La pagina dicembre 2011

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Mensile gratuito

N째 10 - Dicembre 2011 (90째)


S .P.A. ITALIANA OFFR E LAVOR O C OMM E RCI AL E S e d i d i Te r n i e V i t e r b o Colloqui presso la sede di TERNI

Emergenza

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Preoccupa molto l’emergenza economica. L’emergenza culturale, però, non è da meno! Ti scruta con occhi spettrali. Nella conoscenza delle strutture grammaticali e sintattiche, così come per le nozioni matematiche, i nostri studenti si collocano ai gradini più bassi delle classifiche europee. Nulla cambia da quando (anno 1972) Tullio De Mauro ci deliziava con tali statistiche. Oggi, invero, si registra, con il record di abbandoni scolastici, un incremento pauroso del cosiddetto analfabetismo di ritorno, favorito anche dalla dipendenza televisiva e tecnologica. Laureato in matematica, ma appassionato anche di linguistica, io accompagnavo (a Terni, Rieti, Viterbo, Perugia), negli anni settanta, Tullio De Mauro ad illustrare la conoscenza della lingua degli italiani. Da quegli anni seguo costantemente le varie indagini e statistiche mondiali (IEA, UNESCO, PISA...). Sono allarmanti, ma non preoccupatevi, stiamo nettamente peggiorando, nel corso del terzo millennio! Oggi sette italiani su dieci non capiscono la lingua. Diventano otto se orientiamo il riflettore sui politicanti italiani (gentarella di bassa lega), sei se consideriamo i giovani nati in Italia, voluti beceramente non italiani! I nostri politicanti da bettola non vogliono che chi parla splendidamente il nostro idioma (uomini e donne di colore nati in Italia ma non riconosciuti come italiani appaiono a volte sul teleschermo facendo venire i brividi nel sentirli parlare così bene) acquisisca nazionalità italiana perché, per loro, italiano è solo chi ripete, come un disco rotto, frasi sciocche relative a situazioni inesistenti. Questi moderni barbari, non disponendo di intelligenza linguistica e sapendo solo sbocconcellare parole condite da frizzi, lazzi e pernacchie (accompagnate sovente da gestacci), autonominatisi italiani, anche se disprezzano tutto del nostro bel Paese, non vogliono certo sfigurare davanti a intelligentissimi italiani di colore! Oggi il 71% della popolazione italiana si trova al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura di un testo di media difficoltà. Solo il 20% possiede le competenze minime per orientarsi e risolvere, attraverso l'uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana. Non deve dunque stupire che il 33 per cento degli italiani, pur sapendo leggere, riesca a decifrare soltanto testi elementari e che persista un 5% incapace di decodificare qualsiasi lettera e cifra. Che fare?Alcuni Senatori della città già impegnati in corsi gratuiti di matematica, stanno organizzando anche corsi altrettanto gratuiti per futuri politici aspiranti amministratori. Per svolgere correttamente tale incarico occorre saper analizzare, interpretare, rappresentare, progettare, edificare, conoscere. Non bastano le quattro chiacchiere al bar o lungo Corso Tacito. Corsi culturali, ovviamente, altrimenti chi si propone come amministratore, visto che in genere non ha mai lavorato, cosa va ad amministrare? Le mosciarelle?

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Mensile di attualità e cultura

Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni

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Il ragazzo che prende i pugni - F Patrizi Lo spread in terza media - P Fabbri PRESEPI A MASSA MARTANA Womenomics: l’economia in rosa! - A Melasecche Natale, brutta bestia! - V Policreti INTERPAN Una vacanza particolare - C Va l l o s c u ro ...Guardando la televisione... - C Co l a sa n t i Senza cultura non c’è crescita né sviluppo - A Pieralli LICEO CLASSICO - M D’Ulizia, B Griffani, G Testa, L Bonaccini, L Di Giuseppe, J Sokoli La casta che costa - P Seri Il prete e l’aglio - V Grechi FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI TERNI E NARNI L’entusiamo: la vera forza per vivere - L Bellucci Alice: la sedicenne dei marciapiedi ternani - LB UMBRIA JAZZ WINTER SAMMI Srl - Progetto Bulk Kremi Alla scoperta di... NATALE TRA NOI - L Santini I sapori della tradizione... NATALE NEL PIATTO - LS L’angolo del fotografo... LE PASQUARELLE - M B a rca ro t t i FAGGIN - A Ra t i n i Cavoli illirici - A Gatti , Senatori della città - AAVV AMARCORD TERNANA - M B Una testimonianza sulla grotta del sale - M C a n d i o t t i L’avventura dei diritti umani - AAVV La Repubblica Romana - F Ne r i Orrori e Splendori - a c u r a d i P Le o n e l l i ALFIO ATMOSFERE DI NATALE - M B PRESEPE VIVENTE DI ARRONE Astronomia - T Scacciafratte, M Pasqualetti, E Costantini, P Casali, F Valentini SUPERCONTI

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Il ragazzo

Lo spread in terza media

che prende i pugni

Eddai, dalli a me. Lui ne ha già un sacco. Seeh… poi col cavolo che li rivedi. Manco non lo conoscessi… si scorda tutto quello che gli presti dopo mezz’ora, figuriamoci in un mese. Ti ricordi che fine hanno fatto quei transformer del mese scorso? Aveva giurato sul suo onore che te li avrebbe riportati il giorno dopo, ma non li hai ancora rivisti, vero? Ricreazione. Capannello attorno ai banchi della terza fila: tutti in piedi o appoggiati sulle spalliere delle sedie, tranne lui, che rimane seduto composto e sicuro. Occhiali spessi e capelli a spazzola, un po’ sovrappeso per la sua età, non è il ragazzino più popolare della classe, anzi. Però adesso sembra un reuccio circondato da cortigiani, perché ha portato in cartella ben cinque giochi di Playstation, e si è detto disposto a prestarli per un mesetto al miglior offerente. E gli offerenti sono tanti. Marco, biondino della prima fila, appare sicuro di sé: Mi conosci, sai che puoi fidarti: li dai a me, e fra trenta giorni esatti te li ritrovi sul banco. In più, ti regalo due giornaletti di Spiderman, prima edizione, roba da collezione. Capirai che sforzo… mugugna Italo, piegandosi sul banco. Per lo stesso tempo di prestito, io di giornaletti dell’Uomo ragno te ne do cinque, altro che due… Il ragazzino dai capelli a spazzola lo guarda scettico, alzando le sopracciglia. Accarezza le custodie dei videogiochi, e lancia uno sguardo in tralice a due ragazzine che si tengono poco distanti, sedute compite allo stesso banco, in gonnellina a pieghe e camicetta bianca. Queste si lanciano uno sguardo d’intesa, confabulano tra loro, e poi, con aria distratta, buttano lì il loro commento. Mah, di Marco ci si può fidare…, poi sospirano, fintamente dispiaciute, ma sotto sotto un po’ divertite: Italo, invece… ultimamente si scorda anche di respirare…, e poi ridacchiano tra loro, con adolescenziale crudeltà. Un altro ragazzo, Franco, ha l’aria annoiata, si alza dal capannello e mostra di volersi allontanare. Boh, fa quello che ti pare, riccastro. Per quel che mi riguarda, sono pronto a darti tre giornaletti, niente di più. Guido Banchetti, il ragazzino al centro dell’attenzione, accarezza ancora i suoi videogiochi. Guarda con sufficienza Italo: in fondo, la sua offerta è la migliore. Però è anche, evidentemente, la più rischiosa. Sospira, e infine sembra girarsi verso Marco. Prima che inizi a parlare, Italo sbuffa, si agita, e alla fine batte una mano sul tavolo con violenza. Sette, allora, maledetto profittatore! Ti va bene così? Sette giornaletti per un misero mese di prestito, va bene? Le due ragazzine ridacchiano ancora di più, mentre Banchetti squadra l’autore della piccola sfuriata. Sette giornalini sono tanti, e fanno gola… ma riuscirà davvero quell’inaffidabile a mantenere la promessa? Mah… quant’è dura, la vita degli affaristi, sembra pensare, gli affari migliori sembrano essere sempre i più rischiosi, chissà se è una regola che vale sempre… Se avesse assistito alla scena, un insegnante avrebbe potuto cogliere l’occasione per una veloce lezione di economia contemporanea. Banchetti nella parte del fantomatico Mercato; Marco, Italo e Franco in quelle di Germania, Italia e Francia, e le due ragazzine in quella delle spietate Agenzie di Rating. Lo spread della storia vale 5 giornalini, ovvero la differenza tra i 7 offerti da Italo e i 2 che si limita ad offrire Marco: e misura al tempo stesso sia il bell’affare lucroso che Banchetti potrebbe fare prestando i videogiochi a Italo anziché a Marco o Franco, sia la fragilità della reputazione (e dello scaffale dei giornaletti) di Italo. Quel che manca a completare la metafora è un dettaglio ancora non espresso: e cioè che Italo, Marco e Franco sono fratelli gemelli. Attingono tutti e tre alla stessa libreria della loro casa, per prendere i giornaletti con cui mantenere le promesse fatte. E questo rende la situazione ancora più curiosa e fragile, agli occhi di Banchetti e delle due ragazzine ridanciane. Mi sa tanto che dovrebbero darsi una regolata, quei tre fratelli, pensano tutti; dovrebbero accorgersi che i giornaletti di uno stesso scaffale non possono avere valori diversi a seconda del fratello che ci arriva per primo. Sennò, è fin troppo facile svuotarlo, quello scaffale della famiglia Euro. P i ero F ab b ri

Pochi giorni prima di Natale, in uno scantinato industriale nell’hinterland milanese, è quasi l’alba. Un ragazzo è riverso a terra, il volto ridotto a una maschera di sangue, non riesce a respirare. Le persone che sono intorno provano a rianimarlo, non ci riescono, qualcuno lo carica in macchina e lo scarica davanti all’ingresso dell’ospedale più vicino. La diagnosi è soffocamento da strangolamento… Alex è un ragazzo rumeno di vent’anni, lavora in nero al mercato ortofrutticolo di Milano, guadagna poco, molto poco. Non è mai andato in palestra, ma si è fatto i muscoli scaricando cassette di frutta. Un collega gli suggerisce un modo per guadagnare facilmente qualche soldo in più, l’appuntamento è verso le due di notte poco lontano dal mercato. Alex quella notte assiste al suo primo incontro di MMA; la sigla sta per Mixed Martial Arts, un misto di boxe, lotta libera, judo e taekwondo. Sono combattimenti illegali, senza protezioni, dove ogni colpo è lecito e dove non si getta la spugna, ma si vince per KO. Il fenomeno della lotta senza regole viene dagli USA, dove in forma-spettacolo viene venduto alle pay-tv, un po’ come il wrestling, solo che qui ci si picchia sul serio. Il vero business, in Europa, non alimenta il mercato televisivo, ma quello delle scommesse clandestine. In magazzini fatiscenti, garage o cantine, vengono costruite delle gabbie alte 1,80 metri, non c’è un arbitro e non ci sono le categorie, chiunque può sfidare un avversario di corporatura e peso diversi dai suoi. I lottatori possono guadagnare dai 200 fino a 2.000 euro a incontro, provengono per lo più dai paesi dell’Est Europa e dal Maghreb. Sono ragazzi giovanissimi reclutati nei cantieri e nei mercati, vengono mandati a combattere contro ex pugili italiani che si sono ritirati dal circuito ufficiale, professionisti allenati e preparati che il più delle volte riducono l’avversario in una poltiglia irriconoscibile. Quella notte Alex assiste ad un incontro tra due pezzi forti, le scommesse sono alte. A sfidarsi sono un pugile italiano sui quarant’anni e un giovane lottatore moldavo che pesa 15 chili meno dello sfidante; prima un tiro di cocaina e poi inizia una lotta senza esclusione di colpi. Il moldavo alla fine si arrende perché il sangue che gli cola sugli occhi gli impedisce di continuare a combattere. Gli scommettitori sono eccitati, stanno girando parecchi soldi, perché non provare? Alex si toglie la maglia e i pantaloni ed entra nella gabbia, in Romania era bravo a picchiare i suoi coetanei per farsi rispettare, ma si accorge subito che qui la situazione è differente, l’uomo che ha davanti conosce parecchie mosse e sa schivare i colpi. Alex finisce a terra, due mani alla gola, che stringono, stringono… poi il risveglio in ospedale, con 200 euro in tasca. È la vigilia di Natale, Alex si aggira per la città con un collarino e le stampelle, non pensava certo di venire in Italia per farsi massacrare, ma adesso l’importante è rimettersi in forma, se la prossima volta incontra uno sfidante ancora più forte, la paga può arrivare anche a 500 euro… Francesco Patrizi

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PRESEPI D’ITALIA U n a E d i z i o n e Tr i c o l o r e In mostra 150 Presepi provenienti da tutte le 20 Regioni d’Italia, proprio a voler unire idealmente il Paese intorno ad uno dei simboli più amati dalla comunità nazionale! Cos’altro meglio dei Presepi può unire l’Italia nell’anno in cui si celebra il suo 150° compleanno? Tutto questo in Umbria a Massa Martana, uno dei Borghi più Belli d’Italia, dove a Natale si può ammirare un’Edizione senza precedenti di PRESEPI D’ITALIA, la Mostra Nazionale del Presepe Artistico che festeggia dieci anni di vita e di successi (www.presepiditalia.it). Nel caratteristo borgo medievale, adagiato dolcemente, come un presepe, alle pendici dei Monti Martani, dal 24 dicembre all’8 gennaio 2012 va in onda una vera e propria rassegna dell’arte presepiale delle migliori realtà regionali, nessuna esclusa, ognuna fiera delle sue antiche tradizioni, oltre a capolavori realizzati da importanti scultori e ceramisti, i quali davanti alla Santità del Natale hanno liberato tutta la loro creatività e realizzato originali opere d’arte sulla Natività; opere che rappresentano il valore aggiunto della Mostra. La grande attrazione di quest’anno è il NUOVO Presepe del Perugino ispirato all’Adorazione dei Magi del divin pittore, con statue in carta pesta a grandezza naturale, i cui abiti da cerimonia sorprendono per le ricche pieghe del panneggio in carta ed il colore rosso che la fa da padrone. Quest’anno il presepe è stato completato con il paesaggio di fondo, la capanna in legno e tutti gli altri particolari; il risultato è una perfetta riproduzione tridimensionale del bel quadro del Perugino. Ed in più un Presepe di Ghiaccio TUTTO NUOVO! Ben 20 mq di estensione e realizzato tutto di ghiaccio, dai personaggi, alle pecore, alla stella cometa, alla capanna e alla palma alta 2 mt, che sembrano di cristallo e brillano come se fossero illuminati da un milione di luci. Rinnovata e cresciuta continuamente in questo decennio, PRESEPI D’ITALIA si conferma come una delle due più importanti rassegne nazionali dell’arte presepiale. Il tutto in un contesto in grado di valorizzare la bellezza delle opere esposte e di esaltare il clima natalizio, quale è appunto l’antico borgo di Massa Martana, nel cuore verde dell’Umbria, lungo il tracciato della Antica Via Flaminia. In occasione del Natale, complice la presenza dei presepi, il paese, tornato ad antico splendore dopo i restauri post-terremoto, diventa una vera e propria cartolina d’altri tempi, che regala alla mente e al cuore un senso di pace e di benessere. Con lo scendere della sera e l’accendersi dei fuochi, al visitatore che arriva per la prima volta o che ritorna puntuale ogni anno (oltre 20mila le presenze dell’ultima edizione) viene quasi da chiedersi: a quale pagina della storia siamo arrivati?

