Il rossetto di Ségolène
La Pagina e La Scuola.
Claudia Mantilacci Ecco sfumata un’altra bella occasione per aumentare il peso della partecipazione delle donne nella vita politica. Le elezioni francesi hanno sottolineato ancora una volta se ce ne fosse stato bisogno come per una rappresentante del gentil sesso sia molto più arduo e problematico assurgere a ruoli di primo piano in un ambito strettamente maschilista come quello della politica. I nostri rappresentanti, democraticamente eletti, si sono profusi in pleonastiche dichiarazioni circa la sensibilità femminile, grazie alla quale, a parer loro, dovremmo essere in grado di governare con più discernimento e ponderazione. Durante il duello elettorale
Giovani eccezionali, meravigliosi! Non facciamo loro del male, prego! Sono e vogliono essere onesti, sono e vogliono essere colti. Sono anche molto, molto sensibili. Grazie, studenti amatissimi. Dovuti e sentiti ringraziamenti anche ai vostri educatori ed ai vostri presidi, così attenti alla promozione culturale e morale dei loro allievi.
Chi dice donna... dice... Giampiero Raspetti
GR
Sharon Sabatini
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Don Milani, prete laico Marcello Ricci Può essere laico un prete? Andiamo a verificare. Occorre innanzitutto precisare alcuni caratteri della laicità: la libertà di coscienza, la separazione tra stato e chiesa, la libertà di ricerca scientifica, la critica al potere temporale del clero, il rifiuto di ogni fondamentalismo, religioso o politico che sia, la nonviolenza,
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Francesco Borzini
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Francesco Patrizi
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Non tutti nella capitale sbocciano i fiori del male, qualche assassinio senza pretese abbiamo anche noi in paese, cantava Brassens. E qualche fiorellino malato c’è sempre anche in provincia, deve aver pensato un giornalista della nostra cronaca locale. Basta saperlo trovare. Così, in un pomeriggio afoso di maggio, stanco di ammorbare i lettori con l’ennesima bega
S e la vita è u no scoop
13 Scuola elementare 14-15 LICEI 16 Scuola media 17 18
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PROFILI arredamenti Il treno Gli Amici di Beppe Grillo Ephebia festival 2007 COSI’ FINI’ IL PIDDI’
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I l D i l em m a del Prigioniero
Dedicato al mondo del
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Una notte ho sognato di vedere dinanzi ai miei occhi uno splendido esemplare di aquila reale. Mi guardava e mi sfidava. Aveva uno scintillìo magico nei suoi occhi e, mentre io ero persa nell’ardore del suo sguardo, ella volò. Volò maestosa e imponente, su tutto e tutti. Sfidava il vento, scompigliava le nuvole; l’aquila era divenuta ai miei occhi la regina dei cieli. Da quel giorno ho deciso che anche io sarei divenuta, una regina dei cieli. Sarei divenuta un’aquila d’acciaio. Il mio sogno è volare nell’immensità dei cieli e trasformare l’aereo che guiderò nel mio migliore amico. Formeremo una coppia meravigliosa, al servizio della giustizia e dell’umanità. Andremo ove ci sarà bisogno di noi, porteremo un pizzico di pace in più nel mondo, porteremo un
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N° 6 - Giugno 2007 (46)
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Immersi nella democraticità, noi italiani, in nome sempre e solo del popolo sovrano, organizziamo rettamente le primarie! D’altra parte i politicanti non perdono occasione per emettere sentenze a nostro nome: gli italiani vogliono... gli italiani sono stanchi di... gli... gli italiani non ne possono più! Non la vogliono più cotanta facoltà di libera espressione, sì immensa libertà di propalare urbis et orbis il proprio pensiero! A cominciare dai banchi di scuola dove sei liberissimo di... ripetere a memoria brani del Natalino Sapegno o formule matematiche il cui significato è sovente ignorato dagli insegnanti stessi! La scuola italiana è ormai universalmente bollata come la scuola della memoria e del
Lampada da 150 watt a trenta centimetri dal naso, luce sparata diritta negli occhi. Braccia robuste e tutt’altro che amichevoli che costringono il viso a rimanere alzato, le orecchie ad ascoltare, le retine a dolere. Confessa, che ti conviene. Dillo che sei una spia, e te la caverai con poco. Se poi confessi che anche il tuo amico,
Quanti saranno stati? Diecicentomila persone accalcate e accalorate, festose e incredule davanti allo spettacolo dei colori e della musica, vestite a festa e stracolme di gioia e luccicori, in una Roma primaverile ed afosa. Roma paziente e sorniona, Roma papalina e garibaldina, metà Conciliazione e metà Porta Pia, abituata a tutto e al suo contrario, con troppo disincanto nelle viscere per provare una nuova emozione. La manifestazione aveva suscitato polemiche forti, molti avevano aderito, ma alcuni l’avevano trovata in qualche modo inopportuna. La questione omosessuale: è sempre quella in fondo che divide le opinioni e le coscienze. Difficile dire esattamente cosa, in quella voce che lo accarezzò gentile, lo risvegliò dal torpore
La vita di ognuno di noi, senza che ce ne rendiamo conto in modo razionale, è fatta di sensazioni continue. Il modo di comunicare delle imprese più evolute, nel promuovere i propri prodotti, sta cambiando in modo radicale ed il marketing, utilizza oggi, sempre di più, tecniche sofisticate che coinvolgono proprio la sensorialità dell’individuo.
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Marketing esperienziale e multisensorialismo Alessia Melasecche
Il rossetto di Ségolène C h i d i c e d o n n a . . . d i c e . . .
Berlusconi-Prodi l’argomento delle quote rosa figurò tra le domande poste ai candidati premier: ve li ricordate? Entrambi a sdilinquirsi mentre enumerano una serie di attributi tipicamente femminili che, a sentir loro, dovrebbero essere alla base della nostra capacità di far politica. Ma quando mai, parlando di un candidato uomo, si sono esaltate le sue capacità di comprensione, dolcezza o procreazione? Ma com’è possibile che ancor oggi la capacità di sfornare figli sia vista come una condicio sine qua non per essere delle brave donne, sensibili e moderate, che possano permettersi di prender parte all’agone politico? Le donne dovrebbero entrare in politica grazie alla loro capacità di analisi, alla loro preparazione universitaria, alla attitudine alla leadership. Ciò che dovrebbero sottolineare giornalisti e politologi sono le loro idee e i loro programmi elettorali e non l’altezza del tacco o la lunghezza della gonna! Durante la campagna elettorale appena conclusasi in Francia, le note relative ad ogni apparizione in pubblico della candidata socialista Ségolène Royal riguardavano i suoi tailleur, i cambiamenti apportati dal suo consulente d’immagine e la possibilità che si fosse sottoposta o meno ad interventi a base di botulino. Nei confronti degli uomini queste osservazioni avvengono molto di rado e, quasi sempre, i tratti fisici o i rittocchini estetici vengono menzionati per prendere in giro il politico di turno che ha ceduto alla vanità di sottoporsi ad un lifting o ad un rinfoltimento dell’esigua chioma. Nei confronti delle donne ciò non avviene e i commenti sul
LA PAGINA
loro look e sul prezzo delle borse indossate sono serissimi e pretendono di innalzarsi al rango di veri e propri pareri politici quando invece sono solo dei tristi birignao folcloristici. In questa nostra società, in cui apparire è molto più importante che essere, anche la ragion di stato è stata spettacolarizzata e i politici fanno a gara per sembrare più belli e giovani e per porgere il profilo migliore alle telecamere. Ciò, però, nel caso dei politici uomini, non viene ravvisato come immodestia o vanità, ma solo come un nuovo modo di far politica imposto dalla massmedializzazione dei costumi elettorali. Quando invece a preoccuparsi del proprio look è una donna, che può indossare tacchi alti, gonne corte e non deve arrendersi alla divisa d’ordinanza blazer-cravattapanciotto, si scatenano cori di polemiche sull’ammissibilità o meno di una giacca rossa o di un rossetto audace e sulla vanità e superficialità del sesso debole. Come se le qualità insite in una donna possano trasparire dal suo modo di vestire! Le donne sono brave in politica, come in moltissimi altri ambiti lavorativi, non perché siano più sensibili in quanto madri o più pazienti in quanto mogli (andatelo a dire a Condoleeza Rice!) ma perché sono degli individui pensanti (come gli uomini), dotate di capacità di ponderazione (come gli uomini), munite dei giusti titoli di studio (come gli uomini) ed in grado di governare (come gli uomini)… e forse perché, dopo secoli di soprusi e ghettizzazioni, hanno qualcosa di veramente innovativo e brillante da dire (più degli uomini!). C. Mantilacci
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Mensile di attualità e cultura Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002 presso il Tribunale di Terni Redazione: Terni V. Carbonario 5, tel. 074459838 - fax 0744424827 Tipografia: Umbriagraf - Terni In collaborazione con l’Associazione Culturale Free Words
DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile
Michele Rito Liposi
D I R E Z I O N E Serena Battisti, Elettra Bertini, Chiara Damiani (vicedirettore), Pia Giani, Lorella Giulivi, Alessia Melasecche, Giuliana Orsini, Francesco Patrizi (vicedirettore), Egidio Pentiraro, Giampiero Raspetti (direttore), Alberto Ratini, Albano Scalise, Giuseppe Sforza.
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catechismo! Torna alla memoria la ricerca IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement, i cui membri istituzionali sono: Africa, Asia, Australasia, Europa, Africa del nord e Medio Oriente, Americhe) del 1972. Dopo più di 30 anni, l’ultima, recentissima, ricerca pubblicata mostra che non siamo avanzati nemmeno di un gradino: tre sono le graduatorie stilate per quanto riguarda conoscenza scientifica e capacità critica - in breve il saper guardare dentro o tra le righe (intus legere), facoltà normalmente chiamata intelligenza: la 1a o dei paesi sviluppati, la 2a o dei paesi in via di sviluppo, la 3a o dei paesi sottosviluppati. Eravamo e siamo ancora nel bel mezzo della 3a graduatoria, quella dei paesi sottosviluppati! Paese di chiacchieroni, ciarlatani, ignoranti, preda consunta di ideologie, fanfaluche, mistiche. Creduloni e feticisti, sguazziamo negli intrallazzi, nelle corruzioni, nelle menzogne. Ovunque pervertiti e pedofili... ma già stanno cercando il modo perché non se ne parli mai più! Siamo però liberi... liberi di ascoltare liberamente le imbecillità sulle influenze delle stelle o i laidi litigi di sguattere e di mercenari del corpo. Così si vogliono gli italiani... non devono salire dal mezzo della graduatoria dei sottosviluppati... altrimenti... e chi le voterebbe più certe cariatidi? Siamo un paese dalla classica mentalità paesana e scaramantica... ma... abbiamo le primarie che, sostanzialmente, si svolgono così: un gruppo di grandi elettori, già opportunamente selezionato, elegge solo quei signori che hanno alle spalle o 30 o 40 anni di pratica partitica! Proprio come in Francia dove emergono la stupenda Ségolène Royal ed il grandioso Nicolas Sarcozy, solo ieri illustri sconosciuti! Da noi invece dei decrepiti che conoscono solo, nella migliore delle ipotesi, lo sconcio dello scacchiere delle poltrone. Fa indignare davvero, però, la sfacciataggine con cui, approfittando della indelebile e ben radicata incapacità critica degli italiani, aggiungono il sadismo del dire che loro sì (loro che hanno battuto tutte le selle, i borsellini, le pieghe incancrenite di ogni settore dei partiti, tutte le repubbliche possibili, dalla guerra delle Rose in poi), loro sì che sono uomini nuovi! immacolati!... proprio come la loro coscienza... pulitissima perché mai usata. Facciamole allora queste primarie, dopo aver stabilito un limite alla militanza politica attiva (se si può far del male solo per 15 anni, perché seguitarlo a fare per 15 mila?). Queste le mie primarie: essere rappresentati da donne o da uomini? A molti apparirà come una antinomia, una contraddizione cioè; si tratta invece, al più, di un paradosso, di un pensiero contrario al comune attuale sentire... ma, se la civiltà avanzerà (sic!)... paradosso non lo sarà più! Il popolo più civile e raffinato mai conosciuto è quello etrusco, che aveva rapporti intensissimi, commerciali e culturali con le vere radici della nostra civiltà, quella in
cui ora spadroneggia il potente uomo bianco. Recentemente, bravissimi genetisti di un laboratorio scientifico di Pavia (pagati 3 o 400 euro al mese e si capisce benissimo il perché di tale infame stipendio) hanno dimostrato che il genoma degli etruschi è proprio quello evoluto nell’area assirobabilonese. Una colonia proveniente, nel nono secolo aC, dalla zona ove ora gradassi texani, con cappello texano, sigaro texano, stivale texano, stanno esportando raffinezza, educazione, civiltà, democrazia! In cambio, pensate, importano solo 250.000 barili di petrolio al giorno! Un vero affare, un lusso, per chi beneficia così generosamente della democrazia, anche se imposta con le armi! In Etruria dunque uomini e donne avevano parità assoluta. Stavano insieme, decidevano insieme, su tutto. Donne al potere!!! Mai viste donne a congiurare per guerre e stragi. Non c’erano donne a capo della Santa Inquisizione, né ai vertici del nazismo né alla tolda del comunismo reale. Certo che le donne hanno combattuto, ma solo quando c’era da immolarsi contro la barbarie, a difesa, sempre, di nobili ideali! O a difesa della laicità e della scienza, avendo come adamantina guida Ipazia, assassinata nel 415 dC. Visitate i siti (ve ne sono tantissimi) a lei dedicati e guadagnerete un tesoretto di spirito critico e di cultura che vi aiuterà a capite molte altre cose! Soffermatevi anche sulla diversità di comportamento, nei confronti della mitica pagana, dei Vescovi cristiani Sinesio e Cirillo! Socrate Scolastico riferisce: Ella giunse ad un tale grado di cultura, che superò di gran lunga tutti i filosofi suoi contemporanei... Per la magnifica libertà di parola ed azione, che le veniva dalla sua cultura, accedeva anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini. Infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale. Laboratori scientifici americani attestano ormai che l’uterino
sentire altri non è che un doppio cervello, quello che manca all’uomo il quale, in cambio, ha cellule genitali connotate da un nome del tutto appropriato. La donna possiede un cervello e mezzo, ma, questo conta, non è intrecciata nelle nasse del potere e del non saper far altro, forche che strangolano l’uomo. Una donna può smettere in ogni momento di politicare: è autonoma e sa disbrigarsi. Gran parte dei politicanti uomini non può, perché, letteralmente, non sa fare proprio niente, neanche le classiche uova al tegaminio! Ed anche, ovviamente, per altri motivi, sempre vaganti nelle aule giudiziarie! Due nomi, ma ne potremmo aggiungere tantissimi altri: Finocchiaro e Prestidigiacomo (in rigoroso ordine alfabetico)! Io le voterei. E voi? Ancora avvinti alle cariatidi? Ovviamente non considero donne quelle che fanno carriera con artifizi diversi da cultura, moralità, intelligenza. Quelle hanno un altro nome e non sono nemmeno donne: sono puri parti del degrado consumista e maschilista. Chi dice donna dunque non dice certo danno come una società becera ha sempre ripetuto ad usum cretini. Chi si riferisce alla donna non può proprio più dire che si tratta di un coso, di un maschio incompleto, come nelle argomentazioni teologiche di Tommaso d’Aquino. Chi dice donna, dice, invece: meraviglioso dono, di cui l’umanità, ma soprattutto la politica, hanno indifferibile necessità! G. Raspetti
