Gerico
Giampiero Raspetti
N° 10 - Dicembre 2008 (60°)
Gerico, città delle palme, uno dei primi insediamenti urbani. Trecento abitanti, undicimila anni fa. Ora vive solo nella memoria dei singoli, ma dette origine alla cittadinanza. Il termine civitas, da cui città, rappresentava, per gli antichi Latini, l’insieme dei rapporti tra cittadini. Analogo significato per polis (città-stato greca), da cui politica. Civiltà e politica nascono gemelle ed esaltano la loro essenza progredendo unite. Non sempre accade. Inciviltà e uso della politica a fini personali insidiano spesso regole comuni e serena convivenza tra cittadini, generando sacrosanta indignazione. Due civilissimi politici hanno però scalfito l’infecondo degrado. Il senatore McCain, anziano, distinto, nobile che, nel suo discorso da sconfitto (elettoralmente), dichiara: Il popolo ha scelto. Ho avuto l'onore di salutare il nuovo Presidente degli Stati Uniti. E’ una giornata storica. Il neopresidente Obama, giovane, disinvolto, illuminato. A lui affidiamo residue speranze. Ad entrambi dobbiamo l’onore di sentirci oggi cittadini del Nuovo mondo. A Gerico i primi Templi, sontuosi luoghi di culto ove si focalizzava il rapporto tra soprannaturale e comunità civile, ed i primi Palazzi, residenza dei sovrani, monumentali perché dovevano intimorire e rassicurare. In entrambi si cominciò ad accumulare eccedenze alimentari e ricchezze di sorta. A due passi da Gerico, poco a sud di Gerusalemme, nacque Cristo, in una non sontuosa né monumentale grotta. Egli ammonì, con estrema chiarezza, a non procurarsi oro, né argento, né moneta di rame, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone... fornendo così all’intera umanità una formidabile cartina di tornasole per separare il grano dal loglio, per distinguere cioè il vero seguace da chi fa finta. A Gerico Gesù respinse le tentazioni, convertì Zaccheo, donò la vista a Bartimeo, dispensò la parabola del buon Samaritano. Rinasce. Per far sì che individui potenti, ma privi di candore, risultino immuni da diaboliche tentazioni; per convertire gli addetti al male, adusi alla corruzione; per donare la vista ai tanti ciechi che sanno sbirciare solo il passato, incapaci di affrontare una realtà molto più complessa ed articolata di quanto possano capire ed impossibilitati a pre-vedere il futuro; per far riconoscere e rispettare il prossimo, proteggendo i buoni samaritani e guidando sacerdoti e leviti, sorveglianti del Tempio e del Tabernacolo, non solo ad assistere, ma a fare la stessa vita dei poveri. Proprio come insegnato da San Francesco e da Madre Teresa, loro sì maestri unici. Se tutto questo avverrà, beneficeremo del dono, divino, del fertile orgoglio, quello di sentirci non solo cittadini del Nuovo mondo, ma anche, di nuovo, del Vecchio, che da Gerico ebbe i natali.
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Lettera di Natale al Presidente, F P a t ri zi Casa Bianca, J D a n i el i Università a Terni, quale soluzione?, A Mel a secche TOYOTA Una mobilità sostenibile, J D ’ A n d ri a Il piacere..., C C a rd i n a l i Non ora, ma labora, S R a sp et t i Non si preoccupi, signora mia..., F B o rzi n i Scacchi neri, scacchi bianchi, P F a b b ri Ristabilire obiettivi morali e valori, G Ta l a m o n t i E’ possibile una politica eticamente corretta?, A R a t i ni DANESI Progetto Mandela J Derrida e il decostruzionismo, P S eri 9 IT C C esi 10 -11 L i ceo C l a ssi co MARIA, D G h i o n e, E R u ff i n el l i
OSPEDALE S. INTERPAN OBAMA, A L i b era t i Inguaribile non è incurabile, B R a t i n i SOLIDARIETA’, R B a rt o l u cci , M B a t t i st el l i Astronomia, T S ca cci a f ra t t e, G C o zza ri , F G u erri Astronomia, P C a sa l i , S Va l en t i n i , G C Quando arrivò Buffalo Bill, S B el l ezza CESI nell’età moderna, d i R N o b i l i Una serata come tante, G R
Lettera di Natale al Presidente
U N I V E R S I T A’ A T E R N I Quale soluzio n e?
Signor Presidente, Lei solo può darci speranza e fiducia nel futuro, Lei solo può cambiare il cambiamento, Lei solo può occuparsi della Crisi Economica Mondiale! Per prima cosa, ha detto rivolgendosi a chi le stava vicino, bisogna rilanciare l’industria automobilistica e infondere quella cosa… oddio, mi sfugge il termine… insomma, quella cosa che incentiva il potere d’acquisto. Veniamo al dunque. È Natale, siamo tutti ben disposti verso gli acquisti, tutti sorridenti e contenti, tranne me. Io mi sento in colpa, Signor Presidente, e spero che legga questa mia confessione con indulgenza e comprensione. Possiedo un’auto vecchia e ammaccata, però quando giro la chiave parte, beve parecchia benzina, ma lo considero un incentivo a non usarla troppo, dico sempre di cambiarla, ma poi sono tredici anni che la tengo. Quando sento parlare della crisi delle aziende automobilistiche, che le sono molto vicine, mi sento chiamato in causa in prima persona, perché non mi decido a rottamare il mio catorcio. Signor Presidente, il fatto è che ora non mi posso permettere un mutuo pluriennale, neanche agevolato a tasso zero, cerco di vivere, finché posso, secondo le mie possibilità, quando potrò, cambierò auto, ma adesso sarebbe solo un debito spalmato per anni. Sono reo anche nel campo edilizio, non mi decido a comperare casa. Ne parlavo con un amico che vive a Berlino, là stanno tutti in affitto, anche chi guadagna bene, invece qui da noi chi ha uno stipendio da fame, la prima cosa che fa appena sposato è il mutuo per la casa, trent’anni di debiti, se la tua vita non cambia (e se la coppia non scoppia!). È Natale e mi sento ancora più in colpa perché non compero la cucina nuova, la tv al plasma, l’I-phone… sono un peso morto per la società, sono statico e stanziale, non spendo e non mi espando, diciamo che non ho un ritmo. Non sono io a dirlo, lo dice il professor Bauman, per sostenere l’economia, il cittadino deve mantenere un ritmo costante, buttare e comperare, buttare e comperare… Che devo fare, Signor Presidente? Se lo dice Lei, questo Natale prendo un mutuo e compero l’auto nuova, ma non mi sento sicuro, i mutui mi mettono pensiero, davvero sono l’unico concime della nostra economia? Davvero è questo quello che ci sta chiedendo? Mi manca quella cosa che le dicevo prima, ora mi è tornata in mente, si chiama ottimismo, sì, l’ottimismo, quella forza dirompente che ci spinge ad acquistare e ad accendere i mutui immaginando il futuro (da qui a trent’anni, a tasso variabile). Ah, l’ottimismo! È il profumo dell’economia. È Lei a dirlo ed è anche il professor Bauman, ma ho capito che non date lo stesso valore alla parola. Dovendo lavare il mio senso di colpa, ho deciso che comprerò qualche pensierino da scambiare sotto l’albero, niente di impegnativo, tutte cose che già possiedo, ma farò finta che sono da buttare e ricomperare. Colgo l’occasione per augurare Buon Natale a Lei, Signor Presidente, alla Sua famiglia e all’Industria delle Automobili, Francesco Patrizi che si regge sul nostro sorriso.
I recenti provvedimenti del Ministro Gelmini hanno suscitato, a vario titolo, centinaia di reazioni e commenti UNIVERSITA’ non sempre sereni. La situazione politica nazionale porta ormai allo scontro TERNI su tutto a prescindere da valutazioni obiettive sulla loro effettiva portata. Non v’è dubbio che, vista la situazione esistente in termini di qualità dei risultati, che ci vede precipitare nelle classifiche al livello della Grecia e del Portogallo, qualcosa andava fatto, quindi, posizioni conservatrici di difesa ad oltranza dell’esistente appaiono inaccettabili, ma va anche detto che le disfunzioni in un settore così delicato non possono trovare soluzione a colpi di decreti legge. Inoltre, dopo gli anni della contestazione, l’aver derubricato ad aspetti marginali sia il merito che il comportamento, ha portato all’attuale situazione di dequalificazione e spesso di inciviltà. Mentre i fenomeni di bullismo sono ormai all’ordine del giorno, l’aspettativa o, non di rado, la pretesa della promozione, a prescindere dall’impegno e dai risultati conseguiti, è abbastanza generalizzata. Le conseguenze sono veramente tristi. Né appare migliore la classifica degli atenei per percentuale dei laureati rispetto agli iscritti, perché favorisce una deriva lassista a tutto discapito del livello di conoscenza, penalizzando proprio coloro che riescono a coniugare serietà e risultati. In questo quadro non proprio esaltante, come si pone la situazione dell’Università a Terni? C’è chi manifesta per blindare l’esistente, chi invece, come l’Associazione per Terni Città Universitaria, propone oggi, di tagliare, mantenendo solo tre facoltà, Medicina, Ingegneria ed Economia. Verrebbe così eliminata la permanenza di Scienze Politiche a S. Valentino, quella di Scienze della Formazione, che presenta da tempo problemi a Maratta, ma suscita viceversa iscrizioni entusiastiche a Narni, da augurarsi stabili nel tempo. Forse, in medio stat virtus ed occorreva da tempo procedere al taglio di corsi di laurea dal sapore vagamente demagogico, investendo su quelli che danno forza al territorio e fanno conseguire agli studenti reali possibilità di dignitosa occupazione. Prima di lanciare soluzioni affrettate occorrerebbe forse tenere in considerazione quello che è poi lo scopo non esclusivo, ma principale, del conseguimento di una laurea: consentire allo studente di inserirsi positivamente nel mondo del lavoro. A questo proposito, il Dott. Giuliano Ciucci, nel conseguire una brillante laurea magistrale alla Facoltà di Economia, nella sua tesi Make your mark! (comprendo che i puristi della lingua avranno da ridire sui barbarismi ormai in voga ma, soprattutto in materia economica la globalizzazione giustifica l’uso dell’inglese), ha elaborato un’indagine particolarmente interessante fra gli studenti che hanno seguito i Corsi di Laurea nel Polo Scientifico e Didattico di Terni e che hanno terminato un ciclo di studi di durata specialistica, dal gennaio 2000 a dicembre 2007. Emerge chiaramente che, solo attraverso una maggiore collaborazione fra tutti gli attori si può procedere alla costruzione di un Polo Universitario che produca una conoscenza direttamente strumentale e funzionale ad aiutare, da una parte, i giovani e, dall’altra, le imprese presenti sul territorio. Tutto ciò non solo per favorire un migliore sviluppo, ma anche per proporre delle figure professionali direttamente compatibili con le esigenze e le necessità del mondo del lavoro. Se si osserva la realtà dei fatti, ci si accorge che in molti dei casi, in cui sono stati fatti passi in avanti nella direzione suggerita, tali iniziative sono state il frutto, in modo preminente, se non esclusivo, di scelte di alcuni attori lungimiranti, piuttosto che la conseguenza di scelte strategiche, condivise, dell’intero territorio. Non è possibile ora approfondire ulteriormente i risultati di quello studio, ma sarebbe interessante tenerne conto nel decidere dove tagliare e dove investire e potenziare. Certo è che conservare i Corsi in cui sono più numerosi i docenti degli studenti, appesantisce il livello di giudizio della Università nel suo complesso, impedisce di potenziare quelli che invece andrebbero qualificati in strutture, strumenti e docenti, soprattutto non aiuta Terni a risalire la china. alessia.melasecche@libero.it
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PA G I N A
Mensile di attualità e cultura
Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipografia: Umbriagraf - Terni
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Una mobilità sostenibile Proseguendo l’analisi dei principali biocombustibili oggi disponibili sul mercato, bisogna sottolineare che il bioetanolo è prodotto principalmente al di fuori del vecchio continente, mentre il biodiesel è diffuso prevalentemente in Europa. Questo soprattutto a causa della diffusione dei propulsori Diesel, che per i veicoli destinati al trasporto di passeggeri è rilevante solo in Europa. La produzione del bioetanolo è decisamente superiore: nel 2003 circa 36 miliardi di litri contro i 3,5 miliardi di biodiesel. Entrambi possono vantare un importante tasso di crescita: dal 2000 la produzione di bioetanolo è raddoppiata, quella di biodiesel è aumentata di quattro volte. Se però consideriamo il fabbisogno globale di carburanti, riusciamo a capire meglio quanta strada debba essere percorsa dai biocombustibili per diventare un reale fattore. La produzione mondiale di benzina è infatti superiore ai 1200 miliardi di litri, mentre quella di gasolio supera il miliardo di litri. In pratica il bioetanolo copre circa il 3% del fabbisogno di benzine, mentre il biodiesel meno dello 0,5%. L’obiettivo dell’Unione Europea per miscele di biocombustibili è stato stabilito dalla direttiva 2003/30/EC in un 2% entro il 2005, nel 5,75% entro il 2010. Sicuramente molto può essere fatto per diffondere i biocombustibili, ottimizzandone la produzione e la distribuzione e modificando nello stesso tempo i propulsori tradizionali per poter utilizzare miscele con tenore sempre più elevato di bioetanolo e biodiesel. Si pone però un problema ulteriore, quello dello sfruttamento di estensioni di terreno sempre più rilevanti per la coltura delle vegetazioni da cui produrre i biocombustibili. Infatti, nei prossimi anni la crescita demografica richiede un aumento della produzione di cibo e il destinare una parte importante dell’agricoltura alla produzione di carburanti crea evidentemente delle perplessità e scrupoli di tipo morale. Un obiettivo ragionevole può essere quello di coprire il 10% del fabbisogno globale di benzina con bioetanolo ed il 5% del fabbisogno di gasolio entro 10-15 anni. Esempio di paese che da tempo ha puntato sui biocombustibili è il Brasile, che da solo produce oltre 15 miliardi di bioetanolo, di cui circa un quinto destinati all’esportazione. Attualmente in Brasile la benzina in vendita al distributore contiene almeno il 20% di bioetanolo e oltre l’80% dei veicoli nuovi sono di tipo flex-fuel, ovvero possono essere alimentati con miscele benzinabioetanolo. E’ interessante anche guardare a quello che sta facendo in tema di biocombustibili la nuova superpotenza planetaria. Il governo cinese ha da tempo annunciato l’investimento di 200 miliardi di $ in 5 anni per incrementare la produzione di biocombustibili, con la costruzione di 90 nuovi stabilimenti e l’obiettivo di raggiungere il 5% di autosufficienza rispetto al consumo interno di carburante nel 2010. A conferma del nuovo corso, nel 2006 la Cina ha ridotto di oltre il 60% le esportazioni di grano, diventando per la prima volta un paese importatore. Tra gli obiettivi della China Renewable Energy Law, entrata in vigore all’inizio del 2006, vi è quello di innalzare la percentuale di consumo di energia da fonti rinnovabili al 10% nel 2010 e al 16% nel 2020. Nel prossimo articolo verrà aperto un nuovo capitolo, quello dedicato all’idrogeno. Ing. Jacopo D’Andria