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ENTE ORGANIZZATORE Associazione Presepi d’Italia ORARI APERTURA Mattino solo nei giorni festivi e prefestivi, dalle ore 10,30 alle 12,30 Pomeriggio tutti i giorni dalle ore 14,00 alle 19,30 INFO presepiditalia@libero.it Ennio Passero 348 3347146


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NATALE, brutta bestia! Oddio, è di nuovo Natale! Scagli pure la prima pietra chi non si riconosce in questa sconsolata esclamazione. Purché, s’intende, abbia passato i 10 anni. Chi fa il mio mestiere poi, sa fin troppo bene quanto, in questo periodo, i disturbi d’ansia peggiorino, si complichino e si combinino in mille sintomi che potrebbero talvolta risultare un po’ strani se non si tenesse ben presente che tra poco ci capita il Natale tra capo e collo e fino a che non passa ci si può aspettar di tutto. Ma perché mai il Natale, festa così bella nella sua tradizione, festa che alla maggior parte di noi evoca piacevoli ricordi d’infanzia, ci dà quest’angoscia? Un’angoscia a veder bene anche un tantino ambivalente, giacché se poi qualche incauto avesse l’orrida idea di abolirla, questa festa, ci sarebbe una protesta generale. Con la Befana ci provarono e un altro po’ cascava il governo. Credo che i motivi dell’ansia natalizia siano essenzialmente due. Il primo sta proprio nella bellezza dei ricordi infantili ed è causato dall’intensità con cui, da bambini, vivemmo il piacere estatico delle cerimonie natalizie: il presepe, l’albero, le luci… e l’attesa magica di quell’affascinante personaggio metafisico -fosse Gesù bambino o Babbo Natale- munifico dispensatore di doni che, per l’essere almeno in parte misteriosi, inattesi e anche un po’ magici, creavano un’enorme aspettativa, gioiosamente trepidante, che si scioglieva infine nel piacere puro del trovare i pacchi belli, luccicanti, colorati e nel diritto di potersene impadronire, distruggendone con impazienza gli involucri, nell’estasiata meraviglia della novità. Lingua mortal non dice quel ch’io sentiva in seno: non credo che il Paradiso terrestre potesse essere molto di più. Ma proprio come Adamo ed Eva, da quel paradiso l’età adulta ci ha scacciati. Il giorno in cui scoprimmo che Babbo Natale era un’invenzione e che i doni si potevano comperare nei negozi, qualcosa in noi si spezzò per sempre; la cacciata dall’Eden ne è la perfetta, amara metafora. L’età adulta ha alcuni vantaggi e un’enorme quantità di svantaggi, il primo dei quali è l’essere responsabili di noi stessi e il secondo, il dover pensare agli altri. La reggiamo chi meglio chi peggio. Ma tutto ha un limite: la cosa funziona solo a condizione di non essere riportati davanti all’immagine di quel paradiso da cui fummo cacciati. E quando ciò avviene, una volta l’anno, la nostra struggente nostalgia si rifà viva, lancinante ferita mai del tutto rimarginata. L’unico antidoto, per quanto ne so io, è avere una bella famiglia solida e bambini cui far rivivere le stesse meraviglie che un tempo lontano vivemmo noi; e sempre che, a colpi di stolido consumismo, non li abbiamo già rovinati. Questa, la prima causa del nostro disagio. E la seconda? Perché? A voi pare niente essere costretti a farci l’un l’altro un mucchio di regali inutili spendendo un sacco di soldi utili, con questi chiari di luna? Dr. Vincenzo Policreti

PSICHE

Wo m e n o m i c s : l ’ e c o n o m i a i n ro s a ! Da anni l’Italia cresce poco o nulla. Tutti i giorni si sente parlare di quali fattori potrebbero riportare il Paese sulla “strada giusta”, si parla di innovazione, ricerca, fiscalità, etc. e mai di una risorsa già presente, decisamente sotto impiegata e poco valorizzata: il lavoro al femminile. Non è più solo una questione di pari opportunità, ma di opportunità per il Paese in senso più ampio. Da questo punto di vista, l’Italia è in ritardo: il tasso di occupazione femminile è al penultimo posto nell’Europa a 27; al Sud le donne, anche giovani, hanno rinunciato a cercare lavoro. Le statistiche poi ci dicono che nell’ultimo decennio l’incremento dell’occupazione femminile negli altri Paesi sviluppati ha contribuito alla crescita globale più dell’intera economia cinese. E’ stata chiamata Womenomics, neologismo coniato dall’Economist nel 2006 (riprendendo le tesi di una analista di Goldman Sachs del 1999) per definire la teoria economica secondo la quale il lavoro delle donne è oggi il più importante motore dello sviluppo mondiale. Il nuovo sistema di crescita economica è basato sulla connessione di alcune elementi: donne + lavoro + economia + fecondità. Forse anche per questo l’OCSE ha dato recentemente molto peso al fenomeno tutto italiano che vede in aumento la disoccupazione femminile e contemporaneamente il decremento della fertilità. Se continuiamo su questa strada in futuro saremo doppiamente svantaggiati, perché abbiamo meno soggetti lavorativi e un tasso di crescita della popolazione pari a zero. Le stime fatte ci dicono anche che in Italia, se le donne arrivassero ad un 70% di occupazione, il PIL aumenterebbe del 20%, e anche su una previsione recentemente rivista al ribasso dall’OCSE di una crescita stimata del PIL italiano allo 0,7%, produrrebbe comunque un aumento dello stesso di circa lo 0,15% all’anno, che andrebbe a finanziare la spesa pubblica per le famiglie. C’è dell’altro: il lavoro femminile contribuisce anche ad aumentare il reddito delle famiglie, permette alle donne di avere più relazioni sociali proprie, scoprire nuovi talenti da valorizzare, appunto, a fini economici in un mercato del lavoro che diventerebbe probabilmente più meritocratico, aumentando il dinamismo di economia e società. Non solo, si incrementerebbero i consumi, la produzione e gli investimenti dell’economia in rosa e si attiverebbe una sorta di effetto moltiplicatore che porterebbe ad aumentare la stessa occupazione femminile. Quest’ultimo elemento può sembrare paradossale eppure è stato stimato che per ogni 100 donne che iniziano a lavorare, si creano altri 15 nuovi posti di lavoro, soprattutto nei servizi alle famiglie (babysitter, colf, badanti, ristorazione, etc.). Inoltre le famiglie a doppio reddito consumano molti più servizi in senso più ampio. C’è evidentemente ancora un circolo vizioso duro da spezzare, caratterizzato da una scarsità di servizi legata alla bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro, a sua volta dovuta alla stessa scarsità di servizi. Una delle priorità dell’oggi alessia.melasecche@libero.it è interrompere questo circolo!

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Una vacanza particolare Vivo nella piccola realtà di un comune dell’Umbria, ho tanti amici con cui condivido le mie giornate e voglio raccontarvi quello che anni fa pensavo non potesse mai accadere. Avevo venti anni quando mia mamma mi convinse, sarebbe meglio dire mi costrinse, a partecipare come volontaria ad un gruppo di vacanze estive per persone diversamente abili. Ricordo il giorno della partenza, ero imbronciata e convinta che la settimana mi sarebbe sembrata eterna. Mandai al diavolo i miei genitori e salii sul pulmino. Il viaggio fu lungo, chiusa nel mio silenzio osservavo i miei compagni di viaggio che erano elettrizzati e felici della partenza; se di alcuni potevo capirne il motivo, ero stupita che lo fossero proprio tutti. Arrivati in albergo mi dissero che avrei condiviso la camera con Sara. Sistemai le nostre cose e cominciammo a parlare, lei mi chiedeva di tutto, era interessata a me, a come vivevo, a quello che facevo di solito. Nel pomeriggio andammo al mare dove cominciai a socializzare con tutti gli altri e, ... era passato il primo giorno. La mattina seguente Sara mi chiese di acconciarle i capelli con delle mollettine colorate, io poi le consigliai il copricostume che le stava meglio, e da quel momento era tutto un truccarsi, vestirsi, pettinarsi; più i giorni passavano più aumentava la nostra amicizia. Durante i pomeriggi afosi, si chiacchierava con gli altri e ognuno di noi contribuiva a rendere piacevoli quei

momenti, io ho convertito tutti alla musica da discoteca che, devo dire, ha riscosso molto successo tra i più giovani. Una sera io e Sara ci siamo preparate con cura e, quando tutti dormivano, siamo andate in giro da sole per il paese fino a notte; Sara era eccitatissima, mi ha confessato che quella era la cosa più trasgressiva che avesse mai fatto. Man mano che i giorni trascorrevano, la mia inadeguatezza e imbarazzo iniziali scemavano lasciando il posto a nuove, profonde sensazioni. Non ci crederete ma la settimana è volata via, e con Sara è rimasta una bella amicizia, di tanto in tanto la vado a trovare al centro dove con gli altri ragazzi down lei trascorre le giornate. Qual è la morale del racconto? Da quell’estate ogni anno, quando posso, parto volontaria per quella che è diventata come una vacanza, salgo su quel pulmino con il cuore allegro, sicura di fare tante nuove amicizie ed arricchirmi di nuove esperienze. Aver visto e contribuito all’entusiasmo di Sara, così come tutti gli altri ragazzi conosciuti in questi anni, mi rende intensamente felice ed orgogliosa. Ho imparato che la diversità non è mancanza ma arricchimento interiore ed inoltre, che esistono molti tipi di handicap, fisici, mentali e psicologici... io prima di quella esperienza non sapevo di essere affetta da un impedimento psicologico, ma per fortuna sono guarita perché l’amore riesce a superare ogni barriera. Claudia Valloscuro

… e guardando la televisione, mi è venuta come l’impressione... Guardando la televisione, seguendo i telegiornali durante il periodo della manifestazione degli Indignados a Roma mi è venuta davvero come l’impressione che mi stessero rubando una parte di vita, parafrasando una nota canzone di Vasco Rossi. Non solo perché stavano deturpando una parte di una tra le più belle città al mondo, se non la più bella; non solo perché stavano rovinando la vita a moltissime persone presenti alla manifestazione e tranquillamente seduti all’interno delle loro case, ignari che la loro macchina stava andando a fuoco o che di lì a breve non avrebbero più avuto nulla di quello che li circondava; non solo perché stavano completamente distruggendo le speranze di far valere i nostri diritti senza imporsi con una violenza gratuita e inutile. Mi hanno spaventata profondamente. Mi hanno ferita con le loro bombe carta e con le loro riserve di sanpietrini, anche se io ero in tutt’altra parte di Italia. Mi hanno fatto sentire impotente, inutile e disarmata. Disarmata, perché la scelta della non violenza in questo momento sembra la scelta più eversiva ma anche la più inutile, a dirla tutta. Inutile, perché non si sarebbe potuto fare nulla nemmeno essendo presenti in loco, visto che era stato tutto abilmente organizzato da tempo, alla ricerca di “farci scappare il morto”. Impotente, perché quando vedi persino la Polizia, i Carabinieri, quel famoso “ordine costituito” che scappa perché messa alle strette o temi per un poliziotto che riesce a scampare alla morte sotto l’occhio attento della telecamera... allora ti chiedi davvero come avresti potuto reagire tu. Ammetto che, nel bel mezzo dello sfacelo cui ci hanno fatto assistere per molti giorni a seguire, ho potuto rinfrancare il

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mio spirito guardando come moltissimi “indignados” (quelli veri, non quelli che si sono rivelati essere Black Bloc, ovviamente!) si siano messi in mezzo a difendere le persone prese di mira dagli attacchi di violenza o abbiano tentato in ogni modo di fermare la furia di quei vandali a piede libero, venuti da tutta Italia e da tutta Europa per distruggere parte di Roma. Sono giovane, eppure sono anche più “anziana” di molti dei ragazzi fermati perché in possesso di qualche arma o comunque trovati in “atteggiamenti” poco pacifici, se vogliamo dirla così. Mi sento chiamata in causa, soprattutto perché stavo per organizzarmi per andare a marciare anche io e mi sono sentita davvero intimorita al pensiero di potermi ritrovare lì in mezzo e ho seguito gli aggiornamenti in ansia, pensando a tutti quelli che erano andati per manifestare e non per distruggere. La distruzione, in un momento del genere, è talmente dilagante che, ritrovarsela anche durante una manifestazione che avrebbe dovuto protestare nei confronti di quel sistema che sta distruggendo i valori, è un paradosso talmente “alto” che non si può nemmeno sentire, figuriamoci vedere. Ci stiamo avviando verso la fine di questo anno, ci stiamo inoltrando in quell’atmosfera natalizia che molti attendono ferventemente e che molti altri invece a malapena riescono a sopportare, ci stiamo avvicinando a un nuovo anno che, come sempre, porterà con sé molti buoni propositi e molte poche occasioni di metterli in atto se non c’è davvero la volontà del cambiamento. Dopo tutta la serie di eventi violenti e devastanti che ha caratterizzato questo 2011 non ci resta che augurarci che il 2012 sia migliore e ci dia la carica e la forza per riuscire ad affrontarlo in maniera degna, cercando di far sentire la voce di chi, in barba alla violenza, sogna ancora un mondo migliore. Chiara Colasanti


S. P. A. I TA L I ANA O F F RE L AVO RO CO MMERCIALE S e d i d i Te r n i e V i t e r b o Colloqui presso la sede di TERNI

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Senza cultura non c’è crescita né sviluppo Per mia figlia Valentina il 1° settembre di quest’anno è stato il primo giorno di scuola. Un momento importante per ogni bambino, così come per i genitori, ma non è di questo che voglio parlarvi. Semmai, quello che mi ha stupito è che non ho dovuto pagare neanche una corona per i libri. La scuola ci ha fornito di tutto, compresi quaderni, matite e penne. Questo stride abbastanza con il ricordo che ho di quando, studente universitario in perenne bolletta, per racimolare qualche lira facevo il commesso nel reparto dei libri scolastici della storica libreria Le Monnier di Firenze (oggi debitamente convertita in esercizio commercialmente più appetibile con relativa perdita di valore storico e culturale per la città). Orde di genitori imprecanti ci assalivano ogni giorno con infinite liste di libri costosissimi e introvabili. Rimaniamo tra i libri. Qui a Praga esiste una catena ben organizzata che si chiama Levné knihy, ovvero Libri economici. Vendono a prezzi stracciati libri nuovi di edizioni minori, avanzi di magazzino e vari titoli invenduti. Spesso, però, si trovano anche cose molto interessanti a prezzi davvero accessibili a tutti. Oltre ai libri vendono anche film, naturalmente non gli ultimi successi di Hollywood. A 2-3€ l’uno ho comprato numerosi film della cinematografia classica italiana (Fellini, Visconti, Comencini, Ferreri etc.). Vi immaginate la Mondadori o la Rizzoli, e chi per loro, permettere una cosa del genere in Italia dove, ormai, entrare in libreria senza una copiosa carta di credito è un vero azzardo? Sempre rimando in questo ambito, recentemente ho avuto modo di scoprire, insieme ad una cara amica, un piccolo cinematografo nel centro di Praga dove trasmettono i grandi classici della produzione ceca ed internazionale. Gestito dall’Archivio Nazionale Cinematografico, permette con meno di 2€ di vedere il meglio di quanto il cinema mondiale abbia prodotto. La sala non è mai piena, è vero, eppure anche questa è cultura. Anche qui ho potuto godere ad ottime retrospettive sui film di Visconti o Antonioni, tanto per fare due esempi. Non sarà allora un caso che qui in Repubblica Ceca, oltre agli immancabili mega-book-store, nelle zone meno centrali sopravvivano anche piccole librerie di quartiere, oppure che nelle biblioteche comunali, organizzatissime e ben fornite, spesso sia necessario prenotare i libri con largo anticipo, o ancora che, girando per la città, si vedano ovunque, e ribadisco ovunque, persone leggere riviste, libri, giornali sui tram, in attesa alla fermata, sul treno o nella metropolitana.

Certo, questi sono solo alcuni piccoli esempi di vista vissuta. Ho preferito ricorrere alla quotidianità piuttosto che tediare il lettore con valanghe di numeri e di comparazioni anche perché, credo, non c’è miglior messaggero delle emozioni provate in prima persona. Perché ho fatto questi esempi? Non voglio affermare che l’Italia sia un paese ignorante perché così non è. Ma rimane il fatto che, come in modo arguto coglie Beppe Severgnini nel suo La pancia degli italiani, nel Belpaese esiste una ristretta minoranza, da lui stimata in circa 5 milioni di persone, che con regolarità legge i giornali, compra i libri, si informa, segue con interesse l’attualità e contribuisce a creare consapevolezza e conoscenza. Ma, per un paese grande come il nostro, è troppo poco. Rimane ancora una massa enorme di persone che, influenzata da una tv, pubblica o privata è la stessa cosa, la cui qualità è in caduta libera, giorno dopo giorno si imbruttisce, passatemi il termine. L’elogio fiume dell’Italia di Roberto Benigni davanti al Parlamento Europeo non poteva avere una tempistica migliore. Dopo anni durante i quali molti di noi, me compreso, si sono vergognati di essere italiani, improvvisamente Roberto, con la sua travolgente passione che gli sgorga diretta dal cuore, ci ha ricordato quanto grande sia l’Italia e mi sono riscoperto orgoglioso di essere italiano. E, soprattutto, ha sottolineato una cosa importantissima: l’Italia è l’unico paese al mondo dove prima è nata la cultura, poi la nazione. Ciò significa che se muore la cultura, muore l’Italia. Abbiamo un nuovo governo che si appresta a fare tagli impietosi per risanare i disastrati conti pubblici italiani. Insieme ai tagli, della cui reale necessità non voglio discutere in questa sede, si parla anche molto di misure per la crescita. Ma, in fin dei conti, che cos’è la crescita economica se non il riflesso materiale di un’espansione della base culturale di un paese? Se dunque, come ci dicono i testi di economia, ogni paese deve mettere a frutto le proprie risorse cercando di sfruttarle al meglio, allora noi italiani abbiamo l’obbligo morale di promuovere e sostenere in tutti i modi la cultura. Per anni abbiamo pensato che in Italia di cultura ce ne fosse così tanta da non doversene preoccupare. Questi ultimi 17 anni hanno dimostrato l’esatto contrario. È giunto il momento di rendersene pienamente conto e di agire perché la cultura è alla base di ogni sviluppo di qualsiasi società umana. Andreas Pieralli

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Il CORPO DELLE DONNE

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Masoch era femmina e vi spiego il perché (a ritmo di bunga bunga)

I dati della questione morale oggi, nel nostro Paese, rischiano di rendere impervia e infuocata -rossa di indignazione e di vergogna- quella che Hegel chiamava la preghiera mattutina del cittadino, ovvero la lettura dei giornali. Una donna che sia consapevole di essere seduta sulla propria fortuna e ne faccia -diciamo così- partecipe chi può concretarla non è automaticamente una prostituta. Questo scriveva Piero Ostellino sul Corriere della Sera del 19 gennaio 2011. Immagine greve, che ha fatto discutere intensamente in classe, costituendo il punto di partenza per una riflessione sul ciarpame senza pudore a cui sembra ridotta gran parte della presenza femminile nella sfera pubblica in Italia. Snodo essenziale è stata la visione del documentario Il corpo delle donne di Lorella Zanardo, disponibile in Rete. Prof. Marisa D’Ulizia Si riportano qui alcuni contributi significativi.

