La pagina maggio 2008

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Maggio

Giampiero Raspetti

N° 5 - Maggio 2008 (55°)

Mese delle rose, da Maia, dea della fecondità. Poi Maria. Per l’Urania di Ovidio è il mese dedicato agli anziani. Che si rispettavano e si onoravano. Chi avrebbe osato in presenza di un vecchio trattare argomenti di cui si possa arrossire? Assolutamente impensabili turpiloquio e vilipendio nei confronti di una novantanovenne (leggere i blog di alcuni giovinastri o rifarsi a pillole parlamentari). Che poi l’anziana donna, Nobel per la medicina, si chiami Rita Levi Montalcini e costituisca, per le sue immense doti morali e per le straordinarie conquiste scientifiche, uno dei maggiori vanti, in assoluto, del nostro paese, è addirittura secondario. Non può non riaffiorare alla mente la stupenda Ipazia ed il suo tristissimo martirio, turpitudine dell’abietto Cirillo. Risulta con evidenza, oggi più che mai, che chi non riesce proprio a capire alcunché, poniamo della matematica, s’apparenta con altre nullità per tentare di resettare le menti, illustri o meno, che ben la comprendono. Non è puramente un nondum matura est! Questi giovani, però, li abbiamo satollati noi con cibo avariato! Non solo la tv è cattiva maestra, ma, grazie alla potenza tecnologica di cui disponiamo, massicce sono le inoculazioni di indegnità morale e culturale, tal che molti di essi vengono infarciti con insulsaggine, livore e... voglia di far da velina. Quanti anziani oggi possono guardare i giovani, quelli seri, educati e rispettosi, senza arrossire? Cosa lasciamo, infatti? Lasciamo, a moltissimi loro compagni, dei mostri mentali quali la noncuranza per la cultura, il disprezzo per la scienza, l’assenza di ideali, la mancanza di senso di responsabilità, il poco ardimentoso schierarsi con i più ricchi e potenti, qualunque sia la divisa morale di quest’ultimi. Mostri sociali quali la corruzione, la rincorsa alla prostituzione, l’aspirazione ad una vita frivola e sbeffeggiante, l’ansia per il consumo di oggetti privi del minimo significato. Mostri ambientali quali il degrado della natura, l’accumulo di veleni innaturali, la difficoltà a ripulire il cosmo (cosmeo, nettàre, da cui cosmetica) senza esercitarci sopra sfruttamento e businnes, la non equa distribuzione delle acque e dei prodotti della terra. Questione morale, si diceva. Oggi la questione è soprattutto culturale. Con riferimenti precisi alla dignità dell’uomo. I padroni del vapore sono oggi, nel mondo (mundus, cioè pulito), fondi di vetro imbellettati, dai quali niente può nascere, se non volgarità e sconcezza. Non sono rose, non fioriranno.

Marco Cimorosi

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Maius

L’occhio asciutto della politica , F P a t ri zi Il ritmo della salute , E S t en t el l a Peggio stiamo, meglio è , V P o l i cret i Al Bar Casablanca , F B o rzi n i Terra di confine , P F a b b ri A proposito di Olimpiade... , J D a n i el i Una mobilità sostenibile , J D ’ A n d ri a Il piacere , C C a rd i n a l i Le stelle rubate , C C a t a l a n o Corporate Social Responsibility , A Mel a secch e J.F. Lyotard e il Postmoderno , P S eri Olimpiadi o democrazia? , C Ma n t i l a cci Fondazione Carit, GEORGE TATGE , E S STIFONE , P L i b era t i Elementare, S R a sp et t i 9 10-11 L i c e i 12 Media, F Ma st ro i a n n i ITC FEDERICO CESI , E S OSPEDALE DI TERNI , E R u ff i n el l i , D G h i o n e ALESSANDRO GIANI Astronomia , T Scacciafratte, G Cozzari, F Guerri, P Casali Astronomia , T S , G R a sp et t i Non è un gioco da ragazzi , M R a sp et t i Un popolo oppresso , G Ta l a m o n t i The day after , F M B i l o t t i Dalla P alla P , F MB

L’età più debole, non adatta alle armi, recava la saggezza dei consigli. Il nome stesso di Senato significa appunto maturità degli anni senili. Se erano in tre, il più vecchio camminava in mezzo ai più giovani e se aveva un solo compagno, camminava dalla parte più interna. Da ciò i nostri antenati hanno denominato il maggio, come segno d’onore all’anzianità. Il mese successivo, giugno, fu così designato dal nome dei giovani. Ovidio, Fasti, V, da versi 61 - 78