Il piacere... Ci può essere piacere nella noia? La risposta è sì. Molto dipende dalla cultura di appartenenza e dal modo personale in cui viviamo stati d’animo ed emozioni. Tra la noia come un non sapere che fare e come un dolce far niente c’è già differenza. Niente è un termine che ai più spaventa, associato al nulla, al non esistere, al vuoto; che in genere producono ansia, angoscia, malessere. E allora si tende a riempire quel niente con qualcosa, anche qualunque: un’azione , dei pensieri… Ironia della sorte, è che spesso non ci si accorge che ciò che si fa per colmare quel vuoto è proprio ciò che lo fa percepire a livello interiore (di più) e/o che lo conferma, rafforzandolo. E così diventa una spirale. Il concetto di uso (del tempo, dello spazio, delle sensazioni, ecc.) viene troppe volte confuso e sostituito da quelli per cui si tende piuttosto a consumare e/o a riempire lo spazio/tempo. Nella nostra cultura occidentale siamo (stati) poco educati a lasciarci imprimere dalle emozioni - e poi a ragionarci su - e invece a pensare prima, manipolando il sentire poi. Nel dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare si afferma che il rimedio più potente contro la noia è, più del sonno e dell’oppio, il dolore: perché l’uomo, mentre patisce, non si annoia per niuna maniera. L’autore, G. Leopardi, definisce la noia il più sublime dei sentimenti umani. Per comprendere la sostanza di tale affermazione è forse utile risalire al significato della parola ed ai processi cognitivi ed emotivi a cui il poeta fa probabilmente riferimento. Per noia si intende uno stato affettivo doloroso caratterizzato da tensione diffusa, irrequietezza e senso di insoddisfazione. In particolare in concomitanza di situazioni che l’individuo vive come monotone e non gratificanti né stimolanti. Egli si difende da fantasie ed impulsi inaccettabili il cui contenuto è rimosso mentre la tensione viene espressa affettivamente. Sapere vivere la noia significa accogliere i conflitti interni, gli stati di empàsse senza sconvolgimenti né paure (ingestibili). Il messaggio che così diamo è che essi non ci distruggono, anzi ci fortificano, e diventa possibile trovare le risposte ai nostri dubbi, le piccole soluzioni ai conflitti. Una stupenda frase dello scrittore statunitense L.P. Smith esemplifica brillantemente il concetto. Egli afferma che la noia può essere così intensa da diventare una esperienza mistica. Mi viene in mente l’immagine che è nel titolo di un bellissimo libro (introspettivo) di A. Carotenuto, La scala che scende nell’acqua. Immergersi nel proprio limbo, scendendo gradino dopo gradino la scala della noia, che conduce in un luogo che cela all’occhio nudo tante semplici meraviglie. La metafora dell’acqua per la noia è appunto un modo per sottendere ciò che possiamo scoprire. L’acqua rappresenta la vita, il movimento; i fondali di alcune acque pullulano di una varietà di flora e fauna. Annoiarsi fa parte della vita, a volte della routine: non c’è da preoccuparsi, c’è da lasciarla scorrere perché è/sarà una condizione transitoria. Se si è troppo condizionati dall’esterno, è più facile avvertire (la) noia, con accezione negativa, tale da generare tristezza e/o ansia di fare. Dobbiamo imparare a normalizzare e ad ironizzare anche sul nostro essere noiosi, a volte: che problema c’è! Anzi, così saremo più sereni con noi stessi e più simpatici agli altri. Dott.ssa Claudia Cardinali Psicologa Psicoterapeuta - Esperta in Sessuologia Clinica
Quando la realtà non ci piace o addirittura crea malessere, ci rifugiamo nel sogno: è l’utopia che avanza, baldanzosa ed impertinente, ad alimentare le speranze di un cambiamento, a snebbiare la visione della realtà. Di sogni, pomposi e luccicanti, si potrebbe cospargere ogni attimo, sono gratis ed ognuno se li costruisce col pensiero a suo uso e consumo. Quando si vuole che la scuola sia un agglomerato di individui semoventi, molto seduti, poco in piedi, pronti ad ingurgitare nozioni standardizzate di ogni disciplina, io chiudo la porta e apro la finestra della mente perchè entri, almeno in essa, la quantità di luce che il sogno può propormi. Ci sono le aule... i banchi dovunque, sparsi o rigorosamente in fila, zaini in terra o appesi lungo la parete, in un epico scontro fra di loro per mancanza di spazio, la cattedra frontale, la lavagna perennemente appannata dalla polvere di gesso che volteggia
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nell’aria, inalata da alunni e insegnanti... Le aule ci sono... ma con tavoli di lavoro intorno ai quali discutere, confrontarsi, proporre, prospettare teorie, confutare opinioni, documentare attività di ricerca, di comunicazione, di espressività; schermi a parete su cui scrivere, computer per comunicare con compagni di ogni latitudine, scaffali di libri, non sussidiari, a cui attingere. Tanti laboratori, labor per fare, per apprendere facendo. Laboratori dove impera il simbolo, che esso sia alfabetico, numerico, grafico, iconico, sonoro, gestuale e corporeo, non importa... simboli che rendano gli esseri umani compartecipi nella comunicazione linguistica, nella decodifica semiotica e capaci di tuffarsi nelle viscere affascinanti della semantica. Simboli che consentano di muoversi nel mondo straordinario della relatività, della corrispondenza tra elementi, tra eventi, tra fenomeni, sulla base di criteri di volta in volta affrontati, secondo l’ambito di studio. Sono criteri che attraversano tutte le discipline perchè la rete delle relazioni tesse l’ infinita ragnatela della conoscenza. Nei labor si potrà comunicare in ogni lingua perchè le esperienze su e con i simboli trascendono la comunicazione verbale dei paesi di origine. Contesti di gioco, contesti di lavoro e, giocando o sperimentando, il linguaggio si arricchisce di sfumature fonetiche diversificate; il lessico si insinua nel tessuto intellettivo di ciascun bambino, sia da sempre italiano o nuovo italiano. Il sogno esplode nell’immagine mentale di un laboratorio di connessioni linguistiche con insegnanti di lingua madre inglese che interagiscono con insegnanti di lingua madre italiana e con mediatori culturali di altre nazionalità.
Uno... cento... mille maestri...
I rituali di vita che, in ogni angolo del pianeta, si radicano per motivazioni geologiche e climatiche, sono occasioni intellettuali da non tralasciare: un confronto serrato tra culture dà il senso pieno dell’universalità... Nel laboratorio dei simboli non ci sono predisposizioni individuali da dover potenziare, non ci sono settorializzazioni di alunni in base a provenienze e livelli di intelligenza, ma solo un mondo di segni comunicanti che non rende nessuno figlio di un dio minore. E il voto in pagella, che ha sempre sentenziato, mai evidenziato i sottili risvolti della personalità di un alunno, si adombra di passato come la penna col pennino, l’inchiostro nell’incavo del banco, il tampone di carta assorbente, la penna rossa della maestrina di antica memoria... ma è solo un sogno. Sandra Raspetti sanras@tele2.it
N o n s i p r e o c c u p i , Scacchi neri, scacchi bianchi Poco più di trent’anni fa, a Terni si organizzò un torneo di signora mia... scacchi tra le scuole superiori della città. Tutti gli istituti
laboratori
...l‘Italia non è un Paese razzista. Non lo era neanche ai tempi delle leggi razziali e delle guerre coloniali, figuriamoci adesso. Certo, abbiamo visto dei vigili urbani picchiare un ragazzo di colore in un parco di Parma, perché aveva l’aria sospetta. Abbiamo visto prenderne a sprangate un altro, morto ammazzato per aver rubato dei biscotti a Milano. Abbiamo visto bruciare un campo di rom in Campania (ma no, non è quella la termovalorizzazione!). Stia tranquilla, però, l’Italia non è un Paese razzista. Al massimo, a noi italiani (Buoni gli italiani, brava gente gli italiani, buontemponi gli italiani!) ci può scappare qualche battuta da “ganassa”, in stile commendator Zampetti: Uè Tartufòn, ven chi! Noi non guardiamo al colore della pelle. Prendiamo Obama. A tutti noi piace Obama, pure a destra, pensi un po’. È bello, alto, istruito, facondo, educato. Non può mica essere un negro, al massimo è uno abbronzato (Risate). Prendiamo l’emendamento presentato dalla Lega Nord al pacchetto sicurezza: i clandestini che si recheranno al pronto soccorso dovranno essere denunciati dal personale medico. Davvero un’idea geniale: indovini un po’ quanti clandestini si recheranno al pronto soccorso d’ora in poi? (Applausi). Ma non si tratta di una norma razzista: si applica a tutti i clandestini, senza guardare al colore della pelle. Poi c’è la proposta di istituire le classi ponte, per tenere i figli degli stranieri che non parlano correttamente l’italiano ben distanti dai nostri pargoli. L’integrazione è tanto bella, signora mia, ma è meglio evitare di farla proprio nella classe di suo figlio, no? E poi ci sono i test di corretta conoscenza della lingua italiana: ma no, non si preoccupi, li fanno solo agli stranieri... Lo vede? Mica siamo diventati razzisti. Non ha visto quello che è accaduto a Rimini? Hanno bruciato vivo un barbone mentre dormiva sulla panchina. Era un barbone italiano, aveva la pelle bianca. Mica siamo razzisti. A noi i poveri fanno schifo tutti, a prescindere. Francesco Borzini
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dell’epoca erano rappresentati: liceo classico, liceo scientifico, ragioneria, geometri, magistrali, industriali. Lo scientifico annoverava un paio di giocatori davvero notevoli, che avevano già il grado nazionale di candidato maestro nonostante la giovane età. Nonostante loro, i pronostici non erano a favore del Galilei, e le previsioni vennero rispettate, perché dovette accontentarsi della piazza d’onore. La scuola vincente fu l’ITIS che, al pari dell’Inter dei giorni nostri, schierava nelle quattro scacchiere tutti giocatori stranieri: ragazzi venezuelani che frequentavano l’Istituto Tecnico di Terni grazie ad un progetto di scambio culturale sponsorizzato dalla Società Terni. Così, quando nella sala del vecchio Comune venne chiamata sul palco a ritirare il trofeo la squadra vincitrice, furono quattro adolescenti dai capelli crespi e moderatamente abbronzati a riscuotere la coppa e gli applausi. Con la scusa degli scacchi, noi sconfitti (la squadra di chi scrive si piazzò in un dignitosissimo ultimo posto) avemmo occasione di parlare un po’ con questi ragazzi che erano un vero evento per la città: a quel tempo non si vedevano molti stranieri per le strade di Terni e la ventata sprovincializzante portata dai figli di Caracas ci faceva sentire tutti un po’ internazionali. Chiedemmo loro come si trovassero, e loro dissero che la città gli piaceva; sorridendo, confessarono poi che erano davvero sorpresi dal fatto che tutte le ragazze che incrociavano durante il passeggio in corso Tacito facevano loro dei gran sorrisi e li salutavano anche se non li conoscevano. La cosa ci incuriosì. Conoscevamo le nostre coetanee, e strappar loro sorrisi era una cosa che riusciva con difficoltà, solo a pochi, bellissimi eletti. Organizzammo una verifica sul campo e constatammo che i venezuelani dicevano la verità. Tutte le ragazze li salutavano e facevano dei gran sorrisi, come aspiranti Miss Italia di fronte alla giuria con le palette. Stupefatti e incuriositi (e anche un pochino gelosi, dannazione) ne fermammo una che sapevamo essere altera e riservata, e le chiedemmo il perché di tanta cordialità. Lei ci guardò con aria colpevole, e confessò: Beh, se non li saluto magari mi pigliano per razzista, e io non lo sono. Mistero svelato. Era un classico caso di sovracorrezione: pur di non essere presi per razzisti si preferiva eccedere in confidenza. L’assenza di razzismo si dimostra soprattutto nella noiosa normalità, e normalità significa anche trattare con il giusto grado di estraneità chi ti è estraneo, perfino mandando civilmente a quel paese chi se lo merita, a prescindere dal colore della pelle. Semplicemente non tenendo conto dei tratti somatici come non si tiene conto del colore degli occhi. Ma allora era troppo forte il senso della novità: pelli scure si vedevano solo al cinema e in tv. Adesso, trent’anni dopo, sono molte le cose che suscitano nostalgia, ripensando a quel periodo. Era bello vedere un torneo sportivo interscolastico: ma forse queste cose si fanno ancora. Era naturale riconoscere che i ragazzi venezuelani fossero più forti di noi a scacchi: nel loro paese il gioco era molto diffuso e insegnato anche nelle scuole e a quei tempi si riconosceva senza fatica che una cosa insegnata a scuola fosse utile, imparata e ben posseduta dagli studenti. Sembra ovvio, ma anche queste ovvietà sembrano recentemente messe in dubbio dai detrattori della scuola pubblica. Era bello vedere la curiosità con cui la città guardava i caraibici girare per le vie del centro; era una curiosità positiva, serviva a Terni per sentirsi meno provinciale: ed era piacevole vedere tutti partecipare ad una sorta di corsa all’ospitalità. Come nel caso dei troppi saluti e dei troppi sorrisi delle ragazze, era evidentemente un comportamento esagerato, forse addirittura un po’ razzista proprio perché eccessivamente preoccupato di non volerlo sembrare; ma almeno le intenzioni erano buone. Oggi, invece, le cose sono diverse. Come ricorda Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, ci sono giornali (organi di partiti di governo) che continuano a chiamare bingo bongo tutti coloro che non sono di pura razza bianca. Razze che, a sentire gli esperti, non hanno neppure un fondamento scientifico, perché le differenze tra razza e razza sembrano essere inferiori a quelle che si trovano tra individui della stessa razza; e questo basta e avanza per far crollare qualsiasi idea di classificazione a scomparti definiti. Ma tanto di quel che dice la scienza non gliene importa niente a nessuno, e molti italiani di oggi, tra loro certo anche molti ternani, si ritengono superiori agli stranieri che non sono più rari com’erano trent’anni fa. E non è allora solo per nostalgia se, tra un vecchio sorriso ingiustificato e un nuovo bingo Piero Fabbri bongo sibilato con cattiveria, continuiamo a preferire il sorriso.
