La Pagina dicembre

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Mensile a diffusione gratuita di attualitĂ e cultura Numero 1 2 0 dicembre 2014

Fot o A lber t o Mi r imao


Stella cometa Le stelle comete non esistono. Non sembra il periodo giusto per fare un’affermazione del genere: è dicembre, è quasi Natale, e il pianeta trabocca di stelle comete: ce n’è almeno una in ogni presepe, si trovano spesso sugli abeti natalizi, sono frequentissime nelle vetrine addobbate. Di cartone argentato, di plastica colorata e di lucine, quasi sempre con le cinque punte d’ordinanza e la lunga coda sfrangiata. Non sembra neppure il luogo giusto, per una tale negazione: Terni vanta una delle stelle comete più grandi del mondo, forse proprio la più grande: adagiata sul fianco del monte di Miranda, disegnata da ottanta luci bianchissime e potenti, con i suoi trentamila metri quadrati di estensione trasforma l’intera conca in un vasto presepe con la sua sola presenza. Ciò non di meno, le stelle comete non esistono: almeno nel cielo, almeno in senso astronomico. Se ne trovano a milioni sulla terra, di carta e di luce, ma il cielo ne è privo. In compenso, nella sua celeste generosità, il firmamento ci offre sia stelle sia comete, oggetti tra loro diversissimi, ma accomunati dalla bellezza e dalla brillantezza. Le stelle sono le cellule dell’universo: nascono dalla materia inerte, si accendono quando la gravità riesce a rendere sufficientemente denso l’idrogeno che le compone, vivono grazie a reazioni di fusione nucleare di inimmaginabile potenza, si raggruppano disegnando galassie e infine muoiono, spegnendosi o esplodendo. Sono oggetti di dimensioni immense e la nostra minuscola Terra, ma anche i pianeti più grandi, possono serenamente essere considerati nient’altro che “detriti”, al loro confronto. Le comete, invece, sono così piccole che scompaiono quasi, al confronto della Terra: sono materia fredda, niente più che grossi sassi, delle dimensioni di appena qualche chilometro. Sassi che corrono verso il nostro Sole, perdutamente attratti, e quando gli sono vicini, per la pressione del vento solare, lasciano dietro di sé quella scia spettacolare, quella “chioma” dalla quale prendono il nome. Coda di polvere brillantissima, che cambia l’aspetto del cielo notturno, quando le comete

Locale climatizzato - Chiuso la domenica Terni Via Cavour 9 - tel. 0744 58188

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w w w. l a p i a z z e t t a r i s t o r a n t e . i t lapiazzetta.terni@libero.it

sono abbastanza grandi e luminose da essere visibili ad occhio nudo. E non solo quello notturno: la Hale-Bopp, che qualche anno fa ci accompagnò per mesi, si lasciava osservare anche di giorno. Così le comete, che stelle non sono, verso le stelle corrono e precipitano, e poi fuggono via, sempre velocissime, verso il buio più profondo: alcune ritornano periodicamente per un nuovo giro di giostra, altre scompaiono per sempre dopo una sola visita, piccolissime e sperdute nell’immensità del cosmo. In questo autunno così poco generoso con la nostra città, nel grigiore reale e metaforico di un novembre lungo e difficile, può consolare rendersi conto che siamo riusciti a mandare un pezzo di Terra a cavalcare una cometa: è stata una impresa difficilissima e lunghissima. Dieci anni di rincorsa, e finalmente l’aggancio: e Rosetta, navicella europea, è riuscita a far toccare la superficie della cometa alla piccola sonda Philae, battezzata così da una ragazza italiana, Serena Vismara. E un’altra ragazza italiana, sempre in questo grigio autunno, è salita su un missile e ha raggiunto la Stazione Spaziale Internazionale. Per sei mesi, ad occupare gran parte del suo cielo saremo noi, perché nel suo cielo troneggia la Terra con tutti i suoi abitanti. Samantha Cristoforetti orbita sopra le nostre teste, e volendo potremmo anche salutarla agitando la mano, perché la ISS è ben visibile, quando attraversa il cielo: una luce arancione come di stella, che però si muove, e attraversa la volta celeste nel giro di qualche minuto. Samantha guarda giù e fotografa il nostro bel pianeta azzurro, e manda le sue foto anche via Twitter: e vale la pena di vederle, certo più delle foto delle pietanze della trattoria o dei presunti fuorigioco della mezzala. Il cielo non risolve mai i problemi che ci angustiano sulla Terra, ma è in grado di ospitare tutti i sogni del mondo. Sogni personali e privati, sogni comuni e condivisi: ogni anno, qui a Terni, accendiamo una grande stella cometa fatta di luci, e la lasciamo accesa un mese intero, per farci compagnia nel periodo che, secondo un’antica tradizione, dovrebbe essere quello più adatto ai buoni sentimenti. Ed è una buona cosa, avere per tutti i ternani un punto luminoso da guardare in comune nell’orizzonte della città. Ma vale anche la pena ricordare che in ogni periodo dell’anno, sopra quello stesso orizzonte, altre luci brillano sempre, e sono sempre misteriosissime e tremendamente affascinanti, più di qualsiasi cosa possa costruire l’uomo. Meritano di essere guardate e amate, ogni tanto; ed è lecito affidar loro i nostri sogni migliori. Saranno ben conservati. Piero Fabbri


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Stella cometa

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CONFARTIGIANATO IMPRESE TERNI

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Romeo Conti

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C I D AT

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La comune del terzo millennio

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STUDIO DI RADIOLOGIA BRACONI

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La licenza del soldato Blundell

- P Fabbri

Romeo Conti

- G Raspetti

- A Melasecche

- F Patrizi

Lettera de ‘n licenziatu a lu stàffe scolasticu

- P Casali

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C M T - C O O P E R AT I VA M O B I L I T À T R A S P O R T I

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Borzacchini Il mito della velocità

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LESIONI MENISCALI DEL GINOCCHIO

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La vita in un quadro

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I S T I T U T O D I B E L L E Z Z A S A N D R A C R I S T O FA N E L L I

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Un cattivo accordo è meglio di una causa vinta?

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C O R S O D I D A N Z A O R I E N TA L E

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Gli additivi alimentari

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L A B O R AT O R I S A L VAT I

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A Z I E N D A O S P E D A L I E R A S A N TA M A R I A D I T E R N I

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... ho visto un’altra persona alzarsi... e io l’ho aiutata

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N U O VA G A L E N O

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F O N D A Z I O N E C A S S A D I R I S PA R M I O

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STUDIO MEDICO ANTEO - STUDIO ODONTOIATRICO NOVELLI

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Dove è finita la creatività italiana?

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STUDIO MEDICO TRACCHEGIANI

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Maschio e femmina li creò

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LANDI COSTRUZIONI

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MOMMY

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OTTICA MARI

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La venuta

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ASM

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CENTRO MEDICO DEMETRA - ERREMEDICA

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La dieta secondo la propria costituzione

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VINCENZO POLICRETI

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G L O B A L S E RV I C E

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SUPERCONTI

LA

- S Lupi - V B u o m p a d re

- B Giuli

- M Petrocchi

- L Falci Bianconi

- F De Silvestri

- PL Seri

- V Policreti

- L Ta r d e l l a

- V Grechi

- L Paoluzzi

- R Bellucci

PA G I N A

Mensile di attualità e cultura

Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni

DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta di Giampiero Raspetti

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Direttore editoriale Giampiero Raspetti

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Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.

Dove trovare

La Pagina

ACQUASPARTA SUPERCONTI V.le Marconi; AMELIA SUPERCONTI V. Nocicchia; ARRONE Superconti Vocabolo Isola; ASSISI SUPERCONTI S. Maria degli Angeli; CIVITA CASTELLANA SUPERCONTI V. Terni; MASSA MARTANA SUPERCONTI V. Roma; NARNI SUPERCONTI V. Flaminia Ternana; ORTE SUPERCONTI V. De Dominicis; ORVIETO SUPERCONTI - Strada della Direttissima; PERUGIA SUPERCONTI Centro Bellocchio; RIETI SUPERCONTI La Galleria; ROMA SUPERCONTI V. Sisenna; SUPERCONTI V. Casilina 1674 (Grotte Celoni); SPELLO SUPERCONTI C. Comm. La Chiona; TERNI Associazione La Pagina - Via De Filis; CDS Terni - AZIENDA OSPEDALIERA - ASL - V. Tristano di Joannuccio; Cral Provincia di Terni; CRDC Comune di Terni; INPS - V.le della Stazione; Libreria ALTEROCCA - C.so Tacito; SUPERCONTI CENTRO; SUPERCONTI Centrocesure; SUPERCONTI C. Comm. Le fontane; SUPERCONTI C.so del Popolo; SUPERCONTI P.zza Dalmazia; SUPERCONTI Ferraris; SUPERCONTI Pronto - P.zza Buozzi; SUPERCONTI Pronto - V. XX Settembre; SUPERCONTI RIVO; SUPERCONTI Turati; TODI SUPERCONTI V. del Broglino; VITORCHIANO SUPERCONTI Località Pallone.