Puttanopoli, come D’Agostino l’ha battezzata, altro non è stata che l’ultima entusiasmante evoluzione della surrealpolitik all’italiana. Questi i personaggi: un direttore settantenne di testata giornalistica televisiva; un manager-delle-star ex coiffeur con debiti per la modesta cifra di 20 milioni di euro; un direttore di Panorama consumatore di coca(cola) esclusivamente light; un presidente del consiglio dei ministri, nonché del partito di maggioranza nel Paese, nonché generosissimo ospite, nonché collezionista di farfalle (che, come voi ben sapete, appartengono alla famiglia dei Lepidotteri, proprio come le falene); numero ∞ di fanciulle, di cui due minorenni, grandi estimatrici del cinema di Giuseppe Tornatore, le quali, stando ai tabulati della cella telefonica di Arcore, volendo credere a Carlo Rossella (e perché non dovremmo, dico io) nello scorso anno avrebbero visto Baaria diverse centinaia di volte, ospiti del Berlusconi. Quanto è bello il nostro Paese che è sempre pieno di sorprese! Abbiamo avuto il nano presidente e pure le ballerine! E’ dunque emerso che Berlusconi, il quale -prima delle recentissime dimissioni- era il capo di governo più anziano all’interno dell’Unione Europea, emotivamente turbato da una dolorosa separazione, ha deciso di distrarre il suo cuore afflitto con una selezione assolutamente multietnica di giovani fanciulle. Loro, le Nadia, le Marisol, le Nicole, le Ruby -figlie e fidanzati narcotrafficanti al seguito- hanno per mesi monopolizzato il dibattito pubblico in Italia, e non solo. E, giorno dopo giorno, una nuova ragazza, un nuovo faccino grazioso della televisione, un nuovo nome quasi celebre, veniva trascinato nello scandalo. Queste giovani, il compendio di un modello di femminilità deviato, più che disponibili a farsi ridurre a semplice oggetto sessuale per raggiungere i propri scopi, si sono fatte espressione massima della donna voluta, desiderata e costruita dalla televisione generalista e dai signori che ne tengono le redini. Un sembiante confezionato da uomini, al quale però siamo noi donne ad aderire, a conformarci, creato secondo il gusto vivacemente trash di una certa fantasia erotica maschile, in risposta alla masochistica necessità femminile di piacere all’uomo. Un placebo: la risposta a una necessità, quella di essere riconosciuta donna e femmina da un ipotetico universale consorzio di uomini, che in natura non esiste. Perché questo brutto archetipo è forgiato attorno al desiderio squallido di quella congrega di vecchi che sta dietro alla televisione e più generalmente al potere nel nostro Paese. I vari Buoncompagni, Ricci ed affini, ed altri ancora prima di loro,

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che nel corso degli anni hanno contribuito a creare il miraggio della donna sciocca, un po’ volgare ed estremamente disponibile, ben conscia di star seduta sulla propria fortuna -come scritto recentemente in un infelice articolo- pronta ad accettare e farsi promotrice dell’assunto secondo il quale la femmina sarebbe in fondo buona solo per quello. Degradare se stesse, uniformandosi alla fantasia sexy d’un reparto geriatrico, nella speranza che ciò possa aiutarci a conseguire successi personali, mi sembra ridicolo. Sì, la Minetti è consigliere regionale, e riceve uno stipendio mensile di qualche migliaio di euro -associato peraltro alla nomea di sventurata meretrice-gerontofila- prova effettiva che un certo atteggiamento può fruttare un immediato rimpinguamento delle finanze personali. Se vi sembra uno scambio assolutamente conveniente, compratevi un tubino nero e date un bacio d’addio all’amor proprio, se ne avete mai avuto. Se al contrario, come me, preferireste essere interrate in una colata di calcestruzzo, allora converrete che questa rappresentazione della donna promossa dai media è triste, mendace ed offensiva. Ma saranno davvero lor signori gli unici colpevoli? Il 60% del pubblico televisivo è composto di donne; le donne rappresentano in assoluto la fascia più forte di consumatori e guidano quindi i cosiddetti trend. Tuttavia, non siamo riuscite ad estirpare questa indegna immagine e continuiamo a vederci con gli occhi da macellaio di quegli uomini squallidi che ne sono gli artefici. Sin dalla prima infanzia, noi stesse ci lasciamo persuadere che piacere è l’unico modo per essere considerate elementi pregevoli della società: vi ricordate come alle elementari la più bella della classe fosse inevitabilmente la più popolare, la più simpatica e anche la più invidiata? Perché, mentre noi maturavamo lottando contro noi stesse e le altre, nel disperato tentativo di conformarci a dei bisogni altrui ancora da comprendere, i nostri coetanei di sesso opposto godevano d’una infanzia serena? Perché a loro chi fosse il bimbo più bello, più roseo e più biondo non interessava. Perché non attribuivano al giudizio altrui il peso che noi donne gli riconosciamo, e non permettevano ad un sistema di valori estraneo d’avere influenza sulle loro scelte. A differenza nostra, loro non soffrono di un’eredità storico-culturale formatasi nel sessismo più aggressivo. A quale uguaglianza possiamo aspirare, però, se noi per prime non riconosciamo al nostro intelletto e alle nostre capacità pari opportunità, indipendentemente da quello che la società è disposta Bianca Griffani Cl asse I I I I F a offrirci?

ilconvivio.terni@libero.it

Chiusura Domenica


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Non si può vivere senza una storia

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L a d o n n a p e r i l re s t o è t u t t a u n a p a u r a , i m b e l l e a l l a l o t t a , u n ’ a r m a n e p p u re p u ò g u a rd a r l a , m a s e u m i l i a t a n e l l ’ i n t i m o d e l l e t t o , a l t ro e s s e re p i ù s a n g u i n a r i o d i l e i n o n e s i s t e . tradizione antica non ha fatto della bellezza e della seduzione le uniche caratteristiche del genere femminile: molte donne sono state ricordate per la loro pietas e per la loro probitas, in quanto madri e mogli fedeli e persino eroine o scienziate famose come Ipazia... Altre, la maggior parte, sono vissute silenziosamente accanto ai propri uomini, agendo in segreto con intelligenza ed eccezionali competenze nella gestione della casa, dei figli, della proprietà. Ed ora? Silenziose bambole, attaccate al braccio di presentatori televisivi che le scherniscono, le umiliano, le insultano... Questo è l’unico modello che la TV di Stato offre ai suoi spettatori. Raramente una donna intelligente, colta, competente riesce a fare spettacolo: nei migliori dei casi sembrerebbe solo noiosa. Madri, figlie, mogli, insegnanti, ministre, dirigenti d’industria e qualunque altra donna abbia raggiunto una identità attiva nella società potrebbe davvero nascondersi dietro quei volti privi di qualunque espressività, quei volti senza identità? Non sembra né possibile, né reale, sembra piuttosto una sorta d’inganno organizzato. Dopo molti anni e tante lotte per raggiungere, almeno teoricamente, una certa parità di diritti con l’uomo, la donna non può aver dimenticato qualunque altro interesse che quello rivolto al proprio corpo. Viene sottile il sospetto che questo nuovo modello femminile, sbandierato a tutte le ore e in tutte le salse nei rotocalchi, nei quotidiani, soprattutto in tutte le reti televisive, sia frutto di una strategia maschile per ridurre la donna, ancora una volta, alla schiavitù del silenzio, per farne un’ombra compiacente. I corpi delle donne sono diventate teche preziose. Ma racchiudono paura, angoscia, inadeguatezza: pesanti strati di trucco e di plastica sembrano proteggerle da un mondo difficile da affrontare a viso aperto. In realtà fanno crescere la misoginia dell’uomo, che tanto più ci vuole passionali seduttrici, per poter sfogare le sue paure e la sua violenza. Il corpo è un involucro: così già in Platone. Infatti sul corpo si stratificano segni, che sono le tracce della vita vissuta e di una identità costruita. Negare al corpo questa possibilità significa rinnegare la propria storia. Ma si può vivere senza una storia? Il mondo patinato dalle riviste, fatto di lustrini e paillettes, calciatori e veline al governo, mondanità e vite di plastica, sembra essere l’unico interesse di donne che esibiscono un corpo tonico, formoso, desiderabile a tutti i costi, alla ricerca di una ossessiva unicità, che sfocia paradossalmente in una paurosa omologazione. Palestra, chirurgia plastica, capelli tinti, parrucche, abbronzanti: tutto per affermare il dio corpo... un involucro vuoto. IP

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Così scrive Euripide nella sua opera Medea, descrivendo il genere femminile come fragile, incapace di combattere ma temibile e pericoloso, se umiliato. Oggi si potrebbe dire la stessa cosa? Il documentario di Lorella Zanardo sembra convincerci che non è più così: le donne offese, sminuite, umiliate, rappresentate come oggetto o decorazione muta, non provano alcun tipo di risentimento per la bassa considerazione che si prova per loro come esseri pensanti. L’importante è apparire, o meglio, apparire in televisione. Le donne per essere qualcuno (o forse per essere qualcosa) tornano a esibirsi come gli uomini desiderano: si nascondono dietro maschere di silicone, combattono contro lo scorrere del tempo e contro i segni che l’età lascia sul loro volto. Nessuna sarà più un’adulta. Tutte dovranno sembrare eterne giovani. Non togliermele, non togliermene neanche una: ci ho messo una vita per farmele! Così diceva Anna Magnani al truccatore, che avrebbe voluto nascondere le sue rughe prima di entrare in scena. Quante delle miriadi di vallette e letterine più o meno giovani, tutte ugualmente ossessionate dalle misure, dalla tonicità di ogni piccola parte del proprio corpo, farebbero oggi una simile richiesta? Se il corpo è lo specchio dell’anima, quale messaggio vogliono trasmettere queste donne? Un senso di inadeguatezza e insicurezza, provocato da un mondo che non accetta la donna per come essa è realmente ed esige che sia solo oggetto di seduzione, questo e null’altro. Fin dall’antichità la seduzione è donna: a partire dalla dea Peitho che, rappresentata come accompagnatrice di Venere, dalle lunghe chiome e dal dolce sguardo che ammalia, riusciva a piegare qualsiasi dio e qualsiasi mortale al suo volere. E sicuramente conoscevano bene l’arte della seduzione le Sirene, rappresentazioni fantastiche e ibride di donne con la testa umana e il corpo di pesce o di uccello, che incantavano gli uomini attraendoli per poi ucciderli e trascinarli in mare; per non parlare poi delle donne passate alla storia per la loro bellezza, come Aspasia, l’etera di Pericle, o la Lesbia di Catullo, o la famosissima regina d’Egitto Cleopatra. Nel Medioevo, però, l’essere donna significava essere occasione di perdizione, strumento di Satana per trascinare l’uomo verso il peccato. La donna, dunque, ha sempre avuto la valenza di incantatrice e seduttrice, se non altro perché maschile è stata tutta la produzione letteraria antica. Come seduttrice, l’uomo l’ha sempre amata e temuta, desideroso e insieme spaventato. Ebbene, per quanto sia sempre stato congenito al genere maschile temere e rappresentare la donna come seduttrice, tuttavia la

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Muliebris vox

La Provincia di Terni per la cultura

Si permetta alla donna di condividere i diritti degli uomini ed ella ne emulerà le virtù, scriveva Mary Wollstonecraft sul finire del secolo XVIII, rivendicando i diritti delle donne. Questo auspicio, per quanto innovativo rispetto ai tempi in cui è stato formulato, additando implicitamente e forse inconsapevolmente alla donna il modello maschile, non ne promuove davvero il risveglio e rischia di lasciarla ancora dietro, in penombra. La subalternità delle donne è un dato oggettivo, che ha fatto storia e che oggi è ancora sostanzialmente accolto dalle sue stesse vittime, le quali, più o meno consapevoli, cercano di farsi strada sgomitando in un mondo tutto maschile, a costo di svalutare se stesse. Sin dall’antichità è stato chiaro come la donna, relegata ai margini della società, costretta a non uscire quasi mai di casa, trattata alla stregua di un oggetto, di una macchina buona solo per procreare, abbia però esercitato un fascino ambiguamente minaccioso, che ha indotto l’uomo a escluderla dalla dimensione pubblica: secondo il mito, la guerra di Troia avrebbe avuto origine dall’abbandono del talamo nuziale da parte di Elena, fuggita a Ilio con il bel Paride; il tragediografo Euripide, secoli dopo, definisce attraverso Ippolito, protagonista di una delle sue tragedie, la donna come ambiguo malanno ma poi è evidente come gran parte dei suoi drammi ruoti intorno ad anime femminili dilaniate dal dubbio o dalle passioni. Attenzione, ecco lo snodo: nei secoli la figura della donna si è rivestita del suddetto significato, ed ella è automaticamente diventata emblema di traviamento, portatrice di passione peccaminosa, come è ravvisabile nella figura biblica di Eva e come poi sarà evidente nei topoi letterari della cortigiana del Cinquecento e della femme fatale di tempi a noi più vicini. Questo considerare la donna solo corpo ha provocato un processo di svalutazione di tutto il resto, portando a escluderla dalla vita pubblica e a negarle gli strumenti per inserirsi nella collettività alla pari con gli uomini. In effetti molte donne sono sprovviste del requisito fondamentale per reagire: la consapevolezza. Quando ci penso, a volte viene spontaneo chiedermi: ma facciamo così paura? Veramente hanno dovuto tarparci le ali in questo modo per sentirsi superiori? E’ proprio in questa riflessione che, in una sorta di psicologia inversa, riacquista senso la grandezza femminile. Anche quelli che sono considerati luminari del pensiero occidentale o personaggi che hanno fatto la storia non fanno eccezione: dimostrano o scarsa considerazione del problema, non esitando a ridurre alla condizione animale esseri umani come loro e a rinnegare quel sacrosanto principio di uguaglianza tanto decantato, o aperta misoginia. Uno per tutti, Napoleone Bonaparte, uomo di grande arguzia e carisma, il quale sottoscrive nel 1804 il Codice civile, dove si specifica la condizione di subalternità della donna, che deve sempre seguire il marito e obbedire, ricevendo un trattamento diverso rispetto a quello maschile anche a parità di colpa. Sempre lo stesso Napoleone scrive: Nous avons tout gaté en traitant les femmes trop bien. (...) En effet, la nature les a faites nos esclaves; ce n’est que par nos travers d’esprit qu’elles osent prétendre autres souveraines; elles abusent de quelques avantages pour nous séduire et nous gouverner. E ancora oggi, per quanto lottiamo, alcune tracce di maschilismo sono presenti nella nostra quotidianità, nel modo in cui vediamo il mondo: un uomo con tante donne ne può fare tranquillamente motivo di vanto, una donna con tanti uomini è bollata come una poco di buono e basta, quando nessuno dei due andrebbe assolto. Le donne in televisione e nel mondo dello spettacolo vengono sfruttate e si prestano a oscenità che a un uomo non verrebbero mai proposte, quali apparire seminude al fianco di presentatori in giacca e cravatta. Noi stesse, quando ci guardiamo allo specchio, giudichiamo il nostro corpo con occhi maschili e pensiamo a come cambiarlo in quest’ottica. Che questa breve riflessione possa servire a risvegliare la consapevolezza delle giovani Lucia Bonaccini Cl asse I I I I F donne di oggi!

