Numero 101 Gennaio 2013
Mensile a diffusione gratuita di AttualitĂ e Cultura
F o t o M a rc o I l a r i
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Deficienze - P Fabbri Flash mob mania - A Melasecche TECNO OFFICE LUIGI FRANCESCANGELI - R B e l l u c c i A n c h e To p o l i n o p a g a p i ù t a s s e - F Patrizi Finanza imperat! - P Seri NERO NORCIA Uno più uno... fa tre - S Marsiliani, P Pernazza GRUPPO CENTRALMOTOR ... eppure ho questo tra lo stomaco e la gola... - C Colasanti L’ i n d i g e n z a - V Grechi Nuova illuminazoione a viale della stazione - F Capitoli L a Te r a p i a M a n u a l e O s t e o p a t i c a - A C o n t i A s s o c i a z i o n e C u l t u r a l e L A PA G I N A - M o s t r a A s s o c i a z i o n e C u l t u r a l e L A PA G I N A - P i c c o l i g e r m o g l i c r e s c o n o AMARCORD TERNANA - M Barcarotti CENTRO VETERINARIO LUNGONERA TERNI RUGBY FA R M A C I A B E T T I I N T E R PA N L A B O R AT O R I S A L VAT I A Z I E N D A O S P E D A L I E R A S A N TA M A R I A D I T E R N I STUDIO DI RADIOLOGIA BRACONI N U O VA G A L E N O LA STANZA DEL SALE - MEDICINA PSICOSOMATICA P I E R I N O E I L L U P O - V Cassutti L’ a l i m e n t a z i o n e d e l b a m b i n o : i l d i v e z z a m e n t o - L F B i a n c o n i ALFIO PROGETTO MANDELA Alla scoperta di... TERNI E I SUOI SIMBOLI - L Santini LICEO CLASSICO - B Griffani CENTRO MEDICO DEMETRA - ERREMEDICA I n s u f f i c i e n z a Ve n o s a C r o n i c a - G C a p i t ò Zueth Nadir e il mistero delle scarpe appese in città - L B e l l u c c i D e f o r m i t à a s s i a l i d e l g i n o c c h i o n e l b a m b i n o - V B u o m p a d re ASTRONOMIA - T S c a c c i a f r a t t e , E Co s t a n t i n i , P C a sa l i , M P a sq u a l et t i , T S F O N D A Z I O N E C A S S A D I R I S PA R M I O ALLEANZA TORO L a s p e d i z i o n e d e i m i l l e : l e p r e m e s s e - F N eri G L O B A L S E RV I C E SUPERCONTI
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PA G I N A
Mensile di attualità e cultura
Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni
DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta di Raspetti Giampiero
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Direttore editoriale Giampiero Raspetti
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100 … 101 … Non ho mai suggerito, ai miei redattori, cosa scrivere. Non ho mai stagliuzzato articoli né censurato idee, a meno che non si trattasse di offese, alla persona o alla morale comune. Non posso dunque censurare il pezzo di Loretta. Infatti, non trattandosi di offese e poiché le frasi sono rivolte ad una moralità, la mia, non comune (mai precostituita - nel senso che la vivo istante per istante, al cospetto della particolare situazione problematica, non secondo consunti schemi, e nel rispetto assoluto di ogni singola onesta individualità), devo a fortiori pubblicare l’articolo che segue. La scrivente è una delle persone che stimo di più al mondo... quindi pubblico il suo pensiero... con gratitudine, anche se lievemente imbarazzato. E, magari, provo anche a farmi cullare dalle sue parole, per illudermi, almeno per un attimo, di essere proprio così! GR
100 … 101 … 1001 100 e non li dimostra. Meno che mai 101. Parliamo de La Pagina, il giornale che l’indefesso Giampiero Raspetti ha inventato, scritto, organizzato, distribuito, alimentato, amato, sudato … Lui, sognatore caparbio, ingenuo e generoso, appassionato, astratto e concreto. Giampiero che è capace di sognare l’impossibile e realizzarlo concretamente; che deve seguire la sua idea perché questa si realizzi compiutamente. Lasciatelo fare e farà le cose in grande, perché i suoi pensieri sono grandi e soprattutto sono liberi. Matematico. Letterato. Colto coltissimo stracolto. Pensatore libero. …un poeta. E ancora: Intellettuale senza schemi precostituiti (si chiama onestà intellettuale). Combattente indefesso contro tutte le superstizioni e le demagogie. Ricercatore e divulgatore. Innamorato di chiunque mostri interessi, passioni, disponibilità, intelligenza. A ognuno propone una pagina del suo giornale, della sua creatura, per aggiungere voci alle tante voci che ha ospitato. Sempre alla ricerca del più e del meglio. E ancora: Scrittore profondo, gradevole, acculturato e, anche, fantasioso e originale, perché riesce a scrivere tre libri -strettamente collegati- in uno: uno sulla pagina di sinistra, uno su quella di destra, uno per traverso. Li leggi tutti, insieme e separatamente: ti ritrovi in un turbinio di idee, di storie, di cultura antica e viva. Un piacere tutto da scoprire. Questo è un omaggio postumo al numero 100 de La Pagina e al suo ideatore. Non è per distinguermi dagli altri che hanno scritto in quel voluminoso numero del giornale. È per augurarne la continuità (101 … 1001 … ). Loretta Santini Senatore della città
Deficienze In tempi di DPEF, è inevitabile tornare a salutare una parola profondamente latina che è però così radicalmente intessuta nella lingua nazionale da aver perso del tutto la patina di parola colta. Deficit è infatti ormai “il deficit”, e poco conta che derivi dalla terza persona del presente indicativo di “deficere”: però questo è un verbo importante, perché dal latino arriva sano e salvo nell’italiano, conservandone appieno anche il significato. L’etimologia spiega che la parola discende dalla particella “de” -che qui sta per “cessazione”- e “facere”, col risultato finale di “cessare di fare”, e quindi “mancare”. Insomma il deficit è pari pari la “mancanza”: e nel caso del Deficit a mancare è il denaro. Però, anche se i soldi non bastano mai, non sono mica sempre e solo i soldi a mancare. Possono mancare anche molte altre cose, e a quel punto bisogna fare buon viso a cattivo gioco: se manca qualcosa, di quella cosa si è deficienti, e non c’è niente da fare. “Absit iniuria verbis”, dicevano sempre quelli, i latini. Ad esempio, è frequente il caso in cui a mancare sono le informazioni (se non proprio la cultura): perché solo con l’ipotesi di mancanza di informazioni può spiegarsi come abbia potuto il Pentagono prendere in considerazione la cosiddetta “bomba gay”. La storia è semplice: un’associazione pacifista (The Sunshine Project) ha scoperto che nel 1994 il Laboratorio di Aeronautica di Dayton (Ohio) richiese 7,5 milioni di dollari di finanziamento per lo studio di una bomba non letale, basata su un cocktail di ormoni afrodisiaci, che avrebbe dovuto scatenare immediate passioni omosessuali tra i soldati nemici, riducendone la belligeranza. Ora, la prima cosa da riconoscere è che, comunque la si metta, è davvero molto meglio spendere soldi per costruire bombe non letali che moltiplicano i rapporti amorosi piuttosto che per fabbricare bombe normali che moltiplicano solo gli squartamenti e gli ammazzamenti. Concesso questo, ci si può permettere qualche considerazione in merito alla mancanza (storica) di informazioni. Nel 371 a.C. accadde infatti una cosa sorprendente, che dovrebbe essere ben nota ai signori del Pentagono, dato che si tratta di un atto di guerra: la Battaglia di Leuttra. Qui gli invincibili e invitti Spartani persero per la prima volta una battaglia terrestre in campo aperto e a sconfiggerli furono i Tebani. Una delle principali ragioni della travolgente vittoria di Tebe fu la dirompente forza d’urto del Battaglione Sacro; questo era composto da 300 soldati particolarmente valorosi che combattevano con una determinazione mai vista. Tale possanza guerresca derivava dal fatto che a comporlo erano 150 coppie di amanti che combattevano fianco a fianco; combattevano non solo per loro stessi e per la loro nazione, ma anche per proteggere -direttamente lì, sul campo di battaglia- la persona amata. Quindi, se al Pentagono pensano davvero che un esercito di gay sia preda facile per i virili maschioni dell’Oklahoma, forse farebbero bene a ripassarsi le imprese di Epaminonda e Pelopida.
Ma, dicevamo, in fondo questa è solo deficienza di cultura storica: peccato ormai da considerare veniale e certo minore, a ben vedere, del lasciare che gli studi sulle sostanze che fanno innamorare la gente non siano poi stati seriamente proseguiti dai laboratori civili. Ben più gravi sono le deficienze di capacità di giudizio, di senso comune, di intelligenza. Così, se un dodicenne palermitano impedisce ad un suo compagno di entrare nei bagni dei maschi, prendendolo in giro, dandogli della “femmina” e dell’omosessuale, mostra purtroppo già una lunga serie di gravi deficienze: di rispetto per gli omosessuali, per le femmine e per gli altri in genere, ad esempio. Ma anche deficienza di senso di civiltà, di repulsione alla violenza, di tolleranza, di senso comune, e di molti altri elementi essenziali al vivere civile. A sua discolpa si può solo riconoscere che, a dodici anni, non si è ancora individui pienamente realizzati; è l’età in cui più si assomiglia ai genitori, perché si sta diventando grandi come loro, ma si è ancora troppo piccoli per aver avuto possibilità di vedere com’è il mondo fuori dalla famiglia. È quindi possibile, probabile, anzi quasi certo che le deficienze mostrate dal dodicenne siano in realtà solo poveri simulacri di deficienze ben più vaste e articolate saldamente in mano ai suoi genitori. Tanto è vero che quando la maestra ha sanzionato il bulletto imponendogli di scrivere cento volte “Sono un deficiente” -punizione blandissima, e banalmente confortata dall’incontrovertibile verità dell’affermazione: ah, fosse stato possibile fargli subire un cazziatone direttamente da Epaminonda in assetto di battaglia!- i suddetti genitori hanno prontamente provveduto a partorire acconcia denuncia. E il PM, Ambrogio Cartosio, ha chiesto e ottenuto di condannare l’insegnante cinquantaseienne. È difficile commentare, se non ricorrendo sempre al computo delle deficienze. Se l’insegnante avesse mancato di punire il ragazzo, non avrebbe commesso omissione, cioè deficienza, del proprio dovere? I genitori del ragazzo, non hanno forse mostrato deficienza di comprensione della gravità del gesto del loro virgulto? Possono ora arrabbiarsi, questi signori, se facciamo timidamente notare che la “deficienza di comprensione” di cui sopra è esattamente quella che spesso viene chiamata “deficienza” tout court? Per restare in tema, le cento frasi sono state scritte dal ragazzo così: “Sono un deficente”. Senza la “i”. L’ennesima deficienza. Piero Fabbri
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Flas h mob mania: mania :
q u a n d o l’unione fa il divertime nto! Quando si parla di mobilitazioni di massa vengono alla mente le grandi manifestazioni del passato che riunivano, solitamente con finalità di protesta o di sensibilizzazione rispetto ad una tematica più o meno rilevante, tanti individui, sotto la bandiera di un partito, un sindacato, un’associazione. Oggi, invece, la mobilitazione parte dalla rete. Arriva da New York e c’è chi per sminuire il fenomeno lo definisce come l’evoluzione delle ben poco amate Catene di Sant’Antonio. Ha, come spesso accade con le nuove mode, un nome anglosassone: flash mob (dall’inglese flash: “lampo”, inteso come cosa rapida, improvvisa, e mob: “folla”). Più nello specifico, Wikipedia spiega l’uso del termine, coniato nel 2003, per indicare una riunione, che si dissolve nel giro di poco tempo, di un gruppo di persone in uno spazio pubblico, con la finalità comune di mettere in pratica un’azione insolita. Si tratta appunto di un evento rapido, che solitamente non dura mai più di 10 minuti. Il passaparola avviene via Internet (principalmente sui social networks), tramite mail e/o via cellulare con l’invio di un sms a tutti i propri contatti. È per questo che spesso accade che la regia dei flash mob sia curata da un blogger con tanto di siti creati ad hoc, come www.flashmobroma.it, il primo social network in Italia dedicato. Le “regole del gioco” possono essere illustrate ai partecipanti pochi minuti prima che l’azione abbia luogo o diffuse con un anticipo tale da consentire ai partecipanti di prepararsi adeguatamente. Ciò che conta è il fatto che tutti i partecipanti stiano attenti alle tempistiche sia di inizio che di fine dell’episodio che andranno a realizzare e che li accomunerà attraverso il compimento di una stessa, ed assolutamente identica, azione. Ne esistono di varie tipologie: si parla di freeze flash mob quello in cui i partecipanti ad un segnale o un orario ben preciso si fermano restando immobili fino all’avviso di fine evento; c’è poi il silent rave durante il quale i partecipanti si riuniscono in un posto stabilito, ognuno dotato di lettore musicale e cuffiette, ballando nel più
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completo silenzio; si parla poi di human mirror nel caso in cui si reclutino svariate coppie di gemelli e si cerchi poi di ricreare delle situazioni speculari; infine c’è il massive flash mob, quando si radunano migliaia di persone, nello stesso luogo e nello stesso momento riempiendo così piazze, parchi o monumenti. I partecipanti possono anche fare cose differenti come ballare, sedersi a terra, leggere, l’importante è che tutto avvenga nello stesso momento e riempiendo il luogo designato. Il primo flash mob della storia fu realizzato a Manhattan nel reparto tappeti del Grande Magazzino Macy’s. Una folla di persone spacciandosi per una comunità di consumatori di Williamsburg cercava il “tappeto dell’amore”. In Italia, invece, la prima esperienza si è svolta a Roma, il 24 luglio del 2003. Oltre 300 persone si sono date appuntamento in Via del Corso, per poi invadere il negozio di dischi Messaggerie Musicali con l’obiettivo, raggiunto, di subissare i commessi con richieste di titoli inesistenti fino alla conclusione del flash mob, sancita da un lungo applauso. L’obiettivo del flash mob è il divertimento e la maggior parte si svolge con la sola finalità di intrattenere i passanti. Il termine solitamente non viene usato per eventi e performance organizzate a fini politici, commerciali, di lucro o di protesta. Tuttavia, in alcuni casi la tecnica del flash mob è stata utilizzata per motivazioni pubblicitarie o come protesta pacifica, anche se questo accade raramente. Ad esempio, l‘Unicef Italia ha deciso di lanciare il movimento giovanile “Younicef” attraverso un flash mob, il primo a livello nazionale in 30 piazze in contemporanea. Ciò che fa la fortuna dei flash mob è l’opportunità che dà ai suoi partecipanti di provare un senso di appartenenza ad un gruppo, anche se composto per lo più da estranei. Sarà una moda o un fenomeno duraturo ad oggi è difficile dirlo, in ogni caso lo spettacolo è garantito! ale ssia.melasecche@libero.it
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Chi non conosce Luigi Francescangeli: Francescangeli Giggi per gli amici artisti; perché anche lui, oltre ad essere stato per una intera vita un noto negoziante di abbigliamento (la indimenticabile “Super Confezioni” di Corso Tacito N. 79, che ha vestito tutta Terni), è un pittore impegnato di estrazione impressionista: un Espressionismo, il suo, permeato di un’amara e sottile ironia che fa meditare e pensare ai vari risvolti di situazioni umane, al disagio sociale, alla sua inevitabile sofferenza. Data la sua formidabile passione per il dipingere, si racconta, tra l’altro (era ancora nel pieno della sua attività commerciale) che, appena sentiva l’urgenza incombente d’una improvvisa ispirazione, scendeva difilato nel sottoscala del suo negozio, quando l’impegno con la clientela lo permetteva e la sua Nedda, di questo, fortunatamente, continuava ad occuparsene. Radicata consuetudine era pure la frequentazione nella sua “Super Confezioni”, degli amici artisti “big” di Terni, prima della chiusura serale, tanto da creare sovente un vivace “cenacolo d’arte”, con i soliti programmi e progetti futuri e, poi, tra una facezia e l’altra: il su e giù lungo Corso Tacito. Roberto Bellucci
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Anche Topolino paga più tasse Topolino è stato fermato alla frontiera! Il fattaccio è successo in una fredda notte piovosa alla dogana di Genova e la notizia è rimbalzata di bocca in bocca: tra merci di contrabbando e loschi trafficanti, sono stati trattenuti in stato di fermo l’eroico topo in compagnia degli altri componenti della banda Disney. Non erano immigrati clandestini fuggiti nottetempo da Topolinia né rifugiati politici scampati a una rivoluzione cartonata; a fermare l’orda di pupazzi è stata una tassa escogitata dal (fu) governo Monti. Le merci che entrano nel nostro paese devono pagare un dazio doganale che si calcola in percentuale sul loro valore di mercato. Anche i pupazzi destinati ai bimbi piccoli sono soggetti al dazio, ma il Governo ha deciso che non devono pagare tutti allo stesso modo: l’orsacchiotto Winnie the Pooh pagherà meno rispetto a Zio Paperone; non perché Monti abbia messo la patrimoniale a Paperopoli (non c’è riuscito neanche lì!), ma per via delle nuove norme che prevedono l’applicazione di un dazio pari al 4,7% per i pupazzi umanoidi, mentre per quelli raffiguranti soggetti non umani la tassa è inferiore. Quella notte piovosa la Promoplast di Torino attendeva un bastimento battente bandiera cinese carico di Barbie, Spiderman, Paperino & co. All’arrivo della merce, la dogana di Genova ha applicato l’aumento del dazio ai pupazzi umanoidi, così Spiderman si è visto aumentare le tasse, ma il supereroe non ha battuto ciglio poiché, sotto la maschera da ragno, si cela (non è certo un segreto) il timido e onesto Peter Parker. Quando la stessa tassa è stata applicata a Paperino, pennuto abituato ad essere gabbato, a sua difesa è intervenuto l’avvocato della Promoplast sostenendo che paperi, topi e gatti non sono umanoidi,
ma semplici animali. La disputa tra bipedi con o senza piume è arrivata fino al TAR della Liguria, che ha dato ragione alla Promoplast: in effetti al giudice deve essere risultata evidente la differenza fisica che separa Paperina da Barbie, ma l’Agenzia delle Dogane ha presentato ricorso e il secondo grado di giudizio ha ribaltato la sentenza, poiché a contare non sono le fattezze (per quanto Paperina abbia più curve femminili di Barbie) o la somiglianza esteriore, ma la postura, il movimento, il portamento… insomma, Topolino è sì un sorcio, ma cammina come un uomo, parla come un uomo e si comporta come tale. Ciò lo distingue dall’orsacchiotto tontolone con l’occhio vacuo che danno in omaggio con i punti della spesa e lo assimila alla categoria di Barbie e Ken (rispetto al quale Topolino è intellettualmente superiore, ma questo è un altro discorso). Indubbiamente si tratta di una tassa discriminatoria: per quale motivo bisogna far pagare di più i pupazzi umanoidi a discapito di quelli animali? È come se l’Europa chiedesse, in questo momento di crisi, un sacrifico aggiuntivo agli umanoidi poiché, essendo dotati di intelletto e sapienza, possono comprendere la situazione finanziaria e dare il loro contributo all’Agenda Monti; certo, un orsacchiotto dallo sguardo ebete non capirebbe… ma se è per questo, neanche noi. Aldilà della disputa tra pupazzi, questo aumento del dazio doganale comporta, nella fattispecie, un aumento del prezzo della merce a scapito dei genitori che l’acquisteranno. Insomma, diciamolo senza tanti giri di parole: una tassa indiretta sui bambini. Francesco Patrizi