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Si parlava spesso, tra le mura domestiche, negli anni ‘40 e ‘50, dei Conti, parenti stretti dei miei nonni. Sentivo favoleggiare di una successione continua di Marii e di Romei. Mia madre Lucia e le mie zie, Aurelia ed Eugenia, erano state le prime lavoratrici commesse del negozio in Piazza del Popolo, del quale, da molto tempo, espongo una gigantografia nei locali della Associazione La Pagina, a ricordo della nominata ditta, ma anche a ricordo di mia madre. Ho visione nitida di Mario Conti, che appariva ai miei occhi come persona elegantissima. Ho anche visione, negli anni ‘50-‘60, di suo figlio Romeo, che vedevo spesso attraversare corso Tacito per andare al lavoro. Appariva sempre pensieroso, immerso nelle occupazioni lavorative. Si favoleggiava, in casa, di lui e di sua sorella Nedda, come di persone dedite, con caparbietà e capacità, agli impegni lavorativi. Si potenziò così il famosissimo brand Superconti. In uno dei pochissimi, ma sempre cordiali, incontri con Romeo venne fuori, non so come, la frase a me rivolta: “Ma tu hai la laurea!”. “E tu ne hai dodici”, risposi. Argomentai, come spiegazione, che tutti i grandi magazzini hanno iniziato indirizzando il cittadino presso i loro locali, solitamente periferici. Lui, invece, tra i primissimi, aveva avuto la genialità di edificare i magazzini sotto casa della gente e che questa intuizione valeva, per me, come 12 lauree. Non riuscii a capire, data l’impenetrabilità della espressione del suo volto, se la mia spiegazione risultasse di una qualche importanza o fosse del tutto trascurabile. Mi auguro che sia risultata gradita a Romeo Conti. In altra occasione abbiamo parlato di libri ed ho scoperto in lui un grande amante di libri, antichi in particolare. Mario, il primogenito di Romeo, si è sempre interessato all’abbigliamento, per uomo, per donna e per bambini. Gli altri 3 figli, Massimiliano, Federico e Filippo hanno, anch’essi, dedicato la loro vita ai Magazzini Superconti, percorrendo la via indicata da Romeo padre e da Mario nonno. Io ho sempre nutrito stima ed affetto nei loro confronti, così come per Nedda e per i suoi figli, come persone soprattutto, ma riconoscendo in loro tutte le capacità imprenditoriali ereditate dal casato. Oggi, vicende che non posso conoscere ci privano di queste presenze illustri. Questo mi addolora profondamente, come uomo e come ternano. Si dice che il brand sopravviverà. Bene. Si unirà comunque nell’Olimpo di Terni agli altri due grandissimi nomi: Alterocca e Pazzaglia. Abbiamo però perduto, spero solo per poco tempo, le loro grandi capacità lavorative e d’ingegno. Spero che riescano ancora a darci qualcosa di ugualmente significativo. Intanto posso solo dire: grazie, Romeo, a te e alla tua grande famiglia. Nell’incontro conferenza del 4 dicembre presso la nostra sede abbiamo fatto conoscere una buona parte dei nostri progetti per Terni. Vista la clamorosa accoglienza che tali progetti hanno ricevuto, siamo ancor più motivati a pensare che possano recare grandissimo bene alla nostra città. Rivolgiamo allora una sentita preghiera ai concittadini di venirci a trovare nel caso volessero saperne di più o volessero (magari!) collaborare. Le cosiddette autorità infatti sono sempre assenti e seguiteranno ad essere assenti. Ma Terni è più forte dell’indifferenza e dello analfabetismo culturale e politico. Dopo i grandi imprenditori che hanno illuminato la storia della nostra città, Alterocca, Pazzaglia e Conti, è sperabile che altri Virgilio, Spartaco, Mario o (lo stesso) Romeo possano essere di nuovo vicini a questa dolente città. Giampiero Raspetti


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La comune del terzo millennio In tempo di crisi gli anziani si riorganizzano, spesso sono costretti a farlo. Accade, sempre più di frequente, di sentire parlare di “comune dei nonni” o, con un termine più politically correct, di “silver co-housing”, silver come il colore argenteo dei loro capelli, co-housing come la possibilità di condividere spesa, bollette, affitto e, soprattutto, la vita di tutti i giorni. L’ISTAT prevede, nel 2050, 263 anziani ogni 100 giovani e questa “comune del terzo millennio” rappresenta una rivoluzione culturale fortemente necessaria perché molti anziani percepiranno pensioni di basso, se non bassissimo importo, con le quali già oggi è impossibile sostenere tutte le spese necessarie a sopravvivere e curarsi. Quando poi a queste si somma anche l’affitto da pagare la situazione diventa veramente insostenibile. Ma, lungi dall’arrendersi, alcuni hanno già iniziato a sperimentare una soluzione innovativa nel suo genere: convivere e dividersi le spese, così come solitamente fanno gli studenti fuori sede, l’unica differenza qui è l’età dei co-inquilini. “AAA Cercasi co-inquilino over settanta”. Mettere in comune un’abitazione e spartirne i costi per cibo e bollette consente infatti di risparmiare e vivere non da soli. Ognuno contribuisce come può, in base al proprio reddito, ma non solo. Ci guadagna il portafogli ma nascono anche convivenze per una parte della propria vita senza che vi siano legami familiari preesistenti o di tipo sentimentale. Si tratta di un’esperienza replicabile ovunque e di un fenomeno che sta cercando di prendere forma e di espandersi in tutta Italia. C’è anche chi, pur di aderire, lascia la propria città per intraprendere questa nuova esperienza di vita e spesso il tutto avviene quasi casualmente e in modo spontaneo.

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La “comune del terzo millennio” può avvenire quindi anche tra diverse generazioni. Ad esempio dalla collaborazione tra la Provincia di Milano e altri soggetti privati è nata una iniziativa che mette insieme anziani soli e studenti in cerca di una sistemazione a costi ridotti. Obiettivo? La condivisione di bollette e spese quotidiane. L’esperimento va avanti da due anni. Fra i casi attivati c’è quello di una signora di 72 anni con uno studente del Politecnico di 23 anni. Lui si concentra sugli studi, contribuisce alle spese e si occupa dei lavori pesanti, lei pensa alla gestione della casa, alle pulizie e, quasi sempre, alla cucina. Insieme parlano e, come in tutte le convivenze, a volte hanno le loro divergenze. C’è poi anche la tecnologia ad intervenire a supporto di queste nuove forme di collaborazione. La terza età infatti si rimette in gioco anche grazie ad un tablet. Questo progetto è partito in Francia e ha preso piede con successo anche in Inghilterra e in Italia, grazie ad alcuni privati che lo finanziano. A Roma, ad esempio, l’Associazione AeA (AbitareeAnziani), supporta tutti gli over 65 che ne fanno richiesta, dotandoli di un tablet e offrendo una serie di servizi alla persona di grande importanza per chi ha i figli lontani o non ne ha. Con un click si può avere la consegna a domicilio dei farmaci, con un altro si può fare la spesa, ecc. Molte di queste esperienze raccontano di fatti positivi che portano la soluzione a necessità quotidiane, ma soprattutto parlano di modi nuovi di invecchiare bene e in compagnia, rimanendo sempre attivi. Un augurio sincero a tutti i lettori per un Natale sereno in famiglia e con gli amici. alessia.melasecche@libero.it


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La licenza del soldato Blundell In una tranquilla serata James Smith e Richard Blundell stanno bevendo una birra appoggiati al bancone di un pub di Liverpool quando alcuni ragazzi irrompono nel locale con aria di festa: indossano con orgoglio la divisa del Pals Battallion e il giorno seguente partiranno per la guerra lampo, a convincerli è stato l’appello lanciato sul giornale da tale A. C. Smith, una firma dietro cui si cela Arthur Conan Doyle, l’autore di Sherlock Holmes. Diventare soldato è un gesto patriottico ed è anche un lavoro sicuro, per cui i due amici mandano giù la birra e decidono di unirsi alla cordata. Pal vuol dire compagno di pub e ora anche di battaglione. Senza saperlo, a neanche vent’anni i due ragazzi si ritrovano a combattere sul Fronte Occidentale della Grande Guerra, immersi nel fango a scavare trincee per quattro lunghi anni. Il gas usato dai tedeschi è una novità micidiale, uccide ogni giorno centinaia di soldati e le granate lanciate sulle retrovie riportano alla luce i corpi appena sepolti dei compagni deceduti. A volte un braccio che spunta dal terreno viene usato per tenere il cavo del telefono o per far passare il filo spinato. Meglio non sapere di chi è. Anche James Smith finisce sepolto dai detriti, un commilitone riesce a estrarre il corpo per dargli degna sepoltura lontano dal campo di battaglia e si accorge che ancora respira. Una volta uscito dall’ospedale, James è inviato nelle retrovie, riceve due medaglie per buona condotta, poi comincia a dare segni di insofferenza e finisce due mesi in carcere per insubordinazione.

Viene rimesso in libertà e si trova ancora una volta in trincea, sul monte Kemmel nelle Fiandre, dove rivede Richard Blundell e gli altri pals del gruppo di Liverpool che però stentano a riconoscerlo: il morale dei soldati è a terra, ma il problema di James non è la depressione, sembra aver cambiato personalità, i medici riconoscono in lui la “sindrome del soldato”, uno shock da cui non ci si riprende. Quando James, in un raptus, si strappa la divisa, per la Corte Marziale non esiste sindrome che possa attenuare il gesto, è semplicemente diserzione e come tale va condannata. La mattina del 5 settembre 1917 i pals del pub di Liverpool si schierano con il fucile in spalla, il comandante fa entrare quel soldato andato fuori di testa, lo mette spalle al muro e ordina fuoco! Forse qualcuno chiude gli occhi prima di sparare, James cade a terra, è ancora vivo, si lamenta, spetta al comandante dare il colpo di grazia: si avvicina, gli punta la pistola alla tempia, prova a premere il grilletto ma non ce la fa, abbassa lo sguardo e passa l‘arma al soldato Blundell, il quale esegue l’ordine ed ottiene una licenza premio di dieci giorni. Non tornava a casa da quasi sei mesi. Richard Blundell è morto a quasi novant’anni anni ed è stato grazie all’aiuto dello storico Graham Maddocks che la figlia ha compreso il significato di quelle parole che nelle ultime ore di vita il padre ripeteva con un filo di voce: Che modo di guadagnarsi una licenza… Francesco Patrizi