La Fortuna non è donna E’ una fortuna nascere donna? Può esserlo in un ambiente dove rimane della donna un’immagine antiquata ma riproposta in una confezione moderna? Non esistono più le brave mogli di casa sottomesse, ma la donna rimane molto spesso in secondo piano rispetto all’uomo (vedi per esempio le femmine mute di tante trasmissioni). Non si tratta di porre l’accento per l’ennesima volta sulla disparità di genere, cronica in Italia, ma di guardarsi intorno coscientemente. Negli ultimi mesi abbiamo avuto la conferma ufficiale che un’idea è ritornata definitivamente nelle menti, facendo cadere nel dimenticatoio tanti atti di emancipazione: quella della donna-oggetto, l’escort-accessorio, col bunga bunga come premio dopo la giornata lavorativa. Questo articolo non è una critica a un’azione in particolare, ma alla concezione che essa rappresenta. Buona parte degli italiani è convinta che chi abbia molte donne sia fortunato e che questa condizione sia desiderabile. Com’è possibile proporre la parità in un clima del genere? Si pensava che il modello “donna muta, subordinata e accomodante nei confronti dei desideri del suo uomo” fosse stato infine superato e che avessimo raggiunto una realtà in cui tutti e tutte erano (pressoché) allo stesso livello. In realtà, pare che il modello sopraccitato sia ancora molto attuale, mutatis mutandis. Basta guardare la foresta di cosce nude in prima serata, basta vedere come sono premiate dal punto di vista professionale quelle che si concedono senza farsi tanti problemi. Ma forse, per assurdo, ci guadagnano proprio loro. Forse tutte quelle che sono arrivate là dove sono grazie alla loro disponibilità sono quelle che hanno veramente capito come vanno le cose, almeno qui in Italia. Si può però indurre metà della popolazione di un Paese a prestarsi a qualsiasi cosa pur di arrivare al proprio obiettivo? Si può accettare che tutto ciò che il genere femminile potrebbe dare in termini di intelligenza, cultura, competenza, serietà venga messo in ombra dalla ben più premiata ricerca di bellezza e piacere? Qualcuno ha detto “l’Italia non è un paese per donne”. Non è così. L’Italia non è un paese per donne che non si prestano a tutto. Le altre ci vivono più che bene e sempre di più sembrano aver capito qual è la via più facile per arrivare a destinazione. Ma è davvero utile barattare la dignità con il successo? Non si tratta di una gloria alquanto effimera, visto che appena si presenterà una concorrente un po’ più bella, giovane o disponibile, sarà lei a salire sul trono? Nella commedia di Aristofane Lisistrata, la protagonista propone alle donne greche uno sciopero del sesso per portare i propri uomini a concludere una pace che ponga termine alla guerra del Peloponneso. Ovviamente la vicenda va a buon fine... Lisa Di Giuseppe Cl asse I I PI Chissà che a mostrarsi un po’ meno accomodanti non si possa guadagnare anche oggi qualcosa?

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Nude alla meta Guardando la televisione, le riviste, le donne di spettacolo, mi sono resa conto che la libertà di essere se stessi è ormai un’utopia. Tra botulino, seni finti e chirurgia estetica, mi accorgo sempre più che in TV non ci sono più i corpi di una volta, quelli umanamente naturali, bensì corpi mostruosamente artificiali, dalle facce imbalsamate, incapaci di esprimere emozioni e di comunicare perché alterati. Ma chi sono questi corpi? Cosa ci dicono? Perché tutto questo accanirsi sul corpo della donna? Molte donne di spettacolo, pur di andare avanti nello show business dell’apparire, preferiscono conformarsi alla mentalità ed alle leggi, oserei quasi dire maschiliste, di chi ci vuole perfettamente perfette, impeccabili in ogni momento, dal trucco inalterabile, dai capelli lisci e setosi, alte un metro e ottanta, con lo stacco di coscia chilometrico, ma soprattutto nude. Infatti è questo il modello di donna che ci viene presentato dalla televisione italiana; basti pensare che la presenza della donna in TV è richiesta soprattutto quando deve fare da cornice, abbellire cioè un pacchetto televisivo per innalzare gli indici di ascolto. In un certo senso siamo usate, sfruttate, mercificate come oggetti, in modo da essere appetibili dal punto di vista sessuale per i maschietti. La pubblicità e i quiz televisivi, nei quali non manca mai la figura femminile mezza nuda, muta, col sorriso falso stampato sulle labbra, diventano piccoli show pornografici, perché il cameraman punta sempre l’obiettivo della telecamera volutamente su cosce, seni, sederi e per non parlare dell’immancabile giro-vagina! La nudità del corpo della donna è messa ovunque pur di vendere, vendere, vendere e, anche quando i prodotti sono indirizzati alle donne, devono per forza mostrare immagini appetibili per il pubblico maschile. Ci propinano un’immagine del corpo femminile surreale, che non corrisponde alla realtà, alla verità, all’autenticità, e ciò ci influenza anche inconsciamente, ci fa venire i complessi, perché non siamo come ci vorrebbero. E dunque, chi deve stabilire e decidere come devo essere? Secondo quali canoni valgo? Perché non posso essere veramente me stessa senza dover entrare in qualche categoria? Le uniche donne che riescono ad ottenere un certo potere in TV finiscono per conformarsi ed assumere atteggiamenti maschili. Mostrano una notevole aggressività e spietatezza nei confronti delle proprie colleghe meno potenti, che pur di ottenere una certa visibilità finiscono con l’accettare compromessi sul proprio corpo. Non c’è una show-girl che non abbia posato per almeno un calendario! Sembra che oggi una donna, per fare carriera, debba necessariamente mettersi a nudo o assumere atteggiamenti maschili. La nudità del corpo, che in sé detiene una sua dignità e preziosità, sembra non avere più valore, viene sminuita e la ragazza televisiva viene spogliata della sua umanità: pur essendo consapevole di ciò, si sfrutta da sola e si fa sfruttare, vittima e carnefice del proprio corpo, per guadagnare denaro, fama, notorietà, come se fosse estraneo alla sua persona e non parte essenziale della sua identità. Non mette a nudo solo il corpo, ma soprattutto se stessa di fronte a milioni di italiani. Non dico che le ragazze in TV debbano essere vestite come sacchi di patate! Il loro abbigliamento però dovrebbe esprimere dignità, renderle più umane, più donne, più vicine alle ragazze della vita reale (è un po’ improbabile che a febbraio si vada in giro in bikini!). Mi chiedo se questa non sia un’altra forma di prostituzione consenziente, che nasce dall’idea secondo la quale, pur di ottenere ciò che voglio, mi è lecito fare di tutto, anche vendere me stessa. Questi modelli non ci permettono di vivere il nostro tempo. Anzi, provocano una continua lotta contro di esso, perché si ha paura d’invecchiare, perché bisogna essere giovani a tutti i costi. Ma invecchiare e cercare nelle proprie rughe parte di sé, trovando comunque un senso, significa aver vissuto perché questo è il corso naturale al quale ogni essere umano è destinato: la vita scorre, il tempo passa, si nasce, si provano gioie e dolori, s’invecchia e si muore. Fa parte della vita. Rinnegare il tempo che passa è rinnegare la vita stessa, e io sinceramente voglio viverla con tutte le sue sfaccettature. Accanirsi sul proprio corpo o sul proprio volto, come molte donne fanno, mettendoli sotto i bisturi e talvolta rendendoli anche mostruosi, trovo che sia disumano. Il nostro volto è la nostra storia ed esprime ciò che non riusciamo a dire con le parole. Joana Sokoli Cl asse I I I I F Non può non meritare il nostro rispetto.

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L A C A S TA C H E C O S TA Omaggi Cavaliere, benvenuto Professore... ma la casta che costa resta! Palazzo Chigi addì 16.11.2011 L’on. Silvio Berlusconi fa il suo ingresso, annunciato da una voce altisonante, nella grande sala zeppa di personalità politiche, fotografi, cameramen di mezzo mondo in qualità di presidente del consiglio uscente. E’ la cerimonia ufficiale del passaggio delle consegne in cui, come prescritto dal protocollo, deve consegnare alla presenza di Gianni Letta la campana al sen. Mario Monti che gli subentra nell’incarico. Strette di mano, flash, sorrisi a volontà, qualche battuta scherzosa, poi ognuno per la propria strada. Si conclude così uno dei periodi più discussi e travagliati della storia italiana contemporanea caratterizzato da conflittualità, polemiche, mordaci botta e risposta, accuse, delegittimazioni reciproche, scandali e chi più ne ha ne metta. Anni travagliati ripeto in cui quella che dovrebbe essere una normale routine parlamentare basata sulla dialettica di posizioni diverse, di ideologie diverse è progressivamente scaduta in una litigiosità fine a se stessa, dove la polemica personale, a volte lo scontro personale hanno preso il sopravvento aumentando ulteriormente il distacco più volte denunciato da autorevoli giornalisti tra la classe politica nel suo insieme e il paese reale o, in altri termini, tra la casta e il cittadino. Negli anni dominati dal Cavaliere, negli ultimi tre in particolare, se ne sono viste e sentite di tutti i colori: battute di pessimo gusto che poco si confanno a chi occupa i vertici dello stato, polemiche feroci con l’opposizione bollata con toni da caccia alle streghe, discutibili interventi in trasmissioni televisive, scandali privati che hanno fatto assurgere troie di alto bordo al ruolo di prime donne nella tv e nelle prime pagine dei quotidiani più importanti e altro ancora... ma preferisco smettere. L’opposizione, cosa prevedibile, ha risposto ad armi pari con accuse personali, processi mediatici, tentativi di delegittimazione tramite stampa e televisione ecc… cadendo così nella trappola del Cavaliere sempre teso a trasformare il dibattito politico in uno scontro personale, senza dare vita ad un sano confronto democratico, come sarebbe stato auspicabile. Ad arroventare ulteriormente il clima ci si è messa anche la televisione con una serie di trasmissioni e di conduttori che (fatto salvo il diritto fondamentale della libertà di informazione) con le loro denunce, con i loro attacchi mediatici, indubbiamente motivati, si sono spesso trasformate loro malgrado in autentici pollai o in corride in cui il dibattito politico è scaduto a livello di contrapposizione personale con insulti, offese e parolacce, contribuendo ad aumentare un grave senso di disorientamento e di sfiducia da parte del cittadino. Si è verificata quindi una generale caduta di stile della dialettica politica di fronte a cittadini sempre più sfiduciati e sempre meno disposti a riconoscersi in una classe dirigente che assume tali atteggiamenti. E’ come se ci fossero due mondi che non comunicano: da una parte la classe politica nel suo insieme, che si tratti di governo od

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opposizione è solo pura facciata, una casta vera e propria invecchiata fisicamente, incapace di rinnovarsi, ingessata nelle poltrone, nei palazzi di potere, barricata dietro comode mura fatte di privilegi, vitalizi dorati, leggi ad hoc, sprechi… dall’altra un paese reale che annaspa tra una crisi e l’altra, tra un taglio e l’altro, tra una finanziaria e l’altra, sempre meno disposto a tollerare tale situazione. A tal fine vorrei ricordare, nell’assoluto rispetto del loro sacrosanto diritto a manifestare garantito dalla Costituzione, a tutti coloro che dopo l’ora X (ore 21.00 del 12.11.11 dimissioni del Premier) hanno festeggiato, ballato, cantato in piazza, (qualcuno per la gioia si è tagliato i capelli… forse ha scambiato la piazza per uno stadio, forse ha confuso la vittoria ai mondiali di calcio del 2006 con le dimissioni del Berlusca) agli anchormen che hanno voluto seguire l’evento in diretta, manco si fosse ad un concerto rock e soprattutto a quei politici che hanno brindato con lo spumante (nessuno ha fatto loro la prova del palloncino, c’era da scommetterlo!) che è stato sconfitto Berlusconi, non il berlusconismo. Il Cavaliere, come abbiamo imparato a conoscerlo in questi anni, anche se ha fatto il passo indietro che molti gli chiedevano, non è certo tipo da smobilitare tutto dall’oggi al domani, proprio lui che è rimasto incollato alla poltrona fino all’ultimo, fedele al motto andreottiano: il potere logora, ma è meglio non perderlo. Ha creato un movimento, ha stabilito una fitta ragnatela di amicizie, di clientele, di legami con potenti lobby nazionali ed internazionali, non ci si può certo aspettare che scompaia dalla circolazione, anzi, ci possiamo giurare, continuerà a tessere stavolta non come leader maximo, ma dietro le quinte, come ha già fatto intendere. Ora il governo del Sen. Prof. Monti ha giurato e si è messo già al lavoro, ma i problemi sono tutti sul tappeto: la crisi economica, lo spread, il debito pubblico, la corruzione, i giovani e il loro futuro, la riduzione dei costi della politica, tutti urgenti, di non facile soluzione e che richiedono tempi lunghi che però non ci sono. La casta, anche se ha ceduto momentaneamente il passo, è ancora in piedi con tutto il suo peso fatto di gerontocrazia, di privilegi, di lussi, di costi esorbitanti e non è certo disponibile a rinunciarci. Sarà pronta a dare battaglia, non appena si presenterà l’occasione, possiamo scommetterci! Qualcuno già ha iniziato a sparare a zero tipo la Lega, qualche altro con sarcasmo tutto made in Italy lo ha definito il governo dei secchioni, ma francamente, viste le esperienze fallimentari dei governi precedenti di centrosinistra e di centrodestra, al di là di facili strombazzate polemiche, con un po’ di common sense dico: vediamo cosa saranno in grado di fare i professori bocconiani, i zicchioni (come si dice da noi), visto che ne abbiamo provate di tutte e senza successo! Una cosa è auspicabile da subito: la necessità di un clima politico, sia pure nel confronto tra posizioni diverse più rasserenato, meno viscerale e soprattutto privo di quegli odiosi toni di sfida a cui siamo stati finora abituati in modo da creare le premesse di un lento riavvicinamento tra la gente comune e la politica. E’ giunto il momento di rimboccarsi le maniche e fare ciò che non si è fatto o non si è voluto fare finora e… Buon lavoro! Pierluigi Seri


I L P R E T E E L’ A G L I O Si chiamava Rasko ed era un sacerdote cattolico di colore. Durante un’estate di alcuni anni fa, era stato mandato dai suoi superiori ad aiutare il vecchio prete di un paesino umbro che non ce la faceva più a svolgere la sua missione di pastore, a causa di una lunga serie di acciacchi. Il giovane sacerdote invece sprizzava energia da ogni poro insieme a una copiosa sudorazione. Era un giovialone, grande e grosso o meglio alto e robusto, diciamo sopra il metro e ottanta e intorno al quintale di peso. Veniva da una famiglia numerosa e agiata della media borghesia africana -ma nessuno ricorda di quale paese e di quale etnia facesse parte- e d’inverno studiava a Roma presso una università vaticana. Era diventato amico di Remo e spesso veniva ospitato a casa di quest’ultimo, sia a pranzo che a cena. Vederlo mangiare e bere era un godimento: assaporava tutto e si complimentava con la cuoca con assoluta sincerità, facendo quasi sempre il bis di ogni cosa. Come già detto, sudava più di tutti e si asciugava spesso le mani e la fronte con un grande fazzoletto di cotone bianco. Quel sabato sera d’estate faceva un caldo boia, quel caldo afoso e appiccicoso che ti fa desiderare di essere immerso nell’acqua fresca. Anche se nella penombra dello studio il caldo era sopportabile, Remo non aveva nessuna voglia di rileggere per l’ennesima volta la tesi di laurea che era aperta sulla scrivania. Mancavano appena due settimane alla discussione della tesi sperimentale sulla tintura del Meraklon con coloranti anionici e Remo non ne poteva più della chimica industriale: aveva bisogno di parlare d’altro. Pertanto accolse con notevole sollievo l’arrivo in anticipo di don Rasko, invitato a cena, accompagnato da una bella bottiglia di vino di marca. I due non potevano essere più diversi: Remo scettico e razionale fin quasi all’insolenza e Rasko fanciullescamente e fermamente credente: da una parte le leggi perfettibili della scienza, dall’altra i dogmi perfetti della fede. Era chiaro che qualsiasi discussione tra i due, oltre ad essere oltremodo vivace, meritava di essere ascoltata. Mentre il padrone di casa diceva qualche banalità sul clima, don Rasko, con fare circospetto, chiese se poteva metterlo a conoscenza di un problema che lo assillava da un po’ di tempo. L’aspetto gioviale che gli era abituale era scomparso e si vedeva che aveva qualcosa dentro che lo faceva star male, anche se cercava di scacciarlo dalla mente. Mentre Remo, incuriosito, si accingeva ad ascoltarlo, non poté fare a meno di pensare che i ruoli gli sembravano essersi rovesciati: stava per ascoltare le confessioni di un prete e non viceversa! In breve -e la brevità nello sputare il rospo fece appena intravedere il tormento che stava lacerando il sacerdote- disse che quando avvicinava l’Ostia consacrata alla bocca sentiva un gran puzzo di aglio. Erano le sue dita che puzzavano di aglio e l’aglio nella sua terra di origine era associato a streghe, riti esoterici e spiriti maligni. Provò a buttarla sullo spiritoso ipotizzando che i suoi parrocchiani, sentendo quell’odore pungente mentre facevano la Comunione, potessero pensare che don Rasko s’era fatta una bella fetta di bruschetta, prima di celebrare la Santa Messa. Sorrideva con la bocca mentre diceva queste facezie, ma gli occhi non sorridevano affatto, anzi sembravano dilatati dalla paura. Diceva che aveva provato a lavarsi accuratamente le mani prima di officiare i Sacramenti e che esse erano profumate di sapone; poi nel momento dell’Eucaristia veniva fuori quell’inspiegabile puzzo di aglio. Essendo Remo suo amico e quasi un chimico -detto sorridendo- aveva pensato che potesse aiutarlo a capire cosa