L’occhio asciutto della politica Questo non è tempo di sogni, ma di risposte, aveva detto Walter Veltroni inaugurando la campagna elettorale. Un invito al realismo e alla concretezza contro la risacca di promesse e sirene che di solito increspa la sponda opposta. A sorpresa, invece, un Berlusconi lucido e paternalista ha impostato la campagna elettorale su una visione materialistica della vita, accantonando miracoli e palingenesi. Bolli, imposte, sgravi fiscali da una parte, precariato e caro-prezzi dall’altra. I problemi reali del Paese: la frase chiave che ha scardinato il linguaggio dei partiti 15 anni fa e oggi ne è diventata la nota dominante. L’orizzonte del PD chiude la sua visuale storica e sociale in un perimetro di numeri: stipendi, pensioni e precariato, problemi che vengono da lontano, da una cultura del lavoro che è andata per troppi anni senza timone. L’orizzonte del PDL disegna i confini di una proprietà che non si tocca, di un giardino da proteggere, di una sfiducia radicata verso tutto e tutti. Problemi che nascono da mutamenti sociali e da smottamenti di natura geopolitica; problemi da cavalcare senza staffe. Come sarà il futuro? È la domanda da cui dovrebbe partire ogni programma, ma per parlare di futuro occorre la materia prima, l’immaginazione. Proprio quello che è mancato nella campagna elettorale del 2008. Il potere della visione, quella mistica della nostra tradizione, dove si scontrano in cielo e in terra il bene e il male; la visione storica, ispirata da grandi ideali che innalzano lo sguardo fino a scorgere nuovi lidi; la visione scientifica, che vede nuove strade laddove altri vedono il deserto. Il nostro, un paese di santi e di inventori, due facce della stessa medaglia: visionari senza lacci. Francesco che si spoglia tra la gente, Caterina che sogna il fuoco e si brucia, Leonardo che insegue il sangue nelle vene, Alfieri che rompe le catene dei tiranni. San Giuseppe da Copertino, il santo ignorante, che non riusciva a terminare un discorso, chiudeva gli occhi e iniziava a ballare fino allo sfinimento; fu preso per matto dalla gente, poi un giorno quella stessa gente prese a ballare con lui e si lasciò andare all’estasi della tarantola. Quando morì, si sparse la voce che Giuseppe ti faceva volare. Questa Italia che sa chiudere gli occhi al momento giusto, che prega i santi e le rivoluzioni, che fine ha fatto? Si è davvero estinta? Cosa ne sarà di un paese dove i giovani non sognano di cambiare il mondo, ma si siedono sugli stanchi pilastri della saggezza: il posto fisso e il mutuo per comprare casa! Non è parlando di tasse che si libera quella santa follia che controbilancia il materialismo, non sono gli sgravi fiscali che pungono come la tarantola e danno il fuoco, siamo fatti della materia dei sogni, diceva Prospero nella Tempesta. Come scrive Corrado Augias, l’Italia di cinquant’anni fa non era migliore di adesso e non è da rimpiangere; se la ricordiamo con nostalgia è perchè era pervasa dall’attesa di un futuro migliore, imminente e palpabile. Per ripartire bisogna urgentemente reimparare a sognare. Francesco Patrizi

Il ritmo della salute LONDRA - Sembrava un caso disperato… Gli esperti dell’Istituto di Neurologia avevano perso ogni