L e t t e ra d e ‘n licenziatu a l u st à ffe f fe scolasticu Carissimi pròffe, me so’ llettu la scheda, pare chiaru che sso’ ddecisamente mijoratu co’ lu profittu adeguatu a le capacità mie. Lentamente da l’inizziu de lu trienniu, soprattutto ‘n terza media, la de-

non ciò più ddavanti la faccia sua... che non sento più la sua dispo-

cisione de’ sfrutta’ l’intelliggenza che cc’éo, studianno co’ ppiù vve-

nibbile presenza che ttantu sollievu me déva e anche la sua roman-

menza, s’è rafforzata e vvojandri me facéte nota’ che è cconge-

tica voce che, soprattutto st’urdimu anno e non sulu, m’ha stra-

gnanno ‘n metodu mijore che ppotéo ave’ ‘na preparazione più rrifi-

da facenno cunzijatu e mme scuso pe’ le bbardasciate che mm’hanno coin-

nita. ‘Ete saputu capi’ le potenzialità che cc’éo nniscoste... so’ ddefi-

vòrdu tante vorde. Saluto li bbidelli che riguardu a lu lavoru... gnente

nitu ‘nu studente che da l’inizziu è statu ‘n continuu progressu e effi-

lasciavono sporcu, erono sempre presenti lungu li curridoji e ttantu

cènte e sso’ onoratu... e qquistu ve lo dico de còre... che cc‘éte stu-

facevono pe’ ffa’ ‘n modu che, dentro a la scòla nostra, quillu loro cu-

diatu su lu contegnu miu ‘n modu coscenziusu e approfonditu e co’ rra-

ratu ambiente se mantenesse sempre pulitu e cche qquillu ostinatu purviscu-

pidità... ccucì ‘éte pututu, tutti quanti, senz’andru riconósceve

littu non ristagnasse su le seggiole. Saluto tutta la scòla... ciao a ttutti vorrei im-

lu preggiu de ‘na certa professionalità che ttantu ha ggiovatu

mediatamente rincumincia’ co’ bboni propositi ggiuranno de non più

in me. Cara Preside quist’annu ho ffinitu le medie, pe’ ffurtuna che

piccavve!

tt’ho ‘ncontratu pe’ ssalutatte e mmo’ sento che mme dispiace che

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( ...e mmo’ arleggete tuttu ‘na riga scì e una no) paolo.casali48@alice.it


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B orzacchini Il mito della velocità

Il 28 Settembre 1898 nasceva a Terni uno tra i più grandi protagonisti dell’epopea motoristica: Mario Umberto Baconin Borzacchini. Nel ricordare questo asso del volante degli anni ’30, la mente corre a strade polverose percorse da fiammanti bolidi, ad occhialoni calati su volti fuligginosi, ad appassionati duelli ed esaltanti sfide tra leggendari e temerari piloti. In questo periodo si inserisce la figura di Borzacchini, umile ternano destinato a diventare grande protagonista nelle corse motoristiche di inizio secolo. Mio padre fu ben lieto di ingaggiare quel bravo ragazzo di cui aveva potuto accertare ed apprezzare l’ottimo carattere, la buona educazione e la grande passione per la meccanica -ricorda Remo Tomassini nel suo bel libro “L’uomo, il pilota, il suo tempo” nel quale ripercorre la vicenda umana e sportiva di Borzacchini. Allo scoppio del primo conflitto mondiale però l’officina-garage chiuse i battenti e Borzacchini fu costretto a lavorare alla fabbrica d’armi. Quindi prestò il servizio militare presso un reparto motorizzato. Alla cessazione delle ostilità Baconin torna nell’officina di Tomassini che riorganizza il lavoro affidandogli la responsabilità della scuola guida e del noleggio. L’uso quotidiano dell’Ansaldo, della Rapid, della Scat, della FIAT, fa acquisire a Borzacchini quella esperienza e sensibilità di guida che all’epoca nessun altro giovane può vantare. Grazie alle sbandate nella Piazza del Duomo riesce a fare la conoscenza di Maria Mezzetti, che poi sposa nel corso del 1920. Disputò la prima di oltre cento gare nel 1923, la Coppa della Mengara con un Ansaldo 4Cs, classificandosi secondo assoluto e primo nella classe turismo. L’indiscusso primo posto di categoria che porta a casa, è il segno concreto del potenziale e della classe racchiusa in quel fisico ancora acerbo. La sua prima vittoria assoluta venne segnata alla Spoleto-Forca di Cerro del 1925. Divenne professionista e, grazie a finanziamenti spontanei di alcuni concittadini, poté acquistare una Salmson AL3 San Sebastiano che raggiungeva i 150 chilometri orari. Con questa macchina si aggiudicò la vittoria di categoria nella prestigiosa Targa Florio che si disputò in Sicilia nel 1926. Nel 1928 si aggiudicò la Coppa dell’Etna ed il Criterium di Roma. Nel 1929 arrivò secondo al Gran Premio di Tripoli, precedendo anche Tazio Nuvolari. Le vittorie del pilota ternano ci proiettano ai primordi dell’avventura automobilistica brillando nel firmamento motoristico assieme a campioni come: Nuvolari,Taruffi, Varzi, Brilli Peri e Campari. Borzacchini rivoluzionario non lo fu per il nome sovversivo affibbiatogli da un padre di idee socialiste, ma certamente per i brillanti successi conseguiti. Nel 1930 decise di sostituire il nome Baconino, ispirato al padre dall’anarchico Michail Bakunin, optando per Mario Umberto, in onore della famiglia reale. La scelta di abbandonare definitivamente quel nome, ormai divenuto ingombrante, venne maturata in occasione della visita all’Autodromo Nazionale di Monza del Principe di Piemonte e della Principessa Maria Josè di Savoia, che Borzacchini condusse in pista per la prova dell’Alfa Romeo tipo Monza 1750. Ci piace ricordare le affermazioni nei diversi circuiti italiani, ma soprattutto il primo posto assoluto nel 1932, alla VI edizione della Mille Miglia, percorsa a tempo di record, stabilito alla media di 109,602 km/h. Poi ancora a Cremona il record sui dieci chilometri dove spinse la Maserati V4 alla velocità di 247,99 km/h. Pochi nella città di Terni, in quegli anni di inizio secolo, avrebbero scommesso su quel garzone di officina cresciuto alla scuola di Amerigo Tomassini, eppure prestigiose case automobilistiche, quali Maserati ed Alfa Romeo, si contesero la guida e le prodezze del ternano. Il suo ultimo successo lo coglie alla Susa-Moncenisio del 1933 alla guida di una Alfa 8C trionfando davanti a Varzi, che con la Bugatti conclude distaccato di quasi 15 secondi. La carriera di Borzacchini viene tragicamente interrotta il 10 settembre 1933 al Gran Premio di Monza, a causa di un drammatico incidente. …Terni, sommersa da una pioggia sottile ed insistente, alla notizia della disgrazia, riferita dalla impersonale voce della radio, diviene preda dello sconforto e della incredulità -racconta Giuseppe Prisco nel suo libro Il cavaliere d’acciaio, rievocando il dolore profondo di una città, identificata totalmente nelle glorie sportive di questo suo giovane figlio. Sulla pista lombarda persero la vita insieme a Borzacchini anche Giuseppe Campari ed il pilota polacco Czaykowski. La camera ardente fu vegliata dai picchetti d’onore delle rappresentanze operaie di Maserati ed Alfa Romeo. Ai funerali, tenutisi a Terni, partecipano tutti i piloti più famosi dell’epoca, tra cui il fratellino Tazio Nuvolari, pietosamente allontanato dalla camera ardente di Monza per essere caduto in una disperata crisi di pianto. Non poteva mancare per rendere onore al campione ternano con il quale aveva stretto una fraterna amicizia e condiviso tanti risultati sportivi. A distanza di anni si può orgogliosamente affermare che Terni non ha dimenticato il suo campione: l’intitolazione dell’autodromo di Magione, il busto nei giardini di Via Campofregoso a Terni per la quale collocazione mi sono personalmente impegnato,

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il lavoro del club di auto d’epoca a lui dedicato contribuiscono a mantenerne viva la memoria. Sul mito di Borzacchini ho un bellissimo ricordo: anni fa vengo chiamato da un amico ternano e grande appassionato di motori Francesco Falciola per presiedere la rievocazione motoristica del circuito di Viareggio. Allora ero il Vice Presidente dell’Aci di Terni e presso i nostri uffici conservavamo alcuni cimeli del pilota: coppe e foto. Vado e porto con me la coppa conquistata nel 1926 proprio a Viareggio da Borzacchini. Mi si avvicina un simpatico e distinto signore assai anziano: il Marchese Del Tocco. Mi chiede di poter stringere la Coppa, dicendomi che per lui sarebbe stato un grande onore. Mentre mi diceva ciò si commosse ed asciugandosi furtivamente il volto, la accarezzò con grande amore. Borzacchini, un ternano come noi ! Dott. Stefano Lupi Delegato Coni di Terni