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R e g i n a S e l a vita è uno scoop R i p e n s a m e n t i
urlo di gioia ad un bambino, un sorriso ad un ragazzo e forse… porteremo anche qualche lacrima. Voglio diventare invulnerabile come l’aquila che mi è apparsa in sogno. Voglio sfidare il vento, scompigliare le nuvole e soprattutto voglio mettere alla prova me stessa, superare i miei limiti. Voglio crescere. Una freccia rosa, ecco ciò che un giorno spero di diventare. Sfiderò i pregiudizi sulla donna, sulla nostra presunta debolezza fisica e mostrerò a tutti che una donna come me, a bordo di un F-16 può mettere in luce la sua forza e il suo coraggio. La mia voglia di sognare non si placherà nemmeno un istante; il mio cuore non smetterà neanche un momento di battere all’impazzata all’idea di raggiungere la meraviglia che risiede nella volta celeste. E anche se sembra assurdo, io spero con tutte le mie forze di farcela. La speranza che un giorno tutto questo sarà possibile tiene in vita il mio ardore, la mia voglia di fare, il mio fuoco vitale e dà senso ad ogni emozione, ad ogni pensiero, ad ogni gesto della mia esistenza. Un giorno io volerò, portando nell’immensità dei cieli la mia mente, il mio corpo, il mio cuore e la mia aquila d’acciaio. Ebbene sì, io Volerò! A. Mastromichele
politica, polemica sindacale e furto con scasso, il nostro si è messo alla ricerca di uno scoop sui giovani ternani. Se ne vedono tante, in internet: atti di bullismo, vandali in classe, mani sul corpo docente (preferibilmente sul fondoschiena…), vuoi che anche Terni non abbia dato il suo contributo a You Tube, il famigerato sito di condivisione video… e infatti, ecco alcuni liceali di Terni immortalati con il telefonino in classe. La notizia è bella che fatta: bulli al liceo, anarchia tra i banchi, prof presa d’assedio. Il video, in realtà, mostra solo due ragazzi che, in una parodia del telefilm Starsky & Hutch, entrano in aula rotolandosi in terra. Niente più che una goliardata. Ma la notizia è ghiotta e, come insegnava Charles F. Kane al suo inviato speciale a Cuba in Quarto Potere: tu mandami una notizia qualsiasi e io ti darò una guerra. Così il nostro cronista d’assalto lancia lo scoop: bullismo al liceo. Verificare la notizia, ascoltare i ragazzi, valutare le conseguenze, non è più compito suo. I ragazzi vengono sospesi e, nonostante l’insegnante ribadisca che non è successo nulla di grave, rischiano di non essere ammessi agli esami di maturità. In fondo il nostro giornalista ha rispettato la nuova deontologia non scritta dell’Ordine dei Giornalisti D.C. (Dopo Cogne): inventati la notizia del giorno, condiscila con un aggettivi tipo clamoroso e sensazionale, aggiungi un sotto shock (perché c’è sempre
www.abitareinumbria.it NARNI SCALO (Terni) Per prossima realizzazione villini e miniappartamenti a schiera si accettano prenotazioni Montecampano Ultime disponibilità: 1 appartamento e un villino a schiera di nuova costruzione. Prezzi: appartamento € 135.000. villino € 198.000. T e l e f o n o
qualcuno sotto shock) e interpella uno psicologo/sociologo/tuttologo di chiara fama televisiva (in genere, sono la stessa persona). Se poi la notizia non è vera, basta non ritornarci il giorno dopo e chissenefrega. Intanto, i ragazzi sospesi hanno sperimentato sulla loro pelle cosa vuol dire finire nel mirino di un cronista affetto dall’horror vacui di provincia. Poteva andargli peggio. Quando il tema del giorno è la pedofilia, in redazione la parola d’ordine è: trovatemi un pedofilo per la prima pagina di domani. E ci risparmiamo di passare in rassegna i vari innocenti accusati dell’infame reato che, nel corso degli anni, sono finiti nel tritacarne della stampa. Da anni ormai la stampa italiana non è più una cosa seria. Fare il giornalista, come fare altri mestieri, nel nostro Belpaese, non richiede più una deontologia, una correttezza e una serietà. Non si studia per imparare un mestiere, anzi non si impara più veramente un mestiere e, se vogliamo dirla tutta, non esiste più un’etica del lavoro. Dai giornalisti, agli avvocati, dai politici, ai commercianti, l’etica è la grande assente. E pensare che un tempo si diceva che il lavoro, qualsiasi lavoro, insegna a crescere, insegna il rispetto degli altri e il rispetto della verità. In una parola, insegna a vivere. A meno che la vita stessa non sia niente più che uno scoop: clamorosa, eccezionale, sensazionale. F. Patrizi
di maggio, dal suo sentirsi accartocciato dopo tre ore e passa di treno e impastato di sonno e di stanchezza. Difficile capire esattamente cosa si ridestò in lui di troppo a lungo domato e sopito. Proprio una bella manifestazione, vero? Un incipit non troppo originale, ma è così raro trovare il coraggio di parlarsi quando si è pressati nella calca: l’intimità forzata dei corpi pare debba essere necessariamente bilanciata dalla freddezza assente degli sguardi e dei modi. E poi quella domanda, pur generica e vaga, lo colpì per il modo insieme delicato e virile con cui era stata posta. Con un iniziale balbettio azzardò una risposta che tentava di essere adeguata allo slancio del suo interlocutore. Sì... Sì... Davvero un bello spettacolo! - Chi governa finalmente ci dovrà ascoltare. Qui in Italia noi siamo sempre più discriminati. Ma oggi siamo usciti allo scoperto! Il sorriso aperto e gioviale di quell’uomo lo colpì e la vampata acre del suo sudore mista alla freschezza di un buon profumo alaskano lo fece per un attimo trasalire. Era ancora piuttosto attraente, lo sguardo era dolce ed insieme rassicurante. Per un attimo pensò che sarebbe stato bello, bello davvero, tornare a casa la sera ed essere salutati da un sorriso così ampio, da uno sguardo così sereno, da due braccia così accoglienti. Ripensò, come gli accadeva sempre più spesso, alla folle radicalità della sua scelta; quella stessa scelta che aveva così accanitamente difeso dall’incredulità dei suoi genitori benpensanti. Loro lo sognavano avvocato o farmacista come suo cugino. Loro lo pensavano normalmente rispettabile. Loro lo speravano un piccolo borghese commoglieffigli. Alla sua scelta insieme profonda e avventata si erano alla fine abituati, ma da qualche tempo era a lui che quella scelta pesava sempre di più. Era proprio quel doversi dare a
tutti che lo sfiancava, quel non poter selezionare, quella rinuncia ai rapporti esclusivi, quel non poter mai scegliere chi amare. Perché lui, per professione, era colui che amava tutti, senza distinzioni. E allora, per un attimo, stordito dall’aria satura di pollini e di ormoni, sorpreso da quella confidenza inaspettata, mentre sentiva nella calca la propria pelle aderire a quella morbida dello sconosciuto, chiuse gli occhi beato. Chiuse gli occhi e pensò alla sua carne inaccessibile ma ancor più alla sua anima, e dell’una e dell’altra avrebbe voluto riservarsi un possesso esclusivo e geloso, unico e perfetto, intimo e senza compromessi. In una parola: totale. Li riaprì, ma l’oggetto della sua tentazione si era dissolto, o forse era stato risucchiato dalla folla vociante, tra le note dei canti e le parole diffuse dagli altoparlanti. Non c’era più, e gli sarebbe piaciuto non ci fosse mai stato. O forse no... Don Mauro, che fa? Lo sta ascoltando Pezzotta? Dice che siamo un milione, don Mauro. Ma che bella idea venire con tutti i parrocchiani al Family day! La voce da stridula zitella della Rita gli risultò insopportabile e aspra come un concentrato di gocce di limone. Don Mauro tentò di riprendere il suo contegno e insieme la sua bonomia: Certo Rita, è stata proprio una magnifica idea. Pausa. Sospiro. Colpetto di tosse a raschiar via il groppo dalla gola. La famiglia è importante, Rita. Importante davvero... F. Borzini
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di là, è un farabutto come te, te la scamperai con niente, quasi gratis… noi sappiamo tener conto della buona volontà di chi collabora. Nella stanza vicina, intanto, la scena si ripete identica: stessa lampada, stessa violenza, stessa voce che sollecita confessioni e delazioni. Diversi solo i protagonisti, ma non i ruoli, non le condizioni; soprattutto, non la paura. Uno dei più celebri problemi logici contemporanei sembra che sia nato da situazioni del tutto vere, reali, accadute. Qualcuno sostiene che il primo germe d’idea spuntò nella Berlino del dopoguerra, quando prigionieri, complici e delazioni erano all’ordine del giorno; ma la situazione è così verosimile da poter essere stata sperimentata in qualsiasi commissariato di provincia. Quel che è certo è che, come problema logico, è stato formalizzato da Merrill Flood, Melvin Dresher e Albert Tucker intorno al 1950, ed è diventato in breve tempo un caposaldo della Teoria dei Giochi. Per comprenderne il meccanismo, basta immaginare che due lestofanti siano arrestati e interrogati separatamente dalla polizia. Questa non ha nessuna autentica prova della loro colpevolezza, quindi cerca di ottenere confessioni e reciproche accuse: per ottenerle, propone degli sconti di pena a chi decidesse di denunciare il complice. In sostanza, la situazione è tale che se entrambi i prigionieri resistono alla tentazione di denunciarsi, saranno condan-
nati ad una pena ragionevolmente mite, diciamo tre anni di prigione. Viceversa, se uno si pente e denuncia l’altro, godrà di una condanna molto lieve (un anno di galera), ma provocherà una catastrofe all’altro, che ne dovrà scontare dieci. Naturalmente, se ognuno dei due denuncia l’altro, non godranno affatto dei benefici dello status di pentito, ma anzi sconteranno entrambi una pena di dieci anni di reclusione. Il dubbio che ognuno dei due prigionieri deve affrontare durante l’interrogatorio è quindi duplice: avrà la forte tentazione di inguaiare il compagno per avere una pena minima; ma sa bene che la avrà soltanto nel caso che sia lui solo a denunciare, e solo se il compagno rimane invece fedele alla loro alleanza. Insomma, ottiene un vantaggio solo se si comporta male nei confronti di un complice che si comporta bene nei suoi: dal punto di vista dell’etica, un comportamento assolutamente riprovevole. Viceversa, resistere alla tentazione e non denunciare espone fortemente al rischio di essere beffato e danneggiato, e quindi di pagare la fedeltà al complice con ben dieci anni di carcere, qualora sia l’altro a tradire. Però, se entrambi fanno questo ragionamento e decidono di denunciare, i dieci anni toccheranno ad entrambi, e il ciclo del dubbio ricomincia. Dal punto di vista strettamente tecnico, questo è quel che si chiama problema a somma diversa da zero, e i matematici sanno serenamente analizzarlo e trarre le loro conclusioni deduttive: ma è anche squisitamente realistico e facilmente applicabile, e per questo lo si trova in forme ed ambiti diversissimi. Biologi ed etologi lo usano nell’analisi della collaborazione tra specie diverse o tra elementi sociali della stessa specie animale; esperti di intelligenza artificiale lo applicano come campo di prova nei complicati algoritmi della scelta e ci misurano l’efficienza dei programmi per computer; scienziati cognitivi e sociologi lo usano nelle analisi delle dinamiche
Il Borgo Servizi Società Cooperativa Sociale Iscritta all’ Albo Società Cooperative a Mutualità Prevalente n. A146384
Sede Legale Via F.lli Cairoli, 24 - 06125 Perugia Tel. 075 51.45.100 Fax 075 500.45.84 mailbox@consorzioabn.it La Cooperativa Sociale ha per obiettivo generale quello di sviluppare l’occupazione sul territorio e, in particolare, l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, altrimenti escluse o a rischio di esclusione dal mercato del lavoro. Principali servizi: Pulizie - Manutenzione Verde - Ristorazione - Facchinaggio - Installazione pannelli fotovoltaici.
La cooperativa impegna circa trecento lavoratori, un centinaio dei quali sono persone svantaggiate.
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sociali e un gran numero di aziende allenano quotidianamente i loro manager alla gestione e al coordinamento dei gruppi di lavoro usando il Dilemma del Prigioniero come esercitazione pratica di Negoziazione e Scelta. Tutto questo perché il potere informativo del problema, già elevato nella sua versione più semplice e immediata, cresce ulteriormente nella sua iterazione: se i prigionieri si trovano in condizione di dover ripetere più volte la scelta, e magari anche di incontrarsi, parlarsi, concordare una strategia comune, si potranno analizzare non solo la disponibilità alla collaborazione, ma anche la nascita di patti e contratti, di tradimenti premeditati, e il rispetto o la rottura dei patti. Se ripetuto di continuo, il test mostra una evoluzione più o meno identica in tutti gli ambienti, da quelli animali fino a quelli altamente etici e razionali. Inizialmente ognuno pensa per sé, ed entrambi i prigionieri si denunciano. Poi con l’esperienza nascono le prime fasi di collaborazione, interrotte però da tradimenti strategici dall’una e dall’altra parte. In questa fase il prigioniero più brillante ottiene dei vantaggi, ma a lungo andare anche l’altro diventa esperto, e la frequente ripetizione di tradimenti strategici diventa dannosa per entrambi. Nella situazione finale, matura, si ha una reiterata e quasi noiosa ripetizione della reciproca collaborazione, che non a caso è la soluzione che a lungo termine rende di più a tutti. Ed è sostanzialmente per questa ragione che l’uccello che pulisce i denti al coccodrillo non viene mangiato (con buona pace d’una pubblicità che mostra il contrario). Finisce sempre così, in natura. Peccato che, per quanto riguarda la politica italiana, sembra che si sia ancora nella primissima fase, quella delle reciproche botte da orbi. Forse perché a prendersi le botte non sono i prigionieri, P. Fabbri ma il paese.
E’ interessante soffermarsi sull’evoluzione di questa scienza di cui mi occupo con gli studenti del Corso di Laurea in Economia e Amministrazione delle Imprese a Collescipoli, perché, ci piaccia o meno, è entrata nella vita di ognuno di noi in modo ormai così intrigante da determinare gran parte delle nostre scelte quotidiane. Prenderne coscienza può aiutarci a mantenere una maggiore padronanza di noi stessi e non subire passivamente la pervasività del modo di proporre i nuovi oggetti del desiderio. Un esempio per tutti. Qualche anno fa una qualsiasi industria automobilistica presentava un nuovo modello in modo statico, elencando qualche prestazione e comunicando il prezzo. Ricordiamo come veniva proposta la vecchia Punto? Se accendiamo oggi la televisione veniamo estasiati dallo spot dell’ultimo modello della casa torinese. La voce sensuale della Nannini, le note di un pianoforte, le parole riferite a ben altra preda, accompagnano la materializzazione della Bravo in modo tale da coinvolgerci in modo totalizzante. Il prezzo, che in fondo è uno degli elementi essenziali nell’acquisto, incredibile ma vero, neanche viene enunciato perché il multisensorialismo lo riduce, per il consumatore, solo ad un dettaglio. Potenza della pubblicità! Esaminiamo allora cosa c’è dietro questa piccola, grande rivoluzione. Nel nuovo contesto di mercato, dinamico e globale, molti dei princìpi del marketing classico, risultano obsoleti e, comunque inadeguati a garantire, come in passato, utili con trend crescenti nel lungo periodo. A livello sociale si assiste all’esplosione di una cultura del loisir, ovvero del tempo libero, e senza accorgercene siamo passati, ad esempio, dalla necessità di fitness (forma fisica) a quella di wellness (benessere). Si è, quindi, arrivati al marketing esperienzale ed al multisensorialismo con cui il processo inconscio di acquisto si fonde con gli stimoli percettivi, sensoriali ed emozionali, con l’obiettivo dichiarato di educare, coinvolgere ed estasiare il consumatore. Finita l’epoca dell’autoreferenzialismo promozionale, oggi si costruiscono marche che interagiscono con le vite reali dei clienti.
