La pagina dicembre 2009

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Requiem in blu

Francesco Borzini

N° 10 - Dicembre 2009 (70°)

Quando muore un operaio è come se non fosse morto niente e la vita riprende come prima, senza sussulti e senza cambiamenti. Quando muore un operaio la tv si indigna, ma per finta. Subito si annoia di una banalità scontata. Trent'anni, o giù di lì. Padre di famiglia. E si schiude uno sbadiglio in dissolvenza. Quando muore un operaio c'è qualcuno che domanda: Ma che ci sono ancora gli operai? Non si sono estinti per via di un cataclisma o trasformati in stormi per volare lontano, in Cina, in India o in Romania? Quando muore un operaio scopri il suono di parole nuove, sodio solfidrato e acido cloridrico. Ma come cazzo si fa a lavorare tra quella roba lì? E finisci per baciare con trasporto la scrivania. Quando muore un operaio c'è sempre qualcuno che ti dice “E’ stata una triste fatalità!”. E così i padroni si autoassolvono al pensiero di non essere padroni del destino. Quando muore un operaio i politici sono solidali, vestono la faccia di sgomento e dicono: “Mai più! Prenderemo misure efficaci, valuteremo l'opportunità di attenzionare...”. Quando muore un operaio mica è morto un militare che tutti si mettono all'impiedi per salutare i “nostri ragazzi” caduti difendendo l'onore della Patria. Si rimane seduti, quando muore un operaio. Quando muore un operaio ti accorgi che ha la tua stessa età e la tua stessa faccia le stesse scarpe da calcetto sporche di erba e di terriccio. Quando muore un operaio tutti ti diranno che è morto un giovane, un padre, un figlio o un italiano. Non un operaio. Perché quella parola è morta prima di lui. Quando muore un operaio, infatti, è come se non fosse morto niente e la vita riprende come prima: occhi bassi e rabbia muta in corpo.

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Il digitale terrestre - F P a t ri zi Ricerca degli imprenditori di domani... - A Melasecche La matematica della crisi - P F a b b ri La formula del cambiamento - S Mu st i ca ARCHE’ - P Ma g g i o l i n i PAZZAGLIA Latitanti? Iscritti a Facebook! - A L i b era ti Non me lo so spiegare - C C o l a sa n t i OSPEDALE SANTA MARIA - E Ruffinelli, D Ghione Il valore delle ore: banca del tempo - B R a t in i Liceo Classico - F R o ssi , S M F a n t i n i La sfida al labirinto - P S eri Il piacere - C C a rd i n a l i INTERCRAL I N T E R PA N PROVINCIA DI TERNI Torneo di scacchi al Liceo Classico - M Ma t t eoli La sete è pubblica - J D a n i el i FONDAZIONE CARIT Astronomia - T S ca cci a f ra t t e, G C o zza ri Astronomia - P Casali, F Valentini, TS SUPERCONTI

La poiana non ha nulla da rimproverarsi. Gli scrupoli sono estranei alla pantera nera. I piranha non dubitano della bontà delle proprie azioni. Il serpente a sonagli si accetta senza riserve. Uno sciacallo autocritico non esiste. La locusta, l’alligatore, la trichina e il tafano vivono come vivono e ne sono contenti. Il cuore dell’orca pesa cento chili ma sotto un altro aspetto è leggero. Non c’è nulla di più animale della coscienza pulita sul terzo pianeta del sole. Wisława Szymborska Lode della cattiva considerazione di sé ADELPHI EDIZIONI


Alla ricerca degli imprenditori di domani...

I l d i g i tale t erres t re ovvero

il libero progresso obbligatorio

Si è conclusa con un grande successo di pubblico e media, il 22 novembre a Roma, l’edizione 2009 della Global Entrepreneurship Week (Settimana Globale dell’Imprenditorialità), con un Barcamp (conferenza destrutturata sulla tradizione dell’Università di Stanford in cui, senza una rigida scaletta degli interventi, nessuno è solo spettatore) organizzato presso la LUISS. Ma la Week era iniziata al meglio il 16 a Pisa con un evento sul Research in Italy, evoluzione dinamica del Made in Italy, come soluzione strutturale alla crisi contingente. Anche quest’anno il movimento, di persone e di pensiero, globale, generato dalla Week ha visto coinvolti 80 Paesi, migliaia di partner, milioni di partecipanti e realizzate più di 25.000 attività. Sette giorni, quattro obiettivi: Ispirare (Inspire) i giovani rendendo la scelta di una vita da imprenditori innovatori un’effettiva opportunità di carriera, Connettere (Connect) a livello globale, Trasferire modelli di successo dando il buon esempio (Mentor), Coinvolgere (Engage) anche il livello istituzionale, quello dei policy-maker che determinano politiche, misure e azioni a favore dei giovani e del loro futuro. Quest’anno in Italia è anche intervenuto Carl Schramm, Presidente della Kauffman Foundation, per l’unica puntata fuori dagli USA dopo aver aperto a Londra con Gordon Brown e il Principe di Galles. Si tratta di uno dei pensatori sul tema del sostegno e dello sviluppo dell’imprenditorialità più riconosciuti al mondo, qualificato da The Economist come “l’evangelista dell’imprenditorialità”. Sono intervenuti il Presidente della Camera Gianfranco Fini, il Sottosegretario Gianni Letta, l’Ambasciatore inglese Eduard Chaplin e il Console americano di Firenze Mary Ellen Countryman. L’Italia inoltre ha partecipato a due delle attività ufficiali a livello globale: con la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia al Global Innovation Tournament lanciato inizialmente dall’Università di Stanford sul tema “risparmiare divertendosi” e, con un progetto di Intesa San Paolo, al Global Cleantech Open Ideas Contest in cui il nostro Paese è stato l’unico in Europa tra i finalisti oltre alla Danimarca, insieme a USA, Cina, Nuova Zelanda, Israele e Puerto Rico, che poi ha vinto. Gli eventi italiani hanno coperto diverse regioni: Toscana, Lazio, Umbria, Marche, Sardegna, Campania, Lombardia, Piemonte e Veneto e c’è stato anche un evento “incrociato” con la Global Entrepreneurship Week di Slovenia e Argentina. Tra tutti gli eventi, tre in particolare hanno visto il coinvolgimento dei potenziali imprenditori innovatori di domani: I Realize, evento realizzato da TOP-IX e Politecnico di Torino, nell’ambito del programma di sviluppo della cultura e dell’imprenditorialità legate a Internet, Innovation Camp, organizzato da Junior Achievement e Nokia con i ragazzi delle scuole superiori di Milano sul tema Smart in the City, nuove idee per migliorare la qualità della vita nelle città e il “nostro” Crea l’Idea! presso l’ITIS, che ha visto proprio gli studenti ternani quali principali protagonisti. Molto interessante la presenza a tutti gli eventi di BEST il programma dell’Ambasciata americana nato per favorire il cambiamento culturale nelle giovani generazioni di scienziati con un progetto imprenditoriale che dà l’opportunità di una full immersion di sei mesi nella Silicon Valley. Tutti gli eventi hanno coinvolto universitari e studenti delle scuole superiori, ragazzi e ragazze creativi e innovativi, entusiasti di cimentarsi con una nuova sfida, per nulla preoccupati o timorosi di mettersi in gioco. Questo fa decisamente ben sperare per il futuro del nostro Paese. Intanto META Group, coordinatore italiano della Week, da Terni, lavora già a.melasecche@meta-group.com all’edizione 2010.

Siamo i primi in Europa, annuncia trionfalistico il TG1, siamo avanti a tutti, strombazzano le reti avversarie. Cari Compagni, la verità è che questa volta il PCUS ha esagerato. Il nostro beneamato Partito dei Canali Uniti di Stato ha emanato un ukase, alias un editto zarista, mascherato sotto una parola esaltante: progresso. Stiamo passando forzatamente tutti, regione dopo regione, al digitale terrestre e non abbiamo scelta: o ti auto-esalti con il doppio telecomando e ti compri il decoder oppure rimani a fissare uno schermo-neve senza canali e ti noleggi un po’ di DVD. La Storia ci insegna che il progresso non si impone, ma l’Italia fa eccezione, ne fa un obbligo e un vanto: udite udite, siamo i primi in Europa! Diciamo pure gli unici, perché nessun altro paese si sogna di seguirci sulla strada della digitalizzazione statale di massa! Tutto è cominciato una decina di anni fa, quando la Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia Europea hanno sentenziato che tale Di Stefano, proprietario di Europa 7, aveva diritto alla frequenza occupata abusivamente da Rete 4. Invece di applicare la sentenza, lo Stato Italiano ha scelto un’altra strada, estremamente lunga e tortuosa: abbandonare l’analogico e le sue frequenze contate e trasportare Rete4 e noi tutti in blocco nell’iperspazio infinto del digitale, dove non esiste il tetto dell’antitrust. In attesa del passaggio nel digito-mondo delle pixel-meraviglie, ogni anno trascorso senza applicare la sentenza equivale ad una mora di milioni di euro e dato che la faccenda non sarà risolta prima del 2014, fate voi i conti di quanto ci costerà questo progresso! Non conveniva liberare questa benedetta frequenza analogica senza pagare multe milionarie e affidare al Libero Mercato il compito di aprire la strada alla tv del futuro? Perché lo Stato, a cui si chiede di applicare una sentenza, temporeggia difendendo un’emittente privata a discapito dei nostri portafogli? E poi, in nessun paese al mondo lo Stato obbliga i cittadini a comperare un elettrodomestico. Intendiamoci, si tratta di una coercizione camuffata perché chi non passa a sue spese al digitale, non può usufruire del pubblico servizio per il quale paga una tassa chiamata canone! Ora, cari compagni e caro Presidente del PCUS, data l’attuale crisi economica, era proprio necessario far spendere tutti questi soldi alle famiglie italiane e accumulare una mora che andrà a gravare sul nostro debito pubblico per i decenni a venire? Allo Stato, in fin dei conti, cosa importa di Rete4? Mica è il proprietar… ops, non volevo dire, cioè… il libero mercato, la libera scelta, ho la bocca ripiena di frattaglie capitaliste, non so neanche io cosa dico, forse ho esagerato con la vodka… non volevo mancare di rispetto al PCUS, mi cospargo di capezzone la testa, ho bisogno di un po’ di riposo e di tv, perché no?… evviva il progresso, evviva il digitale…. A proposito, cosa danno stasera su Rete Ukase? Francesco Patrizi

LA

PA G I N A

Mensile di attualità e cultura

Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni

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La matematica della crisi

laboratori

La crisi è finita, anzi no. Quasi, forse, niente affatto, non ancora. Il PIL cresce, o forse non diminuisce, ma la crescita non decolla, però rallenta la decrescita. La crisi è finita, la crisi dura ancora. L’economia non è neutrale: è anzi pura politica, e siccome la politica è guerra, non c’è speranza di poter affrontare temi economici in maniera asettica e razionale: gli articoli somigliano a bollettini militari, e come tali tendono più a propagandare che a informare. Anche perché l’economia è estremamente sensibile ai meccanismi di feedback, soprattutto nei periodi di crisi: e questo rende tutto più complicato, perché l’informazione stessa ha un impatto sensibile sulla crisi. Se continuate a ripetere da tutte le televisioni “la gravità non esiste” potrete magari seminare molta perplessità nei telespettatori, ma non cambierete di un decimale la costante di gravitazione universale. Se invece ripetete a gran voce da tutti i media “la crisi è finita!” o “siamo in crisi nera!”, qualche effetto reale sull’andamento della crisi potreste generarlo davvero. Se però tralasciamo questi malefici effetti di auto-interferenza e di manipolazione indotta, si può provare a capire perché esistano percezioni tanto diverse della situazione economica. Basta un minimo, ma proprio poco, di analisi matematica.

