondi netti. Lampante mi pare l’inconsistenza dell’interpretazione che vorrebbe il filosofo un estimatore delle donne. L’argomento platonico a favore dell’irrilevanza della differenza sessuale per quanto concerne l’assegnazione delle occupazioni è discriminatorio e sessista, perché è ovvio che, per la minore forza muscolare -riconosciuta comunque anche dal filosofola donna potrà eseguire alcuni compiti con minore efficacia. Considerare l’identità maschile come l’unica possibile, trascurando -ma potrei dire anche negando- una determinazione come il sesso, non è un fattore di liberazione per nessuno. Si tratta piuttosto di una riedizione, sicuramente più insidiosa, del sessismo tradizionale, che ci vorrebbe schiave dietro ai fornelli. Saremmo sempre represse. Come dimenticare, poi, che l’amore come reciprocità di sentimento sembra attagliarsi, per Platone, solo alla coppia omosessuale maschile,
nella quale assume addirittura una valenza pedagogica? Attraverso la pederastia, il giovincello pubescente che intrattiene una relazione con un uomo adulto viene educato al vivere, matura, ed è pronto per andare a far lustro alla classe dei guerrieri o, perché no, dei filosofi governanti. Un simile rapporto è inconcepibile tra donna e uomo. La donna è una figura marginale. Lo Stato delineato nella Repubblica ci appare totalitario perché ha la pretesa di imporre a tutti un modello uniforme, contrassegnato anche dalla soppressione dell’identità femminile. La differenza sessuale è ridotta a una differenza biologica, che conta solo per gli accoppiamenti eugenetici, stabiliti dall’autorità politica -perché forse lo ignori, ma per Platone la copula è una questione di Statocome se i cittadini fossero una mandria di animali. A te che vestivi alla maschile e viaggiavi per le province della Cina a neanche trent’anni compiuti, tutto questo sarebbe forse sembrato liberatorio. Io lo trovo allarmante. Vivere da uomo in un mondo di uomini alla donna può solo nuocere. Ne sei la riprova, mia fragile Renée, proprio tu che ti sei consumata cercando di farti diversa da quello che eri. Sinceramente tua, Bianca Griffani I IF
to di dire quel che ha da dire
ire quel che ha da dire, ho sollecitato gli alunni ad affrontare un tema della filosofia di l’attualità. Il risultato è stato per certi versi sorprendente. Ne propongo perciò la lettura. Prof. Marisa D’Ulizia vissuta tra il 1877 e il 1909.
La Provincia di Terni per la cultura
Non si possono contare le lune che brillano sui suoi tetti, ne’ i mille splendidi soli che si nascondono dietro ai suoi muri Khaled Hosseini, Mille splendidi soli
Caro te, forse ti starai chiedendo chi sei, se non il frutto di inchiostro su carta: sarai il mio interlocutore per oggi. Ti scrivo per dare un verso ai miei pensieri, perché da sempre ritengo che, per scioglierli da quella matassa ingarbugliata che è la mia testa, sia meglio scriverli. Caro te, sto leggendo un libro. E’ la storia di due donne ambientata nell’Afghanistan, dagli anni ‘70 del secolo scorso fino ai giorni nostri. Questo libro mi fa inorridire... mi fa inorridire pensare che ciò che vi è descritto sia vero. E sempre più spesso mi ritrovo a pensare a quante donne soffrano, a quante siano ormai esperte nell’arte della sopportazione. Ma il mio pensiero va anche a quelle che hanno combattuto per i propri diritti, urlato contro i soprusi. E’ da poco passato l’8 marzo, la festa della donna, fissata in memoria delle 130 lavoratrici fatte morire in un incendio dal loro datore di lavoro in quanto scioperarono per alcuni giorni per protestare contro le condizioni in cui erano costrette a lavorare. Questa data è diventata il simbolo dei soprusi che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli, ma anche il punto di partenza del proprio
riscatto. Femministe, le chiamano, e hanno combattuto per noi. Caro te, girovagando su internet ho letto che Platone è considerato il primo femminista. In realtà penso che non possiamo giudicarlo con categorie tipiche del nostro tempo, come il femminismo o il maschilismo. Vivendo in una società come quella greca antica, caratterizzata dalla misoginia, e condividendone le idee, Platone non può essere appieno definito femminista. Ad Atene l’unico compito della donna onesta era quello di badare alla famiglia, non potendo uscire, né prendere parte alla vita sociale. Si può dire che la città di Atene fosse una polis di uomini fatta per gli uomini, e le donne erano lì solo per soddisfare le loro esigenze. Ma Platone nega proprio questo: afferma che le donne devono essere istruite come gli uomini e considerate alla pari. L’allievo di Socrate affronta la questione della diversità tra i sessi nella Repubblica, affermando che l’unica differenza che vi è fra l’uomo e la donna è il fatto che lei partorisca. Tutti gli uomini hanno delle differenze tra loro, ma sono talmente profonde da determinare la disuguaglianza di diritti e attività?