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Finanza imperat! Spread, default, welfare…termini fino a qualche tempo fa sconosciuti o noti solo ad una cerchia di eletti, ma che oggi grazie ai media sono diventati tristemente popolari. Ma ci siamo chiesti se il pubblico televisivo, cioè quello stesso delle telenovelas, delle veline e dei quiz, ha idee chiare su cosa significhino? Francamente penso di no in quanto siamo bombardati da una valanga di informazioni che ci rimbecilliscono al punto che dopo un programma televisivo crediamo di conoscere i fatti, ma poi, pensandoci su, ci rendiamo conto che le nostre conoscenze in proposito sono imprecise e superficiali. Tutto ciò risulta ancor più grave quando si entra nel mondo magico e misterioso della finanza che come una fascinosa e lussureggiante giungla di Kipling, ti attira, ma al contempo ti irretisce, avviluppandoti nei suoi verdi meandri di cui resti prigioniero senza possibilità di uscita. Dei grandi luminari della medicina, della fisica, della chimica riesci a capire cosa hanno scoperto su come funziona il corpo umano, la materia, il cosmo. Degli scienziati dell’economia non riesci invece a comprendere cosa abbiano capito su come funziona la moneta, il mattone. Qualora vi capitasse di leggere un testo di economia di uno dei suddetti luminari li troverete corredati di equazioni, incognite, funzioni, variabili... si ricorre all’algebra per tentare di afferrare una realtà che sfugge. Per non parlare poi del linguaggio usato che quanto ad astrusità e complessità farebbe apparire l’Enciclopedia del filosofo G.F.W. Hegel un romanzo di appendice. Si ha la netta sensazione di entrare in un mondo riservato a pochi iniziati, ad una equipe di eletti…il resto fuori! La scienza economica e il modo con cui i politici se ne occupano restano oscuri. In cosa consistono le teorie che i vari governanti propongono ai loro cittadini? Quali sono i rimedi alle crisi che ciclicamente si ripetono? Quali i piani di rilancio? Tutti o quasi partono dalla brillante scoperta che non si può spendere più di quanto si guadagna né consumare più di quanto si produce, ma se non si spende, non si consuma e, se non si consuma, non si produce e allora il mercato ristagna, a quel punto o le cose si aggiustano da sé o precipitano nel baratro. Nel passato recente la teoria vincente era la guerra ritenuta un mezzo rapido ed efficace per risolvere le crisi economiche, non c’era generazione che non ne preparasse una nella speranza che fosse risolutiva. Sto esagerando? Pecco di cinismo? Forse, ma date un’occhiata anche su un comune manuale in uso nei licei alla storia del secolo scorso e capirete! L’economia, la finanza sono scienze tristi. Ogni giorno nei vari tg, nei giornali, nelle trasmissioni più seguite condotte dall’anchorman di turno che si chiami Vespa, Santoro, Lerner è cosa secondaria, salgono sul palco esperti, tecnici, professori che ci ripetono fino alla noia che il nostro uso del denaro, del risparmio, la nostra ricerca del benessere, ci portano inequivocabilmente verso il fallimento, la bancarotta, il default. Piccole nazioni come la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda costrette da secoli alla miseria, alla servitù, si sono messe, dopo l’ingresso nell’Eurozona, a spendere e spandere finché le casse delle loro banche sono vuote e devono ricorrere a prestiti dal resto d’Europa, imboccando un tunnel di cui non si vede ancora una via d’uscita, col rischio di contagiare nazioni più grandi come Spagna e Italia. I grandi esperti di economia e finanza cosa fanno? Si siedono in cerchio davanti alla telecamera, facendo a gara a chi parla il linguaggio più incomprensibile, tanto per nascondere il fatto che alle domande concrete non sanno cosa rispondere. La crisi economica mondiale non è ancora finita che già se ne prevede un’altra. Sembra che queste bolle esplodano e le cause spesso sono incomprensibili anche a chi come i grandi esperti dovrebbero fare chiarezza. Spesso si ripete che una delle cause sta nell’ignoranza che circonda fatti e misfatti dell’economia e della finanza, cosa che ha permesso a mr. Madoff di rubare decine di miliardi agli espertissimi di Wall street. Al banco degli imputati stanno i banchieri, i manager protagonisti dell’economia creativa ovvero di azzardo, di rischio come unica risorsa che permetta guadagni enormi ed immediati a cui ora si sta tornando sotto forme diverse. La condanna esemplare di Madoff non fermerà nessuno dal riprovarci.
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Una delle caratteristiche del neocapitalismo sembra essere la sua incorreggibilità, la sua irresponsabilità. È noto che top manager percepiscano compensi sproporzionati derivati da accordi tra potentati economico-politici, senza tenere in alcun conto dell’opinione pubblica e dell’indignazione popolare; premi, pensioni miliardarie spesso percepiti anche da chi ha mandato in rovina un’azienda. Gli economisti chiamati da Obama a sanare la crisi americana sono gli stessi che hanno incoraggiato la bolla dei mutui per la casa anche a chi non poteva pagarli. Così un giorno crolla la Borsa per il fallimento della Grecia, il giorno dopo va alle stelle per la promessa di aiuti dall’Europa, poi giù di nuovo e così si va avanti…fino a quando? Quien sabe? Nessuno lo sa, tantomeno i sedicenti esperti. Cosa si evince dalla crisi del Neocapitalismo o dal crollo del Comunismo, dal fallimento ciclico dei massimi sistemi? Una cosa molto semplice, ma molto drammatica: la brama di potere e di denaro è inesauribile ed incontrollabile. I venerdì neri di Wall street, le dittature che crollano e poi rinascono sono il chiaro esempio di una umanità che non riesce né a controllare i propri appetiti né ad imparare dalle recenti o antiche lezioni della storia. Una cosa è certa la crisi continua e non se ne vede la fine perché fatica a morire il liberismo caotico da cui è nata. Tutti sanno che non si può fare il passo più lungo della gamba, ma la crisi attuale non è proprio il contrario di questa regola? La crisi non finisce perché nessuno è disposto a chiudere il rubinetto dell’abbondanza, mentre le conferenze degli esperti finiscono in inutili prediche e nelle solite medicine punitive dei tassati e tartassati, col risultato di riempire trasmissioni come Ballarò, Anno zero, Matrix ecc. di vane geremiadi o di alimentare il cinismo di comici più o meno professionali. Sarebbe ora che la classe politica in blocco si rendesse conto una buona volta della reale situazione del cittadino medio, invece di blindarsi dietro privilegi, benefit, leggi di comodo e compensi milionari! Pierluigi Seri
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Un o p iù u n o . . . fa tre … nella costituzione della coppia, ciascuno porta una sorta di valigia contenente le rappresentazioni interne relative agli schemi “dell’essere con” ed un insieme di aspettative, emozioni, desideri che tendono ad essere riprodotti nelle nuove relazioni. Quando un uomo e una donna programmano di sposarsi o di vivere insieme portano con sé una eredità familiare e devono fare lo sforzo di fondere due culture in una sola, attraverso una sorta di contratto tra le due famiglie (Andolfi, 2003). La formazione di una coppia non è solo l’inizio di una nuova storia familiare, ma appartiene ad una storia già complessa, quella che nasce fra le rispettive famiglie d’origine. Uno dei campi di battaglia su cui la coppia si deve scontrare è ad esempio quello delle lealtà originali. Per lealtà si intende la scelta di obbedire a dei valori di correttezza e sincerità mantenendo le promesse iniziali e scegliendo anche un codice prestabilito; in altri termini, si può intendere per lealtà il grado di coerenza tra un comportamento nella pratica e gli ideali a cui si attiene teoricamente una persona. La capacità di equilibrare la lealtà verso il coniuge con la lealtà verso la famiglia d’origine è assai complessa e può derivare da una serie di fattori come: l’istinto riproduttivo, l’affetto, la capacità di amare ed essere amati, la fantasia di creare un’unità familiare migliore della propria famiglia d’origine, la sensazione consapevole di salvare l’altro o di essere salvato dall’altro da una situazione familiare indesiderabile. Accanto a tali elementi vanno considerati anche il conformarsi alle aspettative della società, l’adesione ai valori di altre coppie, la gratificazione derivante dal prendersi cura dell’altro e di essere oggetto di premure. Affinché l’equilibrio fra lealtà coniugale e lealtà familiare si realizzi, oltre a tutti questi fattori, occorre una rielaborazione del legame familiare. Là dove rimangono, infatti, problemi irrisolti di separazione, abbandono e perdita, queste esperienze costituiranno una sorta di filtro con cui interpretare la realtà. Per capire più semplicemente come tutti questi discorsi finiscono con il trasformarsi in ciò che, metaforicamente, la scorsa volta abbiamo denominato come bagagli, riportiamo il seguente caso clinico. La coppia T. rappresenta proprio una situazione in cui la rielaborazione del legame familiare non è avvenuta. Sara non è riuscita a fare un passaggio alla vita adulta, continuando a chiedere alla madre quelle attenzioni di cui si è sentita privata, continuando a trasportare queste problematiche nella relazione coniugale, dove ha strutturato una dinamica di gioco in cui è
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abituata a stare fuori dal rapporto lottando contro chi cerca di entrare nel suo “mondo emotivo”. Roberto, invece, sembra essere ancora influenzato dal confronto con un “padre mito” che probabilmente ostacola l’espressione delle sue potenzialità per paura della sconfitta. Sara ha ammesso in terapia di sentire come se avesse effettuato una sorta di scissione tra la testa e il cuore. Infatti è come se si trovasse perennemente bloccata a dover scegliere tra un posto sicuro, ma non allettante (con il marito) e un posto allettante, ma non sicuro (con l’altro). Questa immobilità si può comprendere meglio se si considera che Sara è cresciuta in un ambiente in cui è sacro il concetto dell’unità familiare per cui si è attribuita il ruolo di colei che deve portare avanti il patto di “fare andare bene le cose”. La crisi di questa coppia può essere definita come una modalità di gioco perverso, rigido e cronico, in cui si riperpetuano i nodi personali di ciascuno che non permettono una evoluzione e la possibilità di uscire dall’ottica di vedere solo la parte del’altro per concentrarsi sulla propria. Questa Coppia è regolata da confini rigidi che si snodano attraverso due polarità: apertura-chiusura. Sara si chiude in se stessa con la consapevolezza che Roberto tenterà di entrare nel suo “mondo”. Quali significati all’interno della relazione di coppia sono sostenuti da queste dinamiche? A Sara serve qualcuno che esista per soddisfare i propri bisogni, Roberto, che viene al mondo dopo la morte di due fratelli, sembra essere nato per riparare un lutto e quindi sente di esistere solo quando può sopperire ai bisogni dell’altro. Come un puzzle quindi, due persone s’incastrano completando delle parti mancanti, anche se spesso, come nel caso di questa coppia, rimanere vicini fa soffrire. D’altro canto in letteratura è nota la “folie a deux” quella situazione di conflitti e crisi che non portano a separazione, ma nemmeno a pacificazioni, per cui si continua ad andare avanti intrappolati in un discorso del tipo “non voglio più saperne di te, ma non posso fare a meno di te”. …Ovviamente non tutti i bagagli sono cosi “pesanti”…il sistema coppia riesce ad essere sano e funzionale quanto più riesce ad adattarsi alle esigenze dei singoli e a favorire il processo di crescita dei due individui che la compongono, come è ben interpretato dai versi del poeta Khalil Gibran ne Il Profeta: “…amatevi l’un l’altra, ma non fatene una prigione d’amore... riempitevi a vicenda le coppe, ma non bevete da una coppa sola (…). Dott.sse Silvia Marsiliani e Paola Pernazza Psicologhe-psicoterapeute www.silviamarsiliani.it www.paolapernazza.it
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... eppure ho questo tra lo stomaco e la gola: voragine incolmabile, tensione evolutiva! Ogni nuovo inizio porta con sé un bagaglio di speranze, sogni e illusioni, qualsivoglia “nuovo inizio” sia: una nuova attività, un nuovo periodo, un nuovo modo di affrontare la vita... figuriamoci quindi quanto possa essere grande il bagaglio di aspettative che porta con sé ogni nuovo anno. Il 2013 arriva carico di attese, di desideri, ma anche di paure e tensioni. Usciamo dal labirintico 2012 con uno spirito tutt’altro che risollevato, in primis per questioni legate, più economicamente parlando, alla crisi e ai problemi che il nostro Paese sta cercando di affrontare per risollevare la testa (inattesi ritorni di essere mitologici compresi, purtroppo!). In seconda battuta poi quest’anno appena lasciato alle spalle è stato caratterizzato da una girandola di crescente violenza che non aiuta certo a guardare al futuro con rinnovata speranza e con aspettative positive. Basti pensare alla strage di NewTown, la strage nella scuola elementare che ha fatto partire la corsa agli armamenti privati. Sì, uno penserebbe che una strage del genere avrebbe potuto paralizzare un Paese dalle tante contraddizioni ma pur sempre legato ai suoi bambini e invece no. Mentre una parte d’America piangeva, così come ha fatto il suo Presidente in conferenza stampa (e cos’altro avrebbe potuto fare, vista la situazione?), un’altra parte, messi da parte i fazzoletti, correva a comprare un’altra pistola, un altro fucile, un’altra arma per “difesa personale” o per semplice piacere di collezionare. Ma collezionare francobolli no, eh? Questo nuovo anno porta con sé, perlomeno nella mia vita, un cambiamento importante e il mio bagaglio di aspettative è davvero pesantissimo, ma assistendo a scempi del genere il peso della mia valigia di sogni quintuplica, riempiendosi però non di bei sogni ad occhi aperti e di voglia di fare, ma di sassi, pesantissimi sassi che non servono a niente. Possibile mai che, nel 2013, ancora non si riesca ad uscire dal vortice di violenza gratuita in cui ci siamo andati a ficcare da troppo tempo? L’America è “la terra dei paradossi”, “non stanno messi tanto bene” e “sono completamente fuori di testa”, ma io ai clichés ci credo sempre tanto poco. Non perché amo gli Stati Uniti e quello che possono significare, ma
perché non si può rinchiudere niente e nessuno in una sterile definizione senza che qualcosa resti, irrimediabilmente fuori. Ma mentre le famiglie devastate dalla follia di un ventenne (che ha trovato un’armeria in casa e con quella ha distrutto la sua famiglia e quelle dei bambini e delle maestre che si sono sacrificate per salvare i loro alunni) piangevano e cercavano di trovare delle risposte, migliaia di altre persone si preoccupavano solo delle possibili implicazioni future che questa strage avrebbe portato, ovvero: leggi più severe per acquistare armi per scopo privato. Ma quale scopo privato? Ma quali armi? Ma di cosa stiamo parlando? Legittima difesa, chiaro, posso comprenderlo benissimo, ma non arrivo proprio a condividerlo, né tanto meno a capirlo. Così, nel mio bagaglio fatto di sogni, voglia di fare e sassi pesanti che la realtà si prende la briga di ammassarmi in fondo alla valigia, porterò con me un po’ di quella “tensione evolutiva” di cui parla Jovanotti nel suo ultimo singolo. Non possiamo fregiarci di essere una società all’avanguardia, una società evoluta e poi andare a fare la fila, la corsa, per comprare armi per difenderci, quando poi, di situazioni di pericolo in cui sia richiesta l’autodifesa ce ne sono davvero poche. Concordo sul fatto che il mondo sta impazzendo, che si può morire per colpa di qualche squilibrato nei momenti che meno ci aspettiamo e nei luoghi che non avremmo mai immaginato, ma quello è un altro discorso e il destino è destino, e se è destino che ci salviamo una pistola in tasca non cambia assolutamente nulla. Questo è un argomento troppo grande e delicato per essere affrontato da una ventiduenne utopista e impreparata quale sono, ma vi auguro solamente che il 2013, oltre che portare un po’ di serenità che il 2012 si è portato via con sé, porti anche un po’ di sana tensione evolutiva in ognuno di noi, perché magari, insieme, qualcosa la si riesce davvero a cambiare. Ci vuole pioggia, vento e sangue nelle vene... e una ragione per vivere, per sollevare le palpebre e non restare a compiangermi, e innamorarmi ogni giorno, ogni ora, ogni giorno, ogni ora di più! Chiara Colasanti
Dal 10 al 20 febbraio 2013, nell'ambito degli eventi valentiniani, Palazzo Primavera ospiterà una mostra d'arte contemporanea che cerca di approfondire quanto il linguaggio dell'arte possa essere davvero un linguaggio universale. L'associazione culturale Sinergie organizzerà una mostra che porta come titolo proprio Il linguaggio universale dell'arte e che vede i talenti di quattro artiste ternane e quattro artisti iracheni uniti in un connubio internazionale in nome dell'arte. L’inaugurazione avverrà il 10 febbraio alle ore 16 presso l’Auditorium di Palazzo Primavera. Saranno presenti l’Ambasciatore dell’Iraq presso la Santa Sede, S.E. Habeeb Mohammed Hadi Ali Al Sadr, autorità civili ed ecclesiastiche del territorio. Le opere di Valentina Angeli, Angelisa Bertoloni, Cecilia Piersigilli, Rossana Moretti, Jaber Alwan, Ammar Al Hameedi, Fuad e Resmi Al Kafaji verranno esposte nella nostra città proprio per approfondire e promuovere la conoscenza dei due Paesi, per costruire così un ponte tra Italia e Iraq, i cui mattoni siano opere d'arte che ci conquistino e ci conducano lungo questo percorso, pennellata dopo pennellata.