Immaginate un’automobile: come tutti gli oggetti occupa un certo spazio; ha insomma una ben precisa posizione sulla strada. Se la immaginiamo in moto, questa sua posizione varia: e la misura di questa variazione è la velocità. Dire che una macchina va a 100 km/h significa che cambia la sua posizione di 100 km ogni ora. I matematici, che sono gente strana, chiamano questa variazione “derivata”. In realtà la definizione è più rigorosa e complicata, ma alla fin fine di questo si tratta: di una variazione. Ora, come sanno tutti coloro che hanno provato l’ebbrezza di premere sul pedale dell’acceleratore o del freno, anche la velocità può variare; diminuisce frenando, cresce accelerando: e infatti la variazione della velocità di chiama proprio accelerazione. Bisogna solo ricordarsi che, tecnicamente, anche una frenata è un’accelerazione (negativa), ma fatto questo si giunge subito alla conclusione: se la velocità è la derivata della posizione e l’accelerazione è la derivata della velocità, non ci vuole molto a concludere che l’accelerazione è la derivata seconda della posizione. Gli economisti sono molto attenti alle derivate seconde: per mestiere devono fare previsioni, e le previsioni si fanno stando molto attenti ai più piccoli segnali di cambiamento. Proseguendo la metafora, guardiamo ora la direzione della nostra macchina: potrebbe

andare verso bei paesaggi, al mare, in montagna (che nella metafora economica corrispondono ai lussureggianti luoghi del boom) o dirigersi verso un burrone (crac). Se la macchina va verso il burrone, diciamo che siamo in crisi. A questo punto, gli economisti corrono subito a misurare con quale velocità la macchina si dirige verso il disastro: se ci va piano piano, a 10 km/h, è male, ma se ci va velocemente, ad oltre 100 all’ora, è ovviamente molto peggio. Oltre alla velocità, gli studiosi vogliono giustamente sapere se stiamo ancora premendo sull’acceleratore o no, perché se andiamo a 100 km/h verso il burrone ma abbiamo cominciato a frenare allora forse riusciremo a fermarci in tempo; se invece ancora acceleriamo il quadro è ben diverso e peggiore. In altre parole, stanno molto attenti alla derivata seconda, alla variazione della variazione, cercando di cogliere il momento fatidico in cui cam-

bia di segno. Quel che succede poi, se davvero l’auspicato rovesciamento della derivata seconda si realizza, è evidente: tutti gli esperti urlano a gran voce che finalmente c’è un’inversione di tendenza; fino ad un attimo fa andavamo velocissimi verso il disastro, e non contenti acceleravamo: adesso stiamo finalmente sollevando il pedale dall’acceleratore. E’ un buon segno, dicono, e lo è davvero. Il guaio è che questo buon segno viene spesso frainteso (o spacciato) per “è tutto finito, la crisi è passata”, mentre invece la metafora della macchina è ragionevolmente chiara: non stiamo accelerando più verso il disastro, ma la direzione è sempre quella: bisogna ancora rallentare, fermarsi, e infine fare inversione a U. Naturalmente, la natura e la percezione della crisi sono cose complesse, molto più complesse di un giochino come questo: però anche

questa semplicissima analisi rende conto del ritardo che intercorre tra i primi segnali positivi e la reale percezione della gente normale del nuovo clima economico. Purtroppo, non sempre le metafore matematiche servono a farsi una ragione di quel che succede in politica: ad esempio, se abbiamo bisogno di avere delle case costruite in fretta e i nostri muratori non riescono a costruirle in tempo, ci sono molte azioni che è possibile intraprendere: cambiare il progetto delle case, aumentare il numero di muratori, o dar loro strumenti migliori di costruzione, e così via. In ogni caso, ha ben poco senso varare una legge che ordini che le case non completate entro due anni vengano rase al suolo: sembra più un metodo di distruzione, che di costruzione. Eppure, per i processi sembra proprio che sia questa la strada scelta; ma forse siamo noi ad aver capito male. Piero Fabbri

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La formula del cambiamento Maurizio Sabatini

Esiste oggi un fenomeno che nel bene o nel male, in modo consapevole o inconsapevole, incide in modo significativo nella nostra vita quotidiana sia personale che lavorativa. E’ innegabile, infatti, che stiamo vivendo un’epoca caratterizzata dalla velocità con cui si modificano le condizioni (sociali, politiche, economiche, tecnologiche, ecc.) a cui dobbiamo far fronte. Si può quindi affermare che il problema non è dato tanto dai mutamenti, che sono sempre avvenuti nella storia dell’umanità, ma dalla velocità con cui oggi avvengono. L’uomo (e le aziende che, ricordiamoci, di uomini sono fatte!), è un animale abitudinario, lento nell’abituarsi ai cambiamenti, ed è per questo motivo che oggi trova difficoltà maggiori a vivere/ lavorare, in un periodo dove il cambiamento e la sua velocità sono ormai la regola fissa. Le evoluzioni sociali, tecnologiche, economiche, modificano in modo sostanziale il contesto dove viviamo e tutto ciò ci porta (a volte costringe) continuamente a fare delle scelte, che spesso possono essere determinanti per il nostro futuro (personale e/o lavorativo) decretandone il successo o l’insuccesso. Chiariamo un aspetto. Oggi esseri umani o aziende che siano, non possono non fare i conti (in tutti i sensi) con le condizioni sociali ed economiche che si

modificano: - siamo sempre più longevi e quindi cambiano le nostre esigenze; - i più giovani, grazie alle nuove tecnologie, modificano quelli che erano considerati un tempo i modelli di relazione; - sempre le tecnologie, ci porteranno ad un nuovo modello di società interattiva, - siamo anche un po’ più poveri di prima ed anche questo modificherà alcuni aspetti sociali ed economici. Succederà molto altro ancora e soprattutto succederà con accelerazioni talmente rapide che non tutti riusciranno ad adeguarsi in tempo. Ma conviene sempre adeguarsi al cambiamento? Cosa è che ci spinge a cambiare? Essenzialmente dobbiamo chiarire che per cambiare occorre trovare dei validi motivi (cioè, una giusta motivazione al cambiamento MC). Quali sono gli elementi che costituiscono questa motivazione? In primis, il livello di soddisfazione/insoddisfazione (I), vuol dire che, quanto più sono insoddisfatto (del lavoro, della relazione ecc.), quanto più sarò disponibile a cambiare. Il problema è: se è vero l’inverso, cioè, se sono soddisfatto non cambio, allora, vivendo nella società del cambiamento, posso correre dei rischi! Ma il cambiamento (eventuale) deve essere garantito anche da obiettivi nuovi

(O), che possano essere visti come un traguardo a cui tendere, che possano rappresentare un credo (personale/aziendale) che ci aiuterà a determinare quali siano i giusti comportamenti da adottare. Ancora, ed i proverbi ci aiutano a capire (chi lascia la strada vecchia… ecc.), serve anche una certa propensione personale al cambiamento, deve essere presente una disponibilità, anche se minima, alla sfida (S), cioè dobbiamo voler rischiare un rischio calcolato, certo! ma pur sempre un rischio, e quindi dobbiamo cercare nuovi stimoli all’interno del percorso che stiamo analizzando. Infine, un ultimo fattore. Tutti i cambiamenti sono di per sé difficili da affrontare, a volte il traguardo può sembrarci molto lontano, ed è per questo che, nel momento in cui decidiamo di affrontare il nuovo dobbiamo anche essere in grado di programmare (P) un percorso step by step, graduale, dove ogni piccolo passo compiuto diventi un feed back positivo che ci faccia capire che nel nuovo percorso avviato, seppur difficile, ogni piccola tappa diventi un motivo di gratificazione che ci spingerà verso la successiva. Tutti questi elementi nel loro insieme devono essere maggiori di tutti gli impedimenti, dei costi personali e delle eventuali sofferenze che il cambiamento richiede. In sintesi: MC = IxOxSxP > X. Stefano Mustica Docente Universitario e Consulente sui temi della Gestione e Strategia Aziendale PS - Se qualcuno dovesse chiedersi il perché del segno di moltiplicazione che collega tutti i fattori, la risposta è semplice. Pensi solamente se uno di quegli elementi dovesse essere uguale a 0 (zero)... che succederebbe?

