Guardando a Nord Raffaela Trequattrini Non ho mai capito per quale strana ragione, quando nel nostro Paese si parla di economia, debba nascere immediatamente la contrapposizione tra Capitalismo e Stato Sociale, una dicotomia sinonimo di inconciliabilità e che ha perciò da sempre determinato le più aspre lotte di classe. Ma nonostante di discipline economiche non mi ritenga certo un’esperta, ho comunque occhi per vedere e strumenti per valutare il modello di società che altre Nazioni hanno realizzato, e mi domando perché sembrava esistessero soltanto Russia ed America se a pochi passi da noi c’erano altri esempi, di tutto rispetto riguardo alla qualità della vita, che erano in grado di offrirci
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Normalità
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Giampiero Raspetti
Cervellifoto
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N° 5 - Maggio 2006 (35)
Normalità vo cercando. Un Paese normale, regolato cioè da norme comuni dettate da un costumato buon senso. Occorre intanto riaffermare il sacrosanto rispetto per le Istituzioni, in particolare da chi si trova a farne parte. L’ex Ministro Calderoli ha, feramente, definito giorno di lutto nazionale il 25 Aprile, ricorrenza della Liberazione dalle belve umane e giorno della concordia e della unione di tutti. Alcune bestie, a Milano, hanno cacciato dal corteo il Ministro Moratti presente con il padre, ex deportato; altre hanno dato fuoco a bandiere israliane. In compenso, il capo del passato governo non s’è mai fatto vedere né sentire! E’poi necessario che nessun rappresentante istituzionale abbia
Uccidere come ideale
L’attore politico
Vincenzo Policreti
Corrado Pani
Poche settimane fa, nel pieno centro di Messina un giovane ha ucciso la sorella a colpi di pistola. Dopo il delitto non è fuggito, non s’è nascosto, non s’è difeso: s’è lasciato catturare e arrestare, quasi seguendo un rito necessario, quasi rassegnandosi all’inevitabile. Non ha avuto per movente l’odio o l’interesse. Non si tratta di famiglia socialmente deprivata. Anzi. A parte ciò che potrebbe dirne Freud (sempre diffidente a questo riguardo, quando si parla di consanguinei) si tratta qui di un fratello che amava la propria famiglia, di buon livello socioeconomico. Ma la sorella era incinta di un uomo che non era suo marito: e il fratello, pur amandola, per difendere l’onore della famiglia, l’ha ammazzata. L’orrore che un simile fatto di cronaca ci procura, unito all’incredulità in un movente uscito dalle nebbie dei tempi, è stato abbondantemente illus-
Che i risultati delle elezioni siano messi in discussione dalla parte sconfitta rientra nelle logiche stesse della politica: accade nei paesi che prendiamo sin troppo spesso a modello di evolute democrazie ed è accaduto, tanto per tornare in Italia, all’indomani della vittoria delle politiche del 2001 per mano dell’allora candidato premier Rutelli, che non esitò a fare ricorso per chiarire in che misura avesse vinto la coalizione concorrente. Tuttavia oggi assistiamo ad un accanimento davvero senza precedenti in cui accanto ad un presunto bisogno di verità convive l’assoluto non rispetto sia verso le istituzioni, che la nostra costituzione prevede ed attiva in conseguenza di potenziali ricorsi, sia verso una buona metà della popolazione che ha scelto esattamente da chi essere governato. Ancor più grave è che all’interno di questa ennesima campagna politica volta paradossalmente a delegittimare la democrazia si
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E' scontato che si desideri il proprio bene, ma, in un mondo tecnologicamente unificato come il nostro, tale desiderio è certamente destinato a risultare inane, se non si accompagna con il desiderio del bene altrui. Bertrand Russel Un’etica per la politica
Energie rinnovabili: tra il dire e il fare... Alessia Melasecche Esistono molti modi per definire le energie rinnovabili. Per stabilire subito un linguaggio comune, armonizzando spunti tratti da altri, le definirò come “tutte quelle energie che derivano da fonti che possano essere considerate inesauribili nella scala dei tempi umani”. segue a pag. 5
G a lle r ia d e l Co r s o - Te r ni
La tolleranza è... come il vento!
Il disagio dei giovani d’oggi
Sandro Tomassini
Maurizio Bechi Gabrielli
La vera tolleranza, al contrario di ciò che molti pensano, non è supina accettazione, acquiescenza, sopportazione o benigna concessione, bensì, nel solco tracciato da Erasmo e da Voltaire, l’atteggiamento teorico e pratico di chi, in fatto di religione, politica, etica, scienza, ecc., rispetta le convinzioni altrui e non ne impedisce la estrinsecazione. Ora è evidente come ciò sia possibile in un contesto politicosociale dotato di onestà intellettuale, dove i difetti propri e i pregi altrui siano dignitosamente riconosciuti e dove esista la maturità per valutare idee e pensieri senza pregiudizi, preconcetti o deformazioni. In altre parole, un contesto il cui bagaglio culturale sia provvisto di maniglia resistente agli urti ed il cui alambicco mentale sia capace di distillare umori, scelte, giudizi, azioni ed omissioni, senza dogmi e senza infingimenti. Ebbene, a questo osta il fatto che agendo l’individuo sulla base di una sintetizzazione individuale della cultura di appartenenza ed
Si fa sempre un gran parlare del disagio che i giovani incontrerebbero nell’affrontare quella fase dello sviluppo che viene chiamata adolescenza. Il parere di molti è che se ne parli troppo e a sproposito, visto che l’unico problema dei giovani d’oggi è quello di avere troppo, rispetto alle generazioni passate. Ma il problema sta proprio in questi termini? Questa lettura autorizza al disinteresse per questi problemi e alla fuga dall’impegno per trovare, ove esistano, possibili soluzioni per il superamento di questo disagio? Il processo di conquista della identità psico-sociale che va sotto il nome di adolescenza, peculiare delle società occidentali e occidentalizzate, inizia con la pubertà e spesso si protrae nell’età giovanile, oltre il limite ufficiale dei 18 anni. Esso consiste in un periodo in cui si sperimenta una crisi di adattamento rispetto ai modelli precedenti. Il termine crisi, di origine greca, significa
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G u a r d a n d o
gli spunti migliori ai quali potersi ispirare, visto che da decenni alcuni Stati del nord Europa, in particolare Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Inghilterra, Olanda, Belgio e Germania, costituiscono, secondo i dati ufficiali, proprio i Paesi con la qualità della vita più alta al mondo, ed i Paesi nei quali, sottolineo, non a caso, il concetto di democrazia ha trovato la sua massima espressione; massima, naturalmente, rispetto al recente ed attuale panorama politico internazionale.
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nella fedina penale un guazzabuglio di condanne, a volte infamanti, come avviene per alcuni cosiddetti politici. Vi siete mai interrogati sulla ineluttabilità di tali candidature? Fareste bene a controllare: Internet è aperto a tutti e potreste scoprire di essere inconsapevoli complici di chi non rappresenta l’onestà. Preferisco Socrate ad Attila. La campagna elettorale in cui una parte ha tentato di spiegare, con alterne fortune, circa 280 pagine di progetto, ha visto l’altra intenta, sempre e ovunque, a sparlare dei primi, del loro cattivo progetto, dei loro uomini malvagi. Sembrava che solo la prima fosse candidata. Unico diversivo della seconda, per riempire un poco la scena, una stravagante teoria, importata dal calcio, quella delle 3 punte, e le coup de théâtre final, recitato all’ultimissimo secondo: tolgo l’Ici. Ma l’attore è sembrato molto sotto tono: poteva promettere elisir di lunga vita o liberarci dalla foruncolosi o, almeno, nominarci tutti baronetti. Ci ha comunque ricondotti ad un Medio Evo... prossimo attuale! Poi i brogli elettorali di cui, inevitabilmente, mette sotto accusa
Negli ultimi tempi, tuttavia, per giustificare la sopravvenuta flessibilità nel mondo del lavoro, qualcuno ha cominciato a citare il sistema vigente in queste Nazioni, spiegandoci come ad oggi le condizioni del mercato siano proibitive relativamente a quella stabilità occupazionale che la maggior parte di noi era abituata ad esigere, e che i contratti di lavoro a termine costituiscono ormai da anni la prassi nei civilissimi Stati del nord Europa, dove i redditi pro capite sono i più alti in assoluto e dove a tutti è
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il suo Ministro degli Interni! E se il Cavaliere avesse problemi personali non confessabili? Allontani allora tutti gli spin doctor di cui si circonda e se ne prenda uno solo di dottore, quello giusto. Una Tv, pubblica o privata, che, entrando nelle case di tutti assume doveri generali di decenza e di rispetto, dovrebbe avere anche l’obbligo della cultura e il culto della verità... Per certo non può svolgere la sistematica funzione di raggirare i meno difesi intellettivamente, arte in cui alcuni fedelissimi toccano cime tempestose. Viene anche in mente quella parentesi televisiva (dopo il secondo incontro PvsB) in cui i solerti dipendenti erano intenti a spiegarci quello che pensavamo o quel che dovevamo pensare (De André docet). Presente anche lo zelante, monarchico, Feltri, direttore di Libero, semper prima facie intellegens, che, riferendosi alla battuta sull’Ici, lapidariamente disse, rivolgendosi a chi nemmeno sa cosa l’Ici sia: ma come, vi tolgono una tassa e non siete contenti? Ellallero! Feltri sa benissimo cosa sia e a cosa serva l’Ici. Sa anche molto bene che se si lavora per raggirare allora nessuna spiegazione ma solo
NUMERI Le seguenti cifre sono desunte e certificate dall'Istat, dalla Banca d'Italia, dalla Corte dei Conti, dalla Commissione di Bruxelles, dall'Ocse e dal Fondo monetario: - 2 anni di crescita zero (2004-5) - ristagno dell'occupazione (2005) - aumento del rapporto deficit-Pil al 4% nel 2006 (previsione del governo al 3.5) e al 4.5% nel 2007 - azzeramento, dal 2.5, dell'avanzo primario nel 2005 - aumento del debito pubblico (106.7 del Pil di quest'anno, non meno di 108 per l'anno prossimo) - stasi dei consumi (- 0.2) - diminuzione abnorme del potere di acquisto. Questo è uno dei tanti lasciti negativi, dopo cinque anni di governo, di dilettanti spocchiosi che hanno goduto di una maggioranza di 100 deputati e 50 senatori.
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garantito un tenore di vita dignitoso. Si dimentica, però, di precisare alcuni particolari: se questo accade, ed è la verità, non è semplicemente dato dal fatto che ad un lavoro perso se ne sostituisce immediatamente un altro parimenti soddisfacente, quanto piuttosto dalla presenza di ammortizzatori sociali e di specifiche normative che regolano i rapporti di lavoro a tempo determinato. Tali normative impediscono l’utilizzo del contratto a termine quale mezzo per lo sfruttamento delle forze lavoro, ai fini di un profitto indiscriminato per le aziende, e rendono fruibile questo strumento esclusivamente come opportunità da parte delle imprese di affidare incarichi derivanti da esigenze di natura temporanea o periodica a soggetti esterni, incarichi che altrimenti avrebbero gravato sull’organico già esistente, non trasformandosi, pertanto, in ulteriori opportunità occupazionali. In condizioni o con obiettivi diversi, ricorrere alla flessibilità non risulta conveniente per il datore di lavoro.