P.zza del Mercato Nuovo, 61 - 05100 TERNI www.salvatidiagnostica.it - Dir. Dr. Roberto Salvati
Unità Operative
Settore Medicina di laboratorio Tel. 0744.409341 Patologia Clinica (Ematologia, Chimico-Clinica, Immunochimica, Coagulazione) Microbiologia e Parassitologia Clinica Riproduzione (dosaggi ormonali, valutazione fertilità maschile) Infettivologia - Allergologia - Biologia Molecolare Tossicologica umana e ambientale - Citologia Intolleranze alimentari - Malattie Autoimmuni
Settore AcquAriAlimenti Tel. 0744.406722 Microbiologica e chimica degli alimenti e delle acque Consulenza ed assistenza tecnico-legislativa in aziende alimentari Valutazione, progettazione, implementazione piani HACCP Corsi di formazione ed aggiornamento
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Ristabilire obiettivi morali e valori
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E ’ possibile una politic a eticam ente corre tta?
Che il doping fosse pratica diffusa anche fra i dilettanti senza speranze è cosa risaputa, nota e terribilmente vera. Sconcerta, invece, chiedersi il perché. Se non ci sono milioni da portare a casa, se non ci sono trofei prestigiosi, se non ci sono giornali e televisioni a sbandierare l’impresa, a chi giova imbottirsi di anfetamine, epo, schifezze varie o sottoporsi a maschere ipossiche per ridurre il ricorso all’ossigeno e portare a casa solo il prosciutto offerto dalla Ditta Porchetti? Essere primi è l’imperativo dei forzati della vittoria. Arrivare secondi non serve a niente, fatta eccezione per l’impegno ad aumentare le dosi di doping la volta successiva. Il popolo dei masochisti della salute non si limita ai dilettanti che, bene o male, coltivano l’attesa, seppur siderale, di un passaggio al professionismo, ma prolifica inspiegabilmente fra gli amatori. Quelli sportivi, intendo, perché gli altri avrebbero, alla fine, una pur minima giustificazione, anzi soddisfazione. Fra i patiti dello sport tardosettimanale, quello cioè praticato dai dopolavoristi traditi dalla speranza di diventare campioni, ma interessati a dimostrare agli amici quello che non è stato ma avrebbe potuto essere, si nascondono schiere di illusi che hanno confuso l’azione benefica dello sport come esercizio propedeutico di un buono stato di salute con l’obbligo di eseguire performance che avranno eco solo nel contesto parlereccio di un bar di quartiere. Se non fosse per il pessimo esempio offerto ai più giovani e per l’illecito guadagno regalato a parafarmacisti da strapazzo, la libertà di suicidarsi dovrebbe essere un diritto sacrosanto della persona. Il guaio è che, invece, un comportamento così assurdo, illogico ed autolesionista pesa gravemente sulla comunità, sia in termini economici che sociali, favorendo l’assuefazione a scorciatoie pur di raggiungere un obiettivo privo di senso, se non quello di riscuotere l’ammirazione dubbiosa di qualche compagno di merende. In questa leggerezza infinita risiede la preoccupazione di chi ha a cuore l’educazione dei giovani e la diffusione dello sport. Un binomio inscindibile, eternamente esposto ai rischi del naufragio, in balìa di sirene ammiccanti e approdi facili su isole inesistenti. Praticare un’attività sportiva è faticoso e il premio al sacrificio non può essere sempre e solo un pacco di soldi, né può essere una costante la vittoria ad ogni competizione. C’è qualcosa di sbagliato nel messaggio mediatico, ma non perdiamo tempo ad addossare le colpe a questo o a quello. La parte sana della società, prima che sia sopraffatta dagli eventi, si adoperi a ristabilire obiettivi morali e valori, e dare così risposta al profondo disagio patito dai giovani e da un’intera generazione di ex-giovani refrattari ai sacrifici quotidiani.
Negli ultimi anni in Italia la principale critica che noi cittadini rivolgiamo alla classe politica, a dire il vero con una dose sempre crescente di qualunquismo e menefreghismo, è quella di essere interessata solo al proprio tornaconto, di essere autoreferenziale e sostanzialmente di non occuparsi più dei problemi, delle necessità e delle aspirazioni della collettività intera. La classe politica dal canto suo non fa molto per dare un’impressione differente: le parti si accusano reciprocamente di favorire ed avere a cuore esclusivamente i rispettivi gruppi di potere, coltivando, come si suole dire, ciascuno il proprio orticello e tenendo in conto come sola ed unica guida la stella polare della rielezione. Come ulteriore aggravante è evidente che menefreghismo dei cittadini ed autoreferenzialità della politica siano progrediti di pari passo, influenzandosi e, per dirla in gergo ciclistico, tirandosi la volata reciprocamente: molti ormai identificano nella politica esclusivamente la soluzione a problemi particolari o la scorciatoia per raggiungere un privato obiettivo, spesso a discapito degli altri. L’unico freno naturale a questi due fenomeni è ad oggi il progressivo esaurimento delle risorse pubbliche e la sostanziale indisponibilità di nuove fonti per alimentare il meccanismo perverso che la peggiore partitica, ovvero l’esercizio dell’attività politica avente a cuore unicamente gli interessi di parte, alimenta da decine di anni. Tutto scaturisce da un unico problema centrale: la mancanza di etica tanto nella politica, quanto nell’accesso ad essa da parte dei cittadini. Tornando con la memoria a quelle che dovrebbero essere le sacre scritture del nostro vivere civile e le origini della civiltà moderna, viene alla mente il discorso che Pericle, il primo ministro di Atene negli anni del massimo splendore, fece oltre 2500 anni fa ai suoi concittadini. In uno dei passi centrali si legge: Ci è stato insegnato a rispettare i magistrati e ci è stato insegnato anche a rispettare le leggi e a non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato a rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso. Allo stesso modo, anche la Costituzione Italiana, come al solito, è chiarissima: Il politico, cioè il cittadino cui sono affidate funzioni pubbliche, ha il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge (art. 54). E tutto questo anche e soprattutto quando la normativa, le leggi e il diritto in generale vengono rispettati. Cosa vogliono dire i termini disciplina e onore? Come si declinano nel giornaliero operare? E’ sufficiente che sia rispettata la legge vigente per poter dire che un politico si sia comportato correttamente? La risposta è no, non è affatto sufficiente. Adempiere ai propri compiti istituzionali con disciplina e onore significa, per esempio, comportarsi con la massima trasparenza nell’esercizio delle proprie funzioni non utilizzando la propria privacy ed in definitiva il proprio status per impedire ai cittadini la conoscenza del proprio operato e delle proprie scelte. E’ ancor di più, visto che si è eletti in rappresentanza dei cittadini, non solo accettare, ma anzi sollecitare il confronto sulle proprie scelte con i cittadini stessi in base al programma che si è presentato e sul quale si è stati giudicati e quindi eletti. Sembrano utopie sulle quali oggi sono facili perfino gli umorismi, ma sono i princìpi cardine su cui dovrebbe basarsi una società civile e democratica e basta guardare la situazione attuale per capire quanto questo sia vero e quanto essi siano necessari. A maggior ragione a livello locale, dove le distanze tra organi di governo e cittadini sono minori, gli interessi diretti della comunità dovrebbero essere l’unico faro guida della classe politica. Come dicevo, ormai la reazione più diffusa a certi comportamenti dei rappresentanti delle istituzioni è quella di disinteresse verso la cosa pubblica, legato al fatto che il sistema politico attuale si è arroccato e trincerato dietro al suo status e che quindi la responsabilità non è dei cittadini che lo subiscono. Questo di per sé non è accettabile in una democrazia. Sempre dal discorso di Pericle: Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla. Ed infine c’è anche l’altro, pesantissimo, lato della medaglia. E’ cioè il fatto che l’etica non può essere un obbligo solo per il politico, ma deve esserlo allo stesso tempo anche per ogni cittadino. Come si può chiedere al politico di essere eticamente corretto, se poi, come molto spesso avviene, il cittadino è il primo a rivolgersi al suo rappresentante istituzionale di riferimento per chiedergli favori e privilegi per sé e per la sua parte? Questi sono i temi cardine che noi Italiani dovremmo finalmente affrontare per far diventare la nostra nazione un paese normale, dove disonestà e privilegio siano almeno emarginati e dove chi si comporta correttamente non passi sempre per il cosiddetto fesso di turno: quello che occorre a mio avviso è un patto etico tra tutte le componenti della società, finalizzato a cambiare questo stato di cose. Dulcis in fundo, chiudiamo sempre con Pericle: Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
I n g . Giocondo Talamonti
Alberto Ratini
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Ieri l’impegno, oggi la sfiducia? I giovani di oggi tra presente e passato Progetto Mandela si propone di affrontare il tema dell’impegno dei giovani rispetto alle problematiche politiche e sociali che li riguardano. Nell’ambito del laboratorio di comunicazione, per approfondire l’argomento trattato, sono state raccolte varie interviste La Provincia di Terni che cercano di sondare i pensieri dei giovani per la cultura e di chi un tempo era giovane per capire quale sia l’opinione di entrambe le parti riguardo l’impegno giovanile. Per impegno si intende assunzione di responsabilità nei confronti della società al fine di conoscerla, capirla nei suoi aspetti, esserne partecipi e prepararsi ad affrontare il futuro. Sembra che l’impegno dei giovani sia diminuito rispetto al passato, visti specialmente gli episodi emblematici del Novecento: dalla resistenza alle rivolte degli anni ‘70 in cui i giovani sono stati protagonisti. In questi frangenti erano radicate nei ragazzi forti convinzioni politiche che li spingevano a lottare per i propri ideali e diritti. Ora però è maturata in loro una sfiducia verso la politica, in quanto la sentono come una realtà distante, da vecchi, priva di stimoli e in cui è difficile affermarsi solo con le proprie forze. È emerso da diverse interviste degli stessi ragazzi che oggi i giovani sono più attratti dall’ottica del tutto-subito e viene meno la capacità di lottare per ideali, anche se sentiti vicini, e di raggiungere un proprio obiettivo. Secondo i più grandi invece non è possibile generalizzare perché ci sono ancora ragazzi che si informano e si impegnano attivamente, ma non sono messi in luce da una società che fa emergere solo i conformisti, chi sta zitto e si adegua alla massa. Non si possono così dimenticare i giovani che si impegnano nel volontariato o nelle associazioni antimafia come i Ragazzi di Locri, che sensibilizzano contro la malavita al motto di Ammazzateci tutti. A volte i giovani con proprie idee ben ferme sono poco considerati, come accade in questi giorni nella protesta contro la riforma Gelmini, in cui hanno fatto sentire la loro voce e sono stati anche accusati di farsi strumentalizzare politicamente. Lo sciopero per la riforma scolastica, che ha coinvolto moltissimi studenti e insegnanti, è una prova che molti giovani sanno ancora battersi per le proprie idee. Giulia Aguzzi, Chiara Bianchini, Maria Laura Bianchini
È un momento complicato per il rapporto fra l’ impegno sociale ed i giovani, che sono profondamente delusi da un mondo vecchio, distante, che li tratta con superiorità e diffidenza. Quest’ anno i ragazzi del Progetto Mandela si occupano proprio dell’impegno dei giovani nel passato per comprendere il difficile presente. Tra i periodi storici che hanno visto i ragazzi in prima linea, particolarmente importante è quello della Resistenza. Ascoltando questa parola, la maggior parte delle persone ripensa alla guerra del popolo italiano contro il nemico nazi-fascista per ottenere la libertà e la democrazia. Quello che non tutti sanno è che numerosi partigiani erano appena maggiorenni. I giovani, spinti da ideali di libertà ed uguaglianza così forti, leali, sinceri, non solo abbandonarono i propri cari, le proprie occupazioni, ma andarono a morire, orgogliosi di ciò che stavano facendo. Questa serenità, quest’orgoglio sono espressi nella lettera di Bruno Frittaion, studente diciannovenne condannato a morte dalle SS: Muoio senza alcun rimpianto, anzi sono orgoglioso di sacrificare la mia vita per una giusta causa e spero che il mio sacrificio non sia vano, anzi sia di aiuto nella grande lotta. Di quella causa che fino a oggi ho servito senza nulla chiedere e sempre sperando che un giorno ogni sacrificio abbia il suo ricompenso. Per me la migliore ricompensa era quella di vedere fiorire l’idea che purtroppo per poco ho servito, ma sempre fedelmente. Addio a tutti. Vent’anni dopo i giovani tornano ad essere grandi protagonisti con il ‘68, il più grande movimento giovanile di sempre che ha cambiato in maniera radicale la società occidentale. Non solo studenti ma anche giovani operai manifestavano insieme contro un malessere sociale profondamente diffuso, derivato dal fatto che lo sviluppo in campo economico non era riuscito a portare un cambiamento all’interno della società, rimasta chiusa e arroccata su posizioni distanti dal sentire comune. All’ inizio gli studenti volevano un’università accessibile a tutti, protestavano contro il piano di studi e lo statuto mentre i giovani operai protestavano contro un sistema che li rendeva macchine. A partire dal ‘66, quando i giovani accorsero in massa a prestare aiuto alla Firenze alluvionata, arrivando al ‘68, in cui tutte le università erano occupate e tutti i giorni si assisteva a manifestazioni, la rivolta si è allargata a macchia d’olio ed ha toccato moltissimi aspetti della società dell’epoca. Si criticava il sistema capitalistico che metteva la ricchezza davanti all’uomo e alle sue necessità, si rivendicava una maggiore libertà in campo sessuale, una maggiore uguaglianza e una maggiore partecipazione da parte di tutti. I giovani avevano di fatto permesso la nascita di un’epoca nuova, e con la loro determinazione e il loro vigore hanno dimostrato, per la prima volta nella storia e contro ogni pregiudizio, di poter fare qualcosa di veramente importante. Dal confronto con la situazione odierna bisogna comunque ammettere che i giovani d’oggi appaiono passivi e menefreghisti rispetto al passato, probabilmente perchè sono avvolti da una società che non fa altro che proporre modelli superficiali e difendere la mentalità del tutto e subito. Edoardo Santoni - Giovanni Agostini
Jacques Derrida e il Decostruzionismo
Prima parte
