URUK
Giampiero Raspetti
N° 1 - Gennaio 2009 (61°)
A Gerico il primo villaggio. A Uruk, seimilacinquecento anni dopo, e seimilacinquecento anni fa, la prima città, fenomeno che impresse una svolta radicale alle condizioni di vita degli uomini. Sparuti gruppi alla continua ricerca di cibo, impotenti, per centinaia di migliaia di anni, nei confronti della natura, danno inizio, unendosi lungo le rive dell’Eufrate, alla nuova organizzazione sociale ed alla produzione calcolata dei beni, ottenendo altresì le prime vittorie nella comprensione e nel dominio della natura. Allorché la produzione dei beni supera il fabbisogno, si sviluppa la divisione del lavoro, con specialismi operativi che non producono direttamente cibo, ma svolgono servizi necessari alla nascente società. Sacerdoti, guardie, scribi, artigiani, mercanti, oltre agli agricoltori ed agli allevatori, ovviamente. Le condizioni di vita migliorano, ma nessun cittadino è più autosufficiente: tutti lavorano in funzione degli altri. Rigogliosa si fa la catena della socialità e della solidarietà. Spuntano poi specialismi non produttivi, ma solo allietativi. E’ il ludico pubblico, compatibile con il di più e dosato sempre con misura. Oggi la famiglia di chi produce si è allargata a dismisura, costretta a mantenere orde di parassiti, non sempre ludici. Il lavoro dell’uomo di cultura e di scienza, dell’artigiano e dell’imprenditore, dell’operaio e del contadino, di ideatori e di esecutori, è costretto a mantenere uno straripante superfluo. Non lo stringe però nel pugno, come suggerisce la parola, ma gli è imposto da uno stile di vita in cui l’inutile traboccante (super fluo) si fa, per tanti ricchi, lo stretto necessario, mentre miliardi di diseredati, alla incessante ricerca di una infinitesima parte del minimo necessario, chiedono sempre più insistentemente e a ragione la loro parte di diritti. I parassiti che manteniamo sono sotto l’occhio di tutti. Sotto le occhiaie dei genitori i tanti giovani che non hanno lavoro. Inquieta una società che aggiunge uno zero alle elargizioni per politici e calciatori e ne sottrae uno agli stipendi (stips significa monetina) di scienziati ed educatori. Una società che oggi disaggrega, mutila; in cui cresce a dismisura l’incapacità di interpretare e di capire, beotizzati come siamo dall’idiozia del superfluo. Saremo capaci di tornare alla vita delle necessità e dei valori, quella che eresse Uruk? Saremo in grado di rifiutare indifferenza e isolamento, di desiderare meno maestri e più testimoni, meno tv e più libri, meno disparità e più giustizia sociale? Riusciremo ad imprimere una svolta radicale per l’urgente trasformazione sociale ed economica, per un rapporto diverso tra le persone ispirato a convivialità, nonviolenza, gratuità, sobrietà? Se sì, fiorirà la città che invochiamo, la città del sole e delle acque, non confusa da abbrutimenti, ma rallegrata da solidarietà. Un dono necessario che l’uomo farà a se stesso.
Maria Luisa Fazio
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Te s t o s um e r ic o Pongo fine alla confusione della mia razza umana e all’abbrutimento delle mie creature facendo uscire il popolo dalle caverne. Si costruiscano le città: in esse l’ombra sia gradevole. La pura acqua che spegne il fuoco si troverà lì: la terra sarà irrigata. Desidero che vi sia pace. Enlil
- dio supremo