Numero 1 3 2 febbraio 2016
Mensile a diffusione gratuita di attualitĂ e cultura
Terni, 27-1-2016
IL VESCOVO DI TERNI-NARNI-AMELIA
Ai cittadini di Terni e della Diocesi
Nell’imminenza della festa di San Valentino, patrono della città di Terni e della Diocesi di Terni-Narni-Amelia, desidero porgere a tutti i concittadini l’augurio di una serena e santa festa. Vogliamo stringerci attorno a San Valentino, insieme a tanti uomini e donne, specie giovani, che da ogni parte del mondo lo ricordano, lo invocano per la custodia dell’amore vero, della famiglia e delle relazioni, che sostengono l’impegno umano e civile. Quest’anno, come negli anni passati, la festa di San Valentino è stata preparata di comune intesa tra la Diocesi e l’Amministrazione comunale, rispettivamente per gli aspetti religiosi e civili. Quasi tutte le celebrazioni religiose si svolgeranno, come gli altri anni, presso la Basilica di San Valentino. Una variazione, ampiamente analizzata e condivisa, caratterizzerà la celebrazione di quest’anno: al termine della novena, l’urna con le Spoglie di San Valentino attraverserà processionalmente le vie della nostra città, passando tra le nostre case e sosterà meno di due giorni nella Cattedrale di Terni, chiesa del Giubileo della Misericordia. È un evento che già si è ripetuto in passato e che vuole essere invocazione di una particolare benedizione di San Valentino sulla nostra gente, sulle famiglie, provate dalla sofferenza e da tanti disagi; sui bambini, sui giovani privi di lavoro e prospettive, e ravvivare la nostra fede e la nostra testimonianza di amore. Desidero rassicurare gli abitanti del quartiere e tutti i cittadini che ogni precauzione è stata presa per la sicurezza dell’urna, che sarà riportata nella basilica alle ore 12 del giorno 14 febbraio, accompagnata da una processione alla quale, mi auguro, partecipi tutta la nostra città. La situazione difficile, sotto l’aspetto economico e sociale, in cui versa la città e tutto il nostro territorio, richiede a ciascuno un supplemento di… amore per le persone, l’ambiente e le situazioni. In verità i cittadini, gli amministratori, le istituzioni, le organizzazioni culturali, civili, imprenditoriali e sociali si stanno adoperando, con un protagonismo creativo encomiabile, per una “operazione speranza” che porti a superare l’attuale situazione di crisi, con progetti e iniziative di sviluppo in ogni settore. San Valentino, in quest’Anno Santo della Misericordia, voglia benedire quanti attraverseranno la Porta Santa della cattedrale della sua Chiesa e insegnare a tutti a ricevere e dare misericordia e speranza. + Padre Giuseppe Piemontese OFM Conv Vescovo di Terni-Narni-Amelia
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La madre di tutte le scuole La scuola pubblica è ormai data così tanto per scontata che è facile perderne di vista l’importanza. La si considera un’istituzione naturale, quasi eterna, come fosse sempre esistita; e allora forse è bene rammentare che si tratta invece di una conquista importante e recente. In quasi tutto il territorio nazionale, per parlare di scuola pubblica bisogna aspettare l’Unità d’Italia. La legge guida dell’istruzione, nel 1860, è la legge Casati, già valida nel Regno di Sardegna e che ricalcava il modello prussiano: ed è tramite questa che viene istituito il concetto di istruzione nazionale obbligatoria. La Casati prevede quattro anni di scuola elementare, un ginnasio quinquennale (propedeutico al liceo triennale, unica scuola che consente l’accesso all’Università), e una parallela istruzione tecnica limitata invece ai 15 anni d’età. Il “liceo” non ha ancora aggettivi che lo qualifichino: è sottinteso che sia la scuola “classica”. Nel 1923, poi, l’istruzione scolastica italiana andrà incontro alla riforma Gentile, che istituirà il liceo scientifico (ma sempre impedendo ai suoi diplomati l’accesso all’università), e introdurrà, come prodromo al Concordato del ’29, la religione cattolica come materia di insegnamento e un generale beneplacito verso le scuole confessionali. In generale, la riforma Gentile accentua la separazione tra cultura classica, vista come l’unica vera “cultura”, e quella scientifica: anche se sono previste delle scuole tecniche, restano di fatto considerate istituti di rango inferiore rispetto al liceo; e quando il matematico Federigo Enriques se ne lamenterà con Benedetto Croce, verrà da questi tacciato d’essere una “mente minuta”, come del resto tutte quelle che si interessavano di scienza. La precedente legge Casati, invece, istituisce la scuola pubblica e laica in un momento di forte contrasto con la Chiesa Cattolica (che al tempo del Risorgimento era vista come uno dei maggiori problemi per lo Stato) e mostra verso l’educazione tecnica una maggiore attenzione. Del resto, questi sono tempi figli di due grandi rivoluzioni, quella francese e quella industriale, e entrambe, seppur con spirito diverso, reclamano che il popolo si acculturi. Infatti, tra il 1850 e il 1870, in alcune città italiane fiorisce una scuola superiore abbastanza fuori dal comune, il cui scopo esplicito è proprio quello di formare studenti destinati alle facoltà universitarie scientifiche, per le quali la preparazione data del liceo non appare adeguata. Si tratta del Regio
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w w w. l a p i a z z e t t a r i s t o r a n t e . i t lapiazzetta.terni@libero.it
Istituto Tecnico: prima della sua abolizione, attuata appunto dalla riforma Gentile, si aprono e sviluppano neanche una ventina di questi istituti, quasi tutti dislocati in città del centro-nord. Sono caratterizzati da quattro sezioni: la fisico-matematica, quella di agrimensura, quella di commercio e ragioneria, e infine quella industriale meccanico-metallurgica. Nel 1923, saranno proprio queste quattro sezioni a dar vita ad una pletora di istituti tecnici indipendenti: dalla sezione fisico-matematica nascono i Licei Scientifici, mentre gli agrimensori si vedranno indirizzati negli Istituti Tecnici per Geometri; la sezione di commercio e ragioneria è ovviamente la genitrice di tutti gli Istituti Tecnici Commerciali, e non c’è Istituto Tecnico Industriale che non debba i natali alla sezione numero quattro. Quando nascono, i R.I.T. sono delle vere e proprie scuole d’élite: questo soprattutto per l’efficacia della loro preparazione ma anche, purtroppo, per la loro scarsa diffusione sul territorio nazionale. Diventano istituti in cui il corpo docente è nobilitato da figure di alto prestigio, quasi sempre ingegneri, spesso di fama internazionale: e attirano studenti dalle regioni meno fortunate che non hanno scuole così nel loro territorio. Alcuni resteranno famosi: quello di Torino, le cui vestigia sono presenti nell’ITC “Germano Sommeiller”; quello di Firenze, oggi per Geometri, che partecipa all’Esposizione Universale di Parigi del 1900; quello di Fermo, che ancora oggi è un prestigioso ITI; e poi Trapani, dove si gettano le basi della famosa “scuola nautica”, e gli istituti minerari di Iglesias e altri centri. La fondazione, nel 1860, del Regio Istituto Tecnico di Terni dimostra come la vocazione industriale della città sia precedente alle acciaierie che ne caratterizzano la storia: queste saranno fondate infatti nel 1884, un quarto di secolo dopo la creazione del Regio Istituto Tecnico “Caio Cornelio Tacito”. Nel ’23, il Regio Istituto Tecnico di Terni genererà, al pari dei confratelli, il liceo scientifico e tutti gli istituti tecnici della città; ma nel caso ternano il R.I.T. genera anche il liceo classico, fino ad allora inesistente in città: e vista la denominazione molto “classica” del R.I.T. di Terni, e insolita per un istituto tecnico, sarà proprio il liceo-ginnasio ad ereditarne il nome. Quello di Terni è uno dei primi quattro R.I.T. d’Italia, e forma una gran quantità di studenti che poi vanno a popolare i Politecnici di Milano e Torino. Il suo corpo docente mantiene un profilo altissimo: Luigi Corradi, che riforma sul modello francese l’insegnamento tecnico, fonda all’interno del R.I.T. la Scuola di Meccanica Industriale e Metallurgia, che ottiene l’onore di una medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi; Gaetano Scorza, matematico di fama internazionale, sarà presidente della Sezione Matematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche; e prima ancora di loro, vi insegnerà un giovane Carlo Alberto Castigliano, il cui teorema è ancora noto a tutti gli ingegneri. Piero Fabbri