speranza riguardo alla sua guarigione, eppure all’improvviso, il paziente, un uomo di 46 anni afflitto da terribili attacchi epilettici che si era sottoposto ad un intervento chirurgico al cervello senza ottenere alcun beneficio, aveva incominciato a stare visibilmente meglio. Un miracolo? Piuttosto un mistero. Un mistero che è stato risolto dalla stessa equipe di medici i quali, indagando sulle cause della sua improvvisa guarigione, hanno fatto una scoperta davvero curiosa: l’uomo si era messo ad ascoltare Mozart - in genere 45 minuti al giorno - e tanto era bastato per dargli un nuovo, vincente vigore nella battaglia contro quella grave sindrome neurologica che lo affliggeva con sette attacchi epilettici al mese. Sulla scia di questo caso l’Indipendent ha speso pagine e pagine per parlare del Mozart Effect che non è una vera e propria panacea nonostante ci si avvicini moltissimo. Ed è proprio così perchè: ...Una Buona dose di Mozart aumenta le capacità logiche e visive dell’individuo, riduce lo stress e il dolore di origine artritico e, inoltre, sembra avere un impatto benefico sul cuore e sullo sviluppo cerebrale del feto... (Significativo il risultato di un esperimento che è stato condotto dall’equipe londinese sottoponendo un gruppo di cavie all’ascolto della sonata K448 per piano del grande compositore austriaco: dai risultati del test si è evinto che l’ascolto della musica aumenta temporaneamente di 8/9 punti il quoziente intellettivo degli ascoltatori). La musica di Wolfgang non lascia indifferenti nemmeno i topi, che acquistano maggior senso dell’orientamento spaziale nei labirinti, e le carpe, le quali diventano più scattanti se attorno a loro risuonano le note di Eine Oleine Nachtmusik. Non è chiaro perché tutto ciò avvenga: il “Mozart effect” resta ancora un mistero irrisolto, tuttavia, molti esperti ipotizzano che l’ascolto della musica possa produrre interazioni benefiche per l’attività della sostanza grigia a causa del fatto che la zona del cervello dove si recepisce e si processa la musica è la stessa dove avvengono le percezioni spaziali. La complessa e raffinata musica del compositore austriaco, basata su temi richiamati a intervalli fissi con il ricorso a note spesso diverse da quelle originali, avrebbe un impatto paragonabile alle pulsazioni elettriche e metterebbe ordine tra le cellule nervose malfunzionanti. Sarà forse il caso di dire che una sonata di Mozart al giorno toglie il medico di torno! Eleonora Stentella

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PA G I N A

Mensile di attualità e cultura Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, V. Carbonario 5 Tipografia: Umbriagraf - Terni In collaborazione con l’Associazione Culturale Free Words

DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Direttore Giampiero Raspetti R E D A Z I O N E Elettra Bertini, Angelo Ceccoli, Pia Giani, Alessia Melasecche, Francesco Patrizi, Alberto Ratini, Beatrice Ratini, Adelaide Roscini, Emanuela Ruffinelli, Albano Scalise, Eleonora Stentella.

Editrice

Projecta s.a.s. di Martino Raspetti e C.

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Peggio stiamo, meglio è

La nostra è la società del benessere. E’ comunemente accettato che benessere sia quello economico, base di ogni altro: chi ha quattrini può scaldarsi se ha freddo, curarsi se sta male, divertirsi, ecc. E fa circolare il danaro. Lasciamo per ora da parte se davvero il danaro garantisca un reale benessere, cosa della quale oggi più d’un pensatore dubita. Diamo pure per buono che davvero il benessere sia quello economico. L’economia è qualcosa di talmente complesso, che neppure gli economisti talvolta ci capiscono un tubo; ma nelle sue basi è estremamente semplice; legge fondamentale è infatti quella della domanda e dell’offerta, che, sfrondata dai tecnicismi, dice: dove ci sono pochi beni che molti domandano, i prezzi salgono e dove invece ci sono molti beni che nessuno vuole, i prezzi scendono. Perché l’economia sia florida occorre che vi sia domanda; normalmente l’offerta si determina (o meglio, si determinava una volta) sulla domanda stessa: se molti vogliono pane, fare il pane rende, molti lo fanno, l’offerta si crea e il danaro circola producendo benessere. Ma è noto che nell’economia moderna dei Paesi sviluppati, le cose non stanno più così: affinché l’economia progredisca occorre che la domanda, per non esaurirsi, si sposti su nuovi beni e, soddisfatti questi, su altri e poi altri e così via, teoricamente all’infinito, praticamente chi vivrà vedrà. Ma è ormai l’offerta a determinare la domanda e non viceversa. Insomma: affinché l’economia continui a prosperare, occorre che i desideri divengano bisogni, proliferino come cellule cancerose (nel senso che da ogni bisogno ne derivino altri) e non