Associazione Interamnense di Cultura

Non c’è dubbio che, in questi ultimi anni, anche per lo stimolo esercitato dalle associazioni culturali, si sia riacceso in città l’interesse per le arti e gli artisti Favorite dalla realizzazione di importanti centri espositivi predisposti dall’amministrazione comunale si sono succedute mostre, dibattiti e pubblicazioni riguardanti il mondo dell’arte ed è stato sottolineato da più parti il contributo che gli artisti hanno dato allo sviluppo della città e della nostra comunità. Purtroppo il trend positivo sembra subire un brusco arresto per varie ragioni: 1- Ragioni economiche; si sostiene che poiché le risorse disponibili per il Comune sono ridotte occorrerà provvedere ad un robusto taglio degli investimenti nella cultura. 2- Scarsa disponibilità dei siti destinati alla promozione della cultura; infatti sono stati dati in gestione sia il Museo Archeologico dell’ex SIRI, sia Palazzo Primavera e, ad adiuvantum , il centro di Via Aminale è in via di ristrutturazione; è veramente improbabile se non impossibile dar luogo a manifestazioni di interesse sociale. 3- La opinabilità della costituzione di una sezione di arte contemporanea nel locale museo riservata a pochi eletti. A queste ragioni sembra opportuno opporre alcune considerazioni: 1- Riguardo alle questioni economiche sembra ormai abbastanza assodato che, se c’è un modo per superare difficoltà, non serve e perlo-

meno non basta amministrare con parsimonia, occorre mettere in campo attività innovative stimolando il più possibile lo spirito di iniziativa e di inventiva delle persone ed il bagaglio culturale ne costituisce la premessa indispensabile ed il fondamento. Investire in cultura, nel senso più lato, è non solo utile, dunque, ma necessario. 2- Occorre rendere disponibili i siti deputati alle manifestazioni culturali poiché se da un lato l’apporto del privato può portare indubbi benefici, anche economici, rimane importante e necessario che l’amministratore pubblico possa utilizzare strutture pubbliche quando lo richieda il superiore interesse della città rispetto a quello privato. E’ necessario quindi un rapporto equilibrato, per far vivere in simbiosi il sistema pubblicoprivato, nella gestione dei siti deputati alle manifestazioni culturali vista anche la non certo eccessiva quantità di siti di cui è dotata la città. 3- E’ sicuramente un atto di alta considerazione per il contributo che gli artisti ternani hanno dato alla crescita della città che si è voluto istituire una sezione d’arte contemporanea nel museo cittadino a loro dedicata. Tuttavia poiché si tratta non di una mostra qualsiasi, per la quale le scelte sono legittime e certamente giustificate, ma di un racconto storico, di vissuto certificato da riconoscimenti e validità, non è accettabile la esclusione in questa sezione di artisti che figurano in musei di rilevanza nazionale. Nulla da obiettare per quelli inclusi, ovviamente, ma potremo plaudire alla iniziativa solo se risulti chiaramente che si è trattato di un inizio e che si intende proseguire su questa strada estendendo l’inclusione di tanti altri artisti meritevoli. Per ARCHE’ Paolo Maggiolini

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LATITANTI? ISCRITTI A FACEBOOK! I pizzini confinati sulle distanze ridotte Quale studioso e appassionato di alcune figure politiche di prim’ordine, in questi giorni uggiosi stavo ripercorrendo una fase decisiva della nostra storia nazionale - l’affaire Aldo Moro - per migliorare un mio precedente lavoro dei tempi dell’Università. Ma, davanti al computer, sono incappato in qualche significativa scoperta. Al numero 00505.226.58.336 di Managua, Nicaragua, si può chiedere di Alessio Casimirri, condannato per la strage di Via Fani. Casimirri approdò nel 1983 in Centro America, laddove, oltre a diventare un esperto sommozzatore, ha aperto il ristorante La cueva del buzo. Il suo numero telefonico è su Facebook cui egli è iscritto ed è persino possibile lasciargli direttamente un messaggio on line. A proposito: la specialità della casa sono i frutti di mare, come recita la nota di Facebook, Los mejores mariscos de Nicaragua con el mejor toque Mediterraneo. Un’attività con ben 550 fan, tra cui numerosi amici e parenti che si trovano nel Belpaese. Facebook consente di scrivere anche a loro. A questo punto la mia curiosità è cresciuta e sono andato a verificare se anche altri latitanti fossero per caso registrati sul social network più popolare del mondo e, magari, pure in quello che è oggi un cyberghetto come Myspace. Ma è sempre Facebook a spopolare, anche tra i ricercati per ergastolo. Infatti c’è pure Achille Lollo, condannato per la morte dei fratelli Mattei (rogo di Primavalle), presto fuggito dall’Italia per rifarsi una vita nei Mari del Sud fino a far estinguere i 18 anni di pena - ma nuove indagini sono in corso presso la Procura di Roma. E’ anche lui contattabile su Facebook, dove, digitando il suo nome, potrete eventualmente scrivergli o contattare alcuni dei suoi amici e amiche do Brasil, meno di 30. Nulla rispetto a Casimirri. E per concludere ritorniamo al punto di partenza, in Centro America, dove, sempre a Managua, svolgerebbe servizi sanitari persino per le Nazioni Unite il “dottor” Guglielmo Guglielmi, condannato a 39 anni per avere ucciso un orefice e un politico. Dalla sua cellula poi scaturì il commando che freddò il giornalista Walter Tobagi. Anche a Guglielmi possiamo inviare un messaggio su Facebook. Per raggiungere “il dottore” non bisogna però confondersi con gli omonimi: sotto il suo nome c’è scritto “College Station, TX”. Ricercando i latitanti abbiamo dunque virtualmente girato il mondo restando a casa, ma una semplice operazione di controllo postale su Facebook potrebbe rivelarci, ad esempio, con estrema accuratezza se costoro, oggi, si trovino effettivamente laddove pensavamo fossero. A meno che non faccia ancora comodo a qualcuno il permanere di un angolo oscuro nella nostra storia, uno spazio gonfio di sofferenza e retoricamente chiamato “misteri d’Italia”. andrealiberatius@gmail.com

Non me lo so spiegare Dare ai ricordi il proprio nome non sempre va a finire in gloria, come diceva De Andrè. Anzi! Il più delle volte ci si ritrova solamente ancora più raggomitolati in se stessi, chiusi in quello che si potrebbe paragonare ad uno splendido isolamento, se non fosse per il fatto che di splendido non ha proprio nulla. Certo, il periodo dell’anno, con questo clima così plumbeo, spinge a riflessioni sulle quali nessuno vorrebbe soffermarsi troppo a lungo, ma dobbiamo fare i conti con tutto, anche con la tristezza di certi periodi che proprio non riusciamo a spiegarci. Eravamo così felici! Stavamo così bene! Eppure eccoci qui, focalizzati su qualcosa che non va della nostra vita, qualcosa o qualcuno che manca, qualcosa o qualcuno che ci ha delusi, qualcosa o qualcuno al quale vorremmo far capire qualcosa, ma ci manca il coraggio o l’occasione adatta (sempre di mancanza di coraggio si tratta, ma camuffiamo un po’!). La pioggia, il vento, la nebbia, Natale che si avvicina, commemorazioni varie hanno

il loro peso, assieme alle personali situazioni di vita con cui ognuno si trova a convivere fianco a fianco, giorno dopo giorno. Come quei periodi in cui va tutto alla grande e ci si chiede cosa stia per capitare di brutto, perché così non può certo continuare a lungo!; come quando, nonostante non ci si possa lamentare, c’è qualcosina che non ci fa apprezzare a pieno il momento, che non ci fa godere la nostra tranquillità, che ci rende tristi. Inaccettabile poi, da parte di persone sempre allegre, essere più taciturni, più riflessivi, più appartati del solito: nessuno ti lascia in pace, tutti a chiederti che succede… oppure esattamente il contrario. Naturalmente poi, a seconda della situazione, le reazioni delle persone che ci circondano sono agli antipodi di quelle che vorremmo avessero, ma del resto succede sempre così: lo dice anche Oscar Wilde che quando non si ha voglia di niente, si ha bisogno di tutto. Ma cosa si cela dietro a quel tutto? Noi abitanti del terzo millennio, nati nella parte fortu-

nata del mondo non possiamo certo dire che ci manca da vivere (a seconda dei casi, sempre a seconda dei casi!), anzi, molte volte sono proprio le nostre abitudini oziose e povere di contenuti realmente utili alla nostra crescita morale e psicologica a renderci così poveri dentro. Non sto vestendo i panni di un’allegra giovane bacchettona che sale in cattedra senza avere sostegni per la sua tesi e vuole solo fare la parte della persona adulta. Non ci tengo: mi bastano e mi avanzano i miei anni, gli altri verranno con la loro calma frettolosa, io li aspetto, ma non posso stare zitta davanti al degrado che vedo. Sono la prima a mettermi in discussione, perché sono la prima a sentirsi addosso queste strane sensazioni che ho descritto finora, anche se so perfettamente di non essere l’unica a provarle. Per questo sono qui a parlarne. Per cercare di capire come renderle occasione di crescita e non qualcosa su cui fissarsi senza riuscire a venirne fuori con la testa alta ed il cuore pieno di esperienze da cui prendere forza. Ognuno di noi è fisso su di sé, ascolta gli altri sapendo che alla fine siamo tutti sulla

stessa barca, si mette in discussione solo per potersi dare ragione da solo e quando si passa un periodo un po’ giù, lo si passa da soli. Gli altri non possono capire, gli altri non hanno le loro ragioni: esistono solo le nostre. Ma ci rendiamo conto del paradosso? Chiediamo aiuto a coloro ai quali non diamo la nostra fiducia. Vogliamo essere compatiti per non essere compresi, ma solo coccolati. Ma cosa è diventato il nostro ego? Perché non riusciamo più a costruire qualcosa di duraturo, di saldo, di stabile? Stiamo andando alla deriva totale? Totale non direi: non si starebbe così male, sapendo che non ci sono vie di scampo. Sono quelle uscite di sicurezza che vediamo illuminarsi fiocamente che

ci rendono così instabili: sappiamo che ci sono ma sappiamo che per arrivarci ci sono percorsi difficili, percorsi impervi e ostacoli da superare. Ce la faremo? Se non ci proviamo è dura tentare di rispondere. Se non ci mettiamo tutti noi stessi non lo potremmo mai sapere. Mai nessuno ha detto che sarebbe stato semplice e crescendo ognuno se ne accorge sempre di più. Bene, adesso tentiamo di spiegare alla nostra tristezza le sue ragioni, tentiamo di ascoltare gli altri perché possiamo trovare assieme una soluzione, tentiamo di comprendere e non di compatire. Tentiamo una crescita, nata dalla tristezza, nata dalla gioia più sfrenata, nata da qualsiasi sentimento, ma tentiamola. Chiara Colasanti

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Ospedale Civile “Santa Maria” di Terni Credere nella professionalità infermieristica L’anno 1970 rappresentò un momento importante per la Sanità a Terni: venne istituita la Scuola Convitto per Infermiere Professionali. Il Consiglio di Amministrazione dell’Ospedale Civile S. Maria, nella seduta del 25 maggio 1970, approvò il documento n. 319 avente per oggetto: Istituzione Scuola Convitto Infermiere Professionali. Presupposti necessari a tale decisione furono l’autorizzazione specifica da parte del Ministero della Sanità, la disponibilità di idonei spazi, la nomina di un Direttore e di una Direttrice della Scuola, di un Corpo docente e la predisposizione di un Regolamento della Scuola. A successivo atto venne affidata l’erogazione del contributo per le spese d’impianto o funzionamento della Scuola stessa. La Scuola Convitto per Infermiere Professionali sarebbe stata ubicata nei locali della ex Clinica Nuova del dott. Campeggiani. Non passò un anno, però, dalla tanto attesa istituzione della Scuola Convitto per Infermiere Professionali che già si dovette ritornare sulla decisione assunta, per la chiusura delle Scuole Convitto, così come stabilito dalla legge n. 124 del 25 febbraio 1971, che, mediante l’estensione al personale maschile dell’esercizio della professione di infermiere professionale, attuò una vera rivoluzione nel mondo infermieristico. L’attività assistenziale, fino a quel momento esclusivo appannaggio delle donne, lavoro concepito come ausiliario e vocazionale, particolarmente adatto alle figure femminili e soprattutto alle religiose, veniva ora offerto anche agli uomini. A Terni, nel rispetto della nuova normativa, il 6 Luglio 1971, con atto deliberativo n. 423, si procedette pertanto alla soppressione della Scuola Convitto per Infermiere ed alla contestuale istituzione della Scuola per Infermieri Professionali, regolamentata dal seguente documento (di cui presentiamo solo gli artt 1, 2, 6, 8, 9, 13 lasciando gli altri per il prossimo numero de La Pagina).