Una figura di spicco nell’ambito della corrente postmoderna è il filosofo J. Derrida (1930-2004), autorevole studioso francese molto noto negli U.S.A., che si inserisce nel quadro molto complesso e contraddittorio della cultura contemporanea, di cui avevamo cercato di tracciare una breve panoramica negli articoli pubblicati su La Pagina prima della pausa estiva. Egli ha inaugurato un nuovo atteggiamento filosofico, da lui definito Decostruzionismo, volto ad attuare una decostruzione della tradizione filosofica occidentale. Derrida è, quindi, una figura controversa all’interno della tradizione filosofica occidentale che proprio le sue teorie vogliono distruggere. Se le filosofie moderne sono caratterizzate dall’intenzione di creare sistemi filosofici basandosi su presupposti trazionali, in epoca postmoderna, invece, la filosofia deve andare oltre la tendenza all’immutabile ed alla verità definitiva; essa è, dunque, un viaggio mai concluso. Il Decostruzionismo non intende fondare verità stabili, come la metafisica; mira, invece, a mettere in risalto i significati che si sottendono al testo filosofico, operando così uno smantellamento delle categorie filosofiche tradizionali. Non è una dottrina filosofica tradizionale; è un modo di avvicinare il testo filosofico, rovesciandone il senso e negandone la pretesa verità, smontandone l’impianto dimostrativo. Non si tratta, però, di un atteggiamento meramente distruttivo in quanto tale processo produce nuovi significati che si nascondono in ciò che non è ancora detto e vanno ad arricchire il significato del discorso originario. Il procedimento della decostruzione, pertanto, è un procedimento creativo di demitizzazione e di speculazione libera, una tecnica più letteraria che filosofica. Decostruire un testo significa far uscire da esso quella parte di senso che era rimasta chiusa nell’inconscio del testo che indicherà la strada del possibile e del non ancora realizzato. Si tratta di un pensiero filosofico che rispecchia la concezione del postmoderno: qualsiasi definizione non riflette completamente la realtà, ma ha valore solo ciò che è lasciato in sospeso, ovvero il concetto in movimento. Nel postmoderno ogni concetto non ha la pretesa di essere valido per tutti, dappertutto e sempre, ma si rende disponibile all’imprevedibilità del cambiamento. Del resto l’aspetto più autentico della realtà è il divenire, il mutamento, il panta rei. Il Decostruzionismo critica l’intera tradizione metafisica occidentale. Derrida definisce quest’ultima mitologia bianca in quanto il pensiero occidentale si presenta come il pensiero degli uomini bianchi che pretendono di universalizzare il loro filosofare. Il pensiero filosofico occidentale è un organismo gigantesco, elefantiaco che non è in grado di esprimere la realtà attuale caratterizzata, invece, dalla velocità del mutamento e dalla molteplicità dei punti di vista. L’immutabilità come categoria assoluta pretende di vincolare a sé qualsiasi forma di cambiamento che si riscontra nella storia. Infatti le ideologie che si fondano su evidenze metafisiche e religiose immutabili sono state e sono anche oggi le responsabili assolute di sanguinosi conflitti. In nome di una verità immutabile la Chiesa condannò Galileo; molti altri crimini contro l’uomo sono stati commessi nella storia in nome dell’immutabilità di varie tradizioni religiose, politiche ed ideologiche. La realtà contemporanea, cioè quella tra fine ‘900 ed inizio millennio, presenta un quadro storico-culturale molto evolutivo, di conseguenza la filosofia dovrà assumere i caratteri di mutabilità e di cambiamento, sempre aperti a nuove possibilità; solo in questo modo essa potrà stare al passo con i tempi, evitando di cristallizzarsi in sterili ed anacronistiche formule. Il progresso secondo il pensiero postmoderno non si fonda sull’immutabilità dei concetti, bensì sulla capacità di superarla e travalicarla, in piena adesione al divenire e al mutamento che sono le strutture più autentiche della realtà. Ogni sapere stabile che si presenta come comprensione assoluta della realtà, non rappresenta la realtà; proprio per questo motivo Derrida rifiuta il termine postmodernismo: il suo atteggiamento filosofico consiste proprio nel non accettare qualsiasi denotazione definitiva, qualsiasi etichetta, evitando di lasciarsi ingabbiare nei vari post, neo, ismi che sono in aperto contrasto con il dinamismo della realtà. Il pensiero del filosofo francese si presenta ricco di spunti interessanti e stimolanti che verranno affrontati nel prossimo articolo. Pierluigi Seri
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Cassa di Risparmio di Terni e Narni S.p.A. Gruppo Intesa Sanpaolo
I.T.C. Federico Cesi
La parola ai protagonisti: gli studenti del F. Cesi intervistano alcuni ex studenti. Abbiamo deciso chiedere ad alcuni ex studenti del F. Cesi di raccontarci come è stato il loro passaggio all’Università. Incontriamo Sara Bartollini e Samuele Rosati che si sono diplomati nel 2007 e ogni tanto ritornano nella nostra scuola. Giulia Come mai ogni tanto tornate da queste parti? Sara Mi è rimasto un buon ricordo degli anni trascorsi in questa scuola e così ogni tanto mi viene voglia di rivedere l’ambiente e di tornare a salutare i miei vecchi professori. Samuele Veramente torniamo anche per farci dare qualche consiglio sugli esami che dobbiamo dare all’Università. Giulia Ma come… noi temiamo tanto i nostri professori e voi tornate a salutarli? Samuele Quando si esce da scuola il rapporto cambia e si capiscono anche tante cose. Giulia A quale facoltà vi siete iscritti? Samuele Alla facoltà di Economia e Amministrazione di imprese a Collescipoli e frequentiamo il secondo anno. Giulia Come vi siete trovati all’Università? Sara Veramente quando mi sono iscritta avevo paura di non farcela, di non essere pronta per l’università e invece… devo dire che mi sono trovata proprio bene. Soprattutto sono stata facilitata in alcuni esami del primo anno in cui ho ritrovato tante cose che avevo studiato a scuola. Giulia Cioè qui a scuola ci fanno studiare come all’Università? Sara Ma no, non volevo dire questo, senza dubbio le cose che dobbiamo studiare all’Università sono diverse, più difficili e anche l’approccio allo studio di alcune materie è diverso, però quello che si studia a ragioneria è molto importante ed aiuta perché alcuni argomenti sono proprio gli stessi e poi sappiamo come certe materie vanno studiate, abbiamo già una certa padronanza del linguaggio tecnico. Samuele Sì, sono d’accordo. E’ successo anche a me che a scuola non ero il primo della classe. Comunque l’impostazione che ho ricevuto mi è servita e continua ad essermi utile. Giulia Sì, sì… però... qui ci fanno studiare un po’ troppo... Samuele Sì, è vero a ragioneria si studia e anche io mi ricordo che certe volte mi sentivo un po’ stressato, però devo dire che oggi capisco che la fatica che ho fatto è stata molto importante e ringrazio i miei professori che mi hanno fatto penare. Giulia Quindi non c’è rimedio… dobbiamo faticare e basta? Sara Ma guarda che dopo, all’Università è anche peggio, però quello che conta è che ce la facciamo, che riusciamo ad andare avanti, a superare gli esami e non abbiamo nessun complesso di inferiorità rispetto ai nostri compagni che vengono dal liceo.
In un mondo pieno di debiti... l’ITC F. C e s i p ro p o n e i l p ro g e t t o . . .
... Crediti Universitari
L’ITC organizza per i suoi studenti molte occasioni di contatto con il mondo del lavoro come stage in azienda, incontri con esperti, partecipazione a fiere e convegni, ma sostiene anche la scelta di coloro che intendono proseguire gli studi iscrivendosi all’Università. Sono sempre più numerosi gli studenti che dopo aver conseguito il diploma decidono di iscriversi all’Università e proprio per questo motivo l’Istituto ha stipulato delle convenzioni con due facoltà dell’Università di Perugia presenti a Terni, la facoltà di Economia e Amministrazione di Imprese e la facoltà di Scienze politiche. Grazie a queste convenzioni vengono realizzate delle attività che hanno lo scopo di favorire il passaggio all’Università e rendere più consapevole la scelta universitaria. Sono ormai quattro anni che l’ITC, in collaborazione con la facoltà di Economia, organizza in orario pomeridiano per gli studenti dell’ultimo anno dei brevi corsi di microeconomia e di diritto pubblico tenuti da docenti ITC e da professori universitari. Al termine dei corsi gli studenti sostengono un esame presso la facoltà di Economia e, in caso di esito positivo, l’Università riconosce un credito che consente di non sostenere poi presso la stessa facoltà una parte dell’esame di microeconomia e di diritto pubblico. Al di là dei crediti conseguiti, attraverso questa esperienza gli studenti possono vedere come vengono svolte a livello universitario due materie che comunque hanno già incontrato nel loro percorso scolastico; hanno l’opportunità di conoscere dei docenti universitari; mettono piede in una vera facoltà universitaria; approfondiscono delle tematiche utili anche ai fini dell’esame di stato. Sarà forse per tutti questi effetti che l’esperienza riscuote sempre molto successo tra gli studenti del F. Cesi che, anno dopo anno, decidono di rimanere a scuola alcune ore in più per continuare a studiare e per mettere un po’ il naso nel loro futuro, a dispetto di tutte le statistiche e i sondaggi che descrivono i giovani come poco volenterosi e un po’ passivi. Il progetto Crediti universitari è un’esperienza utile anche per i docenti coinvolti che, collaborando per la realizzazione dell’iniziativa, hanno la possibilità di conoscersi, di confrontarsi sui problemi della scuola e dell’università e di fare anche delle riflessioni per modificare almeno in parte i rispettivi programmi o le modalità di insegnamento per rendere meno gravoso per gli studenti il passaggio da un sistema all’altro. Per tutte queste considerazioni il F. Cesi ha intenzione di proseguire ed intensificare i rapporti con le facoltà presenti a Terni nel convincimento che sia molto importante creare un accordo tra ordini di studi diversi anche per aiutare e sostenere le scelte degli studenti al termine del percorso scolastico. Prof.sse Cinzia Fabrizi, Roberta Bambini, Cecilia Pallotta
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UN BRIVIDO D’AUTORE Cassa di Risparmio di Terni e Narni S.p.A. Gruppo Intesa Sanpaolo
Progetto lettura: alunni e docenti
Anche a Terni, da quest’anno, Bagliori d’Autore, manifestazione che propone una serie di approf Alla BTC, il giorno 31 Ottobre, alunni e docenti del Liceo Classico G. C. Tacito hanno affrontato, in di interventi e una performance di parole e musica a cura della Band Garageland. Sono intervenuti il prof. Fausto Dominici, coordinatore del progetto, le prof.sse Paola Ferri e Gretc
Donne nel mistero per l’uomo del mistero DAL GROTTESCO ALL’ HORROR Le tecniche del brivido in Edgar Allan Poe Nella Marina Inglese vige una curiosa usanza: quella di intrecciare ogni gomena, piccola o grande che sia, con un filo rosso, sottilissimo eppure evidente, impossibile da rimuovere senza distruggere l’intero ordito della corda. Il suo scopo è quello di segnalare come anche il più piccolo oggetto sia di proprietà di Sua Maestà la regina. Sorprendentemente, è possibile mettere in relazione questa eccentrica abitudine con l’opera letteraria di Edgar Allan Poe: anch’essa, pur essendo per sua natura frammentaria e dispersiva, è percorsa da un filo rosso che la struttura e la organizza, rendendola coerente ed in sé conclusa, e che rende la sua prosa inconfondibile. Questo elemento unificante, questo filo rosso, è il Brivido. Naturalmente, essendo Poe un artista d’avanguardia e innamorato della sperimentazione, il Brivido con cui tesse la tela destinata a catturarci non è sempre uguale: a volte è la sottile angoscia di un’indagine psicologica, a volte è lo sgomento di una situazione paradossale, altre volte è terrore, altre ancora suspance. Nei Racconti del Grottesco (1841), il Brivido è suscitato, ad esempio, in maniera canonica, inserendo personaggi normali in una realtà violenta e stravolgente, in scenari assurdi nei quali la Mente umana non può che soccombere. E’ solo il primo passo che il Maestro compie: ben presto, nei Racconti di Enigmi (1842), il rapporto tra Mente e Realtà diventerà conflittuale ed agonistico e il Brivido che ne deriva sarà quella tensione che accompagna il detective nel dipanare la matassa di un crimine efferato e misterioso. E questi non sono che i gradini di un’escalation allucinante che condurrà Poe alla summa della sua arte, con i Racconti del Terrore (1843): in essi la tenzone tra la Psiche e il Contingente, sarà definitivamente vinta dalla prima, che deformerà e distorcerà il mondo materiale, conformemente al suo volere perverso. Ciò è un sostanziale ribaltamento delle posizioni iniziali: stavolta è il contesto ad essere normale, quotidiano, mentre i personaggi diventano inquietanti e minacciosi e il Brivido è figlio delle esperienze deliranti che essi vivono. Quando, quindi, ci avventuriamo in uno di questi racconti come mosche imprudenti, siamo ignari di ciò a cui andremo incontro da lì a poco: e una volta che siamo rimaste invischiate nella sua tela inesorabile, non possiamo fare altro che domandarci che cosa Poe, ragno abile e paziente nel tessere le sue trappole, abbia in serbo per noi. Alberto Coletti III PN
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In molti dei suoi racconti, Edgar Allan Poe inserisce figure femminili. Queste donne, mogli, sorelle, madri, figlie sono avvolte da un’aura impenetrabile di mistero. Hanno caratteristiche, ma non tratti: si parla dei capelli corvini di una, della dentatura perfetta di un’altra, ma mai una delle protagoniste è descritta completamente. Forse, unendo tutte le parziali descrizioni, si può dar vita a una specie di Frankenstein donna che rispecchi l’ideale femminile di Poe. L’aura di mistero che avvolge le donne dei racconti può essere ricondotta al difficile e frammentario rapporto che ha avuto Poe con le donne della sua vita. Sua madre muore di tubercolosi lasciandolo orfano giovanissimo; sua moglie e cugina, colpita dalla stessa malattia, muore a soli 25 anni. Sarà questo il motivo per cui l’autore fa esalare l’ultimo respiro a tutte le sue eroine? Lo stesso Poe afferma che “la morte di una bella donna è il tema più poetico del mondo” (Philosophy of composition). Dunque, le figure femminili di Poe sono consacrate alla morte, eteree ed angelicate, creano terrore come “ombre dell’aldiquà”. Morella, Ligeia, Berenice, Eleonora, Madelyn e la altre sono talmente idealizzate che i protagonisti maschili dei racconti ne sono totalmente dipendenti, non sanno vivere senza di loro e cercano, dopo la loro morte, di farle rivivere in qualunque cosa, un’altra donna, un dipinto, addirittura un dente… Veramente o solo apparentemente morte, le donne non sono soltanto tipi di una letteratura dell’orrore, vittime di mutilazioni o tormenti, o un parto di fantasia necrofila di Poe che cerca di ricreare madre e moglie nelle pagine dei suoi libri, ma sono espressione della ricerca continuativa della poesia assoluta, modo quindi per sviluppare il tema più poetico del mondo: la morte di una bella donna, e almeno di questo Poe non fa mistero. Sophia Loesch Onofri
III IT
Se n ti u n p o ’ c o me r ie s
Impossibile cercare di racchiude un personaggio come Edgar All con orecchie differenti. Le sue o numerosissimi gruppi musical nazionalità ed età, che hanno re spunto dalle sue opere. Tra gli is come Claude Debussy, che sc basata proprio su un’opera di Po Le pagine dello scrittore sanno penetranti, in qualsiasi luogo v resto, sono un linguaggio uni straordinaria efficacia, affrontan I racconti del terrore, le storie di psicologiche che conduce sui s che esercita su se stesso sono g fonte di innumerevoli ispirazioni stories: sono opere al tempo stes Nei suoi lavori è rintracciabile u distrarre nemmeno per un attimo L’autore sa alternare momenti ch a momenti di andante, allegro, con una melodia già conosciuta solite note in maniera sem magistralmente accurata.