cessino mai. Come si ottiene questo? La vera risposta non la danno gli economisti, ma gli psicologi: i soggetti (i consumatori) devono non essere mai soddisfatti perché chi lo è si contenta, chi si contenta gode e chi gode non desidera più di ciò che ha. Qualsiasi persona equilibrata, per estesi che siano i suoi desideri, quando li ha soddisfatti si ferma. Ma c’è un caso in cui ciò non avviene: la nevrosi. La nevrosi crea bisogni tanto irrazionali quanto formidabili, ma il nevrotico non si può mai soddisfare: la soddisfazione di un desiderio nevrotico è infatti acqua che non spegne la sete per un motivo fondamentale: che il nevrotico cerca la cosa giusta (la cessazione della sofferenza) nel posto sbagliato (la soddisfazione di un desiderio simbolico di copertura), quindi non è contento, quindi continua a cercare, nevroticamente sempre nello stesso posto sbagliato. Qualche esempio: sterminare milioni di ebrei non placò Hitler; controllare decine di volte il gas non placa l’ossessivo; conquistare miriadi di donne non accontenta il dongiovanni. Infatti né gli ebrei, né il gas né le donne, sono il vero problema Il motore reale della società dei consumi è quindi la nevrosi. Quale? Quella che meglio sostiene l’economia, alimentando una domanda illimitata, è il senso d’inferiorità. Chi ne soffre, ritiene (in modo non sempre cosciente) di valere poco o comunque meno degli altri. Vale a dire: di essere poco. Tuttavia il recuperare sul terreno dell’essere gli è impedito dalla nevrosi stessa, giacché per pensare di poter essere migliore occorrerebbe non sentirsi inferiore. Però per recuperare ha a disposizione l’avere, perché l’avere si misura, per aumentarlo non serve

l’essere, basta il denaro, né si può dubitare dell’avere, che si conta, come si può sempre dubitare dell’essere, che si valuta. Ma affinché l’avere possa dare una pure illusoria compensazione, occorre che chi ha, abbia più degli altri; altrimenti si ritrova proprio nella condizione da cui vuole fuggire: l’inferiorità. Questo meccanismo alimenta perennemente la domanda: appena ho l’ultimo grido di un bene, ecco che altri disgraziatacci come me, anche subornati da una pubblicità sottile, ubiqua e cogente, lo comprano; e allora via a comprare cose nuove, costose, inutili, cambiandole prima che si logorino: non è la cosa, che serve, è il simbolo. Ma come si crea il senso d’inferiorità? Spossessando l’individuo della propria identità. E ciò si ottiene a sua volta deresponsabilizzandolo il più possibile. Gli si toglie la possibilità di creare, di essere artefice, lo si riempie di automatismi e soluzioni pronte (così non fatichi), lo si copre di divieti per il suo bene, gli si obbliga minuziosamente tutto ciò che deve fare per non farsi male; ma, al tempo stesso, lo si tiene in un continuo stato di precarietà. A questo punto si sentirà inutile e vuoto, sarà infelice e solo così potrà desiderare sempre il nuovo, allo scopo - sempre vano - di esorcizzare la sua infelicità. La società del benessere si fonda quindi e prospera sul malessere: più aumenta il malessere, più la domanda cresce, più l’economia progredisce, più aumenta… cosa? Il benessere? Può definirsi tale un insieme di infelici? E chi si accontenta? Esiste ancora gente simile!? Vergogna! Vincenzo Policreti policreti@tin.it

Al Bar Casablanca

“Ascoltare il popolo. Parlare al popolo: ecco come la sinistra può tornare a sperare dopo questa batosta!”. “Vedi che mi dai ragione? Te lo dicevo che il proletariato esiste ancora. Il problema è che la sinistra se l’è dimenticato!”. A fatica sorridente, il mio amico di Rifondazione si prende l’unica piccola rivincita che gli permette questo aprile di passione, mentre sorseggiamo pensierosi il nostro Kyr Royal alla moda parigina, nel calduccio irreale del Bar Casablanca. “Guarda la Lega. Loro sì che sanno parlare agli operai nelle fabbriche, loro sì che sanno capire il popolo. Cambiare il lessico, tornare all’antico, tornare alle sezioni, per Giove! Ricordo quando agli operai e ai braccianti facevamo leggere Rinascita...”. Silenzio. Forse citando di Rinascita ho un po’ esagerato. Nello svaporare dell’imbarazzo, proprio al tavolo di fianco al nostro si accende una discussione animata. E te lo dicevo io che se perdeva. Nun poteva anna’ diversamente! Il viso da ex pugile di borgata si contraeva come un mantice nell’argomentare le ragioni di quella che a lui sembrava una sconfitta predestinata. Tendo l’orecchio, incuriosito. Ancora’na vorta avemo perso ‘n’occasione storica... e quanno c’aricapita più? Concordo fra me e me e