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T E R N I C A P I TA L E Quello che finalmente sta realizzandosi ci consegna i primi, incisivi passi per una Terni capitale, della cultura e dei diritti umani. Grazie alla perspicacia della Fondazione Carit e del suo presidente Mario Fornaci, possiamo dare seguito ad una delle nostre iniziative culturali: il corso Immagine della città. Poiché per leggere la città di oggi c’è bisogno di conoscere quella del passato, il nostro progetto coinvolgerà le scuole, di ogni ordine e grado, per avvicinare gli studenti alla conoscenza e allo studio del territorio e per consentire loro di imparare a leggere la città attraverso i segni che le civiltà passate hanno lasciato, le cartografie, l’evoluzione urbanistica e i documenti materiali e immateriali che la riguardano. Riteniamo infatti che la nostra città, misconosciuta o quasi da gran parte dei suoi abitanti, sia ricchissima nella dotazione: storica, geologica, geografica, artistica, urbanistica, sociale, gastronomica. Pensiamo sarebbe bene che almeno i futuri amministratori ne abbiano conoscenza piena per meglio sapere cosa gestire e come progettare. Riteniamo altresì che impartire queste conoscenze possa rivelarsi come elemento paradigmatico e risultare così di esempio e stimolo per altre realtà territoriali. Una città colta deve educare, ad opera delle sue istituzioni, alla propria storia ed alla conoscenza del proprio territorio, i suoi giovani, raggiungendoli direttamente nelle loro aule. Così noi faremo grazie ai nostri relatori, i migliori professionisti di cui il consesso culturale cittadino oggi disponga. Grazie all’impegno straordinario dell’Associazione Culturale La Pagina, che mi onoro presiedere, della presidenza e della direzione della Camera di Commercio di Terni, delle associazioni di categoria, avremo, per san Valentino, la prestigiosa presenza di uomini di pace e di cultura, provenienti da varie parti del mondo, per dare inizio ad un magistrale percorso, quello di Terni, città di san Valentino, capitale dei diritti umani. I professori universitari Edoardo D’Angelo, Daniele Solvi, Massimiliano Bassetti, narreranno dei loro fertilissimi studi in merito al nostro patrono, il san Valentino di Terni, figura diversa da quella, creata e divulgata dalla tradizione anglosassone e non da noi, che ha festosamente invaso il mondo intero. Noi rispettiamo e amiano questa tradizione, ma, in quanto Cavalieri Ternani di san Valentino, non possiamo non identificarci, in maniera indissolubile, con quella figura eccelsa che si è immolata per difendere i diritti fondamentali, tanto da poterne essere considerato fondatore. Quindi, mentre il mondo intero, noi compresi, scambierà messaggi augurali e d’amore in nome del santo diventato protettore degli innamorati, a Terni, in particolare, avremo anche il grande onore di presentare al mondo intero il Valentino Cristiano, prete e martire, immolatosi per i diritti umani. Due storie che si avvolgeranno per fare del nostro territorio il centro dell’amore universale e, quindi, dei diritti umani e, quindi, della pace. Estremamente significativa sarà allora la presenza di Gianfranco Costa, fondatore e presidente del Centro internazionale per la pace dei popoli di Assisi che, insieme a noi, darà di nuovo vita ad una stupenda, umanissima avventura spirituale. E verranno, per gettare le basi di questo nuovo edificio, dieci professori universitari e dei licei provenienti da Germania, Grecia, Norvegia, Romania, Turchia. I redattori de La Pagina Europa che da molto tempo si impegnano con noi per far conoscere le loro terre e per magnificare la nostra Terni, sono molti più dei presenti nel 2016
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Ai cittadini di Terni e della Diocesi - Padre G ius eppe Piem ontes e C N A - C O N F E D E R A Z I O N E N A Z I O N A L E A RT I G I A N AT O La madre di tutte le scuole - P F a b b r i B . M . P. - Soluzioni tecnologiche per il trasporto verticale Te r n i C a p i t a l e - G Raspetti ARABA FENICE Benvenuti nell’era dell’economia - A Melasecche Terni, città di san Valentino, capitale dei diritti umani - AC La Pagina - Liceo Classico Sanvalendinarietà - P Casali Alla scoperta di... BASILICA DI SAN VALENTINO - L S a n t i n i L a m a d r e d e l s o l d a t o Va l i k - F P a t r i z i FA R M A C I A B E T T I A Z I E N D A O S P E D A L I E R A S A N TA M A R I A D I T E R N I N U O VA G A L E N O Gli angeli vestono granata - S Lupi F O N D A Z I O N E C A S S A D I R I S PA R M I O LICEO CLASSICO DI TERNI Il bagno d’inverno - V Grechi Hai indossato la cintura? - M P e t r o c c h i G l i YA Z I D I - u n p o p o l o d i m e n t i c a t o p a r t e I - P L S e r i G L O B A L S E RV I C E MEDICENTER GROUP
ma, per difficoltà dovute a tempi strettissimi, quest’anno non potranno intervenire. Lo faranno nel 2017, sempre che la città voglia davvero diventare capitale dei diritti umani. La nostra Terni sarà città della cultura se sapremo presentare idee e progetti made esclusivamente in Terni, senza copiare altri ma facendo in modo di essere emulati, senza inventare strutture o marchingegni che niente hanno a che fare con le nostre tradizioni, i nostri sentimenti, la nostra versatilità. Io personalmente vedo la mia città all’interno non di una conca ma di una corona, contornata appunto da monti bellissimi e selve verdissime, come un giardino fiorito dall’aria pura e profumata, la città dell’accoglienza e uno dei centri della Terra Sacra, quella che conchiude spiritualmente Norcia, Assisi, Terni, Rieti, luoghi generatori delle altissime sacralità che hanno, nel tempo, forgiato animi e uomini: ora et labora, amore universale, diritti umani. In questi sentimenti ci riconosciamo, in questi conformiamo il nostro quotidiamo impegno e tali messaggi lanceremo, nelle manifestazioni di febbraio, verso uomini e donne di buona volontà. Questa la Terni Capitale che amiamo. Siate con noi. Giampiero Raspetti
Tern i - M u s e o D io c e s a n o e C a pitola re Venerdì 12 febbraio ore 15,30 Seminario europeo: The complex implementation process of the EU Charter of Fundamental Rights. Gianfranco Costa, Rosella Mastodonti, Laura Nadaban, Claudius Mladin, Maria Kalathaki, Zaneka Stergiani, Evangelia Schoinoplokaki, Sedat Ucar, Özer Toksoy, Bernhard Erschens, Arve Konnestad. Sabato 13 febbraio ore 16,00 Valentino di Terni. Edoardo D’Angelo, Massimiliano Bassetti, Daniele Solvi.