diavolo stesse accadendo. Incuriosito dal fenomeno, senza avere la più pallida idea di come poterlo spiegare, il quasi chimico si impegnò, per la domenica successiva, a seguire passo passo tutti i movimenti sacerdotali, convinto dell’esistenza di una causa razionale a monte del fenomeno. Il problema era riuscire a trovarla. Riflettendo su quanto raccontato fin’ora, potremmo dire che don Rasko stesse facendo col suo amico un ultimo tentativo per trovare una spiegazione logica. Ma nello stesso tempo potremmo pensare che, intimamente, fosse convinto -o che l’avesse convinto il suo confessore o qualche suo collega, al quale forse aveva riferito questi inspiegabili fatti- che l’evento avesse una spiegazione sovrannaturale, come una specie di punizione divina per qualche peccato commesso o per una fede vacillante. Per farla breve, la domenica successiva, l’aspirante chimico iniziò a controllare dalla sacrestia, come un segugio. Faceva molto caldo anche se erano solo le dieci e trequarti del mattino e don Rasko sudava copiosamente e si detergeva la fronte e le mani con il solito, candido fazzoletto. Era agitato e impaurito, anche se cercava di buttarla a ridere, mentre faceva annusare le mani che profumavano ancora di sapone. Il sacerdote, vestiti i paramenti sacri, prese un po’ di vino da una bottiglietta di passito pregiato e lo versò nell’apposita ampolla, prese poi l’acqua e incominciò la celebrazione, mentre Remo cercava di tener conto di tutto ciò che aveva toccato: messale, calice, accendino per le candele e via controllando. Nel momento della Consacrazione si vedeva che il prete stava partecipando con tutto se stesso, anima e corpo, ma appena avvicinò alla bocca l’Ostia Consacrata comparve una smorfia di dolore sul suo viso e fu chiaro che era apparso di nuovo l’odore dell’aglio. Lampo di genio! Quante volte di fronte a un problema apparentemente irrisolvibile, all’improvviso, magari dopo averci dormito sopra, appare la luce della soluzione, chiara, limpida, soddisfacente? A Remo era tornato in mente che nell’analisi chimica qualitativa un elemento (arsenico, antimonio?) veniva identificato (alla fiamma?) perché emanava un puzzo molto simile a quello dell’aglio. Cosa aveva toccato don Rasko? Remo corse in sacrestia, prese la bottiglietta di vino di marca, toccando solo il vetro, l’annusò sul collo dove l’aveva presa il prete e … oplà: sembrava che ci fosse aglio spiaccicato. Era quella fascetta di carta piombata sul collo della bottiglia che emanava un fortissimo odore di aglio: tolta quella, tolto il puzzo. L’aspirante chimico uscì frettolosamente dalla chiesa e di corsa a casa a cercare il vecchio libro di chimica inorganica, dove trovò i chiarimenti che cercava. L’arsenico metallico e il suo ossido hanno quell’odore tipico di aglio. Essi facevano forse parte del colorante usato per scrivere sulla fascetta, o come impurità del metallo della fascetta stessa. Forse con il gran calore, in aggiunta all’azione del sudore delle dita di don Rasko, si liberava arsenico o ossido di arsenico e con essi il puzzo che aveva fatto preoccupare il sacerdote. Il prete, felicissimo della spiegazione, continuò a commettere i suoi bravi peccati di gola (e forse anche di altro tipo), consapevole che il suo Dio misericordioso non sarebbe mai sceso tanto in basso da usare certi mezzucci per impaurirlo (autoassoluzione). E se invece dietro la concatenazione degli eventi chimici ci fosse stata la Sua mano? Ecco il tormento del dubbio! Però quest’ultima considerazione sopravveniva solo a stomaco pieno e somigliava molto alle lacrime del coccodrillo! Vittorio Grechi

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Il 14 dicembre 2011 alle ore 16,30 verrà presentato il volume sulla storia di palazzo Montani Leoni, residenza della Fondazione della Cassa di Risparmio di Terni e Narni. Il palazzo venne eretto da Aurelio Fazioli nel lontano 1584, come ricorda anche l’iscrizione posta sul portale dell’originario accesso su via Lodovico Silvestri, già piazza Canale. Successivamente ai Fazioli, tra il 1654 e la seconda metà del XIX secolo, il palazzo divenne proprietà di altre quattro importanti famiglie di estrazione nobiliare e borghese, i Guglielmetti, i Genuini, i Viviani e i Montani Leoni per poi passare, nel 1873, al Comune di Terni, che lo espropriò e che nel 1877 lo vendette alla Cassa di Risparmio di Terni. Dal 1992 è residenza della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, che ne occupa il piano nobile ed il secondo piano. Fino ad oggi solo brevi cenni in alcune pubblicazioni sono stati dedicati al palazzo e per lo più relativi al periodo tardo ottocentesco del “taglio” di corso Tacito. Mancava, pertanto, una storia completa sulla vita dell’edificio, in particolare per il periodo tra il XVI e il XVIII secolo. È stato per questo motivo che la Fondazione – al termine di tutti i lavori di ammodernamento e di restauro del fabbricato condotti in varie fasi a partire dal 1995 sino al 2009 – ha inteso promuovere uno studio sulla storia di questo importante palazzo conosciuto per lo più alla popolazione locale soltanto perché sede dell’istituto creditizio cittadino. Due anni di studi, di ricerche archivistiche e bibliografiche, nonché di una attenta campagna fotografica, hanno portato alla stampa del volume realizzato da un gruppo di storici, professionisti e studiosi locali che, con passione, affiatamento e spirito collaborativo, hanno saputo trarre il meglio dalle informazioni raccolte e desunte dalle fonti. Al volume, curato da Anna Ciccarelli, hanno collaborato Paolo Pellegrini, Paolo Leonelli, Francesco Santaniello, Giuseppe Belli, Fabrizia Trevisan, Maria Laura Moroni. La prima parte del libro è dedicata alla storia del palazzo e di coloro che vi dimorarono dal XVI secolo ai nostri giorni. È soprattutto grazie alle capillari e certosine ricerche archivistiche condotte con grande impegno da Paolo Pellegrini che si è potuta ricomporre la storia dell’edificio in un’epoca che sembrava impenetrabile e scarsa di notizie, ma che si è invece rivelata densa di preziose informazioni. La seconda parte è rappresentata da una galleria fotografica di tutti gli ambienti interni dell’edificio con alcuni particolari degli arredi e delle opere ivi conservate; un percorso virtuale tra le sale di rappresentanza, gli uffici, gli spazi espositivi del palazzo. La terza sezione riguarda poi le vicende architettoniche e decorative. Il capitolo di Paolo Leonelli illustra sapientemente tutte le fasi architettoniche del fabbricato e, con l’ausilio di mappe e piante, ci consente di comprendere appieno le diverse modificazioni e

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ricostruzioni subìte nei secoli. Il saggio di Maria Laura Moroni, poi, ci introduce negli ambienti interni del piano nobile descrivendoci con professionalità la storia decorativa più antica del palazzo: dalle raffigurazioni sacro devozionali della originaria cappella cinquecentesca, alle rappresentazioni di ambito camucciniano sino alle decorazioni neoclassiche. Francesco Santaniello tratta, invece, con competenza le imprese decorative realizzate tra la fine dell’Ottocento e tutto il Novecento, occupandosi del bel salone liberty, attribuito al reatino Calcagnadoro e ai suoi aiuti, e delle recenti pitture opera di abili e qualificate maestranze locali. Giuseppe Belli, vice presidente da più di quindici anni della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, descrive tutti i lavori condotti in tempi moderni nell’edificio con l’occhio saggio ed esperto di chi ha seguito con passione, sagacia ed esperienza tutti gli interventi. La quarta e la quinta parte del volume sono dedicate al palazzo quale “contenitore” di archivi storici e collezioni d’arte. Partendo dagli studi ed inventari già compilati negli anni Ottanta del secolo scorso dal compianto mons. Mario Pericoli, Anna Ciccarelli si è occupata degli archivi storici delle Opere pie e della Congregazione di carità di Terni giunti alla Cassa di Risparmio e quindi successivamente alla Fondazione per un caso del tutto inaspettato quanto mai gradito. Fabrizia Trevisan, della Soprintendenza Archivistica dell’Umbria, che da anni segue con capacità ed impegno i lavori di riordinamento ed inventariazione degli archivi, ci spiega la consistenza, la formazione e la conservazione dei due importanti fondi della Cassa di Risparmio di Terni e di Narni. A chiusura del volume, dopo una breve introduzione, una rassegna delle opere d’arte più rappresentative di cui si compone la collezione artistica della Fondazione, curata da Anna Ciccarelli. Il dr. Mario Fornaci, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, così scrive nella presentazione del libro: “Palazzo Montani Leoni è uno di quegli edifici che merita di essere osservato con calma e attenzione, senza indugiare lo sguardo sul pian terreno, che presenta un aspetto freddo ed austero, ma guardando più in alto per ammirare il piano nobile con le sue grandi finestre, adornate di paraste, candelabre e i capitelli, e i livelli superiori con le belle cornici marcapiano e i rosoni del sottotetto. Si può così apprezzare il discreto fascino e la raffinata bellezza di questo edificio che, posto su corso Cornelio Tacito, a metà strada tra le due principali piazze cittadine, piazza della Repubblica e piazza Tacito, è piena espressione dell’architettura tardo ottocentesca, sebbene la sua originaria costruzione risalga alla fine del Cinquecento. È quasi sicuramente per la sua posizione urbanistica e per il suo antico sapore rinascimentale, che il palazzo venne scelto nel 1877 dalla Cassa di Risparmio quale sua sede. La banca aveva, infatti, colto bene le grandi potenzialità che l’edificio avrebbe La Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni avuto una volta conclusi i lavori di realizzazione della “strada nova”, corso Tacito. Inizialmente l’istituto occupò solo pochi spazi del palazzo, mentre gli presenta il volume ambienti a piano terra furono locati a botteghe artigiane e negozi. Palazzo Montani Leoni Sede Solo agli inizi del Novecento, aumentata l’attività creditizia, la Cassa di della Fondazione Cassa di Risparmio Terni e Narni Risparmio andò ad utilizzare l’intero stabile. a cura di Anna Ciccarelli Palazzo Montani Leoni è oggi sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni che ne occupa il piano nobile e il secondo piano, mentre al piano terra accoglie alcuni uffici della banca. Palazzo Montani Leoni - sala “Paolo Candelori” Come residenza della Fondazione, il palazzo non intende essere solo luogo di corso C. Tacito 49, Terni rappresentanza e sede amministrativa dell’istituzione, ma vuole mostrarsi mercoledì 14 dicembre 2011, ore 16.30 soprattutto come spazio aperto alla collettività in cui poter prendere parte ad iniziative culturali, storiche ed artistiche. Nelle sue sale espositive si possono, infatti, visitare mostre d’arte e si può partecipare a convegni e alla Interverranno: presentazione di libri. Nel palazzo sono conservate inoltre significative collezioni archivistiche, quali Mario Fornaci quelle delle Opere pie, ed artistiche, per lo più dipinti di produzione locale ma Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni anche di notevoli maestri italiani, che la Fondazione ha inteso valorizzare Giuseppe Belli Vice Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni rendendole fruibili al pubblico. Attilio Bartoli Langeli Le ricerche e gli studi di quanti hanno collaborato egregiamente alla Presidente della Deputazione di storia patria per l'Umbria pubblicazione di questo volume sono stati preziosissimi per far riscoprire e Bruno Toscano stimare palazzo Montani Leoni, spettatore e testimone diretto delle Professore emerito di storia dell’arte moderna Università Roma Tre modificazioni architettoniche ed urbanistiche della città”.

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L’entusiasmo: la vera forza per vivere Mancano ormai pochi giorni all’inizio del nuovo anno, il più temuto, per apocalittiche profezie ed ermeneutiche interpretazioni bibliche, che sembrano presagire la fine del mondo entro il 2012. Abbiamo assistito alla caduta dei grandi dittatori del Nord Africa, partecipato con commozione alle morti degli alluvionati in Liguria nella città di Genova, lottato contro la crisi economica e i suoi rovesci drammatici e, infine, abbiamo visto un Presidente del Consiglio dimettersi dopo ineluttabili tentativi di ripresa finiti tutti male. Cosa c’è rimasto di questo 2011? Sicuramente una speranza, un’ancora di salvezza soprattutto per le nuove generazioni, che si affacciano, timide ma non impaurite, sul mondo del lavoro. Abbiamo superato una marea di brutte cose e nel bene e nel male, siamo riusciti ad andare avanti. Ora dobbiamo continuare su questa strada. E qual è quella forza che ci permette di vivere nel miglior modo, rendendoci felici e con la voglia di fare sempre di più? La risposta è l’entusiasmo, quella particolare gioia nell’affrontare la vita con vigore e vivissima commozione, esaltazione e benessere in ogni cosa che facciamo piccola o grande che sia. È proprio l’entusiasmo la forza che occorre al genere umano in questo momento; non ha senso reprimersi con inutili abbattimenti nichilistici, scoraggiandosi senza lottare. Occorre, invece, uno slancio vitale, una sostenuta voglia di vivere senza avere paura del futuro. Il vero entusiasmo ha come componenti due elementi: l’ardore e la sicurezza. Dobbiamo essere elettrizzati per qualcosa ed esprimere fiducia nella possibilità di venirne a capo, realizzando ciò che decidiamo di fare. Essere positivi, lungimiranti, preparati a condividere con altri esperienze è il vero segreto per stare bene, singolarmente e in collettività. Inoltre, le persone entusiaste rendono molto di più in ogni ambito della vita, dal mondo del lavoro, quello affettivo familiare, ambito sociale e sicuramente personale. Il vero elisir della giovinezza è avere uno spirito entusiastico, in modo da generare sempre emozioni positive che a loro volta producono a livello celebrale una sostanza in grado di rinvigorire: la serotonina, sostanza responsabile del piacere. Lo stesso dicasi per il talento creativo, le capacità atletiche o qualsiasi altra dote preziosa nella vita, il successo di una persona nel raggiungere i suoi obiettivi è determinato per il cinquanta per cento dal talento innato, il restante cinquanta, dalla capacità di provare entusiasmo, la più importante chiave per aprire le porte della realizzazione personale. L’entusiasmo ha una natura originale e inimitabile, non solamente è soggettivo, ma non è possibile simularlo. Si può creare, alimentarlo ed è possibile farlo agire a nostro vantaggio, ma non lo si può far sbocciare se non è autentico. Il modo per acquisirlo è di credere in quello che si sta facendo e in noi stessi, giungendo allo svolgimento di un compito preciso. Fare cose che ci piacciono sul serio, in cui crediamo e riponiamo valore, è la strada migliore per avere entusiasmo. Infatti, è più facile da conseguire quando nella nostra vita abbiamo obiettivi reali, verso cui tendere con genuino fervore. Nutrimento fondamentale per la pianta dell’entusiasmo è la capacità di vivere un’esistenza non scialba o poco interessante. Tutti noi abbiamo bisogno di mete e di obiettivi da poterci prefigurare con un senso d’impaziente anticipazione; sono queste le cose che imprimono una spinta in avanti alla vita. Il mondo ha bisogno di persone in grado di trasmettere entusiasmo e per trasmetterlo occorre esseri entusiasti. Un famoso detto cinese così recita: Se volete cambiare l’ambiente, prima di tutto dovete cambiare voi stessi. Se prima non cambiate, non potete neppure cambiare i vostri figli. In conclusione voglio rievocare l’immagine di una donna genovese che proprio nell’alluvione di quest’anno ha perso i propri cari. Nei suoi occhi, nelle sue parole nonostante la drammaticità della tragedia, c’era la speranza, la voglia di andare avanti, di combattere e riuscire a vincere contro la sofferenza. Il sorriso aveva preso sul suo viso il posto delle lacrime e in quel suo modo di essere, di affrontare il dolore, c’èra tutto l’entusiasmo di cui hanno bisogno oggi molte persone. Lorenzo Bellucci lorenzobellucci.lb@gmail.com