Con Platone, il divario tra i due sessi non è più insormontabile e alla donna sono riconosciute le stesse qualità dell’uomo. Dunque non ci dovrebbero essere differenze di diritti e le donne dovrebbero avere le stesse possibilità dell’uomo in campo politico. Inoltre Platone, delineando lo schema dello Stato ideale, indica il comunismo, anche sessuale, come la miglior forma di coesistenza. Per bocca di Socrate, afferma che anche donne e figli devono essere in comune, abolendo quindi la famiglia. L’unica grande famiglia deve essere lo Stato. E la donna, il cui compito fino a quel momento era stato quello di prendersi cura della propria famiglia, vive un processo di emancipazione. Ma, caro te, non ti pare, nonostante tutto, che Platone non abbia poi così tanto emancipato la donna? La donna è rimasta strumento dell’uomo. Platone pensa che si dovrebbero controllare i rapporti sessuali, al fine di creare una stirpe perfetta. La donna partorisce per lo Stato, e tutto è regolato da leggi. Insomma, caro te, Platone elimina la famiglia pensando di emancipare la donna, ma non ti sembra che sposti solamente
il problema senza risolverlo? Caro te, la donna ha fatto passi da gigante, almeno nel mondo occidentale, ed ogni giorno ringrazio per essere nata in quest’epoca e in questo paese. Certo, le difficoltà non sono sparite ma non sono più le stesse del passato. Dobbiamo ringraziare le
generazioni precedenti che hanno combattuto per un futuro diverso, nel quale noi viviamo. Chissà cosa direbbe Platone nel vedere le nostre donne al governo! Caro te, spero di non averti annoiato con le mie chiacchiere da scolaretta. Grazie per avermi ascoltato. Giulia Tessicini I IF
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L’essenza della matematica è la sua libertà w w w. i n t e rc r a l t e r n i . i t 3356511243 - 3482864978 - 3394330715
Circolo IL DRAGO - ORE 20
Venerdì 7 maggio
C onferenz a d e l
Dr
Gianni Giovannini
Direttore generale Azienda Ospedaliera S. Maria - Terni
Prospettive per l'Azienda Ospedaliera S. Maria di Terni
L’Azienda Ospedaliera di Terni si è ormai accreditata nel panorama nazionale come una struttura ospedaliera erogante prestazioni di alta specialità, tanto da essere riconosciuta tra i primi dieci ospedali per capacità di attrazione nei confronti dell’utenza extraregionale. Per i cittadini residenti nel comprensorio ternano, invece, e per alcune branche specialistiche anche in quello narnese-amerino, rappresenta l’ospedale di riferimento anche per le prestazioni di bassa e media specialità. La Regione dell’Umbria pone l’esigenza, ai fini della sostenibilità del Ser-
vizio Sanitario Regionale, di attivare un modello di programmazione integrata sia con la Azienda Sanitaria Locale di Terni, per il soddisfacimento al meglio delle esigenze della popolazione residente, sia sul versante dell’alta specialità con l’Azienda Ospedaliera di Perugia e con l’Università degli studi di Perugia. I presupposti di cui sopra potranno essere rispettati se ipotizziamo un modello di Ospedale che rappresenta una parte di un sistema di assistenza complesso e integrato, funzionante in modo armonico e sinergico con altri soggetti attivi che assolvono funzioni complementari in modo da configurare un’organizzazione a rete dei servizi. L’Ospedale è il nodo primario di questa rete sanitaria. Altrettanto importante, tuttavia, dovrà essere il contorno dei servizi presenti sul territorio, senza i quali l’ospedale non sarebbe in grado di funzionare corret-
Anche a casa vostra
Vico Catina 15/A - Terni ilconvivioterni@virgilio.it
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0744471180 Chiuso di Domenica
tamente, poiché soffocato da richieste improprie per l’erogazione di prestazioni a bassa complessità. Poiché i princìpi distintivi che ispirano l’erogazione di prestazioni assistenziali a livello di un ospedale azienda sono l’alto contenuto tecnologico e professionale, congiuntamente alla personalizzazione delle cure (adeguamento del processo di diagnosi e cura alla particolare condi zione dell’assistito attraverso una successione mirata delle prestazioni percorsi diagnostico-terapeutici) ne consegue che nel futuro si dovranno sempre di più concentrare nell’Ospedale le terapie complesse e le alte tecnologie congiuntamente con approcci professionali multidisciplinari e polispecialistici integrati. La pratica professionale e clinica deve essere guidata dalle più aggiornate e appropriate tecniche e procedure per le quali si disponga di provata evidenza per assicurare gli standard più elevati. L’evoluzione inarrestabile della tecnologia costringerà sempre di più a concentrare gli investimenti più costosi in poche strutture ben definite, mentre al domicilio del paziente saranno effettuabili delle prestazioni che in precedenza potevano richiedere l’ospedalizzazione. Risulta del tutto evidente che l’avvento di uno scenario di questo tipo porrà sempre più forti gli interrogativi sulla sopravvivenza degli ospedali di dimensioni medio-piccole. Spero che queste brevi riflessioni possano fornire un contributo per aprire una discussione di prospettiva sul futuro della sanità in Umbria e nel resto del Paese. Dr Gianni Giovannini
L’iscrizione al corso Costruiamo la matematica è stata del tutto libera. Fa davvero piacere poter constatare che tantissimi giovani, ed anche molti adulti, siano appassionati di matematica. Come prima conseguenza abbiamo dovuto raddoppiare il corso, evitando però di triplicarlo, per un problema di pneuma, deficiens ormai al molto parlare. Abbiamo anche stilato una sorta di canavaccioprogramma, non sottoponibile, per sua libertà, alla oppressione, del tutto scolastica, del doverlo finire a ogni costo. Le discussioni con i giovani riveleranno cosa sarà importante approfondire insieme e detteranno sul momento tempi, modi, contenuti. Siamo certi invece che ci intratterremo con un metodo di pensiero, la matematica cioè, che ci porrà interrogativi ai quali cercheremo, in tutta libertà, di rispondere. Se ne avremo gli strumenti. Altrimenti ci soffermeremo per impossessarci degli strumenti adatti. Li b e r t à , q u i n d i m at uri t à umana. Molte persone, confondendo la tecnica matematica con la matematica vera e propria, pensano che