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Mensile di attualità e cultura
Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Via Anastasio De Filis, 12 --- Tipolitografia: Federici - Terni
DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Vicedirettore Luisa Romano Editrice Projecta di Giampiero Raspetti
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Benvenuti nell’era dell’economia collaborativa, la sharing-economy Ecco a voi la “forma di organizzazione socioeconomica basata sull’accesso anziché sul possesso, sull’utilizzo anziché sull’acquisto” (Wired.it). Ovvero una nuova economia che sfrutta le ultime tecnologie per ri-proporre baratto e scambio, portandoli su di una scala, la più ampia possibile, quella delle App, massimizzando la possibilità di utilizzo. Ma attenzione: nulla a che fare con il no-profit, e quindi il volontariato, qui si parla di accorciare la filiera eliminando gli intermediari grazie alla creazione di communities e alle opportunità del do-it-yourself, ovvero del fare tutto da soli. Molteplici pratiche racchiuse in un unico concetto. I numeri parlano chiaro, il 13% della popolazione in Italia ha già preso parte, almeno una volta, all’economia collaborativa e dal 2011 ad oggi i numeri sono più che triplicati, in particolare nell’ambito dei trasporti, delle energie, dell’alimentazione e del design. Non si tratta solo di colossi internazionali come Airbnb (la piattaforma di condivisione di appartamenti che sta rivoluzionando la mappa del viaggiare urbano) o Uber (l’App di taxi privati che sta per raggiungere i 40 miliardi di dollari di capitalizzazione). Al 13% di cui sopra, si deve aggiungere, poi, un altro 10% che si dichiara interessato, mentre il 59% conosce il fenomeno almeno per sentito dire (Collaboriamo.org). Crescono bene anche alcune piattaforme Made in Italy, quali Fubles, il più grande social network d’Italia di condivisione di calcio amatoriale: si può trovare una squadra se si è da soli, oppure un torneo se si è in squadra. I numeri parlano di 337mila giocatori per 77mila partite giocate. Altro caso di rilievo, quello di Gnammo con 12mila iscritti con +4500 gnammers, offre a tutti la possibilità di organizzare pranzi, cene ed eventi a casa propria o in qualsiasi location privata. Sarà così possibile mettere alla prova la propria bravura ai fornelli e conoscere
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nuovi amici attorno alla tavola di casa. Entrambi gli esempi sono particolarmente significativi anche per la loro capacità di creare relazioni con l’economia tradizionale. Non per tutti le relazioni possono essere definite idilliache. Uber ne è un chiaro esempio. Come funziona? Con un’auto in buone condizioni e una patente valida da almeno 10 anni, chiunque può diventare un tassista Uber, tramite la registrazione sul sito. Grazie poi ad un sistema di geolocalizzazione, Uber consente di mettere il “tassista fai da te” in contatto con i potenziali clienti che si trovano nella stessa zona. Con il successo sono arrivate anche le polemiche, tante, troppe. In Germania l’App è stata vietata dalle autorità, per concorrenza sleale. I tassisti in tutto il mondo, anche in Italia, sono scesi in strada per protestare, anche nel Paese della libera impresa per eccellenza, gli Stati Uniti. Sul futuro della sharing economy più che i possibili “contrasti” con l’economia tradizione pesa l’atteggiamento delle nuove generazioni, quelle dei “nati digitali”, cioè persone che fin da piccole hanno familiarizzato più con i videogiochi che con i pezzi della Lego, quelle che sono parte di tantissime community on line, ma forse conoscono meno le persone, quelle in carne ed ossa, che però giocano un ruolo chiave nell’economia collaborativa. I dati riproposti dal prestigioso Pew Research Center, centro di ricerca statunitense sponsorizzato da un’organizzazione no profit che mette le sue ricerche a disposizione del pubblico gratuitamente, hanno evidenziato come solo il 19% dei nati tra il 1980 e il 2000 si fidi degli altri, contro il 31% della fascia 1960-1979 e il 40% di quella 1946-1959. Fiducia reciproca e rispetto delle cose comuni, fattori alla base del successo mondiale del modello basato sulla condivisione che potrebbe quindi subire qualche contraccolpo in un futuro nemmeno troppo lontano. alessia.melasecche@libero.it
Terni, città di San Valentino, capitale dei Diritti Umani Ore 9,00
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Venerdì 12 febbraio 2016 Sala Consiglio Comunale Incontro delle Delegazioni Europee con il Sindaco di Terni. Giardino di San Valentino (presso la Basilica di San Valentino) Piantiamo gli alberi conferiti dalle Delegazioni. Terni - Museo Diocesano e Capitolare Seminario europeo: The complex implementation process of the EU Charter of Fundamental Rights. Coordina la Prof.ssa Rosella Mastodonti. Intervengono i Proff.: Gianfranco Costa1; Laura Nadaban, Claudius Mladin2; Maria Kalathaki, Zaneka Stergiani, Evangelia Schoinoplokaki3; Sedat Ucar4; Özer Toksoy5; Bernhard Erschens6; Arve Konnestad7. Circolo Canottieri Piediluco Cena romantica valentiniana. - Premiazioni estemporanea di pittura: Un quadro in dono per delegazione. - Consegna alle delegazioni di un ricordo/simbolo - Premio LA PAGINA D’AMORE a: Fabrizio de Silvestri per la ricerca e l’operato svolto nell’aiutare le persone colpite da sclerosi multipla e malattie cronico degenerative. Sabato 13 febbraio 2016 Terni - Museo Diocesano e Capitolare Conferenza: Valentino di Terni. Intervengono i Proff.: Edoardo D’Angelo8, Massimiliano Bassetti9, Daniele Solvi10.
Associazione Culturale La Pagina 1 2
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GIANFRANCO COSTA Fondatore e Presidente del Centro internazionale per la pace fra i popoli Assisi, ITALIA CLAUDIUS MLADIN General School Inspector at Arad County School Inspectorate Human Rights Education, LAURA NADABAN Inspector scolar - Strengthening HR Education - ISJ Arad, ROMANIA MARIA KALATHAKI Med, Ph.d Biologist, School Advisor for Science Teachers Peripheral Administration of School Education, ZANEKA STERGIANI Med and, Ph.D, Greek Literature and Philosophy Teacher of 1st Lyceum of Chania, EVAGELIA SCHOINOPLOKAKI Chemist, Creta, GRECIA Teacher of Kasteli Kisamos Lyceum SEDAT UCAR Facoltà di Scienze della Formazione Cucurova Üniversitesi Adana, TURCHIA ÖZER TOKSOY Süleyman Demirel Üniversitesi Facoltà di Teologia Isparta, TURCHIA BERNHARD ERSCHENS Berufsbildende Schule für Technologie und Umwelt Wittlich, GERMANIA ARVE KONNESTAD Musician, Anthropologist Grimstad, NORVEGIA 8 EDOARDO D’ANGELO Docteur de la Sorbonne, professore ordinario di Filologia latina medievale presso l’Università degli Studi di Napoli SOB, Chaire d’excellence 2012-2015 Université de Caen-Basse Normandie, Socio Deputazione di Storia Patria per l’Umbria. 9 MASSIMILIANO BASSETTI Professore associato di Paleografia latina all’Università degli Studi di Verona, Vicepresidente Centro Studi sull’Alto Medioevo di Spoleto. 10 DANIELE SOLVI Docente di Agiografia Medievale alla Seconda Università di Napoli, socio della Società Internazionale di Studi Francescani.