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L a v i t a i n u n q u a d ro Lo sguardo di un ragazzo viene rapito da un groviglio di segni circolari, rapidi quasi scarabocchi infantili: una macchia rossa e delle ali. Sulla didascalia si legge: Cy Twombly “Leda and the swan” 1962 Rome. Una ragazza si avvicina al quadro e chiede al ragazzo: “Ma sai almeno chi era Leda?” e lui: “No, non lo so. Mi sono fermato perché mi piacciono le opere di Twombly e perché ho conosciuto l'artista quando era ancora in vita e viveva in Italia. Ti andrebbe di raccontarmi la storia di Leda?”. E la ragazza: “Sì certo. Zeus si innamora della mortale Leda, regina di Sparta. Il dio si presenta alla donna in forma di cigno e con lei concepisce due coppie di gemelli Castore e Polluce, che nasceranno da un uovo, ed Elena e Clitemnestra, da un secondo uovo”. Il ragazzo, rimasto molto affascinato dal mito risponde: “Ora capisco perché il maestro ha dipinto questo quadro. Egli si è sempre ispirato al passato classico e alla mitologia greco-romana. Quando si stabilì in Italia, entrò in contatto diretto con il mondo classico, di cui reinventa, nella propria arte, la complessità visiva come mezzo di scoperta di sé. Egli era in grado di ritrovare, meglio di molti altri artisti, nei miti carnali e passionali dell'antichità greco-romana la vitalità del congiungimento di forze diverse e terribili, immagini prive di simbolismi e storie cruente di rinascita e di morte”. La ragazza però non riesce ancora a capire pienamente il senso del quadro, allora il ragazzo le propone di immaginare un dialogo dove lui fa la parte di Twombly e lei di Leda. Leda: “Nei secoli tutti mi hanno disegnata bellissima, attraente con vicino un candido e imponente cigno. Tu, invece, cosa hai fatto? Solo scarabocchi e linee”. Twombly: “No, Leda. Non è così, io ho disegnato tutta la tua bellezza, giovinezza e sensualità”. Leda: “Riesco a leggere solo il titolo in basso a destra”. Twombly: “Ma tu non vuoi vedere: sì, è vero, non c'è nessun riferimento alla carne e alle piume, ma c'è una fusione di energie, sovrapposizioni di pennarello, matita, pittura. Graffi e zig-zag volano in tutte le direzioni. Almeno i cuori li vedi?”. Leda: “Sì ora li vedo, sono in mezzo alla collisione. Due cuori rossi, palpitanti, vivi, carichi d'amore, anche se furtivo e ingannatore, un amore preso con il travestimento, ma pur sempre un amore divino”. Twombly: “Sì cara Leda. Tu hai conosciuto l'amore degli dèi dell'Olimpo, immortali, io, invece, ho conosciuto dei semplici uomini. Ma non siamo poi così differenti, tu creatura bellissima ed io uomo mortale abbiamo ricercato nella nostra vita la bellezza, l'amore. Tu sei immortale grazie alla tua storia, io, invece, sarò ricordato come colui che ha ricercato il valore sublime della pittura. Credo che ogni linea sia l'esperienza effettiva con la sua storia innata. Non illustra. È invece la sensazione della sua stessa realizzazione”. Leda: “Allora, se ho ben capito, i segni sulla tela emergono a poco a poco dalle turbolenze, si concentrano sulla pennellata e assumono una forma riconoscibile”. Twombly: “Sì mia cara è proprio così, le mie tele sono una straordinaria festa cromatica, di luce che esplode. La tavola bianca è stata da me incisa con la tecnica della calligrafia, ma la scrittura viene svestita dal suo ruolo comunicativo e trasferita al campo semantico del gesto”. Leda: “Adesso finalmente riesco a vedere Zeus ingannatore, insieme a una giovane donna in tutta la sua sensualità e vedo anche il gesto amoroso. Lo riesco a vedere da quella finestra rettangolare, sobria, semplice nella parte superiore del dipinto: l'unico elemento stabilizzante di questa tela altrimenti esplosiva”. Twombly: “Sì Leda, è una tela esplosiva, ma puoi anche vederci un affollamento di voci e gesti ad un crocevia, ed io lì in mezzo devo continuamente organizzare e ridisfare delle immagini, delle metafore, e lì in mezzo a questo turbinio della mia coscienza divento nello stesso tempo figlio e dio, creatura e creatore”. Leda: “Sì ti capisco, tu hai creato delle opere d'arte e per te sono come dei figli. Anche io ho dei figli, sono bellissimi e forti: Elena, la più bella fra le donne, quanto dolore mi ha recato e i Dioscuri quante pene mi hanno causato”. Twombly: “Leda non ti angustiare. La vita concede un po' di gioia e poi ti fa sprofondare nel dolore. Tutti abbiamo la stessa sorte: uomini e dèi. Tu hai generato una progenie che ha New York - MOMA cambiato il destino del mondo, io nella mia vita sala XX, piano IV ho sublimato il mio essere interiore con i colori, le forme, le luci ed ho riscritto i miti in una prospettiva di bellezza e di significati letterari, ho rivisitato la tua storia esaltando l'alternanza fra violenza e silenzio, tra sessualità e gioco, tra luce e fondale coinvolgendo, chi osserverà il quadro, fino a fargli desiderare di entrarci dentro”. Leda: “Caro Twombly, mi hai commosso, hai sezionato il mio vecchio mito in cento, mille sfaccettature e poi lo hai riconsegnato al sogno e agli eroi. Ti sono grata del tuo lavoro”. La ragazza e il ragazzo, ancora affascinati dalla bellezza del quadro e dalla magia del mito, dallo strano dialogo tra Leda e Twombly, capiscono veramente il senso del dipinto. Capiscono perché Twombly, preso da una nostalgica rievocazione di un Beatrice Giuli passato che si dilegua e di cui rimangono memorie lontane, ha voluto per sempre immortale Leda.

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Un cattivo accordo è meglio di una causa vinta? Il 6 Novembre appena trascorso è stata definitivamente approvata la legge di conversione del D.L. 132/2014, recante “misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”. L’ambizioso obiettivo della normativa è quello di arginare l’insostenibile arretrato accumulatosi nei Tribunali italiani, attraverso una serie articolata di interventi. Nelle cause civili in corso, ad esempio, le parti potranno congiuntamente richiedere di promuovere un procedimento arbitrale; altra strada da percorrere, al fine di ottenere rapidamente un titolo esecutivo (strumento grazie al quale posso avere soddisfazione con l’intervento dell’Ufficiale Giudiziario), è quella della negoziazione assistita, ossia di una procedura gestita direttamente dagli avvocati e diretta al raggiungimento di un accordo. L’assoluta novità dell’intervento risiede nel fatto che la negoziazione assistita è ammessa anche in caso di separazione e divorzio, o di modifica delle condizioni, ed in presenza di figli minori, maggiorenni incapaci, portatori di handicap, o economicamente non autosufficienti. In questo caso le parti, obbligatoriamente assistite dai rispettivi avvocati, concordano di cooperare in buona fede e con lealtà, per trovare un accordo. Saranno gli avvocati ad autenticare le sottoscrizioni apposte dai coniugi ed a trasmettere copia autentica di tale accordo, prima al Tribunale, che valuterà se l’accordo risponde all’interesse dei figli, e poi, in caso di autorizzazione all’accordo, all’ufficiale dello Stato civile, in cui il matrimonio era stato trascritto. I coniugi possono, inoltre, rivolgersi direttamente all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di residenza di uno di essi, oppure del Comune dove è stato iscritto o trascritto l’atto di matrimonio, formulando una richiesta congiunta di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, o per chiedere la modifica delle condizioni di separazione o divorzio. In questo caso, la presenza di un avvocato è solo facoltativa, ma non è possibile concludere un accordo secondo questa procedura, nel caso vi siano minori, maggiorenni incapaci, portatori di handicap, o non autonomamente sufficienti né è possibile effettuare patti di trasferimento patrimoniale tra i coniugi. Una norma degna di assoluto rilievo, riguarda il regime delle spese del processo. Nonostante le modifiche introdotte nel corso degli anni, nella pratica giudiziaria, il potere discrezionale del giudice in tema di spese processuali è stato molto ampio, con conseguente, seppur involontario, incentivo alla lite. La normativa ha inteso riaffermare il principio “chi perde paga”, assunto che può sembrare scontato ma che nella pratica non lo è. Altra modifica degna di plauso è che con l’obiettivo di evitare che i tempi del processo civile diventino una forma di finanziamento, “mi tengo i soldi, non onoro il mio debito, se e quando sarò condannato dovrò maggiorare la somma originariamente dovuta solo degli interessi al tasso legale”, sarà previsto uno specifico tasso di interesse. Non rimane che attendere per vedere quanto tali norma sapranno incidere nella difficilissima realtà giudiziaria con la quale tutti, a vario titolo, ci misuriamo. Avv. Marta Petrocchi legalepetrocchi@tiscali.it

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G l i a d d i t i v i a l im e n ta r i Sono definiti additivi alimentari quelle sostanze prive di potere nutritivo che vengono aggiunte nelle varie fasi di lavorazione degli alimenti, per conservare più a lungo le caratteristiche organolettiche, migliorare le qualità nutritive, apportare ingredienti necessari negli alimenti dietetici o per aumentare la produzione. L'aggiunta di questi ingredienti è diventata necessaria con il passaggio dalla produzione artigianale a quella di tipo industriale. La lavorazione di tipo industriale infatti è caratterizzata da una riduzione degli scarti e introduce la necessità di utilizzare sostanze coloranti o aromatizzanti che restituiscano le proprietà organolettiche perse in seguito ai numerosi trattamenti. Il lungo tragitto percorso durante l'intera filiera alimentare rende necessario l'uso di conservanti. L'uso degli additivi alimentari è controllato da una legge europea in modo da permettere la libera circolazione delle merci e da introdurre un sistema di classificazione in cui gli additivi sono contrassegnati da una E seguita da un numero. Gli additivi devono essere riportati sull'etichetta dell'alimento. La legge regola anche la dose giornalira accettabile o DGA (ADI acceptable daily intake) che per definizione è la quantità di additivo che si ritiene possa essere assunta giornalmente con la dieta, per l'intera vita, senza rischio. Essa si esprime in mg/Kg di peso corporeo/giorno ed è possibile valutare in relazione al peso medio la DGA individuale. Il protocollo tossicologico che stabilisce la DGA è molto rigido e prevede che vengano effettuati i seguenti tipi di studi: - studi di tossicità acuta: sono condotti su almeno due specie animali, di cui una non appartenente all'ordine dei roditori. Viene così stabilita la DLSO media (dose letale media per gli animali da esperimento); - studi di tossicità a breve termine: sono condotti su almeno due specie animali, per un periodo corrispondente a un decimo della vita media animale;

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- studi di tossicità a lungo termine: sono condotti sui due sessi di una specie animale per un periodo non inferiore ai due terzi della vita media dell'animale; - studi biochimici: i dati sperimentali sull'animale devono tendere a presentare un quadro chiaro riguardo l'assorbimento e l'eliminazione della sostanza, la sua distribuzione nei diversi organi e tessuti, l'eventuale bioaccumulazione, la formazione e l'eliminazione di metaboliti. In vitro sono studiate le interazione tra additivi e sostanze molecolari di interesse biologico come enzimi e vitamine. - studi di mutagenesi: sono condotti in vitro su sistemi biologici o su microrganismi per accertare le eventuali modificazioni genetiche indotte dalla sostanza, (Attività mutagena). Anche se i dati ottenuti non sono automaticamente trasferibili all'uomo, il riscontro di attività mutagena costituisce presupposto che la sostanza possa risultare nociva. - studi di cancerogenesi: sono condotti su animali di differenti specie e sono mirati ad individuare tumori su organi e tessuti ritenuti bersaglio. I dati ottenuti sugli animali sono tendenzialmente trasferibile all'uomo, mentre è ancora oggetto di dibattito l'individuazione di una dose-soglia sotto la quale la sostanza non produrrebbe effetto tumorale. Gli organi preposti alla sicurezza d'uso sono La Commissione Congiunta FAO/OMS Codex Alimentarius in cui opera il Comitato Congiunto Esperti additivi Alimentari; presso la Comunità Europea interviene il Comitato scientifico per l'Alimentazione Umana; in sede nazionale esprime parere il Consiglio Superiore di Sanità. Gli additivi ammessi dal DM 209/96 sono suddivisi nelle seguenti categorie: acidificanti, agenti di rivestimento, antiagglomeranti, antiossidanti e stabilizzanti ed addesanti, antischiuma, conservanti, emulsionanti, edulcoranti esaltatori di sapidità, gelificanti, sali di fusione, vari. Di ciascuna categoria verrà trattato nei prossimi articoli. Lorena Falci Bianconi