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frasi ad effetto; se invece si è seri ed onesti, allora si spiegano i perché e i percome, le possibilità, le inattuabilità. Preferisco la scienza alla mistica. Preferisco la libertà autentica ai nomi posticci. Non cessa la martellante cultura del sospetto! Si afferma poi si ritratta o si dice scherzavo; si pronunciano affermazioni gravissime, da guerra civile, poi si smentisce; ci si dichiara depositari di orribili segreti, poi si va dai giudici per una visita di cortesia; il risultato deve cambiare.... ma che è ‘sta zuzzumaglia? Preferisco Moro e Berlinguer, preferisco anche Almirante. Normalità vuole anche dire che sia vietata qualsiasi ingerenza dello Stato sulla libertà delle Chiese e di tutte le coscienze e, altresì, che nulla sia l’influenza delle Chiese sulle Istituzioni, tutte, dello Stato. Siamo in Europa. I rapporti Stato-Chiese siano quelli normati nell’Europa, quindi niente regalie, prebende, privi-
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Inoltre negli Stati in questione esiste il cosiddetto reddito di cittadinanza, che non va confuso con il nostro assegno di disoccupazione né con la nostra cassa integrazione, pur trattandosi di un sussidio economico a favore di chi rimane senza lavoro o comunque non dispone delle risorse sufficienti per condurre un tenore di vita accettabile. La sua erogazione, infatti, non è sottoposta al giudizio discrezionale di alcun Ente pubblico o privato; non dipende dall’età, dall’attività lavorativa effettuata, dalla posizione sociale, dalla nazionalità o dal sesso; è un diritto che si acquisisce al momento della nascita: il diritto all’inclusione sociale, alle pari opportunità, alla cittadinanza attiva. I criteri di accessibilità sono universali ed incondizionati, e si basano su un unico requisito: avere un reddito personale al di sotto degli standard previsti, cosicché niente e nessuno possa trasformare l’assistenza sociale in uno strumento di potere nelle proprie mani. Ed è su questi elementi innovativi che, grazie ad una
proposta della Rosa nel Pugno, poi avallata dagli altri partiti dell’Unione, l’Umbria avvierà, insieme ad altre tre Regioni, la sperimentazione di un progetto che appare tanto ambizioso. Ambizioso per la competenza che le nostre Amministrazioni locali dovranno dimostrare nel saper attingere, dai serbatoi individuati, le risorse necessarie a mantenere l’impegno; ambizioso per la capacità richiesta alle Amministrazioni stesse di impedire che tali risorse vadano in pasto a quanti navigano nel lavoro sommerso. E se in altri Paesi tutto ciò è normale, personalmente mi rifiuto di unirmi a quelle voci disfattiste, e purtroppo diffuse, secondo le quali dalle nostre parti evitare gli sprechi ed effettuare controlli efficaci sarebbe un’impresa impossibile. Anzi, per dirla tutta, credo che la vera rovina dell’Italia sia proprio la gente che la pensa così, ovvero la gente che di fronte alle ingiustizie e all’illegalità non trova meglio da fare che rassegnarsi in silenzio. R. Trequattrini
legi, affari. E’ così che si rispetta la religione ed il credente, quello autentico, fiero della propria intimissima appartenenza. Preferisco dignità, chiarezza e scienza, non questua, torbidume e dogma. Un vantaggio, le elezioni, l’hanno però apportato: ora vediamo palesemente chi è per la democrazia e chi per la sua negazione... constatiamo che c’è chi non può ammettere di aver perso perché, forse, non gli è consentito perdere. Si capisce bene, adesso, perché siano stati infamati milioni di cittadini con l’accusa, implicita, di essere complici dei bollitori di bambini, o perché siano stati bollati come idioti a tutto tondo o massacratori delle libertà individuali. Chi lo ha fatto oggi canta Andiamo via (di Berlusconi e Apicella) e va in giro con il piattino. Allegria, socievolezza e simpatia non c’entrano, come si vorrebbe dare a vedere. Si tratta di grossolanità, quella dei sensali unti ed untuosi, capa-
ci di prendere la caparra su tutto e di dare caparra a tutti. La vittoria dell’Unione, pure risicata, con un futuro da brivido, permette a tutti i cittadini in possesso di discernimento di rendersi chiaramente conto di chi è davvero contro le libertà degli altri. Impegniamoci tutti allora per restituire serenità e normalità a questo martoriato paese. Per la civiltà dobbiamo avere pazienza, ma, con meno televisione, più libri e più scienza, forse anch’essa un giorno arriverà. G. Raspetti
PRIVILEGIO Documento che il Sovrano o il Pontefice, emettevano, nel medioevo, per la concessione - donazione di diritti o prerogative, per immunità o per esenzione da tributi. Dal latino privilegiu(m), legge eccezionale, che cioè riguarda una singola persona o un singolo gruppo, è composto da privus, singolo, isolato e da un derivato di lex, legis, legge. Possiamo dunque riassumere in: vantaggio concesso in favore di uno o di pochi, di cui si gode a esclusione degli altri e contro il diritto comune.
DIO E IL DENARO
Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona. Matteo, cap 6, 24 Si è cristiani se si sguazza nel denaro e nei privilegi? E allora, molti sontuosi cattolici cosa sono? Non certo seguaci del Vangelo...!
La Calce S. Pellegrino è attenta alle problematiche ambientali Il trattamento di igienizzazione dei fanghi biologici con calce
I processi di depurazione delle acque reflue urbane e di particolari settori industriali (agroalimentare, zootecnico, lattiero-caseario, dolciario, cartotecnico, ecc.) generano come sotto-
prodotto fanghi biologici che, invece di essere collocati in discarica, possono essere riutilizzati in agricoltura per i benefici che apportano ai terreni e per le loro proprietà ammendanti
Fanghi trattati con calce Possibilità di recupero in agricoltura Consolidamento del fango (minor contenuto di acqua) Maggior facilità nella movimentazione e nello stoccaggio Possibili risparmi sui costi di smaltimento Inattivazione dei processi di decomposizione Sensibile riduzione dei cattivi odori Igienizzazione e sanificazione Possibilità di stoccaggi prolungati in sicurezza
e fertilizzanti. Questi fanghi, così importanti per l’ambiente e per l’agricoltura, possono però comportare anche dei rischi per l’ambiente a causa della possibile presenza di agenti patogeni (ad esempio batteri e virus). Per ridurre i rischi, i fanghi possono essere trattati con la calce prima di essere riutilizzati in agricoltura, in modo tale da ottenere un prodotto completamente sicuro, stabile e igienizzato, facilmente gestibile dagli operatori del settore. La calce, del resto, è un prodotto naturale ed è da sempre utilizzata in agricoltura per correggere alcune proprietà chimiche dei terreni, rendendoli più adatti alle diverse colture, e per favorire la disponibilità di elementi nutritivi (come il calcio e il magnesio) alle colture stesse. Il trattamento con la calce è riconosciuto e approvato anche a livello normativo e legislativo quale semplice strumento per ottenere un fango stabile e igienizzato, al pari di soluzioni più complesse e costose. Ma come avviene il trattamento? Il processo si basa sull’utilizzo di calce viva sotto forma di polvere fine o granuli che, a contatto con l’acqua contenuta nei fanghi, si trasforma in calce idrata. Il risultato di questa reazione chimica è un repentino aumento del pH e della temperatura del fango, grazie al quale si eliminano gli organismi patogeni in esso contenuti. Il fango trattato a calce può essere utilizzato su tutti i terreni, poiché sono suffi-
cienti quantitativi estremamente ridotti di calce, che quindi non alterano la natura del terreno, per ottenere eccellenti risultati. Inoltre, le caratteristiche acquisite dal fango trattato con calce sono mantenute nel tempo e questo permette di poter stoccare il materiale a lungo senza rischi per gli operatori e per la popolazione limitrofa. Da un punto di vista pratico, il trattamento si effettua con una semplice miscelazione dei fanghi biologici con la calce in apposite macchine o in impianti più semplici, come le coclee di estrazione dei fanghi. In sintesi, il processo offre indubbi vantaggi per i produttori e gli utilizzatori dei fanghi, come riassunto nella tabella a fianco. Calce S. Pellegrino, che fa parte del Gruppo UNICALCE, leader nazionale nella produzione di calce, si è dedicata a lungo allo studio e all’approfondimento di questo processo e dispone di prodotti dedicati per questa applicazione e di una esperienza decennale maturata attraverso prove, sperimentazioni e applicazioni continuative presso impianti di depurazione consortili e industriali. I tecnici di Calce S. Pellegrino - Gruppo UNICALCE sono in grado di consigliare il tipo di calce più corretto per effettuare il trattamento, basandosi anche su prove sperimentali con impianti pilota, condotte presso i clienti, per la messa a punto e l’ottimizzazione del trattamento.
Calce S. Pellegrino è parte importante del Gruppo Unicalce, azienda leader in Italia nella produzione della calce.
Premier è il prestigioso marchio commerciale della Calce S. Pellegrino S.p.A. Negli stabilimenti di Terni-Prisciano e Narni-Madonna Scoperta sono prodotti premiscelati di elevata qualità che soddisfano pienamente le diverse esigenze del mercato.
La certificazione EMAS, massimo riconoscimento ambientale per una realtà industriale, è un fiore all’occhiello della Calce S. Pellegrino. Produrre nel rispetto dell’ambiente, salvaguardare la salute degli operatori interni e dei clienti, lavorare per il futuro preservando le riserve naturali, ha portato Calce S. Pellegrino ad acquisisre una mentalità trasparente e moderna.
Direzione MKTG - R.S. UNICALCE
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Calce S. Pellegrino S.p.A.
Strada Amerina - 05036 Narni (TR) - Tel. 0744.75601 - 0744.756029 - www.unicalce.it - premier@unicalce.it Stab. Loc. Prisciano - 05100 Terni (TR) ! Stab. Loc. Madonna Scoperta - 05036 Narni (TR) ! Stab. Loc. Marmore - 05100 Terni (TR) Stab. Itri - 04020 Itri (LT) ! Stab. Loc. Contrada Lupini Palagiano - 74019 Taranto (TA)
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Uccidere come ideale
trato da altri. Qui io voglio osservarne un altro aspetto. E’ indubbio che se il motivo che ha mosso il braccio del fratricida non deriva né da odio né da interesse economico, è un motivo, ci piaccia o no ammetterlo, ideale. Fin troppo facile l’obiezione che nella fattispecie l’onore non c’entrava né punto né poco e che ogni donna fa i figli con chi le pare. Ma è dal punto di vista dell’omicida (e purtroppo anche di chi la pensa come lui: ma quanti sono? Finiranno mai?) che si trattava di un delitto d’onore. Il ragazzo s’è sentito in dovere di uccidere; e di uccidere una persona che amava. Ben sapendo di dovere per questo affrontare, a poco più di vent’anni, una detenzione destinata ad avere inevitabilmente sulla sua vita effetti devastanti. In altre parole (e sempre secondo la sua ottica): s’è sacrificato in nome di un principio giusto. E proprio qui sta il punto. La nostra è un’epoca in cui di sacrificio non vuole sentir parlare nessuno. Per quanto riguarda poi gli ideali, pare che chi per seguirli trascura i propri interessi debba essere considerato un coglione, parola e concetto espressi da chi ha rappresentato lo Stato fino a ieri e non è escluso lo rappresenterà ancora.