Le aziende all’avanguardia si dotano di team integrati composti da aziendalisti, ma anche da antropologi, psicologi ed esperti del linguaggio. Si pensi soltanto che per l’ingresso sui mercati asiatici la Coca-Cola ha assunto il nome Kekou Kele, che in mandarino suona simile all’originale e inoltre significa piacevole alla bocca. Quindi non si parla più di commercializzare beni e servizi, ma di immettere sul mercato esperienze. Questa è la nuova frontiera. Teorizzato da Bernd Schmitt, professore alla Columbia University, il marketing esperienziale si basa più sull’esperienza del consumo, che sul prodotto in sé; ad esempio, non è ritenuto importante il prodotto shampoo, ma l’esperienza di lavarsi i capelli con quello shampoo. Le aziende, novelle experience providers, costruiscono per i loro potenziali consumatori strategie specifiche che vanno ad individuare quale tipo di esperienza valorizzerà al meglio quel prodotto. Si parla di: sense experiences, che coinvolgono la percezione sensoriale; feel experiences, che riguardano i sentimenti e le emozioni; think experiences, creative e cognitive; act experiences, che interessano la fisicità; relate experiences risultanti dal porsi in relazione con gli altri. Ci sono poi le esperienze ibride od olistiche dalla fusione delle precedenti. L’ultima conferma arriva dal convegno organizzato da ItaliaOggi e MF Conference sulle nuove strategie sul comportamento dei clienti. E’ emerso che il 95% delle scelte dei consumatori, peraltro sempre più difficili da accontentare, sono dettate dall’inconscio. In un mondo in cui ogni azienda è protesa nella sfida di accompagnare il cliente in un’esperienza memorabile si pone il problema serio di come rendere anzitempo autonomi e maturi i giovanissimi di oggi. Omero narra che Ulisse, durante il viaggio di ritorno ad Itaca dopo la guerra di Troia, si fece legare all’albero della nave per resistere al canto delle sirene. Non volendo, né potendo, fare altrettanto, famiglie e scuola dovranno farsi carico di aumentarne il senso critico e di fissare una scala di valori certi. Una sfida di non poco conto! alessia.melasecche@libero.it
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Un uomo avanza in una selva oscura con una fiaccola in mano provando a farsi largo con i propri mezzi. Ma la fiaccola illumina parte del cammino, non tutto l’ambiente circostante. Può essere questa una buona immagine dei modi di ricerca di una spiegazione e risposta alle domande sulla vita. Molte sono le branche e le discipline volte e impegnate a fare ciò. Una qualsiasi di esse è paragonabile a quest’uomo che avanza nel buio con la torcia. Tale è la concezione di Eugenio Scalfari a proposito del rapporto tra fede e ragione, tema antico quanto la filosofia e dibattuto il 10 maggio 2007, nell’ambito del Festival della filosofia di Roma, presso l’Auditorium Parco della musica. Fede e ragione, dice il fondatore de la Repubblica, sono due vie parallele che fanno il loro percorso di ricerca e spiegazione e che hanno entrambe dignità. L’importante è che tengano presente la forza positiva del relativismo. Scalfari chiama all’appello di nuovo un’immagine, ma questa volta in prestito da Nietzsche: la stella danzante. Poichè, come dice il filosofo tedesco, il centro è ovunque, ogni uomo, ogni disciplina, ogni pensiero possono essere il centro. Ognuno può far nascere la propria stella danzante, la propria risposta alle domande che si pone. Lo stesso vale per la scienza e per la religione, ovvero le due discipline da sempre accostate
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rispettivamente al senso di ragione e di fede. La posizione del colto giornalista, dal tono molto pacato e di chiara comprensione, apre una tavola rotonda cui hanno partecipato esponenti noti e importanti come il teologo Mons. Coda, il filosofo della scienza Telmo Pievani e il pensatore spagnolo Fernando Savater. Il titolo del festival è Confini e il confine qui indagato è quello che intercorre tra fede e ragione. Dal dialogo tra posizioni così variegate e autorevoli emerge l’esigenza oggi forte di relativismo e di capacità di analizzare e accettare la differenza e la possibilità del dubbio. Mi ha molto colpito l’utilizzo, da parte di Pievani, della filosofia del limite, nel confutare la posizione assunta dalla chiesa riguardo all’irrazionalità del darwinismo in favore di un disegno intelligente divino e nell’accusarla di avere timore della novità della scienza: la scienza proprio perché umana, e proprio perché ha dei limiti, è in evoluzione. Del resto anche Savater ricorda che gli stessi razionalisti dimostrano che la ragione non è sufficiente a spiegare tutto, sebbene necessaria. L’accento è infine posto da mons. Coda, in accordo con Scalfari, sulle ultime parole di Cristo: Perché mi hai abbandonato? Una domanda. L’attenzione a ciò che fa da confine all’uomo verso il tempo e il mondo, cioè il limite, è stato il tema che ha messo d’accordo tutti i relatori. Adelaide Roscini
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Don Milani, prete laico l’antimilitarismo, il rifiuto di ogni forma di razzismo. E occorre poi chiedersi Quali di questi valori sono presenti nel pensiero e soprattutto nella pratica di vita di Don Milani? Cominciamo con il valore di riferimento fondamentale di ogni forma di laicità, la libertà di coscienza, come fatto esclusivamente legato alla libera di scelta di ogni individuo. Da questo punto di vista Don Milani è una delle voci più alte che si siano levate nel secolo scorso a difesa di questo valore attraverso la grande battaglia per l’ obiezione di coscienza al servizio militare, che è testimoniata dagli scritti raccolti sotto il titolo L’obbedienza non è più una virtù (1965). I cappellani militari in congedo della Toscana in un loro comunicato (Febbraio 1965) avevano scritto, parlando di se stessi in terza persona, Considerano un insulto alla patria e ai suoi caduti la cosiddetta “obiezione di coscienza” che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà. Don Milani rispose che lui aveva un concetto diverso di patria: Se voi però avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri... e concludeva che l’obiezione di coscienza non solo non era estranea al comandamento cristiano dell’amore, ma dell’amore cristiano esprimeva la vera essenza. Un gruppo di ex combattenti lo denunciò per insulto alla patria e ai caduti, si aprì un processo (nel quale fu assolto), il prete scomodo scrisse una lettera ai giudici che è quanto di più alto e nobile un educatore potesse scrivere, specificando di parlare come maestro (laico) e come sacerdote. Come maestro nella sua scuola di Barbiana aveva raccolto i ragazzi rifiutati dalla scuola ufficiale, i figli dei contadini, che non sapevano il latino e venivano bocciati perché tanto erano destinati a fare anche loro i contadini. Scrisse con questi ragazzi la famosa Lettera ad una professoressa (1967), nella quale veniva messa sotto accusa la scuola tradizionale classista e nozionista, che bocciava i figli dei contadini in quanto cretini. Chissà perché, si chiedeva ironicamente Don Milani, Dio fa nascere i cretini solo tra i poveri. Come maestro non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo di amare la legge è di obbedirla, a volte occorre disobbedire quando si ritiene la legge ingiusta: è il caso del servizio militare obbligatorio che la nostra coscienza per motivi religiosi o filosofici può rifiutare. Don Milani non si limitava a
questo ma precisava che non c’è cosa più grande che pagare di persona un’obiezione di coscienza. Cioè violare la legge, di cui si ha coscienza che è cattiva e accettare la pena che essa prevede…chi paga di persona testimonia che vuole la legge migliore, cioè che ama la legge più degli altri… questa tecnica di amore costruttivo per la legge l’ho imparata insieme ai ragazzi mentre leggevamo il Critone, l’Apologia di Socrate…, la vita del Signore nei quattro Vangeli, l’autobiografia di Gandhi, le lettere del pilota di Hiroshima. Anche agli ordini militari si può e si deve poter disobbedire perché il soldato non deve obbedire quando l’atto comandato è manifestamente delittuoso. Ma il cardinale di Firenze Florit nella sua lettera al clero (1965) non era d’accordo e precisava che è praticamente impossibile all’individuo singolo valutare i molteplici aspetti relativi alla moralità degli ordini che riceve: era evidente la preoccupazione della Chiesa che il principio della disobbedienza potesse essere applicato anche contro le proprie leggi, che prevedono soprattutto l’obbedienza. E’ chiaro a questo punto che all’affermazione del tutto laica della libertà di coscienza si affiancava il rifiuto di ogni forma di violenza: ho evitato di parlare da non-violento. Personalmente lo sono. Ho tentato di educare i ragazzi così… ma la non-violenza non
è ancora la dottrina ufficiale di tutta la Chiesa. Questo prete, laico perché evangelico ed evangelico perché laico, che fondava la sua laicità e nonviolenza sulla sua religiosità, non poteva non interferire con gli ingranaggi della Chiesa come istituzione di potere. Il suo libro Esperienze pastorali (1957), nel quale l’apertura mentale democratica e costituzionale tipica del laico e la profonda religiosità del Vangelo si intrecciano, era un mixer esplosivo sui problemi dell’attualità politica e sociale, basti citare solo alcune prese di posizione: la terra appartiene a chi ha il coraggio di coltivarla…il bestiame appartiene a chi ha il coraggio di ripulirgli ogni giorno la stalla. Era troppo, quel prete troppo laico e un po’ comunista andava neutralizzato. Il libro che ebbe un successo non comune, venne stroncato dalla rivista dei gesuiti Civiltà cattolica (1958) e su ordine del Santo Uffizio ritirato dal commercio e proibito perché il libro di Don Dilani non chiarisce le idee, ma al contrario confonde le menti, esaspera gli spiriti, scalfisce la fiducia nella Chiesa e suggerisce propositi sconsigliati e perché il metodo pastorale di Don Milani non era ortodosso, cioè non era obbediente alla dottrina ufficiale. Quel prete, che aveva ottenuto i consensi della stampa comunista, fu confinato a Barbiana, un minuscolo paesino della Toscana. Vollero fargli un dispetto, non si resero conto che provocarono involontariamente quella che un austero professore di pedagogia di Glasgow definì la più importante esperienza pedagogica del XX secolo. Allora possiamo concludere che questo prete è stato profondamente laico? Se non siete ancora convinti ecco questa dichiarazione che dovrebbe essere la prima espressione di un breviario laico: Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni. M. Ricci
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Qualità dell’aria: una priorità Secondo uno studio dell’Assessorato all’Ambiente è il pm10 a destare le maggiori preoccupazioni. Il resto degli inquinanti sono tutti sotto controllo. L’Assessore Paparelli: Le iniziative di contrasto alle polveri sottili stanno dando risultati positivi.
La Provincia di Terni per l’ambiente
Sul versante dell’inquinamento atmosferico il problema principale rimane quello legato alle polveri sottili. Lo studio condotto dalla Provincia di Terni sul monitoraggio dell’aria nel 2006 conferma che, rispetto al 2005, il pm10 rimane il maggior fattore di rischio e preoccupazione della Conca ternana con il quartiere di Prisciano che presenta la situazione più difficile, sia per l’incidenza del traffico che per la presenza delle grandi attività industriali, prima fra tutte la Tk-Ast. Migliorano invece le condizioni a Maratta e Borgo Rivo, due punti tradizionalmente caldi visti i volumi di traffico e la presenza del polo di incenerimento dei rifiuti. La situazione generale delle polveri sottili segue comunque il trend consolidato di molte altre realtà italiane dove i livelli di pm 10 si mantengono costantemente alti riflettendo gli stessi scenari ternani legati a traffico veicolare, attività produttive e riscaldamento. Per quanto riguarda gli altri inquinanti invece si segnalano notevoli miglioramenti in merito alle sostanze cancerogene organiche, come il benzene, in netta diminuzione ed entro gli standard di riferimento, gli IPA, al disotto dei limiti, e le diossine, praticamente assenti nella Conca. BORGO RIVO
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Gli altri inquinanti urbani rilevati (ossidi di azoto, ossido di carbonio, biossido di zolfo e benzene) si mantengono tutti entro i limiti fissati dalla normativa, come peraltro già osservato negli anni precedenti. Entrando nello specifico l’analisi delle concentrazioni di pm10 mostra che a Le Grazie, Carrara, Verga e Prisciano (stazioni di rilevamento situate all’interno del Comune di Terni) ci sono valori in crescita, rispetto al 2005, della media annuale, dei massimi raggiunti e del numero di giornate di superamento. La situazione più critica, relativamente a quest’ultimo indice (che la normativa di riferimento fissa a 35 giornate come limite da non superare) si registra, come detto, a Prisciano dove si sono avute 103 giornate di superamento della soglia di 50 mcg/mc. Il periodo dell’anno più critico è l’inverno, caratterizzato da condizioni di stazionarietà atmosferica ed inversione termica al suolo alla quale si associano gli effetti dell’utilizzo dei riscaldamenti. I primi dati del 2007 riguardanti le misure assunte sul versante del traffico veicolare, in particolare le targhe alterne, hanno comunque evidenziato un generale calo delle concentrazioni di pm10 nei trimestri gennaiomarzo degli anni 2005-2007, come mostra la seguente tabella.