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AZIENDA OSPEDALIERA

La b o r a to r io d i A n a l i s i C h i mi

Dottor Augusto Scaccetti Direttore f. f. del Laboratorio di Analisi Chimico-Cliniche e Microbiologia A z ien d a O s p e dalie r a “S. Mar ia” di Te r ni

Il Laboratorio di Analisi Chimico-Cliniche e Microbiologia dell’Azienda Ospedaliera di Terni fa parte del Dipartimento di Diagnostica di Laboratorio ed Immunotrasfusionale. Attualmente il direttore facente funzioni è il Dott. Augusto Scaccetti. La struttura fornisce prestazioni di diagnostica di laboratorio analisi ed è classificata come laboratorio ad elevata complessità con settori specialistici. Ha un volume di attività di circa tre milioni di esami l’anno ed è considerato laboratorio di dimensione medio-grande. Inoltre, collabora con l’Università degli Studi di Perugia per la formazione degli specializzandi della Scuola di Patologia Clinica. L’attività del Laboratorio dà luogo alla produzione di dati ed informazioni diagnostiche ottenute dall’analisi di materiali di origine umana per la prevenzione, la diagnosi ed il monitoraggio delle malattie. Il Servizio si pone come obiettivo la semplificazione di accesso alle prestazioni, la riduzione dei tempi di accesso alla prestazione e naturalmente la produzione di dati analitici di qualità. Le attività di analisi sono sottoposte ad un doppio controllo di qualità: il Controllo di Qualità Interno (CQI) viene eseguito giornalmente come strumento per monitorare in tempo reale la stabilità e le prestazioni dei metodi utilizzati; la Verifica Esterna di Qualità (VEQ) viene effettuata con cadenza periodica, secondo il calendario del Centro di Riferimento Careggi, con lo scopo di confrontare i propri risultati con quelli di altri laboratori e valutare l’accuratezza dei metodi analitici. Il Laboratorio Analisi fornisce prestazioni sia ai reparti di degenza che ai cittadini ed è aperto 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. La maggior parte dell’attività e del personale è concentrata nell’arco della mattina (ore 8-14), mentre nei turni delle ore 14-22 e 22-7 vengono effettuati gli esami urgenti. Il Laboratorio di Analisi chimico-cliniche è collocato al piano terra del corpo centrale dell’Azienda Ospedaliera “S. Maria” di Terni. La sala prelievi per utenti esterni è situata presso la palazzina dei Poliambulatori (viale di accesso all’ingresso principale). I cittadini possono usufruire delle prestazioni del Laboratorio Analisi sia recandosi (con prenotazione ai CUP o FarmaCup) ai Centri Salute oppure al Centro Prelievi dei poliambulatori dell’ospedale, sia presso il proprio domicilio, previa attivazione e prenotazione, con richiesta adeguatamente motivata dal medico di medicina generale, del Servizio di Assistenza Domiciliare. Per ogni esame o gruppi di esami viene redatto un referto contenente i risultati degli stessi. Il referto viene redatto in formato elettronico. Il referto riporta i dati anagrafici del paziente, la struttura ed il medico richiedente, il tipo di esame effettuato e il relativo risultato, i valori di riferimento per ogni esame, la data di effettuazione del prelievo, la data di stampa del referto, oltre ad eventuali suggerimenti di approfondimento o di rivalutazione dei dati analitici. I referti dei pazienti ricoverati, una volta validati, sono disponibili in tempo reale sul videoterminale del reparto di degenza. Per gli utenti esterni il referto è disponibile, oltre che con i consueti sistemi (centri salute, ufficio consegna referti dell’ospedale, invio a casa su richiesta), anche via web tramite l’accesso, trascorsi i tempi di consegna previsti, al sito Internet http:// www.uslumbria2.it/ REFERTI ON LINE, previa autenticazione da effettuare attraverso le password fornite al momento del prelievo. Entro la fine dell’anno è previsto che, previo consenso, il referto possa essere inviato direttamente al medico richiedente. Per gli utenti esterni in trattamento con anticoagulanti orali (TAO), su richiesta dell’utente da fare tramite

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appositi moduli presenti presso i centri prelievi, è previsto l’invio del risultato tramite sms sul proprio telefonino nelle prime ore del pomeriggio del prelievo. Il Laboratorio dispone di un elevato grado di automazione e di strumentazioni analitiche al passo con le più moderne tecnologie. È diventato interaziendale nel 2011, con la fusione con il Laboratorio dell’ex ASL 4, a seguito della ristrutturazione regionale volta alla razionalizzazione delle risorse e alla maggiore efficienza dei laboratori. Esso è parte integrante della “rete” umbra dei laboratori, cosa che permette, razionalizzando le prestazioni, di inviare i campioni relativi ad esami considerati fortemente specialistici presso i centri regionali di riferimento. Questo ha consentito di consolidare le linee specialistiche esistenti nei vari laboratori della regione e il rispetto e la valorizzazione delle professionalità esistenti. Si è deciso inoltre di adottare un server regionale unico in grado di gestire tutti i laboratori portando ad una uniformità della refertazione delle risposte sia da un punto di vista analitico sia da un punto di vista grafico (confrontabilità, unità di misura, ecc.). L’obiettivo è quello di creare un unico Laboratorio regionale virtuale; non viaggeranno le persone, ma i campioni. La Regione Umbria ha istituito anche un centro di acquisti regionale unico per una migliore gestione delle risorse economiche. Il Laboratorio dell’Azienda ospedaliera di Terni è centro di riferimento per le metodiche in HPLC (dosaggi ormonali particolari ecc.).


S A N TA M A R I A D I T E R N I

ic o - C l i ni c h e e M icrob io lo g ia

prelievo di materiale biologico, alla preparazione del paziente, alle modalità di consegna dei referti, ecc. Quesiti tecnico-analitici riguardanti richieste di analisi, modalità di consegna dei prelievi, caratteristiche dei metodi e sistemi utilizzati, problemi di tipo organizzativo, ecc. E infine quesiti clinici: il personale laureato fornisce spiegazioni sui dati analitici e sugli intervalli di riferimento degli esami. Suggerisce la determinazione di analiti sulla base di un quesito clinico o correlati ad esami già richiesti. Il Laboratorio segue le linee guida delle società scientifiche: Società italiana di Medicina di Laboratorio, Società italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare, Associazione italiana Microbiologi Clinici, Istituto Superiore Sanità, Piano Nazionale Linee Guida, Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali.

Équipe Dirigente medico II livello: Dr. Augusto Scaccetti (diirettore f.f.) Dirigente Medico I livello: Dr. Paolo Andreani, Dr. Mario Materazzi, Dr.ssa Maria Rita Franconi, Dr.ssa Emiliana Sidonio, Dr.ssa Rossana Ricci Dirigente Biologo I livello: Dr. Mauro Biagioli, Dr.ssa Cristina Breschi, Dr.ssa Antonella Pecci Specializzandi: Dr. Livio Marchese, Dr. Livio Bottiglieri, Dr. Ciro Zeccardo, Dr.ssa Eleonora Giannini Coordinatore Tecnici Sanitari Laboratorio: Marianna Santoni Tecnici Sanitari Laboratorio Biomedico: Fabrizio Bianchetti, Adriana Crescentini, Samantha Airaghi, Sonja Fiani, Pietro Anselmi, Donatella Anzuini, Walter Benedetti, Novella Cellini, Elisabetta Fossatelli, Dario Giachin, Claudia Castellani, Lorella Gigante, Rino Marchetti, Paola Oveglia Infermieri: Manuela Desantis, Vania Nannini, Roberta Angelini, Patrizia Laurenti, Catia Tracchegiani Amministrativi: Mauro Candelori, Anna Luisa Lelli, Chiara Brozzi

Fotoservizio di Alberto Mirimao

Il miglioramento continuo della qualità è l’obiettivo prioritario della direzione e dello staff del Servizio Laboratorio Analisi. Entro il 2015 è previsto l’accreditamento istituzionale del Laboratorio, seconda struttura dell’Azienda ospedaliera S. Maria di Terni, dopo il Servizio Immunotrasfusionale, ad essere accreditata dalla Regione Umbria. Il percorso di accreditamento comporta e comporterà uno sforzo organizzativo ed economico per l’Azienda che sarà ricompensato da un ulteriore miglioramento della qualità dei servizi erogati dal servizio. Il Laboratorio è suddiviso nelle seguenti linee analitiche: Chimica clinica, Endocrinologia e Marcatori tumorali, Ematologia, Microbiologia, Proteine specifiche ed elettroforesi, Autoimmunità, Tecniche cromatografiche. Il Laboratorio esegue determinazioni analitiche, batteriologiche, batterioscopiche ed ematologiche: emocromo, esami di chimica-clinica, determinazioni in HPLC, dosaggi ormonali, markers tumorali, proteine specifiche e diagnostica elettroforetica, fertilità, immunologia, farmacologia, autoimmunità, emoglobina glicata, esame chimico fisico dell’urina ed identificazione degli elementi del sedimento, marcatori biochimici di lesione miocardica, droghe d’abuso, diagnostica microbiologica, sierologia e profili sierologici. Il personale del Laboratorio risponde ad ogni quesito posto dall’utenza. Quesiti amministrativi/organizzativi relativi all’attività del Centro prelievi e quindi alle domande relative all’esecuzione del