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C’erano tre o quattro casette a fianco della strada bianca, a un’ora d’asina dal paese più vicino, e in una di queste viveva Silverio con Clementina, sua moglie. Erano rimasti soli dopo che il figlio e la figlia si erano sposati ed erano andati a vivere lontano. Era finita da qualche anno la Seconda Guerra Mondiale e la situazione generale stentava a migliorare. I due coniugi avevano allevato i due figli con molti sacrifici, perché i due o tre appezzamenti di terreno che possedevano, oltre che essere uno a ponente e l’altro a levante, distanti da casa una buona mezz’ora, erano insufficienti a sfamare quattro persone. Questo frazionamento agrario era la conseguenza del fatto che Silverio aveva quattro fratelli e una sorella e, alla morte dei loro genitori, avevano diviso le proprietà in modo che ad ognuno di essi fosse almeno garantito un pezzo di oliveto, un pezzo di vigna e un terreno irriguo per fare l’orto. Finché fu giovane Silverio cercò di integrare le sue magre entrate andando a lavorare nei campi degli altri, ma ora da vecchio si era ritirato a coltivare le sue piccole proprietà cercando di far bastare quello che riusciva a produrre. Nella bella stagione si alzava di buonora per andare a lavorare nei suoi campetti portandosi il pranzo da casa in una vecchia gavetta della prima guerra mondiale. Tutti i reduci della Grande Guerra usavano tale gavetta per lo stesso scopo, un po’ per ricordo e un po’ perché era di forma avveniristica e molto pratica da usare rispetto alle tradizionali casseruole di famiglia. La cosa curiosa era che Silverio ci aveva fatto un piccolo foro alla base, per impedire alla moglie di condire le patate lesse, suo pranzo abituale, con l’olio di oliva. A lui bastava insaporirle con un po’ di sale e due spicchi d’aglio tagliuzzati, risparmiando l’olio di oliva che era poco e sacro e guai a sprecarne un goccio! Era l’unico condimento, insieme al grasso di maiale, che permetteva di rendere squisita anche una semplice fetta di pane. Il periodo più brutto, da un punto di vista alimentare per la nostra coppia di anziani, era tra la fine di novembre e il Natale. Il maiale ucciso l’anno prima era stato consumato e la raccolta delle poche olive iniziava dopo l’Epifania; di lardo non ce n’era più e l’olio di oliva nell’orcio di terracotta occhieggiava verso il fondo, al massimo un paio di litri, morchia compresa. Era una delle giornate più corte dell’anno, saranno state le diciotto, ma si era fatto buio da un pezzo. Silverio stava seduto in silenzio accanto al fuoco, mentre la moglie faceva le faccende di casa.
L’indigenza Sirvé, io nun saccio che ffà a ccena massera…-gli dice la moglie sconsolata e anche un po’ incavolata- oji emo armagnatu le patate allesse, iersera du fette de bruschetta co’ lu pummidoru, ieri a pranzu le patate n’umidu, l’antra sera li picchjittini co’ lu sugu fintu…Ahò… io me so propriu rotta e nun saccio più che ffà! (Silvé, io non so cosa fare a cena stasera…oggi abbiamo rimangiato le patate lesse, ieri sera due fette di bruschetta col pomodoro, ieri a pranzo le patate in umido, l’altra sera la pasta fatta in casa col sugo finto… Ahò… io mi sono rotta e non so più cosa fare a mangiare) Silverio, che forse si era appisolato al calduccio inseguendo lentamente i propri sogni, venne riportato di soprassalto alla realtà dalle parole della moglie, rendendosi subito conto di dover suggerire qualcosa per l’imminente e improcrastinabile cena. Sentiva già un certo languore sulla bocca dello stomaco e non capiva se era l’acido provocato dalle patate mangiate a pranzo o le prime avvisaglie dell’appetito che andava crescendo. Fatto sta che,voltandosi a metà sulla sedia e inarcando le sopracciglia, si rivolse alla donna con un’aria di furbesca complicità: Che ne dici Crimintì de fa du’picchjittini co’ l’aju e l’oju ..?… Eh!… -e prima che la moglie avesse il tempo di replicare- … e pe cambià ‘n po’ lu sapore mittice ‘n par de spigucce d’aju ‘n più e un guccitto d’oju de meno! (Che ne dici Clementì di fare la solita pasta fatta in casa con aglio e olio?... e per cambiare un po’mettici un paio di spicchi d’aglio in più e un goccio d’olio di meno). Clementina non sopportando l’atteggiamento di princisbecco del marito lo mandò subito a quel paese e pazientemente incominciò a fare una bella stesa di pasta. Dedicato ai giovani che forse non sanno e ai meno giovani che non hanno dimenticato. Vittorio Grechi
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Nuova illuminazione a viale della stazione
Così non va 1a
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2b
Esattamente due anni fa, su questo stesso periodico, feci un articolo in cui documentavo la pessima illuminazione di viale della stazione a Terni. La stessa via era già stata citata, per lo stesso motivo, nel convegno QUALE ILLUMINAZIONE PER I CENTRI STORICI, organizzato da GATR (Giovani Architetti Terni) nell’ambito della 1° FESTA DELL’ARCHITETTURA IN UMBRIA, dal 23 Set al 3 Ott. 2010. Durante quel convegno uno dei relatori, Ing. Gianni Drisaldi (presidente nazionale AIDI -Associazione Nazionale d’Illuminazione) sottolineò il concetto base di illuminotecnica, che illuminare bene non significa illuminare tanto. La luce artificiale non deve produrre zone con alta intensità luminosa e altre in ombra. Il contrasto luce/ombra genera poca sicurezza e paura. La percezione di luminosità percepita dai nostri occhi nelle ore notturne, deve essere uniforme su tutta l’area illuminata dalle lampade e l’occhio umano non deve avere una visione disturbata dall’abbagliamento. L’abbagliamento delle sorgenti luminose (lampade) riduce l’acutezza visiva e i tempi di riadattamento del nervo ottico (effetto nocivo soprattutto per la sicurezza stradale). Un altro relatore, Ing. Gianni Forcolini (docente e ricercatore di Lighting Design, presso il Politecnico di Milano) portò come esempio di una strada male illuminata, la nostra V.le della Stazione a Terni. In questo viale, le lampade di illuminazione sono installate sopra la chioma degli alberi; quindi illuminano inutilmente la parte superiore delle piante (e il cielo) e producono pericolose zone di luce e ombra sui marciapiedi e sulla strada (vedi foto n° 1a e 1b). Nell’estate 2012 la vecchia illuminazione di Viale della stazione è stata sostituita con una più moderna e bella. Si sperava che gli uffici responsabili del Comune di Terni mettessero in funzione un nuovo impianto che illuminasse meglio e fosse rispondente alle prescrizione della Legge Regionale n° 20/2005 e del Regolamento Attuativo n° 2/2007, che stabiliscono le Norme in materia di prevenzione dall’inquinamento luminoso e il risparmio energetico. Purtroppo così non è stato. Le nuove lampade a Leed del nuovo impianto sono posizionate sopra la chioma degli alberi (stesso posto dove erano nel vecchio impianto), lasciando così al buio gran parte dei marciapiedi e i pedoni che li percorrono, con tutti i problemi di visibilità e di sicurezza che ne derivano (vedi Foto n° 2a e 2b). Franco Capitoli
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La Terapia Manuale Osteopatica Praticando Terapia Manuale (tecniche osteopatiche) so bene quanto sia efficace e quanto sia immediato il beneficio, quando si libera la conduzione nervosa lungo il decorso del nervo. Sono abituato ad osservare e affrontare il problema alla radice, per questo ritengo che una terapia che non tenga conto della vera causa del problema, ma agisca solo sul sintomo non abbia senso di esistere. Non vi nego che anche io adoro ricevere massaggi decontratturanti, o semplicemente rilassanti, ma so bene che il problema molto spesso è a monte e se non si libera l’articolazione che comprime la radice nervosa, il dolore persisterà o tornerà a breve. Co m e nas ce il dolore a lla sc hiena? Per quanto riguarda i problemi di colonna, il nervo nel 90% dei casi è irritato all’origine, a livello del peduncolo (per intenderci a livello vertebrale). È molto importante per il nostro corpo una buona condizione del sistema nervoso: difatti i nervi vanno a innervare muscoli, arterie, vene, sistema linfatico, organi, pelle. Una irritazione alla radice nervosa comporta un impulso nervoso alterato, quindi uno squilibrio (muscolare, organo malfunzionante, giramenti di testa, nausea, dolore, ecc…). I nervi vertebrali controllano tutta la funzione vitale. Il momento in cui ha inizio una disfunzione alla schiena è quando la vertebra scivola in una posizione scorretta, o non allineata (sublussazione o stenosi vertebrale). Ciò limita la fluidità di movimento vertebrale e crea una pressione sui nervi, dando il via a processi di alterazione del segnale nervoso e sintomatologia dolorosa. Te ra pia M anuale, ma nipola zioni ve rtebra l i Le manipolazioni che mirano a riallineare una sublussazione sono generate da movimenti netti, precisi e veloci, eseguiti dal terapista. In gergo tecnico vengono dette “Trust”. Si tratta di portare un’articolazione di poco oltre il suo limite fisiologico, in modo che la capsula articolare possa spostarsi, rilasciare il gas presente all’interno, e poi ricollocarsi nella giusta posizione. Non si tratta di una tecnica traumatica: il rumore del crack infatti non è dovuto al contatto tra 2 capi ossei, ma alla fuoriuscita del gas intra-capsulare, utile per favorire il recupero di una corretta posizione dell’articolazione. Il beneficio è dato principalmente dalla maggior produzione di liquido sinoviale (lubrificazione e nutrimento delle cartilagini), da un miglioramento della
microcircolazione e da una migliore idratazione del disco. Inoltre, la minor pressione sui nervi al livello vertebrale genera effetti positivi a catena su scioltezza, sensazione piacevole di “libertà articolare”, superamento del dolore, riequilibrio di organi e tessuti innervati dai rami nervosi interessati. C o n cl u s i o n i Mantenere la colonna sotto controllo periodicamente attraverso manipolazioni vertebrali è utile per prevenire o trattare artrosi vertebrali, protrusioni discali, traumi da colpo di frusta, stiramenti, lombalgia, sciatalgie, cervicalgie. La terapia manuale è molto efficace anche per attenuare gli attacchi delle cefalee muscolo-tensive, tutti i disturbi dovuti al mal posizionamento della mandibola e gli squilibri maxillo-facciali. A n d re a C o n t i Dottore in fisioterapia contiandrea.wordpress.com
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Associazione Culturale
Mostra dei Presepi di Bruno e delle Cartoline Natalizie di Florio
MO S TR E
La Pagina Terni, Via De Filis 7a
dalle ore 16,00 alle 19,00
GE NNAIO 2013
Sab 12 - Dom 27
La Divina Commedia illustrata dalle Cartoline di Virgilio Alterocca Collezione Sergio Marigliani FE B B RAIO
Lun 4 - Sab 9
Terni nebbia
2013 foto di Enzo Chiocchia
Mar 12 - Dom 17 Lettere d’amore a San Valentino Un epistolario mondiale a cura di: - padre Bose George Velassery, Ordine dei Carmelitani Scalzi - don Claudio Bosi, parroco della Basilica di San Valentino - Andrea Liberati, giornalista
Mostra iconografica per San Valentino Mar 19 - Dom 24
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Terni neve
Collezione Florio foto di Marco Ilari
PiccoliGermogli crescono
I corsi di matematica per monelli-genietti si terranno di martedì e di mercoledì, dalle ore 16,30 alle ore 17,45. Gli incontri saranno 2 al mese per ogni gruppo. I l G rup p o Pita inizierà ma rt e d ì 2 2 g e nna i o. I l G rup p o Archi inizierà mer c ol e d ì 3 0 g e nna i o. CONFERE NZE Ven 18 ore 17,30 Sab 19 ore 17,30 Mer 23 ore 21,00 Sab 26
ore 17,30
Lun 28
ore 17,30
Ven 1
ore 17,30
Sab 2
ore 17,30
Lun 4
ore 17,30
Ven 8 Sab 9
ore 21,00 ore 17,30
Gio 14 Ven 15 Sab 23
ore 17,30 ore 17,30 ore 17,30
GENNAIO 2013 Gli eremi rupestri della Valnerina Marco Barbarossa Pierino e il lupo Conoscere il potenziale umano tramite il cibo delle origini Andrea Conti, Sandro Crocelli L'antisemitismo nazista: la persecuzione e i ghetti Marcello Ricci Pitagora fu figlio dell’illibata Partenia e del Dio Apollo? Giampiero Raspetti FEBBRAIO 2013 Quilli che semo Video La Nuova Compagnia Teatro Città di Terni La qualità della vita è il più potente vaccino del mondo Francesco Bassanelli, Barbara Szadkowska La via dell’olio Giorgio Angeletti carrellata di bruschette Cultural Cabaret Quattro Diabete... no problem Emanuela Ruffinelli, Daniela Perotti controllo glicemico a richiesta La lotta laica delle donne per i diritti Marcello Ricci Le streghe Giampiero Raspetti Salute e previdenza Sabrina Guiducci
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CENTRO VETERINARIO LUNGONERA Il Centro Veterinario Lungonera è una struttura operante sul territorio ternano da circa venti anni che ha saputo sempre rinnovarsi e dotarsi di attrezzature moderne e personale costantemente aggiornato. Nella nuova sede di Via Narni è in grado di offrire gran parte dei sevizi medici generici e specialistici necessari per la gestione della salute dei piccoli animali d’affezione, in particolare cani e gatti, il tutto arricchito da un’ottima dose di disponibilità e trasparenza. Il Centro mette a disposizione dei suoi pazienti, oltre alle quattro sale visita, un laboratorio analisi interno in grado di dare risposte in tempi brevissimi, due reparti degenza, un servizio di diagnostica per immagini comprensivo di ecografia, ecocardiografia (ecocolordoppler), radiologia digitale e videoendoscopia che affianca le attrezzate sale operatorie anche per interventi mininvasivi come, ad esempio, l’ortopedia in radioguida digitale, l’asportazione ecoguidata o video guidata di corpi estranei. Per qualsiasi necessità, per preventivi o per prenotare appuntamenti non esitate a contattarci al nostro numero fisso 0744 221044 o mobile 328 3299920 o alla mail lungoneravet@libero.it Per maggiori informazioni potete visitare i nostri siti web www.centroveterinariolungonera.com www.veterinarioterni.it Centro Veterinario Lungonera Dr. Marco Piantoni-Dr. Paolo Cortelli Panini-Dr. Marco Cozza-Dr. Matteo Neroni ricevono, preferibilmente su appuntamento, in Via Narni 210/i dal lunedì al sabato dalle 09:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 20:00 per emergenze S.O.S. 24h al 3283299920
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I CANI DEL SOCCORSO ALPINO Da più di 50 anni il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico si avvale della preziosa collaborazione dei cani per salvare persone in difficoltà in ambiente impervio. Le unità cinofile di questo corpo rappresentano per certo l’eccellenza del binomio uomo conduttore in territori ostili come la montagna invernale (ricerca travolti in valanga), quella estiva (ricerca dispersi ), le macerie (terremoti, frane e smottamenti), fino alla ricerca molecolare. Il Centro Veterinario Lungonera, poiché uno dei medici è un tecnico del soccorso alpino, cinofilo da valanga e superficie e responsabile nazionale veterinario del corpo, da anni collabora con il CNSAS seguendo sia dal punto di vista medico che chirurgico molte delle unità cinofile che vengono da ogni parte d’Italia. Non esiste una razza particolare per questo tipo di attività, anche se alcune caratteristiche vengono considerate come essenziali per l’accesso alla griglia di ammissione della scuola. Gli animali vengono addestrati alla ricerca utilizzando prevalentemente il gioco fin da cuccioli.