Stefania Santeramo

SCHEMA DI REGOLAMENTO ART. 1 È istituita presso l’Ente Ospedaliero ‘S. Maria’ di Terni la Scuola per Infermieri Professionali con un corso biennale per il conseguimento del diploma di Stato di Infermiere Professionale ed un terzo corso per il conseguimento del certificato di

abilitazione alle funzioni direttive. La Scuola ha lo scopo di impartire agli allievi tutte le nozioni teoriche e pratiche necessarie per esercitare e dirigere l’opera di assistenza agli infermi. ART. 2 La Scuola per Infermieri Professionali dispone di una sede presso i locali dell’Ospedale. Il tirocinio pratico degli allievi verrà espletato presso i reparti di Medicina, di Chirurgia, di Pediatria, di Ostetricia e delle altre specialità medicochirurgiche e dei servizi funzionanti presso l’Ospedale Civile… ...omissis… La finalità del tirocinio è quella di formare gli infermieri alle future responsabilità professionali, ren-

dendoli, nel contempo partecipi del servizio di assistenza ospedaliera. …omissis… ART. 6 Il Direttore della scuola…omissis… cura l’osservanza degli orari e della disciplina. Spetta, altresì al Direttore distribuire, convenientemente le mansioni delle Capo-Sala, infermiere professionali addette alla scuola e delle allieve per assicurare con opportuni turni di servizio, la formazione professionale degli allievi, tenendo conto delle esigenze assistenziali, delle preminenti finalità formative e scolastiche della scuola stessa. …omissis… ART. 8 La Scuola ha alle proprie dipendenze n. 2 Capo-Sala, n. 4 Infermiere

Professionali, le quali coadiuvano il Direttore nell’istruzione e nel tirocinio pratico degli allievi e lo informano sul comportamento e sui progressi degli allievi. Dovrà prevedersi almeno una Capo Sala didattica per ciascuno dei due corsi... omissis… ART. 9 Il numero degli allievi da ammettere annualmente complessivamente per i due corsi è di 70. …omissis… Per essere ammessi i candidati dovranno sostenere una prova scritta ed orale su argomenti di cultura generale secondo le modalità che verranno fissate dal Consiglio di Amministrazione. L’ammissione verrà effettuata secondo una graduato-

ria di merito che potrà tener conto del risultato di eventuali prove supplementari attitudinali e che dovrà essere resa pubblica. …omissis… ART. 13 Gli allievi ammessi alla scuola devono compiere un periodo di prova della durata di due mesi trascorsi i quali la Direttrice riferirà al Consiglio di Amministrazione sull’esito della prova. Se questa riesce favorevole, l’ammissione diventa definitiva; altrimenti è disposta dal Consiglio di Amministrazione la non ammissione dell’allievo. Tratto dal libro “Dalla saggezza pratica alla scienza della salute. Percorso storico evolutivo dell’assistenza a Terni” di Daniela Ghione ed Emanuela Ruffinelli, Edizioni Thyrus 2008.

A cura di Emanuela Ruffinelli e Daniela Ghione

Il valore delle ore: le Banche del tempo Da circa vent’anni esiste in molte città d’Italia un circuito bancario in cui il denaro non è l’unità di misura del valore; nelle Banche del Tempo infatti l’unica unità di misura è costituita dall’ora, con i suoi multipli e sottomultipli. All’apertura del conto corrente si riceve un libretto da cui verranno staccati gli assegni, in modo da facilitare le transazioni di prelievo e versamento. Depositando le ore impiegate a realizzare attività a favore di altri tempo-correntisti si acquisisce la disponibilità di un credito pari, da riscuotere nelle prestazioni versate dagli altri aderenti. Non conta il prezzo di mercato delle attività: pulire la verdura equivale a una lezione di matematica e tale principio ha un forte significato sociale e culturale perché mette in discussione i ruoli e le gerarchie tradizionali. Tutti siamo potenzialmente in grado di offrire qualcosa di utile agli altri, anche solo facendo la spesa per una persona che non può muoversi di casa, e malgrado ci sentiamo spesso degli orgogliosi superuomini, tutti abbiamo prima o poi bisogno degli altri. E’ un’occasione non solo per chi ha molto tempo libero a disposizione come i pensionati, che in questo modo evitano anche la solitudine e l’emarginazione, ma anche per chi lavora e vorrebbe spendere un po’ del proprio tempo per gli altri, perché può decidere liberamente quando spenderlo. E in che cosa. Infatti si sceglie di offrire la propria disponibilità per attività che si considerano piacevoli, e che magari risultano spiacevoli per altri, si mette in circolo ciò che si ha, e non si tratta di volontariato, ma di uno scambio alla pari. A Roma esistono ventidue filiali, la prima nata nel 1996; chissà che non si riesca ad aprirne una anche nella nostra città? Beatrice Ratini

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LICEO CLASSICO

I clas s ici oggi: cosa sono?

Al termine classico si associa l’idea di un qualcosa di non definito (che sia una moda, un costume, un oggetto, una canzone…) che si è imposto per la sua capacità di conquistare gran parte di un pubblico in un determinato periodo storico, e che da allora non fa che tornare periodicamente all’attenzione di tutti. Oppure, più semplicemente, classico evoca l’immagine di un grosso libro, vecchio di secoli (se non millenni), a lungo odiato e presto dimenticato, ma che in ogni luogo e tempo avrà sempre qualcosa da offrire. Per classici dunque si è soliti intendere le opere di autori celeberrimi e più o meno antichi, quali ad esempio Omero, Cicerone, Virgilio, Dante Alighieri, G . C . T A C I T O per lo più studiati di malavoglia sui banchi di scuola e subito dopo gettati sul fondo di un bagaglio culturale, di generazione in generazione, sempre più leggero. Tuttavia, al di là della comune opinione, cos’è realmente un classico? Un’opera che si è fatta portavoce di una sensibilità e un pensiero comuni, da qui nasce un classico. In realtà un classico è un sopravvissuto, afferma Umberto Eco, che godendo del “consensum gentium” è riuscito ad imporsi anche a chi non ne provava ammirazione. Tuttavia, al giorno d’oggi esistono ormai vari tipi di classico. Il cinema, la moda, la musica hanno tutti il loro più o meno ampio repertorio di classici. Il loro grande vantaggio risiede però nell’approccio con il pubblico che autonomamente si accosta loro secondo il suo gusto e la sua sensibilità. Le moderne tecnologie e i mezzi di comunicazione inoltre forniscono un approccio ancor più immediato della pagina stampata e del libro. Ecco perché anche i testi classici si sono infine arresi a servirsi di nuove vie per comunicare e diffondere i loro messaggi. Basti pensare alle numerose versioni cinematografiche dei poemi omerici o di romanzi di fama mondiale come il Dracula di Bram Stoker o Wuthering Heights di Emily Brönte. Nonostante la conversione alla tecnologia, però, la popolarità dei classici fra le nuove generazioni è in continuo declino. La grande colpevole contro cui si suole puntare il dito è come sempre la scuola. “In una scuola moderna, cioè asservita al modus, allo stato delle cose presente, i classici possono essere solo odiosi” sostiene Massimo Cacciari, “Vissuti come puro superfluo, supervacuum, dimensione inutile della cultura”. In realtà i giovani, in quanto tali, sono soliti riversare la propria indifferenza e disappunto su tutto ciò che viene loro imposto, per il semplice bisogno, interamente e legittimamente giovanile, di trasgredire e boicottare al fine di affermare la propria libertà. Inoltre, benché la lettura sia un’attività sempre meno praticata, nuovi classici scelti dalle nuove generazioni stanno prendendo il posto dei vecchi. Anche se è deprimente per un grande titolo come L’amico ritrovato di Fred Uhlman vedersi soffiare la vetta della classifica delle letture preferite oggi dai giovani da Tre metri sopra il cielo di Federico Moccia. Ad ogni modo, la lettura dei classici non è un obbligo, né possiede di per sé una qualche utilità di carattere pratico. Non si leggono i classici per dovere o per rispetto, ma solo per amore, secondo Italo Calvino. Non si creda che i classici vanno letti perché servono a qualcosa. L’unica ragione che si può addurre è che leggere i classici è meglio che non leggere i classici. Ciascuno perciò dovrebbe scegliere i propri classici e costruirsi una propria biblioteca. I testi che ciascuno identifica come propri servono per costruirsi un’identità (culturale e non), per confrontarsi con modelli personali, avere punti di riferimento da cui estrarre riflessioni, considerazioni, o lezioni morali, di vita, cui appoggiarsi in qualsiasi momento. In sostanza, dunque, il classico è (o dovrebbe essere) qualcosa di molto più personale e vicino a ciascun individuo di quanto si creda. I classici, ad opinione di Cacciari, non sono epoche, ma luoghi del pensiero. È più che lecito quindi che ognuno abbia il suo luogo preferito, fosse anche Hogwarts, la Terra di Mezzo o… tre metri sopra il cielo. Futura Rossi II IT