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Mamma che bello... oggi ho visto un’altra persona alzarsi... e io l’ho aiutata! Certo, detto così pare che stia parlando di qualcuno che è caduto o che abbia aiutato un anziano schiacciato dal perso degli anni. E invece la persona di cui parlo è una signora di pochi anni più di me che ne ho 42 ma che su di sé porta un peso enorme, quello della malattia; lo stesso peso che avevo io e non potete immaginare quanta gioia nel vederla rialzarsi da sola. L’ennesima prova che il mix di farmaci per cui ho richiesto la concessione di un brevetto per innovazione d’uso funziona, eccome se funziona. La storia è questa: dopo l’annuncio sui media vengo contattato da una signora la quale mi racconta della problematica e della sua voglia di sconfiggere “la bestia”. Non nascondo che tanta grinta mi incuteva un po’ di preoccupazione... e se non avesse funzionato come invece ha fatto con me e con gli altri? E se fosse stato qualcuno inviato apposta per screditarmi (in questi giorni non immaginate quanti medici si sono detti increduli senza nemmeno aver letto a fondo la ricerca, che secondo loro non poteva aver realizzato un semplice avvocato, senza pensare che magari la cultura è a disposizione di tutti e che il bisogno fa venire la voglia di studiare)? Ma siccome aver paura non risolve i problemi, tranquillo poiché prima di somministrare qualsivoglia farmaco ci sarebbe comunque stato lo screening del dott. Proietti, decidevo di affrontare la sfida. Mi si presentava una signora piccolina, allegra e desiderosa di iniziare, che raccontava di come avesse seguito passo passo le mie vicende e fosse ansiosa di ricevere il “miracolo”(parola questa che mi spaventava poiché non si tratta di miracolo). In ogni caso che fosse malata era purtroppo palese, stessa camminata malferma, aiutata da due stampelle, necessità di andare spesso in bagno e velocità nello stancarsi. Dopo un attento esame delle analisi che aveva portato con sé, il dott. Proietti decideva quindi che fosse idonea a ricevere il mix di farmaci (una statina, un antibiotico e un antimicotico) e che fosse il caso di iniziare subito i trattamenti di supporto inseriti nel protocollo migliorativo. Dopo una giornata di trattamenti vari la riaccompagnavo presso la struttura dove avrebbe dormito e, nonostante avesse ancora le due stampelle per deambulare, era comunque contenta perché a suo dire nessuno prima l’aveva trattata così, abituata com’era ad essere considerata “un numero e non una persona” (sue parole nda). Ovviamente le veniva detto che non era il caso di puntare il dito contro i medici, che comunque cercano di fare del loro meglio ma

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che per me era normale capirla magari un po’ di più visto che sono un malato anch’io. Oggi, il giorno dopo, la rivedevo e quasi non credevo ai miei occhi! Mi raccontava di come avesse sentito formicolare le gambe tutta la notte e di come avesse necessità di muoversi di continuo, di come non volesse più le stampelle e di come non avesse più le urgenze di andare in bagno del giorno prima. La cosa strabiliante, al di là dei tempi di recupero assurdamente brevi, era che fosse successo esattamente come a me! Quasi come a sostenere l’importanza dell’emotività e della determinazione in chi riceve la terapia. Questo è tanto più vero anche perché ho potuto notare come altri soggetti, pur rispondendo ottimamente al lato farmacologico del protocollo, in ogni caso necessitavano di essere seguiti in ogni azione quotidiana, anche le più semplici, visto che sembravano sempre di dimenticare di respirare, dimenticare quali cibi avrebbero agito in conflitto con i farmaci... quasi che lo star meglio li sottraesse dal riflettore sotto cui stavano ormai sempre, protagonisti e divi dell’opera triste in cui, loro malgrado, dovevano recitare. Si sa, la scena è difficile da lasciare per un grande protagonista! In ogni caso TUTTI, quando metabolizzavano di essere ormai fuori dal palcoscenico, ricominciavano a vivere e recuperavano poco a poco la loro quotidianità. So di sembrar polemico e accusatore, ma forse proprio l’eccesso di attenzioni è ciò che fa peggio a chi sta male, anziché spronarlo a reagire, lo agevola nel precipitare sempre più in basso, incapace di riprendere le redini della sua vita. Mai sentito dire che l’amore può essere soffocante? Quante volte poi è più comodo usare (inconsciamente ovviamente) lo scudo della malattia per non reagire o non fare? Tanto nessuno ti incolpa, stai male! Ecco, per esempio, io che da piccolo ero cagionevole di salute, ho ricevuto così tante attenzioni da parte di mia madre (ogni madre per il proprio figlio farebbe qualunque cosa), da non sopportare più, oggi che sono adulto, di ricevere nemmeno l’ombra di un gesto di commiserazione o di preoccupazione ed anzi sono divenuto così insofferente che mi sono rimesso in discussione, ho studiato un’altra materia e mi sono dedicato alla ricerca di una soluzione alla mia malattia, in modo tale da non essere più dipendente dalle attenzioni di nessuno. In tutto questo non vi ho detto quale fosse la malattia: la sclerosi multipla! Fabrizio De Silvestri


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“I Concerti del Sabato” a palazzo Montani Leoni Sono stati inaugurati il 18 ottobre 2014 “I Concerti del sabato”, rassegna di giovani concertisti organizzata dalla Fondazione Carit con la collaborazione dell’Istituto Superiore di Studi Musicali “Giulio Briccialdi” di Terni. L’iniziativa nasce dalla volontà della Fondazione Carit di promuovere un percorso artistico volto alla diffusione della cultura musicale, sostenendo l’attività dei giovani studenti. Immediata e ampia è stata la disponibilità dell’ISSM Briccialdi, che ha colto l’opportunità per essere sempre più presente nel tessuto cittadino con un’offerta altamente qualificata, oltre che sul piano didattico anche in quello della produzione. L’invito della Fondazione Carit rappresenta, inoltre, un’ulteriore preziosa occasione per gli allievi più meritevoli dei corsi superiori e del biennio di esibirsi da solisti in veri e propri concerti, presentando alla città il risultato di anni di studio. I sei concerti confermano i positivi rapporti tra le due Istituzioni, che vedono la Fondazione Carit sostenere da molti anni le attività del Briccialdi, riconoscendo all’Istituto un ruolo di primo piano nella vita musicale e culturale cittadina. I concerti si tengono di sabato alle ore 18 a palazzo Montani Leoni sede della Fondazione, in corso Tacito. A inaugurare è stata la pianista giapponese Aoi Nakamura, allieva del prof. Carlo Guaitoli, con un programma che prevedeva musiche di Mozart, Schumann e Scriabin. Sono seguiti poi i concerti del chitarrista Giulio Castrica (25 ottobre 2014, allievo del prof. Emanuele Segre); del pianista Giovanni Liguori (15 novembre 2014, allievo della prof.ssa Mariangela Vacatello); dell’Ensemble del Dipartimento di Musica antica con Claire Duri, Susanna Valloni, Emanuele Stracchi e il soprano Laura Perez (29 novembre 2014, proff. Andrea Mion e Gloria Banditelli). Per il 13 dicembre 2014 è in programma invece il concerto del pianista Leonardo Gialletti (allievo del prof. Angelo Pepicelli), mentre il 10 gennaio 2015 si esibirà il duo Lucia Giannini (soprano) – Ching Hsiang Hsu (pianoforte) (allieve del prof. Roberto Abbondanza). L’ingresso a tutti i concerti è gratuito.

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Com C om e prendersi c u r a d e i d e n ti d e i b a mb i n i Aver cura dei denti e della salute orale dei bambini, dai primi anni di vita fino all’adolescenza significa poter prevenire o trattare in tempo le varie problematiche che possono manifestarsi, dalle malocclusioni alle carie o altro. Spesso si pensa che i denti decidui o denti da latte non vadano curati perché poi cadranno, in realtà è invece molto importante intercettare e prevenire eventuali loro processi cariosi che possono provocare dolore e infezioni. Visitare i bambini sin da piccoli consente di scoprire precocemente eventuali problemi dentali e di poterli risolvere in tempi più rapidi e con minori disagi. Bambini con i denti da latte sani avranno buone possibilità di avere sani anche i denti permanenti e di poterne godere per tutta la vita. Sui denti si forma costantemente la placca batterica che è composta essenzialmente da batteri e zuccheri e che, a causa di acidi capaci di danneggiare lo smalto dei denti, costituisce la causa principale della carie dentale. La superficie masticatoria dei molari presenta dei solchi profondi nei quali la placca batterica si annida e la carie si sviluppa facilmente. Allo scopo di prevenire questo problema si può eseguire la sigillatura dei solchi nei molari permanenti, trattamento che prevede l’applicazione di una resina speciale lungo tali solchi prevenendo così la formazione di carie. Per la sigillatura di un dente bastano pochi minuti e non serve anestesia. Noi auguriamo naturalmente ai nostri bambini di avere denti e gengive sani per tutta la vita e il presupposto per raggiungere questo scopo è una perfetta igiene dentale sin dall‘infanzia e un corretto programma di profilassi nello studio odontoiatrico. Nel nostro studio questi aspetti di odontoiatria pediatrica o pedodonzia vengono curati dalla dottoressa Michela Santi che dedica altresì grande cura all’approccio psicologico con il piccolo paziente ricercando come primo obiettivo la sua tranquillità e fiducia, senza eseguire alcun trattamento vero e proprio durante la prima visita ma instaurando un rapporto di collaborazione in modo tale che, qualora necessario per eseguire dei trattamenti, il bambino torni senza ansie e patemi. Per il Natale 2014 promuoviamo per tutto il mese di dicembre e fino al 15 gennaio a tutti i piccoli pazienti che prenoteranno un appuntamento per la pedodonzia in una delle nostre strutture, una visita e una seduta di igiene orale gratuite. Alberto Novelli gratuite