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I bravi cittadini quindi sono invitati a farsi i propri affari seguendo le leggi se proprio non riescono a eluderle, giacché lo stesso Presidente da un lato ha dato una mano depenalizzando il falso in bilancio, dall’altra ha poi detto chiaramente che con tutte le tasse che ci sono, chi le evade è degno di comprensione. Chi ritiene che l’Uomo sia qualcosa di più che una macchina da soldi, rifiuta tali becere ideologie, e si richiama a motivi non utilitaristici, ma ideali, si chiamino essi religione, socialismo, onestà o comunque li si voglia chiamare, purché ideali siano. Ma a questo punto deve constatare con indicibile disagio, di trovarsi a condividere tali ideali, a parte qualche setta fanatica più o meno pseudoreligiosa, con persone il contenuto dei cui ideali è tuttavia abominevole, né può essere in alcun modo condiviso. L’omicida ha dichiarato che il suo sacrificio restituirà alla sua famiglia il rispetto che rischiava di perdere. Se una tensione morale altrettanto forte sostenesse princìpi sociali o ideali politici, saremmo uno Stato governato benissimo e rispettato nel mondo. E certi figuri non potrebbero mai fare le loro truffaldine, mafiose carriere. V. Policreti
ripresenti la questione, frivola quanto si vuole, dello stile dialettico ed estetico con cui la politica uccide sé stessa. In questi anni ci siamo necessariamente abituati alle ripetute uscite teatrali più che istituzionali di chi era preposto a rappresentarci in Italia e nel mondo ed abbiamo recepito e ricordiamo (spero) le battute goliardico-naziste, l’adozione di una gestualità che ha più della Commedia dell’Arte che della politica, le sfilate in t-shirt di qualche ministro, le canzoni di Apicella ed una serie infinita di altre piccole e grandi oscenità linguistiche. La nostra familiarità con questo nuovo modo di fare politica dipende in verità da un leggero e significativo transfert a cui ci siamo sottoposti irrazionalmente, secondo cui
L’attore politico ha valore il modo con cui si dicono le cose piuttosto che la sostanza ontologica delle cose dette e così ciò che rimane della politica è un mero spettacolino teatrale, di secondo ordine. Il linguaggio e l’arte dell’attore, che da sempre convivono con l’arte oratoria propria della politica, hanno però cominciato a fondersi e confondersi tanto che non capiamo più quando è spettacolo e quando è verità, quando recita un attore medio da fiction e quando parla alla nazione un rappresentante del popolo, quando ci appassioniamo all’intreccio di una commedia e quando invece ci stanno parlando di riforme istituzionali. La trappola
della commistione inventata e promossa da una certa parte politica ci ha dunque resi prigionieri di un sistema di ricezione delle informazioni nuovo, più spettacolare e per questo senza dubbio più avvincente. Ma quel meccanismo di persuasione ha reso ridicoli ancor più proprio gli attori, che avrebbero invece dovuto governare lo svolgimento della commedia: il cornuto magnifico s’è ritrovato davvero ad essere cornuto acconsentendo al gioco delle parti con cui avrebbe dovuto, al contrario, soggiogare gli altri. È così che una legge elettorale strutturata e promulgata per poter vincere le elezioni ha prodotto - coup de théâtre! - il risultato inverso: l’accanimento è il risultato dell’incapacità dell’attore. C. Pani
La tolleranza è... come il vento! essendo egli frutto, più o meno maturo, dell’opera educatrice esercitata dalla società attraverso le sue cellule elementari (famiglia, scuola, ecc.), corra comunque il rischio di adeguarsi, conformarsi, assuefarsi ai valori reputati idonei a mantenere la stabilità sociale, anche se spesso non lo sono. Così ogni spinta che potrebbe influenzare tale presunto equilibrio, fa scattare la molla della intolleranza, della persecuzione, della scomunica, dell’espulsione dal gruppo, dell’isolamento. Per cui persone sane, in termini di crescita umana ed emancipate, in termini di acquisizione intellettuale, vengono emarginate solo perché osano smuovere le acque stagnanti che tanto piacciono ai regolatori del vivere civile, i quali non considerano che una società intollerante verso ciò che paventa possa incidere sull’esercizio del potere, pur se favorevole all’individuo, è una società malata. Allora, quale contributo possiamo dare perché
si rimetta in salute?! Senza dubbio lasciando parlare e ascoltando coloro che sviluppano ragionamenti esenti da implicazioni dogmatiche, localistiche, ideologiche, razziali e religiose, perché solo chi non si fa dominare dai potenti e non ama dominare gli inermi, chi non ha vincoli di appartenenza o di ubbidienza, è veramente disposto a scoprire il valore assoluto dell’individuo ed a superare gli angusti limiti della società in cui vive, criticandone le incongruenze. Purtroppo per noi, però, l’attualità ci rimanda, in proposito, segnali negativi, in quanto la compagine che ha vinto le elezioni e che catalizza la nostra attenzione in quanto deputata a governarci per i prossimi anni, pare piuttosto viaggiare verso quella idea di tolleranza impropria di cui al nostro incipit. Così privilegia l’accettazione verso coloro che hanno scelto una causa e l’hanno divinizzata, assoggettandosi ottusamente ad essa, oppure l’acquiescenza verso coloro che si considerano
portatori di verità assolute. Agli altri, ai pochi liberi da attaccamenti e radicamenti simbiotici, i quali perseguono solo l’interesse generale quando cercano di spostare gli equilibri di una società squilibrata, sono riservate, a giorni alterni, la sopportazione o la concessione, del tipo: guarda come sono generoso e democratico…ti faccio parlare anche se dici .....ate! Ma la storia del mondo insegna che i comportamenti intolleranti verso i compagni di viaggio, non fanno l’interesse del paese e non portano comunque da nessuna parte. S. Tomassini
Energie rinnovabili: tra il dire e il fare... E’ tuttavia opportuno chiarire fin d’ora che su scala planetaria non esistono, in senso molto stretto, fonti infinitamente rinnovabili, sono però disponibili risorse di energia il cui tempo di esaurimento è talmente grande riferito alla scala dei tempi umani da essere definite rinnovabili in senso tecnico. Si è soliti suddividerle in: energia solare (termica e fotovoltaica), eolica, idraulica, geotermica, marina (correnti e moto ondoso) e da biomassa (relativa a tutto ciò che ha matrice organica), …anche se a pensarci bene è dalla prima, proprio dal Sole, che derivano tutte le altre! Dagli addetti ai lavori non viene considerata rinnovabile, sebbene non fossile, l’energia nucleare, che rientra, invece, nella categoria delle fonti alternative. Alternative o rinnovabili? Spesso si usano indistintamente le due diverse accezioni, ma in realtà con la prima si intendono tutte le modalità per ottenere energia elettrica fondamentalmente differente da quella ottenuta con l’utilizzo dei combustibili fossili. Un’importante caratteristica delle fonti rinnovabili è che esse presentano un impatto ambientale trascurabile, per quanto riguarda il rilascio di inquinanti nell’aria e nell’acqua; inoltre l’impegno di territorio, anche se vasto, è temporaneo e non provoca né effetti irreversibili, né richiede costosi processi di ripristino. La Comunità Europea finanzia ed incentiva, con programmi specifici, l’utilizzo delle energie rinnovabili e lo sviluppo delle tecnologie per il loro sfruttamento. Un progetto di particolare spessore, appositamente finanziato dalla Commissione Europea, è RENEW Transnet, che vede tra i partner internazionali anche la holding ternana Meta Group Srl. Il progetto ha l’obiettivo di sviluppare un’innovativa modalità di trasferimento tecnologico e di creare un network transnazionale di operatori, istituzionali e privati, del settore, per vincere la sfida della commercializzazione delle tecnologie e dei prodotti nel campo delle energie rinnovabili, coinvolgendo anche le piccole e medie imprese europee. Il modello di trasferimento tecnologico sotteso al progetto, è stato presentato in Italia anche nel corso dell’EXPO del Capitale Umano e dell’Innovazione 2006, tenutosi recentemente a Milano, contestualmente alla Conferenza organizzata dal Ministero per l’Ambiente su Energie rinnovabili nella regione mediterranea. Ciò che emerge è che, in realtà, più che di scoprire, si tratta di riscoprire e sviluppare ciò che già da tempo è stato inventato e rimasto trascurato e cristallizzato durante gli anni del petrolio facile. Oggi le fonti rinnovabili rappresentano circa il 20% nelle statistiche delle fonti di energia mondiali, con una netta prevalenza di biomasse
(quasi il 14%) e idraulica (il 6%). Va accennato che il contributo del solare per il riscaldamento e l’essiccamento e di molte biomasse, soprattutto nel Terzo Mondo, non viene in genere contabilizzato, in quanto difficilmente valutabile al di fuori dei normali circuiti commerciali. Nella Comunità Europea le energie rinnovabili contribuiscono per il 5,4% (circa 43 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio all’anno) alla copertura dei bisogni di energia primaria; le previsioni per i prossimi anni prevedono il raddoppio di tale contributo, cioè il 9,6% per il 2005, grazie soprattutto alle biomasse, ai biocarburanti, alla valorizzazione dei rifiuti urbani, all’energia eolica e alla minidraulica. La possibilità di sfruttare diverse fonti rinnovabili è oramai dimostrata. Restano ancora irrisolti problemi di efficienza e soprattutto economici. La produzione di energia da fonti rinnovabili presuppone costi che non sono, ad oggi, per nulla concorrenziali rispetto all’utilizzo dei combustibili tradizionali. Gli impianti occupano in molti casi grandi superfici (come molte wind farm o pannelli fotovoltaici) per ottenere solamente esigue quantità di energia. I costi elevati e la scarsa conoscenza delle opportunità esistenti per accedere a fondi comunitari contribuiscono a non far decollare il settore del rinnovabile in Italia. Per concludere, un paio di curiosità: in Giappone, in attesa di trovare la giusta strada e nell’intenzione di attenersi il più possibile al Protocollo di Kyoto, è stata promulgata una legge che obbliga i Ministeri e gli Enti pubblici a chiudere alle 20,00 della sera proprio per ridurre gli eventuali sprechi energetici…un vero dramma per i giapponesi, abituati a lavorare fino alle 22,00. Non solo, durante il periodo estivo un’altra legge obbliga gli uomini a recarsi in ufficio senza giacca, onde evitare di dover utilizzare i condizionatori e sanzioni esemplari in entrambi i casi sono previste per i trasgressori! Soluzioni un po’ bizzarre ai nostri occhi, ma che dimostrano comunque la volontà di raggiungere due importanti obiettivi, quelli della riduzione della dipendenza dal petrolio e della salvaguardia della salute del nostro pianeta… ancora molto lontani. A. Melasecche alessia.melasecche@libero.it
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scelgo, separo, decido e sta ad indicare un momento importante di cambiamento. Il concetto non ha dunque un significato negativo; rappresenta semplicemente un momento della vita in cui gli equilibri psichici precedenti ed i comportamenti ad essi collegati si rivelano non più adeguati per far fronte alla nuova situazione. Il risultato finale di questo processo di ri-adattamento è una posizione psicologica stabile che consente al giovane di assumere consapevolmente le responsabilità proprie dell’età adulta. Il disagio psichico nasce quando si sperimenta una intensa difficoltà collegata ad una forte sensazione di impotenza, in concomitanza ad una inadeguatezza (effettiva o comunque percepita dal giovane) del proprio ambiente socio-affettivo nel portare un contributo alla soluzione del problema. È dunque da respingere l’idea che tende ad attribuire in modo generico un disagio all’intera condizione giovanile, come se tutti i giovani fossero vittime o comunque a rischio di una qualche sofferenza psicologica o disadattamento sociale. Attribuire alla famiglia, come viene spesso fatto, la responsabilità del disagio e delle sue eventuali conseguenze rappresenta una soluzione quantomeno sbrigativa. Alla base di questa crisi sta invece la perdita di due punti di riferimento essenziali per lo sviluppo personale dei giovani: i concetti di Tempo e di Limite. Il primo è soffocato dall’affermarsi dell’ideologia del consumo che dall’ambito economico ha invaso la cultura e la logica delle relazioni interpersonali, contaminandole. Tutto deve essere consumato, anche le amicizie, gli amori, ogni tipo di relazione. Tutto senza perdere tempo, senza poter aspettare che si sviluppino i necessari coinvolgimenti emozionali, come se si trattasse di estrarre una cocacola dal frigo e berla d’un fiato senza nemmeno sentirne il sapore, come scrive lo psichiatra Paolo Crepet. Il Tempo, che, solo, consente la conoscenza profonda dell’oggi, l’attualità della memoria, la possibilità di progettare il futuro. Un altro grande assente nel mondo di oggi è il concetto di Limite. Il filosofo e psicoanalista Umberto Galimberti segnala come si sia passati dalla dicotomia
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norma/trasgressione che governava l’adattamento dei giovani e il maturare degli adulti negli anni passati, alla dicotomia possibile/ impossibile, tipica del mondo di oggi. La prima presupponeva il riconoscimento del ruolo degli adulti come trasmettitori di valori culturali, anche attraverso la contestazione del loro potere e della validità dei loro valori. Il riconoscimento rendeva possibile una negoziazione tra giovani e adulti e una riscrittura delle regole sociali, in un costante aggiornamento della dialettica tra permesso e vietato che definiva ogni volta il limite tra l’uno e l’altro. Oggi, invece tutto si gioca sull’essere sufficiente o insufficiente in relazione alle attese altrui, le quali costituiscono la principale misura di sé di ogni adolescente. Il prezzo da pagare all’insufficienza non è più il contrasto con gli adulti, ma il fallimento di se stesso. Il giovane, infatti, non si chiede più ho il diritto di fare?, ma piuttosto si domanda sono in grado di fare?, dove troppo spesso saper fare, come scrive Galimberti, consiste nello spingere a tutto gas il possibile fino al limite dell’impossibile. Poiché avere una identità stabile significa, in parole povere, la certezza di essere qualcuno e quindi di non-essere qualcun altro, si può facilmente immaginare cosa questo possa significare per chi questa stabile certezza deve conquistare, vivere in un ambiente che non definisce il limite tra questo e quello, tra permesso e vietato, tra un soggetto e il resto del mondo. Non riuscire ad uscire dallo stallo del disagio può portare il giovane ad una diffusione dell’identità (come la chiama lo psicoanalista Erik Erikson) che si traduce nella classica patologia psichica di tipo affettivo-emotivo (ansia, depressione, ecc.) o in tentativi di recupero del controllo su di sé e sull’ambiente, che sono alla base di problematiche relative
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ai disturbi alimentari (il disturbo d’esordio per i giovani è quasi sempre l’anoressia: controllo del cibo come forma di controllo di sé e dell’ambiente). Altre possibili soluzioni sono rappresentate da fughe dalla realtà, come l’uso di sostanze e come i nuovi problemi legati all’eccessivo uso del computer, o dal tentativo di costruirsi comunque un’identità sociale, anche se negativa, con la conseguente messa in atto di comportamenti antisociali o devianti. In questo quadro cosa concludere? I giovani d’oggi saranno anche viziati e avranno più cose e più facilmente rispetto a quanto avevano gli adolescenti di ieri, ma visto che quegli adolescenti sono gli adulti di oggi, di cui i giovani hanno ancora un gran bisogno come interlocutori, forse, più che gridare vendetta per la sperequazione patita e chiamarsi fuori dal problema, può essere utile cercare nuove strade di cura (nel senso di prendersi affettivamente cura), non delegando tutto ai servizi sanitari o alle forze dell’ordine. Perché? Perché, per dirla con un vecchio slogan pubblicitario, se gli adulti daranno ai giovani un domani, i giovani potranno dare a tutti un mondo migliore. E di un mondo migliore ce n’è proprio un gran bisogno! M. Bechi Gabrielli m.bechigabrielli@fastwebnet.it
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Mi sono posta la domanda: cos’è il benessere? La prima risposta che mi è balzata alla mente lo collegava ai soldi. Poi ho riflettuto ed ho scoperto che ero in grado di far funzionare il mio cervello, che spesso va in blocco, e che avevo dato una risposta stupida e sbagliata. Voglio provare a farvi seguire il mio ragionamento che è partito dalla definizione delle tre, comunemente accettate, concezioni fondamentali dello Stato. Esiste la concezione organicistica dello Stato che sostiene la superiorità dello stesso sull’uomo. Secondo tale tesi lo Stato è indipendente dagli individui e precedente ad essi; è un’entità perfetta che vive di supremazia assoluta, dove il bene della collettività schiavizza il singolo. Segue la concezione contrattualistica nella quale ruolo predominante assume l’opera umana; lo Stato diviene il frutto dell’opera degli individui che, attraverso convenzioni, creano diritti e doveri dei singoli rispetto alla collettività. Infine la concezione formalistica che vede lo Stato come una società politicamente organizzata, in quanto comunità costituita da un ordinamento coercitivo da identificarsi nel diritto (Kelsen). La negatività di quest’ultima teoria consiste nella carenza di diversità fra i vari ordinamenti giuridici; non
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permette di distinguere le varie forme, accomunando lo Stato assolutistico allo Stato liberale, lo Stato totalitario a quello democratico, togliendo allo Stato stesso la sua funzione primaria di garante dei diritti inalienabili dell’individuo. Lo Stato moderno è caratterizzato dalla distinzione fra poteri privati e poteri pubblici. Purtroppo in alcuni periodi storici, soprattutto a seguito dell’industrializzazione, i poteri pubblici hanno sovrastato i poteri privati portandoci alle guerre del 900 e all’affermarsi dello Stato totalitario. Ora l’enorme cambiamento culturale ed economico subìto dalla nostra società ha portato ad una trasmutazione delle vecchie regole morali e comportamentali, volte alla ricerca spasmodica di successo e benessere economico. Esiste la convinzione che chiunque possa arricchirsi e che la disponibilità economica sia l’unico parametro sul quale misurare i risultati. Questa tendenza è riscontrabile anche nella gestione dello Stato: si esaurisce lo Stato etico ed emerge lo Stato di mercato. Il problema è che nello Stato etico l’organizzazione sociale è determinata dalle regole, uguali per tutti, mentre nello Stato di mercato tutto si basa sugli scambi economici, cioè appunto sul mercato.