Grande deve essere l’affiancamento tra il conduttore ed il suo cane, poiché solo con la fiducia ed il rispetto reciproco si può raggiungere un livello tecnico sufficiente per l’ottenimento del brevetto. Stiamo parlando di cani che senza esitazione si fanno calare dall’elicottero con il verricello insieme ai loro conduttori, che percorrono creste affilate di neve in quota per trovare travolti in valanga, che si arrampicano su roccia con tanto di imbracatura per la ricerca di dispersi in montagna. Grande ed importante è la responsabilità medica di questi cani, il cui valore non può essere considerato solo come affettivo (già enorme) ma anche sociale. Decine di persone ogni anno vengono salvate dal fiuto straordinario di questi esemplari e dalla dedizione che loro ed i loro conduttori mostrano ogni giorno che passa nel loro lungo ed interminabile iter di addestramento. Vengono chiamati spesso gli angeli della montagna, angeli senza ali ma con un cuore enorme e tanta voglia di giocare.... Paolo Cortelli Panini
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Mini-rugby, una grande scuola di vita Pensi al rugby e ti vengono in mente immagini di placcaggi, di mischie e di uomini grandi e grossi. Conosci il mondo del rugby e incontri persone che credono nelle regole, nel rispetto per gli avversari, nel coraggio, nel sacrificio e nella solidarietà. Vai al campo d’allenamento e trovi decine di bambini e di bambine che giocano, ridono e si divertono rincorrendosi dietro ad un pallone ovale, per imparare a giocare, certo, ma soprattutto per allenarsi a vivere. Questo è il nostro obiettivo principale - dicono i tecnici e i dirigenti del Terni Rugby, la società ternana che da diversi anni ha un settore giovanile completo, a partire proprio dai più piccoli. Si può cominciare già a sei anni, con regole adatte all’età, con educatori e allenatori specializzati. Poi si prosegue con l’Under 8, l’Under 10, l’Under 12. Fino ad arrivare all’Under 14, per passare ai campionati veri e propri dell’Under 16 e dell’Under 20. Nel nostro club -spiega il presidente Alessandro Bettivisto che i più grandi, quelli della Seniores sono conosciuti da tutti come i Draghi, abbiamo pensato scherzosamente di ribattezzare ogni formazione Under con il nome di un rettile: così ci sono le Lucertole, i Ramarri, i Camaleonti. Insomma, chi vuol diventare un drago, deve crescere un po’ alla volta. E imparare le regole, non solo quelle dello sport. La più bella vittoria l’avremo ottenuta quando le mamme italiane spingeranno i loro figli a giocare al rugby se vorranno che crescano bene, abbiano dei valori, conoscano il rispetto, la disciplina e la capacità di soffrire. Questo è uno sport che allena alla vita. (John Kirwan, ex allenatore nazionale italiana)
Dai Ramarri ai Gechi, tutti in campo con l’ovale U14 (Ramarri) Marlon Danilo Almanza Floyd, Samuele Belardi, Emanuele Bocciarelli, Lorenzo Borio, Michele Camuffo, Luca De Santis, Francesco Franconi, Leonardo Giacinti, Riccardo Marinangeli, Thomas Martinelli, Leonardo Molinari, Giovanni Morbidoni, Nicola Novelli, Luca Pannuzi, Filippo Paterni, Veronica Presti, Matteo Prosperini, Valerio Rosi, Valentin Varga. Allenatori: Luca Ventura, Marco Diamanti.
Under 12 (Camaleonti) Lorenzo Alessandrini, Francesco Arronenzi, Giulio Lorenzo Bartolucci, Francesco Campana, Giulio Capanna, Nicolò Colasanti, Francesco Conti, Niccolò Giacomelli, Martina Liurni, Filippo Pannuzi, Giulio Luca Perrotta, Lorenzo Proietti, Riccardo Maria Santilli, Filippo Terenzi. Allenatore Tommaso Piergentili.
Under 10 (Lucertole) Giacomo Calidori, Alessandro Castellani, Samuele Chiappalupi, Michele Cipolla, Pietro Coppari, Andrea Coppo Massini, Edoardo Giacinti, Devis Gunnella, Emilio Maria Kruse, Pietro Lisi, Mattia Mannu, Daniele Masini, Francesco Menicocci, Alessandro Motta, Tommaso Muti, Lucrezia Nicoletti, Mattia Pascolini, Filippo Rizzo, Stefano Scatena, Tommaso Senise, Tommaso Spera, Filippo Trequattrini, Filippo Zuccari, Francesco Di Leonardo. Allenatrice Marta Corazzi. Staff: Angela Pinzaglia, Michele Canulli.
Under 8 (Salamandre) Under 6 (Gechi) Filippo Ciotti, Rahul Blasi, Francesco Calidori, Riccardo Cameli, Giulio Coppo Massini, Mattia Filippucci, Nicolas Giovannelli, David Kruse, Carlo Nicoletti, Alexander Nieweglowski, Flavio Passero, Francesco Senise, Giuseppe Tattoli, Ilaria Trequattrini. Allenatori: Jacopo Borghetti, Federica Cipolla, Sara Pescetelli, Francesca Agabiti.
Dove e come iniziare Nell’impianto sportivo di San Carlo, le categorie del Mini-rugby si allenano il mercoledì e il venerdì dalle 17 alle 18.45. Il Terni Rugby mette a disposizione un insegnante di educazione fisica per la motoria di base che servirà all’avviamento a qualsiasi sport, uno staff tecnico con due allenatori per ogni categoria ed il proprio staff medico. Si può venire a provare un allenamento, gratuitamente. Per informazioni: 392 1010105, info@rugbyterni.it.
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AZIENDA OSPEDALIERA
Struttura Comple
D ott. Fausto R oila D ire tto re S tr u ttu r a C o m ple s s a di O nc ologia A z ie n d a O s p e d a lie r a “S. Mar ia” di Te r ni
La Struttura Complessa di Oncologia Medica Dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni, diretta dal Dr Fausto Roila, ha come fine primario quello di assicurare al paziente, nel rispetto della qualità di vita, le migliori cure possibili, utilizzando le più aggiornate procedure diagnostiche e terapeutiche disponibili. Possiede 8 posti letto per il ricovero ordinario e 18 posti di Day-Hospital. Sono eseguiti trattamenti oncologici per tutte le neoplasie e per i tumori rari. Il personale medico altamente specializzato s’interessa di sperimentazioni cliniche di nuovi farmaci e strategie terapeutiche innovative. L’attività si svolge in regime ambulatoriale, di Day Hospital e Degenza nell’ambito dei processi di diagnosi, cura e follow up dei tumori solidi. L’attività è rivolta a un’utenza regionale ed extraregionale rispondendo ai più moderni standard. Questo è possibile anche in considerazione della disponibilità di farmaci chemioterapici e biologici in fase di sperimentazione clinica. Il Dr Roila è autore di numerose pubblicazioni sulle maggiori riviste nazionali ed internazionali e ha rivestito ruoli importanti nella valutazione di nuovi farmaci oncologici; è stato membro del Tavolo di Consultazione sulle Terapie Oncologiche dell’Agenzia Italiana del Farmaco (A.I.F.A.) e fa parte di una commissione di esperti del Ministero della Sanità sull’uso delle risorse economiche in Oncologia. Il centro si avvale di un ufficio di data management dei Trials clinici nell’ambito della terapia medica dei tumori solidi e delle terapie di supporto. La S.C. è posta al piano terra del corpo centrale dell’Ospedale e dispone di un accesso diretto all’utenza con un front office già nella sala d’aspetto in grado di individuare le varie esigenze del paziente, che possono andare dall’assistenza sanitaria, alla prenotazione degli esami diagnostici. Questo è possibile tramite CUP dedicato, costituito da 4 postazioni gestite da personale specificatamente formato in tal senso. L’intera struttura è concepita intorno alle necessità dei pazienti Oncologici. Si è in grado, infatti, di fornire assistenza ambulatoriale, terapie specialistiche in regime di DH o di Degenza e attività diagnostiche con vari livelli di urgenza. Una Prima Visita ad un paziente oncologico con una semplice impegnativa del Medico Curante può essere erogata in 2 giorni lavorativi. Il DH dispone di un centro prelievi, ove possono affluire tutti i pazienti in trattamento, con la possibilità di ottenere i principali esami
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ematochimici in tempo utile per praticare le terapie oncologiche durante la giornata di ricovero, questo per venire incontro anche all’utenza extraregione. Il personale è costituito da 9 medici, 19 infermieri e 5 tra personale tecnico e ausiliario. La struttura di Day Hospital è aperta dalle ore 8:00 alle 20:00 dal lunedì al venerdì mentre è garantita la presenza di uno specialista Oncologo tutti i giorni della settimana. La struttura accoglie in base al bacino di utenza circa 1000 nuovi pazienti anno. In collaborazione con i colleghi chirurghi, radioterapisti, anatomopatologi, radiologi e altri specialisti sono attivi presso il nostro ospedale 11 gruppi multidisciplinari per la pianificazione integrata di una strategia diagnostico terapeutica dei singoli casi, ma soprattutto per quelli di maggior complessità. Questo a garanzia della qualità dei servizi erogati ed in accordo con le principali linee guida nazionali ed internazionali. È inoltre momento di costante aggiornamento e di formazione degli specialisti coinvolti. Sono attualmente attivi i seguenti gruppi: • Tumori della Mammella • Tumori del Polmone
A SANTA MARIA DI TERNI
ssa di Oncologia
STRUTTURA COMPLESSA DI ONCOLOGIA Direttore Dr.
Fausto Roila
Dirigenti Medici Dott.ssa Roberta Bartolucci Dott.ssa Claudia Caserta Dott.ssa Sonia Fatigoni Dr. Guglielmo Fumi Dott.ssa Martina Nunzi Dr. Damiano Parriani Dott.ssa Silvia Sabatini Dott.ssa Maria Tagliaventi Caposala Donatella Perugini Caposala Degenza Cristina Proietti
• Tumori del Digerente (colon-retto) • Tumori Urologici (Prostata-Vescica e UretraTesticolo-Rene e Uretere-Pene) • Tumori Ginecologici (Cervice-EndometrioOvaio-Vulva) • Tumori del distretto cervico cefalico • Tumori del Pancreas e del Fegato e delle Vie Biliari • Tumori rari e del Sistema Endocrino (TiroideIpofisi-Surrene) • Tumori del Sistema Nervoso Centrale e del Midollo • Tumori Cutanei • Terapie di supporto e Cardioncologiche. In conclusione, la Struttura Complessa di Oncologia dell’Azienda Ospedaliera di Terni si afferma come una realtà di riferimento locale, ma anche extraregionale nell’ambito della patologia oncologica. Per gli aspetti dinamici e di eccellenza che la contraddistinguono, si proietta a un ruolo di primissimo piano in Umbria, anche alla luce del recente programma di riassetto regionale sanitario, già pronta a cogliere i vantaggi di un’integrazione e messa in rete dei servizi e tesa al mantenimento e alla diffusione dei più alti standard qualitativi delle prestazioni erogate.
Infermieri Degenza Marcella Cascianelli, Emanuela Laglia, Monia Piccioni, Emanuela Raggi, Anna Paola Saveri, Tiziana Talamonti Infermieri DAY HOSPITAL Annarita Argenti, Marco Moscatelli, Cristina Miliacca, Paola Paolucci, Carla Porcù, Tiziana Pistello, Michela Basili, Angela Pascalicchio, Monica Rossi, Anna Ciuffetelli, Franca Vaiano. Personale Tecnico Roberto Casani Data Manager Ufficio Operativo Dr. Giovanni Ciccarese Eleonora Morichetti Agnese Isori OSS Degenza e DH Roberta Ciani, Angela Meattini, Paola Bernardini, Stefania Loreti, Mariele Scali Ausiliari Ersilia Sauro, Rosanna Improda 25
Via Pacinotti, 8 - Terni Tel. 0744429161
Via Pacinotti, 8 - Terni Tel. 0744429161
L'attuale nella tecnologia CONE BEAM applicata L'apparecchiatura NEW TOM 3D La tecnologia Cone Beam (CBCT, dalla forma conica del fascio di raggi X) genera radiazioni pulsate nel corso della singola rotazione intorno al cranio del paziente (20-40 secondi), a differenza delle sezioni assiali multiple della TC multistrato. Il computer analizza i dati quantificandoli in cubi (voxel) di 0.15 mm per lato, molto più piccoli rispetto a quelli della TC spirale; da questo deriva la altissima qualità e definizione delle immagini ottenute, con possibilità di identificare anche le più piccole alterazioni ossee. Il costo biologico sul paziente per un esame è pertanto molto basso, quasi comparabile a uno studio di ortopanoramica, con dosi radianti sino a 200-300 volte inferiori rispetto alla TC spirale. Come in ambito odontoiatrico dove la tecnologia CBCT ha completamente sostituito l'obsoleto dental scan, il paradigma sta cambiando anche per gli specialisti in otorinolaringoiatria. Infatti le immagini CBCT consentono nel campo ORL la valutazione di anomalie delle vie respiratorie che sono la causa principale di patologie quali ad esempio l'apnea notturna, o, ad esempio di valutare le patologie dell'orecchio medio anche nei controlli post-operatori nelle valutazioni delle protesi. La CBCT consente inoltre la creazione di immagini altamente diagnostiche di fratture del complesso orbito-zigomatico-mascellare o di altri traumi del massiccio facciale e dell'articolazione temporo-mandibolare. Molteplici le applicazioni pratiche in ambito della diagnostica pediatrica, con possibilità di studiare il bambino senza eccessive preoccupazioni in termini di esposizione radiologica.
Si effettuano esami di: - TA C r a d i o l o g i a 3 D - radiologia - ortopanoramica - mammografia - ecografia con sistema digitalizzato ad alta risoluzione d’immagine per una migliore diagnostica, forniti su pellicole o compact disc.
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Fisioterapia e Riabilitazione
NUOVA SEDE Zona Fiori, 1 05100 Terni – Tel. 0744 421523 0744 401882 D i r. S a n . D r. M i c h e l e A . M a r t e l l a - A u t . R e g . U m b r i a D D 7 3 4 8 d e l 1 2 / 1 0 / 2 0 11
La riabilitazione in acqua è una metodica sicuramente molto utile per garantire un moderno e valido recupero funzionale sia in campo neurologico che ortopedico
Uniche infatti sono le possibilità offerte dallo “strumento acqua”, che agisce contro la forza di gravità (principio di
Archimede), e consente al corpo di muoversi in assenza di peso: questo determina una maggiore facilità a muoversi quando per esiti traumatici, per deficit neurologici o dopo chirurgia ortopedica sarebbe impossibile o dannoso caricare il peso reale sui propri arti. Il risultato è una diminuzione dello stress e del carico sull’apparato muscolo scheletrico che facilita l’esecuzione di movimenti in assenza di dolore. La resistenza offerta dall’acqua è graduale, non traumatica, distribuita su tutta la superficie sottoposta a movimento, proporzionale alla velocità di spinta e quindi rapportata alle capacità individuali di ogni persona. L’effetto pressorio dell’acqua, che aumenta con la profondità, esercita un benefico effetto compressivo centripeto sul sistema vascolare, normalizzando la funzione circolatoria e riducendo eventuali edemi distali. Tale effetto è ampliato nel Percorso Vascolare Kneipp dove si alterna ciclicamente il cammino in acqua calda e fredda.
Con la riabilitazione in acqua è possibile non solo ristabilire le migliori funzionalità articolari e muscolari dopo un incidente, ma anche eseguire delle forme di esercizio specifiche per prevenire la malattia o per curare sintomatologie croniche come la lombalgia. Tali esercitazioni sono particolarmente indicate per quei soggetti in forte sovrappeso con difficoltà di movimento legate ad obesità, ad artriti, a recenti fratture o distorsioni. Nella maggior parte di questi casi si registra un netto miglioramento del tono muscolare e dei movimenti articolari dopo un adeguato programma terapeutico. Il paziente, se anziano, acquisisce in tal modo un maggiore controllo motorio che, migliorando l’equilibrio, allontana il rischio di cadute e rallenta il declino funzionale legato all’invecchiamento. La riabilitazione in acqua è particolarmente indicata in: - esiti di fratture - distorsioni, lussazioni - patologie alla cuffia dei rotatori della spalla - artrosi dell’anca e delle ginocchia - tonificazione muscolare in preparazione all’intervento chirurgico - mal di schiena (lombalgia, sciatalgia, ernia ecc.) - para paresi spastiche - esiti di interventi neurochirurgici - esiti di ictus - esiti di lesione midollare - disturbi della circolazione venosa
Inoltre la temperatura dell’acqua, più elevata (32° - 33°) rispetto alle vasche non terapeutiche, permette la riduzione dello spasmo muscolare e induce al rilassamento. Per questo il paziente si muove meglio e la muscolatura appare più elastica. La riabilitazione in acqua è utile e proponibile a tutti, dai bambini agli anziani; per potervi accedere non occorre essere esperti nuotatori è sufficiente un minimo di acquaticità.