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Dove è finita la creatività italiana? Dove è finita la creatività italiana? Già è proprio questa la domanda che il sottoscritto si pone dando uno sguardo ai programmi televisivi di tutti i canali pubblici e privati. Ormai è scontato che la scatola parlante, sempre più tecnologica e sempre più complicata, che ognuno di noi possiede in casa occupa gran parte del nostro tempo a scapito di altre attività qualificate come la lettura, l’arte, lo studio e così via. Attività tradizionali che lasciavano ampio spazio alla riflessione, al pensiero critico, stimoli necessari per la creatività. Da quando nel 1954 sono iniziate in Italia le trasmissioni televisive, si è innescato un processo inarrestabile ed irreversibile. È come se dallo schermo partissero migliaia di tentacoli invisibili che in modo impercettibile ci afferrano, ci avvinghiano e ci obbligano a stare con gli occhi fissati su di esso, non lasciandoci alcuna possibilità di distoglierli. In più si aggiunge il fatto che a differenza del cinema, suo padrino eccellente, che necessita di spostamento per poterne fruire, essa è comodamente a casa nostra… un click ed eccola pronta e disponibile! Tutti in pratica siamo diventati nolenti o volenti schiavi della scatola magica di cui non posiamo più fare a meno. Basta che una sera la nostra trasmissione preferita venga spostata in un altro giorno o in un altro canale per mancanza di ascolti…allora apriti cielo! Sembra che il mondo ci cada addosso! Ogni momento della nostra giornata, parlo di quelli più importanti, l’ora del risveglio, del pranzo e della cena sono puntualmente scanditi dalla tv. Erano quelle le occasioni in cui la famiglia si ritrovava unita e c’era l’opportunità di parlare, di confrontarsi, di scambiarsi opinioni, di litigare se necessario. Ora questa opportunità è venuta progressivamente meno e questo vuoto è stato invaso dalla tv sempre più colorata e sonora. Gli spazi per il dialogo si sono ridotti ai minimi termini, ma, si faccia bene attenzione, la causa di tutto questo non va imputata alla televisione che appare essere una logica conseguenza più che la diretta responsabile, bensì ad una serie di fattori che meritano un articolo specifico. Torniamo dunque al tema principale. Se diamo un sguardo ai programmi dei vari canali pubblici e privati specie quelli di prima serata dove si concentra la fascia di ascolto più elevata, ci colpisce subito una cosa: una serie di trasmissioni che non sono altro che il seguito di una della settimana precedente e, se ci fate caso, le eccezioni sono molto poche. Ma come non c’è nessuna novità... e allora i mega show del sabato sera? Potrebbe obiettare qualche appassionato di spettacoli televisivi. Beh a questo punto si rende necessario scendere dalla teoria alla pratica, così le cose saranno più chiare. Prendiamo ad esempio Ballando sotto le stelle rutilante show pieno di luci, musica, lustrini e tanti bei ragazzi e ragazze che Rai uno manda in onda puntualmente tutti i sabato sera ormai giunto alla nona edizione. Nella gara di ballo ci hanno messo dentro proprio tutti: dive e divi sul viale del tramonto, attrici attempate che non si rassegnano ad invecchiare e combattono i segni del tempo con il bisturi del chirurgo estetico, atleti ed ex atleti di varie specialità, attricette ed attori pescati dalle varie telenovelas italiane e straniere, insomma chi più ne ha ne metta. Il tutto sotto la sapiente guida della inossidabile Milly Carlucci che, senza nulla togliere alla sua indubbia professionalità, sarebbe giunto il momento che passasse la mano a qualche collega più giovane come richiederebbe il normale ricambio generazionale. Di giovani e capaci ce ne sono tante e tanti, soltanto devono aspettare pazientemente il loro turno, se mai verrà, intanto devono accontentarsi di qualche trasmissione su qualche canale sconosciuto. Purtroppo lo sappiamo il nostro è un paese invecchiato!

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Intanto giù applausi, sondaggi, televoto e quant’altro, manco si trattasse di una faccenda di stato! Tanto per rimanere in tema e per par condicio, dando una sbirciatina alla miriade dei canali privati, scegliamo nel mazzo Canale 5, canale privato per eccellenza, e chi troveremo? Niente popòdimeno che Maria De Filippi, con la sua trasmissione C’è posta per te, in cui tra storie lacrimose, liti furibonde in diretta, clamorose e commoventi riconciliazioni, intermezzi con star internazionali siamo giunti alla sedicesima edizione e, come da copione, via con sondaggi, televoto ecc. Anche qui un’altra inossidabile mattatrice che ha progressivamente migliorato il suo look, trasformando l’aspetto inizialmente un po’ goffo e sgraziato in sobriamente elegante. Ma a metà settimana cosa troviamo? Sorpresa! Carlo Conti con Tale e quale Show, altro spettacolo megagalattico, anche qui canti, suoni, balli con attori, attrici buttati dentro a profusione per fare audience. Già, l’audience uber alles direbbe miss simpatia Angela Merkel! Conti conduttore mai pago di presenze in tv che ha condotto fino a novembre il quiz L’Eredità (tranquilli, non resterà disoccupato) alla pari con la onnipresente Maria che occupa tutti i pomeriggi di Canale 5 con Uomini e donne, contendendosi il primato con un’altra mattatrice inossidabile Barbara D’Urso con Pomeriggio Cinque. Se poi diamo un’occhiata alle fiction televisive cosa troviamo o meglio ritroviamo? Su Canale 5 Squadra antimafia Palermo oggi dove il belloccio di turno Marco Bocci si muove in un groviglio di rocambolesche avventure tra mucchi di morti ammazzati, fiumi di sangue e donne dal fascino tenebroso come Rosy, ma non appena terminata la sesta edizione, mamma Rai (dicitura ipocrita, una vera madre non si fa pagare!) si è affrettata a comunicare che presto inizierà l’ennesima edizione del Commissario Montalbano. Comunque, senza nulla togliere alla professionalità di Luca Zingaretti, cambiano la stuazione, lo sfondo, i personaggi, ma gira e rigira la storia resta sempre quella. Ah, dimenticavo il meglio! Beautiful, Centovetrine, Un posto al sole i serial che ci accompagnano a pranzo e cena (la colazione ci viene fortunatamente risparmiata) che sono venute prepotentemente a far parte del nostro vissuto quotidiano con i loro intrecci inestricabili, le loro trame prolungate all’infinito e la miriade di personaggi (ogni tanto ne spunta uno nuovo) che si muovono in un intrigo di situazioni ambigue e scabrose e in una serie di reati che farebbero impazzire anche un esperto penalista. Programmi fotocopia. Dietro c’è la longa manus di società come la Endemol che produce format televisivi venduti in tutto il mondo. Sì, proprio la Endemol controllata dalla Fininvest concorrente ufficiale della Rai! No comment! Allora sorge spontanea una domanda: dove sta la novità, la creatività in tutto ciò? La risposta mi pare scontata, si tratta di una novità solo apparente, cambiano i colori, i vestiti, lo scenario, ma di fatto la dinamica è sempre la stessa. In breve tutto cambia, ma di fatto nulla cambia. La tv è l’espressione della classe dirigente italiana che nei roboanti reclami ufficiali dichiara a lettere di fuoco di volere il cambiamento, in realtà si arrocca sempre più nei suoi privilegi, distaccandosi dal resto del paese che, specie nelle frange giovanili che dovrebbero assicurare il ricambio generazionale, si trova ad avere a che fare con disoccupazione, impoverimento e perdita del potere di acquisto dei salari, quando ci sono. È la tv dell’epoca post-industriale, dove nulla si inventa, ma tutto è manipolabile grazie alle tecnologie informatiche, è la tv della globalizzazione che vuole tutti gli spettatori uniformati e ubbidienti come tante scimmiette ammaestrate pronte a bersi tutti i prodotti offerti, a prescindere dalla loro qualità. Pierluigi Seri


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Mas chio e femmin a l i c re ò Nella giornata contro la violenza alle donne sono state dette molte cose, alcune sacrosante, altre no. Sacrosanto è il principio che alle donne non vada fatta violenza. E, almeno a parole, anche ovvio. A parole infatti, favorevole alla specifica violenza alla donna non è nessuno. Chi la ammette, l’ammette non in sé, ma nel generale principio che l’uso della violenza sia un buon mezzo per risolvere i conflitti. Vista così la violenza non solo è antica quanto il mondo, ma è ancora ben radicata nella convinzione di stimatissimi individui, governanti e popoli. Questo aspetto del problema è passato inosservato, grazie alla diffusa quanto superficiale convinzione che, quando in un sistema complesso come una società umana esiste un problema, sia possibile se non addirittura facile, agire solo su quello, magari eliminandolo, per risolvere tutto. Se si guarda da questa angolazione ci si accorge che voler risolvere la questione della violenza ad una particolare categoria prescindendo completamente dal problema della violenza in generale è facile come al gioco dello Shangai prendere una stecca che sta sotto senza far muovere quelle che stanno sopra. Perché nessuno ne ha parlato? Dove però la stoltezza ha raggiunto vette sublimi è stato quando da molti bene intenzionati si è propugnato che per superare il problema della violenza di genere occorresse... eliminare la differenza di genere. Una castroneria simile non è, si badi, stata sostenuta in qualche bar o barberia da poveri analfabeti; al contrario, è stata propugnata, in tutta serietà, da giornalisti, femministe e sociologi. Forse una tesi così strampalata, vuole dare una mano al problema, guarda caso connesso, dell’omofobia: infatti se il genere s’annulla, il problema

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si risolve. Vale a dire: se si taglia la testa, l’emicrania passa. Però l’identità di genere ha radici non solo biologiche, ma anche storiche ineludibili. Essa non implica affatto che un genere possa sopraffare l’altro, ma al contrario (possibile dover dire cose tanto ovvie?) che i due generi si completano ed integrano in quell’unità così bene espressa nel simbolo del Tao. L’identità di genere sta infatti alla base dello strutturarsi di ogni società umana, con risvolti e aspetti talmente belli, vari e ricchi, che non questo spazio, ma nemmeno quello dell’intero giornale basterebbero ad esporne, sommariamente, la metà. I miti religiosi dei popoli lo dicono da sempre; nella nostra cultura, la Bibbia dice che Dio, gli animali “maschio e femmina li creò”. Poi per Adamo ricorre ad un mito più poetico, quello della costola che, invero, qualche problema interpretativo dà. Ma quando Adamo si lamenta della solitudine, Dio non gli dà un amico: gli dà la donna. Questo è il logos della natura secondo culture e tradizioni radicate nei millenni. C’è infine da notare come davanti all’errore di Eva, Adamo non la prenderà a sganassoni, ma si rimboccherà le maniche, si sputerà sulle mani e comincerà a zappare. La violenza avverrà, certo, ma tra due uomini. La Bibbia ci dice che la violenza può essere fratricida, mai uxoricida: infatti l’uxoricidio è contro natura proprio perché tende all’eliminazione, attraverso una delle sue componenti, della differenza di genere. Questo, era argomento da portare. Perché sostenere tesi pericolose e sbagliate quando se ne hanno valide e giuste? O l’essere stata la scuola, disastrata negli ultimi cinquant’anni comincia a mostrare i suoi frutti? Vincenzo Policreti