Classico: il fascino di un’eredità immortale I classici sono libri che esercitano un’influenza particolare sia quando s’impongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria, mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale. [I.Calvino] I classici sussurrano nel frastuono del mondo moderno, eppure la loro voce risuona distinta, inconfondibile. Ma qualcuno li rifiuta, considerandoli alla stregua di un vestito vecchio che nessuno indossa più perché è cambiata la moda. Spesso il primo contatto con il il mondo della grande letteratura avviene a scuola: così, quasi automaticamente, classico diventa quel libro interminabile che la professoressa ha imposto di leggere. Quindi, sorge spontanea una domanda: è utile avvicinare i ragazzi ai classici, in ambito scolastico? Oppure sarebbe meglio eliminare questo repertorio polveroso e dedicare più tempo all’attualità? Ovviamente non si deve generalizzare: è inutile conoscere a memoria le Georgiche di Virgilio e non sapere chi è l’attuale presidente degli Stati Uniti. D’altro canto, i classici costituiscono un punto cardine nella formazione dell’individuo: ci sono opere che educano all’impegno civile (Basti pensare a tutto il patrimonio ciceroniano), testi che permettono di abbracciare col pensiero epoche e luoghi remoti (Chi non conosce il Milione di Marco Polo?), personaggi nati secoli fa eppure straordinariamente attuali (La multiforme realtà del Decamerone, ad esempio, ritrae stereotipi e caratteri applicabili a innumerevoli contesti). Poi ci sono libri che non servono a niente, e che ci si ostina a chiamare classici. Se ne stanno tranquilli in un angolo, non hanno meriti particolari, non contengono massime universali, però nessuno oserebbe gettarli via. Perché diffonderli e parlarne? Il motivo è semplice: come non sono soltanto i fatti eclatanti a definire il corso della nostra vita, così la storia del pensiero non è stata determinata solo dalla Divina Commedia o dall’Eneide, ma anche da questo pulviscolo letterario, da questi frammenti di umanità. E’ inconcepibile che i classici possano essere eliminati dai programmi scolastici, perché essi sono parte di noi: rappresentano l’evoluzione dell’uomo, il processo attraverso il quale siamo diventati ciò che siamo. Il Burj Dubai, il grattacielo più alto del mondo, emblema del progresso architettonico, crollerebbe se non avesse fondamenta. Allo stesso modo non si può costituire una società proiettata verso il futuro se non si conosce il passato. Tutto ciò sembra ovvio e scontato: ma, se lo fosse, le parole spese da centinaia di opinionisti, filosofi e statisti sull’ignoranza dei giovani e l’inefficienza, in questo senso, della scuola non troverebbero fondamento. Le cause del disinteresse delle nuove generazioni nei confronti dei classici e della cultura umanistica in generale sono molteplici e non ha senso cercare di individuare un capro espiatorio da sacrificare sull’altare dell’Opinione Pubblica. Non è colpa dei giovani in quanto tali: il cervello di un diciottenne del Duemilanove pesa come il cervello di un diciottenne del Millenovecentonove. E’ solo in parte colpa della scuola: la scarsa preparazione di molti docenti, purtroppo, è una piaga diffusa, ma lo era anche cinquant’anni fa. Ad essere diversa è la mentalità, sono diversi gli stimoli e le dinamiche di vita del diciottenne del Duemilanove; la parola d’ordine è velocità, la comunicazione deve essere immediata, il messaggio conciso, si deve vivere rapidamente per non rimanere indietro. Non basta il tempo, o forse non si avverte più la necessità di descrivere ogni singolo particolare di quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, avvicinandosi in volo all’acqua, come faceva Manzoni, immortalando il paesaggio sulla pagina. Ma a cosa porterà la frenesia? Quale eredità immortale trasmetterà questo secolo? Non è dato saperlo. Tutto ciò che si può fare è fermarsi e riflettere, indugiare sui testi, imparare a godere di nuovo della bellezza della parola scritta, perché Classico non è qualcosa che rimanda al passato, è qualcosa che resiste al presente: che contrasta con l’ora, con il modus, cioè con il moderno, con la moda. [M. Cacciari] Sara Maria Fantini II IT

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La sfida al L ab i ri n t o La sfida al labirinto (1962) scritto da I. Calvino alcuni anni prima del suo trasferimento a Parigi, anticipa chiaramente le sue future scelte in campo letterario. Infatti l’attività di saggista e critico ne accompagna l’iter letterario chiarendo e anticipando le svolte e gli indirizzi successivi. Già nel saggio Il midollo del leone (1955) si interrogava sulla crisi del Neorealismo, ribadendo il valore morale della letteratura capace di cogliere le contraddizioni della realtà, ma nello scritto del ’62, apparso sulla rivista Menabò, egli sostiene la necessità che lo scrittore di fronte al caos del mondo contemporaneo, il labirinto, non si arrenda al mare dell’oggettività, bensì lanci contro di esso una sfida ovvero una ferma volontà di indagare nei tortuosi meandri della realtà senza smarrirsi in essi. Si tratta di un’avventura conoscitiva volta a scovare un ordine, una razionalità nascosti nel caos. Un ulteriore passo in avanti Calvino lo compie in un altro saggio intitolato Cibernetica e fantasmi (1967) in cui si apre alle teorie strutturaliste e semiologiche, ponendo l’accento sul gioco combinatorio delle possibilità narrative e sul rapporto che intercorre tra opera e lettore. Proprio sulla combinazione delle possibilità del reale si basa Il castello dei destini incrociati (1973) in cui una serie infinita di storie viene ricavata dalle figure dei tarocchi. Il libro, ispirato ad una mostra, tenutasi a Milano nel 1969, dei celebri tarocchi miniati nel ‘400 da Bonifacio Bembo per i Visconti, narra la storia di un gruppo di commensali riunitisi per una cena i quali divengono all’improvviso muti per effetto di un incantesimo e riescono a comunicare tra loro usando un mazzo di tarocchi. Le figure delle carte diventano pedine narrative, combinando le quali ogni personaggio racconta la sua storia; ne risulta un’immagine della realtà complessa fino all’inverosimile in cui l’arte combinatoria del narratore vuole raggiungere a tutti i costi una forma chiusa, completa. Nel testo è presente una tensione verso un ordine possibile per cercare, oltre la molteplicità del reale, un disegno che possa spiegarne la natura la finalità, ma tale disegno, riconosce malinconicamente l’autore, si rivela illusorio. Sempre su questa linea si sviluppa la raccolta di cinquantacinque prose intitolata Le città invisibili (1972) il cui titolo ricorda Le città del mondo di E. Vittorini, ma dove, a differenza di quest’ultime, Calvino, non propone alcuna utopia. Qui la riflessione dell’autore si fa più intensa, facendosi portatore di una approfondita meditazione sul rapporto tra ordine e caos. Il libro, ispirato al trecentesco Milione, ha due protagonisti: Kublai Khan e Marco Polo. Il primo sempre rinchiuso nel suo palazzo ad osservare l’impero per mezzo di carte e documenti, il secondo invece è sempre in viaggio a visitare le città che lo compongono, inviando dettagliati resoconti all’imperatore. Kublai Khan rappresenta l’astrazione pura che vuole racchiudere tutto in uno schema preciso e compiuto, Marco Polo invece la conoscenza diretta che sperimenta le difficoltà e le incongruenze dirette del mondo. Due diversi approcci alla realtà che nel pensiero di Calvino coesistono in un rapporto di conflitto e di complementarità. Infatti l’imperatore chiuso nel suo palazzo percepisce solo una lontana eco del suo sconfinato impero e pertanto i racconti di Marco sono il solo legame con il mondo. D’altro canto non è detto che Marco nei suoi viaggi arrivi ad una vera conoscenza; la memoria, l’immaginazione si frappongono fra lui e la realtà come un diaframma o una lente deformante al punto che le città descritte o non esistono o non sono mai esistite. La conoscenza secondo lo scrittore procede per approssimazione; il suo valore non sta tanto nell’oggetto, sempre incerto, invisibile come le città visitate, ma in un’attitudine di ricerca verso la realtà. La vicenda è una metafora dell’intellettuale moderno che, perso ogni controllo sulla realtà, deve ricorrere all’aiuto della fantasia, della letteratura per potersene impadronire. Con questi due libri, Calvino compie una svolta decisa verso il Postmoderno, lasciandosi alle spalle l’esperienza neorealistica, svolta già preannunciata negli Antenati e lucidamente prefigurata nel saggio La sfida al labirinto. Nel prossimo articolo, ultimo della serie, ci occuperemo degli interessanti sviluppi della sua narrativa prima della scomparsa (1985) e soprattutto del romanzo Prof. Pierluigi Seri Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979) che a detta di molti è il suo capolavoro.

Il piacere... Venere, Circe, Giunone…; Penelope, Cleopatra, Giuletta… Donne che hanno caratterizzato le storie dei miti ed arricchito le pagine della letteratura, ci offrono dei modelli da cui trarre interessanti riflessioni e confronti stimolanti. A loro modo incarnano aspetti del femminile, quali la bellezza, l’astuzia, la fedeltà, la pazienza, che hanno sedotto e fatto innamorare molti uomini. Quando in modo positivo e condiviso e quando, più crudeli con l’uomo, lo hanno sedotto e abbandonato. Quale percorso fa il Piacere in queste donne così potenzialmente diverse fra loro? La Venere fa pensare ad un investimento libidico rivolto al Sé per cui il piacere sarebbe (quasi) autoerotico: questa donna “è” il Piacere, per cui può godere di sé e della coscienza che ha del suo effetto sugli uomini. Grazie alla sua bellezza infatti la Venere dona fantasie sessuali all’uomo il quale se ne servirà per procurarsi orgasmi. Circe è quella donna che fa dipendere il proprio piacere dal dominio sul maschio. Ovvero lei incontra la sua soddisfazione ed il suo orgasmo ammaliando l’altro per farne ciò che vuole e per umiliarlo. Ricordiamo la trasformazione da lei operata in nauseabondi porci degli sventurati compagni d’avventura del re di Itaca. Il modello mitico della donna androgina è rappresentato dalle Amazzoni: femminile e maschile si compenetrano, con il 1° dominante, ma che rivendica una forza, un coraggio ed un atteggiamento più tipici dell’altro sesso. Come guerriere combattono gli uomini, ma come donne confermano la differenza sessuale annullata in realtà dal loro essere guerriere. La loro sessualità può assumere caratteristiche diverse, poliedriche: Mascolinità e Femminilità si alternano e si fondono a creare una danza che incita alla battaglia per condurre i corpi alla vittoria (l’orgasmo). Le Amazzoni sono portate a cambiare partner sessuale frequentemente. Ciò mi fa pensare all’attrazione di alcuni uomini per i trans, soprattutto per quelli che, pur riconoscendosi e trasformando il proprio corpo in donna mantengono il proprio organo genitale maschile (transgender). Poi abbiamo Cleopatra che, carismatica ed intelligente, brucia d’amore e di passione per i suoi due amori, Cesare e Antonio. Abile politica, appassionata amante, madre affettuosa di tre figli, ma anche una donna sola che, senza l’appoggio costante di un marito, osa sfidare il potere degli uomini. Mi viene di associarla alla donna manager che, sicura e capace nel lavoro, non ha un legame duraturo con un uomo.Vuoi perché la competizione crea distanze insanabili, vuoi perché ad un livello (più) inconscio in questa donna c’è una insicurezza di fondo che riduce la percezione e consapevolezza del proprio valore personale in tema di sentimenti. La stessa insicurezza che potrebbe averla spinta alla carriera professionale si rivela distruttiva invece in amore. Altre volte succede che sia l’uomo, il compagno a lasciarla perché si sente inferiore. Infine ritrovo un’altra “donna Cleopatra” nel personaggio interpretato da Julia Roberts, ed ispirato ad una storia vera, nel film di Steven Soderberd Erin Brockovich - Forte come la verità - (2000). Più contenuti e romantici i personaggi di Giulietta e Romeo nel dramma shakespeariano. Ma li accomuna la fine tragica di un amore reso difficile o impossibile da un sistema che non può o non vuole contemplarlo. Penelope simboleggia quelle donne di un tempo, spesso inserite in realtà ambientali (più) piccole, che attendono fiduciose e piene di speranza il ritorno del loro compagno. Di giorno tesse la tela e di notte la disfa per prendere più tempo al ritorno dell’amato Ulisse. Quindi comunque donne non passive, non vittime impotenti bensì donne argute, che non usano un’aggressività aperta, non risultano sfrontate però sono tenaci e fedeli. Gli appartengono la dolcezza, i modi gentili, la discrezione. Il piacere sta nel rispettare ciò che sentono legarle al partner, e l’orgasmo, che non è separabile dal sentimento, è possibile solo con lui - e potrebbe essere neppure indispensabile. E tu, che donna sei ??? Dott.ssa Claudia Cardinali Psicologa Psicoterapeuta - Esperta in Sessuologia Clinica