questa abbia una valenza quasi esclusivamente tecnicostrumentale. Maqhmata (matémata) invece, dapprima significò cognizioni teoretiche in senso generale, poi, più specificatamente, quelle cognizioni in cui forma e metodo della scienza erano più evidenti che nelle altre cognizioni. Si parla quindi a buona ragione come del vero apprendimento, tra intuizione e scoperta, in una sublime sinergia di discipline, conoscenze storiche, filosofiche e linguistiche, dall’egiziano al greco, dal latino all’italiano. Per la maturità umana c’è bisogno di pensiero divergente, di saper rompere gli schemi della esperienza, di saper far domande. Occorre essere capaci di giudizi autonomi ed indipendenti, da tutto e da tutti, tranne dalla propria mente. Occorre saper vedere, vedere cioè la situazione problematica laddove altri vedono solo verità assolute, fatti scontati, elementi che non destano sorprese e non sono pensati come forieri di sviluppi e di analisi. Anche in tutto ciò, io credo, consista l’intus-legere! Attualmente le strutture societarie ed i mass media tendono a massificare tutti in uno solo, il medium, tendono cioè alla formazione del medium di massa, a formare uomini standard, esseri impersonali, oggi incapaci di pensare con la propria testa, domani esecutori di ordini. Funzionale a questo tipo d’uomo è la cosiddetta matematica fatta a suon di ripetizioni di regole. E’ con il far di conto, con l’aritmetica buttata giù a memoria, sorta di catechismo, che si crea l’esecutore passivo di ordini. Nella maqhmata non ha invece alcun valore il principio di autorità. Si accetta solo quello che è dimostrato. La parola aciwma (assioma) significa verità degna. Degna fin quando, sottoposta alle regole della deduzione logica, non si manifestino contraddizioni che la smentiscono, nel qual caso la verità degna diventa, subito subito, verità relativa o piccola verità o, anche, non verità, verità indegna. Anche in noi avviene questo fenomeno-noumeno. Però, se sentiamo (e a noi stessi non possiamo mentire) che l’assunto di partenza, ovvero un nostro principio guida, filtrato dalla nostra coerenza morale, dia, come risultato, una aberrante e vergognosa situazione reale... siamo capaci di abbandonare quel principio o seguitiamo ad esserne succubi e servitori? In genere trionfano inerzia, convenienza, scaramanzia! Anche per quanto detto l’essenza della matematica è la sua libertà e uomo libero e morale è colui che la coltiva. Giampiero Raspetti
Sempre vicini a chi ama la matematicA
SUPERCONTI L’Azienda di Terni che sfida la grande distribuzione internazionale S u pe rc o n t i f e s t e g g i a i 50 anni di storia nella grande distribuzione La ricorrenza del 50° Anniversario della Superconti non è solo un invito per l’affezionata clientela, ma è anche l’occasione per rappresentare la storia dell’Azienda Conti che affonda le sue radici 1960 - Primo Superconti di ternanità nel lontanissimo 1903. E’ la storia di una attività iniziata proprio in questo anno da Romeo Conti in quella che si chiamava Piazza del Popolo, centralissima agorà della città di Terni, prospiciente l’antico Palazzo Comunale. Per questo nacque l’epiteto di riferimento Conti in Piazza. La famiglia Conti ha profuso, per lo sviluppo dell’azienda, un impegno ed una dedizione senza eguali, tanto che nell’anno 1960, per le ottime prospettive di mercato, divenne società operante nella grande distribuzione organizzata. Iniziò quindi la storia della Grandi Magazzini Superconti, il primo tassello di una crescita ascensionale di una piccola azienda che si è estesa in altre città dell’Umbria, a Roma e nell’alto Lazio, divenendo una realtà nazionale nell’ambito della grande distribuzione. Sono 35 i punti di vendita nel Centro Italia ove lavorano circa 800 dipendenti, ai quali va il più sentito ringraziamento per la fattiva collaborazione. Quattro le specializzazioni per i diversi segmenti commerciali (Superconti Supermercati, Conti Centro, Conti Junior e Conti in Piazza), ai quali si è recentemente aggiunto il Superconti Pronto, un gruppo di esercizi vocati ad assecondare le più moderne tendenze del consumo (il “prêt à manger” rivolto a single, giovani coppie ed a chi cerca la qualità e la freschezza dei prodotti di pronto utilizzo), con la comodità dell’orario continuato. Guidata dai fratelli Romeo e Nedda Conti, ai quali si sono aggiunti negli ultimi anni i manager della nuova generazione familiare, la Grandi Magazzini Superconti ha sposato una filosofia risultata determinante per vincere la sfida della competizione globale, in un settore dominato dalle multinazionali, giganti della grande distribuzione internazionale. “Primi in qualità e freschezza” è lo slogan che rappresenta l’identità di un’azienda che, sostenuta da una organizzazione gestionale moderna e incline all’innovazione, è riuscita a distinguersi ed a farsi apprezzare proprio per il rispetto di questi valori. L’azienda si è dotata infatti di un Centro Carni che tratta esclusivamente carni genuine di altissima qualità (come la Chianina ed altre specie pregiate) selezionate e certificate dagli allevamenti e dagli enti di controllo, delle quali vengono tracciate la provenienza e le singole fasi della lavorazione. E’ poi operativo anche Centro Ortofrutta ove sono impiegati esperti del settore ortofrutticolo chiamati quotidianamente a scegliere per la clientela solo la frutta migliore e gli ortaggi più freschi per garantire sulle tavole dell’Umbria e del Lazio i prodotti più genuini. Oltre a garantire la genuinità, grazie a controlli sanitari e un sistema di testing, Superconti è anche espressione di assoluta convenienza. Superconti, in continua espansione ed evoluzione, con tanti anni di storia alle spalle, continua ad essere una realtà tutta umbra, legata alle sue origini che intende conservare. Non è un caso che, di recente, sia stato inaugurato il nuovo supermercato Superconti Rivo, superficie di 2.500 metri quadrati, realizzato con un progetto architettonico innovativo. L’azienda non si ferma e si prepara ad intraprendere una nuova grande avventura rappresentata dalla ricostruzione del Mercato Coperto di Terni, destinato a divenire un polo commerciale molto attrattivo nel cuore di una città che ha bisogno di essere rivitalizzata.