Sanvalindinarietà (Se cce conoscémo mejo... ce comprennémo mejo) E’ ccertu che lu munnu... è qquasi tuttu tunnu... girannulu ‘nche a ppiedi... tra tanta ggente vedi... che qquarche mmunnarolu... lu famo sinti’ solu. A vvòrde c’è bbufera... pe’ ggente forestiera... pe’ qquella propiu bbianca... pe’ qquella vecchia e stanca... pe’ ggialli rusci e nniri... pe’ ttutti... ‘n do’ t’argiri. Spennémo quarche ggestu... pe’ qquella ggente sola... po’ èsse ‘n che ccontestu... je bbasta ‘na parola. Guardannoce ‘n bo’ ‘n giru... cercamo d’anna’ a vversu... tra bbiancu e qquillu niru... ‘n ze sa chi è lu diversu.
Pe’ la diversità... ‘n ze pole litiga’... se nnoi ce comprennémo... mèjo ce conoscémo... e anche de ‘n inzettu... ‘rtroàmo ‘n andru aspettu. Proàmo tutti quanti... senza cerca’ li vanti... a èsse ‘n bo’ più ‘nclini... co’ qquilli a nnoi vicini... ccucì co’ li distanti noi semo più pprobbànti. Odiannoce de più... potémo anna’ più a ffunnu... sulu la ggiuventù... ce po’ riarza’ lu munnu. Ciavémo lu patronu... ch’è statu ‘n grossu santu... a lu cattìu o bbonu... j’è statu sempre accantu.
Amanno quistu e qquillu... po’ èsse ‘n sognu bbellu... co’ ‘n bo’ de volontà... e ssolidarietà... ce pòle ‘nche bbasta’... ‘nu sforzu de leardà. Allora come ‘n sunnu... se svejerà ‘stu munnu... ‘n do’ tuttu ‘rfiurirà... co’ ‘n pocu de bbontà... ...che sta a ssignifica’ ‘na gran ternanità. Pe’ qquistu a Vvalindinu... lu santu de l’amore... chiedemoje ‘n tantinu... d’apricce ‘n bo’ lu còre. Paolo Casali
(Canzone cantamaggio 1998) 9
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La madre del soldato Valik L’ha fatto con la mia mannaia da cucina, quella che uso per la carne. E la mattina dopo l’ha messa al suo posto nell’armadietto delle stoviglie. La sera l’ho usata per fare le polpette. La mamma di Valik aveva sentito dalla vicina di casa la notizia dell’uomo fatto a pezzi a Minsk, era corsa in salotto, il figlio stava disteso sul divano a leggere, l’aveva guardato e aveva avuto una brutta sensazione. Da quando era tornato dall’Afghanistan non era più lui. Erano venuti a trovarlo altri quattro ex commilitoni, si erano fermati a dormire una settimana a casa sua, la sera vedevo tornare a casa questi cinque sconosciuti ubriachi, loro quattro più quello che era stato un tempo mio figlio. Un giorno, mentre stavano vedendo la tv, aveva chiesto a Valik cosa fossero quelle cicatrici sulle braccia, un incidente aveva detto, poi era venuto fuori il tentativo di suicidio in caserma, la dipendenza dalle droghe pesanti che circolavano nell’esercito e aiutavano i soldati a vivere l’orrore della guerra, come quella volta, aveva confidato una sera ubriaco alla madre, che il mio migliore amico era tornato con il ventre squarciato da una mina, gli organi erano tutti di fuori, gridava, mi implorava di dargli il colpo di grazia e io l’ho fatto... L’avvocato spiega al giudice che quel reduce di guerra non è un criminale, è un malato, ma il tribunale non riconosce ufficialmente i traumi di questo “Vietnam” sovietico degli anni ‘80, una generazione bruciata, una disfatta su cui non si vuole
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aprire gli occhi. Fuori dal carcere, dove il figlio sta scontando quindici anni, la madre ha incontrato un giorno una donna, suo figlio è tornato dall’Afghanistan senza gambe, la maledice ogni giorno per averlo messo al mondo, sembra una belva inferocita, per placarlo lei gli porta a casa delle prostitute... Tutto sommato quella donna è più fortunata di me, almeno suo figlio non marcirà in carcere, ha sospirato la mamma di Valik, a cosa è valso quello che ho fatto per mio figlio, l’ho cresciuto da sola, l’ho fatto studiare, lo portavo all’Hermitage a San Pietroburgo, gli leggevo i grandi poeti russi… All’accademia militare gli avevano chiesto di firmare l’arruolamento per l’Afghanistan, vedrai andiamo a portare la civiltà a quel popolo, gli porteremo il progresso e il benessere. È stata una carneficina. Perché aveva ucciso quell’uomo con la mannaia da cucina? Perché laggiù ti insegnavano ad uccidere, diventava una cosa normale, appena vedevi un bambino gli puntavi l’arma addosso, laggiù i bambini sono armati, hanno le bombe, possono ucciderti. A fine giornata sparavano agli asini, per sfogare la tensione. La madre di Valik ha raccontato la sua vicenda a Svetlana Aleksievič, la giornalista bielorussa che ha vinto il Premio Nobel nel 2015 per le sue inchieste, che lei chiama coro di voci. Questa storia è raccontata in Ragazzi di zinco, un libro per il quale la giornalista è stata calunniata, insultata, processata e Francesco Patrizi infine assolta.
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AZIENDA OSPEDALIERA
Struttura Comple di Medicina Interna e Malatti
Prof. Giuseppe Schillaci D i r e t t o r e d e l l a Struttura Complessa universitaria di Medicina Interna e Malattie dell’Apparato Respiratorio A z ie n d a O s p e d a lie r a “S. Mar ia” di Te r ni
STRUTTURA SEMPLICE DI PNEUMOLOGIA Negli ultimi tempi, sostenuto anche dalla attenzione alle condizioni climatiche di questo inverno e dalla risonanza della Conferenza Mondiale sul Clima, c’è stato un ampio dibattito sulle condizioni dell’aria che respiriamo e sulle ricadute sul sistema ecologico e sulla salute dell’uomo, sia a livello generale nazionale che locale. Da 25 anni a questa parte la situazione è peggiorata, come numerosi studi hanno messo in evidenza, soprattutto per quel che concerne le polveri sottili Pm5 e Pm10, che si sono dimostrate particolarmente pericolose per i nostri polmoni. Insieme all’ampia diffusione dell’abitudine al fumo di tabacco ciò si ripercuote ovviamente sulla incidenza di patologie che interessano l’apparato respiratorio, particolarmente frequenti in questa area ternana. Da sempre Terni è stata una città attenta a problemi riguardanti l’inquinamento atmosferico, sia per la conformazione orografica, sia per la presenza di siti industriali a rischio per i lavoratori e per la popolazione che vive nei dintorni. Con questa consapevolezza e sulla evidenza che le patologie respiratorie rappresentano storicamente, la principale causa di ricovero in area medica dal 2002 nell’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni, nell’ambito della Struttura Complessa universitaria di Medicina Interna e Malattie dell’Apparato Respiratorio diretta dal professor Giuseppe Schillaci, è nato un polo pneumologico che si occupa essenzialmente di questo tipo di patologie. La Struttura Semplice di Pneumologia è costituita da 19 letti di degenza ordinaria, 3 tre letti monitorizzati, un Servizio di Fisiopatologia Respiratoria per le diagnosi di patologie respiratorie di pazienti ricoverati in ospedale o per esterni, un Ambulatorio di Endoscopia bronchiale. Nella degenza ordinaria trovano ricovero pazienti affetti da patologie respiratorie acute quali polmoniti, pleuriti, o malattie 14
croniche riacutizzate, come asma, bronchite cronica, pneumopatie interstiziali, neoplasie polmonari e insufficienza respiratoria di diversa natura. I letti monitorizzati sono rivolti a pazienti particolarmente critici, che richiedono maggiore assistenza e/o ventilazione invasiva (tracheostomizzati) o non invasiva, provenienti dal Pronto Soccorso, da altri reparti di degenza o dalla Terapia Intensiva. Al servizio di Fisiopatologia Respiratoria afferiscono pazienti che provengono dal reparto e da altri reparti o ambulatoriali per la diagnosi di patologie respiratorie o per valutazioni in corso di altra patologia che possa coinvolgere la funzione respiratoria. Il servizio esegue esami di spirometria semplice e completa, emogasanalisi, test di reversibilità bronchiale e di stimolazione bronchiale, diffusione dell’ossido di carbonio, ossimetria notturna, test del cammino di 6 minuti, MIP, MEP.