PERCORRE IL CLASSICO
LICEO CLASSICO
a confronto con Edgar Allan Poe
fondimenti intorno all’opera di un autore della letteratura internazionale. n un caffè letterario, Edgar Allan Poe, nella prospettiva di scrittore di frontiera, attraverso una serie
chen Probst, e gli alunni, con le loro personali riflessioni suscitate dalla lettura dei testi dell’autore.
G . C . TA C I T O
Il meta Poeiano: una realtà che varca l’inconscio
sce ad i n can t a r e P o e …
ere in una formula la genialità di lan Poe. Vorrei farvelo ascoltare opere sono state ispirazione per li, artisti e cantanti… di ogni eso omaggio al maestro traendo spirati c’è anche un compositore crisse una partitura incompiuta oe. o suscitare emozioni intense e vengano lette. Le emozioni, del iversale, che Poe utilizza con ndo i temi tanto cari al suo genio. i follia allo stato puro, le analisi uoi personaggi, l’introspezione gli ingredienti che lo hanno reso i. Le sue non sono semplici short sso letterarie e musicali. un ritmo ascendente che non fa o il lettore dalla vicenda. he potremmo definire di adagio ascendente, senza mai annoiare a perché riesce ad orchestrare le mpre differente, intrigante e Chiara Colasanti
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Al di là delle varie tipologie narrative che caratterizzano la produzione letteraria di E. A. Poe (si passa dal racconto poliziesco a quello fantascientifico-grottesco), ciò di cui Poe è considerato indiscusso magister è il racconto dell’horror, che ha scolpito ineludibilmente l’immaginario collettivo. Sarebbe interessante notare non tanto l’analisi di per sé della dimensione suggestiva ed agghiacciante che fa da sfondo alle opere poeiane, pervase di un’ angosciosa inquietudine e attraversate a tratti da imprevedibili stralci di insana umanità, quanto il legame tra questa realtà narrativa e lo status esistenziale dell’autore. Mentre infatti molti altri scrittori coevi a Poe hanno fondato la loro ricerca sulla creazione di una realtà suggestionante e quantomai estranea alla comune prassi quotidiana, per Poe si parla di macrocosmo, ad indicare come nelle perversioni insidiose di questa meta-realtà di celino i segni indelebili di un precario equilibrio psichico, di una persistente labilità mentale. Secondo l’interpretazione di Marie Bonaparte, allieva di Freud, il mondo fantasmatico generato da Poe diviene specchio incontrovertibile dei disturbi neurologici (monomanie, ipersensibilità morbosa, ossessioni maniacali ed eccitabilità nervosa) che connotano la sua personalità. La stretta coincidenza tra Io narrante e Io autoriale (tipica della Short Story, di cui Poe è considerato il fondatore) esprime proprio questo: le opere, pur non essendo estensione di un malcelato disagio individuale, ne costituiscono il correlato oggettivo e quindi l’espressione più diretta. Tuttavia, nonostante la varietà delle situazioni proposte, proiezioni sublimi di un inconscio straziato, si rintracciano nell’opera poeiana una singolare lucidità analitica ed un saldo intreccio compositivo, che garantiscono all’autore il favore del pubblico, ma anche l’apprezzamento degli intellettuali più sofisticati. Valentina Rapaccini
III AMS
Poe e il c in e ma La fortuna di Edgar Allan Poe al cinema è stata notevolissima: tra gli inizi del ‘900 ed oggi si contano più di cento pellicole ispirate ai suoi lavori. Ad essere adattati però sono stati (quasi) sempre e solo gli stessi 5 racconti (Il Gatto Nero, I Delitti della Rue Morgue, La Rovina della Casa Usher, Il Pozzo e il Pendolo e Il Cuore Rivelatore). Quindi, se da un lato è indubbia l’influenza esercitata dallo scrittore americano sui cineasti di tutto il mondo, dall’altro è evidente come il Cinema, riducendo la sua opera a un pugno di racconti, ne abbia svilito la complessità e la ricchezza. C’è inoltre da aggiungere che molto spesso le storie originali venivano usate come delle semplici cornici, mentre la storia principale veniva inventata di sana pianta dagli sceneggiatori e dai registi. Il risultato è stato che, mentre esistono dieci versioni di Dracula che - bene o male - raccontano tutte la stessa storia, abbiamo dieci versioni de Il Pozzo e il Pendolo che sembrano tutte raccontare vicende completamente diverse tra loro. La Poe-mania dilaga al cinema negli anni ’60 (a questo periodo risalgono almeno 23 pellicole tratte dai suoi racconti) per poi affievolirsi e alla fine spegnersi negli anni ’70. Si tratta infatti di un periodo caratterizzato da una crisi che colpisce e trasforma radicalmente tutti gli ambiti della società e della cultura, e il cinema non fa eccezione. I registi spostano la loro attenzione dall’interiorità alla società e alle sue perversioni, dalla psiche al corpo: l’horror, insomma, da metafisico diventa fisico. Non a caso, sono gli anni di George Romero, di Roman Polanski, di William Friedkin, di David Cronenberg, di Dario Argento. Con una crudezza sempre più morbosa ed esasperante, la cinepresa indaga impietosamente tutte le possibili mutazioni e mutilazioni che il corpo umano può subire; inoltre, con la rappresentazione in scena del Diavolo, si sancisce la morte del Mistero e di Dio, si compie il processo di desacralizzazione di ogni tabù e di ogni valore. Il tema del sogno tanto caro a Poe torna negli anni ’80, ma con segno significativamente rovesciato: con Nightmare On Elm Street di Wes Craven esso diventa un luogo sconosciuto e terribile, dove ad attendere c’è solo la Morte. Negli anni ’90 dai racconti di Poe non viene tratto nessun film degno di essere menzionato; negli anni 2000, con il definitivo trionfo del gore e dello snuff-movie, la sua opera sembra aver perso ogni motivo di interesse per i cineasti. Irene Caramilionis
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Ospedale Civile “Santa Maria” di Terni
Posa prima pietra Il 5 novembre 1957 venne posta la prima pietra a Colle Obito con una cerimonia presieduta dal Ministro dei LL.PP. On. Togni, con il sottosegretario Filippo Micheli deputato locale e la cittadinanza. La cerimonia ebbe inizio con la lettura, da parte del dr. Luna, Segretario del Consiglio di Amministrazione dell’Ospedale, della pergamena che, sottoscritta dal Ministro e da altre autorità, fu suggellata nella prima pietra.
Dal discorso del Direttore dell’Amministrazione Ospedaliera Comm. Poliuto Chiappini: ... In questa nostra città, operosa e fervida, dove le ciminiere, i forni, le frese e l’acciaio fuso lasciano spesso sulla carne viva degli uomini segni profondi, è giusto e necessario creare una più ampia attrezzatura ospedaliera che permetta, insieme alla possibilità di una maggiore ricezione, un miglioramento tecnico delle attrezzature sanitarie e dia completa garanzia a coloro che debbono essere ricoverati. ... è appunto dalla lotta e dalla sofferenza che nascono le cose migliori: noi che crediamo nelle forze dello spirito che trascende la materia e la plasma e la foggia a servizio degli uomini ne siamo pienamente convinti. A maggior ragione possiamo affermare questo nel giorno in cui si sta dando inizio ad un’opera destinata ad accogliere il dolore fisico degli uomini. Sia resa viva e palpitante la mole inerte ed insensibile della pietra, che nel lavoro saggio ed appassionato degli uomini diventa edificio: ma sia lo spirito il simbolo della nostra carità cristiana e del nostro desiderio di amore verso tutte le creature. Domani, quando l’umanità dolorante cercherà fra queste mura il conforto della tecnica nata dal sacrificio e dallo studio, quando il bisturi esperto cercherà nella carne il male da estirpare, nasca dalle pieghe nascoste dell’anima, non il grido di dolore e di maledizione, ma la voce sommessa dello spirito che si affina e si riconosce immortale oltre ogni immanenza, sgorghi per ogni battito del cuore la sorgente della speranza in altre mète che, oltre a quelle della salute fisica, si riconoscono nei cieli infiniti di Dio. A ricordo della solenne cerimonia il Consiglio di Amministrazione dell’Ospedale Civile volle offrire al Presidente Comm. Poliuto Chiappini una pergamena ed una medaglia d’oro come segno di riconoscenza per la sua sensibilità riguardo al personale e per le sue illuminate iniziative a favore degli ospedalieri tutti.