Le origini
50 anni di storia che l’Azienda si prepara a festeggiare con una serie di eventi il
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aprile prossimi. Per l’occasione verrà allestita una mostra fotografica, nella trecentesca sala multimediale della BCT, la Bibliomediateca comunale, che fu sede, corsi e ricorsi storici, della prima attività commerciale dell’azienda.
Il futuro Progetto Mercato Coperto
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L a f o r m u l a u n o s b a r c a a N e w Yo r k
Siamo ancora alle dichiarazioni, ma Bernie Ecclestone, capo indiscusso della Formula Uno, stavolta sembra fare sul serio: porterà questi bolidi anche a New York. Già, ma quando? L’ultima volta della Formula Uno in America finì a stracci: nel 2006, a Indianapolis, si ritirarono 14 scu-
derie perché i pneumatici delle monoposto non sopportavano l’accelerazione trasversale generata dalla mania tutta americana delle paraboliche. Da allora, quattro anni di assenza. Negli ultimi mesi si è fatto insistente il tam tam mediatico per il ritorno del Circus negli States. Stavolta il patron della Formula Uno vuole sbarcare direttamente nella Grande Mela. Ma gli americani, con la Formula Uno, hanno finora intrattenuto un rapporto a distanza, i tempi di Mario Andretti sono lontani e poi, ammettiamolo, è una questione di business: l’investimento deve tornare.
Ecclestone, questo eccentrico inglese 78enne, vorrebbe portare la Formula Uno non tanto a Staten Island, in un impianto sportivo che è il tempio della Nascar - la Formula Uno americana. No. Ecclestone vuole di più, una corsa cittadina, come quella che si preannuncia per Roma nel 2013. Ecclestone annunciò il Gran Premio di New York già nel lontano 1983. Si parlò di un circuito nel parco del Flushing Meadows, nel Queens, un circuito cittadino semipermanente non dissimile da quello di Melbourne. Non se ne face nulla. Un progetto più concreto
per una corsa tra il cemento e i cristalli di Manhattan risale a qualche anno dopo, nel ’92, ma fu opera dell’ingegno di Chip Ganassi, protagonista nel campionato Cart. Lui e il sindaco newyorchese di allora disegnarono un tracciato di circa due chilometri nel cuore del Distretto Finanziario, attorno alle Torri Gemelle, vuote nel fine settimana. Niente anche allora. Oggi Ecclestone rilancia l’idea, ma non sarà così facile: i tempi non aiutano. New York, di suo, ha già ben 10 milioni di turisti l’anno e un tasso di occupazione delle camere d’albergo pari all’85%.