Alice, la sedicenne dei marciapiedi ternani Cammina con la sua minigonna vertiginosa color rosa acceso, i tacchi a spillo, la parrucca bionda e l’aria accondiscendente verso ogni cliente. Cammina sul marciapiede, senza chiedere nulla, avvolta dal suo impermeabile bianco, poco più che sedicenne. Bella e innocente, Alice, bella come la protagonista della storia Alice nel paese delle meraviglie scritta da Lewis Carroll, con la differenza che il paese qui è degli orrori. In strada tutte le sere per racimolare qualche soldo, per arrivare a fine mese, Alice non ha una vita normale come le altre sue coetanee, dove il dilemma del sabato sera è tutto nella scelta delle scarpe. Lei i problemi li ha veramente e li deve affrontare ogni sera, quando prima di scendere in strada o appena rientra a casa nel cuore della notte, si trova poi di fronte allo specchio e si domanda il perché. Alice sa di sbagliare, comprende che la sua è una situazione difficile e sa anche che questo momento della sua vita è destinato a segnarla per sempre. Lei, venuta in Italia tre anni fa, senza famiglia o amici, è la vittima di un sistema che smista ed espatria ragazze straniere per incanalarle nel mercato del sesso. Sogni infranti, chi sa con quali bugie, ideali di adolescente calpestati da un’aberrante realtà dura e assai ambigua, dove la purezza di una ragazza viene distrutta senza pudore. Perché a pensarci bene a spaventare non è solamente il fatto che un adolescente vada a prostituirsi per soldi, ma la cosa più sconcertante è che ci siano uomini, se così possiamo definirli, disposti a pagare, per portarsi a letto una giovane ragazza. Molti di loro risultano sposati, con figli e mogli che li attendono a casa, all’oscuro della doppia vita notturna dei propri mariti. Perché hai scelto di prostituirti? Perché ho bisogno di soldi per vivere, sono sola e non ho nessuno che si prende cura di me. Come sei venuta in Italia? Sono arrivata tre anni fa grazie ad un uomo di quarantatre anni che mi aveva promesso che in Italia ci saremmo sposati. Poi ho scoperto che importava in Italia anche altre ragazze come me e le rivendeva come oggetti nei night club o per altre situazioni. Non ti spaventava un matrimonio a sedici anni? No, per me è affetto, una forma di puro affetto festeggiato con parenti e amici. Non sei spaventata dalla differenza di età? No, mi piacciono gli uomini maturi, possono prendersi cura di me meglio di altri. E adesso che sei sola dove vivi? Vivo da una signora anziana, il giorno l’aiuto a fare le pulizie, la spesa e le cucino, la sera poi esco e vado in strada. Chi sa della vita che fai? Nessuno, non ho amici, non ho nulla, ho solo me stessa e Dio. Cosa pensi degli uomini che ti chiedono di avere un rapporto sessuale? Non penso a nulla, se lo faccio mi deprimo e basta, penso solamente a una cosa: che prima o poi finirà. Magari come su quel film… come si chiama? Ah si! Pretty Woman, dove la protagonista incontra l’uomo della sua vita. I tuoi genitori dove sono? Mia madre è morta quando avevo otto anni, mio padre non lo so, credo al mio paese natale, in Polonia. Pensi mai a trovare un altro lavoro? No, ho provato in passato a lavorare come cameriera ma non sono mai riuscita a farmi assumere per più di tre mesi. Che età hanno in media i tuoi clienti? Di solito dai trenta in su. Una volta si è presentato anche un settantenne ma non me la sono sentita, così non abbiamo fatto nulla. Hai mai pensato di rivolgerti agli assistenti sociali? A uno psicologo? No, non sono matta. Io ho fatto una scelta di vita, nessuno mi ha costretto, sono una vittima consapevole. Comunque c’è molta crisi, sul serio, non c’è lavoro per nessuno. Neanche se cerchi lavori umilissimi. Quali sono le tue passioni, i tuoi sogni? Mi piace leggere e cantare. Vorrei fare la scrittrice un giorno, magari raccontando le mie esperienze di vita. Hai paura del futuro? Sì e no, delle volte mi vedo vecchia e senza nessuno, delle altre con tanti amici. Penso che il futuro sia una scelta soggettiva, ognuno di noi può stare bene se lo vuole, è una questione di scelte. Una cosa che rimpiangi e che avresti voluto fare? Aavrei voluto conoscere maggiormente mia madre, mi manca la sua presenza, la presenza di una donna che mi insegni a crescere bene. Cosa ti manca in questo momento per stare bene? Un ragazzo bello e bravo, che mi ami sul serio per quello che sono, senza fermarsi solamente all’aspetto fisico. LB

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Progetto

Floriano e Graziano Bussetti (Direttore generale e Presidente della Sammi Srl)

Lo sviluppo delle attività aziendali si è configurato attraverso la diversificazione delle funzioni organizzative in una logica d’integrazione, il che ha determinato il passaggio dalla subfornitura all’essere Main Contractor. È proprio grazie a ciò che la SAMMI può trarre beneficio di un positivo trend anche nell’attuale congiuntura; è questa la base solida su cui puntare per rafforzare ulteriormente la posizione nel mercato e il già alto livello di presenza all’estero. La SAMMI, infatti, opera sul mercato nazionale ma è sempre più rivolta all’estero, destinazione verso la quale è indirizzata la quota maggiore della produzione realizzata, ad oggi circa l’80%. A tale proposito si evidenzia il fecondo rapporto collaborativo con la COECLERICI LOGISTICS S.p.a., uno degli armatori più importanti al mondo che onora la SAMMI della sua presenza, e che è uno dei punti di riferimento dell’azienda con il quale sono stati sviluppati impianti, qualitativamente elevati, nei settori offshore, che hanno permesso di accumulare esperienze e know how di assoluto rilievo. Il connubio e la stima tra le due società, hanno permesso di stringere nella primavera di quest’anno un accordo di fornitura esclusiva per impianti in off-shore per i prossimi 5 anni. È in questo contesto, dunque, che la capacità di affrontare sfide

La SAMMI nasce come Società in nome collettivo “Società Artigiana Montaggi Manutenzione Impianti” nel 1976, per iniziativa di tre persone che intesero valorizzare il loro ricco bagaglio di esperienze lavorative e di competenze maturate, nell’industria locale, da dipendenti. L’azienda conosce un significativo sviluppo a partire dai primi anni Ottanta, andando progressivamente ad estendere il suo ambito operativo dal campo dei montaggi alle costruzioni conto terzi. Dopo aver lavorato per un certo tempo su commesse di aziende maggiori, la società comincia ad acquisire commesse dirette fino ad assorbire alcune di quelle stesse aziende per le quali aveva lavorato in subfornitura. Nel 1993 si trasforma in SAMMI S.r.l., società di capitali, ed espande il suo raggio d’azione all’area nazionale e internazionale per diversi settori d’attività; ciò consente ai titolari e al personale di accumulare un’esperienza tale da trasformare in pochi anni la società in una delle aziende più competitive del settore, come testimonia l’ingente archivio progetti degli impianti realizzati. La SAMMI è oggi una fiorente azienda, tra le più avanzate in campo nazionale e internazionale nel settore della progettazione e della realizzazione d’impianti meccanici industriali. Nel percorso di crescita l’azienda ha saputo compiere decisivi passi nel senso dell’innovazione tecnologica e aprirsi canali importanti nei vari mercati internazionali. Forse il passaggio fondamentale è stato la costituzione nel 1999 del servizio tecnico d’ingegneria al proprio interno che ha coinciso anche con l’entrata in azienda della “nuova generazione”; ciò ha permesso di creare un connubio tra le due generazioni che ha dato risultati sempre più significativi. La società conta oggi su un’organizzazione formata da collaboratori diretti di alto livello e si avvale poi di un consistente indotto per le diverse necessità. La SAMMI dispone di un’ampia gamma di attrezzature, sia per officina sia di cantiere, un’area operativa coperta di circa 2.500 mq adibita ad officina divisa in settori di produzione. Gli uffici amministrativi e tecnici, completi di strumenti tecnologicamente avanzati, sfruttano una superficie di 800 mq. Di recente realizzazione è l’impianto per la sabbiatura con graniglia metallica in cabina e la verniciatura dei propri manufatti su un capannone dedicato di 600 mq, per una produzione di materiale trattato annua media di 1.000 tonnellate. Grazie a tali caratteristiche e agli asset produttivi appena descritti, la SAMMI è impegnata in importanti realizzazioni e costruzioni di opere, di crescente complessità, poiché racchiudono l’intero ciclo che va dalla progettazione alla fornitura dei materiali con trattamenti superficiali, all’imballo, trasporto e montaggio in opera, fino ai collaudi. Questa capacità tecnologica e produttiva si esprime oggi, con estrema elasticità, in numerosi settori, tra i quali: impianti “off shore”; impianti di estrazione, miniere, cave; calcifici; cementifici; impianti portuali/da banchina; industria ceramica; vetrerie; trattamento rifiuti/energetico/biomasse; industrie in genere/impianti industriali.

La SAMMI è soddisfatta del presente ma la coerenza, la forma strettamente coniug ma solo nuove sfide... un futuro nel quale qualità e nella professionalità del servizi stiamo facendo nell’Africa del Nord... ... ogni gradino che riusciamo a fare, insie ... dobbiamo essere consapevoli che nei prossimi impiant giusto rischio e sapere che ormai non ci sono più né confi ... il nostro limite di riferimento deve essere il mercato mo ... auspichiamo una condivisione di valori e strategie che prerogative, affinché la sinergia creata possa accompagna

SAMMI - Uffici

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Bulk Kremi sempre più complesse si è tradotta nel progetto BULK KREMI, interamente ideato, progettato e costruito dalla SAMMI presso le proprie officine di Narni Scalo, la cui particolarità è quella di essere il primo impianto al mondo idoneo per il trasbordo in off-shore di zolfo alla rinfusa. Il cuore tecnologico di questo progetto è l’innovativa macchina Shiploader, la prima del suo genere a poter compiere movimenti e prestazioni che consentono di ottimizzare i carichi delle stive con importanti riduzioni dei tempi di trasbordo nel rispetto delle normative ambientali. Si tratta di un impianto completo di transhipment da istallare su di una chiatta operante in acque russe. Il transhipper è dotato di 2 gru, 2 tramogge, 2 nastri estrattori (ES1-ES2), 1 nastro longitudinale (BC1), 1 nastro trasversale (BC2), 1 nastro longitudinale (BC3) ed un caricatore shiploader (SHP1) brandeggiabile in orizzontale di 270° e in verticale tra 0°e +50°, di tipo telescopico con range 20-28 m. La caratteristica di brandeggiabilità dello shiploader consente di scavalcare la gru tra una stiva e l’altra delle navi gruate permettendone il caricamento. Quest’ultima attività, unitamente alle tante altre progettate e realizzate dalla SAMMI, la consacra come azienda leader mondiale del settore.

Via Tuderte, 388 05035 Narni Scalo (Terni) Tel. +39 (0)744 733832 | Fax +39 (0)744 750847 www.sammi.it - info@sammi.it

è anche protesa verso un futuro che vuole vivere da protagonista, caratterizzandosi sempre meglio per la flessibilità, il pragmatismo, gata con la sostanza. Un futuro che vogliamo vedere come opportunità nuova, da cogliere avendo la visione che non esistono confini e continueremo a investire fortemente nelle persone, negli impianti e macchinari, nelle tecnologie, nella logistica, nella ricerca, nella o. Punteremo al rafforzamento della crescente internazionalizzazione, esplorando nuovi orizzonti e andando in nuovi Paesi, come

eme, non deve essere un punto di arrivo, ma soltanto un punto di conquista e ripartenza… i ci saranno difficoltà e sfide nuove e noi dobbiamo porci sempre con la giusta flessibilità, con la giusta mentalità, con il ini territoriali né tecnologici (se vogliamo competere con i paesi emergenti)… ondiale! e si trasformi sempre più in consapevolezza e in un vero e proprio partenariato, ciascuno nell’ambito dei propri ruoli e are la SAMMI nell’affrontare le nuove sfide, più ambiziose - ma anche più affascinanti - che già ci attendono... FB

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F A G G I N Quaranta anni fa ancora una volta, come diverse altre nella storia, è successo: un italiano ha cambiato il mondo e la vita dei suoi simili. E l’impatto della sua invenzione è stato tale che ancora oggi la realizzazione di qualsiasi dispositivo elettronico ne è in qualche modo influenzata. Tutto questo può sembrare esagerato, ma in realtà quello che Federico Faggin, nome probabilmente sconosciuto ai più in Italia, ha progettato e realizzato è qualcosa che ha avuto un impatto che lui stesso non avrebbe potuto nemmeno lontanamente immaginare: l’invenzione del microprocessore infatti è stata probabilmente una rivoluzione che ha cambiato come poche altre la storia dell’uomo. Nel novembre di quaranta anni fa, ed ecco appunto la ricorrenza di questi giorni, nei laboratori della Intel nella ormai famosissima Silicon Valley, il team guidato da Faggin creava l’Intel 4004, ovvero il primo microprocessore mai realizzato. Il circuito era più potente dell’Eniac (uno dei primi computer a valvole effettivamente funzionanti realizzati dall’uomo nel 1946 che consumava l’elettricità necessaria per un quartiere di Filadelfia ed occupava una stanza di 9 metri per 30 pesando oltre di 30 tonnellate), ma era ricavato in un pezzetto di silicio di quattro millimetri per tre. Ed equivaleva a 2300 transistor (l’evoluzione delle valvole) che erano un bel po’ per quei tempi, anche se oggi fanno sorridere: tanto per avere un’idea oggi un qualsiasi cellulare ne ha all’interno qualche milione. Ma il punto fondamentale è che il microprocessore è diventato da anni il cuore di qualsiasi apparato elettronico, e non soltanto dei personal computer, cosa abbastanza scontata e forse ormai nota a tutti, ma anche di apparecchi insospettabili come la lavatrice, la televisione, lo stereo e la fotocamera o il forno a microonde, solo per citare i più comuni. In ciascuno di essi batte un cuore pulsante che è l’evoluzione di quell’Intel 4004, ovvero un unico circuito disegnato non per uno specifico utilizzo (come avveniva in precedenza), ma in grado di essere programmato per svolgere, in collaborazione con altri, qualsiasi funzione: dal regolare la temperatura di una caldaia fino alla messa a fuoco di una immagine da fotografare, dal trasmettere voce e dati nell’etere, fino a decidere ed eseguire le azioni da svolgere per eseguire un lavaggio perfetto della biancheria. Non è difficile comprendere quanto grande sia l’importanza del lavoro di quaranta anni fa di Faggin e del suo team, che hanno davvero aperto la strada al mondo dell’elettronica moderna. E quindi, ça va sans dire, inversamente proporzionale è la rilevanza data a questa ricorrenza dal 95% dei mezzi di informazione del nostro paese: praticamente zero! Questo anche se perfino il presidente Obama ha premiato, qualche giorno fa, il nostro connazionale con la National Medal of Technology and Innovation, dicendogli in maniera scherzosa ma convinta: Mi dicono che lei ha cambiato il mondo, è vero? Ma si sa, quello che conta da noi e che riempie pagine e pagine ogni giorno è il gossip di veline e calciatori e lo sterile cincischiare di personaggi spesso senza arte né parte. Alberto Ratini

Il viaggio nelle recondite pieghe del passato, una caccia al tesoro ricca di interrogativi e pericoli, fra faraoni egizi, monaci medioevali e alchimisti antichi e moderni, diventa un’occasione di crescita che si rivelerà più importante dell’obiettivo della ricerca. Alessandro Gatti Superati i quarant’anni di vita da vorace divoratore di libri, impegnato nella sua attività professionale, prima o poi diventerà una persona seria. I suoi figli continuano a ricordargli che c’è ancora tempo per farlo. Molto tempo.

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Lo scritto è composto a più mani e a più pensieri da semplici cittadini, non impegnati nella politica attiva che, liberatisi della dicotomia destra-sinistra, si accordano, non ideologicamente né a difesa di padroni, sul da farsi e sui comportamenti da tenere. Non indicheremo chi, a nostro parere, dovrebbe essere eletto. Segnaleremo invece la tipologia del candidato che, per il bene delle istituzioni, dovremmo evitare di eleggere. Ci impegneremo perché gente senza arte né parte non seguiti a fare del male al decoro pubblico. Ci siamo autoeletti Senatori della città. L’investitura è legittima perché riteniamo di avere carte culturali e morali in regola e perché siamo pronti a dare senza chiedere, men che meno denaro pubblico. Pensiamo anche che dopo due mandati i politicanti, se si sentono così importanti e sempre che lo siano davvero, invece di brigare per continuare la loro opera, spesso devastante, dovrebbero mettere il loro sapere a disposizione dei giovani della città, giovani intelligenti, colti, attivi, quelli che intendono vivere esclusivamente con il proprio ingegno e con il proprio lavoro. Il libro non ha prezzo, nel senso che è gratuito.