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Chi è Link Campus University LINK CAMPUS University è la prima università straniera autorizzata a operare in Italia (D. M. del 7 novembre 1999). Lo studente della Link Campus è automaticamente iscritto all’Università di Malta. I titoli rilasciati sono ammessi a riconoscimento in Italia con Decreto MIUR del 4 luglio 2007, secondo quanto previsto dalla legge 148 del 2002 in recepimento della Convenzione di Lisbona del 1997 e dal regolamento attuativo DM 214 del 2004. Per la LINK CAMPUS University è prioritario collegare studio e lavoro, fornendo nello stesso tempo conoscenze approfondite sulle materie studiate e competenze tecniche di settore. Pertanto, LINK CAMPUS University offre percorsi formativi su vari livelli: Laurea triennale (ricevendo il titolo accademico di Bachelor of Arts (BA) dell’Università di Malta), Laurea specialistica o magistrale (concludendosi con il titolo accademico di Master of Arts (MA) dell’Università di Malta) e Master, tutti contraddistinti da una profonda internazionalità e attenzione a tematiche emergenti dal mondo del lavoro. Inoltre, la LINK CAMPUS University ha avviato il servizio di Open Campus dedicato agli studenti che sceglieranno di frequentare le attività di studio in modalità e-Learning, particolarmente adatto per coniugare armonicamente le esigenze lavorative con le attività didattiche. La modalità Open Campus permette allo studente di sfruttare in pieno gli strumenti di formazione a distanza guidata, che prevedono la partecipazione ad una serie di attività, come lo studio di materiali didattici appositamente creati, ambiti di discussione tematica, videolezioni, test di autoverifica, che precederanno il sostenimento dell’esame finale, naturalmente, in presenza. Durante la frequenza all’Open Campus gli studenti saranno seguiti per ogni materia da un assistente didattico (tutor), dedicato ad accompagnarli nello studio, a risolvere eventuali dubbi, domande, incertezze che possono emergere durante la fase di preparazione dell’esame. Sono attivi presso la Link Campus University i seguenti percorsi di studio: 1) Bachelor of Arts (Laurea Triennale) BA in Public Administration (Scienze della Pubblica Amministrazione) BA in International Legal Affairs (Giurisprudenza) BA in International Management (Economia) BA in International Studies (Scienze Politiche) 2) Master of Arts (Laurea Specialistica/Magistrale) MA in International Legal Affairs (Giurisprudenza) MA in International Management (Economia) MA in International Studies (Studi Internazionali) Tutti percorsi fruibili anche nella modalità Open Campus, ed ancora: BA in Performing Arts (Recitazione e Regia) BA in Communications Management (Scienze della Comunicazione) Percorsi NON DISPONIBILI nella modalità Open Campus. Gli studenti che hanno intenzione di avvalersi della Convezione tra la Link Campus University of Malta e ANCAPI possono ottenere il riconoscimento di crediti formativi universitari (CFU) per: a) conoscenze e abilità professionali pregresse ai sensi dell’art. 5, c.7, del D.M. 22.10.04 n. 270, purché certificato dalla Corte dei Conti; b) altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario alla cui progettazione e realizzazione abbia concorso l’Università, ai sensi dell’art.5, c.7 del D.M. 22.10.04 n. 270, purché abbiamo settori scientifico disciplinari di riferimento compatibili con l’ordinamento didattico dei corsi di laurea e si siano concluse con una prova finale e con una specifica valutazione. c) Esami Universitari precedentemente acquisiti ai sensi dell’art. 5, c. 4 e c. 5, del D.M. 22.10.04 n. 270, purché compatibili con l’ordinamento didattico dei corsi di laurea. La seguente offerta vale per tutti gli iscritti ad ANCAPI e per i loro familiari. Il numero di CFU riconoscibili per le abilità e le conoscenze di cui al punto a e b è fissato in 60 CFU. Inoltre, in riferimento alla Retta Accademica, verrà applicata una riduzione pari al 50% sull’importo dei corsi in presenza e del 25% per i corsi fruiti con modalità Open Campus. Corsi Retta annuale Retta per ANCAPI Full time* € 8.000,00 € 4.000,00 Executive** € 5.600,00 € 2.800,00 Open Campus*** € 2.000,00 € 1.500,00 All’atto dell’iscrizione e solo il primo anno, è necessario versare la tassa di iscrizione di € 500,00. * ** ***

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Anche quest’anno nel mese di Dicembre i Direttori delle due Aziende Sanitarie ringrazieranno tutti i lavoratori che nel corso dell’anno 2009 hanno raggiunto l’ambito traguardo della pensione. L’iniziativa, da un’idea del Circolo dopolavoro Sanità, è stata ripresa dopo molti anni, ed è condivisa con entusiasmo dai Direttori stessi. Crediamo infatti sia giusto esprimere riconoscenza a coloro che con impegno, passione e competenza hanno svolto per tanti anni il loro lavoro. Il pensionamento è da considerare una tappa positiva della vita e come tale deve essere vissuto. Certo, ogni congedo reca con sé, inevitabilmente, un po’ di tristezza, ma la convinzione di avere operato bene e con il massimo dell’impegno riuscirà sicuramente ad addolcirlo. Inizierà un’altra parte di vita che subito reclamerà i suoi diritti. E non è detto che sarà meno significativa e gratificante della prima! Coraggio cari colleghi! Il tempo vi regalerà grandi soddisfazioni, sarete più padroni di voi stessi, del vostro tempo, dei vostri affetti e nuovi interessi vi daranno stimoli impensati. Questo è l’augurio che, nel salutarvi, tutto il Comitato Direttivo del CDS Terni vi rivolge con immenso affetto e tanta gratitudine. Stefano Borghetti Presidente CDS Terni

A t t i v i t à d e l C r a l I n p s Te r n i Sabato 12 dicembre Galà Natalizio dai Marchesi Fezia con la magica musica del Maestro Francesco Morettini

Domenica 20 dicembre Gita di 1 giorno a Firenze Torna anche quest’anno, nella splendida cornice di piazza Santa Croce a Firenze, il meraviglioso mercatino di Natale Heidelberger Weihnachtsmarkt

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Tu t t i a l c i n e m a Ritorniamo sull’argomento della Convenzione che l’InterCral di Terni ha stipulato con la gestione Lucioli Politeama, per metterne in risalto l’importanza sia sul piano del risparmio sui biglietti d’entrata, ma anche e soprattutto sulla qualità delle pellicole proiettate negli spazi riservati all‘Associazione. Presentando la tessera dell’InterCral il prezzo del biglietto è di soli 5 € anziché di 7,50 €. Nel pomeriggio del venerdì, al prezzo di 3 € verranno invece proiettati film di particolare interesse che, prima della stessa proiezione, saranno commentati e descritti, sulla loro composizione e sui significati, da persone particolarmente preparate. Si sollecitano per questo motivo i Soci a prendere contatto con la segreteria del proprio Cral per conoscere con esattezza il programma delle proiezioni. Vittorio Sciarpa


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A S S E S TA M E N T O D I B I L A N C I O 2 0 0 9

La Provincia di Terni per la cultura

Il Consiglio provinciale di Terni ha approvato con i voti della maggioranza e il no delle opposizioni (13 favorevoli e 8 contrari) l’assestamento di bilancio 2009 illustrato dall’assessore alle Finanze Vittorio Piacenti d’Ubaldi. La manovra prevede 978.000 euro di maggiori spese, coperti in parte con i 518.000 euro di avanzo di amministrazione dal bilancio 2008 e in parte con economie di spesa. Tra le voci di aumento di spesa, rientrano la crescita del 30% del costo dell’energia, il personale, le assicurazioni e il legale. E’ un’operazione rigorosa - ha detto Piacenti d’Ubaldi - che contiene tagli necessari a far fronte a situazioni contingenti, mentre si sta già lavorando al bilancio 2010 il cui iter comincerà prossimamente. Pietro Valentini Marano (Pdl) ha sottolineato che

“i tagli a spese importanti rischiano di vanificare il bilancio di previsione 2010”. Massimo d’Antonio (Udc) ha invece chiesto di rivedere i tagli a scuola, cultura e turismo. Impostare nuovi sistemi di ricerca di risorse anche in sede di Comunità europea, ha detto d’Antonio. Torquato Petrineschi (Pdl) ha giudicato negativamente l’assestamento dell’amministrazione, lamentando la mancanza di dialogo e confronto. Noi però - ha aggiunto non siamo una opposizione preconcetta e siamo disponibili a dialogare su scelte strategiche di comune interesse, ma dobbiamo sottolineare i tagli apportati a settori importanti che non denotano una capacità di programmazione.

Eliminare o ridurre al minimo le consulenze - ha esortato Gabriella Caronna (Pdl) - qualificando il personale e valorizzandone le professionalità. La Caronna ha anche presentato due ordini del giorno, uno sulle consulenze e sul ricorso ai revisori dei conti anche per le esternalizzazioni e conferimenti di incarichi, l’altro sulla sicurezza scolastica.