Lo Stato di mercato esalta la compenetrazione tra leadership economica e leadership politica; la prima chiede alla seconda la garanzia di profitti e prosperità, cosìcché lo Stato non è più il garante degli interessi di tutti, ma solo di interessi minori. Per capirci è quello che accadde nelle repubbliche marinare medioevali, dove la società era divisa in arti e mestieri e a comandare erano le classi più ricche che, ovviamente, puntavano ad accrescere solo se stesse. La storia ha dimostrato che il miglioramento delle condizioni individuali di tutti crea le condizioni culturali ed economiche per rafforzare le istituzioni democratiche. Far prevalere solo alcuni gruppi economici demolisce lo Stato e azzera la democrazia. È altresì vero che il mercato non può essere lasciato senza regole perché crollerebbe. Lo Stato necessita di regole chiare che proteggano innanzitutto la libertà e in secondo luogo il benessere economico. Saranno queste regole a dare il vero benessere, la prosperità universale e onnicomprensiva. Riconosco che la mia formazione giuridica rende il mio giudizio parziale, ma non riesco ad immaginare altra via atta a farci raggiungere la sanità mentale e fisica. Di fronte alle innumerevoli problematiche sociali presenti nella nostra collettività, i cittadini hanno una percezione del benessere molto confusa, la sfida di domani consisterà nel fare politiche tendenti alla qualità della vita, così da dimostrare che non sono i soldi la soluzione di tutti i mali. Non intendo fare retorica, ma ricordare di tanto in tanto che ci hanno preceduto anni di dure lotte, a volte sfociate in guerre armate, fatte per migliorare il nostro status sociale e non economico. Il nostro stile di vita è la conseguenza di leggi lungimiranti e non di improbabili successi imprenditoriali. Serena Battisti
A r m a d i c o m e scatole intelligenti
Spesso si ritiene che per risolvere i problemi di spazio si dovrebbe andare a vivere in una casa più grande. Spesso però si trascura che la funzionalità della casa non è solo una questione di metri quadrati in più o in meno. E’ anche un fatto di organizzazione legato alla disponibilità di attrezzature appropriate. L’armadio costituisce sicuramente il mobile fondamentale della casa, amico dell’ordine e della funzionalità. Oggi i negozi qualificati di arredamento propongono sistemi di armadi ad alta versatilità, in grado di strutturarsi per assecondare ogni esigenza del contenere. Armadi come scatole intelligenti: dietro superfici belle e preziose, interni razionali e sofisticati pensati per contenere, ordinare, proteggere. Il vostro arredatore è
in grado di progettare al centimetro oggetti di qualità, giocando con forme, colori e materiali, così distintivi da lasciare un segno negli ambienti che li ospitano. Un discorso a parte va fatto per la cabina armadio, che si propone come una soluzione di grande funzionalità e praticità, sempre più diffusa. Con i suoi pannelli a boiserie, le innumerevoli attrezzature che spaziano dai ripiani alle panche luminose, dalle cassettiere sospese ai porta-pantaloni… costruita a misura in altezza ed in larghezza, chiusa da ante scorrevoli o con apertura a libro, consente di avere un panorama infinito di possibilità. Tutto all’insegna della bellezza e della versatilità per una casa sempre più comoda e funzionale. Sandra Profili
LA PAGINA www.lapagina.info
Mensile di attualità e cultura
R egistrazion e n. 9 de l 1 2 no v e mbre 2 0 0 2 pre s s o il Tr ibuna le di Te r ni D irezione e R e da z io ne : Te r ni Via C a r bo na r io 5 , te l e fa x 0 7 4 4 . 5 9 8 3 8 Tipo g r a fia : U mbr ia g r a f - Te r ni A c ur a d e ll’A s s o c ia z io ne C ultur a le F r e e Wo r d s
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La Provincia di Terni per la cultura
Un progetto p e r r e g a l o Il Cantamaggio Ternano compie 110 anni. Parliamo degli anni registrati naturalmente, perché gli altri li ha trascorsi libero nei secoli e nei millenni di primavera in primavera. E’ il 30 aprile del 1896 quando le luci di un arburittu accese da un poeta, accompagnato da amici musicisti, illuminano la campagna ternana. Negli anni a seguire, sempre il 30 di aprile altri poeti e altri musicisti portano ancora luci nelle campagne odorose e riempiono i cuori dei contadini di versi e melodie d’amore e ne ricevono in cambio uova simbolo di procreazione e vino augurale. Il Cantamaggio nasce come poesia. Ma le luci non paghe di illuminare la campagna si spostano anche in città e salgono su carri trainati dove scene di vita agreste sono ricreate da artisti ispirati e dove cantori mai stanchi proseguono a cantar maggio e a ricevere altre ceste di uova e altri bicchieri di vino. Le campagna e la città si fondono e festeggiano insieme la rigenerazione, l’amore, la poesia. Ai poeti, ai musicisti, agli artisti si uniscono poi gli artigiani, gli operai, gli studenti e sempre più donne e bambini. La folla in attesa lungo le vie cittadine è sempre più numerosa e la sfilata dei carri sempre più ricca anno dopo anno. I carri diventano, pian piano, il palcoscenico della vita grazie all’allegoria della primavera. E gli umori della città, i sentimenti della gente salgono sul carro che ne diventa interprete, che li condivide e li mostra con gioiosa allegria, talvolta con ironia bonaria e sempre con l’ottimismo del giorno della festa.
Foto di Franco Cervelli
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E proprio a questo giorno propiziatorio la città vuole rendere omaggio nell’anno del suo 110° anniversario. Far festa ad una festa non è cosa facile, ma ora il regalo è scelto, va soltanto confezionato con cura ed offerto con gioia da tutti, maggiaioli e non. E’ leggero, è scritto in poche pagine, è la realizzazione di un sogno come il carro stesso. Un progetto per esprimere gratitudine e per augurare una lunga vita di successo. Una festa che vive così da lungo tempo, senza cedimenti, tranne lo stop imposto per le leggi speciali del fascismo e le due guerre mondiali, in un secolo così articolato e problematico come il Novecento, avrà qualcosa di veramente speciale. Ciò che ci è più vicino spesso ci sfugge, ma il Cantamaggio ternano sembra proprio possedere tutte le caratteristiche che la legge dello Stato italiano richiede per essere considerato bene culturale e che l’Unesco invita a salvaguardare come attività viventi. Il passaggio da patrimonio etnoantropologico a impresa può essere percorribile e quale opportunità per la città e per la sua gente che lo desidera da lungo tempo! E poi ancora l’uso di dedicare alla dea madre riti ancestrali simili in Italia e in Europa, dove le Floralia possono essere a ragione considerate un possibile antecedente del Cantamaggio ternano, apre ulteriori nuovi orizzonti per una ricerca europea di genere e offre elementi per un progetto integrato di comunicazione sia come tutela del bene sia come sfruttamento della risorsa. Il grande potenziale di mediazione simbolica del carro, con gli archetipi in gioco non può non orientare le politiche
intorno alla festa. Tradizione e innovazione in prospettiva multiculturale. Che bello! Il progetto-regalo si espande su tre aree, l’area di ricerca e studi storico-sociali di genere, poi l’area dell’evento e della comunicazione e infine l’area della scuola e della formazione. Ogni area è affollata di idee sognate in tante notti di primavera e articolate in giorni di tiepido sole per fare del Cantamaggio ternano un work in progress che impegni la durata dell’anno intero per esplodere in un grande evento per tutto il mese di maggio. Un mese di festa in città che inizi con la grande sfilata dei carri allegorici la sera del 30 aprile e si chiuda magari a Carsulae in una notte magica illuminata da tanti arburitti. L’Ente Cantamaggio Ternano crede nella festa che è chiamato a tutelare e nel progetto di riconoscimento e rinnovamento che vuol regalarle, ma ha bisogno di condivisione e si rivolge così alle istituzioni, alle associazioni, alle scuole, all’università, alle fabbriche, alla stampa e a tutte le cittadine e i cittadini per ricreare insieme il Cantamaggio del terzo millennio. Già in questa edizione 2006 c’è qualcosa di nuovo e alla sfilata dei carri del 30 aprile e alla Città del Maggio ai giardini pubblici La passeggiata e alla bct in Piazza della Repubblica e alla Pinacoteca comunale in Via del Teatro romano e in Piazza della Repubblica ...tutto a Terni naturalmente. Aspettiamo tutti, aperti alle vostre proposte e per arrivare al Bit e poi in Europa e, perché no, in Asia e nel mondo per poi ospitare tutti a Terni nel nostro maggio in fiore. Giuliana Orsini Cervelli
Alla sfilata dei carri fuori concorso, oltre al carro de lu Riacciu e a quello dei Precari, c’è il carro degli Indiani con Primavera in Punjab, accompagnato da un balletto dedicato alla primavera da giovani indiani residenti a Terni. CITTA’ del MAGGIO dal 5 maggio al 21, oltre agli spettacoli pomeridiani e serali e alla taverna di cucina tipica ci saranno: - La mostra Sfarfalleggiando di Leone Camardese e Daniela Rogani - Il Cantamaggio ternano in mostra fotografica 19481959 a cura di Giuseppe Capiato e Giuliana Orsini Cervelli - La mostra dell’artigiano Roberto Gentileschi - Holi, La festa dei colori indiana il 13 maggio alle ore 16.30 BCT - In biblionight Lucilla Galeazzi presenta Amore e Acciaio (data e orario da definire) - Convegno Le tradizioni popolari in una città postindustriale - relatore prof. Massimo Canevacci dell’Università La Sapienza di Roma - il 18 maggio. Verrà presentato il film-documentario sul Cantamaggio Ternano 1945-1959.
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La Provincia di Terni per la cultura
Holi, la festa dei colori
- La mostra I carri vestiti da Marcello Camorani nella chiostrina con esposizione del relativo catalogo curato dalla BCT e ECT, dal 14 al 21 maggio PINACOTECA COMUNALE
- La mostra Cum’era, disegni di Augusto De Santis per le poesie di Pietro Lanfiuti Baldi dal 29 aprile al 14 maggio - Ottoni di maggio dell’Istituto Briccialdi, diretto da Andrea Di Mario, il 26 maggio alle ore 21 presso il Cortile di Palazzo Spada. Per la 110° edizione del Cantamaggio, maggiaioli ternani e indiani si incontreranno nella città del maggio ai giardini pubblici La passeggiata per la festa dei colori. Uomini e donne si sfideranno in una battaglia di acqua e polveri colorate. Iscrizioni aperte a tutti/e. Un consiglio: vestitevi di bianco o indossate un impermeabile usa e getta o, meglio, tutti e due insieme perché, alla fine della festa, non dobbiate avere di che recriminare, vestito buono da buttare o che. Lasciate a casa pregiudizi, bombolette spray, oggetti contundenti e articoli da sballo. E’una baraonda di pace: la non violenza è d’obbligo.