S A N TA M A R I A D I T E R N I
essa universitaria ie dell’Apparato Respiratorio
Équipe Direttore S.C. universitaria Medicina Interna e Malattie dell’Apparato Respiratorio: Giuseppe Schillaci Responsabile S.S. di Pneumologia: Claudio Gradoli Dirigenti Medici: Giorgio Consalvi, Giuseppe Fiorenzano, Maurizio Fioretti, Alessandro Moscatelli, Gilberto Vincenzoni Coordinatore Infermieristico: Francesca Calzuola Infermieri: Catia Barcherini, Chiara Cantalupo, Rosaria Caruso, Lorenza Ciarletta, Emanuele Donati, Carla Dotti, Francesco Falsarone, Patrizia Galli, Rita Giovannini, Elisa Paone, Isabella Poli Sandri, Laura Mulattieri, Tonin Nikolla, Alessandra Valenti, Alessia Zelli O.S.S. / ausiliari: Bruna Consorti, Veneranda Maria Lida Fedele, Stefano Sebastianelli
Fotoservizio di Alberto Mirimao
Inoltre è in fase di allestimento il test da sforzo cardiopolmonare, in collaborazione con la struttura complessa di Cardiologia. L’attività endoscopica è condotta da uno dei medici ed è rivolta ai pazienti ricoverati nel reparto. L’attività ambulatoriale, a cui si accede con prenotazione CUP, è rivolta a pazienti inviati dal medico curante per una valutazione specialistica oppure dimessi dal reparto di Pneumologia o da altri reparti per una visita di controllo. Un ambulatorio specifico è dedicato alla prevenzione e diagnosi della malattie tromboemboliche ed è inoltre presente il centro per la disassuefazione dal fumo. Tutte le strutture che si occupano delle malattie dell’apparato respiratorio -reparto di Penumologia, Fisiopatologia Respiratoria e Ambulatori- sono collocate al quinto piano dell’ospedale. L’organico è costituito da 6 medici, un coordinatore infermieristico e 15 infermieri.
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Gli angeli vestono granata Il grande Torino tra sentimento e leggenda
La fede calcistica non è razionalità né lucido pensiero, ma un vortice di sentimenti ed amore per una squadra e per dei colori che ti accompagnano poi per tutta la vita. Nasce così la passione per il Torino calcio, nel lontano 1976 alla vittoria del suo scudetto. Allora come oggi erano i club importanti: Inter, Milan, Juventus ad annoverare il maggior numero di tifosi. Allora come oggi amavo distinguermi anche nel tifare la squadra di calcio. D’altra parte Pulici, Graziani, Pecci, Castellini e gli altri, vincendo interrompevamo, seppur brevemente il predominio delle solite “grandi”. Questo me li rese immediatamente simpatici unitamente a quel rosso granata delle maglie: un colore al tempo accecante e rassicurante. Anni dopo, maturando umanamente e calcisticamente al Bar Minerva di Terni, ho iniziato a sentire i primi racconti delle epiche gesta del “Grande Torino” del Presidente Ferruccio Novo. Un misto di rispetto, dolore e profonda ammirazione animava i racconti dei vecchi avventori del bar. Seguivo curioso ed attento quegli aneddoti che riguardavano la squadra più forte dell’Italia, in grado di vincere cinque scudetti consecutivi tra il 1942 e il 1947, di mettere 10 dei suoi giocatori al servizio della Nazionale del mondo negli anni ’40. Una squadra che potremmo definire la rappresentazione sportiva della rinascita italiana nell’immediato dopoguerra. Poi la tragedia: era il 4 maggio 1949 quando l’aereo sul quale viaggiava l’intera formazione granata di ritorno da Lisbona, si schiantava contro la collina di Superga nei pressi del capoluogo torinese. Nell’incidente persero la vita i calciatori: Valerio Bacigalupo, Aldo Ballarin, Dino Ballarin, Emile Bongiorni, Eusebio Castigliano, Rubens Fadini, Guglielmo Gabetto, Ruggero Grava, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Maroso, Danilo Martelli, Valentino Mazzola, Romeo Menti, Piero Operto, Franco Ossola, Mario Rigamonti, Giulio Schubert, gli allenatori Egri Erbstein, Leslie Levesley, il massaggiatore Ottavio Cortina con i dirigenti Arnaldo Agnisetta, Andrea Bonaiuti ed Ippolito Civalleri. Morirono inoltre tre dei migliori giornalisti sportivi italiani: Renato Casalbore (fondatore di Tuttosport), Renato Tosatti (Gazzetta del Popolo), Luigi Cavallero (La Stampa) ed i membri dell’equipaggio Pierluigi Meroni, Celeste D’Inca, Celeste Biancardi e Antonio Pangrazi. In tutto perirono trentuno persone. Lo sgomento fu enorme ed il compito più triste di tutti toccò a Vittorio Pozzo, che dovette procedere al riconoscimento delle salme dei suoi ragazzi. Scrisse Indro Montanelli: Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto in trasferta. Da quel momento la storia diventò leggenda. Sono salito più volte alla Basilica di Superga per rendere onore a quei ragazzi, ad una squadra che per ogni sportivo ed amante del calcio rappresenta un simbolo sospeso tra realtà e sogno fascinoso. Mi commuovo pensando a come lo sport, nei cuori degli appassionati, abbia reso eterni questi sfortunati campioni. Il grande Torino più che una squadra di calcio, è una bella suggestione alla quale tutti guardano con affetto e gratitudine per ciò che ha regalato: la speranza. Un Paese intero, uscito a pezzi da un conflitto mondiale, si celava sotto quelle maglie granata convinto di potercela fare. A Terni scopro con piacere, di tanto in tanto, qualche tifoso del Toro. Perlopiù sono miei coetanei, anch’essi folgorati con lo scudetto del ’76 o magari ammaliati dalle gesta della “farfalla granata” Gigi Meroni. Mi entusiasmo in particolare quando scopro qualche isolato bambino che, pur essendo ternano, sostiene con convinzione il Toro. A loro tutto il mio affetto e considerazione, soffrono calcisticamente, tifando una squadra che non hanno mai visto vincere! Per tutti saluto il piccolo Federico autentico supporter granata. C’è un forte legame che unisce la nostra città al Torino calcio. Un anno dopo la tragedia di Superga, il 5 maggio 1950, un gruppo di appassionati ternani, tifosi granata, decisero di dare il nome di “Virgilio Maroso” (uno dei campioni tragicamente scomparsi) alla neo costituita società di calcio del quartiere di Borgo Rivo. Un gesto d’amore per omaggiare il forte terzino del Torino, noto ed apprezzato per armonia e potenza calcistica. Nel corso di oltre cinquanta anni di attività sportiva la bianco-verde Maroso diviene una protagonista del calcio dilettantistico Umbro. Dal settore giovanile, creato da Don Adamalfio parroco del quartiere, emergono: Mauro Listanti, classe 1946 (segnerà 31 reti in 6 campionati di Serie B dal ‘70 al ‘76 ) e Riccardo Zampagna, classe 1974, (una grande carriera in serie A) alla Maroso dall’82 all’84. Ad Allerona Scalo nel 1958 viene fondata da un gruppo di amici la società di calcio “G.s.d. Romeo Menti” per ricordare un altro degli angeli granata periti a Superga. Ed ancora a Terni un’altra società sportiva la Bacigalupo per ricordare il portierone Valerio. Negli anni hanno militato nel Toro calciatori a cui i tifosi ternani hanno voluto bene: Gianni Masiello (stagione 1972/73), Salvatore Garritano (stagione 1975/1978), Franco Selvaggi (stagione 1982/84), Marco Di Loreto (stagione 2006/2009). A questi atleti va il nostro ringraziamento per aver vestito colori a noi tanto cari! Stefano Lupi
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Delegato Coni Terni
DISCIPLINA PER LA PRESENTAZIONE DI RICHIESTE DI CONTRIBUTI PER L’ANNO 2016
La Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, persona giuridica privata senza fini di lucro e dotata di piena autonomia statutaria e gestionale, persegue esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico (Statuto, artt. 1 e 2) indirizzando i suoi interventi in alcuni settori previsti dalla normativa vigente. Per il 2016 il Comitato di indirizzo della Fondazione ha individuato nel Documento Programmatico Previsionale annuale i settori rilevanti e quelli ammessi verso i quali orientare l’attività istituzionale. La Fondazione svolge la sua attività istituzionale nei comuni previsti dal vigente Statuto (www. fondazionecarit.it) attraverso: a) la realizzazione di progetti propri; b) l’erogazione di contributi indirizzati a progetti predisposti da terzi nei settori indicati nel richiamato DPP dalla Fondazione e destinati a produrre risultati socialmente rilevanti in un arco temporale determinato. Ciò posto, la Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni emana il presente avviso per raccogliere e regolamentare richieste di contributi per le iniziative di cui alla precedente lettera b), da realizzare nell’ambito dei settori di seguito specificati: Settori previsti nel DPP 2016: 1. Ricerca scientifica e tecnologica 2. Arte, attività e beni culturali 3. Salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa 4. Educazione, istruzione e formazione, incluso l’acquisto di prodotti editoriali per la scuola 5. Volontariato, filantropia e beneficienza 6. Sviluppo locale. 1) Chi può presentare la richiesta per ottenere un contributo dalla Fondazione. La Fondazione esamina le richieste pervenute esclusivamente da: a) soggetti pubblici o privati senza scopo di lucro, dotati di personalità giuridica, nonché imprese strumentali, costituite ai sensi dell’art. l, comma 1, lett. h) del D.Lgs. 17 maggio 1999, n. 153; b) cooperative sociali di cui alla Legge 8 novembre 1991 n. 381; c) imprese sociali di cui al D.Lgs. 24 marzo 2006 n. 155; d) cooperative che operano nel settore dello spettacolo, dell’informazione e del tempo libero; e) altri soggetti di carattere privato senza scopo di lucro, privi di personalità giuridica, che perseguono scopi di utilità sociale nel territorio di competenza della Fondazione, per iniziative o progetti riconducibili ad uno dei settori di intervento. 2) Chi non può presentare la richiesta per ottenere un contributo dalla Fondazione. Sono escluse dagli interventi della Fondazione le richieste: - di natura commerciale, lucrativa e che producano una distribuzione di profitti; - provenienti da imprese di qualsiasi natura con esclusione delle imprese strumentali e dei soggetti di cui alle lettere b), c) e d) del precedente punto 1; - provenienti da partiti e movimenti politici, da organizzazioni sindacali o di patronato e di categoria; - provenienti da persone fisiche, con l’eccezione delle erogazioni sotto forma di premi, borse di studio o di ricerca; - provenienti da soggetti che non si riconoscano nei valori della Fondazione o che comunque perseguano finalità incompatibili con quelle dalla stessa perseguiti. TERMINI DI PRESENTAZIONE DELLE RICHIESTE Le richieste di contributo potranno essere presentate nel seguente periodo: dal 1°/01/2016 al 31/03/2016. Le richieste di contributo che perverranno in questo periodo saranno esaminate entro il 30 giugno 2016. Le richieste dovranno essere indirizzate, a mezzo lettera raccomandata A.R., alla Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, Corso C. Tacito,
49 - 05100 Terni, ovvero a mezzo P.E.C. (fondazione.carit@pec.it), ovvero a mezzo raccomandata a mano che potrà essere consegnata presso gli uffici della Fondazione all’indirizzo sopra indicato, rigorosamente in busta chiusa, dal lunedì al venerdì dalle ore 11,30 alle ore 13,00. Il richiedente dovrà presentare la documentazione richiesta dalla Fondazione. Per la presentazione delle richieste, la modulistica è disponibile e scaricabile dal sito internet della Fondazione www.fondazionecarit.it. Tutti i dati forniti saranno trattati nel rispetto delle previsioni del D.Lgs. 196/2003 per le sole finalità legali ed amministrative della Fondazione. SONO ESCLUSE LE RICHIESTE relative a progetti proposti da organizzazioni di volontariato che possono beneficiare di erogazioni da parte del CE.S.VOL.; relative a erogazioni generiche e/o a copertura di disavanzi economici e/o finanziari pregressi. ESAME DELLE RICHIESTE La Fondazione potrà discrezionalmente: 1. accogliere integralmente o parzialmente la richiesta di contributo; 2. definire le modalità e la cadenza di erogazione del contributo concesso; 3. riservarsi di richiedere ulteriore documentazione, anche in momenti successivi alla conclusione del progetto, e compiere ogni accertamento che ritenga opportuno; 4. riservarsi il diritto di accesso nei luoghi ove si realizza il progetto o si svolge l’attività e la facoltà di controllare in loco lo stato di avanzamento dei lavori. OBBLIGO DELLA RENDICONTAZIONE L’erogazione delle risorse deliberate per l’intervento è effettuata sulla base della presentazione di quanto di seguito indicato: originale, o copia conforme all’originale, dei giustificativi fiscalmente regolari delle spese sostenute per la realizzazione dell’intero progetto finanziato. Le stesse dovranno essere elencate in apposita distinta. I pagamenti eseguiti dal beneficiario delle erogazioni ai fornitori o prestatori di servizi potranno essere considerati validamente nel rendiconto soltanto se comprovati da allegata idonea documentazione attestante l’effettuazione della liquidazione delle spese a mezzo bonifici bancari o altri sistemi di sicura tracciabilità; impegno del richiedente a presentare alla Fondazione, entro 60 giorni dall’approvazione, i bilanci consuntivi dell’anno in cui è stato richiesto il contributo e dell’anno in cui è stato erogato; relazione finale contenente informazioni esaurienti in merito alla realizzazione del progetto e allo specifico utilizzo del contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni; rassegna stampa relativa al progetto; documentazione fotografica relativa al progetto. REVOCA DELLE EROGAZIONI La Fondazione potrà revocare l’assegnazione qualora: a) siano accertati i motivi che inducano a ritenere non possibile la realizzazione o la continuazione del progetto o del sostegno; b) sia accertato, all’esito della verifica della rendicontazione, l’uso non corretto dei fondi erogati; in questo caso la Fondazione potrà in qualsiasi momento disporre l’interruzione della contribuzione e richiedere la restituzione delle somme già eventualmente versate; c) il soggetto beneficiario non abbia dato seguito ai contenuti del progetto proposto ovvero alle eventuali indicazioni della Fondazione per la sua realizzazione; d) il soggetto beneficiario non abbia concertato con la Fondazione le attività di comunicazione relative al progetto; e) sia accertata l’esistenza di ulteriori contributi di altri Enti non precedentemente dichiarati. IL PRESIDENTE (Mario Fornaci)