Lo studio condotto da Arpa e Università di Perugia sulle caratteristiche granulometriche e sulla composizione delle polveri sottili, evidenzia che le stesse risultano con diametro medio di 1,08 micron a Terni contro un diametro medio di 0,09 micron a Perugia e con presenza di maggiori concentrazioni di metalli (in particolare il Nichel). Tali risultati da un lato costituiscono un aspetto positivo (le frazioni più sottili delle polveri sono infatti più facilmente inalabili) dall’altro un elemento da tenere sotto osservazione per la presenza di metalli, in particolare nichel e stagno. Per quanto riguarda l’ozono i risultati del monitoraggio evidenziano una situazione di criticità generale estiva accentuata nell’area comunale di Narni dove si registrano i maggiori eventi di superamento. In nessuna stazione sono tuttavia state raggiunte le soglie di allarme. L’inquinamento da ozono costituisce indubbiamente un elemento di criticità tale da dover necessariamente richiamare l’attenzione delle comunità anche in termini di interventi di contenimento che, a causa della complessità dei fenomeni di smog fotochimico, non possono prescindere dal controllo di tutti gli inquinanti primari ed in particolar modo degli ossidi di azoto e degli idrocarburi insaturi (traffico autoveicolare, impianti di riscaldamento ed emissioni industriali). Il monitoraggio di OrvietoCiconia, mette in rilievo come anche quest’area presenti caratteristici fenomeni fotochimici estivi di un certo rilievo, risentendo probabilmente degli effetti del traffico autoveicolare (anche derivante dal vicino asse autostradale) e delle emissioni provenienti dall’agglomerato urbano di Orvieto. Le concentrazioni di Benzene, IPA e diossine possono considerarsi ampiamente soddisfacenti in tutta l’area della Conca e nel resto del territorio provinciale. Il benzene, ampiamente al disotto dei limiti di legge,
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risulta in costante diminuzione già da alcuni anni. Anche le concentrazioni di idrocarburi policiclici aromatici risultano al di sotto dei limiti fissati dalla normativa, mentre le diossine sono addirittura al di sotto del limite di rilevabilità strumentale anche nelle aree considerate di maggior ricaduta rispetto al polo di incenerimento di Maratta. Questo risultato - afferma l’Assessore provinciale all’Ambiente, Fabio Paparelli dimostra come le tecniche di abbattimento delle emissioni e il corretto controllo della combustione garantiscano l’ampio rispetto dei limiti di emissione per queste tipologie di impianto. Il monitoraggio - afferma il Presidente della Provincia, Andrea Cavicchioli - dimostra che la situazione è critica solo in alcune zone, come Prisciano, dove peraltro è da tempo ormai attiva una concreta collaborazione con l’Ast sul versante del contenimento degli inquinanti in atmosfera, mentre in altre zone è sostanzialmente sotto controllo, soprattutto nell’area di Maratta dove i controlli non hanno evidenziato condizioni di particolare gravità. Le istituzioni locali aggiunge il Presidente - hanno anticipato le direttive comunitarie attivando quel monitoraggio continuo che verrà richiesto dall’Unione europea. Le condizioni generali della nostra provincia - riprende poi Paparelli - rientrano nel trend nazionale evidenziando problematiche legate al traffico, alle attività produttive e ai sistemi di riscaldamento. Per quanto concerne Prisciano, dove si registra la situazione più critica, sono stati avviati solo nel 2006 gli impianti di abbattimento delle polveri i cui primi dati saranno quindi disponibili tra qualche tempo. La Provincia, e in particolare l’Assessorato all’Ambiente, hanno messo in atto già alcune iniziative di contrasto agli inquinanti atmosferici alle quali ne seguiranno presto altre. Interventi nel settore industriale Sulla base di studi condotti nel corso del 2006 dalla Provincia - spiega l’Assessore Paparelli è stato stimato che l’incidenza delle attività produttive sul complesso delle polveri sottili è pari a circa il 30-35% con situazioni locali, come Prisciano, dove si raggiungono punte al di sopra di questo valore, registrando però sensibili miglioramenti nelle aree di Maratta e Borgo Rivo all’interno delle quali ricadono anche gli impianti del polo di incenerimento. Nel corso dell’ultimo biennio
La Provincia di Terni per l’ambiente
L’assessore Fabio Paparelli
l’Amministrazione provinciale ha aumentato i controlli sulle prescrizioni autorizzative e sul rispetto dei limiti di emissione, ha eseguito una revisione delle autorizzazioni con l’inserimento di prescrizioni relative all’utilizzo delle migliore tecnologie di abbattimento e di controllo degli inquinanti emessi al camino e al contenimento delle emissioni diffuse. Gli sforzi maggiori - rende noto l’Assessore - hanno riguardato il controllo del polo di incenerimento e l’area industriale siderurgica dove sono iniziate verifiche sulle emissioni di polveri con la revisione di alcune autorizzazioni e con la definizione di obblighi di adeguamento da parte dei gestori che prevedono l’adozione di nuovi sistemi di contenimento delle emissioni. Interventi sugli impianti di riscaldamento In accordo con il Comune di Terni e con tutte le associazioni - annuncia l’Assessore all’Ambiente - la Provincia si accinge ad approvare un bando pubblico per l’erogazione di finanziamenti a fondo perduto, per un ammontare di 100.000 euro rifinanziabili, volti alla sostituzione ed alla conversione di impianti termici civili alimentati a gasolio e BTZ (olio combustibile fluido) con generatori a metano e ad elevata efficienza. Tale intervento mira ad eliminare, su tutta la Conca ternana, i grandi impianti ancora alimentati a gasolio e BTZ, incentivando contestualmente interventi di miglioramento energetico degli edifici con la doppia finalità di contenere i consumi di energia e le emissioni in atmosfera, e quindi con benefici diretti, anche di natura economica, per i cittadini. Sul corretto utilizzo dell’energia, la Provincia intende avviare una fase di supporto ai Comuni sul territorio e ai cittadini, definendo i requisiti per la redazione dei documenti di diagnosi energetica degli edifici, le azioni da effettuare nel corso delle ristrutturazioni e delle nuove realizzazioni edili e il ricorso alle fonti energetiche alternative, in particolare pannelli solari. A cura dell’Ufficio Stampa della Provincia di Terni
Cari Lettori, La Pagina va in vacanza. Nei mesi di luglio e di agosto la redazione del mensile chiude per le meritate ferie estive. A settembre però torna in pista con tante idee e tante novità. Torna anche l’appuntamento con le quattro pagine dedicate alla scuola e non poteva essere altrimenti visto il grande entusiasmo che studenti, professori e presidi hanno profuso per la realizzazione di ogni uscita mensile. Le scuole elementari,
Aurelio Di Fresco Segno zodiacale Delfino Edizioni Thyrus Arrone (Terni) pp. 171 - € 14,00
Nonostante abbia in copertina un salvagente poggiato su una barca dell’azzurro del mare, Segno zodiacale Delfino di Aurelio Di Fresco è più di un “romanzo da leggere sotto l’ombrellone”. Non che non sia una lettura scorrevole o avvincente (lo è, eccome!), ma non è neppure una lettura da affrontare distrattamente, senza metterci troppa concentrazione. L’occasione sarebbe sprecata: non si apprezzerebbe appieno la non comune capacità di un autore esordiente di aver tessuto un ordito tanto fitto e, allo
medie e superiori torneranno così da settembre a comunicare con la città. Spazio ai sogni, alle aspettative dei ragazzi, ai problemi tipici di una generazione, ma anche alla dimensione ludica dei più piccoli, dei bambini che frequentano le scuole elementari. La favola, i disegni e tanto tanto colore per raccontare l’universo del bambino. Tutto questo tornerà a partire dal mese di settembre, con il rientro sui banchi di scuola. Un grazie particolare deve essere rivolto alla Cassa di Risparmio di Terni che, credendo nel progetto, ha sostenuto l’uscita dell’inserto dedicato alla scuola. Chiara Damiani
stesso tempo, di aver creato un meccanismo tanto convincente. Raccontare la trama di un romanzo così intenso dal punto di vista dell’intreccio e della profondità delle passioni messe in gioco è cosa complessa. Segno zodiacale Delfino, infatti, partendo da un’esperienza del protagonista, vissuta in un momento della sua vita vicino a quello in cui scrive, spazia dai ricordi di un’infanzia spensierata, anche se affrontata spesso con la consapevolezza distaccata dell’outsider, a momenti di fervore mistico; da tuffi e voli in mondi paralleli, a realistiche questioni di routine managerial-aziendale. Nei continui cambiamenti di scenario, le costanti sono due: il protagonista e la voce che lo accompagna da quando, bambino, avvista un delfino dalla spiaggia di Macchitella, Sicilia. La stessa voce che lo aiuterà, in un appassionante crescendo che incatena alla pagina, a districarsi dal groviglio di complicazioni e confusioni, nelle quali, capitolo dopo capitolo, si è trovato intrappolato. Paola Biribanti
R E S O RT Oasi lussureggianti, ma artatamente occidentalizzate in un contesto lunare. Su questa luna vige però lo stato d’assedio. Postazioni militari a poche decine di metri dal loro ingresso ti ricordano la tensione e l’incertezza in cui si vive.
MONTAGNE Alpi in miniatura: creste frastagliate e taglienti riescono ad ingannarti giusto un attimo, perché si propongono orgogliose, quasi austere. A guardar bene si alzano dal desero poche centinaia di metri.
S ABBIA Il colore dominante della sabbia tende, in alcune ore del giorno, a tingere di rossastro tutto il paesaggio, compreso il cielo. Quando accade sembra di essere su Marte…. Più che una turista mi sento un’astronauta.
UCCELLINI Accarezzata dal sole cortese del tardo pomeriggio osservo dei piccoli uccelli che si sono posati tranquilli e festosi a pochi centimetri da me, sulla sabbia ormai tiepida. Si puliscono le ali agitandole freneticamnte. Sembra facciano il bagno nella sabbia… senza sapone, però.
NAAMA BAY Ovvero la Riccione egiziana. Costruzioni basse, per lo più sconnesse e trascurate. Dal sapore antico, ma di recente costruzione, ospitano tutto quello che può essere offerto al turista, dalla ricca fumata di narghilé, sorseggiando karkadè, alle botteghe zeppe di cianfrusaglie e paccottiglia fino ai negozi con insegne stile Las Vegas dove trovi le griffe taroccatissime a prezzi da denuncia.
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RAS MOHAMED Il paradiso non è poi così difficile da raggiungere. Non mi riferisco a quello che ci hanno insegnato ad immaginare: nuvolette di panna sistemate in un cielo quasi trasparente, dove albergano figure che svolazzano emanando pura beatitudine da ogni poro della loro essenza. No. Il paradiso a cui mi riferisco è fatto di terra riarsa dalle tinte morbide ed uniformi; dal mare che assume colorazioni cangianti; dal cielo imponente; dal sole che si confonde con la terra in un infinito abbraccio. I colori si intrecciano in una danza che ti prende i sensi e gli occhi si riempiono di luce. Impossibile non lasciarsi andare e, in breve, ti accorgi che quello che poteva sembrare ostile diventa irrinunciabile ed un senso pervasivo di serenità si insinua nei tuoi pensieri. Pia Giani
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Convento di San Francesco del Monte Il terzo compagno di San Francesco, il Beato Egidio di Assisi, giunse, probabilmente nel 1229, nel suo eremo, a nord di Perugia, appena fuori porta Sant’Angelo, su di un colle famoso per la sua singolare bellezza: Monteripido. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1262 prevalse, per il luogo, l’appellativo di Monte di S. Egidio, poi quello di San Francesco del Monte. Il Convento del Monte rappresentò per tutto il secolo XIV un luogo ideale della vita eremitica. Qui, ad opera di frate Barnaba Manassei da Terni, frate Michele Carcano da Milano, frate Fortunato Coppoli da Perugia, nacque l’idea di organizzare strutture aventi la funzione di finanziare persone in difficoltà. Il primo Monte nacque a Perugia, nel 1462, con i proventi di donazioni ed elemosine e perciò prese il nome di Monte di Pietà. Ne fu fondatore proprio frate Barnaba Manassei, il nostro
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concittadino, che propose e realizzò una questua il cui ricavato doveva essere impegnato per fondare una Banca con scopi caritatevoli a favore dei più bisognosi e poveri. Dopo quello di Perugia ne furono fondati moltissimi altri, grazie soprattutto a capitali iniziali frutto di donazioni pubbliche e private. Nel 1463 fu fondato il Monte di Pietà a Orvieto, nel 1471 a Viterbo, nel 1473 a Bologna, nel 1479 a Savona, nel 1483 a Milano, nel 1484 a Mantova, Assisi e Ferrara, nel 1511 a Forlì... ed altri ancora. Loro scopo era quello di arginare la piaga dell’usura che colpiva in particolare chi, non considerato solvibile dagli istituti finanziari perché troppo povero, spesso diventava vittima degli strozzini. Tali iniziative, poiché elargivano i loro prestiti in funzione delle effettive necessità di ogni singolo beneficiario, possono essere largamente considerate come banche dei poveri ante litteram.
no contro il tasso d'interesse, considerandolo non solo usuraio, ma anche infondato dal punto di vista teologico. In particolare, per i francescani della Regula prima o Regula non bullata (Cap. XIV - Quando i fratelli vanno per il mondo non portino seco per via né sacco, ne valigia, né pane, né denaro, né bastone... Non resistano al male, ma a chi percuoterà loro una guancia, offrano l'altra: e non si oppongano a chi vorrà levare loro la veste o la tonaca, e non ridomandino le cose che loro sono state tolte.), il danaro era considerato come opera di belzebù. Dio, per loro, non ammetteva che si lucrasse sui bisogni degli individui. Durante la istituzione dei Monti fu molto acceso il dibattito sull'imposizione di un tasso di interesse. Alcuni, lo consideravano inammissibile, perché vietato dal Vangelo di Luca (VI, L’amore dei nemici): 34 E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35 Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo... Per questo gli ebrei, ai quali erano state vietate tutte le attività professionali che facevano capo alle corporazioni, svilupparono l'attività finanziaria prima dei cristiani, dai quali furono ricambiati con gli aggettivi di avidi e strozzini. Alla fine, comunque, furono ammessi tassi tra il 6% ed il 10% in quanto considerati una forma di protezione
Ilario Ciaurro, Padre Barnaba Manassei, 1960, olio su tela Proprietà FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI TERNI E NARNI
contro le insolvenze così da consentire la sopravvivenza dell’istituzione ed un autofinanziamento necessario per ampliarne le possibilità di soccorso. Questi monti erano, in sostanza, delle banche etiche ed anche banche locali che agivano come veri e propri agenti di sviluppo del territorio. I loro servizi non si limitavano ai finanziamenti e alla raccolta, ma si estendevano al supporto di attività politiche e culturali, al sostegno delle attività religiose, all'assistenza ai poveri e ai malati.
I monti di pietà si preparavano, quindi, ad evolvere per divenire delle vere Casse di risparmio. Questo processo, interrotto dall'arrivo in Italia di Napoleone (1796) che, in nome del diritto di conquista, si appropriò dei loro beni, fu ripreso nel 1807, a seguito della Restaurazione. I Monti ottennero nuovamente l'autonomia, ma ormai il sostenuto sviluppo di servizi finanziari e l’accresciuta necessità di impegno sociale obbligarono al passaggio alle GR Casse di Risparmio.
MONTE
14 APRILE 1464
La parola Monte si riscontra di frequente, a partire dal Medioevo, e assume molteplici significati nei quali è sempre implicita, però, l’idea di accumulazione. Per esempio a Siena, equivale a ordine, consorteria, o lega di cittadini: e in questo senso si ricordano i Monti dei gentiluomini, dei nove, dei dodici, dei riformatori, del popolo, che si collegano con le vicende costituzionali della città. In altri casi si denomina Monte ogni raccolta di denaro fatta tra più persone per l’esercizio di un traffico (e allora questa espressione si trova usata promiscuamente coll’altra di “corpo di compagnia”) o per altri scopi, e principale quello della mutua assistenza (come il Monte dell’utilità a Venezia, e come quello dei gentiluomini cortigiani di Napoli, sec. XVII, che coi loro versamenti formavano una massa che serviva ai partecipanti in caso di bisogno). In questa seconda accezione vale anche, in genere, come istituto o luogo che raccoglie capitali offerti o depositati, e li eroga tanto a chi ha contribuito alla formazione del peculio quanto ad altri, ai termini dell’atto di costituzione: come, ad esempio, il Monte fiorentino delle doti del sec. XV, a cui si accostano quello napoletano dei maritaggio e il bolognese dei matrimoni, e il Monte dei morti di Benevento (sec. XVII) destinato al suffragio delle anime, a varia beneficenza, e anche alle doti delle ragazze oneste. Enciclopedia Treccani
Il 14 aprile 1464 il Consiglio Comunale di Terni delibera di costituire, con celerità, una Commissione incaricata di cercare di risolvere il gravoso problema di provvedere alle necessità dei poveri. Nacque così un Mons mutationis per l’aiuto alle persone bisognose. Il primo Monte di Pietà della città di Terni, che inglobò il più piccolo Mons mutationis, fu fondato nell’ottobre del 1467. L’irlandese padre Lucas Wadding (1588-1657), professore di Teologia e censore dell’Inquisizione romana, fondatore e guardiano del collegio dei frati osservanti della nazione irlandese a Roma, nei suoi Annales Ordinis Minorum, attribuisce proprio al ternano frate Barnaba Manassei l’invenzione dei Monti di Pietà. Sappiamo già che numerosi furono gli ostacoli. Domenicani ed Agostiniani, in particolare, accusavano di immoralità e di usura questa istituzione. Proprio per dirimere la questione il Cardinale Eroli, Legato pontificio per l’Umbria e Vescovo di Spoleto, convocò una pubblica disputa presso l’Università di Perugia. La difesa dei francescani fu molto convincente, tanto che i Dottori dell’Università ed il Cardinale stesso conclusero che l’opera dei Monti di Pietà era giusta e pia ed poteva godre del beneplacido per la continuazione. Ben presto in tutta l’Umbria e in tutta Italia sorsero molti Monti di Pietà.