Terni Zona Fiori, 1 Tel. 0744 421523 401882
- Riabilitazione in acqua - Rieducazione ortopedica - Riabilitazione neurologica - Rieducazione Posturale Globale - Onde d’urto focalizzate ecoguidate - Pompa diamagnetica - Tecarterapia
- Visite specialistiche - Analisi del passo e della postura - Elettromiografia - EEG - Ecografia apparato locomotore - Idoneità sportiva ... e molto altro
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PIERINO E IL LUPO... Ovvero, non sempre vince il lupo Il 19 Gennaio, alle ore 17.30, presso la Sala G dell’Associazione Culturale La Pagina, avrà luogo un incontro scientifico-musicale, relatore il Dott. Gianfranco Baronzio, sul tema: Il Cancro ... oggi. Il Dott. Gianfranco Baronzio si occupa da anni delle patologie neoplastiche sia dal punto di vista fisiopatologico che terapeutico, collabora con molte Università, sia in Italia che all’estero, ed è autore di numerosi lavori scientifici pubblicati, a livello mondiale, su prestigiose riviste di Medicina. Attualmente costituisce un’importante figura di riferimento soprattutto in materia di fisiopatologia, immunologia oncologica e trattamento delle patologie neoplastiche mediante l’Elettroipertermia. Argomento della serata sarà l’approfondimento sulle conoscenze attuali in tema di diagnosi e terapia delle patologie neoplastiche con riferimento diretto ai vari personaggi ed alle vicende della famosa favola di Pierino e il Lupo, testo magistralmente commentato dall’impareggiabile musica di Sergej Prokofiev. Il segreto dell’enorme successo mantenuto nel tempo dalla composizione sta proprio nel felice abbinamento personaggio/ strumento che, non solo rende immediata la comprensione dei vari soggetti, attraverso i leitmotiv che li definiscono, ma ne sottolinea anche le caratteristiche fisiche, i pensieri ed i sentimenti durante l’intera azione scenica. Tutti questi messaggi, riproposti e traslati nella realtà odierna, daranno lo spunto alle domande della nostra intervista e sottolineeranno, ancora una volta, il valore estremamente attuale della musica classica. Si tratta del primo di una serie di eventi che avranno come intento quello di diffondere informazioni di carattere medicoscientifico ad un pubblico eterogeneo, personale sanitario e non, col pretesto di creare anche un intrigante connubio con la buona musica. È nostra convinzione infatti che questo potrebbe essere un nuovo e più incisivo modo per stimolare l’interesse alla conoscenza di tali problematiche e rendere più piacevole la divulgazione di consigli comportamentali che, al giorno d’oggi, non soltanto debbono costituire un indispensabile bagaglio culturale per tutti noi, ma soprattutto per l’intera comunità giovanile. La Medicina attuale insiste infatti ripetutamente sull’importanza della prevenzione e del corretto stile di vita sia come elementi fondamentali in grado di proteggerci da eventuali gravi patologie sia come ulteriore presidio supplementare alle terapie tradizionali in corso di malattia. Lo splendido e famosissimo spartito di Prokofiev sarà proposto da valenti professionisti: Edoardo SILVI (Flauto), Anna LEONARDI (Oboe), Aron CHIESA (Clarinetto), Beatrice BAlOCCO (Fagotto), Mattia VENTURI (Corno), Angelo BRUZZESE (Pianoforte), con la direzione del Maestro Renato SETTEMBRI. Livia TORRE sarà la splendida presentatrice della serata. Gli eventi che seguiranno, nei mesi successivi, vedranno come protagonisti altre Personalità, del mondo sanitario, che tratteranno ulteriori Valter Cassutti interessanti tematiche.
Cosa Fare? Dove Andare? L'effetto collaterale più evidente della Chemioterapia è la perdita dei capelli, difficile da sopportare per la maggior parte delle persone. Quando cadono i capelli ne risente anche lo spirito. Una testa folta di capelli è simbolo di vitalità, attrazione e autostima. Sei direttamente o indirettamente toccato da questo argomento? Chiedi una consulenza gratuita a chi può consigliarti. Hair Top di Luca Angeletti Parrucche e Posticci con Show Room in Via Roma, 137 Terni Consulenza, privata e riservata, di Enrico Giacobbi Cell. 333.7653420 www.parruccheterni.it - www.hairdiff.it
Immagini (c) Dening hair Company Hamburg
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L’alimentazione del bambino: il divezzamento Con il termine divezzamento si definisce il periodo trensitorio durante il quale il latte di donna, o il suo sostituto, cessa di essere l’esclusivo alimento per venire, gradualmente, sostitutito con cibi semisolidi diversi. Per l’alimentazione del bambino si tratta di un momento cruciale in quanto vengono introdotti alimenti nuovi con implicazioni fisiologiche e psicologiche che possono avere ripercussioni sulle abitudini e sulla salute dell’età adulta. Di recente si è osservato un continuo anticipo dell’epoca del divezzamento dovuto in parte alla riduzione della frequenza dell’allattamento al seno e soprattutto alla sua durata. Rimanendo fermo che nei primi 4 mesi il latte di donna o il latte adattato sono sufficienti sotto ogni punto di vista per la crescita e lo sviluppo del lattante, in seguito è opportuno diversificare la sua alimentazione con l’introduzione di altri alimenti, che gli forniscono proteine, acidi grassi essenziali, sali minerali quali ferro e calcio, necessari per la crescita. L’età precisa del divezzamento non è necessariamente stabilita a priori: l’individualità e la personalità del lattante vanno rispettate, come pure bisogna ricordare che la sua capacità di tollerare gli alimenti diversi dal latte non coincide obbligatoriamente con il suo meglio. Conviene perciò lasciare alla madre, se ha il latte, la decisione del ritardo di 2-3 mesi a suo piacimento. Esistono due possibilità su come iniziare il divezzamento: - sostituire per gradi una poppata di latte materno, o altro latte, con una di latte di seguito e aggiunta di amido precotto senza glutine come: crema di riso, o biscotto granulato senza glutine o con una farina lattea a base di crema di riso; - sostituire una poppata con una minestrina preparata con brodo vegetale, semolino di riso, olio di oliva, verdure passate e arricchita ben presto con liofilizzato o omogeneizzato di carne. La nuova poppata può essere data in parte col biberon o in parte con il cucchiaio. L’aggiunta di un po’ di frutta finemente grattuggiata e di qualche goccia di succo di limone può essere contemporanea. Circa la durata del divezzamento, esso può essere rapido (2-3 settimane) o meglio lento (1-2 mesi) a seconda degli impegni e della volontà della nutrice. Dopo 5-6 giorni dall’inserimento della nuova poppata, si può sostituirne una seconda alternando le caratteristiche precedenti.
È importante sottolineare che ogni insistenza o forzatura da parte della persona preposta ai pasti del bambino deve essere evitata. Possono essere seguite le seguenti linee generali: la somministrazione di latte vaccino bollito (diluito 3:1 e poi 4:1) o di latte di seguito, per un totale di mezzo litro al giorno. È consigliabile per tutto il secondo semestre di vita, quando si passa a quattro pasti al dì con intervalli di quattro ore. Il volume totale dei pasti non dovrebbe superare 900 ml al giorno. Al 7°-8° mese si può passare a due minestrine, di solito alle ore 12 e alle 19, la seconda con l’aggiunta di mezzo tuorlo d’uovo e poi di mezzo albume, cotti nel brodo, o di un po’ di formaggio bianco dolce, (30 grammi) o un po’ di pesce lesso (30-40 grammi) o di prosciutto cotto tritato (25 grammi). I liofilizzati rappresentano un grande vantaggio sul tempo di somministrazione per la loro digeribilità, data la finissima frantumazione la sicurezza e la praticità d’uso. Prima della fine del primo anno si può usare la carne preparata in casa e inserire un pasto con yogurt e biscotti. La quota calorica consigliata per i bambini tra 8 e 12 mesi è intorno a 9001000 Kcal/girono, quella proteica 35-45 grammi/giorno, delle quali almeno la metà animali; i cereali con glutine possono venir dati dopo il 4°-5° mese, sotto forma di farine o biscotti. Questo regime alimentare comporta una notevole varietà quotidiana, in senso qualitativo e quantitativo e lascia largo margine alla quota calorica a seconda del clima, dell’attività fisica del soggetto, del suo stato di salute e del suo gusto. Lorena Falci Bianconi
CASA DELLA DIVINA PROVVIDENZA res idenz a protetta e residenza c omuni t a r i a
La residenza è in un ex convento dei frati cappuccini situato su tre piani. La vita residenziale si svolge tutta al piano terra, ove sono anche tre ampi saloni per le varie attività. Scopo principale della casa è recuperare e mantenere, dove possibile, le capacità cognitive e motorie dei propri ospiti. Il personale, dai medici fino ad arrivare al personale assistenziale e religioso, è altamente specializzato. 05016 Ficulle (TR), zona Cappuccini n° 9 Tel. 0763 86021 - Fax 0763 86214 email info@casadivinaprovvidenza.org
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Procedono con ritmo serrato i numerosi impegni del Progetto Mandela. L’anno appena terminato ha visto l’associazione e tutti i gruppi di lavoro che ne compongono il colorato puzzle di attività affrontare molte tematiche, dalla violenza sulle donne ai diritti umani più generalmente intesi, attraverso, uno d’esempio su tutti, lo strumento della recitazione e delle letture. Piacevole e partecipata l’occasione della conferenza tenuta da Marcello Ricci lo scorso 11 dicembre alla bellissima biblioteca del Circolo Lavoratori Terni. Con l’occasione è stato presentato il libro di Ricci L’avventura dei diritti umani, un atlante della storia dei diritti umani, un percorso tracciato per macro tematiche riguardanti diversi aspetti del diritto umano e non solo. Valore aggiunto al pomeriggio una serie di letture dedicate alla tematica eseguite dai ragazzi del laboratorio di recitazione del Progetto Mandela coordinati dal regista Simone Mazzilli.
Larga la partecipazione, un successo incassato con soddisfazione dall’associazione. E ancora la giornata dedicata, lo scorso 26 novembre, alla tematica del femminicidio dal titolo Amore assassino a cura della regista Irene Loesch. Una tematica controversa e dal respiro più ampio e generalizzato che è quello della violenza di genere affrontata con letture dedicate e selezionate per sensibilizzare e invitare alla riflessione. Procedono con ritmo anche gli appuntamenti con il corso su i diritti umani tenuto dal professor Ricci ogni martedì alle 15.00 a Palazzo di Primavera. Ogni incontro è un’occasione di scambio ben recepita e partecipata. Ecco, di seguito, una serie di stralci raccontati dai ragazzi del Laboratorio di comunicazione del Progetto che hanno seguito gli eventi documentandone l’andamento e le principali dinamiche.
LEZIONI DI RECITAZIONE, MA NON SOLO Cosa succede durante una giornata di laboratorio e qual è la magia che lega i ragazzi a partecipare ogni anno con costanza e passione. Carolina intervista Luisa Contessa e i ragazzi del gruppo Un gruppo affiatato e un clima di divertimento. È questo quello che è emerso dall’intervista fatta a Luisa Contessa, coordinatrice, e ai ragazzi del gruppo di recitazione. Chi per passione, chi per curiosità, chi per voglia di fare nuove esperienze molti ragazzi hanno iniziato a frequentare questo laboratorio senza sapere bene di cosa si trattasse e ora continuano a farlo con grande entusiasmo. Il lavoro procede alla grande ci spiega Luisa, ci sono stati molti progressi e i ragazzi hanno già iniziato a fare le loro prime esperienze, in particolare a Palmetta dove hanno avuto a che fare con bambini di pochi anni. Il Progetto Mandela, infatti, ha nel mese di dicembre curato l’organizzazione di un evento per festeggiare il compleanno del Centro di Palmetta. All’unanimità ci raccontano che è stata un’occasione per mettere in atto quello che imparano “a lezione”, un’occasione per mettere in pratica la teoria, insomma. Ricordiamo che il lavoro di Luisa non riguarda la recitazione vera e propria, è un lavoro che gli spettatori non vedono, ma che sta alla base della formazione di un attore e grazie al quale un copione viene valorizzato: si tratta del lavoro sul corpo, sui movimenti e sulla gestione degli spazi. Un attore non riuscirebbe a comunicare fino in fondo il messaggio solo parlando: i gesti, lo sguardo, le espressioni del volto svolgono una buona parte del lavoro anche se da spettatori è difficile rendersene conto. Come ci racconta Giulio è possibile applicare tutto ciò alla realtà di tutti i giorni, anche se non ci troviamo su un palcoscenico. Per Giulio, infatti, uno dei vantaggi del frequentare questo laboratorio è quello di acquisire la capacità di cavarsela in situazioni difficili o inconsuete che ci possono capitare in ogni momento della vita quotidiana. Il laboratorio di recitazione è anche un momento di divertimento come ci confermano Arianna e Luca, è un’occasione per conoscere nuove persone e iniziare a frequentare amici diversi ed è anche per questi motivi che consiglierebbero ai loro amici di entrare a far parte del gruppo. Gli incontri che si svolgono regolarmente non sono solo un dovere ma diventano un piacere, un modo per prendersi una pausa dai libri e continuare a imparare divertendosi. Molti dei ragazzi prendono parte a questo laboratorio già da qualche anno e sembrano non esserne ancora stanchi, forse perché è un’esperienza che cambia la vita! Carolina Sorgenti
CRONACA DI UN INCONTRO Il Progetto festeggia il 100° numero de La Pagina
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Diciotto dicembre ore16.30, sede del mensile La Pagina in via De Filis, Terni. Tra mezz’ora i locali della redazione ospiteranno la “festa di compleanno” del giornale e… che compleanno! Con ben 100 numeri all’attivo, La Pagina merita di festeggiare! Come? Con una lettura, ovviamente! Noi del Laboratorio di Comunicazione del Progetto Mandela abbiamo deciso di andare a curiosare qua e là nella mezz’ora precedente l’inizio ed ecco qui il resoconto delle informazioni che abbiamo raccolto, forniteci dai “lettori” Sara Bondielli e Marco Mangiolino. L’evento, dopo una breve introduzione del Prof. Marcello Ricci e del direttore de La Pagina Giampiero Raspetti, è proseguito con la lettura di articoli di precedenti numeri del mensile e poesie su vari argomenti con le voci alternate di Simone Mazzilli, Sara Bondielli, Marco Mangiolino e gli stessi Giampiero Raspetti e Marcello Ricci. Questi ultimi due ci hanno anche rilasciato un’intervista! Tra gli autori degli articoli letti troviamo Francesco Borzini, Ferdinando Maria Bilotti e Piero Fabbri del quale è stato letto, ad esempio, l’articolo Città gemelle in collegamento con la poesia Requiem in blu di Borzini. Sara e Marco, alla richiesta di fornire un’impressione sul progetto in cui sono stati coinvolti l’hanno definito stimolante e divertente, interessante soprattutto per il confronto fra passato e presente e hanno sottolineato la costante Eleonora Landi presenza di un clima familiare a La Pagina.
IL PROGETTO tra passione e difficoltà Un’istantanea a cura di Francesco che racconta una serie di problematiche di peso che il Progetto affronta giorno dopo giorno anche a distanza di 25 anni di attività Sono passati già due mesi dall'inizio del Progetto Mandela e mentre i nuovi arrivati, accolti dai rispettivi capogruppo, hanno avuto modo di sperimentare la proverbiale atmosfera familiare che caratterizza il Progetto, i cosiddetti "veterani" hanno potuto mostrare per l'ennesima volta il loro impegno nelle attività di sensibilizzazione verso le tematiche dei diritti umani. Purtroppo dietro il velo di felicità che caratterizza il Progetto si nascondono una serie di problematiche con cui i ragazzi devono costantemente confrontarsi: la mancanza di un'autonomia logistica in cui svolgere le attività laboratoriali, i limiti tecnici e di capienza del teatro Secci e la scarsità di fondi su cui il Progetto può contare, sono demoni che tormentano il sogno di una parità ricercata tramite l'arte. Per quanto riguarda il luogo dove si riuniscono i ragazzi, da 25 anni consiste nel seminterrato dell'istituto G. Galilei di Terni concesso dalla Provincia in affitto a pagamento, ma il fatto di allocare il Progetto in un struttura pubblica del genere prevede delle dinamiche che, di fatto, conferiscono priorità alla struttura scolastica compromettendo la continuità delle attività, con sospensioni a volte dell'ultimo momento. Anche se tra i locali si trova un teatrino ben attrezzato, in questo, per motivi di sicurezza, non si possono organizzare spettacoli aperti al pubblico, cosa che permetterebbe all'associazione una programmazione di eventi per autofinanziare le sue attività. Tutte le manifestazioni che vengono preparate nei laboratori devono essere presentate in altri luoghi della città con un aumento di spese e di difficoltà tecniche. Per non parlare poi della chiusura del teatro Verdi e la “momentanea” necessità di operare all'interno del teatro Secci che con la sua capienza ridotta e una serie di magagne tecniche che tutti conoscono rappresenta una notevole difficoltà in più. Ma sicuramente il problema più grande da affrontare da qualche anno a questa parte è la scarsità dei fondi a disposizione e l'incertezza dei finanziamenti, due fattori che rischiano di compromettere definitivamente le attività. Difficoltà da superare che si ripresentano continuamente sul percorso del Progetto Mandela che però, sperando in una soluzione logistica migliore e un ritorno al teatro Verdi in tempi ragionevoli, fa di necessità virtù e cerca di impegnarsi per poter presentare anche quest'anno uno spettacolo capace di appassionare il pubblico ternano. Francesco Gaggia
Giornata della Memoria La Scelta
spettacolo teatrale drammaturgia e regia Irene Loesch con Elisa Gabrielli e Simone Mazzilli Il 27 gennaio ricorre la Giornata della Memoria per ricordare l’orrore dei crimini nazisti nei campi di sterminio. Per l’occasione il Centro per i Diritti Umani, come ormai consuetudine, presenta al teatro Secci di Terni nei giorni 25 e 26 gennaio uno spettacolo teatrale, con matinée per le scuole superiori e una rappresentazione aperta a tutti la sera del 25 alle ore 21.00. La storia messa in scena quest’anno narra il destino di una donna polacca, non ebrea, sopravvissuta ad Auschwitz, che cerca di ricostruirsi una vita tra bugie, sensi di colpa e fantasmi che non le permettono di ritrovare la gioia di vivere. Ripercorre le tappe della sua esistenza, la spensierata giovinezza a Cracovia, il suo sogno di una vita felice in famiglia, il tentativo di non farsi “coinvolgere” dagli avvenimenti dopo l’occupazione nazista, il suo non prendere posizione per non mettere a rischio la vita sua e dei figli e infine la sua deportazione. Una storia che riporta il clima di una Polonia antisemita, nella quale una donna si trova di fronte a bivi e scelte che la porteranno suo malgrado a una tragica scelta obbligata. Un destino comune a tanti che come lei hanno guardato dall’altra parte, per paura non hanno preso posizione e sono diventate vittime “innocenti” con un fardello di colpe e responsabilità troppo pesante da sopportare. Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prender me e non c’era rimasto nessuno a protestare.