Le casse comunali però languono lo stesso e la Formula Uno si regge solo se finanziata pubblicamente. Questa, poi, è la stagione di Obama, quella della riconversione energetica e delle auto ibride; e la New York di oggi è amministrata da un sindaco che talvolta si sposta in metropolitana per una città che vorrebbe più verde, più pedonale, meno caotica e meno rumorosa. Forse Ecclestone -e tutti gli appassionati- dovranno ancora una volta accontentarsi delle uniche corse che la storia di New York abbia registrato finora: quelle mono cromatiche, quelle dei taxi. andrealiberatius@gmail.com
Avete bisogno di uranio arricchito e non sapete come fare? Una notizia esclusiva per “La Pagina”
Vi chiamate Mahmoud Ahmadinejad e avete bisogno di un po’ di uranio -preferibilmente arricchito- per alimentare la vostra atomica presunzione, ma non sapete come trovarlo perché per voi i canali ufficiali sono chiusi? Siete agenti del governo nord-coreano e volete a tutti i costi procacciarvi dell’uranio, ma non potete chiederlo a governi amici perché, in realtà, di
amici non ne avete? Siete aspiranti terroristi? Nessun problema, nemmeno per voi. Usando un po’ di spagnolo, di portoghese o di francese, chiunque può teoricamente accedere a un traffico molto speciale. Un commercio corsaro che avviene tramite semplici annunci on line. La location di tale mercato è in Centro-Sud America: dal Perù alla Bolivia, dalla Colombia al Guatemala, dal Brasile al Paraguay, chi cerca, trova. I messaggi rinvenuti ammontano a uno nell’anno 2003; due nel 2005; tre nel 2007 e nel 2008; ben otto nel 2009, trend crescente, nonostante
l’assoluta pericolosità del materiale oggetto di scambio. Gli annunci si rintracciano su precisi siti come vorras.net, algomtl.com, grippo.com, mundoanuncio.com: c’è chi dichiarò anni fa la disponibilità di ben quattro tonnellate grezze, parcheggiate asseritamente “in sicurezza” (Brasile); chi assicura, invece, oggi la consegna di 1.000 kg al mese con certificato di purezza “all’80%” (Bolivia); chi ancora venderebbe uranio liquido (Paraguay); chi cede intere miniere (Colombia, Guatemala, Perù). C’è pure chi si preoccupa di ricordare che,
dall’uranio, si può ricavare il plutonio, generalmente usato per le bombe atomiche. E nessuno dimentica poi di esaltare la qualità del proprio minerale. Si tratta di quantità talora sufficienti per ricavare scientificamente il materiale fissile utile per eventuali ordigni. Né mancano prezzi, e-mail e, talvolta, persino i numeri di telefono, come pure svariati presunti interessati all’investimento. Assurdo, vero? Che risultati avremmo se, anziché in spagnolo, portoghese o francese, interrogassimo Internet in lingua farsi,
araba, russa o cinese? Il presidente Obama, nel corso del G8 de L’Aquila, dichiarò: Il terrorismo atomico rappresenta la più grave e immediata minaccia globale, annunciando poi un Summit sulla Sicurezza Nucleare per rafforzare la cooperazione intergovernativa tesa a rintracciare e proteggere il materiale nucleare. Il Summit si terrà questo mese a Washington: l’impressione è che, a partire dal Sud America e da Internet, gli Stati abbiano moltissimo da fare per fronteggiare rischi molto concreti.
specie se confrontata con quella di tanti fortunati operai che, senza lavorare, godono di laute casse integrazioni, o dei tanti precari che, in attesa di un impiego, possono concedersi il lusso di dormire fino a mezzogiorno. L’Associazione Mondiale dovrebbe valutare queste grosse discrepanze, riaffermare quei valori che attengono al rispetto e al-
l’educazione e non intervenire sui fatti che l’infrangono, in considerazione della risonanza che ha il calcio sui giovani che lo praticano e che lo seguono; se così non fosse sarebbe più utile chiuderla, ma non sarebbe una gran perdita per l’umanità. Siamo soffocati da enti inutili e non abbiamo bisogno di importarne altri. Ing. Giocondo Talamonti
andrealiberatius@gmail.com
Quanno ce vole ce vole... Specialisti blasfemi, bestemmiatori per antonomasia, erano una volta i carrettieri, categoria oggi scomparsa, ma degnamente sostituita dai calciatori. I quali, caduti nelle ire della Lega Calcio, decisa a stroncare il deprecabile vizio, hanno pensato bene farsi difendere, nientepopodimenoché, dall’Associazione Mondiale, dico mondiale, dei calciatori professionisti, rivendicando il diritto, tanto di moda in questi tempi, di libertà d’opinione. La tesi è, dunque, questa: la categoria deve già rinunciare alla libertà personale; accettare sequestri di persona collettivi, come i ritiri; scordarsi una regolare attività sessuale, sacrificata in nome della concentrazione;
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subire i processi sommari di questo o quel giornalista per il primo calo di rendimento vero o presunto; vedersi regolarmente inseguiti e spiati durante i momenti di libertà, le minacce dei tifosi, i calci sugli stinchi, ecc… Aggiungete che, con metodi da Santa Inquisizione, la Lega per debellare il malcostume fa sistematico ricorso a sordomuti giurati, esperti nella lettura labiale di immagini televisive di giocatori che possono avere, più o meno, motivo di imprecare contro la sfiga, utilizzando espressioni blasfeme. Tutto ciò per il gusto sadico dei signori della Lega di affibbiare due o tre giornate di squalifica ai colpevoli di
turno. Quanno ce vole, ce vole!, diceva, autoassolvendosi, il curato di campagna, soggetto alla debolezza. Libera bestemmia, in libero Stato!, insiste nel dire l’Associazione Mondiale dei Calciatori Professionisti, e aggiunge: Che facciamo? Gli vogliamo pure togliere la parola a questi disgraziati? O devono fare tutti la fine del povero Chimenti che domenica scorsa, dopo aver beccato un gol da 40 metri da Cassano, ha, sì resistito all’impulso belluino di bestemmiare, per poi sfogarsi negli spogliatoi fratturandosi una mano contro la panchina? Il dramma quotidiano di questa categoria è immane,
La Provincia di Terni per la cultura
I progetti di Giampiero Raspetti e Paolo Leonelli
La strada era buia e Il sole splendeva alto sono i due scritti che compongono la raccolta Controluce. Essi non appartengono ad un genere letterario specifico in quanto sono stati ideati e scritti di getto, seguendo l’impulso creativo dell’ispirazione senza soffermarsi su riflessioni di carattere concettuale. Protagonista assoluto di entrambi è Zwolf, nome chiaramente simbolico e di difficile pronuncia, personaggio complesso e stralunato, continuamente in bilico tra sogno e realtà, tra storia e fantasia, tra immaginazione e concretezza. Le vicende che lo coinvolgono lo fanno apparire sotto varie sfaccettature: ora comico e goffo, ora triste e meditativo, ma in ogni caso egli è sempre al centro dell’azione. Gli altri personaggi, gli avvenimenti, gli eventi storici costituiscono soltanto lo sfondo, a volte sbiadito, a volte violento e drammatico di uno scenario prettamente esistenziale su cui campeggiano i ricordi, le visioni, le contraddizioni e le riflessioni di Zwolf, in un crescendo di immagini che, evocate dal profondo, assumono il crudo rilievo della realtà.