Accompagnare e assicurare il passaggio dall’inverno alla primavera senza inconvenienti sembra essere stato una sorta di marketing primitivo globale per ottenere dalla natura un buon risultato economico. All’uomo serviva che gli animali si moltiplicassero, che frutti e cereali maturassero, che la pioggia cadesse, che il sole risplendesse, che il cielo non si abbattesse sulla terra. Molti pensarono che fosse indispensabile procurarsi la benevolenza delle forze che governavano l’universo. Ogni civiltà, poi, si organizzò come meglio credeva. Almeno, finché le fu possibile. Luci, suoni, colori, profumi, movimento, Holi è la festa di primavera dell’India del nord che coincide con la luna piena del mese di Phalguna (febbraio-marzo). I miti di Holi sono coloratissimi, come Holi stessa che non a caso è conosciuta in tutto il mondo come la festa dei colori. Holi significa ardente. Nell’epopea puranica, Holika era una divinità malvagia invincibile al fuoco, sorella di Hiranyakashipu, terribile re demone tanto ambizioso da contendere il potere a Visnù, signore dell’universo. Il fattaccio avvenne quando Hiranyakashipu venne a scoprire che il figlio Prahlad mostrava propensioni devozionali proprio verso Visnù. Fratello e sorella, allora, ordirono un piano. Allestirono una pira, la incendiarono e Holika vi si sedette sopra con Prahlad in braccio perché bruciasse vivo. Visnù, però, commosso dalla devozione di Prahlad, lo salvò facendo invece incendiare la perfida Holika e morire il pessimo Hiranyakashipu. In Holi, dunque, la tradizione di bruciare sterpi o saltare suoi fuochi, starebbe a simbolizzare l’uccisione di Holika ovve-
ro il trionfo della buona stagione sulla cattiva, della luce sulle tenebre e, per traslato, del bene sul male, visto che è proprio Holika a tenere prigioniera la natura durante l’inverno. Holi, inoltre, è anche l’occasione per annientare le orchesse come Pootana e Dundhi che si divertivano ad atterrire i bambini. Pootana, sotto le mentite spoglie di una pia donna, un tempo stava quasi per uccidere il piccolo Krishna dandogli da bere del latte avvelenato ma, sfortunatamente per lei, il piccolo riuscì a smascherarla e fu lei a morire. Dundhi, pressochè immortale per gentile concessione di Shiva, rimase praticamente invincibile finchè non si seppe che per ucciderla bastava il baccano dei ragazzini. E’ per questo che durante Holi, da allora, i ragazzi sono soliti uscire a frotte per le strade ridendo e schiamazzando e dando un po’ di matto, girando attorno ai fuochi dove si brucia l’effige delle orchesse, danzando, cantando e battendo forte le mani. Nel ciclo della vita, per gli Indiani, la primavera è il momento in cui Kaamadeva, dio dell’amore, figlio del cielo e dell’inganno, colpisce le sue vittime. Armato di un arco di canna da zucchero sulla cui corda sono allineate api ronzanti, le sue frecce hanno una punta fatta di fiori e il suo tiro, dritto al cuore, non perdona. Lo stesso Shiva ne seppe qualcosa quando, ritiratosi in lunga meditazione dopo la morte della moglie Sati, mise nei guai la terra e rese pensierosi gli altri dei. Colpito dalla freccia di Kaamadeva, punto d’amore per Parvati, figlia della montagna, Shiva se ne ebbe però così a male che con lo sguardo del terzo occhio
incenerì il povero cupido indiano. Rati, compagna di Kamaadeva, provò a intercedere presso Shiva giustificandone l’ardire. Fu lei, infatti, a convincerlo a riportare in vita Kamaadeva, svelandogli che aveva agito su mandato di tutti gli dei, d’accordo che per il bene della terra Shiva dovesse sposarsi di nuovo. Anno dopo anno, da sempre, scacciato l’inverno, torna la primavera. Come in altre cerimonie relative al passaggio delle stagioni, in Holi da secoli si drammatizza l’idea ancestrale di morte e rigenerazione. In India è Krishna, con il suo magico flauto, ad attivare tutti gli elementi della natura. Note, in letteratura, sono le sue liaisons con le gopi, le divine pastorelle come Radha, bella come la luna piena. Sembra si debba proprio a Krishna mandriano l’introduzione in Holi della festa dei colori e a sua madre Yashoda la soluzione di uno dei primi problemi mondiali di integrazione razziale. Krishna, infatti, pur amando teneramente Radha, le invidiava un po’, lui così bluastro, la pelle diafana. La madre, allora, lo consigliò di spruzzare Radha di polveri colorate cosicché potesse assumere qualunque colore egli desiderasse. Evidentemente anche le gopi rivendicarono ad un certo punto per se stesse la medesima opportunità se la battaglia d’acqua e colori, rigorosamente vegetali, ancora oggi in molte regioni dell’India si combatte volentieri tra uomini e donne. Durante Holi, infatti, ogni differenza di religione, di casta, di censo e di genere una volta tanto viene annullata e tutti e tutte possono liberamente abbandonarsi alle schermaglie, ai profumi, alla musica, ai colori, alle emozioni, all’amore. Lorella Giulivi
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Don Giovanni: eros e libertà
Don Giovanni è un personaggio che ci turba, forse ci disturba: la sua amoralità, la sua disinibizione nell’affrontare le battaglie amorose senza curarsi né del consenso delle donne desiderate né degli ostacoli che gli attraversano la strada (due imprese inver leggiadre: sforzar la figlia ed ammazzare il padre canta Leporello) ci danno un disagio che in parte nascerà forse dal nostro senso morale; ma in parte nasce dalla nostra invidia di uomini impastoiati da mille remore morali, moralistiche, di costume, di norme scritte e non scritte. Anche noi desideriamo; ma poi, se siamo normali, di violentare la donna ammazzandone il padre che la difende, non ce la sentiamo e questo ci disturba perché vorremmo non farlo, ma per libera scelta e non per incapacità. Il Don Giovanni di Tirso da Molina e poi la sua rivisitazione di Molière restano infatti personaggi negativi, cui il Cielo (in Molière Dio non si nomina) perdona le scelleratezze, non l’ipocrisia. Ma Mozart stravolge completamente il personaggio il quale, ad onta dell’esecrazione dei comprimari (dedicata più alla censura imperiale che al pubblico) ci si presenta come la forza scatenata di un Eros dirompente e irrefrenabile: il Maschio a cui tutti gli uomini ambiscono e cui nessuno giunge; quel Maschio indomito e ingestibile che, appunto in quanto archetipo è, e non può che restare, una bella astrazione. In questo senso il Don Giovanni mozartiano è un potentissimo simbolo di libertà. Mozart, alla vigilia della Rivoluzione francese ne fa un personaggio che oggi definiremmo di sinistra in quanto supera le barriere sociali, eguagliando la nobiltà alla plebe; e lo fa esplodere in quell’inno Viva la libertà, nel finale del II atto, cui il suo librettista Da Ponte aveva dato tutt’altra connotazione. Quanto allo stupro (che sicuramente non è né mai fu di sinistra) in realtà esso non viene mai perpetrato, cosa che consente di mantenere il personaggio nel suo carattere
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libertario senza farlo scadere nella prevaricazione. La stessa uccisione del Commendatore avviene in quanto è costui ad insistere per battersi con Don Giovanni che vorrebbe risparmiarlo. Ma il punto più alto viene toccato proprio nel finale. Dove, per la morale bigotta del librettista Da Ponte, il seduttore - in linea con Tirso e Molière - dovrebbe essere punito dal Cielo per la sua dissolutezza, Mozart con un artificio musicale assolutamente geniale lo stravolge ancora. Il suo Don Giovanni non è una persona umana: è Eros, è il dio Pan e i moralismi delle donnette e degli ometti di tutte le epoche non lo toccano, così come non lo tocca l’amore, non a caso qui lasciato ad una figura musicalmente melensa come don Ottavio. Così ha vissuto, vinto (nessuna delle sue avventure avrà in realtà esito positivo), ma non domo, sempre pronto a ricominciare con la forza della sua libertaria, erotica identità. Forza che lo porterà nel finale a fronteggiare addirittura l’Eterno. Al Commendatore che lo esorta, quasi implorandolo, a pentirsi, Don Giovanni risponderà infatti un fermo, ripetuto No! Dopo avere affermato il proprio diritto alla libertà in faccia agli uomini, egli lo afferma alla fine in faccia a Dio, accettando, da uomo libero, l’inferno che l’essere libero comporta. Con la propria fine, voluta e accettata come da Socrate la cicuta, Don Giovanni dice, con voce che dal ‘700 giunge chiara e forte fino a noi, che la libertà ha un prezzo. Ma che non è Uomo chi non è disposto a pagarlo. Viene in mente la conclusione di Faust, giunto alla fine della propria odissea: nur der verdient sich freiheit wie das Leben der taeglich sie erobern muss. Ossia, nella bella traduzione di V. Errante: Merita libertà, merita vita / solamente colui che in ogni giorno / con aspra lotta conquistar le deve. Vincenzo Policreti
Giardini Pubblici La Passeggiata dal 5 al 21 maggio
Se scienza e tecnica finiscono in tribunale Giunto ormai a quasi vent’anni di attività, il Progetto Mandela continua a sensibilizzare in modo intelligente i ragazzi su tematiche di primaria importanza nella nostra epoca, cercando senza alcuna presunzione, ma con atteggiamento socratico, maieutico, di suscitare interrogativi cruciali offrendo alle singole coscienze la possibilità di risposte non univoche e assolute. Contrariamente a quanto vari tipi di confessionalismo vorrebbero dare ad intendere, il dramma del nostro tempo non è, infatti, costituito dal relativismo, che altro non è che il ricorso ad un sano criticismo, ma dall’arroganza di posizioni assolutistiche che non giovano di certo a sviluppare quel senso di tolleranza, rispetto e dialogo di cui nella società attuale si avverte il bisogno con sempre maggiore urgenza. Al centro dello spettacolo conclusivo del lavoro didattico di quest’anno c’è la ricerca scientifica, con i suoi risvolti positivi e negativi. Una ricerca i cui risultati richiedono sicuramente attenta valutazione ma che, in ogni caso, deve essere incentivata, valorizzata e non penalizzata come, purtroppo, accade nel nostro paese. Condotta sul filo dell’ironia, forse uno dei modi migliori per indurre a riflettere il pubblico giovanile, la rappresentazione messa in scena al Teatro Verdi di Terni, Obiezione vostro onore, ovvero dell’orrenda accusa a Scienza, spudoratamente trascinata in giudizio, si è fatta particolarmente apprezzare per la bravura degli interpreti, la vivacità del testo (scritto dai ragazzi del laboratorio di drammaturgia coordinato da Marcello Ricci e Irene Lösch), la convincente regia (Irene Lösch). Prigioniere in una gabbia, Scienza (Elisa Procida), con la sorella Tecnica (Vittoria Ratini), viene processata in un’aula di tribunale in cui grottescamente si avvicendano a testimoniare generali, studiosi, filosofi, una scimmia, la pecora, anzi le pecore, Dolly, le signore Chernobylova e Hiroshima, i signori
DNA e Alzheimer, un embrione. Si vuole appurare fino a che punto le due imputate abbiano commesso deviazioni e se l’effettiva responsabilità di atrocità che hanno macchiato la storia non debba piuttosto essere attribuita all’uomo e al suo uso distorto del progresso. La corte è composta dal pubblico ministero Freni (Donatella Calamita), dall’avvocato della difesa Liberati (Bruno Zeni) e da quello di parte civile, mons. Roghi (Luca Cresta) mentre la giuria da alcuni emblematici personaggi: un industriale, un robot, una donna fecondata artificialmente, un clone e un originale, una suora, un militare, Gandhi, Diogene, Giordano Bruno, un maiale, un medico, una casalinga, una figlia dei fiori, un futurista. Appare subito chiaro che un simile contesto surreale si presti ad affrontare con una certa, voluta, leggerezza argomenti estremamente gravi e scottanti. Ciò non sminuisce affatto la problematicità di fondo. I motti di spirito e i sorrisi strappati servono, infatti, a sottoporre alle nostre coscienze scelte drammatiche che riguardano il nostro presente e l’immediato futuro. Di proposito non vengono date risposte che, tuttavia, sono chiaramente sollecitate. Non a caso, il giudizio su Scienza e Tecnica resta sospeso e non potrebbe essere altrimenti. Né colpevoli, né innocenti, riusciranno infatti a scappare nel parapiglia generale come a lasciare liberamente a noi l’arduo verdetto. Lo spettacolo, è bene sottolinearlo, è stato dedicato alla memoria di Luca Coscioni, protagonista della battaglia per la libertà di cura e di ricerca scientifica, scomparso recentemente in giovane età, e a tutti i malati cui il fondamentalismo e l’oscurantismo, legati ad ipocriti tatticismi politici (si pensi all’esito infelice del referendum abrogativo della legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita), hanno finora concorso ad eludere concrete speranze di vita. Francesco Pullia