Lungo cammino verso la libertà C o r s o i n t ro d u t t i v o alla conoscenza dei diritti umani e delle loro violazioni Auditorium di Palazzo di Primavera 8 gennaio 2013 - 11° Incontro Diritti umani e bioetica bioetica cattolica - bioetica laica 15 gennaio 2013 - 12° Incontro Il razzismo, le teorie e la storia PARTE I - dal razzismo culturale a quello biologico; i razzismi 22 gennaio 2013 - 13° Incontro Il razzismo, le teorie e la storia PARTE II - dal razzismo biologico al razzismo differenzialista; la Convenzione internazionale sulla discriminazione razziale del 1965 29 gennaio 2013 - 14° Incontro Il razzismo e la pratica politica PARTE I - il razzismo antinero negli USA. 5 febbraio 2013 - 15° Incontro Il razzismo e la pratica politica PARTE II - il razzismo antinero e l’apartheid in Sud Africa 12 febbraio 2013 - 16° Incontro Il razzismo e la pratica politica PARTE III - l’antisemitismo nazista; gli antecedenti storici; sterilizzazione; eugenetica; eutanasia A cura del laboratorio di comunicazione del Progetto Camilla Calcatelli, Jasmine Dakhlaoui, Francesco Gaggia, Teresa Heidland, Eleonora Landi, Chiara Stefanelli
Martin Niemöller
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L’amore che non o s a p r Mettiamo che incontri uno. Ha la barba, ma una barba seria, non quel pelame caprino che si fan crescere tutti gli studenti di lettere. E poi è alto, ride tanto, va ovunque in bicicletta. A ventisei anni lo sposi, a ventisette rimani incinta. A ventotto sei madre. Non ti somiglia affatto: è una miniatura del padre, non verrebbe mai fatto di dire che l’hai tenuto in pancia per nove mesi. E ride sempre pure lui. A trentun’anni -finché siamo giovani, vi siete detti, quando ancora gli riusciamo a star dietro- ne fate un altro. Quindi a quarant’ anni hai la casa col giardino, il cane sovrappeso, due macchine, un geranio delle dimensioni d’un rigoglioso arbusto in veranda, tre mazzi di chiavi -uno per te, uno per Fabio ed uno per Irjina - l’acquario in camera dei ragazzi, con le tartarughine nane dentro. A quarantacinque anni esci dall’ufficio, scendi nel parcheggio aziendale, cerchi disperata di ricordare dove, dove l’hai lasciata? Frughi venti minuti nella borsa prima di trovare le chiavi della macchina. Le calze di nylon ti pizzicano, vuoi solamente metterti in ciabatte. Appoggi le terga sul sedile d’alcantara e in quel preciso momento desideri solamente: 1) piangere per il mal di piedi, mal di testa, mal di schiena; 2) abbandonare il capo sul volante e dormire. Dormire. Negli ultimi quattro decenni della tua vita un unico elemento di continuità: i lunedì sono terribili. Torni a casa, baci Fabio che sta bruciando la paella, sali le scale di corsa. Se Dio ti viene incontro avrai tredici minuti da consumare orizzontale sul letto, fingendo d’esser morta per un po’. Calci via le scarpe. Che clamorosa frode il mezzo tacco. T’hanno massacrato i polpacci, francamente poi sono orrende. Domani le butti. Entra Giulio e neppure bussa. Non sei ancora riuscita a fargli capire che sua madre e suo padre sono tutelati dal medesimo inderogabile diritto alla privacy al quale lui si appella, oltraggiato ed offeso, ogni volta che entri in camera sua per portargli mutande e calzini senza le due settimane di preavviso richieste. La stanza tua e di tuo marito è più frequentata di Termini, la sua è Guantanamo. E bussi, supplichi, domandi, invochi gli dèi a testimoni e quindi strilli, prima che lui si tolga le cuffie e si curi delle tue grida. E ti apre sempre con lo sguardo vacuo del pesce di due giorni. Alla domanda “che stavi facendo” la risposta è una: niente. Mai nulla. Tu non irrompi come i bersaglieri in Porta Pia, perché sei una di quelle madri progressiste col tatuaggio fatto vent’anni fa in vacanza a Mykonos, e non puoi, perché tu ami e rispetti tuo figlio. Però prima o poi gliela scardini la dannata porta. Giulietto entra e ti dice: “Ti devo parlare, mamma”. Ecco, si vorrà fare la ceretta perché tutti i ragazzi a pallanuoto hanno i petti glabri come putti, e non sa
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giustamente come introdurre l’argomento. E sicuramente Fabio avrà bruciato la paella, ti toccherà grattare la padella per ore. Ma tuo figlio ti guarda con una gravità nello sguardo che non immaginavi potesse possedere alla sua età. Ti dovrai almeno tirar su seduta. E gli chiedi che ha, amore di mamma? E che ti deve dire? Lo sai già che ha rigato il motorino. Può evitare di far la solita scenetta e di dare la colpa a David, guidava lui e Giulietto stava buono buono dietro. David è il bimbo - oddio era un bimbo, ora ha diciotto anni pieni- della dirimpettaia. David è bravo e buono e non corre in motorino. Giulietto sì che corre, e ai voglia a punizioni e minacce. Frega poco o nulla a lui, imperturbabile come sempre. Ma a te del motorino non importa: tu e Fabio avete deciso che le riparazioni dei danni da lui inflitti al suo trabiccolo saranno da lui finanziate. Non è del motorino che ti deve parlare, dice. E poi non è una riga, magari è appena un graffietto. Poi ti guarda e sta zitto. Tu lentamente ti fai prendere dall’ansia. Ed ora che ha fatto? S’è battuto con un compagno? L’hanno sospeso? Vuole lasciare pallanuoto? Gesù, ha messo in cinta una ragazzina!? Di certo non si droga. È figlio di Fabio lui, neppure un’aspirina, niente analisi del sangue. Arturo invece sì, dimostra una personalità prona alla dipendenza. Quando aveva sei anni, per tre intere settimane in estate, non mangiò praticamente altro che orsetti gommosi. Tu e tuo marito eravate sinceramente preoccupati. Gliele comprava Giulio al tabacchino in piazza con i soldi della dispensa che gli dava la mamma di tuo marito. Non c’era modo di fargli mandar giù altro. No, Giulio non si droga. Arturo ha quattordici anni, te ne preoccuperai tra altri due. Che hai fatto amore di mamma, gli domandi. Lui rimane zitto ancora un po’. Guarda fisso una venatura del parquet perpendicolare alle punte dei tuoi piedi. In definitiva ti senti obbligata ad alzarti dal letto. Lui ti guarda negli occhi, tira su col naso e ti dice: “Mamma, mi piacciono i ragazzi”. Oh caro, questa non te l’eri neppure immaginata. Te l’ha detto, e ti guarda in faccia con la bocca distesa come quelle dei santi. Però tu lo sai che ha paura, perché tu che hai trent’anni più di lui e lo hai generato hai paura. Quindi niente nipoti. Per la prolificazione della stirpe ci resterebbe Arturo, ma a meno che il giovanotto non riesca ad ingravidare una playstation -quella è l’unica durevole relazione del tuo secondogenito- la vedi dura. Certo, ora quando David si fermerà a dormire dovrai preparargli il letto a cassetto, quantomeno per pura formalità. Eh, fin troppo comodo altrimenti. Fabio poi, quando glielo dirai, sicuramente ribatterà con una delle sue amene boiate da ex studente di filosofia, ex buddista, ex vegetariano. Giulio ti guarda, tu stai muta ma lui sembra sereno. Ti sbagliavi, lui non ha paura, e tu neppure, non più. Lo stringi forte al petto. Questa creatura è la tua opera prima ed il tuo capolavoro: ha una testa piena di ricci che neppure il primo tra i cherubini, e poi è in gamba, è sveglio. È sempre stato curioso, vivace. Si è fatto alto Giulio, ed ha le spalle di tuo padre. “Va tutto bene mamma?”, ti domanda. “Sì amore mio, va tutto bene”. Hai cinquantadue anni, ed alla fine ti sei dovuta iscrivere in palestra. Tuo marito non invecchia di un giorno, sarà che la barba mitiga. Devi fare l’orlo ai pantaloni del completo di Giulio; Davide e Carlotta si sposano, e Giulietto è testimone. Che cara, Carlotta. Certo, appena un po’ forte di coscia. Tuo figlio con la cravatta è bello come Febo. Arturo ha i capelli che gli arrivano ai fianchi ormai, e gesù, se non li vuole tagliare, che li spazzolasse almeno! Così sembra uno di quei disgraziati che se ne stanno accampati a corso San Imperatore, con i cani e le lattine di birra. È colpa di quella ragazzina. Volgarissima. Di tutte le belle ragazze che poteva trovarsi in Accademia. T’ha riempito casa di pennelli, chine, carta. Fabio resta imperturbabile, tanto mica lava lui. “Mamma, sbrigati che ho allenamento”, dice Giulio. Arturo fruga in quella cornucopia di pile scariche e monetine ch’è divenuto il piatto d’argento dove riponete le chiavi. Arturo, amore di mamma, le hai lasciate in bagno con le sigarette, e non mi mollare la roba in giro, che non posso perdere il tempo a riordinare dietro a te.
ro n u n c i are i l suo nome Ecco fatto l’orlo. Vai che poi fai tardi. Accompagna tuo fratello alla fermata del tram già che ci sei, ce l’hai di strada. Giulietto torna alle sette, ma non mangia. Dice che il matrimonio è stato una cosa esagerata, e non mangerà più neppure una mollica per una settimana buona. E figurati se Ida non metteva su na caciara. Il mio grasso grosso matrimonio ciociaro. Giulio sembra esageratamente allegro, ha la faccia d’un bambino che tiene un segreto. Dalla cantina una botta, “Fabio lascia stare quell’arnese e vieni su che la cena è pronta”. Hai cinquantasei anni, e Giulio ha detto che vi deve presentare tale Edoardo. Ve ne ha già presentati altri, e a Fabio quel Daniele era piaciuto tanto. Questa volta sembra serio, che in realtà non è dir molto, perché ora che è grande tuo figlio ha sempre quell’espressione seria, anche quando passa per casa a lasciarti i panni da lavare, o a farti un saluto. Si porta sempre appresso mille carte, due cellulari, le scarpe costose con le stringhe. “Arturo, amore, fatti almeno la barba, gesù santo!”. Le quaglie sono in forno. Oddio, e se questo Edoardo è vegetariano? Beh, a te nessuno ha detto niente, e certo non sei la Sibilla. “... e cambiati almeno la maglietta, Arturo! Che figura ci facciamo a presentare la casa che sembra una bisca e tu conciato come un Lazzaro?”. La pasta, dio, la pasta! Toh, e se mai fosse vegetariano adesso gli resta solo una pasta scotta. Speriamo porti il vino. Hai cinquantotto anni, è agosto. Siete tutti su a San Vincenzo, per la prima volta da quando è morta la mamma di Fabio. Ci sono Enza e Lucia, le tue due cognate; e ci sono pure le due figlie di Enza, ed il marito Carlo. Andrea, il figlio di Lucia, scenderà sabato per salutare la sua cara zia. Arturo non se l’è portata, Martina. Grazie al cielo. Adesso parla solo di Berlino, della casetta che ha trovato vicino alla stazione di Berlin-Hauptbanhof. Parte ad ottobre. Tu sei felice per lui, completamente. Fabio l’ha detto: “Finalmente si muove, agisce!”. Magari conosce una che riesce a fargli tagliare capelli. Ci sono Giulio ed Edoardo. Edoardo ti racconta di quanto gli è piaciuta la cornice che tu e Fabio gli avete riportato da Malaga. È 115x75, bella grande. L’ha messa, vuota, sulla parete dietro al divano. Edoardo vuole rifare le piastrelle del bagno di servizio, quel bugigattolo che dà sulle scale. Giulio dice che è un’altra spesa, che hanno appena comprato casa e che vorrebbe espandere il suo studio. Tu nel bagnetto ci vedi un bel panna, Edoardo dissente: testa di moro. Matilde nasce che devi ancora compiere cinquantanove anni. Sei diventata nonna. Giulio non è mai stato tanto felice e tanto innamorato. Elena è un’amica storica di Edoardo. Sono cresciuti sullo stesso pianerottolo. Una sera li ha invitati a cena a casa sua. Cercavano disperatamente un’agenzia che li aiutasse, ma una buona metà degli enti che operano nel campo delle adozioni sono ammanicati con la Chiesa, e di certo due uomini non li prendono neppure in considerazione. Ed allora Elena gli ha detto: io ci metto la pancia, voi l’amore. Con Elena hai trascorso molto tempo durante la gravidanza. L’ultima settimana l’ha passata a casa vostra. L’avete sistemata nella cameretta d’Arturo, che è più luminosa. Ha una finestra francese che proietta la stanza sul giardino. Tu gliel’hai chiesto, e lei è stata chiara: la bambina la porta in grembo lei, ma i genitori sono loro, tuo figlio ed il suo compagno. Quando vedi la piccola Matilda, sai anche che in realtà non può avere nulla di tuo figlio perché non ne ha il sangue. Eppure a te pare di veder lui in quella culla, e piangi di gioia. Hai sessantotto anni, e da quando è morto tuo marito inserisci sempre l’allarme prima di metterti a letto, a leggere quei libri che amava lui. Quindi lo devi disinserire quando tuo figlio maggiore si presenta alla tua porta. Ha una smorfia di dolore in volto, che ti fa sentire una fitta al cuore. Il tuo bambino non piangeva mai, ed ora ti sta davanti con la sua bocca distesa, e gli occhi rossi come la sciarpa che lui ed Edoardo ti riportarono dal loro viaggio in Andalusia. Ti dice che Edo se n’è andato, e si è portato via la bambina. Lui in quella casa vuota non ci vuole stare. Di quel viaggio tu tieni una foto bellissima: loro due e Matilda, sulla sabbia. Lei con le codine e la protezione su tutto il nasino. Ti dice sempre: “Nonna, no che appiccica!’”. Chiudi la porta, ti dimentichi l’allarme, tanto questa notte il tuo bambino dorme con te.
I mesi seguenti sono uno strazio. Tuo figlio impazzisce dietro al telefono; o strilla agli assistenti per lavoro, o strilla all’avvocato. In realtà non c’è molto da discutere con il legale: la Repubblica Italiana riconosce come famiglia unicamente quella composta da un uomo ed una donna. Dunque, tutto quello che Giulio ed Edoardo avevano condiviso e costruito, una casa, le vacanze insieme sulla gip di Fabio, le feste d’estate a San Vincenzo, quella splendida creatura che è tua nipote, il gatto con l’occhio pigro, le cene di Natale nel salone buono a casa di Enza, dove Matilda giocava con i conigli nel cortile, e tu te ne stavi in finestra a dirle d’entrare perché faceva troppo freddo, nulla, per il tuo Paese tutte queste cose non sono nulla. Sul certificato di nascita di Matilda, cuore di nonna, il nome di tuo figlio non c’è. Poco importa che è nel tuo cortile che Giulio le ha insegnato ad andare in bici. Tuo figlio le ha tolto i braccioli, tuo figlio la portava a danza ed a pianoforte. E lei lo chiama papà. Quando l’hai vista, la piccola, per la prima volta dopo due mesi interi, avete pianto tutte e due, e lei te lo ha detto che le manca papà Giulio. Ora stai sempre male. Non è un male clinicamente riconosciuto, però sì, è anche un male fisico. Il dolore ti torce lo stomaco. La rabbia ti sale quando vedi il telegiornale. Alla fine della giornata a te non frega niente dell’aumento della benzina, dell’atomica in Iran, che la gente si spara, che le strade sono bloccate dal traffico del rientro. Il governo si preoccupa dello spread, dei bond, dei bot. Di quelli come tuo figlio e tua nipote no, però. L’Italia i Giulio e le Matilda non li vede, qui non esistono. Bianca Griffani
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Te r n i - Vi a C a s s i a n B o n 1 / a ( P i a z z a Ta c i t o ) Te l . 0 7 4 4 . 4 2 5 9 4 5 - 0 7 4 4 . 4 2 4 9 8 9 w w w. i s t i t u t o i t a l i a n o a n d r o l o g i a . c o m erremedica@tiscali.it info@istitutoitalianoandrologia.com ORARIO d a l L u n e d ĂŹ a l Ve n e r d ĂŹ dalle ore 08.30 alle 12.30 dalle ore 15.00 alle 19.00
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Insufficienza Venosa Cronica L’Insufficienza Venosa Cronica (IVC) è un disturbo caratterizzato da un difficoltoso ritorno venoso al cuore. L’IVC può essere suddivisa in due grandi gruppi, a seconda della causa prevalente: IVC organica -causata da vere e proprie alterazioni alle vene- e IVC funzionale -dovuta ad un’iperattività delle vene che, seppure normali e non malate nel senso tradizionale del termine, sono obbligate ad un lavoro eccessivo. L’Insufficienza Venosa Cronica è una condizione rilevante sia dal punto di vista epidemiologico che per le conseguenze economico-sociali: si calcola che circa il 30% della popolazione italiana femminile e il 15% di quella maschile ne sia affetta in varia misura. L’Insufficienza Venosa Cronica è causata da problemi circolatori: il sangue venoso -che dovrebbe tornare verso il cuore dalla “periferia” del corpo grazie all’elasticità della parete venosa- tende invece a ristagnare nelle vene delle gambe. L’IVC organica è spesso causata da varici (dilatazioni permanenti della parete delle vene) la cui formazione è legata al numero di gravidanze, all’uso di anticoncezionali orali, alla ritenzione idrica, al sovrappeso, alla stipsi cronica, alla familiarità e al tipo di lavoro svolto. L’IVC funzionale è invece causata da un sovraccarico di lavoro delle vene provocate da postura errata, alterazioni della pompa muscolare o linfedema L’Insufficienza Venosa Cronica si manifesta attraverso sintomia carico degli arti inferiori che vanno dal semplice gonfiore fino ad alterazioni più severe: pesantezza delle gambe, formicolii, prurito, bruciori, dolori e crampi notturni, capillari in evidenza, alterazioni cutanee, vene varicose, ulcerazioni. Questi segnali possono manifestarsi in qualsiasi periodo dell’anno, ma si accentuano soprattutto durante i mesi estivi.