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Il bagno d’inverno Ci vediamo in piazza tra poco: faccio la doccia e vengo. Quante volte ci capita oggi di dire una frase del genere! Sessanta anni fa solo pochi privilegiati potevano fare un’affermazione simile. Quando nasce una innovazione tecnologica ci vogliono molti anni perché tutti, o almeno la maggior parte degli utenti, ne possano usufruire. Prendiamo Internet. Da quanto tempo si parla di Internet veloce e di banda larga? Da tantissimo. Eppure una certa parte non trascurabile del paese ha ancora l’adsl a “dorso di mulo”. Immaginiamoci cosa accadde quando incominciarono a portare l’acqua potabile nelle case e insieme ad essa fu necessario ricavare una stanza da bagno, magari riducendo lo spazio di una camera da letto con un adeguato fondello, fatto di forati a sei buchi, ricoperti di intonaco e mattonelle! Si passò dai fontanili a più vasche -le prime per abbeverare gli animali, le seconde per sciacquare i panni e le ultime per insaponare e lavare- alla possibilità di lavare i propri indumenti in casa, lontano dagli occhi degli altri. Fu una vera rivoluzione! Questo processo, continuato dopo il 1945, partì dalle città e dai paesi più grandi e si espanse lentamente verso le periferie cittadine, fino a raggiungere quasi tutte le abitazioni intorno al 1970/1980. Ci volle molto tempo perché bisognava individuare sorgenti d’acqua adeguate, sia come portata che come dislivello, stanziare il denaro necessario e poi effettuare i lavori. Inevitabilmente rimasero indietro delle sacche immutate, per varie ragioni, anche nelle grandi città: per esempio, anche negli anni intorno al 1970, c’era ancora chi affittava agli studenti universitari camere con lavandino, ma col WC all’esterno, ricavato in un piccolo box sul terrazzo. Della doccia e del riscaldamento, manco a parlarne! Con l’acqua in casa e la stanza da bagno, la vecchia stufa a legna, che era servita ad attenuare i rigori dell’inverno, fu rimossa e sostituita da un impianto di riscaldamento che sconvolse tutti gli appartamenti, portando tubi e radiatori in ogni stanza. Ma torniamo al “recente” passato. Per l’igiene quotidiana c’era il lavabo, una specie di tavolinetto con i piani di marmo, munito di specchio, bacile a scomparsa, brocca dell’acqua, porta pettini, porta
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sapone e porta asciugamani. Nei comodini c’era il pitale, detto anche orinale, per i bisogni corporali. Tutto ciò era appena sufficiente per lavarsi il viso e poco più. Nella buona stagione era tutto più facile ma d’inverno i problemi si moltiplicavano a dismisura: poteva anche capitare che l’acqua nei recipienti facesse una crosta di ghiaccio durante le notti particolarmente rigide, specialmente nelle stanze situate nel sottotetto. Lavarsi d’inverno in queste condizioni faceva venire i brividi solo a pensarci. Per fare il bagno innanzitutto bisognava andare a prendere l’acqua alla fontana o al pozzo con una brocca di terracotta o di rame, compito riservato alle donne. Poi, sempre la donna, ne metteva una ventina di litri a scaldare in un caldaio nel camino o sulla stufa a legna. Nel frattempo preparava un riparo nella camera da letto -per avere anche un po’ di intimità [meravigliosa parola, altro che inglesismi], in considerazione anche del numero dei componenti la famiglia- disponendo alcune sedie in cerchio con la spalliera verso il centro e, sopra le spalliere, stendeva delle coperte. Al centro del ristretto cerchio si poneva la capace bagnarola di ferro zincato che, una volta piena di acqua calda fumante, riusciva a stiepidire un poco anche l’aria intorno. Spogliarsi, insaponarsi, risciacquarsi e asciugarsi era una corsa non solo contro il tempo, ma soprattutto contro il freddo! Superati questi ostacoli ne rimaneva un altro non meno fastidioso: bisognava indossare la maglia di lana di pecora pulita che per un paio di giorni pungeva, irritando la pelle! Capirete che non tutti avevano il coraggio di sottoporsi a questi tormenti e allora le scuse fioccavano per procrastinare la data del bagno il più lontano possibile. La tosse e il “sentirsi” qualche linea di febbre erano quelle più in voga fra gli adulti, ma per i bambini non c’era scampo perché non era facile ingannare la mamma con qualche colpetto di tosse fasulla. E allora era un continuo piagnucolare o andare a nascondersi per tentare di ritardare la igienica tortura. Ricordare questi avvenimenti sembrerà, ai giovani d’oggi, come favoleggiare su un periodo sperduto nella notte dei tempi o nelle pagine di un vecchio libro di storia. Invece è accaduto poco fa, a memoria Vittorio Grechi d’uomo.
H ai ind os s ato la cint Hai in dos cin t ur a ? La cintura cui ci riferiamo è, ovviamente, quella di sicurezza che, ahimé, secondo una ricerca condotta da una nota assicurazione, il 12% dei conducenti italiani continua a non utilizzare; e ciò nonostante un obbligo chiaro, imposto dalla legge che comporta conseguenze sanzionatorie non lievi quali il pagamento di una sanzione pecuniaria che va da 80 a 320 euro, la sottrazione di 5 punti dalla patente di guida, nonché la sua sospensione per un periodo che va dai 15 ai 60 giorni, qualora si incorra nella stessa infrazione per due volte nel corso dell’anno. Le conseguenze pregiudizievoli, poi, che possono derivare ad un soggetto che non indossava tali “strumenti di ritenuta”, art. 172 CDS, in caso di risarcimento del danno conseguente ad un sinistro stradale, possono essere davvero ben più gravi. Di recente, sul punto, si è pronunciata la Cassazione Civile, con una sentenza depositata l’8 gennaio 2016, nella quale la Corte si è riportata ad una giurisprudenza ormai ampiamente consolidata. Nel caso, che riguardava la richiesta di risarcimento del danno da parte di un passeggero che viaggiava senza indossare la cintura di sicurezza, è stato attribuito “alla vittima un concorso di colpa per non aver usato la cintura di sicurezza”. Invero, in più occasioni gli ermellini hanno espresso il loro parere riguardo l’utilizzo delle cinture di sicurezza da parte del terzo trasportato, sempre in modo conforme “l’omesso uso delle cinture di sicurezza da parte del soggetto trasportato che abbia subito lesioni a seguito di un sinistro stradale costituisce comportamento colposo del danneggiato nella causazione del danno, rilevante ai sensi dell’articolo 1227 co.1 c.c. e legittima la riduzione del risarcimento ove si alleghi e si dimostri che il corretto uso dei sistemi di ritenzione avrebbe ridotto (o addirittura eliso) il danno.”. Cass. n. 4993/2004. Il Giudice, pertanto, dovrà stabilire se ed in quale misura la mancata ottemperanza dell’obbligo di allacciare la cintura abbia potuto influire sul danno alla persona. Si tratta quindi di valutare l’incidenza del fatto colposo del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso a norma dell’articolo 1227 c.c.: Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza. L’utilizzo o meno della cintura di sicurezza influisce pertanto in modo diretto sull’entità del risarcimento che gli spetta, che sarà ridotto di una percentuale corrispondente al grado di colpa; in altre parole, il terzo trasportato si vedrà risarcito solo una parte del danno che al contrario avrebbe potuto ottenere rispettando il codice della strada. Per quanto riguarda l’onere della prova, secondo la Corte è il danneggiante a dover dimostrare che il danneggiato avrebbe potuto evitare i danni di cui chiede il risarcimento usando l’ordinaria diligenza. È bene, infine, precisare che qualsiasi percentuale di responsabilità dovesse essere attribuita al danneggiato che non indossava la cintura questa andrebbe necessariamente ripartita con il conducente a titolo di cooperazione nel fatto colposo altrui essendo quest’ultimo tenuto a pretendere dai sui trasportati il rispetto delle norme imposte dal codice della strada. Sul punto la giurisprudenza è ormai unanime ma la Corte d’Appello di Perugia chiamata ad applicare tale principio non si è pronunciata sul punto. Non sempre ciò che appare pacifico trova pacifica applicazione! Buona lettura del codice civile a tutti. Avv. Marta Petrocchi legalepetrocchi@tiscali.it