P o v e ro
Al seggio elettorale di Fornole (TR) il presidente di seggio designato, Franco Coppoli, ha rimosso il crocifisso consegnandolo alla Guardia di Finanza nella giornata di sabato 8 Aprile, esercitando il suo diritto/dovere di assicurarsi che nel seggio elettorale non siano presenti oggetti di alcun tipo che possano influenzare, anche in maniera indiretta, il voto di ogni cittadino. Questo diritto/dovere oltre ad essere sancito negli scritti del Testo Unico elettorale è stato ribadito anche da una sentenza della Corte di Cassazione del 1° Marzo 2000 che aveva dato piena ragione a Marcello Montagnana che si comportò, a Torino, in maniera del tutto analoga a quanto capitato nella nostra provincia. A questo precedente ora si va ad aggiungere la sentenza della Corte di Appello di Perugia che, nella mattina del 10 Aprile 2006, annullava l’ordinanza della sera precedente emessa dal prefetto di Terni di sostituire il presidente di seggio macchiatosi dell’aver compiuto tale gesto, poiché l’atto in oggetto, com’era del resto ovvio, non costituiva reato. Detto questo possiamo solo sorprenderci, da laici ingenui quali siamo, che questo simbolo religioso così caro a tanta gente venga sfruttato per meri fini di campagna elettorale (come se non fosse bastata la discesa in campo delle gerarchie vaticane nei mesi precedenti alle elezioni), per rompere il doveroso silenzio dei partiti nei momenti in cui avvengono le votazioni stesse. Preoccupanti in tal senso sono le minacce di denuncia ricevute da Franco Coppoli
C r i s t o . . . da parte di alcuni illustri esponenti dei partiti locali, che si sono evidentemente dimenticati che prima di denunciare qualcuno (sia pure soltanto a mezzo di dichiarazioni sulla carta stampata) sarebbe bene informarsi se questo abbia effettivamente commesso un reato. Sconcertanti invece, anche per un ateo come me, sono state le parole del nostro Vescovo Mons. Paglia, che oltre a gettare benzina sul fuoco e a dare sfoggio di citazioni legislative a casaccio (ha tra l’altro palesemente confuso le sentenze che riguardavano la permanenza del crocifisso nelle aule scolastiche con quelle riguardanti i seggi elettorali) ha dichiarato: Tale gesto, che nulla ha a che fare con la competizione elettorale, mostra inoltre una totale insensibilità per l’intera tradizione del nostro paese, colpendolo nel suo cuore religioso e nella sua profonda sensibilità culturale (commento preso dal sito www.diocesi.terni.it il 19 Aprile 2006 e rilasciato in data 10 Aprile 2006). Sconcertanti perché, pur essendo ateo, anch’io ho fatto catechismo in tenera età come tutti i bambini nella preparazione alla cosiddetta comunione e sinceramente sono rimasto molto sorpreso nell’apprendere che il cuore religioso del cattolicesimo è rappresentato da quel simbolo appeso alle pareti. Forse ricordo male, ma il buon Don Gianni, ci insegnava allora (sembra un secolo fa) che la fede, il suo fulcro, il suo significato più profondo, risiedono all’interno di ognuno di noi... ma evidentemente i tempi sono molto cambiati e la paura di perdere fedeli è cosi grande che l’ostentazione dei simboli è diventata molto più importante della fede interiore. Povero Cristo, usato come una clava per la competizione elettorale e come uno scudo contro le invasioni barbariche, non sono un tuo fedele ma mi dispiace lo stesso per te. Alessandro Chiometti Ass. Culturale Civiltà Laica www.civiltalaica.it info@civiltalaica.it tel. 348-4088638
La tragedia fotografata dal telefonino Si fotografa per fermare un ricordo, per rubare uno scorcio, oppure si fotografa in preda ad un impulso non meglio specificato, su cui si stanno arrovellando i poliziotti di Asti. Nella tranquilla città piemontese una donna, dopo l’ennesima lite con il marito, si getta dalla finestra e finisce infilzata nella cancellata del condominio. Quando la volante della polizia arriva sul posto, si trova davanti una scena ben più inquietante di quella che si aspettava: un gruppo di ragazzini, con il braccio teso a mezz’aria, sta fotografando con il telefonino il corpo infilzato. I poliziotti li fermano e gli chiedono di cancellare le foto, ma qualcuno l’ha già inviata ad un amico o l’ha ben nascosta nella memoria del telefonino. Purtroppo - dice il questore - accade di frequente, soprattutto quando ci sono gli incidenti stradali, chi passa scatta una foto con il telefonino, poi la manda ad un amico o, peggio ancora, la mette in Internet. A tarda sera, arriva in Questura una ragazzina, pentita del suo gesto, che consegna le foto che aveva abilmente conservato nel telefonino. Come mai la visione di una morte così atroce non suscita in questi adolescenti nessuna emozione forte, ma solo curiosità? Bisogna considerare che, se si vede un cadavere in mezzo alla strada, ci si sente turbati, ma quello stesso corpo visto in fotografia o in un filmato, non fa lo stesso effetto, perché siamo talmente saturi di visioni multimediali che un’immagine riprodotta non scandalizza, non spaventa, non rende il senso di quello che è successo; potremmo dire che non è esperienza, ma visione, non è una cosa che vivi sulla tua pelle e ti rimane, ma una cosa che osservi e non ti tocca. Chi ha fotografato il corpo della donna infilzata ha trasformato la visione diretta della tragedia in una visione indiretta, ha delegato al telefonino il compito di inquadrare l’evento, di ridurlo ad immagine tra le immagini. Perché? La tragedia di Asti ci dice che i ragazzini hanno imparato a guardare il mondo attraverso un filtro e non sanno più farne a meno, sanno cogliere immagini, ma non sanno fare esperienza. Francesco Patrizi
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La cultura classica, patrimonio universale S e q u e s t a è s c u o l a
Le riforme del sistema scolastico italiano che si sono succedute nel corso degli ultimi anni hanno incentrato il loro fulcro nell’introduzione dell’insegnamento delle famose Tre I (Inglese, Informatica, Impresa). Nulla da eccepire, nulla da recriminare riguardo l’insegnamento di queste tre materie che potranno aiutare i nostri diplomati ad essere competitivi nel mercato del lavoro e a rendere realmente spendibile il titolo di studio acquisito. I master universitari post-laurea che possono vantare un maggior numero di iscritti sono quelli di tipo tecnico, quelli che includono tra le materie insegnate argomenti come business administration, marketing, problem solving, corecompetence e via dicendo in un viluppo di anglicismi e tecnicismi sconosciuti ai più. Non dubito minimamente che un laureato, che annoveri nel suo curriculum master di detto livello, possa avere meno difficoltà di altri nella ricerca di un impiego, però non credo che ciò possa bastare per rendere appetibile un candidato per un’azienda. Stiamo correndo il rischio di cadere nel tecnicismo più puro e - purtroppo - più arido. Com’è possibile che il sistema scolastico italiano abbia come finalità quella di creare una generazione di perfetti conoscitori di business e marketing senza preoccuparsi della formazione umana dell’individuo? Non possiamo rimanere indifferenti di fronte al fatto che discipline come letteratura classica, storia latina e filosofia vengano relegate al rango di materie di seconda classe. Non è concepibile che materie come queste, perno delle culture europee prima che esse si asservissero completamente all’insegnamento settoriale e tecnicistico tipico delle culture anglosassoni, materie che consentono lo sviluppo di senso critico e di
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capacità di analisi, vengano considerate obsolete perché non richieste dal mercato del lavoro. È realmente più importante, per un’azienda, assumere dei perfetti conoscitori di tecnologie e di nozioni che - considerando la velocità di evoluzione delle moderne scienze e della nostra società che vive in una condizione di divenire continuo diverranno antiquate nel giro di pochi anni, piuttosto che assumere candidati in grado di ragionare e di modulare le proprie conoscenze in base ai problemi contingenti? Non credo possa essere realmente produttivo, per un sistema scolastico, formare degli individui non pensanti, bravissimi nell’acquisire competenze tecniche ma incapaci di ragionare, incapaci di crearsi un senso critico che permetta loro di amare il sapere in quanto tale e non solo a scopo occupazionale. Proprio questo era il significato originario della parola filosofia: amore della sapienza, composta dal verbo filew (fileo, amare) e dalla parola sofia (sofia, sapienza) che, nell’accezione classica, stava ad indicare un sapere avente per oggetto princìpi immateriali e trascendenti dalla realtà. L’insegnamento della filosofia dovrebbe essere imprescindibile nel sistema scolastico italiano perché solo tramite la conoscenza di questa dottrina un individuo può formarsi una coscienza critica, può imparare a pensare e non solo a conoscere. Ogni persona, nel corso della propria vita, non può leggere tutti i libri che siano stati scritti, come non può apprendere tutto lo scibile umano: solo con il ragionamento e la conoscenza dell’astrazione filosofica, l’intelletto umano riesce a liberarsi dei riferimenti spazio-temporali delle singole situazioni contingenti ed elaborare concetti universali.
Concetti universali che servono all’essere umano per comprendere realmente ciò che lo circonda, per formarsi una coscienza sociale che gli permetta, anche senza le adeguate conoscenze tecniche, di potersi avvicinare a materie che sembrano tanto distanti dalla filosofia comunemente intesa, quali la scienza, la matematica, il diritto, l’economia. Solo con l’insegnamento delle dottrine filosofiche un sistema scolastico riesce a formare degli individui pensanti e non dei semplici automi che obbediscono alle leggi senza comprenderle, che non riescono a discernere le coercizioni imposte dalla giurisprudenza di uno Stato dai fondamenti etici che hanno ispirato tali coalizioni. Lo studio della filosofia permetterebbe di dotare un giovane studente degli strumenti giusti per non cadere vittima di integralismi e ortodossie imposte dalla società, perché solo con lo studio di detta scienza, con l’applicazione del dubbio sistematico, della dotta ignoranza socratica, l’individuo riesce a mettere in discussione i dogmi che gli vengono imposti fin da piccolo e a crearsi delle idee proprie che prescindono da qualsiasi verità gli sia stata enunciata e imposta come La Verità Assoluta (non dimentichiamo che, con la diffusione del cristianesimo nel mondo antico, la filosofia si trovò a fare i conti con un sistema dottrinale che la vedeva come un nemico da distruggere e che le attribuiva la colpa di tutte le eresie!). Ricordo ancora il primo giorno di IV Ginnasio quando, spaventati da tutte le leggende metropolitane sul clima che regnava al Liceo Classico, noi matricole trovammo sopra i nostri banchi un foglio, forse regalo di qualche liceale in vena goliardica o forse - di qualche simpatico professore. Inizialmente trovai incomprensibile e quasi comico quello che v’era scritto ma oggi, dopo anni passati a studiare questi argomenti inutili e dopo una laurea conseguita in materie totalmente estranee a quelle umanistiche, capisco perfettamente il messaggio che voleva farci arrivare chi aveva lasciato quella vignetta. Il foglio riportava una frase di Ovidio che recita pressappoco così: …magis utile nihil est artibus his quae nihil utilitatis habent (nulla è più utile di questi studi che non hanno nessuna utilità pratica). Claudia Mantilacci