Eremo delle Carceri
Il 16 settembre del 1472 frate Barnaba depone, a Terni, la prima pietra del nuovo convento di S. Maria delle Grazie. Si ritira poi nell’Eremo delle Carceri, presso Assisi, dove muore il 17 febbraio 1474.
O spedale CONFRATERNITE Associazioni cristiane fondate con lo scopo di aggregare fedeli, in prevalenza laici, per opere di carità e di pietà, osservando una disciplina molto rigida. Regolate da statuto e con beni di proprietà, sorgono sulla scia del movimento spirituale legato al francescanesimo. Sono anche normate da un formale decreto dell’Autorità ecclesiastica ed hanno uno statuto, un titolo, un nome ed una foggia particolare di abiti. I loro componenti conservano lo stato laico; non hanno l’obbligo di fare vita in comune, né di fornire il proprio patrimonio e la propria attività per la confraternita. Riunendosi in proprie chiese per compiere riti anche pubblici, interagiscono con la comunità dei fedeli: messe, processioni, laudi, sacre rappresentazioni. Tali Associazioni sono attestate già agli albori del secondo millennio: una prima confraternita è documentata a Viterbo agli inizi del secolo undicesimo; una seconda ad Orvieto alla fine dello stesso secolo. I motivi per i quali sorsero e si affermarono furono molteplici e simili a quelli che determinarono la fondazione dei Monti di Pietà. L’assoluta mancanza, nel corso del Medio Evo, di qualsiasi forma di assistenza pubblica e delle più elementari garanzie, specialmente per la parte più disagiata delle collettività, ed al tempo stesso il bisogno di ben operare per amore di Dio, furono le principali motivazioni che indussero i cristiani ad associarsi per aiutarsi reciprocamente. Le confraternite si assunsero così numerosi compiti sociali quali l’assistenza ai poveri, agli orfani, agli ammalati, agli incurabili, ai carcerati, ai condannati a morte, alle giovani a rischio; si prodigarono per il recupero delle persone deviate e delle prostitute pentite, si impegnarono nel riscatto dei cristiani caduti schiavi dei saraceni. Di grande valore umanitario fu l’assistenza agli ammalati contagiosi e la pietosa opera di sepoltura dei morti abbandonati, degli assassinati, delle vittime nelle epidemie, degli stranieri, degli sconosciuti, vero grande problema di quegli oscuri e tumultuosi tempi. Per l’adempimento di quelle pietose opere di alto valore morale e civile, ma anche per testimoniare fede, umiltà, carità e penitenza, gli associati indossavano un saio ed un cappuccio per nascondere il proprio volto, annullando in tal modo la propria personalità e renderla così libera da condizionamenti per il raggiungimento dell’alto scopo perseguito.
di
T erni Dario Ottaviani, L’OTTOCENTO A TERNI (Parte II) - Società Arti Grafiche Nobili - Terni 1984
... altre notizie informano che esisteva un antichissimo ospedale per ricoverare i pellegrini e i lebbrosi in un locale accanto alla chiesina di San Cleto abbattuta nei pressi dell’attuale piazza Valnerina nei primi anni del secolo scorso “nitida e austera appartenente ai Canonici Lateranensi”. Da alcune note di una bellissima descrizione della compagnia dei Disciplinati, pubblicata nell’Album dei ricordi di Terni nell’anno 1866 da Riccardo Gradassi Luzi, sembrerebbe che l’Ospedale di San Cleto fosse sotto l’egida della Compagnia dei Disciplinati la cui costituzione risalirebbe nella città addirittura ai primi anni del XIV secolo e forse anche prima. pag 29
Lodovico Silvestri, Antiche riformanze della città di Terni Libro III - Terni Edizioni Thyrus - 1777, II edizione
Nobile istituzione della Confraternita di S. Maria dei Laici di S. Nicandro era di ospitare i poveri di Gesù C. e sovvenirli, non meno che di dare asilo agl’infelici esposti, od ai lattanti orfani, perocché troviamo un legato pio istituito a vantaggio della medesima pel suo Hospitale mammarum (che equivarrebbe, io penso, ad un asilo S 89 infantile) nell’atto di testamento del 22 Agosto 1300.
Walter Mazzilli, Le Vie e le Piazze di Terni Opera promossa dal Comune di Terni
Via S. NICANDRO Prima laterale destra di Via G. Garibaldi, attraversa Via Carrara e termina in Largo P. Manni... La Via ricorda la chiesa di San Nicandro. In posizione parallela alla strada correva la forma di S. Nicandro che era una diramazione del Raggio Nuovo. In una bolla di Gregorio IX del 1231 risulta che la chiesa di S. Nicandro è soggetta all’Abazia di S. Pietro in Valle... Nel Rione Fabri, vicino all’arco, detto dei Consili dal nome di una famiglia del luogo, erano ubicati gli edifici religiosi che sono stati demoliti intorno al 1950. Nell’oratorio aveva sede la Nobile Confraternita di S. Nicandro. Successivamente, causa la ristrettezza dei locali, il sodalizio si trasferì nell’oratorio della Madonna di Piazza. I confrati dovevano essere iscritti al patriziato e avevano come finalità l’assistenza agli infermi, l’elemosina ai poveri e il sostegno all’infanzia (Gisa Giani, 1981: 21). La pergamena in cui è nominata per la prima volta la confraternita è del giorno 11 settembre 1291 (cfr. Mario Pericoli, 1969: 31). La confraternita di S. Nicandro gestiva un cospicuo patrimonio consistente in case, botteghe, mulini da olio e da grano, beni fondiari e un ospedale. azione di carità. Via dell’OSPEDALE Settima laterale destra di Corso Vecchio; termina in Largo P. Manni.Il Consiglio Comunale, nella seduta del 19 novembre 1867, sostituisce l’antica denominazione di Via la Mattonata con quella di Via per l‘Ospedale Civile, in quanto la Via conduceva all’ospedale che accoglieva cittadini poveri, militari e prostitute.
Elia Rossi-Passavanti, INTERAMNA DEI NAARTI Casa editrice-tipografica Egidio Marsili - Orvieto - MCMXXXIII-XI
Capitolo XXXIII
A. 1336 d.Cr. - A. 2038 di Terni
Nel nome del Signore, così sia. Nell’anno del Signore 1366, sotto il Pontificato di Papa Urbano V, nel giorno 7 del mese di settembre. Nel qual tempo Andreetto di Cola di Messer Andrea e Angelo di Franceschetto di Terni, sindici, economi e procuratori della Confraternita della B. V. Maria che ha sede in Terni e tiene abitualmente le sue adunanze nella Chiesa di S. Nicandro pure in Terni, avuto mandato legale, come consta da pubblico strumento scritto e pubblicato da Maestro Leonardo di Jacopo da Terni, notaio, documento da me Notaio visto e letto, sapendo che, per testamento del fu Tristano di Giovannuccio di Terni, la detta Confraternita è tenuta entro un tempo determinato a fondare l’Ospedale della B. V. Maria in una parte di un palazzo di detto Tristano, lasciato con area libera dal detto Tristano a Granetta sua moglie ora defunta, a condizione che dopo la morte di essa la sopraddetta Confraternita fosse obbligata a fondare l’Ospedale di Santa Maria nella detta parte del palazzo delle case e dell’area libera lasciata a detta Granetta, per ivi accogliervi ed ospitare i poverelli di Cristo... ordinarono e disposero quattro letti nei locali per volontà del detto, forniti di biancheria, di materassi, di lettiere e di altre cose necessarie; affinché i poverelli di Cristo potessero essere bene e convenientemente ricoverati in detto Ospedale... Fatto davanti alla casa dello scrivente nella pubblica via alla presenza di Simonetto… vasaio, di Leonardo... e di Giovanni di Marinello di Terni, testimoni chiamati… Io Pietro di Marinetto di Terni pubblico notaio per autorità imperiale fui presente a tutte le cose suddette, pregato di scrivere, le scrissi e pubblicai. pagg 362, 363
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Don Lorenzo Milani 27 maggio 1923 - 26 giugno 1967 a cura di
Da 40 anni sempre più attuale.... sempre più amato
LETTERA A UNA PROFESSORESSA - LIBRERIA EDITRICE FIORENTINA Cara signora, lei di me non
ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell’istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che respingete. Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate. Pag. 9 LETTERA La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde. La vostra scuola dell’obbligo ne perde per strada 462.000 l’anno. A questo punto gli unici incompetenti di scuola siete voi che li perdete e non tornate a cercarli. Non noi che li troviamo nei campi e nelle fabbriche e li conosciamo da vicino. Pag. 35 esperienze pastorali - Lettera a Don Piero - libreria editrice fiorentina Per un prete, quale tragedia più grossa di questa potrà mai venire? Esser liberi, avere in mano Sacramenti, Camera, Senato, stampa, radio, campanili, pulpiti, scuola e con tutta questa dovizia di mezzi divini e umani raccogliere il bel frutto d’esser derisi dai poveri, odiati dai più deboli, amati dai più forti. Aver la chiesa vuota. Vedersela vuotare ogni giorno di più. Saper che presto sarà finita per la fede dei poveri. Non ti vien fatto perfino di domandarti se la persecuzione potrà esser peggio di tutto questo? Pagg. 464, 465 LETTERA Voi dite d’aver bocciato i cretini e gli svogliati. Allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri. Ma Dio non fa questi dispetti ai poveri. E’ più facile che i dispettosi siate voi. Pag. 60 LETTERA Un mio vecchio amico ha rubato 40 cipolle in un orto. Ha avuto 13 mesi di galera senza condizionale. Il giudice le cipolle non le ruba. Troppa fatica. Dice alla cameriera che gliele compri. I soldi per le cipolle e per la cameriera li guadagna la sua moglie con le ripetizioni. Pag. 65 esperienze pastorali E nessuno trova a ridire se tu, che sei padre di 5.000 anime, ti dedichi a fare il catechismo a 100 vecchierelle e a curare il piccolo gregge dei sani che non han bisogno di medico, lasciando fuori i 4.900 abbandonati alla tempesta. E ognuno si contenta della tua povera scusa: Non vengono, non ci posso far nulla. Io son qui a attenderli, il catechismo lo insegno, se non vengono è colpa del comunismo. Pag. 468 LETTERA Certe scuole di preti sono più leali. Sono strumento della lotta di classe e non lo nascondono a nessuno. Dai barnabiti a Firenze la retta d’un semiconvittore è di 40.000 lire al mese. Dagli scolopi 36.000. Mattina e sera al servizio d’un padrone solo. Non a servire due padroni come voi. Pag. 65 LETTERA Come è successo in prima elementare succede poi anno per anno. Pierino passa sempre e quasi senza studiare. Io lotto a denti stretti e boccio. A lui gli c’entra anche lo sport, l’Azione Cattolica o la Giovane Italia o la F. G. Comunista, la crisi puberale, l’anno delle malinconie, l’anno della ribellione. A 18 anni ha meno equilibrio di quanto ne avevo io a 12. Ma passa sempre. Si laureerà a pieni voti. Farà l’assistente universitario gratis. Pag. 73 esperienze pastorali Buttar giù tutto. Eliminare il predominio del potere economico da qui a stasera. Sostituirlo col dominio di una legge morale che ponga i diritti di Dio e dell’uomo al disopra di ogni diritto terreno e neghi radicalmente il diritto di possedere se il possedere dell’uno dovesse sminuire il diritto di un altro alla vita o alla casa. Pag. 469 LETTERA Sì gratis. Nessuno ci crederebbe: gli assistenti volontari lavorano senza stipendio. Ci siamo imbattuti in un’altra legge strana. Ma ha precedenti gloriosi. Lo Statuto di Carlo Alberto diceva: Le funzioni di senatore e deputato non danno luogo a alcuna retribuzione o indennità. Questo non è romantico disinteresse, è un sistema raffinato per escludere la
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Giampiero Raspetti
razza inferiore senza dirglielo in faccia. La lotta di classe quando la fanno i signori è signorile. Non scandalizza né i preti né i professori che leggono l’Espresso. Pag. 73 LETTERA In genere non è storia. È un raccontino provinciale e interessato fatto dal vincitore al contadino. L’Italia centro del mondo. I vinti tutti cattivi, i vincitori tutti buoni. Si parla solo di re, di generali, di stupide guerre tra nazioni. Le sofferenze e le lotte dei lavoratori o ignorate o messe in un cantuccio. Guai a chi non piace ai generali o ai fabbricanti d’armi. Nel libro che è considerato più moderno Gandhi è sbrigato in 9 righe. Senza un accenno al suo pensiero e tanto meno ai metodi. Pag. 123 esperienze pastorali E se i politici cattolici non hanno fede né amore sufficienti per far così, si tolgano quel nome di cattolici e si contentino di que1lo più modesto di cittadini. Pag. 470 LETTERA Un’altra materia che non fate e che io saprei è educazione civica. Qualche professore si difende dicendo che la insegna sottintesa dentro le altre materie. Se fosse vero sarebbe troppo bello. Allora se sa questo sistema, che è quello giusto, perché non fa tutte le materie così, in un edificio ben connesso dove tutto si fonde e si ritrova? Dite piuttosto che è una materia che non conoscete. Lei il sindacato non sa bene cos’è. In casa di un operaio non ha mai cenato. Della vertenza dei trasporti pubblici non sa i termini. Sa solo che l’ingorgo del traffico ha disturbato la sua vita privata. Pag. 123 LETTERA Durante i compiti in classe lei passava tra i banchi mi vedeva in difficoltà o sbagliare e non diceva nulla. Io in quelle condizioni sono anche a casa. Nessuno cui rivolgermi per chilometri intorno. Non un libro di più. Non il telefono. Ora invece siamo a scuola. Sono venuto apposta, di lontano. Non c’è la mamma, che ha promesso che starà zitta e poi mi interrompe cento volte. Non c’è il bambino della mia sorella che ha bisogno d’aiuto per i compiti. C’è silenzio, una bella luce, un banco tutto per me. E lì, ritta a due passi da me, c’è lei. Sa le cose. E pagata per aiutarmi. E invece perde il tempo a sorvegliarmi come un ladro. Pagg. 127, 128 esperienze pastorali Parli dunque pure il prete di governi e di politica, ma solo per criticarli. Mostri al cristiano soltanto quanto lontano egli sia dall’ideale altissimo del cristianesimo e mai lodi le realizzazioni terrene dei cattolici che (se anche domani divenissero molto meglio di quel che tragicamente sono) saranno sempre orribili parodie dell’ideale. Pag. 471 LETTERA Per contentare lei basta saper vendere la merce. Non star mai zitti. Riempire i vuoti di parole vuote. Ripetere i giudizi del Sapegno con la faccia d’uno che i testi se li è letti sull’originale. O meglio ancora buttar giù opinioni personali. Lei le opinioni personali le tiene in gran considerazione: Secondo me il Petrarca… Forse il ragazzo avrà letto due poesie, forse nessuna. M’han detto che in certe scuole americane a ogni parola del maestro metà della classe alza la mano e dice: Io sono d’accordo. L’altra metà dice: Io non sono d’accordo. La volta dopo si scambiano le parti seguitando a masticare gomme con impegno. Un ragazzo che ha un’opinione personale su cose più grandi di lui è un imbecille. Non deve aver soddisfazione. A scuola si va per ascoltare cosa dice il maestro. Solo rare volte capita qualcosa di nostro di cui la classe e il maestro hanno bisogno. Ma non opinioni e non cose lette. Notizie precise su cose viste coi nostri occhi nelle case, nelle strade, nei boschi. Pag. 129 LETTERA Lei a me non le ha mai chieste. Io da me non le dicevo. I suoi signorini invece domandavano a lei con faccia angelica le cose che sapevano di già. E lei li incoraggiava: È una domanda intelligente! Una commedia inutile per tutti. Dannosa per l’anima di quei lecchini. Crudele per me che non sapevo stare al gioco. Pag. 129, 130
I cappellani militari e l’obiezione di coscienza
“I cappellani militari in congedo della regione toscana tributano il loro riverente e fraterno omaggio a tutti i caduti d’Italia, auspicando che abbia termine, finalmente, in nome di Dio, ogni discriminazione e ogni divisione di parte di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise, che morendo si sono sacrificati per il sacro ideale della Patria. Considerano un insulto alla Patria e ai suoi caduti la cosiddetta obiezione di coscienza che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà”. Comunicato pubblicato sulla Nazione di Firenze del 12 febbraio 1965.