Per più decenni Vano fu il desiderio di dare ai sofferenti luogo degno di cura quando per distruzioni ed orror di guerra impellente si rese l’opera l’Amministrazione Ospedaliera Presidente Poliuto Chiappini tenacemente volle e realizzò Oggi a Collobito ridente di sole salubre per mite aere l’Opra ha inizio al canto delle sirene al rumore ferrigno deli Industre Valle a gloria di Dio a linimento dell’umano dolore e nel grembo materno della pia terra la Prima Pietra scende ammonimento ai posteri che nulla è di ostacolo per chi opera in nome di Cristo Divino Sofferente Giuseppe Togni Ministro LL.PP. G. Battista Dal Prà Vescovo Filippo Micheli Sottosegretario di Stato Girolamo Speciale Prefetto Gaitano Caruso Provveditore OO.PP. Emilio Secci Sindaco Poliuto Chiappini Presidente dell’Ospedale Bighi Amedeo Consigliere Campagna Luigi Consigliere Desideri Ermanno Consigliere Pascucci Dozio Consigliere Terni - A.D. MCMLVII - V Novembre
Inoltre, l’Amministrazione dell’Ospedale Civile di Terni offrì un attestato di riconoscenza alla Cassa di Risparmio, come ringraziamento per i sussidi elargiti più volte. L’AMMINISTRAZIONE DI QUESTO CIVICO OSPEDALE MEMORE DEI VALIDI E GENEROSI SUSSIDI CHE IN DENARO E IN MEZZI LA CASSA DI RISPARMIO DI TERNI SENSIBILE AD OGNI APPELLO DELL’OPERA PIA HA ELARGITO A SOLLIEVO DEL DOLORE E DELLA INDIGENZA OFFRE IL PRESENTE ATTESTATO DI RICONOSCENZA AUSPICANDO CHE LE FINALITA’ UMANITARIE COMUNI ALL’AZIONE DI AMBEDUE GLI ISTITUTI RAFFORZINO SEMPRE PIU’ LA VOLONTA’ DEGLI ENTI A BENE OPERARE NEL CAMPO DELLA PUBBLICA ASSISTENZA E BENEFICIENZA
Il primo lotto dei lavori, finanziato con il “contributo danni di guerra edili”, riportati dal vecchio Ospedale di S. Andrea, fu appaltato dal Ministero dei LL.PP. all’Impresa Edile F.lli Albert di Terni. (segue…)
A c u r a di E manue la R uffine lli e D anie la G hione
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LE NAZIONI UNITE DEI VOLONTARI L’elezione di Barack Obama ha rappresentato il coronamento di una mobilitazione popolare senza precedenti. Una partecipazione che - pochi ne hanno cognizione - ha consentito, forse per la prima volta, l’impegno attivo e non marginale anche di energie non necessariamente nazionali, accolte a braccia aperte dal Comitato elettorale. In primo luogo, ragazze e ragazzi che, dalla California alla Florida, da New York all’Ohio, si sono spostati per dare una mano negli Stati più difficili per i Blue. Ma l’ulteriore novità è che costoro hanno potuto fare affidamento anche sul sostegno economico di eventuali donatori grazie al sito obamatravel.org. L’unico parametro richiesto era, appunto, l’essere residenti in uno dei non-swing States. Nel nostro ufficio in Miami-Doral c’era, ad esempio, un ragazzo della California che desiderava ripagarsi le sue due settimane di servizio: così ottenne circa $ 900 da anonimi benefattori, nonché il servizio di housing. Un altro volontario, cioè, gli pose a disposizione la propria casa. Più in generale, tra i 160.000 (!!!) volontari della Florida, hanno lavorato persone provenienti dal Canada, dal Sud America, dall’Asia, dall’Oceania, ma anche dall’Europa, magari qui solo per pochi giorni. Davo una mano all’ufficio di Miami-Little Havana quando conobbi Sean, indiano-americano che, lavorando a Londra, ma pienamente consapevole della gravità del momento politico, ha preferito trascorrere le sue vacanze facendo telefonate e suonando i campanelli per convincere gli elettori a votare, prendendo insomma un aereo solo a tal fine. E come dimenticare i 12 studenti danesi con cui, nelle ultime due settimane, siamo andati porta a porta nel suburbio di Liberty City? Sulle prime, il solo annuncio dell’arrivo a fine ottobre di un gruppo così nutrito - un gruppo che peraltro dichiarava anche l’intenzione di tenere dibattiti - provocò una reazione più dura che preoccupata, con dirigenti della campagna che si dichiararono pubblicamente contrari: si temeva - a ragione, in linea di principio - che questi ragazzi potessero destabilizzare una macchina perfetta; i più diffidenti teorizzarono che potessero rappresentare la quinta colonna dei Repubblicani: insomma, agenti al servizio di McCain. Si pensava al complotto - la Florida è la terra dei sospetti, dopo quel che è accaduto nel 2000. Ma i fatti, la grande serietà con cui costoro hanno agito e lavorato per Obama presidente, si sono incaricati di smentire ogni dubbio. Quanto a me, confermo che in questi quattro mesi ho avuto la stessa libertà e possibilità di partecipazione e di interlocuzione di un cittadino americano. Forse persino maggiore. In conclusione, le Nazioni Unite, che si sono ritrovate nel generale sollievo per l’elezione di Obama, io le ho conosciute davvero, ritrovandole nello sforzo diuturno e militante di giovani giunti qui da mezzo mondo. Paradossalmente, pure con l’impegno collettivo transnazionale si è dunque realizzata quella more perfect union di cui parla il preambolo della Costituzione Statunitense: quell’unione oggi è patrimonio comune, mondiale. E’ anche un po’ nostra. AL Oggi siamo davvero tutti Americani.
IL GIORNO DEL CONGEDO: SI SMONTA PEZZO PER PEZZO IL COMITATO ELETTORALE Mentre il presidente eletto degli USA sta già affrontando le prime difficili sfide in uno dei momenti più complessi della storia, gli Obama staffers, in tutti gli Stati Uniti, concludono ufficialmente oggi, 10 novembre, un’esperienza ineguagliabile. Anche in Florida inizia tra noi il momento del congedo. Tra staffers e volontari il rapporto è, di fatto, terminato nel momento della chiusura dei seggi, quando, ancor prima di piangere per l’emozione di aver sentito - quantunque fosse stato per un solo secondo - il mondo improvvisamente ricongiunto, abbiamo chiuso subito l’ufficio in Miami-Doral, temporaneamente concesso da una società import-export di primo livello, impresa anch’essa costruita secondo i canoni del più classico sogno americano. Contemporaneamente, venivano liberate le altre decine di spazi aperti nelle ultime settimane. E’ stato un momento davvero rituale e liberatorio, come lasciare alle spalle il passato, come gettare via gli orpelli della vita precedente per tornare finalmente a crescere e a salutare il domani, dopo mesi e mesi di impegno, polverizzati in un attimo sull’altare del voto. Oltre agli aspetti organizzativi e logistici, al di là delle considerazioni politico-economiche sui vantaggi, ma anche sui costi dovuti al permanere di una simile struttura, oltre, quindi, agli aspetti visibili, materiali, resta comunque moltissimo in ognuno di noi - e non solo in termini di evocativi ricordi -, in un’atmosfera di palpabile cambiamento e di attesa quasi messianica che interessano il mondo intero. A fine campagna eravamo in 160.000 - nella sola Florida - a lavorare per questo risultato. 3.000 avvocati vigilavano sul voto durante l’election day. 350 sono stati gli staffers regolarmente retribuiti contro i miseri 30 dei tempi di Kerry. Oltre 4.700.000 gli elettori registrati contro i 4.300.000 del 2004. Una portentosa macchina da voto messa in piedi in poche settimane grazie anche a software come votebuilder (www.votebuilder.com), basilare per l’implementazione dei dati: tutto questo mentre, ancora in luglio, non c’era letteralmente nulla, non un ufficio, non un computer, non una lista di persone da contattare. Ci sarà un prima e un dopo Obama non solo a livello macro - per i destini del pianeta e per l’approccio innovativo in senso lato alla politica -, ma anche a livello micro - viste le amicizie e gli amori che sono nati e che hanno legato - tra un porta a porta e un’iniziativa pubblica persone comuni, diversissime, volontari come noi, rendendoci un popolo unico e unito in una terra - non solo per me - non più straniera. Forse non è mai stata tale. Con tutti questi fratelli ci rivedremo il prossimo 20 gennaio a Capitol Hill per assistere all’insediamento ufficiale del 44° presidente degli Stati Uniti d’America. A mezzogiorno, dopo il giuramento, in una Washington probabilmente gelida, un uomo terrà un discorso che accenderà di nuovo i cuori del mondo. Non si compie dunque oggi questa nostra comune storia: il futuro è appena iniziato. Andrea Liberati Volontario italiano per la campagna presidenziale Obama ’08 – Florida
Hi “Miami for Obama”. I am writing to you on behalf of group of 12 young Danish students, who call themselves: “Danes for Change”. We, Danes for Change, come from Denmark, a small country in the northern part of Europe (Scandinavia), and we are traveling to the United States, Miami, to support Barack Obama in his efforts to get elected as president. We will arrive the 22 of October and we will be connected to the Obama office in Miami working for them: Calling people on the phone, ringing doorbells, arranging events and holding debates. The last part: “holding debates” is very important to us. Now here is our problem: We would like to get in contact with some local communities that might be interested in arranging a debate with us. But which organizations /communities/schools - you name it - should we contact? What are our possibilities? We would very much appreciate any help. Thank you very much, and have a great campaign everyone!
Salve, “Miami per Obama”. Vi scrivo a nome di un gruppo di 12 giovani studenti danesi, gruppo che si autodefinisce “Danesi per il cambiamento”. Noi, Danesi per il cambiamento, proveniamo da un piccolo Paese dell’Europa del Nord (Scandinavia) e saremo negli Stati Uniti, a Miami, per sostenere Barack Obama perché sia eletto presidente. Giungeremo il 22 e ci uniremo agli uffici della Campagna di Miami per lavorare chiamando le persone al telefono, suonando i campanelli, organizzando e tenendo dibattiti. Consideriamo i dibattiti davvero importantissimi. Abbiamo un problema: vorremmo entrare in contatto con comunità locali interessate ad organizzare dibattiti con noi. Ma quali organizzazioni/comunità/scuole - o come si chiamano - dovremmo contattare? Quali sono le nostre possibilità? Apprezzeremmo moltissimo ogni forma di aiuto. Molte grazie, e buona campagna a tutti!
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Inguaribile non è incurabile Il tre dicembre si celebra la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità; cosa si potrebbe fare per partecipare in prima persona? Ad esempio leggere Un medico, un malato, un uomo, libro che racconta l’esperienza di malattia vissuta da un medico di successo. La diagnosi di una malattia inguaribile segna l’inizio di una nuova vita, si deve nascere una seconda volta. Mario Melazzini, giovane primario di oncologia alla Fondazione Maugeri di Pavia ha quarantacinque anni quando gli viene diagnosticata la SLA. La sclerosi laterale amiotrofica è una malattia neurodegenerativa che compare all’improvviso e in media nel giro di tre anni porta alla morte. Spesso colpisce gli sportivi, non se ne conoscono le cause né la cura. Dal momento in cui egli si accorge che c’è qualcosa che non va a quando il male che lo consuma lentamente prende il nome terribile di SLA trascorre un anno. In questo limbo Mario fa di tutto per negare l’evidenza, tende a sottovalutare i sintomi per paura di conoscere una verità terribile. Come malato si imbatte in pessimi medici, magari di una competenza eccezionale ma assolutamente privi di umanità. Intanto il dolore fisico si fa sempre più acuto e le forze per compiere i gesti più banali vengono progressivamente a mancare. All’inizio Mario non accetta la sua nuova condizione. Non accetta le stampelle, non accetta la sedia a rotelle, non accetta il sondino che gli permette di nutrirsi. Sapendo di non poter guarire, decide di morire: contatta una clinica svizzera per il suicidio assistito ma non riesce ad andare fino in fondo. In fondo, non vuole. Poi una ad una cadono le sue barriere perché pian piano si afferma in lui la consapevolezza che l’inguaribilità della sua malattia non implica l’incurabilità. Inizia a ragionare in un’ottica molto pratica: il corridoio dell’ospedale dove lavora è piuttosto lungo e con le sue gambe deve compiere uno sforzo immane rispetto alla comodità della sedia a rotelle. Trascorre alcuni mesi in solitudine a Livigno, assistito da una badante; solo dal momento in cui riesce a guardare serenamente la montagna scalata tante volte con i suoi figli senza provare un dolore lancinante, gli torna un’inguaribile voglia di vivere. Sarebbe eccessivo affermare che egli riesce a vivere la malattia come un dono, ma è un dato di fatto che essa rappresenti un valore aggiunto per la sua vita. Diventa prima consulente scientifico e poi presidente nazionale dell’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) e le conferisce un nuovo ruolo, di autentico punto di riferimento per i malati come lui, spesso abbandonati a se stessi. Oggi sono passati cinque anni dalla diagnosi e Melazzini con tutta l’anima e con tutto il corpo si dedica ai malati di SLA e si batte perché vengano distrutte le condizioni in cui la disabilità diventa motivo di solitudine Beatrice Ratini e discriminazione.