Il Metallurgico Il contributo del Ferro al mondo della Creatività Dall’8 all’11 Maggio 2010 – Terni – Centro Esposizioni Via Aminale, 22
Terni Iron Art Exhibition Sono passati molti anni (1969) da quando Richard Serra lanciò piombo fuso alla Castelli Warehouse di New York, producendo la sua opera Casting, fino a Velasco Vitali con la sua opera Cani; attraverso il novecento con (Moore, Koons, Arp, Van Bruggen, ed altri) ... Speriamo si apra un dialogo onesto e stabile, privo di pregiudizi e riserve mentali, al termine del quale finalmente riscoprirci davvero Italiani e, con una ritrovata identità, in grado adesso di scrivere onestamente la Storia e di costruirci un futuro su basi più solide e, soprattutto, più umane e più Livia Langiano degne. Info: giannizofrea@email.it
Sono previsti interventi dell’ing. Arnaldo Rossini sulla metallurgia e le sue vaste applicazioni, mentre il dibattito sugli scenari artistici emergenti sarà coordinato dal prof. Danilo Castellani antropologo dell’arte già docente all’Accademia di Belle Arti.
Analisi della postura Ipertermia Onde d’urto focalizzate Rieducazione ortopedica Rieducazione posturale globale Tecarterapia Test di valutazione e rieducazione isocinetica
Fisioterapia e Riabilitazione Dir. San. Dr. Michele A. Martella - Aut. Reg. n. 8385 del 19/09/01
Terni - Via Botticelli, 17 - Tel 0744.421523 - 401882 13
Talete per primo affermò che la luna riceve la sua luce dal sole. Pitagora, Parmenide, Empedocle... affermano la stessa cosa. Aëtius, II 28, 5 [Doxographi graeci 358]
ANDIAMO IN ORBITA Nella storia dei satelliti artificiali, il primato in assoluto spetta al russo Sputnik che, lanciato nel 1957, dallo spazio mandava dei “bip bip” recando sgomento e meraviglia tra la popolazione mondiale ed aprendo di fatto l’era spaziale. Da allora di satelliti ne sono stati lanciati a migliaia e di vario genere: scientifici, militari, per telecomunicazioni, per telerilevamento, per la meteorologia e per la navigazione (tipo GPS). Stabilire il numero esatto è impossibile. Le fonti più accreditate ipotizzano che in 53 anni (ad iniziare appunto dal 1957) ne siano stati lanciati più di 8.000. Il motivo di questa incertezza va ricercato soprattutto nella segretezza dei lanci a scopo militare, di quelli non riusciti, di quelli che ad ogni lancio rilasciavano più di un satellite. La maggior parte di questi sono ormai fuori uso, avendo completata la loro missione, esaurito il loro combustibile, danneggiati oppure autodistrutti. E’ un dato certo che durante il periodo della guerra fredda tra le due superpotenze, specialmente in campo sovietico, ci sono stati numerosi lanci tenuti nel più stretto riserbo e che hanno visto sicuramente il sacrificio di vite umane nei numerosi tentativi non riusciti. http://www.meteogelo.com/tag/satelliti/ Comunque un dato imporOrbita Bassa tante al momento è che di questi probabili 8.000 alcuni sono già rientrati disintegrandosi in atmosfera, altri sono diventati ormai detriti spaziali molto pericolosi (di loro ci occuperemo in modo più dettagliato il prossimo mese) e continuano ad orbitare intorno al nostro pianeta aspettando che ci si prenda cura di loro. “850” è un altro numero (da Orbita Geostazionaria prendere sempre con le molle) che sta ad indicare i satelliti che sono tuttora in orbita ed operativi. In base alla loro funzione, la maggior parte è stata inserita in un’orbita bassa (da 200 a 2000 Km di altezza), la parte rimanente in orbita media (10000 Km di altezza) oppure sull’orbita geostazionaria esattamente a 35.786 Km di altezza. Lungo quest’ultima orbita, le navicelle, per mantenere sempre la loro posizione rispetto ad un determinato punto sulla Terra, devono avere la stessa velocità angolare del nostro pianeta che, a questa altezza, corrisponde a 3 Km. al secondo, ovvero circa 11.000 Km. orari! Non tutti i satelliti lanciati stanno girando intorno alla Terra così come mostrato nella figura, ma molti di essi sono stati inviati ad esplorare il Sistema Solare ed inseriti in orbite attorno ai pianeti Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno ed altri già da tempo, dopo aver compiuto la missione a cui erano stati destinati (es. le sonde statunitensi Pioneer 10 e 11 e Voyager 1 e 2), hanno lasciato il Sistema Solare e stanno viaggiando verso l’ignoto cosmico della nostra Galassia. Aggiungo ancora dei numeri ai tanti inseriti in questo articolo: sono 50 le nazioni che possono vantare di avere in orbita almeno un satellite e le nazioni che invece possiedono rampe di lancio e missili per sfuggire all’attrazione gravitazionale terrestre, oltre agli USA, Russia ed Europa, hanno raggiunto questo traguardo la Cina, il Giappone, l’India, l’Ucraina e il Brasile. Potete visualizzare dove si trovano in tempo reale più di 3000 satelliti, al sito: http://satellite.tracks.free.fr/satrace/satrace.php Tonino Scacciafratte Presidente A.T.A.M.B. - tonisca@gmail.com