L’obbedienza non è più una virtù Lettera ai cappellani Militari che hanno sottoscritto il comunicato dell’11 febbraio 1965
... avete insultato dei cittadini che noi e molti altri ammiriamo. E nessuno, ch’io sappia, vi aveva chiamati in causa. A meno di pensare che il solo esempio di quella loro eroica coerenza cristiana bruci dentro di voi una qualche vostra incertezza interiore. … avete usato, con estrema leggerezza e senza chiarirne la portata, vocaboli che sono più grandi di voi... Paroloni sentimentali o volgari insulti agli obiettori o a me non sono argomenti… Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto… Auspichiamo che abbia termine finalmente ogni discriminazione e ogni divisione di Patria di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si son sacrificati per i sacri ideali di Giustizia, Libertà, Verità. Rispettiamo la sofferenza e la morte, ma davanti ai giovani che ci guardano non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il male, fra la verità e l’errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua vittima. Se volete diciamo: preghiamo per quegli infelici che, avvelenati senza loro colpa da una propaganda d’odio, si son sacrificati per il solo malinteso ideale di Patria calpestando senza avvedersene ogni altro nobile ideale umano.
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Lo conobbi quarant’anni fa, quando, con i suoi libri in mano, mi avventurai lungo un sentiero ripido e accidentato per cambiare il mondo. Nell’impresa non ero sola, eravamo più di 4 amici: la direttrice della scuola sperimentale dove operavo, insegnanti disponibili a sottoporsi a revisione, uomini di cultura, anche alla guida di scuole pilota e lui, Don Milani, che riuscì a penetrare nel tessuto culturale dell’intero Paese semplicemente come priore di una sperduta parrocchia dell’Appennino toscano. Lì una guerra ci fu, l’unica, vera guerra intelligente che la società possa auspicare e che aprì una breccia al rinnovamento culturale e didattico di parte della classe docente. Don Milani la condusse contro la gerarchia ecclesiastica, scolastica, militare soltanto con i suoi alunni come soldati; con l’intelligenza, l’umanità, l’umiltà come armi. Da quel contesto così scarno, apparentemente deprivato di ogni stimolo intellettuale, emerse, per chi aveva voglia di vedere e di capire, l’anima autentica della comunicazione: finchè ci sarà uno che conosce 2000 parole e un altro che ne conosce 200, questi sarà oppresso dal primo. La parola ci fa uguali. Si trattava di elevare a dignità di esseri pensanti, con diritto di proporsi, quello stuolo di svantaggiati che erano tali non perchè persone miserevoli, ma perchè la società aveva deciso un altro tipo di vantaggio per stabilizzare se stessa. Si trattava di demolire quei ruoli ferrei che avevano inchiodato da sempre la scuola in schemi gerarchici: il docente in cattedra a trasmettere la verità e il discente ad assorbirla. A pensarci bene l’operazione da fare era di una semplicità estrema: cambiare il punto di vista... eppure ancora non è sempre chiara la traiettoria... perchè ognuno crede di non potere
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Scuola Elementare L ’ a r t e
agire diversamente considerati i tempi di lezione, i programmi troppo farciti, la numerosità delle classi, i cambiamenti continui della struttura scolastica... perchè ognuno crede che occorra del tempo per cambiare il punto di vista. In realtà lui ci riuscì, ma lui fa parte di quella rarissima schiera di uomini che arrivano per donare una svolta all’umanità... ... lui è il faro e chiunque voglia dirigersi verso la sua luce, può farlo. Wilhelm Reich nell’Assassinio di Cristo raffigura la condizione umana con un’immagine significativa: situa la massa entro la trappola che si è costruita intorno ... l’uscita è chiaramente visibile a tutti quelli che sono imprigionati nella trappola eppure sembra che nessuno la veda. Tutti sanno dov’è l’uscita e tuttavia nessuno sembra fare un movimento verso di essa... il guaio non sta nella trappola e neppure nel trovarne l’uscita... il guaio sta negli stessi intrappolati. La massa cerca di conservare se stessa impedendo a chiunque di uscire verso lo spazio libero e infinito. Gesù Cristo uscì e, secondo Reich, per questo fu crocifisso... altri grandi uomini lo fecero e furono inquisiti, condannati, mandati al rogo. Don Milani uscì dalla trappola e ne subì le conseguenze... Ma tutti, i tanti grandi uomini, hanno sconfitto il tempo: sono stati... sono ancora.
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e d u c a r e
Ci volle coraggio, ma Don Milani ci armò di incoscienza e spavalderia: il giornale della scuola nacque così, verso gli anni 80. Il linguaggio della gente, i problemi della città divennero oggetto di ricerca e motivo di conoscenza. Ogni mese si alternavano gruppi di alunni nella stesura del mensile: c'erano i cronisti, i redattori, ma anche i grafici che incidevano, con una penna a punta arrotondata, la matrice...e i tipografi che stampavano con rullo e inchiostro...
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Gli scritti, le riflessioni di un semplice parroco di montagna, hanno orientato molti maestri a diventare coordinatori dell’attività scolastica, promotori, negli alunni, di processi intellettuali autonomi, collaboratori nel ricercare, con la classe, nuovi movimenti di pensiero, partendo dal presupposto che niente è definitivo e certo. In quel piccolo paese toscano, la scuola divenne la vera fonte di ricchezza di un esiguo numero di montanari: affrancarsi dall’ignoranza significò poter partecipare alla vita sociale e culturale del più vasto territorio italiano; significò poter interagire nelle vicende politiche del nostro Paese e cambiare prospettive di vita. Sono passati 50 anni e la centralità della scuola è rimasta patrimonio di Barbiana. SR Negli anni 80, il giornale della scuola, per la tiratura a cui era ormai arrivato (100 copie circa), era considerato un vessillo... ... occorreva adeguarsi alla nuova tecnologia: macchina da scrivere (Olivetti) e ciclostile. Il seguente stralcio pubblicitario dimostra come l'immobilismo abbia regnato sovrano: 30 anni di cercasi senza trovare...
In quegli anni ebbe inizio la grande letteratura dei linguaggi non verbali; non la biro, ma, in questo caso, la macchina fotografica. Il corpo aveva un linguaggio e la libertà di esprimersi.
Sandra Raspetti
0744471180 Chiusura settimanale Domenica
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S I L C I I s C E N t E T I O i F I t C NARNI O u t A noi fanno paura morte, i malattia e dolore; appren-
s u p e r i o r i
dendoli un macabro stupore ci assale: cosa possibile perché viviamo di qua, al sicuro nella nostra prosperità, in questo clima dimentico persino di riflettere. Il mio non è un sogno, ma una presa di coscienza, nel mio piccolo credo che vada tutto equilibrato: l’opposto porta degrado, annulla la dignità. I miei umili, ma potenti strumenti, saranno aghi, siringhe e occhi per non piangere. Lì la vita fa paura, lì tra bombe e bambini soldato; ma anche se le mie forze si dimostrassero esili, le mani vuote, questo è quello che fa un medico senza frontiere: comunque, da quel luogo non si muove. Sono pur sempre un’adolescente che vive in un mondo ideale, nel mondo delle idee, immersa tra desideri e sogni. Ma questo è il mio. L I C E O
D O N AT E L L I
S C I E N T I F I C O
Un sogno di letteratura
L’immaginario reso attraverso forme artistiche individuali crea capolavori indiscussi nella storia della letteratura italiana. Non sempre, infatti, le espressioni e le riflessioni più impegnate sono quelle che valicano i confini del tempo; talvolta le opere dall’aspetto giocoso e dal tono apparentemente leggero sono le più accattivanti perché coinvolgono il lettore e lo conducono verso orizzonti alternativi alla realtà. L’evasione da situazioni reali difficili, critiche, non condivise, dà luogo a più eventi tra cui ricordiamo l’Orlando Furioso in cui la fantasia consente all’Ariosto di allontanarsi dalla realtà, di immaginare mondi fantastici e di trovare situazioni risolvibili e a lieto fine. Come non ricordare l’ippogrifo, fantasiosa astronave, che conduce Astolfo sulla luna o il castello di Atlante in cui ogni persona crede di trovare ciò che desidera? Ed è proprio il mondo del sogno che consente ad
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La vita è un passaggio breve e concentrandomi solo su me stessa rimarrei arida come cespugli di sterpi. Nonostante tanti bei moralismi come dimenticare che un sud del mondo esiste. E io che ho scarpe firmate in bella vista risento dell’incoerenza dei miei pensieri. Ho voglia di ridere, sono pur sempre un’adolescente che come tale non conosce vie meno estreme. Approfitto ora di tanta spensieratezza... quando sarò in prima linea non ci sarà tempo per la poesia, appenderò i miei strumenti melodici e andrò laggiù dove Dio non parla.
punto fermo che ci dà la forza per muovere un altro passo. La speranza di un nuovo abbraccio, di un altro sorriso, di un’altra parola mi sta aiutando a vivere ora i miei giorni. La mia mente sta volando in alto, nel cielo terso, di un azzurro sincero dove l’aria è limpida. Il mio sogno è raggiungerti, ovunque tu sia,
Eleonora Menicacci 3A
I l mio sogno nel cassetto è
raggiungerti,ovunque tu sia. La distanza rimpiccolisce la tua immagine ai miei occhi, ma la ingrandisce al pensiero. Ti ho già visto, ti ho conosciuto, ti ho toccato, ma te ne sei andato. Cos’altro può essere un sogno se non una meta, una luce flebile davanti a noi che ci fissa, ci scruta, ci aiuta? Proprio questa stella ora mi sta guardando ed accompagnando tra ricordi, ansie e speranze. E’ bello camminare su una strada, che può sembrare tortuosa, quando c’è un
per dirti quello che non ti ho mai detto e per scoprire tutto di te. Ognuno di noi è un universo a sé, talvolta incomprensibile, talvolta chiaro e limpido. La vita ci mette ogni giorno di fronte ad un bivio e dobbiamo avere il coraggio di rischiare senza aver paura di perdere tutto. Il mio sogno, nonostante la paura, è quello di raggiungerti. Ora il cielo è sereno, le stelle si vedono bene. Sì ti vedo, come sei bello.
Orlando di ritrovare l’identità frantumata di cavaliere. E l’uso dell’ironia consente all’Ariosto di guardare con distacco le situazioni e quindi con acume e maggior oggettività la nuova realtà che, in effetti, è ribaltata. La realtà difficile, quindi, origina la pazzia ed induce all’evasione; l’evasione nell’immaginario crea una sorta di pazzia che dà la soluzione della realtà. L’attualità dell’Orlando Furioso è palese e riconoscibile nella passione che Calvino mostra nei suoi confronti; egli nel 1959 scrive Il cavaliere inesistente “… l’epoca è quella di Carlo Magno: la possibilità - data la materia - di un racconto storico viene subito scartata, a favore di un racconto fantastico, in cui dati reali e immaginari, plausibili o non plausibili si mescolano giocosamente... L’omaggio ad Ariosto non esclude la parodia: ed è, proprio per questo carattere scherzoso, pienamente ariostesco...”.
c’è nulla. Non senza una ragione il tema qui presentato ritorna nell’episodio di Astolfo sulla luna, che trasporta in una prospettiva cosmica l’intuizione del castello di Atlante. Proprio la trattazione laica e dunque sconsolata di questo tema decreta l’attualità di un episodio come questo, attualità tanto più forte in un momento storico che sembra aver smarrito anche le certezze relative ai progetti terreni degli uomini e che trasmette davvero l’impressione di vivere entro un labirinto senza vie d’uscita.
(Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, Calvino e Ariosto, Il cavaliere inesistente e l’Orlando furioso, in La scrittura e l’interpretazione).
Infine, tornando all’Ariosto... L’episodio del castello di Atlante è una versione moderna del tema, già biblico, della vanità di tutte le cose e della ineluttabilità degli affanni cui gli esseri umani si sottopongono per raggiungere ciò che desiderano... Al di là del vano e dell’illusorio non
Giulia Venanzi
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Né privo di suggestione sarà il confronto con il meccanismo pubblicitario e con i modi di creare il consenso e indurre bisogni non reali da parte dei mass media. Rispetto alla promessa di felicità contenuta nei modelli televisivi dominanti, sembriamo davvero tutti dei piccoli Orlando all’inseguimento di varie illusioni.”. (Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, Manuale di letteratura). Prof.ssa
Rossella Magherini Prof. Duccio Penna
M a io sono fiero del mio sognare, di questo eterno mio incespicare… canta Guccini. Maggio 2007, sto per concludere gli studi liceali e come ogni altro mio coetaneo la domanda che mi sento ripetere di più è: e poi che farai? Una risposta non la trovo. So di essere un’isola, separato dal resto dei ventenni sicuri di quello che sarà della loro vita, pieni di certezze. E dire che la possibilità di un futuro sicuro non mi manca. Cedere alla prospettiva di una vita comoda, darsi alla logica della carriera… No, queste cose non fanno per me. Purtroppo a me le certezze mancano, non posso pianificare il mio futuro a tavolino. Non ho certezze, ma possiedo passioni. Il raro sorriso di un bambino keniota malato, la stretta di mano di un professore guatemalteco che ti racconta dei suoi alunni e della sua scuola fatta di legno e lamiere o gli occhi chiari ed i capelli rossi di una ragazza danese che il destino ha voluto farmi incontrare per mostrarmi quali sono le vere sensazioni che dà l’amore.
E’ così, tra impegno sociale e amore per una donna, che si delinea il mio amore per la vita. Tra la spinta di viaggiare, conoscere altre genti apportando aiuto dove occorre e la voglia di condividere tutto con lei. Un sogno? Sì. Senza progetti, senza programmi di studio. Un’idea forse un po’ ingenua, del tutto incosciente, degna di un vecchio figlio dei fiori. Un vero sogno che per ora mi assicura questa vita passionale, che dà frutti quali il mio impegno sociale e la mia indifferenza a schemi convenzionali che legano le persone a stupide regole senza le quali si reputa impossibile vivere. Chi sogna non ha bisogno di convenzioni, chi sogna rifiuta di essere come lo vorrebbe la società. Una canzone dei 99Posse recita: non ci avrete mai come volete voi. Il piacere della vita va colto di giorno in giorno, nelle piccole cose semplici, negli eventi inaspettati e nel vivere il momento del sogno. Tornando a Guccini, posso considerarmi fiero del mio sognare.