Sono un oncologo dell‘Azienda Ospedaliera S. Maria di Terni e faccio il mio lavoro ormai da venti anni con la stessa attenzione e dedizione di sempre. Ho visto passare davanti a me tanti Pazienti con le loro storie, le loro speranze, ho vissuto le loro vittorie, sofferto le loro sconfitte. Con il passare degli anni mi sono sempre più resa conto che i bisogni di La Provincia di Terni questi Pazienti sono molteplici, sia dal lato per la cultura professionale sia da quello umano, così come credo che un ambiente accogliente, confortevole e rassicurante sia quantomeno loro dovuto. Insomma sicuramente la qualità di vita deve essere tra gli obiettivi primari da ricercare. Da poco tempo nel nostro ospedale è nata la Struttura Complessa di Oncologia, diretta dal dr Fausto Roila, dove tutto il personale medico e paramedico si impegna affinché tutto funzioni nella maniera migliore. Ma oltre al mio lavoro ho un’altra grande passione nella vita: la musica ed in particolare il canto. Ed è stato per via di questa passione che ho incontrato il maestro Riccardo Ciaramellari, musicista eclettico, compositore e produttore artistico della GT PRO di Terni. La GT PRO di Terni agisce nel settore musicale da svariati anni con alta professionalità a livello internazionale. Ha un proprio studio di registrazione e vanta collaborazioni con artisti del calibro di Phil Collins, Craig David, Antonello Venditti, Michele Zarrillo, Mango, Loredana Bertè. Insomma dal nostro incontro è nata l’idea di un progetto i cui proventi andranno a favore della struttura di oncologia del nostro ospedale, in particolare della climatizzazione che come ben sappiamo è di fondamentale importanza per pazienti sottoposti a chemioterapie e quant’altro. Ma, vi chiederete, cosa c’entra l’oncologia con la musica? Eccolo spiegato. Il progetto musicale consiste nella produzione di un CD con otto brani editi riarrangiati e due brani inediti scritti da Riccardo e arrangiati da altri musicisti. E la voce? Quella sarà la mia, sarò io a cantare e, credetemi, che ci vuole grande impegno per farlo ad un buon livello. In realtà oltre all’impegno di ciascuno (per questo ringraziamo il maestro Mogol ed in particolare il suo direttore artistico Giuseppe Barbera che stanno sostenendo il progetto) ci vuole un investimento iniziale per sostenere tutto il lavoro che coinvolge musicisti, arrangiatori, fonici, studi di registrazione, studio di mastering, progettisti grafici, tipografie, stampe dei cd e relative custodie nonché pratiche e bollini SIAE, etc etc. Il ricavato dei CD venduti sarà completamente devoluto alla suddetta finalità. Oltre all’indispensabile maestro Riccardo Ciaramellari, con me ideatore del progetto, ringrazio gli altri promotori: Centro Europeo Tuscolano di Giulio Rapetti (Mogol); Alberto Bonifazi, Direttore Fondazione Aiutiamoli a vivere, Terni x Terni Anch’io; Agenzia 5M di Augusto Mori. Spero che i miei Pazienti mi apprezzino, oltre che per la mia professionalità, anche per un qualcosa “in più” anzi sono sicura che saranno certamente i Dr.ssa Roberta Bartolucci miei più appassionati fans! La voglia di fare del bene non conosce crisi; anche in un momento come l’attuale, pieno di pessimismo e paura, la generosità non si ferma davanti al timore di recessione, inflazione, diminuzione del Pil, crollo della borsa o quant’altro. Addirittura verrebbe da dire che le difficoltà aumentano la fantasia dei benefattori. Quando poi l’arte incontra la scienza, si può verificare un modo veramente originale per aiutare il prossimo. L’articolo della Dr.ssa Roberta Bartolucci è la dimostrazione di quanto sto affermando. Conoscendo poi personalmente la dottoressa e il Prof. Ciaramellari, suo compagno di viaggio in questa avventura benefica, mi sento di dire che l’iniziativa ha veramente degli interpreti di eccezione. Poiché, però, anche l’idea migliore ha sempre bisogno di uomini che la facciano diventare prima progetto e poi realizzazione, sarà necessario che persone di buona volontà ci credano e la spingano verso il meritato successo. Considerata la bravura e la professionalità degli interpreti e vista la finalità benefica, che prevede l’utilizzazione del ricavato per la climatizzazione della Struttura Complessa di Oncologia dell’Azienda Ospedaliera S.Maria di Terni, appare facile prevedere che saprà raggiungere un notevole risultato; non per questo ci si può comunque rimettere alla sicurezza della sua riuscita fidando esclusivamente sulla bontà del progetto, ma occorre invece fare opera di sensibilizzazione per tramutare la speranza di successo in certezza di risultato. Con questo spirito La Pagina (e chi scrive) intende impegnarsi per far conoscere e quindi contribuire alla riuscita dell’iniziativa. Maurizio Battistelli
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Non c'é una via semplice dalla Terra alle stelle
E’ ormai consuetudine della nostra associazione organizzare un pullman per partecipare alla Fiera dell’Elettronica ed Astronomia, mostra-mercato che si tiene a Forlì il primo sabato di dicembre di ogni anno (www.blunautilus.it). Anche quest’anno quindi, sabato 6 dicembre, partiremo alla volta di Forlì; essendoci ancora dei posti disponibili, chi fosse interessato, può darne immediata conferma a Federico e ricevere tutte le informazioni dettagliate (cell. 329-9041110). Primi passi fra le stelle. E’ errato pensare che l’approccio con le scienze astronomiche avviene tramite l’acquisto iniziale di un telescopio. Il più delle volte si utilizzano risorse economiche per acquistare uno strumento non idoneo e che si dimenticherà poi presto in cantina. Iniziamo per gradi. Occorre innanzitutto saper riconoscere le costellazioni ad occhio nudo, in modo da facilitare l’identificazione dei pianeti e delle centinaia di oggetti che andremo ad osservare successivamente, e possiamo farlo solo con l’ausilio di un Atlante Stellare. In edicola escono mensilmente delle riviste astronomiche; tutte hanno una mappa stellare che rappresenta il cielo osservabile alle nostre latitudini e riferita al mese stesso. Tra le varie: L’Astronomia, Le Stelle, Coelum, Nuovo Orione, suggerirei quest’ultima che si rivolge in modo particolare al neo-astrofilo (da oggi anche tu potrai fregiarti di questo appellativo!) e dal costo contenuto di circa 6 €. I patiti dell’informatica, possono avvalersi di programmi di astronomia, da cui stampare mappe stellari volta per volta. Fra i tanti, vi segnalo due programmi free: Stellarium e Cartes du Ciel. Un atlante stellare completo, invece, che riporta anche elementi semplici di geografia astronomica, la cartografia della Luna, la descrizione delle stelle più belle e luminose, nonché gli oggetti più interessanti, comprese nebulose e galassie, è L’Atlante del Cielo (Legenda, Novara). Si può trovare a Terni, Corso Tacito, presso la libreria Alterocca, che annovera tra i suoi scaffali una nutrita schiera di libri di astronomia per tutti i gusti e livelli. E allora approfittate delle strenne natalizie per regalarvi e regalare l’atlante stellare o un abbonamento ad una rivista astronomica perché, dal mese prossimo, cari amici astrofili… guanti e cappello, si va in montagna! Tonino Scacciafratte Presidente A.T.A.M.B. - tonisca@gmail.com
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Seneca
Una
costellazione
al mese
Lo scorso mese, parlando della costellazione dell’Auriga ho accennato al fatto che Gamma Aurigae è ora ufficialmente conosciuta come Beta Tauri cioè appartenente alla costellazione del Toro. Partiamo proprio da questa stella che rappresenta l’estremità del corno superiore della costellazione del Toro (Fig. 1) e ci spostiamo verso il muso dell’animale, una specie di “V” coricata, costituito dalla rossa Aldebaran (Alfa Tauri), “l’occhio del Toro”, circa 100 volte più luminosa del Sole, e da altre quattro stelle, l’ammasso aperto delle Iadi. Aldebaran dista 65 a.l. mentre le Iadi si trovano
Fig. 1
ad una distanza circa doppia di Aldebaran. Sopra, un po’ più a destra delle Iadi, si nota un gruppo più compatto di stelle: sono le famose Pleiadi (Fig. 2) , un ammasso aperto come le Iadi, ma tre volte più lontano, circa 410 a.l. e costituito da oltre 300 stelle. Una vista discreta ne distingue sei, ma occhi abbastanza buoni, sotto cieli limpidi, scorgono una settima e talvolta una ottava e una nona stella. Molti osservatori inesperti scambiano questo asterismo, a causa della sua forma, per il Grande Carro. Sono citate nelle leggende di tutti i popoli della Terra e tutti i maggiori poeti le hanno cantate. Nella mitologia le Pleiadi, dette anche le Sette Sorelle, rappresentano le figlie di Atlante e di Pleione. Orione, innamorato delle sette fanciulle e della loro madre, le infastidì per cinque anni, finché Zeus, per sottrarle al noioso importuno, le trasformò dapprima in colombe e poi nell’omonimo asterismo. Anche le Iadi sono figlie di Atlante e Pleione e furono le nutrici di Dioniso. Giove le mutò in stelle e le portò in cielo. Secondo un’altra leggenda la metamorfosi delle Iadi fu provocata dalle lacrime (il loro nome significa “le piovose”) versate dalle fanciulle per la morte del fratello Iante. All’estremità del corno inferiore troviamo la Crac Nebula, la nebulosa del Granchio, il famoso resto di supernova, osservata dai cinesi nel 1054. E’ di magnitudine 8,4 e richiede quindi un buono strumento per essere vista distintamente. Nella mitologia greca la costellazione del Toro rappresenta Giove che si era trasformato in un toro, mansueto e dal manto candido, allo scopo di rapire Europa, la figlia del re F i g . 2 A m m as s o ap ert o d elle Pleiad i di Creta. Giovanna Cozzari
Osservatorio Astronomico di S. Erasmo Apertura per il giorno venerdì 26 dicembre 2008 La Luna ha solo un giorno e quindi, con il buio assoluto e con una bella serata di tramontana si vedrebbero fino a circa 1500 stelle. È inverno, Venere si vede ad ovest nelle prime ore serali, Saturno sorge molto tardi pertanto nelle nostre ore di apertura non si osserveranno pianeti. I Gemelli, Orione, il Cancro ed il Cane Maggiore saranno le costellazioni dominanti con l’osservazione al telescopio dei loro gioielli, M42 (nebulosa di Orione), M44 (presepe), M 35 (ammasso aperto), la stella Sirio. Verrà osservato il cielo con la spiegazione di tutte le costellazioni visibili ed i relativi modi per orientarsi nella volta celeste. Sarà possibile anche simulare al computer l’universo tramite sofisticati software di astronomia. Federico Guerri LA SICUREZZA DEI TUOI INVESTIMENTI
Vico Catina 15/A - Terni ilconvivioterni@virgilio.it
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0744471180 Chiuso di Domenica
L u C a l e n d a r i u Le Supernovae Aho?!... Arieccome so’ Lunardinu! Ho ssaputu ‘na cosa che ppòle aiuta’ quarcunu a no’ mmori’ a 25 anni come lu nonnu miu. Scì... dovete sape’ che essu festeggiava lu compleannu lu giornu ch’era natu. Bella scuperta me direte! Scì... ma essu era natu lu 29 de febbraju... l’annu bbisestile! Volete sape’ che vvordì? Io me so’ ‘nformatu... m’hanno dittu che lu monnu gira su sse stessu e… ne lu stessu momentu… pure ‘ntornu a lo Sole… ecco perché co’ ttuttu ‘stu giramentu a quarcunu je s’arvordica la capoccia! Lo sapete quantu ce mette a ffa’ ‘stu macellu? Dice... che sse dice rivoluzione… ma ho ttrovatu ‘n sinonimu… pare che mme gira mejo! Ce mette 365 giorni e 6 ore! Siccome noi l’annu l’emo stabilitu de 365... co’ le 6 ore che cce facemo? Le ammucchiamo da ‘na parte e l’artiramo fòri ‘gni quattr’anni... sei per quattro ventiquattro… lu cuntu è fattu… è ‘n giornu completu che aggiungemo a febbraiu che… porittu cià meno giorni de tutti quanti… e ‘emo fattu l’annu de 366 giorni... che chiamamo bisestile. Pare tuttu chiaru! Anche a mme me pareva! Finché no’ mm’hanno dittu che non erano 6 ore ma...12 minuti de meno che cco’ lu passa’ de li secoli diventono giorni e... mesi! Facenno li cunti… tocca arleva’ all’anni bisestili e ttantu pe’ ccambia’ sempre a quillu che ce n’ha de meno... tre giorni ‘gni quattrocent’anni... perché ce n’emo missi troppi! Unu l‘emo levatu lu 1700… ‘n andru lu 1800 e ppo’ lu 1900... lu 2000 no’ l’emo levatu… poi seguitamo a lleva’ lu 2100, lu 2200, lu 2300... lu 2400 no’... pe’ falla breve ‘gni quattrocent’anni… a la fine de ‘gni seculu… se levono tre giorni scì e unu no! Chiaru? Me parea chiaru anche a me! Finché no’ mm’hanno dittu che non erano propiu 12 minuti de meno... ma c’erano ‘n bo’ de secondi de differenza ma... ce ne potemo preoccupa’ fra quarche mijaju de anni! A ‘stu puntu che mm’ero missu l’anima ‘n pace perché me parea tuttu chiaru, quillu che mme stea a ssinti’ m’ha dittu... A Lunardi’... mo’ ho capitu! Se ttu’ nonnu è mortu a 25 anni... tu’ padre te deve ave’ fattu prima de nasce! paolo.casali48@alice.it
ASTROrime… Marte Sa di ruggine il suo suolo (ossido di ferro) molto rada l’atmosfera… (CO2) ha calotte in ogni polo… (ghiaccio secco) escursione giorno e sera. (-128°, +30°) Un vulcano non comune… (Olympus 24km di altezza) vènti in gran velocità… due patate come Lune (Phobos, Deimos) e… anche poca gravità. (38% terrestre) Possiam dir lillipuziano (d=6787km) con crateri e qualche fosso (Solco della Valles Marineris) senza l’ombra di un marziano resta un bel… pianeta rosso. PC
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Nella puntata precedente abbiamo visto come l’esplosione di una supernova potrebbe essere stata all’origine dei processi che hanno portato alla formazione della Terra ed alla comparsa della vita su di essa. Ma ogni medaglia ha il suo rovescio. L’enorme energia rilasciata dall’esplosione di una supernova posta nelle vicinanze del nostro pianeta (vedi foto) potrebbe infatti influire drasticamente sulla sua biosfera, che verrebbe ad essere attraversata da una enorme ondata di raggi ultravioletti, raggi-X, raggi-gamma, ecc. L’atmosfera terrestre ci farebbe da scudo, ma soffrirebbe numerosi danni allo strato di R esi d u o d el l a su p ernova galat t ica es p los a n el 1006 ozono e, senza di esso, l’umanità perderebbe la protezione contro le radiazioni ultraviolette prodotte dal Sole: gli organismi più piccoli e più vulnerabili, alla base della catena alimentare, cesserebbero di vivere, causando la mancanza di cibo per gli strati più alti della scala alimentare, innescando così un irreversibile meccanismo che, scalino dopo scalino, porterebbe ad una lenta estinzione di massa. Le supernovae rappresentano dunque una minaccia grave per l’umanità? Fortunatamente no: le supernovae sono eventi rari e, ancor più fortunatamente, la possibilità che una stella esploda nelle nostre vicinanze e possa rappresentare per noi una vera minaccia risulta ancora più bassa. Stefano Valentini
Pillole di astronomia Gli ammassi stellari sono costituiti da stelle che hanno tutte la stessa età e composizione chimica iniziale, e che differiscono tra loro solo per la massa. Esistono due tipi di ammassi: quelli aperti o galattici (Fig. 2 a pag 17) e quelli globulari (Fig. 3). I primi comprendono da alcune decine a poche centinaia di stelle, hanno un diametro medio di circa 20 a.l. e sono localizzati in prossimità del piano galattico. Fig. 3 Ammasso globulare M13 Si tratta generalmente di oggetti molto giovani; a volte è ancora osservabile la nebulosa di gas e polvere da cui si sono formati. I secondi sono invece un raggruppamento sferico e concentrato comprendente da alcune decine di migliaia fino ad un milione di stelle, del diametro medio di circa 100 a.l., generalmente localizzato in un alone sferico attorno al disco galattico. Si tratta di oggetti molto antichi, risalenti a circa 12-13 milioni di anni fa, sprovvisti di gas interstellare. GC
Asteroide scoperto dall’Osservatorio di S. Lucia di Stroncone Nominato dal Minor Planet Center, Cambridge, USA Aurelio De Felice N° 8897 MPC 34628
Discovered 1995 Sep. 22 at Stroncone. Named in memory of Aurelio De Felice (1915-1996), Italian sculptor known for going “against the flow” in his creations, which appear in museums around the world.