Nell’insegnamento elementare e medio della matematica assume fondamentale importanza sviluppare la capacità di trovare risultati; assai meno importante è la dimostrazione, visitata più o meno rigorosamente, di risultati dati. Euristica, insomma, piuttosto che ripetizione del teorema. Detta dai latini, ars inveniendi vel (aut?) ars demonstrandi. La considerazione potrebbe apparire ingenua, apparentemente priva di conseguenze, ma non è così! Al suo interno si celano due concezioni opposte dell’educazione. La prima prende in considerazione la parola educazione derivandola dalla socratica maieutica, detto in latino, educere, ex ducere, aiutare cioè il giovane a tirar fuori, a far nascere le sue idee, a sviluppare autonomamente il proprio cervello. La seconda accezione deriva dal senso di sottomissione, dal libro delle regole, in latino educare, cioè nutrire, travasare, assorbire quello che viene dettato dall’alto. Come si vede l’insegnamento contiene in sé, ovviamente, anche due opposte maniere di modellare una società. Da una parte una scuola in cui si forma il responsabile delle proprie azioni, coerente e dignitoso, il pensiero critico e creativo, il comportamento rivoluzionario... l’uomo libero, insomma. Dall’altra la scuola delle certezze incrollabili, delle regole assolute... non hai che da impararle a memoria e ripeterle tutta la vita. Ripetere i ragionamenti dei Grandi, come si diceva ai tempi della mia prima formazione scolastica allena ai grandi ragionamenti! Niente di più falso e subdolo: allena solo alla non autonomia mentale! E’una sorta di rituale delle idolatrie, un catechismo in cui si cerca scientemente di allevare il più gran numero possibile di obbedienti, di allineati, di non divergenti, politicamente estremisti, quindi dogmatici e, all’occorrenza, ribelli. Questa situazione è purtroppo fotografata da tutte le indagini mondiali sull’educazione in cui i nostri studenti, mediamente, sono in posizione davvero non dignificata rispetto alle capacità critiche ed a quelle di decodifica di un documento: rispetto al capire, insomma! Ma che gusto c’è, si potrebbe dire, ad allevare tanti ripetitori, tanti giovani che mangiano, così Leopardi lamentava, quello che i loro insegnanti hanno digerito. E questi insegnanti sono quelli che, studiato
sempre a memoria, ripetono tutto, senza capire. Non si tratta di un gusto: è la protervia di un potere che per imporre le sue fievoli certezze e i suoi colossali privilegi, combatte la scienza e quindi distorce violentemente la realtà. E’ la tremenda frustrazione, mista ad odio per la gente, di chi si ostina ad imporre pensieri, parole... sentimenti. E’ l’insicurezza di chi trema al pensiero che si possa amare liberamente, senza essere incestuosi, pedofili, puttanieri, masochisti, sadici, autoflagellanti... E allora non balocchiamoci più con i giochini quantitativi messi in atto (per la scuola italiana?) da scialbi dilettanti. Abbiamo bisogno di intervenire nei metodi di insegnamento, quindi nella preparazione degli insegnanti, motivarli, prepararli, selezionarli, premiare la meritocrazia, mandare in Arcadia, ma va bene anche la Beozia, gran parte di inutili idioti. Abbiamo bisogno di sapere come acquisire conoscenza scientifica, ricerca e cultura, non dogma, misticismo, nozionismo, tecnicismo. Basta con il confondere le acque con il recondito scopo di spostare preghiere e chierichetti nelle aule scolastiche. Abbiamo bisogno di amore, non di superstizione, delle parole buone del Vangelo, non dei privilegi arrogati dalle chiese; di conoscenza e verità relative, non di concezioni assolute e falsità. Dobbiamo far sì che le religioni dei nostri figli non si riducano sempre più a idolatria, talebanesimo, inquisizione, fondamentalismo, potere temporale e partitico. Nei prossimi numeri parlerò dei metodi di insegnamento, a partire da quello della matematica. Oggi concludo con una riflessione del matematico Polya: Risolvere un problema è il compito specifico dell’intelligenza e l’intelligenza è il dono specifico dell’uomo. L’abilità di aggirare un ostacolo, di intraprendere una strada indiretta, là dove non si presenta una strada diretta, innalza l’animale intelligente sopra quello ottuso, innalza l’uomo di gran lunga sopra il più intelligente degli animali e gli uomini di talento sopra i loro compagni di umanità. Niente è più interessante per noi uomini della attività umana. L’attività umana più caratteristica è il risolvere problemi, il pensare secondo uno scopo, l’inventare metodi per raggiungere un fine desiderato. Giampiero Raspetti
Amore e sesso nella morale laica di Fabrizio De André Q u a n d o
Le foto sono tratte da “FABRIZIO DE ANDRÉ e poi, il futuro”. A cura di Guido Harari, Mondadori
L’amore deve essere libero, senza catene, né firme, né benedizioni. Luis Buñuel All’improvviso amore non fece più rima con cuore. Erano gli anni Sessanta, quelli che dovevano preparare il ‘68, il quale non fu il frutto di un’improvvisa ribellione, ma l’esito finale di una presa di coscienza che si era andata sviluppando negli anni precedenti. Di questo graduale cambiamento della coscienza collettiva le canzoni dei cantautori degli anni Sessanta furono una spia significativa per le novità e le rotture a livello di linguaggio e di tematiche rispetto alla canzone tradizionale. Una delle svolte più dirompenti rispetto al costume e alla morale allora correnti è dato dal modo del tutto diverso di rapportarsi al sesso e all’amore, che le canzoni di alcuni cantautori intercettano nell’aria che respirano le nuove generazioni. Fabrizio De André è tra i primi interpreti di quel disagio che i giovani avvertono nei confronti delle ipocrisie e dell’autoritarismo della morale tradizionale borghese e repressiva nei confronti dell’amore e del sesso, quest’ultimo vecchia ossessione dell’Italia cattolica e democristiana. Secondo i canoni morali dell’Italia di allora il sesso non rappresenta un valore in sé, ma diventa lecito solo a patto che rientri nel quadro della legittimazione collettiva attraverso la sacralità del matrimonio. Chi il sesso lo pratica come valore in sé, naturale e spontaneo, o chi non lo legittima con la benedizione di Dio o il timbro dello stato è un trasgressore e come tale moralmente e spesso anche giuridicamente condannato. Ma sotto la cenere del perbenismo borghese cova un disagio, che prima di essere politico è esistenziale e che De André sa cogliere dal fondo di una sensibilità anarchica, che vede le convenzioni e le ipocrisie come altrettanti attentati alla libertà. Attentati, in questo caso, alla libertà di amare e di praticare il sesso come fatto naturale che rientra completamente nelle scelte individuali e che dell’individuo contribuisce alla piena realizzazione. Infatti per De André il sesso, anche quando avviene in un contesto dove non figura l’amore, è comunque tenerezza e rispetto, gioia e gioco, scambio d’affetto e negazione di ogni violenza. Fin dalle prime canzoni è netta la messa in discussione e il rifiuto di due veri e propri puntelli ideologici della morale cattolica tradizionale: la concezione istituzionale dei rapporti sessuali, secondo la quale questi sono
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vietati prima e fuori del matrimonio e la concezione dell’amore come sentimento dalla durata eterna, consacrato anch’esso nel matrimonio. Chi cerca una bocca infedele che sappia di fragola e miele in lei la troverà, perché lei gioca all’amore scherzando con gli occhi ed il cuore, lei, Barbara, nell’omonima canzone rifiuta il matrimonio perché ogni letto di sposa è fatto di ortica e mimosa, per vivere l’amore come fatto naturale e gioioso, al di fuori delle regole codificate, lontano da quel senso del peccato, che la religione cattolica ha sempre infilato come un pugnale nelle coscienze, ma per viverlo anche come fatto transitorio, come sentimento figlio del tempo, che con esso nasce, muore, rinasce, cosicché per ogni amore che se ne va… un altro petalo fiorirà. Se Barbara, pur essendo la rappresentazione della ragazza che ha scelto di essere liberamente se stessa, contesta ancora il sistema della morale tradizionale dall’interno, Bocca di Rosa se ne pone decisamente fuori, perché, mettendo l’amore e il sesso sopra ogni cosa e facendone il senso della propria vita, ha operato una scelta trasgressiva: c’è chi l’amore lo fa per noia/ chi se lo sceglie per professione/ Bocca di Rosa né l’uno né l’altro/ lei lo faceva per passione. È quanto basta per farla iscrivere a forza nel registro delle puttane, delle puttane al quadrato però, perché la puttana semplice, che lo fa per soldi, agli occhi del moralismo tradizionale trova pure una qualche giustificazione nelle vicissitudini della vita, mentre chi lo fa per amore del piacere non può trovare che condanna da parte di una morale cattolica e assolutista che considera il piacere fisico come il diavolo, salvo poi trescare ipocritamente con esso. In questa canzone l’attacco a questa morale repressiva è condotto ancor più in profondità, perché l’amore come passione si scontra con le regole e le convenienze sociali che, servendosi del concetto borghese di proprietà applicato alle persone, fanno sì che il furto d’amore sarà punito/…dall’ordine costituito. Ma lo smacco e l’impotenza del potere di fronte alla libera forza della passione sono per De André scontati: a poco servono quattro gendarmi con i pennacchi e con le armi, che spesso al proprio dovere vengono meno/ ma non
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quando sono in alta uniforme, se ad aspettare Bocca di Rosa c’era alla stazione successiva/ molta più gente di quando partiva. Alla fine anche il parroco la vuole in processione accanto alla Vergine, ma più come Maddalena da perdonare che persona da rispettare. In Via del Campo la trasgressione diventa totale con la rivendicazione della libertà di vendere il proprio corpo per professione. Verso la graziosa/ gli occhi grandi color di foglia, che tutta notte sta sulla soglia e vende a tutti la stessa rosa, nessun moralismo, nessun giudizio, ma solo comprensione umana, simpatia e rispetto perché dai diamanti non nasce niente/ dal letame nascono i fior. E’ questa una convinzione profonda, che segnerà tutta la produzione di De André e che lo porta a un’inversione totale dei valori: la vera umanità si trova tra gli emarginati, i reietti dalla morale comune e non tra i diamanti dei falsi valori borghesi. La puttana è prima di tutto una persona, una donna di cui è perfettamente legittimo innamorarsi: ama e ridi se amor risponde e piangi forte se non ti sente raccomanda De André all’uomo che si è innamorato di lei, perché amarla e soffrire per lei è amare e soffrire per una donna non per una puttana. La trasgressione è totale anche a livello linguistico, la presenza palese del termine puttana rompe il linguaggio banale e spesso aulico della vecchia canzone con grande scandalo dei benpensanti e della Rai che interviene con la censura. La posizione di De André quale viene fuori da queste prime canzoni è dunque chiara, l’amore e il sesso sono espressione fondamentale della libertà individuale e trovano un limite non nel conformismo delle leggi della morale comune, ma soltanto nel rispetto della libertà dell’altra persona. Da tutto ciò consegue una netta separazione del sesso dalla violenza e una con-
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danna dell’uso del potere a fini sessuali. Questo è già chiaro in Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, dove, non tragga in inganno l’atmosfera naturale e gioiosa, il ridicolo re cristiano approfitta del suo potere per un’avventura sessuale con una donna, che solo dopo si rivela essere una puttana. Ne Il re fa rullare i tamburi è ancor più scoperta l’ironia e la denuncia: il potere del re passa sopra i sentimenti del suo marchese e di sua moglie, appropriandosi d’autorità di quest’ultima come fosse un oggetto. Nella Leggenda di Natale è il potere dei soldi ad usare violenza: con un linguaggio indiretto e metaforico De André ci narra di un’adolescente che parla alla luna e gioca con i fiori e del suo incontro con un Babbo Natale che parlava d’amore/ e d’oro e d’argento splendevano i doni/ ma gli occhi eran freddi e non erano buoni. Alla fine dell’incontro alla giovinetta non resta che la voglia di narrare alla luna la storia di un fiore appassito a Natale, la sua innocenza comprata e perduta. Ma dove la concezione dell’amore e del sesso si manifesta in modo più completo e poeticamente rivoluzionario è ne La canzone di Marinella, forse la più conosciuta ma la meno compresa di tutta la produzione di De André, vissuta spesso come una bella favola e niente più. Già fin dall’inizio De André afferma che questa di Marinella è la storia vera, ma subito dopo aggiunge che, scivolata nel fiume, il vento che la vide così bella/ dal fiume la portò sopra una stella, facendo chiaramente intendere che la verità non è quella del racconto realistico, ma quella simbolica e poetica della fiaba. E questa è già una scelta di metodo significativa: un discorso libertario sull’amore non può essere fatto che attraverso lo strumento più libertario: la fantasia, quella che Voltaire chiamava la pazza di casa. Marinella è sola senza il ricordo di un dolore…/ senza il sogno di un amore, in quella condizione esistenziale di solitudine e noia che rende spesso la vita vuota e insignificante, quando all’improvviso l’amore, nelle vesti di un re, irrompe nella sua vita e la sconvolge. Ma è un re senza corona e senza scorta, senza cioè i simboli del potere, perché l’amore niente ha a che fare con il potere, essendone invece, nella visione anarchica di De André, l’esatta negazione.