Lunga vita ai sogni!
nostri sogni, stipando la nostra vita di sogni preconfezionati che non ci appartengono, gonfiandoci di ambizioni che non conosciamo, iniziandoci ad una realtà con la quale sentiamo di non avere molto a che fare. Stiamo pericolosamente smarrendo l’insostituibile importanza della nostra immaginazione, sommersi da una martellante pioggia icastica che ci ha impigriti ed ha ridotto anche i nostri sogni ad essere l’infinita ombra del vero, come scrive Pascoli nel poemetto Alexandros: un rischio da evitare assolutamente, affinché la nostra identità, fragilmente conservata nella crisalide del nostro io, sia preservata dalla frenesia con cui il mondo si rinnova continuamente. Affinché i nostri sogni, quelli veri, ci accompagnino sempre, superando la prova del tempo e illuminando il cammino che spesso si fa buio. Illusioni? Sì, ma illusioni necessarie, direbbe Kant, talvolta più vere e veritiere della maschera che ci dipingiamo addosso. Lunga vita ai sogni!
Il sogno e i sogni in generale occupano piacevolmente gran parte dell’esistenza di ogni individuo: unica vera esperienza di libertà, essi ci offrono l’affascinante prospettiva di un mondo interamente plasmato dalla nostra coscienza più profonda. La dimensione onirica, infatti, non è creata ex novo dalla mente umana, che invece riproduce, proprio nella preziosa intimità del sonno, gli aspetti per noi più importanti della nostra esperienza quotidiana. Rara opportunità per estrinsecare ciò che veramente sentiamo e proviamo, i sogni si connotano come vita vera e propria: la loro realtà irreale viene a coincidere con quel calderone di istinti ribollenti indagato da Freud e dalla psicoanalisi, nel quale ognuno di noi è semplicemente ciò che si sente di essere e null’altro. Come esprime Calderon de la Barca ne La vita è sogno, la vita autentica è quella figlia del sogno, partorita da quell’io che troppo spesso mortifichiamo e sottomettiamo all’egemonia della ragione. Il mondo di oggi ci allontana progressivamente dai
Marco Leonardi 5A
Luca Leonardi
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V I V E R E …
Achille sedeva sulla fredda panchina della stazione. Il binario 2 si snodava sotto i suoi occhi, mentre grigie nubi piangevano tristi una tenera pioggerellina. Nel giro di pochi mesi tutto cambierà: comincerò l’università, le porte del liceo si chiuderanno. Chiuderò un capitolo della mia vita e poi ne aprirò un altro, forse più bello. Chissà se durante l’università rimpiangerò questi anni. Sarò già così vecchio da vivere con amara lingua le memorie di quando avevo solo diciannove anni? Non lo so. Un lento stridio annunciò l’arrivo di un treno. Achille si alzò all’improvviso, allungando la mano ad afferrare lo zaino poggiato per terra vicino alla panchina. Dopo l’università, appena potrò, comincerò a lavorare, allora avrò aperto un altro capitolo, l’ultimo. Forse il più lungo, forse il più importante, forse il più grigio. Guardo mio padre, parlo con gente che dalla vita è riuscita ad ottenere tutto quello che poteva, che doveva ottenere. Sono occhi spesso spenti. Inizia il lavoro: i giorni si susseguono uguali, piani e piatti, passa un anno, la vita muore lentamente sotto i nostri occhi, nei nostri uffici, nelle nostre fabbriche. Passa un anno, ne passano due e se ci voltiamo potremmo dire che ne sono
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passati venti o nessuno. Tutti uguali, tutti grigi. Era un treno passeggeri, e Achille, deluso ma paziente, si rimise a sedere. Non importava, non doveva correre dietro a niente e nessuno. Questo pensiero lo fece rilassare, lo fece sorridere soddisfatto. Stava facendo la scelta giusta. Ancora mi basta uno sguardo, una battuta o un gesto: mi basta anche solo un amico per poter ridere come uno stupido, per poter passare un momento di allegria, di divertimento. Guardo mia madre, parlo con gente che dalla vita è riuscita ad ottenere tutto quello che poteva, che doveva ottenere. Le labbra spesso non ridono. Spesso sorridono, spesso sono sorrisi di circostanza, ma non ridono quasi mai. Vanno poi magari a cena con i vecchi amici del liceo, quelli con i quali hanno passato alcuni dei momenti più belli della loro vita. Non si divertono. No, passano una “piacevole serata”. Mi pare significativo. Achille udì uno sgradevole sferragliare, si alzò. Un lento treno merci avanzava tossendo e vomitando ruggine. Andava verso nord. Si può sognare il futuro? Sono andato alle elementari per poi andare alle medie. Ho studiato per tre anni per accedere al liceo. Ho studiato per altri cinque anni per poi andare all’università. Studierò all’università per poi lavorare,
lavorerò per fare soldi, farò soldi per vivere…e poi? Vivrò per morire. Convenzioni, istituzioni, lavoro, famiglia e società: la vita mi ha costretto e mi costringerà a fare tutto in funzione di un niente che deve ancora venire, e già sono suo schiavo. Manca un senso, non esiste un fine, c’è qualcosa di atroce e illogico che guida la mia vita. Ma io un sogno ce l’ho. Achille afferrò lo zaino, se lo mise in spalla, corse verso l’ultimo carrozzone del treno merci.
Nessuno lo guardava, era in fondo alla stazione. Lanciò lo zaino sul vagone, poi salì anche lui. Voglio vivere. Il treno senza nome cominciò a muoversi, verso un luogo senza nome, verso una vita senza nome. Libero. Nessuna maschera, nessuna forma. Destinazione da stabilire. Per sempre, fino alla morte. Andrea Zingarelli
SOMNIO ERGO SUM Come potremmo vivere senza sogni? Impossibile rinchiuderli in una definizione, o forse è possibile farlo solo quando non abbiamo più la speranza di poterli vivere… e li riponiamo in un cassetto della memoria, come vestiti ormai smessi. Eppure, noi ragazzi di sogni siamo esperti e, se ci fosse la materia sogni a scuola, non ci perderemmo nessuna lezione e in pagella ci sarebbero solamente dieci. La cosiddetta testa fra le nuvole, il classico sguardo assente o perso nel vuoto non sono altro che i sintomi di una delle più belle malattie del mondo: la voglia di sognare. L’effetto collaterale più vistoso è l’incapacità di affrontare i problemi della vita quotidiana. Certo, il rischio è grande, e bisognerebbe sognare con cautela per non correrlo, ma vogliamo mettere quella sensazione di libertà assoluta, di potere supremo, di creatività inesauribile che si prova sognando? Certo, i sogni cambiano con le persone: qualcuno sostiene persino che gli amici vengono scelti in base ai sogni in comune. Eccomi…sono in area di rigore…li ho seminati tutti... manca solo il portiere…mi piego a destra, e vai, ci casca…respirone…tiro… GOAL!... Ecco! Vorrei essere così domani, in campo…che sogno… Il mio sogno più grande è cantare... tradurre in musica le mie emozioni, i miei pensieri. Vorrei che molti ragazzi si identificassero nelle mie canzoni, vorrei poterli aiutare a trovare se stessi. Chissà se ne sarò mai capace…
LI C EO C LA SSI C O
G. C . TA C I T O Ma sarà possibile cambiare questo mondo? Non mi piace per niente quello che vedo. Poi qui mi va tutto stretto… me ne voglio andare, cambiare aria, non vedere sempre le solite facce, non fare le solite cose, non dire le solite frasi. Poter andare via di qua, respirare l’aria di altri luoghi. Incontrare gente nuova, senza pregiudizi, senza paraocchi e paraorecchi. Che non mi giudichi per come mi vesto o per come mi comporto… che semplicemente vada oltre le apparenze… ma che dico? E’ impossibile. Quante notti insonni trascorse a sognare, quante lacrime versate quando tutto sembra voler rimanere solo fantasia; quante lezioni passate sognando ad occhi aperti. Ai sogni evocati sopra, mille altri potrebbero aggiungersi. Non ce ne sono di più o meno importanti: per ognuno i propri sogni hanno un valore particolare, unico e vitale. Il mio sogno è non smettere mai di sognare… Chiara Colasanti, Silvia Pierini, Maria Laura Romani
I s t i t u t i s u p e r i o r i
Med i c i na do lo r i s Se fosse possibile dipingere il mondo secondo la nostra fantasia, il sogno non avrebbe motivo di esistere. Ma tutti sappiamo che non è così e che a volte, invece, non si hanno le forze per affrontare quanto nella nostra vita non sta andando come desideriamo. Allora se cresce la delusione quel desiderio e quel sogno difficilmente muoiono. Sognare significa allontanarsi dalla vita problematica di tutti i giorni, vivere anche solo per un attimo, un momento di felicità in un mondo parallelo dove si trovano le piccole grandi speranze. Perché il sogno è propriamente questo: portare nel presente ciò che maledettamente ci manca del passato e ciò che vediamo irrealizzabile nel futuro. Questa realtà apparentemente impossibile diventa il rifugio di tutte le nostre aspirazioni, ma c’è il rischio di attaccarsi troppo alle speranze illusorie da non riuscire ad adattarsi alla realtà circostante che rimane comunque dura e difficile. Forse sognare non serve a superare i momenti bui, forse solo la speranza ci aiuta a realizzare i nostri sogni e l’obiettivo di una vita migliore. Clarissa Patrizi Federica Ruggeri
Ecco, un chiarore, si fa ancora più, luminoso, l’aria è pulita, arriva il profumo della siepe di gelsomini, anche dei pini lungo la strada; ma sì certo sono le otto, in ritardo come al solito. Ma chi ha dipinto di rosa una corsia della strada, proprio sotto i miei piedi, e da dove sbucano tutte queste
L a
q u a r t a
biciclette, per la miseria sto su una pista ciclabile, mi sposto velocemente per non essere investita dai ciclisti, stupendo posso finalmente prendere la bicicletta per andare a scuola, arrivo in anticipo. Mi lancio verso il centro tra
d i m e n s i o n e una folla allegra di ciclisti, accanto si snodano due corsie per le automobili, ma il traffico è scarso, lento, ordinato, non vi sono macchine fantasiosamente parcheggiate in due, tre file; non c’è rumore, solo il cigolio dei pedali, poi ora si sente il
profumo dei tigli. Parcheggio vicino alla scuola, vedo tutti visi distesi, sorridenti, il marciapiedi è pulito, i muri della scuola sono bianchi e lindi. Arrivo alla sala professori, apro il cassetto, non vedo il registro, mi viene un dubbio, mi sveglio. Prof.ssa
Gabriella Silvestri
Il sogno Sogni nel cassetto, sogni irrealizzabili, sogni di avere una vita migliore, sogni di gloria, sogni adolescenziali, sogni individualisti… la lista potrebbe continuare all’infinito visto che esiste un sogno diverso per ogni uomo e non c’è uomo che non ne abbia uno. Dal bambino all’anziano, dal materialista all’idealista nessuno sfugge a quel lungo viaggio, qual è il sogno, che ci accompagna per tutta la vita rendendola più a nostra misura. Anche quando tutto sembra a noi avverso la maggior parte delle volte troviamo la forza di andare avanti, vi siete mai chiesti il perché? La spinta che ci permette di continuare il nostro cammino, spesso anche con più energia, è da ricercare all’interno di noi, in quella particolare scintilla che ci anima in modo del tutto personale e per la quale siamo disposti a mettere in gioco tutto ciò che abbiamo. L’essenza dell’uomo è il sogno stesso, dal momento che con la nostra immaginazione cerchiamo sempre di elevarci per raggiungere obiettivi migliori. Da sempre si è cercato di studiare le ragioni che spingono l’uomo a sognare e qual è l’entità del sogno, da Shopenauer a Freud ognuno ha tentato di dare una spiegazione esauriente a questo fenomeno, ma forse la spiegazione più giusta è quella più poetica Tutti hanno un paio di ali ma solo chi sogna impara a volare (Jim Morrison). Questa frase testimonia che tutti gli uomini possiedono la stessa capacità e lo stesso diritto di sognare in quanto il sogno sia esso piccolo o grande è l’espressione dell’intimo di ognuno, perciò se tutti gli uomini hanno pari dignità così sarà anche per i loro sogni. Quindi non cerchiamo di sopprimere quell’istinto che ci porta a sognare e non ci scoraggiamo se non riusciamo a realizzare il nostro sogno, perché in fondo quello che conta non è quello che si trova alla fine del viaggio ma ciò che proviamo M.Laura Coricelli, Giulia Minucci nell’intraprenderlo.
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S Istituto Comprensivo Statale Giovanni XXIII c Cassa di Risparmio di Terni e Narni S.p.A. Gruppo Intesa Sanpaolo u o l e I ragazzi raccontano l’attività del Progetto Comenius sul
Cassa di Risparmio di Terni e Narni S.p.A. Gruppo Intesa Sanpaolo
“consumo”
Consumare in modo diverso per “salvare noi stessi e la Terra”. Trovare nuove fonti di “energia pulita” per non spegnere il nostro Pianeta… e dopo aver studiato sui testi scolastici tutti gli argomenti connessi a questo problema, i ragazzi della 3H vi offrono alcuni momenti della loro rielaborazione sul percorso di studio effettuato.
m e Chiudiamo gli occhi e d i p ro i e t t i a m o c i n e l f u t u ro … e Chiudiamo gli occhi, siamo nel 2070, in un mondo senza luce….
Mi sveglio. Devo andare a scuola, ma non so se è tardi. L’orologio non funziona, come anche lo stereo, come anche la TV e come qualsiasi altra cosa in questo mondo che si va spegnendo a poco a poco; persino il sole sembra aver diminuito il suo tepore… purtroppo il governo ha vietato l’uso dei mezzi di trasporto a motore per conservare il petrolio per eventuali emergenze, perciò andrò a scuola in bicicletta. Andando per strada vedo tantissima gente che si raduna nelle piazze godendosi la luce dei primi raggi di sole. A scuola c’è un fastidiosissimo silenzio, non si sente neanche un uccellino cantare, neanche un’ape: assolutamente nulla e questo mi preoccupa… ad un tratto una voce interrompe i miei pensieri, è la Preside: Attenzione, attenzione! A tutte le classi! I ragazzi si riuniscano nel cortile, tra poco arriverà la navicella che ci porterà su un Nuovo Mondo! Di corsa ci precipitiamo in cortile aspettando l’arrivo delle altre classi. Ecco, ora ci siamo tutti. All’improvviso si alza un gran vento, ed eccola finalmente: la navicella spaziale! Di corsa ci imbarchiamo e comincia il viaggio. Credevo che sarebbe durato almeno due giorni e invece durò solamente mezz’ora. E finalmente ci siamo: eccolo il Nuovo Mondo! Mi guardo intorno e la visione che ne ho è afrodisiaca: il sole splendente come non mai, il cielo limpido come non lo avevo mai visto, ed è stato bellissimo ammirare, dopo tanto tempo, un paesaggio di natura incontaminata, senza industrie che inquinino! Anche se sono sicura che la Terra non sia stata tanto diversa da questo posto prima dell’arrivo degli uomini…. E mi viene da urlare se penso a cosa ci siamo persi, cosa abbiamo distrutto! Se potessi tornare indietro nel tempo sarei in grado di fare qualcosa… DRINNDRINNDRINN ... ma è la mia sveglia! e funziona! Allora è stato solo un sogno… e so cosa devo fare per impedire che diventi realtà: forza, mettiamoci al lavoro! ABBIAMO UN PIANETA DA SALVARE! Michelle Nonni
Non diamoci per vinti, cosa possiamo e dobbiamo fare
Scuola Media Statale “Garibaldi - Matteucci” di Campi Bisenzio (Firenze) Coordinatrice Progetto Comenius: Prof.ssa M. Teresa Rossi
Un mondo senza luce… e chi lo avrebbe mai immaginato? Sì, la probabilità è sempre esistita, ma questa è un’ipotesi che sembra essere sospesa nell’aria… - Giulia Guerri … da quel momento capii che il vero nemico dell’umanità è l’uomo stesso - Fabio Filippini … anche la fiducia nella scienza ha sbagliato… inducendoci al consumismo - Giulia Guerri
Francesco Costantini
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IL TRENO Hai ottenuto il lavoro. Questo le rimbombava intesta... hai ottenuto il lavoro. Con gli occhi fissi al finestrino del treno, Emma ripensava alle sue parole. Lui l’aveva guardata con la faccia di chi si aspetta un’esultanza, invece lei l’aveva fissato attonita, stordita. Avrebbe dovuto sentirsi accomodata? Era forse giunta l’ora di diventare un po’ più realista? In fondo avrebbe potuto prendere uno stipendio fisso ogni mese, ed avrebbe messo da parte qualche euro in vista di chissà quali cambiamenti, forse per il suo futuro matrimonio, anche se del fortunato non si aveva ancora traccia. Avrebbe dovuto lasciar stare i sogni frivoli che la portavano ad immaginarsi grafico-attrice-scrittriceartista-inventore di un nuovo modo di comunicare significati profondi.