Gabriella Tassi (Pd) ha rimarcato il fatto che si è trattato di “una manovra oculata che non ha voluto pregiudicare o svilire l’importanza di nessun settore della Provincia e che è dettata soprattutto da esigenze oggettive”. Di atto obbligato ha parlato Zefferino Cerquaglia (Sin. e Lib.) secondo il quale “occorre guardare al futuro

TORNEO DI SCACCHI AL LICEO CLASSICO

Il torneo di scacchi, organizzato dal Liceo Classico in collaborazione con il mensile La Pagina “vedrà la luce”, per usare le parole di Piero Fabbri, il cui articolo ha contribuito a far nascere l’idea di una nuova gara tra gli istituti scolastici della Provincia di Terni, nei primi mesi del 2010. Sarà preceduto da due corsi, uno per principianti e l’altro di base, entrambi tenuti dall’istruttore della Federazione Scacchistica Italiana Maurizio Matteoli. Il Liceo Classico si sta inoltre impegnando nella preparazione del convegno

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Educare con gli scacchi, che avrà l’obiettivo di sottolineare l’aspetto educativo e formativo di questa disciplina sportiva. Da due anni in alcune scuole della nostra provincia si tengono corsi di scacchi in orario scolastico ed extra; sono già stati svolti inoltre tre tornei giovanili, l’ultimo dei quali ha visto la partecipazione di un nutrito numero di piccoli scacchisti. L’attività programmata dal Liceo G. C. Tacito si inserirà come tappa principale di un percorso fondamentale per la diffusione del nobil giuoco nella città di Terni. matteoli.maurizio@gmail.com Info: Maurizio Matteoli- istruttore di scacchi 338/6790347

ed individuare in tempi rapidi le modalità e le priorità del nuovo bilancio 2010”. “Votiamo contro - ha annunciato Francesco Abbate (Pdl) - perché in questa manovra non vediamo elementi di novità e spinta alla ricerca di nuovi approcci per reperire ulteriori risorse. La maggioranza è poco lungimirante perché si limita ad una politica di tagli, palesando ancora un’incapacità di azioni di sviluppo”. Giorgio Santelli (Idv) ha annunciato il voto favorevole del gruppo. I tagli - ha detto - non sono indiscriminati, ma sono stati condivisi e concordati con tutta la maggioranza. “E’ un assestamento eredità del passato - ha dichiarato Alfredo de Sio (Pdl) - con la necessità di ponderare

bene e in maniera approfondita le scelte per il bilancio 2010”. Di bilancio serio ha parlato il presidente della Provincia Feliciano Polli. “Sono però sopravvenute spese indipendenti dall’ente”, ha evidenziato il presidente che sugli ordini del giorno presentati dalla Caronna ha affermato che “siamo disponibili ad assumerli come raccomandazione per l’ente, tenendo conto che stiamo già lavorando in questo senso per garantire trasparenza, rigore e risparmio”. “C’è discrepanza - ha sottolineato infine Andrea Sacripanti (Pdl) - fra le linee programmatiche del presidente e i risultati dell’assestamento di bilancio. Quelli dell’amministrazione sono tagli strutturali”.


L a F o n d a z i o n e Cassa di Risparmio di Terni e Narni

E LV I O M A N Z I N I C A R TA C A N TA

Nelle sale di Palazzo Montani-Leoni, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, si è inaugurata giovedì 26 novembre la mostra Carta canta, disegni, collages e acquerelli di Elvio Manzini. L’esposizione, curata da Francesco Santaniello, resterà aperta fino al 31 gennaio ed è visitabile ogni venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19, con ingresso gratuito. La rassegna promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, che ha provveduto anche alla pubblicazione del relativo catalogo, offre al visitatore una panoramica dell’attività artistica di Elvio Manzini. Il titolo della mostra è stato suggerito, con saggia ironia, dallo stesso artista e allude al noto proverbio toscano, molto diffuso anche in Umbria, “Carta canta e villan dorme”, ovvero: quando i patti sono scritti in regola anche un ignorante può stare tranquillo. “Le eloquenti carte di Manzini sono soprattutto disegni, collages e acquerelli, che traggono origine e

forza espressiva da un vissuto intensamente partecipato - scrive nel catalogo Francesco Santaniello. Sono come le pagine di un diario visivo dove l’artista ha registrato pensieri sottoforma di veloci notazioni grafiche; vedute di città nell’imm e d i a t e z z a dell’impatto otticoemotivo; le sembianze di amici o parenti e tutto ciò che ha catturato la sua inesauribile e feconda curiosità, la sua innata voglia di scoprire e conoscere i multiformi aspetti del mondo e del vivere quotidiano”. Per suggerire l’idea che i disegni facciano parte di questo diario privato fatto di immagini e per comunicare l’impressione che questi fogli siano appena usciti

dal tavolo di lavoro di Manzini, è stato proposto un allestimento leggero e dinamico. I fogli inquadrati da un bordo nero campeggiano sulle pareti raggruppati in maniera libera, con intervalli che costituiscono pause e riprese di un discorso. I collages regalano delle forti emozioni visive ma comunicano anche dei messaggi di impegno civile, sono opere che si ammirano ma fanno riflettere. Estetica ed etica sono alla base della poetica di Manzini. Egli propone un’astrazione dialogante di continuo con la figurazione. La sua sintassi formale è basata su un segno grafico essenziale, lineare e sintetico, che esalta la chiarezza delle immagini anche là

dove risulta più rapido o svincolato dall’andamento regolare. Tutte le opere esposte, come recita il titolo della mostra, sono di carta e fatte su carta, pertanto non potevano mancare gli acquerelli, con le scomposizioni geometriche di matrice futurista tanto care all’artista. Né potevano non esserci i suoi celebri collages tridimensionali. Inoltre sono presentati alcuni interessanti libri di cui Manzini ha disegnato la copertina e che contengono altri disegni eseguiti dall’artista. E poi ancora alcuni depliant dell’Ente Provinciale del Turismo e cartoline pubblicitarie contenenti illustrazioni del nostro autore.

È senza dubbio una mostra interessante che documenta la ricerca di un artista colto e sensibile, un testimone importante per la vita artistica della nostra città, e non solo. Del resto la Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni opera da sempre nell’intento di valorizzare e divulgare il patrimonio artistico e culturale ternano. Elvio Manzini è nato nel 1921 a Terni, dove vive e lavora. La sua attività espositiva inizia a Terni nel 1945 con la partecipazione alla mostra per raccogliere fondi a favore del Comitato di Liberazione Nazionale (1945) o all’esposizione organizzata lo stesso anno nel Palazzo della Camera di Commercio per celebrare il primo anniversario della Liberazione di Terni dal NaziFascismo. Nel 1950 è presente a Roma alla rassegna Arte contro le Barbarie presso la Galleria di Roma. Nel corso degli anni Cinquanta è presente a varie edizioni del Premio Suzzara “Lavoro e lavoratori nell’arte”, ma le tappe più significative dell’attività espositiva di questo periodo sono segnate dalla partecipazione alla VII (1955-56) e alla VIII (1959-60) Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma. Negli anni Ottanta, nella costante volontà di sperimentazione, entra in contatto con il Centro Internazionale della Ceramica Montesanto (Todi) e nel corso degli anni ha tradotto segni e forme del suo linguaggio pittorico soprattutto in mosaici e decorazioni parietali per abitazioni e negozi, sia a Terni che in altre città. Nel 2002 la città di Terni gli dedica una mostra antologica nelle sale della Camera di Commercio.

Analisi della postura Ipertermia Onde d’urto focalizzate Rieducazione ortopedica Rieducazione posturale globale Tecarterapia Test di valutazione e rieducazione isocinetica

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Eraclito e Ippaso di Metaponto sostengono che principio di tutte le cose è il fuoco ed affermano che dal fuoco nascono tutte le cose e che nel fuoco tutte hanno fine. Man mano che il fuoco si viene estinguendo si forma l’intero cosmo: dapprima, infatti, la parte più densa del fuoco si raccoglie in se stessa e nasce la terra; in seguito la terra si scioglie ad opera del fuoco e naturalmente si produce l’acqua, che evaporando dà luogo all’aria. Di nuovo, alla fine, il cosmo e tutti i corpi sono dissolti dal fuoco nell’incendio universale. Aëtius, I 3, 11 [Doxographi graeci 283]

Se puntiamo il naso in aria percepiamo già quell’atmosfera prenatalizia fatta di suoni, profumi, luci, frenesie, eccitazioni. Fra qualche giorno, alla mezzanotte, stapperemo lo spumante per gli auguri del nuovo anno, ma in questo momento e chissà per quale ragione, sento il dovere di fare un bilancio su questo 2009 che sta per finire. A buona ragione, vi dico, visto che è stato l’Anno Internazionale dell’Astronomia e che ci ha visti impegnati in misura maggiore degli anni passati. Permettetemi di ricordare fra le tante attività, le otto interessantissime conferenze (quattro a maggio e quattro ad ottobre) che hanno fatto registrare sempre il pienone della sala Laura di Via Carrara, diventata oramai troppo angusta per ospitare un pubblico sempre crescente costretto a rimanere in piedi. Un pubblico sempre crescente è anche quello che puntualmente sale in macchina fino all’Osservatorio Astronomico di S. Erasmo; afecionados che ritornano tutti i mesi ad osservare i mutamenti della volta celeste e tanti nuovi che scoprono con piacere attraverso i comunicati stampa, ma soprattutto per mezzo di questa rivista, i giorni di apertura dell’Osservatorio durante i quali gli astrofili dell’ATAMB sono a disposizione di tutti, gratuitamente, per mostrar loro le bellezze dell’universo. Solo nei tre mesi estivi si sono registrate oltre tremila presenze… sarà stato solo per il caldo? Ed ancora, voglio ricordare le numerose uscite con i tanti telescopi portatili per divulgare le scienze astronomiche sulle piazze dei paesi limitrofi, a cominciare da Campomaggiore di Cesi e proseguendo…. Piediluco, Farnetta di Montecastrilli, Foce di Amelia, persino in cima al maschio della Fortezza Albornoz di Narni (che fatica salire con le pesanti attrezzature!). Non posso che provare soddisfazione ed orgoglio per questo bilancio positivo. C’è però una cosa che mi rammarica, e non poco: la quasi assenza dei giovani studenti che intraprendono facoltà universitarie come matematica, chimica, fisica, fisica astronomica. Giovani che siano motivati, appassionati, e che possano dare il cambio generazionale allo sparuto gruppo di astrofili dell’associazione che porta avanti il lavoro di ricerca presso l’Osservatorio Astrometrico di S. Lucia di Stroncone. Mi spiego meglio. La nostra attività di divulgazione, pone particolare impegno, con l’appoggio di alcuni ottimi, motivati docenti dei Licei scientifici di Terni e Narni e del Liceo Classico di Terni, a condurre tutte le quinte sezioni di questi istituti all’Osservatorio di S. Lucia di Stroncone, dove per mezzo di attrezzature di tutto rispetto, sono stati scoperti ben centosettanta asteroidi, due supernovae e dove attualmente si realizzano studi fotometrici di supporto alle università di Padova e Perugia. Solo quest’anno sono venute a farci visita ben nove classi, 200 studenti in tutto. Solo un paio di essi sono indecisi se iscriversi a fisica oppure seguire la scia di tutti gli altri verso quelle facoltà meno impegnative e lauree brevi che forse (ma sarà vero?) danno una risicata probabilità di occupazione futura. In questo momento storico, dove le situazioni sociali, economiche e politiche si intrecciano tra loro generando caos, instabilità ed incertezze a livello globale, fare previsioni per sbocchi occupazionali futuri è più che mai incerto; scegliere la via più semplice come così fan tutti, alla fine non risulterà essere la scelta vincente. Non abbiate paura, cari giovani, di intraprendere studi impegnativi e soprattutto scegliete quella facoltà per cui sentite un interesse vero, una passione sincera. Forse il futuro non sarà tanto roseo, ma per lo meno vi sarete sacrificati per qualcosa che sentivate dentro e chissà (qui sono di parte)… qualcuno di voi potrebbe fare le sue prime esperienze proprio sulle nostre fotocamere digitali collegate al piano focale di un telescopio riflettore di mezzo metro di Tonino Scacciafratte diametro?! Presidente A.T.A.M.B. - tonisca@gmail.com

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L’osservatorio astronomico di S. Erasmo è aperto g r a t u i t a m e n t e per i cittadini l’ultimo venerdì di ogni mese dalle ore 21,30.