Osservatorio Astronomico di S. Erasmo Osservazioni per il giorno Venerdì 30 aprile 2010 La Luna calante di 17 giorni spunterà dalla montagna di Torre Maggiore passata la mezzanotte. Pertanto in prima serata non ci disturberà con la sua luminosità e potremmo osservare in magnifico Saturno con i suoi anelli e alcuni suoi satelliti. Pochi gradi sotto questo pianeta, nella costellazione della Vergine, punteremo poi il telescopio sulla galassia M 104 chiamata non a caso “Galassia Sombrero” (distante da noi 50 anni luce) perché con il rigonfiamento del nucleo centrale ed un esteso centrale disco oscuro, composto da gas e polveri, rassomiglia proprio ad un sombrero messicano. Come solito andremo anche sul prato adiacente l’osservatorio, per osservare tutte le costellazioni ad occhio nudo e spiegare i movimenti della volta celeste. TS
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Una
costellazione
al mese
Voglio tornare a parlarvi della stella Arturo e della sua costellazione, il Bootes, la cui forma ricorda un aquilone. La costellazione e la stella sono facilmente rintracciabili (vi ricordate?) seguendo la “curva” (fig.1) del Grande Carro. Bootes, che significa “pastore”, ottenne un posto in cielo per aver inventato l’aratro. Secondo un’altra leggenda è invece il figlio di Zeus e di Callisto, che segue la madre (Orsa Maggiore), nel suo eterno girare attorno al polo (riguardate il mito di Ovidio a proposito delle Orse). La brillantissima stella Arturo, di colore giallo-arancio, è la stella più brillante dell’emisfero boreale ed addirittura la quarta stella più brillante dell’intero firmamento. In realtà non è una stella intrinsecamente molto luminosa, essendo solo 120 volte più brillante del nostro Sole, ma la notevole vicinanza (37 a.l.) gioca a suo favore. Negli ultimi 2000 anni la sua posizione nel cielo è cambiata in una misura corrispondente a due volte il diametro apparente della Luna. Gli astronomi parlano di forte “moto proprio” della stella. Per completare le costellazioni circumpolari, che sono visibili tutto l’anno, manca all’appello la grandissima costellazione del Dragone (fig.1) che “abbraccia” per metà il polo celeste nord. Poche stelle brillanti contribuiscono a disegnar il grande corpo del Dragone e tre di queste sono concentrate nella “testa”, a forma di trapezio, unico asterismo particolarmente evidente della costellazione e rintracciabile a circa 2/3 della linea immaginaria che unisce la Polare e Vega. La sua “coda”, a “S” rivoltata, si snoda prima tra Cefeo e l’Orsa Minore, e poi tra le due Orse. Nel 3000 aC, Thuban del Dragone, era la stella che indicava il Polo Nord e tornerà ad esserlo nel 21000 (ricordate il moto di precessione?). La costellazione rappresenta il mostro che proteggeva le mele d’oro nel giardino delle Esperidi e che fu successivamente ucciso da Ercole nella sua nona fatica. Giunone, per ringraziare l’animale della sua fedeltà, pose allora la sua immagine nel cielo. Giovanna Cozzari
La Seconda... e la Terza Legge de Kepleru
Co’ Zzichicchiu eravamo appena artornati da ‘n party ‘stronommicu vicinu a Piedilucu e... come li curnuti m’è vvinutu d’arpenza’ a quillu che issu m’aveva dittu durante lu traggittu... A Zzichi’, mo’ che cce ripenzo, me parlavi de la prima legge de Kepleru... perché ce ne sta ‘n’andra?... Co’ ‘n’aria de sopportazzione me tt’ha rispostu... Scì e ‘n’andra ‘ncora! Oramai l’hanno capitu anche li muri che la Terra ròta ‘ntornu a lo Sole e Kepleru...’llu famosu ‘stronomu tedescu... la seconda vorda cià dittu che quanno lu pianeta nostru sta ’n perieliu, ch’è lu puntu più vvicinu a la Stella nostra, accellera... co ll’occhi birbi l’ho ‘nterrottu... Se vede che sse scotta!... Zittu ‘n bo Lunardi’... ‘n centra gnente!... E quanno sta ‘n afeliu, ch’è lu puntu più llontanu, rallenta... e ppo’ penza... che je sta più vvicinu quanno è ‘nvernu!... Ho ‘rseguitatu... ‘Mbé allora se vede che ccià friddu!... Ma non me sta’ a ffa’ confonne Lunardi’! E ppo’ te ne vojo di’ ‘n’andra... la terza... tutti li pianeti, fino a mmo’ che no’ l’avemo cundizzionati, stanno a ggira’ tutti ‘n armonia e ppiù stanno lontanu e ppiù vanno pianu!... Pe’ ccunclude ‘llu discorsu datu che doppo ‘llu party ero ccucì straccu che non vedéo l’ora d’anna’ a ddurmi’... ho sborbottatu salutannulu ccucì... In quistu so’ dd’accordu co’ qquilli... chi vva pianu va sanu e vva lontanu... bbonanotte Zzichi’!... ? paolo.casali48@alice.it