Ed ebbe una visione: immaginò un sedere su una sedia, che si allargava a vista d’occhio e delle briciole di creckers, residui di uno spuntino da ufficio. E d’improvviso si sentì vecchia. Una sola domanda le sorgeva in testa: l’irrequietezza che sentiva dentro, dove la doveva gettare? E la zampillante curiosità doveva forse lasciarla per il tempo libero? Fissò per un momento gli occhiali stondati della signora di fronte e capì che si stava facendo domande alle quali sapeva già dare risposte: non avvertiva il minimo stimolo ad accomodarsi con quel lavoro, lo pensò come lavoro nel tempo libero per portare avanti i suoi sogni a tempo pieno. E rise di sé per quell’intuizione. Quel lavoro, per intenderci, le avrebbe fatto solo comodo, a livello monetario, per continuare ad inseguire i suoi sogni. Scoprì di essere di continuo alla ricerca di qualcosa di più. Per assurdo fantasticò di raggiungere i suoi sogni e di colpo si rese conto che non le sarebbero bastati. Quindi in un flash attraversò la sua vita futura: piena di rincorse, di mete raggiunte e di nuovi desideri da esplorare. Si scoprì ambiziosa, e non seppe se esserne felice o irritata. Il treno correva meno della sua mente e si accorse d’essere quasi arrivata. Giada Fuccelli
A m b i e n t e
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L e g a l i t à Il compito primario è quello di informare e mettere in rete le persone, sensibilizzarle sul problema dell’inquinamento, le conseguenze e le armi per difenderci. Vi riporto l’esempio di una storia vera, risolta con la Class Action. Ricordate Erin Brockovich, che riesce a mettere al muro la grande multinazionale che inquina le falde acquifere, ottenedo un risarcimento miliardario per tutti i cittadini intossicati? In quel caso nel 1996, a Hinkley (California), la S.p.a. fu condannata, per inquinamento delle acque, a pagare 333 milioni di dollari di risarcimento con la Class
Dagli Amici di Grillo è nata l’idea di far nascere un Comitato che tenga una stretta relazione con uno staff medico/legale, presente nelle realtà locali di tutti i Meetup. Grazie a questo comitato il Meetup avrà la collaborazione dell’ISDE (Medicina dell’ambiente) e di un’associazione di avvocati. Qualora ci fossero avvocati o dottori del comprensorio ternano che volessero collaborare a tale progetto, possono inviare una mail a questo indirizzo: amicibeppegrillotr@libero.it. Presto il Meetup creerà un mercato di azioni legali redditizie stile class action (spesso si tratta di milioni di euro) e l’avvocato avrà diritto ad un tetto massimo del 10% della somma totale, il resto andrà a coloro che sono stati danneggiati.
Action. Un altro esempio: nel 2003, dopo tre anni di causa, Visa e Mastercard hanno accettato di versare 3 miliardi di dollari nell’arco di dieci anni, per chiudere una class action introdotta nell’interesse di circa cinque milioni di dettaglianti, costretti da un abuso di posizione dominante ad accettare le loro carte di credito e le relative commissioni elevate La causa è stata seguita da una trentina di studi legali che hanno chiesto compensi complessivi per 628 milioni di dollari (pari al 18% del valore della transazione ). Persino con le ferrovie si pensa alla Class Action! Il costo dei ritardi dei treni, non è sfuggito ad alcune associazioni di pendolari e di consumatori che hanno calcolato sia le ripercussioni
del danno in busta paga, che il tempo sottratto annualmente a ogni viaggiatore. Per far fronte a una situazione che da anni esaspera migliaia di viaggiatori su rotaia, sono attivi da tempo comitati di pendolari regionali e associazioni di consumatori tra i quali sta prendendo sempre più piede l’idea di avviare una class action contro le ferrovie. Si tratta di un’azione legale iniziata da un soggetto che chiede al Tribunale di essere autorizzato ad agire per sé e per altri che si trovano nella medesima situazione. L’intenzione del Comitato di Cittadinanza Attiva, Ambiente e Legalità è quella di portare l’esperienza del caso della Centrale ENEL di Porto Tolle a scala nazionale. In quel caso si è avuto un risarcimento danni di circa 2.500.000 di euro a fronte di una spesa di circa 170.000 euro. Si è riusciti a dimostrare il nesso tra l’inquinamento della Centrale Enel e i danni all’ambiente ed alle persone. Morale? Conviene a tutti gli avvocati e a tutti i cittadini approvare al più presto la Class Action vera, non quella proposta da Bersani. In Italia la lotta è difficile per un motivo semplice, non c’è informazione, non una grande forza politica che sostenga l’iniziativa. La rete ed i forum stanno facendo il possibile, ma la maggioranza degli italiani non ha la rete ed è ancora abbarbicata alla vecchia TV.
E p he b i a F es tiv a l 2 0 0 7 Sabato 9 e domenica 10 giugno, l’antistadio Libero Liberati sarà come sempre il centro aggregativo dell’evento, per una serie di concerti completamente gratuiti. Il desiderio dei volontari che per tutto l’anno si dedicano all’attività di promozione delle varie iniziative a marchio Ephebia, è quello di far prendere consapevolezza al territorio di quale grande potenziale culturale abbia una manifestazione come il Festival che avremo fra pochi giorni. La prima giornata, sabato 9 giugno, vedrà salire sul Main Stage una delle band storiche della musica indipendente italiana: i Casino Royale, di ritorno da una pausa discografica di quasi dieci anni e catapultati immediatamente ai primi posti di tutte le classifiche nazionali. Prima dell’headliner si esibiranno i Pecksniff e Marco Notari,
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vincitore del premio Rivelazione cantautorale dell’anno 2006 all’ultimo MEI di Faenza. Domenica 10 giugno i palchi della rassegna ospiteranno gli M? (gruppo di recente nascita con componenti dei Julie’s Haircut, questi ultimi già presenti nel cast 2006) e gli ... A toys orchestra, che presenteranno il loro nuovo album, osannatissimo dalla
critica. In serata ci sarà grande attesa per il concerto-chiusura della due-giorni con un gruppo italo-scozzese scelto dalla Fondazione Arezzo Wave per rappresentare la musica italiana al festival internazionale di Groeningen (Olanda) ed al South by South West Festivals in Texas (U.S.A.) e che viene da un concerto evento in onda su Radio2Rai: The Hormonauts, che chiuderanno in maniera festosa e danzereccia la manifestazione. Come sempre da contorno alle esibizioni degli artisti principali, ci saranno quelle di vari gruppi emergenti, provenienti da tutta Italia, iscrittisi all’Ephebia Contest 2007. Comincia quindi il conto alla rovescia verso uno degli appuntamenti entrati ormai a far parte della programmazione culturale della città.
P e r
la
serie
Memorie
futur e
COS I ’ FI NI ’ I L PI DDI ’ (cronaca del 2020)
Tutto cominciò - lo rammenterete - con i famosi decreti Bersani. Quelli del 2009, s’intende. Il ministro dello sviluppo economico aveva cominciato tutto sommato timidamente, liberalizzando tassì e farmacie e colpendo banche e società telefoniche, ben conoscendo la scarsa familiarità degli Italiani con il concetto di libera concorrenza; quando però i provvedimenti da lui concepiti andarono a regime, vincendo le resistenze corporative dei soggetti colpiti, e i cittadini poterono toccare con mano i vantaggi insiti in una politica economica d’impronta liberale, lo statista emiliano (noto ai compagni, dal nome del comune che gli diede i natali, come l’uomo di Bettola) ritenne di poter sferrare i più violenti affondi che da tempo aveva in programma.
Non ci soffermeremo, in questa sede, che sui provvedimenti di più ampia risonanza. La sostituzione del battesimo, con il quale la Chiesa pretendeva di legare a sé per l’intera vita i fedeli, con un sacramento di durata limitata, rinnovabile ogni cinque anni: una riforma dalla quale derivò una grande - e benefica - iniezione di concorrenza nel settore religioso, rendendo psicologicamente più agevole per tanti cattolici il passaggio ad una diversa religione.
Nessuno osò mettere in discussione la riuscita dell’operazione, eccezion fatta per quei pochi veteroprotezionisti cui non andò a genio che il terzo operatore nazionale diventasse un soggetto straniero (la Chiesa dell’Unificazione del reverendo Moon).
Oppure la decisione di dispensare dalla corresponsione degli alimenti all’ex-coniuge chi divorziava per amore d’un’altra persona: come fu giustamente notato, in quel caso l’assegno mensile assumeva la forma d’una penale disincentivante il cambio di partner, non diversa e pertanto non meno esecrabile delle famigerate spese per l’estinzione del conto imposte dagli istituti bancari. Il capolavoro di Bersani, però, fu indiscutibilmente l’importazione del principio della libera concorrenza nelle pubbliche istituzioni: dopo che per decenni si era stupidamente fatto lavorare i due rami del Parlamento in sequenza, prima la Camera e poi il Senato o viceversa, per giungere all’approvazione d’un’unica legge, per sua iniziativa le due camere vennero finalmente poste in competizione, costringendole ad operare contemporaneamente e separatamente. Su ciascuna materia potevano così vedere la luce due distinti provvedimenti, entrambi egualmente validi, lasciando ai cittadini la decisione di rispettare l’uno o l’altro, scegliendo quello ritenuto migliore o comunque più adatto alle proprie esigenze.
Sulla base dello stesso principio vennero poi ristrutturati i rapporti tra stato centrale ed enti locali, uscendo dalla trappola d’un federalismo che ampliava la sfera d’influenza dei secondi soltanto per limitare quella del primo, facendo passare così gli Italiani da un regime di monopolio all’altro. Nulla di strano, dopo simili trionfi, che Bersani diventasse il leader indiscusso del neonato Partito Democratico, e che sotto la sua guida quest’ultimo stravincesse le elezioni politiche del 2011, conquistando oltre il 70 per cento dei seggi in palio. E’ la fine della politica dei ricatti, dei veti incrociati e del compromesso sistematico! esclamò il neo-primo ministro, offrendosi al microfono d’un giornalista del TG1 prontamente rapatosi la sommità del capo. D’ora in poi l’Italia - incredibile a dirsi - sarà un paese governabile! Chi avrebbe mai immaginato che proprio quel clamoroso successo avrebbe segnato, per Bersani e il Partito Democratico, l’inizio della fine? L’azione del politico liberalsocialista (o social-liberista, come fu altrimenti detto) aveva creato un clima di consenso del tutto inedito, nel nostro paese, verso le idee liberali. Sotto il suo influsso persino la dottrina giuridica s’era grandemente evoluta, trovando vulcanico sbocco nelle sentenze dell’autorità antitrust, fattesi con gli anni sempre più severe nei confronti delle rendite di posizione e delle chiusure corporative per tradizione infestanti il sistema economico nazionale. Citiamo alcuni titoli di giornali dell’epoca: - Banche e imprese: mai più intrecci azionari; - Programmi compatibili col MacIntosh o fuori Microsoft dal mercato italiano; - Tre, due una… ora Berlusconi non può che avere Fede. Ironia della sorte, proprio la popolarità cui erano pervenuti
i princìpi di cui Bersani era stato propugnatore era destinata a stroncare la carriera della nuova stella del firmamento progressista. I guai iniziarono da subito: ogniqualvolta il gruppo parlamentare del PD si approvava da solo una legge, sfruttando la forza dei propri numeri, l’autorità per la concorrenza lo multava per abuso di posizione dominante (tra gli applausi di Bertinotti, Diliberto, Mussi e Pecoraro Scanio). Poi si cominciò pubblicamente a discutere della possibilità di stabilire un tetto alla raccolta di voti, per contrastare all’origine la formazione di posizioni dominanti. Sulle colonne del Corriere della sera la proposta fu apertamente caldeggiata dai più prestigiosi opinionisti liberali, tra cui un economista di cui era divenuta celebre la cosiddetta “Agenda Tafazzi” (Perché il governo dovrebbe sforzarsi di coagulare un nucleo di investitori istituzionali che operi nel lungo periodo per raddrizzare le sorti d’un’azienda in crisi, quando un fondo d’investimenti anglo-lussemburghese è in grado di acquistarla, risanarne i conti tagliando del sessanta per cento la manodopera e dopo dodici mesi rivenderla al concorrente straniero che più ha interesse a frenarne lo sviluppo?). Quindi il commissario europeo per la concorrenza propose di scorporare dal partito la sua rete di sezioni, per metterla a disposizione a parità di condizioni a tutte le altre formazioni politiche. Sottoposto a cotanto assedio, il congresso straordinario del PD prese l’unica decisione sensata: scindersi. Due distinti raggruppamenti uno d’impronta socialista ed uno di marca cattolica - presero il posto del PD, ereditando ciascuno il 35 per cento circa dei consensi degli Italiani. Nuove elezioni portarono al governo la coalizione formata da questi due partiti, la cui convivenza fu tutto sommato
abbastanza tranquilla, se si tralascia di considerare quelle liti che furono probabilmente create ad arte per non dare l’impressione dell’esistenza d’un accordo di cartello. E Bersani? Dopo avere condotto la suddetta coalizione alla nuova vittoria l’alfiere dell’economia di mercato, disgustato dall’irriconoscenza di taluni compagni, da cui era stato inesplicabilmente additato quale responsabile del naufragio del PD, si ritirò sdegnosamente in disparte, abbandonando l’agone politico in favore delle non meno nobili occupazioni cui può legittimamente aspirare un ex capo di governo: conferenziere, autore di libri di memorie, mediatore fra paesi in conflitto per conto dell’ONU, presidente di società di gestione di gasdotti transnazionali, membro della camera dei lords, ospite di varietà televisivi, golfista. Molti hanno poi finito per rimpiangerlo, viste le declinanti fortune del suo partito negli anni successivi, che hanno condotto all’OPA lanciata su di esso dal PSE con la partecipazione del sindacato metalmeccanico bavarese e di un fondo pensionistico californiano.
Avvenimento, quest’ultimo, di cui peraltro non v’è troppo da dolersi, considerato quanto assurdo sia difendere l’italianità dei nostri partiti quando ormai buona parte delle commissioni parlamentari sono già state delocalizzate in Slovenia e si avvalgono per il loro funzionamento di deputati del luogo, con viva soddisfazione dei cittadini che hanno visto finalmente diminuire, per effetto di questa evoluzione del sistema istituzionale, i tanto deprecati costi della politica. Ferdinando Maria Bilotti
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