La diagnosi è essenzialmente clinica. In molti casi è possibile fare una diagnosi precisa con ecocolordoppler, un esame innocuo e indolore che valuta la morfologia e la funzione delle vene degli arti inferiori. L’Insufficienza Venosa Cronica ai primi stadi non rappresenta un problema grave. Non va però trascurata perché i sintomi, inizialmente lievi, tendono col tempo ad aggravarsi: il ristagno del sangue comporta un aumento della pressione nelle vene e il disturbo tende ad aggravarsi col tempo; favorisce inoltre infiammazioni che possono ledere le cellule delle pareti dei vasi. L’IVC può favorire anche la comparsa di complicanze quali flebiti trombosi o ulcerazioni e di altri disturbi come la cellulite e le emorroidi. La complicanza più temibile è la Trombosi Venosa Profonda (TVP). La terapia dell’Insufficienza Venosa Cronica dipende dalla causa. Nei casi di problemi del circolo profondo vanno prescritte speciali calze elastiche. I farmaci servono soprattutto a diminuire l’entità dei disturbi. Per l’IVC funzionale -causata da un deficit posturale o da un linfedema- oltre alla calza elastica e ai farmaci va prescritto un plantare emodinamico flebologico, che ha lo scopo di favorire la pompa muscolare. Possono essere utili anche fisioterapia e massaggi. Dr. Gino Capitò Medico Chirurgo Specialista in Reumatologica Ecocolor Doppler Vascolare Medicina Vascolare
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Zueth Nadir e il mistero delle scarpe appese in città Terni – Cosa ci fa un paio di scarpe appese ad un filo della luce? Pare che i Boy Scout per tradizione lancino le scarpe sul filo elettrico adiacente prima di entrare nel campo base, mentre i militari lo farebbero alla fine del loro servizio, lanciando un paio di vecchi stivali da combattimento (colorati per l’occasione di giallo o di arancione) sul filo della corrente più vicino alla propria unità. Qualcuno dice anche che vengano appese per celebrare un passaggio di vita importante, come la fine della scuola o un imminente matrimonio, le leggende sono tantissime. Si dice sia il gesto di un bullo nei confronti della vittima, la commemorazione di una vita persa in una lotta tra gang, il simbolo dell’affermarsi di una nuova gang nel quartiere, il segnale per lo spaccio di crack o di eroina in una casa nelle vicinanze… E se fosse semplicemente un modo per liberarsi di un paio di scarpe vecchie?! Durante il periodo natalizio, passeggiando per le strade del centro, c’erano scarpe dai colori sgargianti, legate sempre a coppia, apparentemente abbandonate come vecchi oggetti ormai in disuso. Appese a degli alberi, lampioni, sopra un cassonetto dell’immondizia e su una panchina, si scopre oggi che quelle scarpe sono state una performance artistica di un giovane street artist, Zueth Nadir, 25 anni, tedesco, residente da quattro anni a Terni con la sua famiglia, iscritto al terzo anno di ingegneria dei materiali, con l’hobby per la fotografia, la musica e l’arte (e che arte!). Seminando (è proprio il caso di dire) 30 paia di scarpe nel centro storico della città, Zueth ha riscosso un grande successo, tanto da aver alimentato un vero mistero urbano. Un modo originale di fare arte e alla domanda perché usare delle scarpe, la risposta non poteva che essere altrettanto originale: Perché ormai le persone non si domandano più nulla, camminano, vedono e non osservano, perché la gente non si interroga, perché tutti vivono come degli automi, presi dalla frenesia delle loro vite. La gente non si lascia più coinvolgere da niente, solo l’arte può risvegliare le coscienze. Vedere delle scarpe sparse in ogni angolo della città, in posti insoliti, può favorire quel senso critico e di curiosità che ormai non ha più nessuno o pochi. In America l’usanza di legare le scarpe a coppia si chiama Shoefiti, a volte italianizzato in scarpe volanti, il fenomeno prende il nome dall’unione delle parole “shoe” (scarpa) e “graffiti” e nasce nelle zone rurali e urbane degli Stati Uniti come manifestazione del folklore adolescenziale. Qui, più che di Shoefiti, l’artista si è concentrato sul fenomeno della sorpresa, per stupire il pubblico, attraverso un oggetto di uso quotidiano, posto in modo insolito, per sbalordire i passanti. Per Zueth “l’arte è un’esplosione fortissima del sé che colpisce tutti. Uno shock del sistema. L’unica vera forma di rivoluzione globale. Perché l’arte è di tutti e per tutti. I dadaisti dicevano che in arte le regole sono come le medicine, per crederci bisogna essere malati.”. Concordo, non possiamo mettere regole all’imprescindibile diritto dell’essere umano di esprimere il proprio sé attraverso l’arte. Credo nell’arte e nella potenza rivoluzionaria di un artista. Terminate le misteriose supposizioni, che avevano spinto qualcuno a pensare che le scarpe in città fossero una strana forma di protesta, l’artista tedesco sembra pronto ad andare oltre e, per il mese di aprile 2013, sta preparando una nuova performance, stavolta con l’aiuto di 22 ragazzi e un carico di 20.000 biglie di vetro, ordinate la scorsa settimana a Milano. Forse il modo di fare arte di Zueth può sembrare anomalo, ma che importa. Se serve a far staccare per qualche minuto gli occhi della gente dal display dell’I-phone o dell’I-pad, allora l’opera è riuscita alla grande e come dico sempre, l’arte è una questione di sensibilità. Lorenzo Bellucci lorenzobellucci.lb@gmail.com
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Deformità assiali del ginocchio nel bambino La deformità in varo (a parentesi, cavallerizzo) più frequente o in valgo (a X) delle ginocchia è abbastanza frequente nei primi anni di vita e molto spesso con la crescita si ha la risoluzione spontanea. Purtroppo in una bassa percentuale di casi per vari cause (idiopatiche, traumatiche, metaboliche, neurologiche) le deformità angolari del ginocchio possono aggravarsi con la crescita del bambino e diventare sintomatiche e invalidanti, alterando la corretta deambulazione. Queste deformità, se non trattate, possono causare deformità anche alle articolazioni limitrofe, anca, rachide, caviglia-piede. Importante è fare una diagnosi precoce, i bambini vanno seguiti durante la crescita e monitorizzato l’eventuale aggravamento. Il primo approccio terapeutico è conservativo. Nei primi anni di vita se la deformità è grave possono essere applicate delle docce notturne in correzione oltre che manipolazioni specifiche, controllo del peso, utilizzo di plantari. Nel bambino più grande prima che si completi l’accrescimento scheletrico si può rendere necessario effettuare intervento di emipifisiodesi che attualmente è possibile effettuare con tecnica mini-invasiva (Fig 1) mediante l’ impiego di una particolare placca che ha lo scopo di guidare il processo di crescita ossea (Fig. 2) e ripristinare l’allineamento dell’ arto, sia nel ginocchio valgo (fig. 3) che varo (fig. 4). Dopo l’intervento il bambino può camminare subito senza limitazioni. Dopo il completamento dell’ accrescimento scheletrico è possibile correggere la deformità solo con interventi di osteotomia, ben più invasivi. Dr. Vincenzo Buompadre
Fig. 1 Incisione mediale al femore per trattamento di ginocchio varo
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Fig. 3 Ginocchio valgo bilaterale: controllo radiografico preoperatorio, post-operatorio dopo impianto di placca per emiepifisiodesi del femore, controllo radiografico a fine trattamento dopo rimozione delle placche
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Fig. 4 Ginocchio varo monolaterale trattato con emipisiodesi del femore, controllo preoperatorio e dopo 9 mesi dall’ intervento
D r. V i n c e n z o B u o m p a d r e
Specialista Ortopedia e Medicina dello Sport
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Come i Raggi Cosmici potrebbero aver causato le estinzioni di massa delle ere passate (Seconda ed ultima parte) Il mese passato abbiamo spiegato che sul nostro pianeta si sono succedute diverse estinzioni di massa con frequenze periodiche; abbiamo anche introdotto alcune nozioni sui Raggi Cosmici e come questi, in dosi elevate, hanno il potere di interferire sulle cellule degli esseri viventi, alterandone le caratteristiche in modo negativo. Vediamo ora in che modo questi due aspetti sono correlati tra loro, secondo una recente teoria di un’equipe di scienziati americani che ne danno una spiegazione tutta astronomica. È ampiamente dimostrato che il moto del nostro Sole attorno al centro della Via Lattea segue un percorso ondulato che solleva la nostra stella ora sopra ora sotto il piano del disco galattico per circa 230 anni luce con un periodo di 64 milioni di anni e che insieme alla Via Lattea si sposta in direzione dell’ammasso della Vergine così come indicato dalla freccia nella Fig. 1. Quando il Sistema Solare si sposta sopra il piano galattico (Nord), si trova esposto al fronte d’urto delle particelle cariche dei raggi cosmici extragalattici ad altissime energie e di conseguenza anche la nostra Terra viene investita da un flusso cinque volte maggiore di quando invece si trova dalla parte opposta (Sud). Questa asimmetria sarebbe all’origine delle estinzioni di massa, con un periodo proprio di 64 milioni di anni. Analizzando il diagramma della Fig. 2, risulta davvero stupefacente che ad un picco del flusso dei raggi cosmici che investono la Terra (curva di colore rosso), corrisponde un picco di diminuzione della biodiversità (curva di colore nero). In definitiva, sostengono questi scienziati, l’aumento dei raggi cosmici induce un periodo di stress agli organismi viventi della durata di qualche milione di anni accrescendo la vulnerabilità della biosfera. Da calcoli statistici se ne deduce che le variazioni intervenute nelle varie ere geologiche siano da attribuire per un buon 50% al flusso dei raggi cosmici extragalattici. Non vorrei comunque creare allarmismi e posso concludere dicendo che attualmente il Sole si trova solo 30 anni luce sopra il disco della Via Lattea e per altri…diciamo 8 milioni di anni possiamo stare tranquilli! Tonino Scacciafratte
Presidente A.T.A.M.B. - tonisca@gmail.com
Parliamo delLA LUNA Influenze tra Terra e Luna - La luce riflessa Il fenomeno delle maree coinvolge tutte le grandi strutture fluide del nostro pianeta; il rigonfiamento delle masse oceaniche, dell’atmosfera ed anche del mantello terrestre, costituisce l’effetto più notevole dell’interazione tra Terra e Luna. Pur con esiti più blandi, anche la luce notturna riflessa dal nostro satellite genera interferenze con il mondo vivente. Animali e vegetali, essendosi evoluti in funzione anche dei ritmi circadiani, si sono adattati ad essi cercando di ricavarne i maggiori vantaggi. L’organo della vista si è sviluppato in ogni specie animale in modo proporzionale alle proprie convenienze così che, nella sistematica, distinguiamo gli animali notturni dai diurni. Essi si differenziano per il diverso adattamento evolutivo della retina a saper percepire colori e forme nelle diverse condizioni di illuminazione. Nei rapaci notturni la retina è fornita di una maggiore quantità di “bastoncelli” (le cellule visive capaci di farci distinguere meglio le forme e non i colori); per questi animali è sufficiente una minima quantità di luce per essere efficaci cacciatori. Nella retina umana sono preponderanti le cellule visive denominate “coni”, capaci di percepire finemente i colori; tramite esse ed in sinergia con il cervello particolarmente evoluto, l’uomo è stato in grado di sviluppare capacità artistiche e sentimentali uniche. Ormai, nei pressi delle città, il fascino della visione di un paesaggio al chiaro di Luna è falsato dalle luci artificiali; basta però allontanarsi un po’ per ammirarne la suggestione che varia col variare della luminosità della notte in funzione della fase lunare in atto. Le forme, incerte poco prima e poco dopo la Luna nuova, assumono un fascino coinvolgente man mano che si procede verso il plenilunio. Durante questa fase sono ben visibili le ombre degli alberi, delle strutture aeree, la nostra stessa che si stagliano nitide nel chiarore degli oggetti illuminati. I colori prevalenti sono prossimi al bianco e al nero ma se guardiamo attentamente, i tetti delle case o le grandi distese boschive lasciano intravedere una parvenza del loro proprio colore. Se anche le nuvole poi, partecipano a questo gioco, l’immagine può divenire emozionante e galeotta. -Belli scherzi ci fa la Luna!Anche i vegetali possono essere influenzati dalla luce notturna. Il foto tropismo si accentua nelle notti di Luna piena come è logico che sia, così è anche per la crescita delle piante poiché sembra che in quelle notti le radici siano maggiormente spinte ad assumere sostanze dal terreno, ma questi fenomeni assumono significati marginali. La cultura tradizionale assegna alla Luna ulteriori effetti sui viventi e sui fenomeni terrestri, i quali, proiettati su scala mondiale, non risultano convalidati dalla sperimentazione scientifica. Enrico Costantini
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Mo’ ve ne dico quattro! Una... La Terra ròta su sse stessa sempre più ppianu, circa ddu’ millesimi de secondu ‘gni seculu, po’ èsse che… co’ lu callu che ‘umenta, li jiacci fonnono e vanno a ‘ngrossà l’equatore e ppo’ je fa ‘n tantinu attritu lo mare che ss’arza e ss’abbassa. Due... Quanno che lo Sole arriva su lu puntu più ardu de lu cielu… è mezzuggiornu... qui dda noi indica lu Sudde, a qquilli de quill’andru emisferu je indica lu Norde. Tre... Lo Sole sorge a Este e ttramonta a Oveste sulu lu 21 marzo e lu 23 settembre... l’andri giorni llì vvicinu. Quattro... Lu Polu che cce indica la bussola non è quillu de lu mappamonnu, ma sta spostatu ‘n bo’ più a Oveste e sse move ‘n cuntinuazzione… e llì l’agu de essa se mette a ppiccu... perché lu Polu Norde magneticu ce l’ha ggiù ssotto. p a o lo . ca s a li4 8 @ a lice. i t
Una soffitta sull’Universo Composti da gas? Ma senza terra? Proprio così giovane amico! Giove ha un diametro dieci volte quello della Terra e sembra una vera stella brillante a causa di questa sua elevata dimensione. Sembra molto colorato a causa di gruppi di nuvole rossastre che viaggiano a grande velocità attraverso un’atmosfera molto densa composta da cristalli ghiacciati di acqua, ammoniaca, idrogeno ed elio. Guarda tu stesso... È vero! Sembra che indossi un pigiama a righe! Un pigiama! Bella questa! Sotto il pigiama però non c’è un corpo solido, ma al 90% è come un immenso oceano che copre il pianeta di idrogeno liquido ed elio. Solo al centro c’è un piccolo nucleo roccioso grande più o meno come il nostro pianeta. Sempre osservando Giove potrai notare una grande macchia rossa: è la sommità di una gigantesca perturbazione ciclonica così grande che potrebbe starci due volte la Terra e che dura da almeno trecento anni! Trecento anni? Ma è un periodo lunghissimo! Sai… a volte quando mi parli di numeri così grandi mi sembra un concetto al di fuori della mente dell’uomo, se ci pensi è incredibile come il progresso e la ricerca ci abbiano portato a sapere cosa c’era miliardi di anni fa, di cosa sono fatti i corpi nell’universo a distanze “stratosferiche”, di approdare addirittura sulla Luna! Ma… tornando al tema della serata, prima hai nominato anche Saturno, non è quello con gli anelli intorno? Di cosa sono fatti? La struttura del nostro “amico con la cinta” è simile a quella di Giove; anche lui quando si avvicina alla Terra diventa più luminoso della maggior parte delle stelle, ma anche indistinto e difficile da rintracciare quando si allontana. Pensa che quando lo osservò Galileo e si accorse di qualcosa di strano intorno a Saturno, lo disegnò con qualcosa di simile ai due manici di una tazza! Ah ah ah! È vero, se uno lo guarda di profilo sembra abbia le orecchie! Gli anelli si vedono di taglio dalla Terra ad intervalli pari a circa la metà del periodo orbitale di Saturno, che è di circa 29,5 anni, mentre si possono ammirare in tutto il suo splendore quando sono visibili di fronte. Divisi in sette fasce, sono anelli planetari, ovvero formati da polveri e da altre piccolissime particelle che orbitano intorno a un pianeta formando un disco piatto. Ma hanno dei nomi? In realtà no, ma tra i sette principali ce ne sono tre più brillanti e sono chiamati A, B e C. Saturno è proprio bello come pianeta da osservare! Ha anche lui le lune come Giove? Sì, anche il nostro secondo gigante gassoso, ti dico solo che può contenere circa 740 volte la Terra, ha circa cinquanta satelliti naturali anche se è difficile stabilirlo precisamente poiché, tecnicamente, anche tutti i piccoli corpi ghiacciati che compongono gli anelli di Saturno, sarebbero da considerare satelliti. Certo è che il più famoso ed interessante di essi è Titano, il secondo in grandezza, dopo Ganimede, dei satelliti del sistema solare, con una densa atmosfera di azoto e metano. Pensa: è addirittura più grande dei pianeti Mercurio e Plutone! Povero Plutone! Un mini pianeta ghiacciato! Ancora una cosa su Saturno… un mio amico a scuola mi ha detto che può galleggiare, è vero o mi stava prendendo in giro? No, no caro Leo, ti ha detto la verità. Essendo composto da liquidi e gas ed avendo solo un piccolo nucleo roccioso al centro, è così leggero che se ci fosse un oceano abbastanza da contenerlo, vi galleggerebbe! Michela Pasqualetti mi kypas78@vi rgi l i o.i t