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Una testimonianza sulla GROTTA DEL SALE Durante la mia attività di consulente nell’ambito della produzione di acciai speciali, ho avuto modo di visitare molti paesi. Tra questi, diversi paesi dell’Est Europeo, tra cui la Polonia, la Russia ed altri. In particolare, in questi posti ho trovato spesso cose di notevole interesse e utilità, pressoché sconosciute nel nostro mondo occidentale. Una di queste, tra le più sorprendenti, sono le cosiddette grotte di sale. La più famosa è quella di Wieliczka, in Polonia nei pressi di Cracovia, che è in realtà una delle miniere di sale, che già nel 1978 è stata iscritta tra i patrimoni dell’umanità da parte dell’UNESCO. A parte la bellezza del luogo (raggiunge profondità di 327 metri, presenta gallerie e cunicoli per un’estensione totale di più di 300 km ed è stata visitata da molte personalità fin dal Medioevo, fra cui Nicolò Copernico, Wolfang Goethe, Alexander von Humboldt, Dmitrij Mendeleev, Prignacy Paderewski, Robert Baden-Powell, Jacob Bronowski (che vi girò alcune scene di Ascent of Man), Karol Wojtyła, l’ex Presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton, e altre teste coronate), qui sono venuto a sapere degli effetti benefici derivanti dalla somministrazione per via inalatoria di Cloruro di Sodio (il sale) micronizzato, cioè di sale medicale di roccia purissima. Si tratta di una terapia basata su un rimedio conosciuto da secoli per i suoi benefici effetti sulle malattie del sistema respiratorio. I monaci del medioevo portavano i malati nelle caverne di sale e lasciavano che respirassero particelle di sale generate dalla rottura delle stalattiti. Nel XIX secolo questo trattamento ebbe un picco di popolarità, osservando che i minatori delle grotte di sale in Polonia presentavano una drastica riduzione, rispetto alla popolazione in generale, delle patologie polmonari. I primi studi scientifici sul microclima delle grotte di sale si possono far risalire al fisico polacco F. Bochkowsky nel 1843. Attualmente tale pratica è nota col nome di haloterapia (Halos in greco vuol dire sale). A seguito di queste prime valutazioni l’haloterapia ha avuto una diffusione via via più consistente fino ad accreditarsi come aiuto alla terapia medica, ufficialmente riconosciuta in numerosi paesi dell’Est Europa. Non è un sostitutivo della terapia antibiotica o cortisonica, ma permette frequentemente di ridurne in modo consistente l’assunzione, migliorando la qualità della vita del paziente. In Russia, dove sono stato per tre anni, nella città più tecnologica e ricca (Ekaterimburg, in prossimità degli Urali), la fabbrica per la quale lavoravo, insieme alla classica sauna, era dotata di una grotta di sale, frequentata da quasi tutto il personale, con tutta la famiglia, soprattutto i bambini. Ho avuto quindi modo di verificare personalmente l’efficacia di tale trattamento, effettuando numerose sedute con gli amici del posto, soprattutto nei riguardi dei miei problemi ormai divenuti cronici, essendo anche stato un fumatore piuttosto accanito, quali bronchite, tosse, raffreddori ed influenze, sinusite e tonsillite, e varie allergie respiratorie. Nonostante il clima piuttosto rigido (9 mesi all’anno con temperature da -10 a -30 °C), tali problemi, per i tre anni durante i quali sono stato quasi sempre ad Ekaterinburg, sono praticamente scomparsi, ed ancora oggi, dopo 5 anni, ne risento i benefici. Da questo punto di vista, posso affermare con cognizione di causa, che il clima di Terni è uno dei peggiori al mondo, ma certamente l’effetto delle sedute nella grotta del sale erano determinanti. Oggi la grotta del sale è arrivata anche a Terni. Ing. Marcello Candiotti

CASA DELLA DIVINA PROVVIDENZA res idenz a protetta e residenza c omuni t a r i a

La residenza è in un ex convento dei frati cappuccini situato su tre piani. La vita residenziale si svolge tutta al piano terra, ove sono anche tre ampi saloni per le varie attività. Scopo principale della casa è recuperare e mantenere, dove possibile, le capacità cognitive e motorie dei propri ospiti. Il personale, dai medici fino ad arrivare al personale assistenziale e religioso, è altamente specializzato. 05016 Ficulle (TR), zona Cappuccini n° 9 Tel. 0763 86021 - Fax 0763 86214 email info@casadivinaprovvidenza.org

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S. P. A . I TA L I ANA O F F RE L AVO RO CO MMERCIALE S e d i d i Te r n i e V i t e r b o Colloqui presso la sede di TERNI

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L’AVVENTURA DEI DIRITTI UMANI Un lungo cammino verso la libertà

Il Mandela riparte dagli ultimi Nonostante le molteplici difficoltà (causa tagli alla cultura che ormai da qualche anno colpiscono indistintamente tutte le associazioni), il Progetto Mandela è ormai prossimo a compiere il 25esimo anno di attività. In tutti questi anni l’entusiasmo è rimasto costante, anche perché le tematiche si rinnovano e sono sempre attuali. Dal razzismo all’Unità d’Italia, passando per la pena di morte e le tante violazioni dei diritti nel mondo, siamo arrivati agli ultimi. Su questo, infatti, si discuterà nei laboratori e sarà il tema portante dello spettacolo conclusivo che andrà in scena ad Aprile al Teatro Secci di Terni. Ma chi sono questi ultimi? Senzatetto, prostitute, tossicodipendenti, carcerati, rom, disabili che, pur essendo così vicini a noi, sembrano lontani dalla nostra vita quotidiana. Vengono emarginati dalla società, non godono di molti diritti e spesso non sono nemmeno presi considerazione, come se fossero invisibili. In realtà esistono e il Mandela, quest’anno, cercherà di dare voce a chi come loro non viene ascoltato e non vede rispettati i propri diritti. Prenderemo ispirazione da chi ha reso primi gli ultimi, come Fabrizio De Andrè, che ha cantato soprattutto delle loro vicende e problematiche, Don Milani, che istruì spontaneamente i bambini di strada, e Don Gallo, il quale ha accolto i tossicodipendenti nella sua comunità. Lo stesso leitmotiv dell’anno è stato suggerito dall’ultimo album di De Andrè, Anime Salve, in cui il cantautore genovese viaggia e fa viaggiare attraverso il mondo degli emarginati, degli umili che, per quanto materialmente dannati, sembrano essere gli unici spiritualmente puri, dalla cui debolezza scaturisce spesso la forza per affermare la propria esistenza. Per Faber, infatti, la condizione di emarginazione non è soltanto sintomo di disagio e precarietà, giacché spesso si traduce in quella solitudine, positivamente intesa, che porta con sé l’estrema libertà. Ci si domanderà: cosa c’entra un laico come De Andrè con due preti? In realtà sono accomunati da un profondo sentimento di pietà e compassione, che, per quanto proprio del cattolicesimo, trascende ogni questione religiosa. Una compassione vera, caratterizzata da un sentire comune e da una condivisione del dolore, che induce alla solidarietà. La lezione di questi tre uomini è che se si vuol davvero aiutare gli altri, e in un certo qual modo anche se stessi, non si può assumere un atteggiamento di altezzosa pietà e distacco, ché allontana il problema, ma non lo risolve. Don Milani e Don Gallo, per quanto parte integrante della Chiesa, non si sono limitati a tamponare caritatevolmente i problemi degli ultimi, bensì hanno cercato di risolverli, dando loro una seconda opportunità negatagli dalla società civile. Quest’anno il Mandela cercherà quindi di approfondire tali questioni e di comprendere le ragioni di chi si trova ai margini della società, cercando di stabilire con loro un legame ideale e concreto. E, se è vero che “dal letame nascono i fior”, il compito nostro sarà rendere visibili tutti quei “fiori” emarginati e soffocati dal mondo dei freddi e infecondi “diamanti”. Alessandro Labianca Alessio Bava

Uno in più gli incontri del corso per i Diritti Umani quest’anno. Arrivato a quota 24 sessioni, il corso vanta 12 anni di ininterrotta e assidua presenza in città. L’educazione ai diritti umani, valori fondamentali di ogni convivenza democratica e unica garanzia di pace, è raccomandata dall’Art. 26 della Dichiarazione Universale e colta a pieno dal Centro per i Diritti Umani della città di Terni. Gli incontri sono iniziati il 18 Ottobre 2011 e si concluderanno il 10 Aprile 2012. Il corso è aperto a tutti, ma in particolare si rivolge agli studenti delle scuole superiori desiderosi di approfondire le proprie conoscenze al riguardo; è tenuto dal Professor Marcello Ricci e come ogni anno si svolge all’Auditorium di Palazzo Primavera, dalle 15:15 alle 16:30. Le sessioni più vicine sono: 20 Dicembre: I diritti del fanciullo - parte II; 10 Gennaio: Il razzismo, le teorie e la storia - parte I; 17 Gennaio: Il razzismo, le teorie e la storia - parte II. In collaborazione con il Centro per i Diritti Umani di Terni, Marcello Ricci ha pubblicato il libro L’avventura dei Diritti Umani, un excursus dettagliatamente incentrato sui principali documenti che hanno fatto la storia dei nostri diritti. Per conoscerli meglio, per ricordarli, per non ignorarli. Il Professor Ricci, con la sua solita intraprendenza e passione, ci trascina in un mondo che molti dimenticano ma che ricopre un ruolo di fondamentale importanza nella vita di tutti. L’autore, durante e dopo una lunga carriera come insegnante di storia e filosofia nei licei di Terni, si è sempre occupato e si occupa tutt’ora di Diritti Umani anche attraverso il Progetto Mandela ed è cofondatore dell’Associazione Culturale Civiltà Laica, per la quale ha recentemente pubblicato Le vie della laicità sono infinite? Il libro ha già visto la sua presentazione a Terni alla BCT e nell’ambito di Umbria Libri e sarà promosso in vari centri della Regione e altre città nazionali. Il libro è in vendita nelle librerie della città e può essere richiesto dal sito del Progetto: www.progetto.tr.it. Chiara Stefanelli Chiara Petrucci Diletta Mancini

Pronti? Partenza, via! Mandeliani al via per il 25° anno di onorata attività. Come ogni anno si ripropongono i laboratori che si occuperanno quest’anno di trattare la tematica degli Ultimi e dei loro diritti. Presentazione dei vari gruppi. Il gruppo di Recitazione si riunirà il mercoledì dalle 15.30 alle 17.30 e il venerdì dalle 15.00 alle 17.00. Da quest’anno i ragazzi si riuniranno al CAOS il mercoledì, sotto la nuova tettoia, per lavorare sul linguaggio del corpo, mentre il venerdì, nel teatro del Mandela si cimenteranno in palcoscenico sulla dizione, sull’emissione di voce, sull’interpretazione del personaggio e tutto ciò che caratterizza il loro lavoro. Il gruppo di drammaturgia, che sicuramente anche quest’anno tirerà fuori un copione originale e divertente, come “150 anni de che?”, sapendo affrontare in modo giusto le tematiche, si incontrerà il lunedì dalle 15.00 alle 17.00 e il mercoledì dalle 16.30 alle 18.30. Il gruppo di scenografia che quest’anno, come sempre, si occuperà dell’allestimento e dei costumi e seguirà i ragazzi di recitazione in ogni loro impegno e non mancherà di lavorare a stretto contatto con quelli di drammaturgia per elaborare un’ambientazione pertinente, si vedrà il lunedì dalle 14.30 alle 16.30 e il sabato dalle 14.00 alle 16.00. Infine non possiamo mancare noi del gruppo di comunicazione, che, come potete ben vedere, abbiamo già cominciato a scrivere e da gennaio terremo una rubrica a Radio Galileo settimanalmente per tenervi costantemente informati sugli sviluppi del Progetto e il lavoro dei vari gruppi, ed inoltre vi parleremo del tema che fa da filo rosso a tutti i laboratori; ci riuniremo il martedì dalle 17.00 alle 19.00, e a partire da gennaio ci vedremo a Radio Galileo ogni venerdì dalle 17.30 alle 18.30. Per ora è tutto, vi diamo appuntamento al prossimo mese e continueremo ad informarvi e tenervi compagnia. Camilla Calcatelli Daniele Pierbattisti

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S.P.A. ITALIANA OFFRE LAVORO COMMERCIALE

LA REPUBBLICA ROMANA

sed i d i Tern i e Vit e r bo C ol l oqu i p res s o la s ede di TERNI

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Roma Repubblica, venite! Furono sufficienti queste sole tre parole, inviate da Goffredo Mameli a Giuseppe Mazzini, perché quest’ultimo accorresse nella Città Eterna, dove uno dei miracoli delle rivoluzioni del biennio 18481849 era appena accaduto. Pochi mesi fecero fare un enorme passo avanti all’Europa, la quale compensò così quasi tre decenni di stagnazione politica, animata dal sogno delle nazioni sorelle unite nel combattere quelle poche centinaia di uomini che le tenevano schiave, al costo di sacrificare sull’altare della propria ambizione i diritti di interi popoli. Era dunque giunto il momento di una rivoluzione romantica, non più strumento di sette segrete ed elitarie, bensì delle genti compatte, ormai pronte ad imbracciare le armi non più per odio, ma per rispondere al famoso grido di dolore che i propri Paesi stavano ormai lanciando da troppo tempo ai propri figli. Quest’ultimi, non più sordi nell’ascoltare questo disperato appello, pur coscienti di mettere a rischio le proprie vite, scesero nelle strade delle maggiori città del continente e, con il solo ausilio di barricate e di pochi altri mezzi, seppur privi di una vera strategia militare, diedero prova del fatto che non esisterà mai cannone od esercito in grado di piegare la ferrea volontà di un popolo che aspira a divenire sovrano di se stesso, riuscendo in alcuni casi a far cadere monarchie e governi detestati. Dopo pochi mesi di fermento, però, le fiamme che avevano acceso gli animi di tutti i ceti sociali si stavano lentamente spegnendo, ed ormai l’ordine costituito aveva ripristinato le catene della schiavitù nella maggior parte delle province insorte in ogni dove; ma proprio nella nazione fatta colonia già nel 1500, dai Borbone prima e dagli Asburgo poi, ed ormai considerata mera espressione geografica, un ultimo vento di libertà si scagliò contro il potere temporale di Pio IX, vile traditore dell’italica causa. Nella città che in tempi remoti fu la dominatrice del mondo sotto lo scettro degli Augusti, il popolo, costringendo alla fuga il proprio sovrano, si costituì per mezzo dei suoi capi in un governo provvisorio, che subito indisse elezioni democratiche per la creazione di una Assemblea Costituente, la quale chiamò alla guida del nuovo stato un triumvirato composto da Aurelio Saffi, Carlo Armellini ed il già citato Giuseppe Mazzini, fedeli alla lotta per la liberazione del nostro Paese. Subito il Regno delle due Sicilie, la Spagna, la nuova Francia di Napoleone III e l’Impero Austriaco intrapresero quella che venne soprannominata l’ultima crociata cattolica contro una repubblica che, a differenza di altre, non osò toccare i beni della Chiesa, alla quale peraltro garantì la supremazia nelle questioni religiose.

Orrori

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I princìpi sui quali venne creato il nuovo Stato Romano, racchiusi in una costituzione salvata dalla distruzione dall’umbro Giovanni Pennacchi e promulgata quando ormai i soldati imperiali erano alle porte della Città Eterna, furono lasciati in eredità ai posteri; dunque a coloro che, risorti dalle ceneri della sconfitta, avrebbero preso in mano il testimone dalle generazioni della Primavera dei Popoli, in modo da far finalmente trionfare i propri ideali, caratterizzati da idee di uguaglianza sociale e di piena libertà di culto, fede politica, di parola e di pensiero, fosse occorso per ciò anche un secolo. In effetti, se nel 1948 gli Italiani sancirono la propria volontà di ottenere la democrazia, già nel 1848, un gruppo composto forse da un pugno di sognatori, riuscì ad anticipare quello per cui noi avremmo lottato in seguito, servendo da uomini liberi la propria patria con cuore puro e rinunciando ad ogni profitto personale. E’ vero, dopo cinque mesi la Capitale venne invasa e cadde, ma se ci consideriamo realmente figli della nostra nazione, dovremmo sentire il suo ricordo vivo nella nostra anima, in modo da udire ancora una volta il nuovo grido di dolore che l’Italia ci rivolge; sapendo che, almeno in noi, la Repubblica Romana non è mai caduta, come è testimoniato nella lettera di Mazzini ai Romani in parte da me riportata: “ 5 luglio 1849 Romani! La forza brutale ha sottomesso la vostra città; ma non mutato o scemato i vostri diritti. La repubblica romana vive eterna, inviolabile nel suffragio dei liberi che la proclamarono, nella adesione spontanea di tutti gli elementi dello Stato, nella fede dei popoli che hanno ammirato la lunga nostra difesa, nel sangue dei martiri che caddero sotto le nostre mura per essa… ...Brevi sono i sogni della violenza, e infallibile il trionfo d’un popolo che spera, combatte e soffre per la Giustizia e per la santissima Libertà… I vostri padri, o Romani, furon grandi non tanto perché sapevano vincere, quanto perché non disperavano nei rovesci. In nome di Dio e del popolo siate grande come i vostri padri. Oggi come allora, e più che allora, avete un mondo, il mondo italiano in custodia. La vostra Assemblea non è spenta, è dispersa. I vostri Triumviri, sospesa per forza di cose la loro pubblica azione, vegliano a scegliere a norma della vostra condotta, Francesco Neri il momento opportuno per riconvocarla.