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E’ infatti l’amore come libertà totale dei sentimenti, che subito travolge Marinella: tu lo seguisti senza una ragione/ come un ragazzo segue un aquilone, l’amore che non ha bisogno di ragioni per esistere, che trae la sua forza dall’essere un fatto totalmente gratuito, libero da ogni logica e soprattutto non assoggettabile al giudizio della morale tradizionale, assetata di assoluti, perché, è Nietzsche a ricordarcelo, ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male. Ma l’amore in De André ha inscritto il sesso nel suo codice genetico e Marinella non solo non fa eccezione ma incarna perfettamente questa idea. Sotto gli occhi complici e protettivi della natura il bacio casto della fiaba tradizionale si trasforma in un incontro sessualmente così intenso che dura dal giorno alla notte: e c’era il sole e avevi gli occhi belli/ lui ti baciò le labbra ed i capelli/ c’era la luna e avevi gli occhi stanchi/ lui pose le sue mani sui tuoi fianchi. Ecco che il mondo dorato ed ipocrita della fiaba asessuata viene travolto dalla naturalezza della passione, ma nessuno sembra accorgersene perché non c’è la parola che fa scandalo e poi viene cantata anche da Mina, trasmessa in Rai e piace anche ai bambini. Ma basta fare un po’di attenzione per capire quanto la trasgressione è violenta, non c’è la banale descrizione realistica, ma l’erotismo corre lungo le ali della trasfigurazione poetica: furono baci e furono sorrisi/ poi furono soltanto i fiordalisi/ che videro con gli occhi delle stelle/ fremere al vento e ai baci la tua pelle: la morale bacchettona è servita. Ma l’esemplarità di questo testo non si ferma qui, accanto alla forza liberatrice della passione amorosa De André non cessa di sottolineare la sua provvisorietà (amore che vieni, amore che vai scriveva in un’altra canzone): Marinella, che scivola nel fiume e muore, è il simbolo della caducità di questo sentimento che, così come nasce senza ragione altrettanto senza ragione muore (nel fiume chissà come scivolavi). E’il crollo di un altro tabù della morale cattolica, quello dell’amore eterno, eternamente puntellato dal sacramento del matrimonio: e come tutte le più belle cose/ vivesti solo un giorno come le rose. La morale laica di De André non è fatta di assoluti, ma di relativi che nascono e muoiono: gli spacciatori di verità sono serviti, la parola ai seminatori di dubbi. Meglio impiccarsi ad un punto interrogativo che essere infilzati da un punto esclamativo. Marcello Ricci
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EDUCAZIONE ALLO SPORT
Occorrono misure a vantaggio dello sport silenzioso L’attenzione che la società civile pone normalmente alle attività sportive svolte da disabili, deve rivolgersi a tutte le categorie di atleti colpiti da handicap. Le limitazioni fisiche non fanno differenza fra i portatori di handicap, per cui è lecito attendersi che non siano i cosiddetti normali a farne. La FISS (Federazione Italiana Sport Silenziosi) che associava gli atleti audiolesi, ha cessato dallo scorso anno le sue attività, sommersa da debiti accumulati forse per una gestione poco curata, ma soprattutto per l’indifferenza comune. Ad essa subentrerà una nuova organizzazione non senza disagi che si aggiungeranno a quelli già patiti dalla categoria. Non è solo un problema che attiene alla dignità degli iscritti pretendere che le istituzioni progettino misure a loro vantaggio, è piuttosto un diritto sancito, oltre che da princìpi di solidarietà e rispetto, dalle leggi sulle pari opportunità e dalla Costituzione Italiana. Se tutti i non appartenenti ad una qualsiasi categoria svantaggiata si convincessero che la loro condizione di esclusi dipende solo da elementi fortuiti, probabilmente avrebbero un atteggiamento di maggiore consapevolezza ed una più spiccata sensibilità nei confronti del problema. Nel caso degli audiolesi più gravi la limitazione fisica può determinare l’isolamento sociale del soggetto con conseguenze che non lo differenziano da un non vedente o da un paraplegico. Ciò significa che l’impegno delle Istituzioni e della società civile non può essere diverso, ma parimenti esteso per sentirci tutti partecipi di una comunità più giusta. Giocondo Talamonti
In modo bipartisan i politici affermano da tempo che la precarietà del lavoro è una caratteristica sociale con la quale è indispensabile convivere nella società del futuro prossimo. Quasi tutti i governi europei hanno cominciato a rivedere il mondo del lavoro in base ai nuovi modelli basati sul mercato contemporaneo. Ma, se da una parte la flessibilità del lavoro comporta per le aziende minori spese, e quindi un cuneo fiscale vantaggioso, dall’altra lo Stato perde, in prospettiva futura, numerosi contribuenti. Uno dei settori che risentiranno di questa perdita di contributi sarà sicuramente quello del Welfare. Oggi il sistema assistenzialista statale si trova schiac-
Il liberalismo, insieme alla democrazia e al socialismo, è la dottrina che ha più influenzato la concezione moderna dello Stato e del suo rapporto con la società. Ciò che sta alla base del liberalismo politico è il credere nell’esistenza di diritti fondamentali e inviolabili facenti capo all’individuo, all’ eguaglianza dei cittadini davanti alla legge ed al rifiuto di ogni dottrina che proclami il sacrificio dell’individuo in nome di fini esterni. Ne consegue dunque che il liberalismo assume varie forme a seconda del contesto in cui si trova: diviene laicismo quando si pone a difesa delle libertà del cittadino in materia religiosa, con la separazione del potere della Chiesa da quello dello Stato, diviene liberismo quando si entra in campo economico e rivendica il disimpegno di interventi esterni dall’economia.
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ciato in una forbice. C’è chi continua ad elogiarne i vantaggi, in particolare i partiti socialisti europei, soprattutto in un’assistenza del governo verso le classi bisognose; c’è invece chi, in generale i governi liberali, sottolinea come anche lo
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Stato Sociale debba stare al cambiamento del mercato e quindi essere ridotto o privatizzato. Che strada prenderà l’Europa? Mentre in Italia la precarietà è stata introdotta senza che il cittadino quasi se ne
Liberalismo, laicità e democrazia
L’unica forma di governo che si lega a tali concetti è la democrazia. Come sostiene uno dei suoi padri, J. S. Mill, il liberalismo assicura la perfetta democrazia poiché concedendo pari diritti a tutti, promuove l’ideale di individualità, incentrato sulla capacità di rispetto e salvaguardia delle diversità d’ogni genere, concetto
fondamentale per la sopravvivenza del sistema democratico. Se il godimento della libertà individuale può essere considerato un parametro valido per giudicare la bontà di un ordinamento politico/sociale, va da sé che i poteri dello Stato debbano dunque incontrare limiti per non ledere i diritti e le libertà dei cittadini, così
accorgesse, a parte le proteste riguardanti l’articolo 18 di qualche tempo fa, in Francia, ad esempio, il governo ha proposto una legge che favoriva la flessibilità dei giovani lavoratori, i quali però sono scesi in piazza e hanno protestato fino a far ritirare il decreto. Nato con l’emergere delle contraddizioni dell’economia capitalistica, l’affermazione del proletariato, la nascita di classi meno abbienti e l’affermazione dei partiti socialdemocratici, il Welfare State è diventato un fenomeno globale con il New Deal di Franklin Delano Roosevelt dopo la crisi del 1929. A oltre trenta anni di distanza, si ritrova schiacciato tra le dinamiche liberiste e il ritorno dei partiti socialdemocratici. Massimo Colonna
come non si debbano far influenzare e corrompere dal potere ideologico di qualunque natura, religiosa inclusa. Lo Stato deve essere laico: è una questione di libertà e democrazia. Il rispetto delle minoranze, l’impegno a politiche di sostegno verso i ceti più deboli, come il welfare concepito dal leader liberale inglese William Beveridge che prevedeva l’assistenza sanitaria gratuita e l’estensione della previdenza sociale ai ceti meno abbienti, sono conseguenze naturali del liberalismo che ben dimostrano gli ideali di democrazia, rispetto e libertà. Goethe diceva: Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo... Ognuno di noi, uomo e cittadino allo stesso tempo, si faccia dunque i propri calcoli e pretenda ciò che gli appartiene. Francesco Bassanelli
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La ECOGREEN s.r.l. svolge attività di CONSOLIDAMENTO di scarpate e pendici rocciose effettuando i seguenti interventi:
- ispezione di pareti rocciose di qualsiasi natura e acclività - disgaggio e demolizione di ammassi rocciosi di qualsiasi dimensione - posa in opera di reti metalliche paramassi - placcaggio di superfici rocciose fessurate ed instabili - posa in opera di barriere paramassi Nel campo dell'ingegneria naturalistica la ECOGREEN s.r.l. ha acquisito una significativa esperienza nell'utilizzo di tecniche di idrosemina potenziata, di invecchiamento accelerato delle rocce e di interventi di consolidamento delle scarpate con l'utilizzo di talee vive e/o morte.
SPECIALE ELEZIONI B e r l u s c o n i ANTIMAGO RASPUS Collegato a Marte, Saturno in posizione dignificata rende operosi, vanagloriosi, impietosi, sprezzanti, litigiosi, temerari, facinorosi, fraudolenti, collerici, non scalfibili, desiderosi del favore popolare, dittatoriali, avidi, nemici dei propri cittadini, attaccabrighe, pieni di rancore, profondamente malvagi, energici, intolleranti, arroganti, volgari, millantatori, offensivi, da non sottovalure, inflessibili, caparbi, intriganti e al tempo stesso abili nel far marcia indietro, pratici, difficili da battere e, insomma, capaci di raggiungere le mete prefissate. In posizione non dignificata, Saturno con Marte rende rapaci, predoni, truffatori, avidi, insensibili, prevaricatori, insidiatori, ladri, spergiuri, nutriti di illegalità, malfattori, insomma furfanti in piena regola. NOI antimago RASPUS profetizziamo: dignificata o non dignificata che sia la tua data di nascita, non c’è proprio da stare allegri: in entrambi i casi sei un furfante in piena regola. Se invece furfante non sei e nemmeno collegato a Marte e Saturno, guardati intorno, anche poco: non farai fatica a riconoscere qualcuno al quale le caratteristiche descritte vanno proprio a pennello. Prendi allora le distanze da lui, dai suoi amici, accoliti e complici... NOI antimago RASPUS spieghiamo le ragioni della superstizione e mettiamo in guardia nei confronti di profittatori, analfabeti, mascalzoni, maghi, ducetti e oroscopisti. NOI antimago RASPUS non eruttiamo oroscopi! Quelle che avete letto sono state scritte da Tolomeo ne Le previsioni astrologiche, III 14.
KOPPA TETA
Siamo al momento topico. Due compagini di gladiatori si fronteggiano nell’arena. Il risultato di questo titanico scontro deciderà il futuro della repubblica. Non ci saranno prigionieri. Non ci saranno graziati. Solo il sangue nemico potrà saziare la sete di vittoria del vincitore! Gli sfidanti Capitan Prodi L’uomo che quantunque riposi dovrebbe riposare ancor di più. Rutelli La più grande faccia da… (esatto! Avete indovinato) dell’universo conosciuto e non. Fassino L’anello di congiunzione tra materia e spirito. D’Alema D’Alema. Bertinotti L’R moscia di Rifondazione. I campioni in carica Capitan Berlusconi Zitti chi lo sa! Casini Cosa aggiungere? Tremonti Dopo lo dico alla maestra! Fini Paradox, ovvero colui che non dà il voto a chi ha dato il voto. Calderoli Public relationer, attualmente in missione in Marocco. I gregari cominciano ad intrattenere il pubblico scambiandosi sonore stronzate, cosa che solo noi, diretti discendenti di Roma, siamo in grado di apprezza-
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re, mentre il resto dell’impero non ha né la cultura, né la sensibilità per discernere recondite melodie da quello che sembra un fastidioso e continuo rumore di fondo. Ma col passar del tempo tutti capiamo una cosa: l’esito della battaglia sarà deciso dallo scontro diretto dei due capitani. Strade deserte, paesaggio lunare, è giunto il momento Lunedì 2 Aprile Partita d’andata
suo intervento ed essendo stato interrotto sul più bello inizia a sbuffare come un mantice. Prodi ribatte che tutte queste realizzazioni non hanno giovato minimamente alla nostra economia, ma che, anzi, l’hanno affossata, mentre lui aggiusterà tutto iniziando col diminuire la pressione fiscale di 5 punti in cento giorni. Il Cavaliere sempre più scalmanato domanda come
Arbiter Mimum (terza declinazione) dà il via al massacro. Prodi parte all’attacco denunciando la situazione disastrosa dell’economia e accusa il Cd di aver dilapidato l’avanzo primario che lui, formichina formichina, aveva accumulato durante il suo precedente governo. Berlusconi risponde indignato che dei suoi avanzi lui non sa che farne, ma vorrebbe piuttosto brevemente accennare all’enorme mole di lavoro da lui compiuto in questi 5 anni: i giardini pensili di Babilonia, la muraglia cinese, la Nasa, gli anelli di Saturno, ma arrivato alle porte di S. Pietro scade il tempo del
pensa di riuscirci e il professore con tono serafico risponde: Semplice, due davanti e due di dietro. Il Berlusca non crede a se stesso, e non comprendendo quanto ciò possa essere normale, inizia a sciorinare, senza indossare gli sci, tutti i numeri che il buon Dio ci ha dato facoltà di comporre. Ma, arrivato a 3.046.123, cioè sul più bello, scade il tempo del suo intervento, e questa volta a fare le spese del suo crescente nervosismo è la sua povera penna con la quale inizia a versare tonnellate di inchiostro su di un foglio subito richiesto dal Metropolitan Museum di New York.
A questo punto il Cavaliere, grande stratega politico, comprende che con il tempo fissato per ogni intervento, due minuti e mezzo circa, non potrebbe elencare tutti i lavori da lui realizzati (praticamente l’intera struttura dell’universo), né contare fino a 7.887.301.738.923 e, in preda a un furore paranoico, inizia a ripetere una sola parola: Comunisti! E’ alle strette, tutto sembra perduto, è sull’orlo del baratro. Ma i miracoli sono sempre in agguato. Prodi: …e siate certi che tasseremo solo i grandi patrimoni. Mimum (terza declinazione): Grandi quanto? Prodi: Mmm, cioè, eummm, perciò, sgrunt… diciamo… 250.000 euro... Il sangue gronda sulla nuda terra, il corpo brucia in ogni parte, lo sguardo implorante, orrendo, rivolto verso il cielo, il cielo, anch’esso orrendo si annuvola, il fulmine lo squarcia, il tuono fa tremare i continenti, il vento dell’ira sradica intere foreste: Padre, Padre mio, perché mi hai abbandonato? Fine del primo round
Orlando Orlandella
Voglio raccontarvi una parabola inedita, tratta dal Vangelo secondo... alcuni. Una notte Gesù, che non riusciva a dormire, era andato a fare una passeggiata. Immerso nelle sue riflessioni, non si accorse di essere capitato nel quartiere a luci rosse di Nazareth e, mentre attraversava un vicolo buio, all’improvviso sentì una voce che gridava: Aiuto! Da una finestrella appena illuminata, Gesù intravide l’ombra dì un uomo che picchiava selvaggiamente una prostituta nell’esercizio della sua professione. La poverina gridava sempre più forte: Aiuto! Mi ammazza!! Gesù si girò infastidito dall’altra parte, poi si allontanò rapidamente, gridando: Mi dispiace..., dal momento che hai deciso di fare questa professione, sono affari tuoi!! Ma vi sembra possibile? Eppure questo dice il Vangelo..., secondo alcuni. Eufemio Ampolloso
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