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Gli YAZIDI - un popolo dimenticato parte I
Nei precedenti articoli abbiamo parlato sommariamente delle drammatiche vicissitudini passate e presenti del popolo curdo. Un’etnia perseguitata e dispersa che però ad onor del vero ha anche le sue responsabilità storiche. Furono proprio i Kurdi, aizzati dall’Impero ottomano, ad avere parte attiva nel genocidio armeno agli inizi del secolo scorso di cui abbiamo già parlato in una serie di articoli intitolati Il secolo dei genocidi. Furono i Kurdi di Turchia appartenenti al PKK ad aver adoperato l’arma terribile del terrorismo come risposta alle violente repressioni del regime turco anche in considerazione della sproporzione di forze in campo. Vista l’attualità drammatica dell’argomento si rende necessaria una considerazione che poniamo come premessa doverosa a qualsiasi altro nostro articolo. Il terrorismo, da qualunque parte provenga, non merita alcuna giustificazione politica, storica, sociale, religiosa. Non esiste quindi un terrorismo buono o cattivo. Esso rappresenta la risposta vile e subdola di chi è incapace di affrontare i problemi con la lucidità della ragione e del dialogo e pertanto ricorre all’uso spietato e vigliacco della violenza cieca che spara nel mucchio calpestando ogni diritto umano e coinvolgendo in una spirale di ferocia barbarica e sanguinaria vittime innocenti la cui unica colpa è di trovarsi senza saperlo nel punto sbagliato, nel momento sbagliato. Fatta questa considerazione preliminare, proseguiamo il nostro viaggio nel tormentato panorama del Medio e Vicino Oriente, un viaggio puramente ideale attraverso paesi, ironia della sorte, ricchi di cultura millenaria e di imponenti vestigia del passato. Le cronache recenti si sono occupate anche del dramma di un gruppo assai meno numeroso di quello curdo, anch’esso finito nel mirino del Daesh-IS, subendo massacri e soprusi di ogni genere. Si tratta degli Yazidi, chiamati Ezidi o Izidi in curdo o anche Cyrac Sonduren (Spegnitori di lampade) in turco. Tale termine non designa un’etnia specifica, come nel frequente ed erroneo uso giornalistico, ma un gruppo religioso ben definito. Essi appartengono all’etnia curda come risulta dalla loro lingua, sono diffusi in due zone dell’Iraq: il distretto Sinjar, ai confini con la Siria e quelli di Badian e Dohuk a nord est del paese. In breve sono dei Kurdi che praticano una religione diversa da quelle più diffuse in Oriente: l’Islam e il Cristianesimo. Secondo una stima del 2007 il loro numero si aggirerebbe sui 2 milioni di individui, ma la cifra risulta molto approssimativa per due fattori: uno per la forte emigrazione verso paesi limitrofi in cerca di migliori condizioni di vita quali Russia, Iran e recentemente verso l’Europa centro-settentrionale seguendo la direttrice principale Turchia-Grecia-KossovoSerbia, l’altro per la fuga in massa dalla feroce persecuzione da parte del Daesh. Già negli anni ottanta circa 80.000 Yazidi si sono stabiliti in Germania e tale fenomeno ha subito un’ulteriore accelerazione in questi ultimi anni interessando altri paesi nordici quali Danimarca, Svezia, Norvegia. Il loro numero pertanto, complice l’emigrazione e le perdite umane a causa della guerra, risulta molto diminuito. La società yazidi presenta una struttura gerarchica al cui vertice si trova un capo laico detto Amir (Emiro) che rappresenta la
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suprema autorità politica e un capo religioso detto Shaykh che rappresenta l’autorità infallibile nell’interpretazione dei libri sacri. Lo Yazidismo è una religione monoteista la cui origine è incerta e molto controversa anche per l’accentuato carattere esoterico della setta che permette solo agli iniziati di accedere al suo nucleo più autentico. Le origini non sono chiare, secondo gli studiosi deriverebbero da culti precedenti all’ebraismo, al cristianesimo e all’islam. Secondo l’islamista A. Bausani esso, sebbene per motivi pratici venga elencato tra le sette islamiche, non ha praticamente nulla di islamico, ma sarebbe derivazione di antiche sette gnostiche. I fedeli dello Yazidismo credono in un solo Dio Primordiale e venerano sette angeli, sua diretta emanazione, di cui il più importante è l’Angelo Pavone (Tawisi Melek) che deriverebbe dal culto preislamico del popolo curdo. L’Angelo Pavone, padrone del mondo è l’origine del bene e del male, compito degli uomini è aiutare il bene a prevalere. Gli Yazidi credono che anche il male sia stato creato da Dio, ma egli vuole la vittoria del bene, chiara influenza del dualismo zoroastriano. Le sacre scritture sono due: Il Libro della rivelazione (Kitab al Guwa) e Il Libro Nero (Mishefa Res) entrambi in lingua curda. Lo Yazidismo ha avuto un grande profeta riformatore nel teologo Adi Hakkari visuto nel IX sec. la cui tomba a Lalish è meta di pellegrinaggi. Fanno parte di questa religione le abluzioni sacre, il divieto di mangiare certi cibi, la circoncisione anche se non obbligatoria, il digiuno, il pellegrinaggio devozionale sulla tomba del profeta Adi, caratteristiche che ad uno sguardo superficiale lo avvicinano all’Islam, ma che si pongono in un contesto socio-culturale molto diverso. Credono poi, a differenza dell’Islam, nella metempsicosi o trasmigrazione delle anime, danno molta importanza alla interpretazione dei sogni e non predicano la Jihad ovvero la guerra santa. Gli osservanti hanno l’obbligo di pregare due volte al giorno in direzione del sole e mai in presenza di chi non appartiene al culto dell’Angelo Pavone. Particolari che mettono lo Yazidismo in relazione con il culto iranico di Ahura Mazda. Il giorno sacro è il mercoledì, mentre il sabato è il giorno del riposo. Esiste la fractio panis come nel cristianesimo e si usa render omaggio ad alcune chiese cristiane. Il significato di molte festività non viene divulgato, fatto che accentua il carattere esoterico e misterico di questa particolare religione in cui elementi islamici, cristiani, ebraici, mazdei, animistici si fondono. Proprio per questa peculiarità gli Yazidi sono stati considerati erroneamente un popolo a parte ed hanno subìto una secolare diffamazione da parte dei musulmani e dei cristiani che li hanno presentati con diverse motivazioni o come pagani o addirittura come adoratori del diavolo. Sono monogami ed endogami, non accettano matrimoni interreligiosi né conversioni né fanno proselitismo. Dopo aver fatto un necessario excursus su questo particolare gruppo, nel prossimo numero parleremo della loro storia segnata, come quella dei loro cugini Kurdi, da secoli di persecuzioni, di deportazioni, di eccidi fino all’ultima operata dal Daesh in cui secondo stime ONU sono state uccise 5000 persone e altrettante catturate e vendute come schiavi. Pierluigi Seri
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