Splendori In molte città Europee la persistenza di un’area libera o la presenza di un consistente nucleo urbano da riqualificare è stata l’occasione per comporre e realizzare splendide architetture. Nella nostra città purtroppo le orrende proposte sono sempre le stesse e, senza offesa per il quartiere Gabelletta, la copiano e ripropongono in altri siti che già i ternani ribattezzano come Gabelletta2 e Gabelletta3. Orrori e splendori, a cura di Paolo Leonelli

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Classe IIA ScM L. Da Vinci


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Dal mese di settembre, su queste pagine che trattano di astronomia, ha preso il via un ciclo imperniato sul satellite più simpatico e interessante di tutto il Sistema Solare: la nostra cara, romantica Luna! A dissertare su questo argomento, sviscerandone le caratteristiche fisico/chimiche, spiegandone i moti, la mitologia, curiosità varie e influssi che da sempre hanno condizionato le attività umane, è il nostro amico Enrico Costantini, al quale va il nostro plauso per il lavoro futuro. Un incoraggiamento particolare merita anche la new entry Michela Pasqualetti, che con l’articolo a fianco riportato, inizia una simpaticissima serie che vedrà dialogare Leonardo e Overlook su svariati temi astronomici e con un linguaggio chiaro e semplice indirizzato sia ai ragazzi delle scuole elementari e medie che in genere a tutte quelle persone che hanno poca dimestichezza con le discipline scientifiche, desiderose di chiarire qualche concetto lacunoso. Consiglio comunque ai genitori e insegnanti di veicolare questa rivista ai figli e studenti, e di raccogliere i numeri de La Pagina, dal momento che molti articoli sono trattati in più puntate. Tonino Scacciafratte Presidente A.T.A.M.B. - tonisca@gmail.com

Una soffitta sull’Universo Cos’è l’Astronomia? Come vive il nostro Universo? Sin dagli albori dei tempi, l’uomo ha rivolto lo sguardo al cielo per osservare le stelle esprimendo desideri e ponendosi queste ed altre innumerevoli domande. Ricerche scientifiche, inizialmente basate sulla semplice osservazione ed affinate con la tecnologia all’alba del terzo millennio, hanno fatto in modo di chiarire alcuni dei punti oscuri del mondo in cui viviamo e di ciò che lo circonda. L’esplorazione della volta celeste ha avuto da sempre un duplice aspetto, quello romantico e quello scientifico, ed è proprio il primo che inizialmente prenderemo in esame fuso poi al secondo… cosa ci spinge ad alzare gli occhi al cielo per scoprire ed ammirare le meraviglie che abbiamo intorno? Perché ci appassioniamo ad un mondo di cui conosciamo così poco? Come mai ci brillano gli occhi quando osserviamo milioni di puntini luminosi ammassati? Che emozione ci provoca una fetta di Luna? Ogni essere umano ha la sua storia e un suo primo passo, che si affaccia in questa nuova dimensione che ci fa sognare, ci rende consapevoli dei nostri limiti, ci mostra quanto la natura possa essere perfetta in ogni suo disegno cosmico. La storia che da questo numero andremo a seguire vuole introdurre i lettori più piccoli ai primi rudimenti dell’astronomia ma è adatta come primo approccio anche per chi è completamente a digiuno di questa materia. Leonardo, ragazzino sveglio che frequenta le medie, appassionato di videogiochi, un giorno, per caso, farà un incontro un po’ particolare: Overlook. Un amico speciale che insegnerà al nostro protagonista a guardare oltre un manto nero costellato di puntini bianchi e grazie al quale Leonardo, oltre che ad apprendere di più sul nostro Universo, avrà modo di confrontarsi con diverse realtà della vita quotidiana. Sperando che questo racconto provochi interesse e curiosità per ciò che ci circonda a ragazzi e adulti, auguro a tutti buona lettura. Michela Pasqualetti

Parliamo delLA LUNA L’ORIGINE - ... ma la Luna è il satellite naturale della Terra?!? Tutti i satelliti del sistema solare si distinguono per il fatto che hanno la massa enormemente inferiore a quella del pianeta a cui appartengono. Tra Terra e Luna le cose vanno un po’ diversamente. I due corpi possiedono masse non troppo diverse tra loro, perciò sono soggetti ad interazioni reciproche molto evidenti (maree). Anche l’aspetto chimico geologico, almeno in parte, presenta somiglianze spiccate, tanto che, secondo alcune teorie, viene presunta per i due corpi una genesi comune. Le soluzioni teoriche enunciate riguardo all’origine della Luna, anche se molto affascinanti, presentano delle contraddizioni che tendono a loro volta a smentirle e, ad oggi, la certezza scientifica sull’argomento non è stata ancora raggiunta. Diamo, dunque, uno sguardo alle teorie più plausibili riguardanti l’origine del nostro satellite. La teoria della Fissione prevede il distacco di una porzione di materiale terrestre, alle origini della formazione del sistema solare, quando il nostro pianeta aveva ancora consistenza fluida. Sembra che la pur elevata velocità di rotazione della Terra primordiale sia stata comunque insufficiente a poter provocare un fenomeno di tali proporzioni. Per questo motivo questa teoria ha poco credito. Come accennato in precedenza, l’ipotesi della Cattura gravitazionale della Luna da parte della Terra non è suffragata neanche dalla statistica. La maggior parte dei satelliti del nostro sistema astro-planetario sono legati ai pianeti maggiori, caratterizzati da un’ enorme capacità gravitazionale che giustifica la cattura. Ciò non accade per i pianeti rocciosi di tipo terrestre. Essi, avendo dimensioni e massa molto inferiore dei giganti gassosi del sistema solare, generano un campo gravitazionale proporzionatamente minore per cui sono tutti sprovvisti di satelliti catturati; fa eccezione Marte, intorno al quale orbitano due piccoli asteroidi di massa irrilevante. La Terra, con la Luna così com’è, costituirebbe su tutti un’eccezione; ... anche questa teoria vacilla. La teoria dell’Accrescimento, venne proposta nel 1960, poi modificata in seguito e nonostante tutto lascia ancora seri dubbi perché non giustifica la diversa inclinazione degli assi di rotazione del satellite e della Terra. Essa è basata sull’idea che la Luna si sia formata in seguito all’addensamento di una primordiale nube di gas che avvolgeva il nostro pianeta. Verso la metà degli anni ’70, in seguito ai dati scientifici acquisiti dalle missioni Apollo, venne introdotta da Kenneth Hartmann la teoria della Collisione. Secondo questo scienziato, la Luna avrebbe avuto origine dall’impatto di un corpo celeste grande quanto Marte, con la proto terra. Lo sconvolgimento prodotto fu immane. Una grande quantità di mantello terrestre venne espulso insieme al materiale ferroso fuso di cui era costituito il corpo impattante, e si dispose ad anello intorno alla Terra. Il materiale ferroso, più pesante, fungendo da centro gravitazionale, attrasse tutto il contenuto dell’anello. Si formò la Luna, inizialmente coperta da un oceano di magma da cui evaporarono tutti gli elementi volatili. Questa teoria sarebbe confermata dal fatto che il satellite possiede un piccolo nucleo ferroso e il mantello con la densità simile a quella del mantello terrestre. Oggi si è verificato che però un singolo impatto non sarebbe stato sufficiente a sollevare la quantità di materia di cui è costituita la Luna. Nel 2001 la ricercatrice americana Robin Canup ha formulato l’ipotesi che gli impatti sarebbero stati due, spiegando che la seconda collisione sarebbe avvenuta per il precipitare sulla Terra del corpo formatosi dallo scontro precedente. Questa nuova versione scioglie i dubbi lasciati aperti dalla teoria di Hartmann e pur essendo la più esauriente nel giustificare la natura del nostro satellite, non possiamo certamente considerarla definitiva. Già altre idee si stanno proponendo, la discussione sull’origine della Luna rimane ancora totalmente aperta, legata com’è ai dati che ogni giorno si acquisiscono dall’inarrestabile ricerca scientifica. Enrico Costantini

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S. P. A . I TA L I ANA O F F RE L AVO RO CO MMERCIALE

Le foto ‘stronommiche L’andra sera, vistu ch’era tuttu serenu… io e Zzichicchiu… semo annati su ppe’ l’osservatoriu de Santa Lucia. C’era vinutu anche ‘n andru amicu nostru scapolone… ma sulu perché c‘eva ‘ntesu parla’ de Andromeda… de Cassiopea… e ss’era cunvintu che parlavamo de femmine. Appena ‘rrìati sintivamo a cchiacchiera’ ma ‘n ze vedeva gniciunu e allora... pe’ vvedecce mejo t’ho ‘ccesu ‘na pila che mm’ero portatu da casa. No’ l’avissi mai fattu... Zzichicchiu me tt’ha datu ‘na smanata che mm’ha fattu cuzzola’ la pila llà pper terra... Ma ch’accénni!?... Je ruvini tuttu e je fai ‘rcumuncia’ tuttu da capu!... Ma ch’ho cumbinatu!?... Ma non vidi che stanno a ffa’ le fotografie ‘stronommiche?... ‘Mbè… è ccome se j’avissi ‘ccesu lu flèsce... je le faccio veni’ mèjo!... Ma che stai a ddi’… pe’ le foto ‘stronommiche più bbuju è mejo è... perché quilli stanno a ccerca’ de fotografa’ certi astri ccucì lontani che a occhiu nudu non se riescono a vvede’ e mmancu co’ lu telescopiu è ffacile vedelli... Ma non vidi che lu telescopiu lu stanno a ‘ddopra’ lo stesso?... Scì... ma ciànno missu davanti la macchina fotografica... che ccucì facenno... diventa come se fosse tuttu ‘n bloccu e sse riesce a ccattura’ tanti più ffotoni. Senti ‘n bo’... ma che sso’ ‘sti fotoni?... Li fotoni so’ pparticelle luminose... so’ qquanti d’energia... se ne catturi tanti vidissi se cche bbelle fotone te vengono!?... Quanti... quanti... ma quanti so’ ‘sti fotoni?... Ma che stai a ddi’?... L’amicu nostru che cce steva a ssinti’... è ‘ntervinutu e... Io me so’ ‘ncuriositu... quanno se parla de femmine ‘n ce vedo più e… ddatu che ho pportatu ‘sta macchinettaccia fotografica... la vojo addopra’... ccucì tra tutti li fotoni ch’acchiappo te pare che nn’armedio che bbella fotona!?... J’ho datu ‘n’occhiataccia... dicemo guardannulu dall’ardu a bbassu e j’ho dittu... Che bbella fotona no’ lo so ma… un vattela a ppija’ ‘n saccoccia a tte e cchi tte sta a ssinti’… senz’andru!… paolo.casali48@alice.it

ASTROrime... Auguri... zodiacali Ariete......... Smanioso Toro……… Animoso Gemelli… Lussurioso Cancro…… Ubertoso Leone……. Tenebroso Vergine….. Estroso Bilancia….. Estasioso Scorpione… Gioioso Sagittario… Ingegnoso Capricorno.. Ozioso Acquario…. Incitoso Pesci…… Amoroso PC

S e d i d i Te r n i e V i t e r b o Colloqui presso la sede di TERNI

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Una splendente vicina di casa! Di questo 2011 che sta per concludersi, ci sarebbero molti avvenimenti da ricordare, ma siccome non si può parlare di tutto ed una scelta bisogna pur farla, ricorderemo un evento splendente, augurando a tutti che altrettanto lo sia per voi il 2012! È successo il 24 agosto di questo anno: si tratta di una supernova scoperta quasi simultaneamente alla sua esplosione ed il suo nome è SN2011fe, ma è detta anche Supernova della Girandola, in quanto si trova nella omonima galassia, scoperta nel 1781 da Charles Messier e da Pierre Méchain e denominata M 101, o NGC 5457. La galassia Girandola, così chiamata per la sua perfetta La Supernova della Girandola (M101) forma a spirale, si trova nella (Immagine acquisita da Tonino Vagnozzi dell’Osservatorio costellazione dell’Orsa Maggiore, di Santa Lucia di Stroncone, settembre 2011) e la nostra supernova, che dista da noi solo 21 milioni di anni luce è una supernova di tipo Ia più vicina a noi osservata negli ultimi 40 anni. La supernova di tipo Ia è generata da una stella nana bianca facente parte di un sistema binario, che risucchia materia dalla stella compagna, fino a collassare e quindi esplodere, oppure viene attratta dalla compagna fino a fondersi con essa e quindi collassare ed esplodere (per chi ne volesse sapere di più sulle supernove, può rileggere i numeri de La Pagina della fine del 2008). Ma la nostra stella, prima di diventare la luminosissima Supernova della Girandola, era praticamente indistinguibile con il telescopio, poiché la sua debolissima luce si fondeva con il chiarore della galassia, ma poi improvvisamente la sua luminosità ha cominciato ad aumentare fino all’esplosione, che l’ha trasformata in uno splendente oggetto telescopico. La cosa più straordinaria, però, è stato il fatto che questo fenomeno ha potuto essere osservato in diretta nelle sue varie fasi, poiché dall’Osservatorio di Monte Palomar, da dove, con un sistema robotico ogni notte il cielo viene scandagliato e tenuto sotto stretta osservazione, è stato rapidamente trasmesso l’allerta per una sospetta supernova ai computer del NERSC (National Energy Research Scientific Computing Science) che a loro volta hanno informato gli osservatori di tutto il mondo e così solo tre ore più tardi dal primo avviso, i telescopi delle Isole Canarie hanno potuto confermare la supernova. Questa tempestività ha consentito così di studiare per la prima volta le primissime fasi dell’esplosione, quelle in cui si possono analizzare gli strati più esterni della stella (quelli che si dissolvono più rapidamente) e quindi capire la sua natura e la sua origine. E così la nostra SN2011fe, è la più giovane supernova di tipo Ia mai osservata. Ma il record moderno delle supernovae spetta alla SN1987a, che esplose nel febbraio 1987 nella Grande Nube di Magellano, a soli 168000 anni luce da noi, e che fu visibile ad occhio nudo. Invece l’ultima supernova nella nostra Galassia fu osservata nel 1604 dal signor Keplero, al quale proprio il 27 dicembre dovremmo fare gli auguri per i suoi 440 anni! A tutti voi, invece, auguro un Sereno Natale ed uno strepitoso 2012! Fiorella Isoardi Valentini

Assoc iaz ione Te r nana Ast rof ili Ma s s imilia no Be ltr a me V i a M a e s t r i d e l L a v o r o , 1 - Te r n i tonisca@gmail.com 329-9041110 www.mpc589.com

L’o s s erv at o ri o as t ro n o m i co d i S . E r a s m o è a p e r t o gratuitamente p er i ci t t ad i n i l ’u l t i m o v en erd ì d i o g n i m e s e d a l l e o r e 2 1 , 3 0 .

Osservatorio Astronomico di S. Erasmo Osse r vaz ioni pe r il m e se di Dic e m bre 2 0 11

LA SICUREZZA DEI TUOI INVESTIMENTI

Oltre alla consueta apertura dell’ultimo venerdì del mese (giorno 30 dalle ore 21.30 alle 23.30), apriremo l’osservatorio al pubblico anche prima del Natale, nei giorni 22 e 23 dalle ore 17.30 alle ore 19.30. Le sei ore di differenza tra le 15.30 e le 21.30 determinano uno spostamento della volta celeste di circa 90 gradi, per cui nei pomeriggi del 22 e 23 punteremo la Galassia di Andromeda, mentre il 30 sarà la volta della Nebulosa di Orione. Il pianeta Giove, invece, e i suoi quattro satelliti Medicei saranno ben visibili per tutti e tre i giorni. Assente la Luna, il cielo sarà più scuro, ricco di stelle e alzando gli occhi allo Zenit potremmo osservare la Via Lattea sullo sfondo della sempre affascinante Cassiopea. A tutti i nostri lettori che non potranno venire all’Osservatorio, vanno i nostri migliori AUGURI DI BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO; ce li scambieremo di persona con quelli che invece saliranno a prendere un po’ di freddo con noi… magari portate anche un panettone con spumante, ce lo meritiamo, non credete? TS

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