Osservatorio Astronomico di S.Erasmo Osservazioni per il giorno Venerdì 25 Gennaio 2013
LA SICUREZZA DEI TUOI INVESTIMENTI
Con la Luna quasi piena a rischiarare tutta la volta celeste, sono ancora Giove e la nebulosa di Orione a fare da padroni per la serata. All’apertura dell’osservatorio punteremo il telescopio subito su Giove per osservare l’occultamento del satellite Io che avverrà 20 minuti dopo le ore 21. Sul finire della serata, ci sposteremo vicino alla stella Ruchbah in Cassiopea per osservare un ammasso aperto (m103) formato da 25 stelle, alcune molto luminose, e che si trova a circa 8.800 anni luce da noi. Ad occhio nudo identificheremo tutte le bellissime costellazioni invernali. TS
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Nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, tenutasi a palazzo Montani Leoni il 21 dicembre 2012, il Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, dr. Mario Fornaci, ha illustrato i più importanti interventi deliberati nel 2012. Ogni anno l’ACRI, Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio SpA, pubblica nel “Rapporto sulle Fondazioni bancarie” un documento informativo personalizzato per ciascuna Fondazione denominato “Analisi della Gestione” -redatto sulla base dell’ultimo bilancio approvato-, che si propone di fornire i principali elementi di valutazione comparata sull’attività svolta. I risultati che la Fondazione Carit ha raggiunto sono stati più che lusinghieri. Infatti, ha riferito il Presidente dr. Fornaci, dal raffronto degli indici economico-patrimoniali, confrontati con i dati delle Fondazioni medie e del Centro, oltreché con i dati del sistema, emerge che la Fondazione Carit si attesta su livelli di assoluto primo ordine. Questi ottimi risultati hanno permesso al Consiglio di Amministrazione della Fondazione, assistito dal Collegio dei Revisori, di realizzare nel 2012 tutti gli obiettivi prefissati dal Comitato di Indirizzo nel Documento Programmatico Previsionale, approvando oltre 3.500.000 di Euro di erogazioni a vantaggio del territorio nei sei settori di intervento. Ricerca Scientifica e tecnologica Euro 450.450 Arte attività e beni culturali Euro 849.316 Salute pubblica Euro 723.000 Istruzione Euro 724.000 Volontariato filantropia e beneficenza Euro 680.375 Sviluppo locale Euro 126.000 Nei settori della ricerca scientifica e dell’istruzione la Fondazione ha stanziato complessivi Euro 500.000 in favore dell’Università: 110.000 Euro al Consorzio per lo Sviluppo del Polo Universitario di Terni; 300.000 Euro al Polo Scientifico e Didattico di Terni per il finanziamento di ricercatori e borse di studio nell’ambito del programma pluriennale finanziato dalla Fondazione a valere sugli esercizi 2011-2012-2013; 90.000 Euro al Polo Scientifico e Didattico di Terni per progetti di ricerca. Al Comune di Narni sono stati poi deliberati 35.000 Euro per i corsi universitari Alle scuole ternane sono andati oltre 240.000 Euro: 50.000 Euro per dotazioni didattiche, per progetti e per le premiazioni di alunni meritevoli; 150.000 Euro sono stati stanziati per l’acquisizione di LIM in tutte le scuole della provincia; 40.000 Euro per la “Borsa Paolo Candelori” destinata ad un giovane diplomato del Liceo Classico di Terni per tutta la durata dei corsi universitari. È proseguito inoltre il sostegno della Fondazione, in qualità di ente fondatore, alla Fondazione Cellule Staminali con un finanziamento per il 2012 pari ad Euro 200.000. Il Vice Presidente della Fondazione Cellule Staminali, dr. Francesco Quadraccia, ha riferito in proposito che l’attività di sperimentazione sull’uomo è stata avviata il 6 dicembre 2011 e che sono stati già trattati 4 pazienti, come anche confermato dal direttore prof. Angelo Vescovi. Nel settore dell’arte e cultura sono stati deliberati 120 finanziamenti in favore di Enti locali, Associazioni musicali e teatrali per la realizzazione di eventi culturali di elevato spessore e per il restauro di opere d’arte. Tra le iniziative realizzate direttamente dalla Fondazione in questo settore si ricorda la mostra dedicata a “Paolo Aguzzi” e la mostra su “La raccolta d’arte della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni”, che rimarrà aperta al pubblico sino al 17/02/2013. In soli due week-end la mostra ha registrato tra l’altro oltre 300 presenze.
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Il Presidente ha inoltre ricordato l’intervento diretto della Fondazione in due importanti cantieri del centro di Terni: la chiesa di San Francesco con il restauro dei paramenti esterni del prospetto laterale destro e dell’abside; la chiesa di San Pietro con il restauro della facciata e dell’antico portale. Anche per il 2012 la Fondazione ha inteso aumentare lo stanziamento in favore del settore del volontariato in ragione del particolare periodo di crisi che si sta vivendo nel nostro Paese. In questo settore rilevante la Fondazione ha sostenuto in particolare la mensa di San Valentino, i Centri di Ascolto e Accoglienza del territorio, le Conferenze Vincenziane, le Parrocchie, le Associazioni e i centri di solidarietà locali. Nel settore della sanità a gennaio del 2012 è stato completato lo stanziamento per la PET TAC per l’Ospedale “S. Maria” di Terni, un consistente impegno economico che la Fondazione ha deliberato in due esercizi per una spesa complessiva di 1.530.000 Euro. Duole però rilevare che malgrado la solerzia con cui la Fondazione ha risposto ad un necessità della comunità, l’Azienda Ospedaliera non abbia ancora potuto completato i lavori per l’installazione del macchinario. Il Presidente della Fondazione ha colto quindi l’occasione per sollecitare l’amministrazione ospedaliera affinché una così importante strumentazione possa essere quanto prima fruita dalla cittadinanza. Nell’ambito della sanità la Fondazione ha anche proceduto all’acquisto diretto di un ecografo multifunzionale per la Casa Circondariale di Terni. Nell’ambito delle attività programmate dalla Consulta delle Fondazioni delle Casse di Risparmio dell’Umbria, il dr. Fornaci informa che in questo esercizio sono stati deliberati importanti interventi quali: - finanziamento in favore dell’Emilia colpita dal recente sisma; - contributo a sostegno del “Fondo di Solidarietà delle Chiese Umbre”; - finanziamento in favore delle aree dell’orvietano colpite dall’alluvione dello scorso mese di novembre. In particolare per il nostro territorio la Consulta ha dato la propria adesione all’avvio del progetto relativo alla nascita del “Parco e Museo dell’Energia del Ternano-Narnese”, che ci si augura possa essere realizzato in tempi rapidi. Il Presidente ha ricordato poi che nel corso del 2012 la Fondazione ha portato a compimento l’iter per la cessione della propria quota di minoranza nella conferitaria CARIT SpA, pari al 25%, mediante girata dei relativi titoli azionari a favore della Cassa di Risparmio di Firenze. In seguito a tale cessione il patrimonio della Fondazione salirà nel 2013 ad oltre 180 milioni di Euro che, nel rispetto dello statuto, dovrà essere investito osservando criteri prudenziali di rischio, in modo da conservarne il valore ed ottenerne una adeguata redditività che assicuri nel tempo il perseguimento degli scopi istituzionali in favore della collettività. Il Presidente ha dato notizia, infine, dell’avvenuto acquisto nel 2012 dalla CARIT SpA del piano terra e dei piani seminterrato e sottotetto dell’antico palazzo Montani Leoni: la Fondazione entrerà così in possesso entro la fine del mese dell’intero immobile, mentre nell’adiacente edificio avrà sede la filiale e la direzione della nuova Casse di Risparmio dell’Umbria SpA.
L a raccolta d’ arte della F ondazione Cassa di Risparmio di Terni e N arni A cura di: Anna Ciccarelli e Francesco Santaniello Luogo: Terni, palazzo Montani Leoni, corso C. Tacito 49 Durata dell’evento: dal 15 dicembre 2012 al 17 febbraio 2013 Orari di apertura al pubblico: ogni sabato e domenica 11.00-13.00; 17.00-19.00 Ingresso gratuito Catalogo disponibile all’interno della mostra
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La spedizione dei Mille: L’umile cantore che in ogni era ed in qualsiasi dove ardirà declamare le gesta di coloro che per decenni servirono la propria patria rifiutando ricompense e gloria, sarà chiamato ad un uffizio che da oltre un secolo accomuna coloro che, mossi dalle più disparate intenzioni, vollero celebrare le imprese di Giuseppe Garibaldi e degli audaci che tutto sacrificando sempre lo seguirono. Tale compito è quello di verificare l’esattezza di ogni affermazione mettendo così in dubbio false verità accettate da molti poiché presenti in documenti originali, in modo da rivelare la retorica che, voluta da monarchi, dittatori e partiti, avvolge i fatti d’arme che videro il Generale strenuo difensore dei diritti dei popoli oppressi sia nel fango d’Aspromonte che nel trionfo del Volturno. L’eroica impresa che nel corso degli anni maggiormente venne strumentalizzata fu quella che passò alla storia come “la spedizione dei Mille”, la quale perfino in tale definizione cela il disprezzo con cui la monarchia sabauda la tollerò ostinandosi a non riconoscere il coraggio ed il valore dei volontari irregolari che giunsero ad essere oltre ventimila sotto le mura di Capua. Con la camicia rossa e i pantalon turchini la carabina in spalla noi siam garibaldini: sarà nel tentativo di narrare le vicende di tali prodi ch’io non partirò da Quarto, bensì dal duplice tradimento che fu alla base della Campagna Meridionale. Nella seconda metà degli anni ’50 del XIX secolo la guida del movimento risorgimentale era ormai saldamente nelle mani del Piemonte e del suo primo ministro, Camillo Benso di Cavour, sostenuto dalla Società Nazionale Italiana fondata in quel decennio da Daniele Manin, già presidente della Repubblica di San Marco nel 1849, e da Giorgio Pallavicino. In essa confluirono molti democratici che accettarono la collaborazione con Vittorio Emanuele II pur di ottenere la liberazione dal dominio austriaco e l’unità della patria, programma ben sintetizzato nella celebre frase: “Il partito repubblicano dice a Casa Savoia: fate l’Italia e starò con Voi, se no, no!”. Lo stesso Mazzini, inizialmente restio a tale compromesso, di fronte ai numerosi fallimenti ed agli arresti cui andò incontro il Partito d’Azione, decise di coordinare il proprio operato a quello del Governo del Re, con il quale intrattenne dei contatti epistolari durante i propri soggiorni clandestini a Genova e Torino fra l’Autunno del 1856 e l’Estate dell’anno seguente. Intenzionato a fornire il pretesto per l’intervento militare al Piemonte, l’Apostolo della Democrazia progettò insurrezioni in Lunigiana, nel Meridione ed in Liguria, le quali tuttavia allarmarono Cavour, che per impedirle ordinò l’arresto di patrioti come Alberto Mario, la consorte Jessie Whyte e Rosolino Pilo. Il Generale Giuseppe Garibaldi, stabilitosi sin dal 1855 a Caprera, fu invece direttamente contattato dal primo ministro sabaudo, il quale, fin dal 1858, gli illustrò l’idea della formazione di corpi volontari da lui guidati in vista di una guerra contro l’Austria, per poi essere avvisato il 20 Dicembre del medesimo anno durante un nuovo colloquio con lo statista piemontese del moto previsto nei ducati di Massa e Carrara per il successivo 1° Aprile. Nel frattempo, a causa della morte di Manin avvenuta nel 1857, le redini della Società Nazionale erano state assunte da La Farina, che contribuì all’organizzazione dei reparti militari che si andavano formando, il cui animo venne scosso dal discorso corretto da Napoleone III e pronunciato da Vittorio Emanuele II il 10 Gennaio del 1859 in occasione dell’apertura della sessione parlamentare, oramai certo del sostegno dell’alleato francese, in cui il monarca affermò: “Non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi”. Oramai accelerati i tempi, Cavour fu costretto ad un cambio di programma e rese nota al Generale il 2 Marzo l’imminenza del conflitto contro l’Impero Asburgico, fattore che il 17 dello stesso mese lo spinse a provvedere alla formazione del corpo dei Cacciatori delle
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le premesse
Alpi, ufficialmente istituito con Regio Decreto, il cui comando fu come prestabilito affidato al Nizzardo. Primo segnale del trattamento che da lì in poi sempre le gerarchie militari sabaude avrebbero riservato ai volontari garibaldini, il ministro della Guerra La Marmora si rifiutò di firmare la nomina degli ufficiali di quel reparto, costringendo a renderla effettiva il ministro degli Interni, nonostante il valore che quelle truppe dimostrarono nel corso della II Guerra d’Indipendenza. Quest’ultima, caratterizzata da molteplici vittorie dello schieramento franco-piemontese, venne bruscamente interrotta dall’armistizio di Villafranca, voluto dall’imperatore francese per evitare la mobilitazione prussiana e risparmiare ulteriori caduti alla propria preoccupata nazione, il quale prevedeva la cessione della sola Lombardia al Regno di Sardegna, l’unione di Nizza e della Savoia alla Francia e la restaurazione dei duchi spodestati in Italia centrale. Contrario a codesto trattato Cavour rassegnò le proprie dimissioni, mentre Garibaldi, ugualmente avvilito, accettò il grado di maggior generale comandante la divisione toscana dell’esercito della Lega delle provincie centrali insorte che rifiutarono il ritorno dei tanti odiati sovrani, organizzatesi in governi provvisori guidati da uomini come il barone Bettino Ricasoli e Luigi Carlo Farini. Il generale fu quindi impossibilitato ad essere seguito dal governativo corpo dei Cacciatori delle Alpi, presto ribellatosi e sciolto dall’alto comando sabaudo, il quale, allarmato dal progetto di Garibaldi di far scoppiare una insurrezione nello Stato Pontificio seguita dall’intervento delle truppe poste sotto il suo comando e stanziate nei pressi di Cattolica, lo richiamò a Torino, ove conferì nuovamente con il Re, che lo invitò a desistere dalle sue mire pur donandogli il suo fucile da caccia. Resosi conto della sua subordinazione a Fanti, comandante supremo dell’esercito cui aveva offerto la propria sciabola, e del fatto che la sua presenza era stata voluta solamente per mantenere la disciplina dei volontari, l’Eroe dei Due Mondi si dimise, tradito dal partito monarchico al quale tuttavia rimase fedele per non compromettere i destini della propria nazione. È infatti significativo notare come Vittorio Emanuele II avesse scritto a Fanti ordinandogli di tornare presso la capitale piemontese qualora il Nizzardo avesse deciso di dare inizio al moto previsto nelle Marche, in modo da far ricadere la responsabilità di quest’ultimo non su un generale del Regio Esercito di Casa Savoia, bensì sul maggiore esponente del partito rivoluzionario, inviso sia a Napoleone III che ai propri ministri. Dopo nuovi quanto vani tentativi in Lombardia, Garibaldi soggiornò a Nizza per poi far ritorno a Caprera, ove apprese l’esito dei plebisciti del Marzo del 1860, che sancirono l’unione delle insorte Romagne, della Toscana, di Parma e di Modena al Regno di Sardegna, annessione del tutto assente negli accordi di Plombières, alla quale l’Imperatore francese acconsentì solamente in cambio della cessione di Nizza e della Savoia, cui inizialmente Cavour fu contrario a causa della mutilata vittoria ottenuta contro l’Austria. Garibaldi, eletto al parlamento proprio nel collegio della natia città, infuriato accusò il primo ministro piemontese di averlo reso “straniero in patria”; convinto dai suoi ufficiali a desistere dal colpo di mano che avrebbe rischiato di scatenare l’ostilità militare della Francia, il Generale ottenne la cittadinanza onoraria di Chiavari, San Remo e Genova, ove trovò l’ospitalità di Candido Augusto Vecchi, vecchio amico già deputato del 1849. Non appena ritrovatisi, fra i due vi fu tale colloquio: “- Buona sera, Vecchi, vengo come Cristo a trovare i miei apostoli, ed ho scelto il più ricco questa volta. - Mi volete? Per Dio, Generale, e con piacere immenso”. Bixio, Medici, Crispi, Turr, Sirtori, Missori, Mosto, Pilo, Bertani, Montanari, Elia, Cosenz: era sorta dal fraterno sangue versato una nuova generazione d’eroi, prodi cavalieri romantici pronti ad immolarsi spinti dalla propria ardente fede nella Causa Italiana, la Santa. Francesco Neri Scuola Media Leonardo Da Vinci - Classe III Sez. A
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