ASTROrime... L’astrofilo Tra astronomo e astrologo... l’astrofilo sta bene... è un poco il terzo incomodo... ma ai primi gli conviene. Lui scruta e... sempre attento... lui scatta tante foto... lui spera in qualche evento... nel cielo più remoto. Lui scopre nebulose... le novae e supernovae... (stelle che esplodono) asteroidi e altre cose... ma è meglio se non piove. Ci perde tante ore... si dice che è un patito… ma è solo un amatore... del cielo... ch’è infinito. PC
Nemo profeta in patria: Andrea Corsali e la Croce del Sud Nemo propheta in patria. La frase pronunciata da Gesù e riportata nei quattro Vangeli, è sempre attuale e può sempre essere riferita a qualcuno. Noi oggi la attribuiamo ad un italiano del Medioevo, molto conosciuto ed apprezzato all’estero, purtroppo non nella sua terra: tale Corsali Andrea, nato a Firenze nel 1487. Legato alla famiglia dei Medici, navigò a scopo di studio e conoscenza nei Mari del Sud, riportando in Italia notizie, resoconti e scoperte. Egli intuì, tra Centauro e Croce del Sud, da un planisfero celeste del XVIII secolo l’altro, l’esistenza di una massa continentale a sud della Nuova Guinea, pur non sbarcandovi mai, e per questo in Australia è considerato lo scopritore ideale della loro terra. A livello astronomico egli fu il primo a descrivere accuratamente le stelle della costellazione Croce del Sud, usando proprio il termine croce per definire la loro disposizione. Tra il 1400 ed il 1500 gli Europei cominciarono a navigare verso sud e man mano che si avvicinavano all’equatore scoprivano nuove stelle. Abbiamo testimonianza sulle stelle della Croce del Sud già nel 1455, ad opera di Alvise Cadamosto, marinaio veneziano, che dall’Africa scrisse di aver osservato sei stelle basse sopra il mare, chiare, lucide e grandi; in seguito, nel 1499, Amerigo Vespucci scrisse: perché io notai quattro stelle figurate come una mandorla, che tenevano poco movimento ed in una lettera relativa ad un viaggio successivo: segueno sei altre lucenti stelle, le quali di splendore avanzano tutte le altre. Nessuno accennò ad una croce, ma si parlò piuttosto di una mandorla, di un Carro del Sud o di un triangolo. Il termine croce compare per la prima volta in una lettera che Andrea Corsali spedì dall’India a Giuliano de’ Medici e che fu pubblicata nel 1516, in cui racconta della circumnavigazione dell’Africa e della traversata dell’Oceano Indiano, al seguito di una spedizione portoghese. Egli fornisce una descrizione dettagliata della Croce del Sud e delle Nubi di Magellano (che Pigafetta notò solo quattro anni dopo, nella spedizione di Magellano): ...Dapoi che partimmo da Lisbona navigammo sempre con prospero vento, …e passando la linea equinoziale fummo in altura di trentasette gradi nell’altro emispero, a traverso di capo di Buona Speranza, … Qui vedemmo un mirabil ordine di stelle, che nella parte del cielo opposita alla nostra tramontana infinite vanno girando. In che luogo sia il polo antartico, per l’altura de’ gradi, pigliammo il giorno col sole e ricontrammo la notte con l’astrolabio, ed evidentemente lo manifestano due nugolette di ragionevol grandezza, ch’intorno ad essa continuamente ora abbassandosi e ora alzandosi in moto circulare camminano, con una stella sempre nel mezzo, la qual con esse si volge lontana dal polo circa undici gradi. Sopra di queste apparisce una croce maravigliosa nel mezzo di cinque stelle, che la circondano (com’il Carro la Tramontana) con altre stelle, … , ed è di tanta bellezza che non mi pare ad alcuno segno celeste doverla comparare. Successivamente, nel 1520, Magellano salpò per la circumnavigazione del globo e Antonio Pigafetta, al suo seguito, nel suo diario di viaggio scrisse: Quando éramo in questo golfo vedessimo una croce de cinque stelle lucidissime, dritto al ponente e sono giustissime una con l’altra. Nella “Cosmografia” (1538), il primo manuale di navigazione scritto, lo spagnolo Pedro de Medina cita: E’ necessario sapere che i segni per riconoscere il Polo Antartico sono quattro stelle disposte a forma di croce. Queste stelle non sono uno dei segni dello Zodiaco, e nemmeno una delle 35 costellazioni del cielo. Il loro nome è Crucero, utilizzando la costellazione, per l’emisfero sud, allo stesso modo in cui viene utilizzata la stella polare nell’emisfero nord. Le stelle della Croce del Sud invero erano già conosciute nell’antichità, poiché all’epoca erano visibili dall’Africa del Nord e Tolomeo le elenca tra le stelle del Centauro. All’inizio del 1500 Andrea Corsali volle, con un pò di fantasia, individuare in quelle stelle la forma di una croce per la più piccola delle costellazioni, ma anche la più affascinante e soprattutto il punto di riferimento dei navigatori dei mari australi. Fiorella Isoardi Valentini
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