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Fine anni cinquanta. Un periodo difficile per Terni, impegnata a risorgere dalle macerie della guerra e a riconvertire all’economia di pace le aziende cittadine. In particolare le Acciaierie, su cui s’abbatteva il Piano Sinigallia, che imponeva la ristrutturazione della Società, con forti riduzioni di manodopera. I tanti licenziamenti rendevano ancora più precaria la situazione. Vita grama per tutti e tanti sacrifici per sbarcare il lunario. Se la spesa per i libri di scuola rappresentava uno sforzo, l’acquisto dei fumetti costituiva un lusso per la maggior parte delle famiglie. Solo i figli di quelle più agiate potevano permetterseli e, dopo averli letti, li imprestavano a compagni e amici meno fortunati. Si leggeva di tutto, in particolare il Monello e l’Intrepido. In quest’ultimo la figura preminente era quella del Colonnello William Frederick Cody, detto Buffalo Bill. Abilissimo cavaliere e tiratore infallibile guidava le carovane di bianchi in marcia verso il West, la nuova frontiera, la terra promessa per tanti coloni americani. Le preservava dagli assalti degli Indiani e dalle prepotenze dei fuorilegge, mentre attraversavano deserti desolati, stretti canyon e grandi praterie. Un eroe che, in una America senza storia, ricordava i Templari che proteggevano i pellegrini sulla via per la Terra Santa dagli attacchi dei predoni e dall’ostilità degli infedeli. La nuova Italia, nata dalle ceneri del ventennio e dai disastri della guerra, cercava di imprimere nei giovani princìpi veri a sostegno di una società libera e giusta. E portava ad esempio storie sane ed eroi positivi che si ritrovavano nei libri per ragazzi, nei fumetti, nella pubblicità, che muoveva allora i primi passi. Gli spot televisivi erano rivolti ad una società semplice e sana, in cui erano sempre verità e giustizia a prevalere su cattiveria e male. Altri tempi, rispetto agli attuali, dominati da una diversa tensione morale, in un Paese in cui i rapporti umani erano concepiti in modo diverso. Un personaggio come Buffalo Bill è esistito davvero. Si chiamava William Cody e deve la sua fama ad una vita avventurosa, che ne ha fatto un mito in America e un eroe dei nostri fumetti. Ha cavalcato miglia su miglia al servizio della Pony Espresse Company e partecipato realmente alle battaglie contro gli indiani. Si è conquistato l’appellativo di Buffalo Bill sterminando intere mandrie di bufali per rifornire di carne tecnici ed operai, addetti alla costruzione della grande strada ferrata che attraversava le riserve indiane. Venne addirittura eletto Senatore dello stato del Nebraska nel 1872 e ingaggiato poi dal famoso Circo Barnum dove il suo coraggio, diventa esibizione. Qualche anno più tardi mise in piedi un Circo proprio, con cui intraprese parecchie tournée in tutta l’America e, successivamente, agli inizi del ‘900, anche nel vecchio continente. Venne anche in Italia e, nel Marzo del 1906, la carovana del suo Circo piantò le tende nella vasta pianura sotto Collescipoli. Notevole la curiosità e l’interesse dei Ternani, che il 29 dello stesso mese potevano assistere al favoloso BUFFALO BILL’S WILD WEST, in cui folklore e perizia si mescolavano, in spericolati esercizi equestri, alla capacità di usare lazo ed armi da fuoco, in una lotta all’ultimo sangue tra Cow Boy e Pellerossa. L’esibizione si tenne al Politeama e se ne trovano tracce nelle cronache del tempo e nel ricordo popolare. I posti riservati andavano dalle 4 alle 5 lire, 8 a spettatore i palchi. Più modesti quelli in piccionara: 1.20 lire, 2.50 al massimo. La prevendita dei biglietti a Palazzo Morandi, presso il negozio di macchine da cucire Boriosi. Nel corso della sua tournee in Italia Buffalo Bill ed i suoi Cow Boy vennero sfidati dai Butteri della Maremma in un rodeo, dove furono sonoramente battuti. All’Arena di Milano il suo cavallo fu superato, in una gara di velocità, da quello d’acciaio di un campione di ciclismo del tempo. Due momenti che hanno un poco appannato la figura di Buffalo Bill, limitato il suo mito e la fama di eroe, ma non gli hanno impedito di animare con le sue avventure, pubblicate a puntate sull’Intrepido, la fantasia di tanti ragazzi, in un tempo passato e un mondo più ingenuo, ma forse migliore. Sergio Bellezza
Pubblicato sul Corriere dell’Umbria, Terni Ieri, il 29 maggio 2001. TITOLO Quando arrivò Buffalo Bill
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Lo ha già scritto Renato Covino: ci sono due modi per affrontare la storia di un piccolo centro. Il primo è l’approccio tradizionale della storia locale: leggere la vicenda di una realtà minore come specchio e tassello della vicenda nazionale. E’ uno schema consolidato, giocato per lo più sulle vicende politicoistituzionali, con una attenzione scarsa alla storia sociale, territoriale e demografica. Il secondo è quello microstorico, attento alla lunga durata e all’insieme dei fenomeni che condizionano la vita locale. I due volumi sulla storia di Cesi, pubblicati da Renzo Nobili, si collocano a cavallo tra le due metodologie. Prevale in essi l’attenzione agli eventi politico-istituzionali, ma molteplici sono gli spunti relativi alla vicenda sociale, agli andamenti demografici, ai mutamenti della proprietà terriera, alla vita quotidiana. Ne emerge un lavoro al tempo stesso erudito ed interessante, di pregevole scrittura. Per la prima volta si comprende con chiarezza cosa siano le Terre Arnolfe, la piccola provincia di cui Cesi è a lungo capoluogo, come si rileva con chiarezza il ruolo dei Cesi, la famiglia dominante in età moderna, così come attenta è l’analisi dello statuto cinquecentesco. Per altro verso il territorio viene letto illustrando i mutamenti lenti delle strutture che lo compongono. Un buon esempio di storia di una realtà dove tutto sembra sempre uguale, di una vicenda a pendenza lieve, di cambiamenti molecolari, in cui la rottura pare determinata dagli eventi esterni più che da evoluzioni endogene. In Cesi nell’età moderna l’autore ci porta a scoprire un gran numero di avvenimenti e di episodi inediti avvenuti a Cesi tra il XVI e la metà del XIX secolo, attraverso una documentazione originale e finora mai indagata. E ci guida anche alla conoscenza di persone e personaggi che avevano un nome, ma non una identità: chi furono Stefano Bellini e Felice Contelori e Giuseppe Spada e Prospero Pressio e don Carlo Stocchi? E chi era Luigi duca Cesi e chi erano i Cesi, i Pierleoni, gli Areni e gli Stocchi? E chi fu Lorenzo Castrucci? E ancora: chi fece realizzare il palazzo Cesi-Cittadini e quello degli Eustachi e palazzo Conti e quello dove si trova la delegazione comunale? Con Cesi nell’età moderna l’autore, oltre a presentarci un’analisi ampia e gradevole della storia umana, civile e politica di Cesi dal 1500 al 1860, ci offre l’opportunità di dare una risposta a queste e ad altre domande. L’opera, come d’altra parte il volume che lo ha preceduto, Cesi nel Medioevo, è concepita come la storia di una parte di un tutto più vasto. Vale a dire che, nel suo procedere cronologico, la narrazione tende sempre a rappresentare le vicende di una piccola comunità all’interno di una situazione molto più ampia, importante e complessa. Questo il motivo per cui i cinque capitoli in cui essa è suddivisa presentano una breve introduzione, nella quale sono esaminati gli avvenimenti nazionali e dello Stato della Chiesa,di cui Cesi fece partefino al1860, l’anno ad quem del presente lavoro.
Una serata come tante Piazza di Spagna. Una luce magica avvolge scalinata, sorrisi e colori in un unico indistinto. Il canto dell’acqua fontanile sommerge il vocio dei turisti, leggero, un sussurro quasi non voluto, ché non alteri la serale beatitudine... una serata come le altre... quattro pareti... solita cena... soliti libri... Dall’angolo, portamento elegante, un carissimo amico, dai tempi degli studi universitari... Antonio... Giampiero! Magia della Piazza! Antonio Baldassarre, costituzionalista di chiara fama, Presidente della Corte Costituzionale, ... amico di comuni amici... dei quali ci scambiamo subito notizie. Sandro al CNR (credo)... Giuseppe all’ENEL (dice)... Giorgio... C’è molto da dirsi; Antonio mi invita a trascorrere la serata con lui. Auditorium Conciliazione: lunga coda al botteghino, a serpentone, silenziosa, ordinata, propria degli amanti dei concerti. C’è Uto Ughi. Accompagnato dall’Orchestra da camera I filarmonici di Roma. La serata di gala prevede anche il Premio alla Carriera Una vita nella musica assegnato a Wolfgang Sawallisch, uno dei più celebri musicisti al mondo. Nell’attesa, non breve, ché tutto il serpentone si adagi sulle poltrone, c’è tempo per Uto Ughi Prima esibizione, in cui mette in mostra un talento il riaffiorare dei ricordi. La passione comune: il calcio. Io Bosico e San Francesco, straordinario, a sette anni, con l’esecuzione della Ciaccona dalla lungamente, fino al limite delle forze fisiche. Antonio era invece una vera Partita n°2 di Bach e di alcuni Capricci di Paganini. Tiene concerti promessa del calcio. Possente in tutto il mondo, nei principali festival e con le più rinomate costituzione da mediano, forza orchestre sinfoniche. La salvaguardia del patrimonio artistico atletica e fisica, gran ragionatore Terni Teatro Verdi nazionale lo vede da sempre strenuamente impegnato. Fonda infatti Sabato 13 dicembre, ore 21 del centro campo. Fu però una di il festival Omaggio a Venezia per raccogliere fondi per il restauro quelle stelle calcistiche destinate dei monumenti storici della città. Poi il festival Omaggio a Roma Uto Ughi violino per la diffusione del grande patrimonio musicale internazionale: a non brillare in perpetuo perché I Filarmonici di Roma concerti gratuiti e volti alla valorizzazione dei giovani talenti le non comuni doti intellettive e formatisi nei conservatori italiani. Attualmente Uto Ughi per culturali lo destinavano ad altri Roma, 12 concerti gratuiti per i giovani e per chi vuole vivere traguardi. Un po’ di politica. Io l’emozione della grande musica. da sempre cane sciolto, isolato da E’ nominato, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, tutti. Antonio era stato invece, nel Presidente della Commissione incaricata di studiare una campagna di comunicazione a favore della diffusione della 1981, per sei mesi, consigliere musica classica nel mondo dei giovani. comunale a Terni, per il PCI. Cavaliere di Gran Croce per meriti artistici (1997), Laurea Chiedo di Paco, uno dei due figli, Honoris Causa in Scienza delle Comunicazioni (2002). mio discente al Liceo Tacito, uno Suona con un violino Guarneri del Gesù del 1744 e con uno Stradivari del 1701 denominato Kreutzer perché appartenuto dei tantissimi allievi che hanno allietato la mia professione di educatore. all’omonimo musicista a cui Beethoven aveva dedicato la famosa Sonata. L’orchestra da camera I filarmonici di Roma inizia a deliziarci.
Bravissimi, ma senti che sei lì per lui, Uto Ughi! Appare. Suona. Una infinita ghirlanda di note zampilla dal violino, avvolgendoci interamente. Poi il premio a Wolfgang Sawallisch, il suo amore per la musica, che definisce regina di tutte le arti, l’unica in grado di affratellare i popoli. Del celeberrimo Sawallisch, Ughi dice: Il maestro non si serve della musica per esaltare e glorificare se stesso. Lui è al servizio della musica per amore della musica. Un brivido... già “sentito”: ... Pitagora... scoprì (eurein, eurein) la musica e dopo averla organizzata in un sistema la trasmise ai discepoli perché fosse loro d’ausilio a raggiungere ogni nobile scopo (panta ta kallista, panta ta kallista). Ma certo... regina di tutte le arti... affratellare... nobile scopo! Fioriscono così note d’amore, nella ghirlanda. Cena un po’ esclusiva, al terzo piano dell’Auditorium. Tavoli finemente imbanditi, cibo adescante, ma non riesco a mangiare... quelle note... quelle parole... la musica regina di tutte le arti... l’arte delle Muse... Antonio mi conferma che la parola mousikh (mousiké) aveva un significato molto più esteso che non la sola arte dei suoni; abbracciava ogni cultura dello spirito, la scientifica come l’artistica, in particolare la filosofia, la poesia, la mimica, l’orchestrica, perfino la mantica (manìa o invasamento divino, come si apprende dal Fedro di Platone). Ringrazio. La notte avanza, salutiamo il maestro Ughi, cortesissimo amico di Antonio, torniamo a Terni insieme. Lo punzecchio un poco per non aver inserito la matematica nel novero delle arti. Rammento che a Crotone fecero della casa di Pitagora un tempio e chiamarono Museo il vicolo ove il divino parlava ai discepoli essoterici, quelli ammessi cioè ad ascoltarlo, ma non a vederlo, chiamati appunto acusmatici. Le stesse note musicali si devono a Pitagora... La matematica, enfatizzo, è musica! La ghirlanda unisce ora Pitagora, Giamblico, Sawallisch, Ughi... si parla ancora, ma la malìa romana non svanisce... buonanotte... ciao... grazie per la serata... ...proprio una come tante... GR
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