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Una

costellazione

al mese

Ricordate il mito che lega Cefeo, Cassiopea, Andromeda e Pegaso? Mancano all’appello l’eroe Perseo, che sul cavallo alato Pegaso salva la principessa Andromeda, e il mostro marino Cetus (la Balena) che sta per Beta divorarla. Ecco pronte, nella stessa zona di cielo, le costellazioni di Perseo e della Balena. Questo mese ci occuperemo di quest’ultima che si estende ad ovest dell’Ariete e sotto i Pesci, in una regione povera di stelle. La testa è formata da un pentagono irregolare ed è seguita da un lungo ed esile collo mentre il corpo arriva fino alla stella beta. A metà del collo troviamo la stella più famosa della costellazione: Mira la meravigliosa. Normalmente non è visibile ad occhio nudo, ma ad intervalli regolari di circa 11 mesi accresce il proprio splendore tanto da poter essere paragonata, per luminosità apparente, alla Stella Polare. Fu scoperta dall’ecclesiastico olandese David Fabricius nel 1596 ed è il prototipo delle stelle variabili a lungo periodo. Mira è una stella enorme e quando è alla massima luminosità dovrebbe avere un diametro circa 500 volte maggiore di quello del nostro Sole. Se si sostituisse alla nostra stella occuperebbe lo spazio sino all’orbita di Marte! Giovanna Cozzari

Pillole di Astronomia Le stelle variabili sono stelle che, per qualche motivo, variano la loro luminosità: le stelle tipo Mira sono dette variabili pulsanti, perché la variazione di luminosità è dovuta ad oscillazioni più o meno regolari delle parti più esterne della stella, accompagnate da variazioni della temperatura superficiale. Nel 2006 il telescopio spaziale Galex, nell’ultravioletto, ha rivelato la presenza di una lunga coda (13 a.l.) che fuoriesce da Mira. La struttura sta letteralmente seminando il suo percorso di carbonio, ossigeno ed altri elementi prodotti durante le ultime fasi della vita della stella: Mira è infatti una gigante rossa da tempo avviata verso la vecchiaia, caratterizzata dal rigonfiamento del guscio gassoso e dalla perdita progressiva di grandi quantità della propria massa. GC


Lu Zzudiacu Lu cielu cià tanti segreti... soprattuttu per me! E’ ccome se... ciavesse quarcosa de maggicu! La Luna ce fa èsse romantichi... lo Sole, quanno ce sta, ce dà forza... li pianeti, quanno se sanno ‘rtrova’, ce danno ‘n sensu de fratellanza… mica a ttutti... li corpi celesti fanno lu stessu effettu... perché de caratteri ce n’emo tanti... ce sta lu tipu... Ariete... fidatu e ‘mpursivu... Toru... pignolu e labboriosu... Gemelli... furbu e ‘ntelliggente... Cancru... affascinante e ‘nsopportabbile... Leone... è ‘n capu e ggenerosu... Vergine... pricisu e bbrillante... Bilancia... bellu e ‘ndecisu... Scorpione... misticu e ggelosu... Saggittariu... no... quistu lu dico dopo... Capricornu... studiosu e ccompetitivu... Acquariu... onestu e amicu de tutti... Pesci... paurosu e rromanticu... Saggittariu... ama lu prossimu... è ‘n missionariu... è ‘n compagnu piacevole... è ottimista... è ‘n amante perfettu... è umanu... è operosu... è ‘n viaggiatore... è... A Lunardi’... voli vede’ che ‘nduvino se dde chi è quillu segnu che cciài lasciatu per urdimu... durgis ‘n paolo.casali48@alice.it funnu... veru?

ASTROrime... Astronomo e Astrologo C’è l’astronomo che scruta tutti gli astri intorno a noi... e l’astrologo che aiuta... (l’oroscopo) a capir che fanno a noi. Con quei geni di ogni scienza... ci si snobba un po’ per uno... mentre un tempo in confidenza... mi parevano tutt’uno. (astronomi anche astrologi) Che vi importa se le stelle vi potranno stimolare... quando basta sol vederle per sentirsi inebriare!

Accadde a dicembre... Tycho Brahe 14 dicembre 1546 - Nasce in Danimarca l’astronomo Tycho Brahe. Nel 1560 una eclissi di Sole lo affascinò talmente tanto, da determinarne il futuro. Infatti la sua famiglia sognava per lui una carriera diplomatica, essendo suo padre un governatore, ma il suo forte carattere, la determinazione ed alcune circostanze lo portarono per un’altra strada, quella dell’astronomia. Che avesse una forte personalità è cosa indubbia e lo dimostra il fatto che il giovanissimo Brahe arrivò addirittura a sfidare a duello un cugino che aveva osato mettere in dubbio le sue grandi doti matematiche. La contesa ebbe luogo la sera del 29 dicembre 1566 e, anche a causa dell’oscurità, il nostro Tycho ci rimise il naso. Se lo fece poi ricostruire con una protesi in oro e argento. Tycho Brahe è senza dubbio il più grande osservatore del cielo ad occhio nudo e, contrariamente ai suoi contemporanei, osservava i pianeti in modo continuo e non solo quando si presentavano in una congiunzione favorevole. L’evento che segnò la sua vita si verificò una sera di novembre del 1572, mentre osservava il cielo. Così egli stesso lo descrisse nel piccolo libro che pubblicò, De stella nova, nel quale utilizzò per primo il termine nova per identificare una stella mai vista in precedenza: La sera dell’11 novembre, dopo il tramonto, stavo contemplando le stelle, immerse in un cielo cristallino. Ho notato che una nuova stella, che superava tutte le altre per luminosità, splendeva quasi esattamente sopra il mio capo. Dato che, fin da ragazzo, conoscevo alla perfezione tutte le stelle del cielo, ero ben consapevole che non c’era mai stata alcuna stella brillante in quel punto della volta celeste, nemmeno la più debole. Ero talmente sbigottito da quella visione che non mi vergognavo nemmeno di dubitare dell’attendibilità dei miei stessi occhi. Ma quando mi resi conto che altre persone potevano vedere che lassù c’era davvero una nuova stella, non ebbi più alcun dubbio. Un prodigio dunque, uno di quelli che non si era mai visto prima, in nessuna epoca dall’inizio del mondo. La “stella”, apparsa nella costellazione di Cassiopea, era luminosissima e rimase visibile anche di giorno per due settimane e poi divenne sempre più debole, fino a scomparire dopo più di un anno. Per fortuna Brahe, affascinato da tale spettacolo che veniva a sovvertire l’allora scontata immutabilità dei cieli, ne registrò con grandissima precisione la posizione, la luminosità ed il colore, cosicché nel 1960 (dopo più di quattro secoli!) fu possibile puntare in quella zona di cielo un telescopio in grado di raccogliere i raggi X anziché la luce visibile, e si individuò distintamente una nebulosa a forma di bolla: la stella nova di Brahe era una supernova, cioè una stella che terminò la sua vita con una grandissima esplosione. La supernova di Tycho è molto importante perché ha aiutato gli astronomi del tempo ad abbandonare l’idea dell’immutabilità dei cieli. Il re di Danimarca gli regalò l’isola di Heven, dove fece costruire il castello di Uraniborg, dotato di osservatori e laboratori, che divenne sede di formazione di molti astronomi europei. Osservando le comete, Brahe ebbe ulteriori riscontri sui dubbi dell’immutabilità dei cieli e proprio in quegli anni ipotizzò che il cielo fosse libero, aperto in tutte le direzioni, e non di ostacolo per i pianeti e le stelle. Credeva in un modello geocentrico, dove il Sole girava attorno alla Terra, immobile, e tutti gli altri pianeti giravano attorno al Sole. Un mix tra il sistema copernicano e quello tolemaico, che fu accettato anche dalla Chiesa. Se da una parte Brahe costituì un ostacolo alla diffusione del sistema copernicano, senza dubbio dall’altra fu determinante per l’abbandono di quello tolemaico. Nel 1600 Brahe assunse un assistente, tale Giovanni Keplero, che successivamente usò i dati del maestro come base per ricavare le sue tre leggi sul moto planetario. Le ultime parole di Brahe furono: Ne frusta vixisse vidar (Spero che non sembri che ho vissuto invano). E che non visse invano lo testimonia Keplero, che scrisse di lui: L’opera più importante di Tycho sono le sue ossevazioni… Puoi vedere in qual modo Dio dispensi i suoi doni. Nessuno può tutto. Tycho ha fatto come Ipparco, ha gettato le fondamenta dell’edificio e ha compiuto un lavoro enorme. E sempre Keplero, relativamente alla supernova : Quella stella, se non fu segno di null’altro e null’altro generò, fu tuttavia il segno e generò un grande astronomo. Fiorella Isoardi Valentini

Osservatorio Astronomico di S. Erasmo

PC

Osservazioni per il giorno Venerdì 18 Dicembre 2009 L’ultimo venerdì di ogni mese è l’appuntamento ormai conosciuto da tutti e che riguarda l’apertura al pubblico dell’Osservatorio di S. Erasmo. Questo mese però, l’ultimo venerdì coincide con il giorno di Natale; abbiamo quindi deciso di anticipare l’apertura al venerdì precedente, ovvero il giorno18. Cosa si potrà osservare? L’assenza della Luna e quindi un cielo più scuro, favoriranno la visione di oggetti deboli. La nebulosa di Orione (M42), in mezzo alla costellazione omonima, sarà l’attrazione della serata; a seguire l'ammasso aperto nei Gemelli (M35) e la sempre richiesta Galassia di Andromeda (M31). Come di consueto, e a completamento della serata, l'osservazione del cielo ad occhio nudo (sarà possibile ammirare la Via Lattea) e spiegazioni con l'ausilio del computer. TS

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