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Primo Piano Di punti di rottura, al cinema, se ne vedono raramente. Sono diventati quasi miraggi, abituati come siamo ad idolatrare cineasti che, pur nella loro bravura, tendono a ripetersi e a sfruttare all’infinito la formula che li ha portati al successo. Qualche volta però, seduto nel buio della sala, hai la netta e chiarissima impressione che quello che stai guardando è destinato a scrivere la storia. Non perché meravigliosamente perfetto, o lirico, o raffinato. Ma perché nuovo. Xavier Dolan ha venticinque anni, cinque film alle spalle, l’euforia e l’arroganza di un qualsiasi giovane della sua età. Il suo modo di fare cinema si è imposto, un lungo passo alla volta, agli occhi del mondo intero (fatta eccezione, non a caso, nel nostro bel paese) passando per i festival più importanti, da Cannes a Venezia. È un cinema di dialoghi e di personaggi scritti con una grazia e una naturalezza commoventi; è un cinema che usa la musica in maniera più che funzionale, come parte integrante di un disegno registico definito e chiaro come pochi. Ma è soprattutto un cinema che rifiuta le regole. MOMMY è, in questo senso, l’opera della completa e definitiva maturità artistica di un talento che ha bruciato con una rapidità disarmante tutte le tappe per arrivare alla vetta. È un film libero, nel più letterale dei significati. Libero perché non ha paura di sostenere una musica, o un dialogo, per un tempo sideralmente lontano dalle logiche del cinema; libero perché sceglie, rischiando, di oscurare metà dello schermo e di mantenere per quasi tutta la durata del film un formato 1:1, un quadrato perfetto immerso nel nero, per lasciare che il suo pubblico sia catapultato nel mondo opprimente del

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MOMMY di Xavier Dolan

protagonista, e si concentri solo e soltanto sui personaggi impedendo allo sguardo di vagare nello schermo; libero perché lascia che le parole scorrano come un fiume in piena, quasi sempre urlate e mai parlate. Al centro di questo quadrato colorato, tre personaggi fra i più belli che siano mai stati scritti, così veri e vivi che quasi hai l’impressione di conoscerli, o di averli sempre conosciuti. Per le più di due ore di durata, siamo noi, con le nostre vite, a riempire gli spazi vuoti dello schermo, e a divenire parte di una storia universale in grado di toccare chiunque sotto qualunque cielo. La storia di un figlio e di una madre, del loro altalenante modo di relazionarsi, di rincorrersi e disperatamente cercarsi, senza mai smettere di amare l’un l’altro di un amore intenso, viscerale, primitivo. Le grida e i baci, il sangue e gli abbracci: due facce di uno stesso destino, marchiato con fuoco sulle carni e sui corpi. La storia disperata di un amore che dà la vita, e che poi, del tutto naturalmente, la toglie. Lasciandoci con un finale che entra correndo nell’Olimpo del cinema, urlando e sbattendo la porta come un bambino in una stanza piena di adulti. Qualcuno cercherà di riprenderlo, di rimproverarlo, di tirargli un orecchio o di metterlo in punizione, ma la forza e la potenza di quel grido nessuno la potrà cancellare. Perché quel grido è il miracolo più bello a cui puoi assistere, se sei fortunato, nel tempio di una sala cinematografica. È il cinema del futuro. E il futuro del cinema. Lorenzo Tardella Per altre recensioni visitate il blog www.ilkubrickiano.wordpress.com


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La venuta Secondo la tradizione cattolica, il 10 maggio 1291, la casa dove era vissuta Maria a Nazaret, venne portata miracolosamente su una collina di Tersatto, oggi sobborgo di Rijeca (allora Fiume) in Croazia, per sottrarla ai turchi che avevano conquistato la Terra Santa. Il 10 dicembre 1294 la casa sparì di nuovo per riapparire dall’altra parte dell’Adriatico nei pressi di Recanati. Dopo varie sparizioni e riapparizioni nel raggio di pochi chilometri finalmente, in una notte del dicembre 1296, la casa riapparve su una strada che va da Recanati a Porto Recanati, dove si trova tutt’ora racchiusa nella grande Basilica di marmo bianco concepita nel XVI secolo dal Bramante. Ai bambini e agli adolescenti degli anni intorno al 1950-‘60 era noto solamente che nella notte tra il 9 e il 10 dicembre si ricordava il passaggio miracoloso in cielo della casa della Madonna, che doveva essere festeggiato con fuochi (i focaracci) e con adeguati spari notturni. Nelle Marche e nelle zone dell’Umbria più vicine ad esse, tale festa era chiamata la Festa della VENUTA, mentre in quelle più lontane si parlava della Festa del PASSAGGIO, poiché la tradizione popolare riteneva che il passaggio fosse avvenuto sui cieli umbri. La preparazione all’evento incominciava prima della fine di novembre, diciamo appena dopo la festa degli alberi. I bambini erano i più eccitati di tutti perché ambivano esercitarsi negli spari insieme ai più grandi, usando bulloni piccoli commisurati alla loro età. Un bullone è costituito da una vite e da un dado e i ragazzi più grandicelli facevano a gara per trovare quelli più grandi con una bella e capiente filettatura, atta a contenere più esplosivo. E dove si comprava l’esplosivo? Non ci crederete ma si comprava in farmacia! Bastava mandare un adulto (ma spesso non era necessario) a comprare un centinaio di bianche compresse per il mal di gola e il gioco era fatto. Con poche decine di lire si acquistava questo disinfettante del cavo orale, che non era altro che clorato di potassio. Una volta a casa si trituravano finemente le compresse riducendole in polvere e si riempiva con esse una piccola ampolla di vetro per l’inchiostro (si usava ancora il calamaio, la penna col pennino e la carta assorbente!) opportunamente pulita e conservata per la bisogna. In un’altra ampolla, uguale alla prima, si metteva lo zolfo che in campagna era facilissimo reperire. Poi su un foglio di quaderno si versava una piccola dose di polvere bianca e una uguale quantità di polvere gialla, mescolando accuratamente. Si svitava quasi completamente il dado dal bullone e, nello spazio libero che si era formato, si versava la miscela esplosiva, poi si riavvitava piano piano facendo in modo che la polvere entrasse in tutta la filettatura. A questo punto bastava scagliare con forza il bullone contro un sasso per provocare lo sparo, preceduto dalla fiammata e seguito dall’odore pungente dello zolfo bruciato. La sparatoria incominciava almeno una settimana prima dell’evento e, per i più piccoli, finiva la sera del 9 dicembre quando venivano richiamati dalla mamma per andare a letto. Però, se la polvere da sparo non era stata consumata tutta, veniva concessa una piccola proroga di una decina di minuti per esaurire l’esplosivo. Allora si vuotava la polvere residua sopra il marciapiede di cemento, si aggiungeva una uguale quantità di zolfo, si mescolava alla meglio, poi si copriva il tutto con un bel sasso liscio, di quelli levigati dai torrenti. A questo punto ci si allontanava di un paio di metri, si cercava una grossa pietra qualsiasi, si prendeva la mira e la si scagliava con violenza sopra al ciottolo levigato. Buuumm! L’esplosione finale era proporzionata alla quantità di esplosivo e a volte era talmente forte da sembrare una frustata sugli stinchi. Il grande botto faceva affacciare anche il papà che gridava e minacciava cinghiate. Allora di corsa a dormire, con le gambe che tremavano a causa dello spostamento d’aria provocato dall’esplosivo, stanchi e felici di essersi divertiti come non mai. Vittorio Grechi

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La dieta secondo la propria costituzione Seconda classificazione La seconda è quella che viene definita Fuoco/Cuore-Intestino Tenue, nella quale gli organi delicati sono l'apparato cardiovascolare e il Tenue. Il mentale è sotto il controllo del Fuoco che quando è in eccesso sta alla base delle malattie mentali. Questi soggetti si ammaleranno di ipertensione, arteriosclerosi, coronariti, infarti, Chron e alcune diarree, malattie mentali e psichiatriche. Da un punto di vista somatico presentano una corporatura agile ed elegante, un portamento distinto e altero, iperdinamico; sentono sempre caldo e sono spesso congestionati in viso, non tollerano gli ambienti chiusi e talora soffrono di fobie, sono idealisti che si infiammano con facilità, condottieri delle cause perse; hanno tendenze ascetiche e un animo religioso (Aramis), sincero, aperto, espansivo, prima parlano poi riflettono. Il sapore preferito è l’AMARO che indurisce ed è bilanciato dal salato che rammollisce. I cibi consigliati devono rispondere al concetto fondamentale

di essere rinfrescanti, tali che non accrescono il calore già presente naturalmente e che potrebbe divampare. Bere grandi quantità di acqua e frutta di stagione, tra cui ciliegie, fragole, mirtillo, mela, mango, arance amare, cocomero. La verdura da preferire è l’indivia belga, i cetrioli, la zucchina, melone, i pomodori maturi, la cicoria, il tarassaco, i cavoli, il sedano, il basilico come aroma. Tra i cereali il riso integrale, l’orzo, l’avena; azzerare le carni, da preferire il pesce di lago e l’agnello. Piante medicinali sotto forma di infusi quali il biancospino, la lavanda, la melissa, la rosa canina, basilico. Alcune ricette: Torta di riso e frutti rossi; crepes di riso; pancake riso e mirtilli neri; zuppa di orzo e fagioli; risotto integrale con radicchio e noci; riso semintegrale alla zucca; indivia belga al forno e filetti di coregone; verdure saltate con tofu alla griglia; insalata amara con tofu e olive nere; insalata di orzo con verdure (fagiolini, carote, piselli). Dr. Leonardo Paoluzzi Medico chirurgo - Esperto in agopuntura e fitoterapia

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illu re st

Vincenzo Policreti Terapeuta per sintomi quali ansia, panico, ossessioni, compulsioni, disturbi alimentari, gelosia, ma anche, tanto per la sua formazione quanto e soprattutto alla luce della sua assai lunga esperienza professionale e umana, professionista per condurre terapie piÚ complesse, in grado non solo di risolvere i sintomi, ma anche di incidere sul profondo della persona. Plurilaureato. Grandissimo conferenziere, bravissimo attore, eccellente scrittore. Ha vissuto l’avventura de La Pagina fin dal primo numero.

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