continuo ad ascoltare, irretito, mentre il mio commensale mi propone un raffinato ragionamento sulle mutazioni antropologiche dell’occidentale contemporaneo, già presagite nella grande letteratura tedesca di inizio Novecento. Mi distraggo e perdo qualche battuta: anche la discussione del tavolo a fianco deve aver subìto un virata internazionale: C’hai presente Manicce? Er suddamericano. Un emulo di Lula? Chissà? Daje che hai capito! Manicce: quello der Portorico, der Portogallo, de quer posto llì... Inizio a temere l’equivoco. E comunque la Roma ha perso pòpo n’occasione storica, li mortacci sua... Toccava vince... Toccava vinceeee!!! Guardo sconsolato il rifondarolo malinconico, che conclude la sua perorazione: “Insomma, proprio come dicevi tu... Bisogna tornare a parlare al popolo, no?”. Fossi un fumetto, avrei un punto interrogativo penzolante sulla testa affaticata, mentre fisso beota il calice svuotato. Poi, in un sussulto: “Non la mangi la ciliegina del Kyr?”. Agguanto la cerasella dal colore tutt’altro che biologico. Mi guardo intorno e noto che qui, al bar Casablanca, si respira davvero un’atmosfera irreale. È il caso che in settimana rinnovi il passaporto. Francesco Borzini

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Te r r a d i c o n f i n e Emanuela Ruffinelli

L’Italia ha un cuore verde, diceva uno slogan rimasto famoso. Talmente famoso che l’immagine rimane ancora e questa nostra regione è davvero spesso vista come un cuore verde, specialmente da chi vive al di fuori di essa. Ma, anche senza soffermarci troppo sul colore che è ambiguamente interpretato persino nell’emiciclo parlamentare, è forse proprio il termine cuore che occorre riconsiderare. Il cuore è l’organo principale, quello più evocativo, più lirico: gli antichi ritenevano fosse il luogo di residenza delle emozioni, di tutto ciò che è importante, della vita stessa. Per questo, era ed è tuttora visto come la parte più intima di ognuno di noi. E dire più intimo è quasi un errore, perché a ben vedere intimo è già esso stesso un superlativo, come interiore è comparativo; entrambe le parole amplificano la parola base: interno. Il cuore è dentro, sempre; nel punto più interno del corpo, lontano dalle periferie. E basta guardare una carta d’Italia per vedere che l’Umbria ha questa sua evidente posizione e vocazione cardiaca, nella nazione.

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Ma non è stato sempre così. Quando l’Italia era spezzata in piccoli domini, quando, come dice l’Inno di Mameli - noi siamo da secoli calpesti e derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi - c’erano molte Italie, i confini non passavano distanti dalle nostre case. Da una parte lo Stato della Chiesa e l’Umbria: poco distante, già in terra d’Abruzzo, il Regno delle Due Sicilie. Stati diversi, ma non era cosa eccezionale. Tra regni, ducati e principati, per arrivare da Terni a Milano si attraversavano diversi stati; poi però, centocinquant’anni fa circa, l’Italia è tornata ad essere una; e l’Umbria ha cominciato ad essere cuore. Forse per questo diventa curioso leggere tra le righe di quest’ultima votazione, specie per chi, umbro, vive in Nord Italia: la lista che ha largamente vinto la consultazione si è presentata unita ad una lista nordista nelle regioni settentrionali e insieme ad una lista sudista nel Meridione d’Italia. Ed è stata scelta certo vincente, visti i risultati. Ma per chi è stato per lungo tempo guardato, soppesato e valutato a causa delle sue origini non esattamente setten-

trionali dagli sguardi indagatori dei contadini piemontesi o dei commercianti lombardi, suona un po’ buffo questo novello problema di confini. Perché qualcuno avrà dovuto pur scegliere: se non c’era dubbio alcuno che il simbolo della Lega Nord avrebbe campeggiato nelle schede elettorali di Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia; se era comunque palese che la nuova sigla MPA avrebbe segnato le urne di Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, da qualche parte la differenza bisognava pur marcarla. I confini, da qualche parte, andavano disegnati. Così, finalmente, gli umbri emigrati a Nord potranno sapere con certezza se devono considerarsi terroni o polentoni, e la risposta è giunta: non siamo terroni. Non è certo che proprio tutti i trevigiani e comaschi siano d’accordo, ma l’Umbria, e Terni con essa, è stata dichiarata da chi di dovere più prossima alla Lega Nord che all’Alleanza per il Sud. Il Lazio, invece, è già meridione, irrecuperabile per il Carroccio. Così, lungo il Lago di Piediluco, ci sarà stato chi, dopo il domenicale piatto di ciriole e il rituale prepararsi al tifo rossoverde, avrà sposato la causa del simbolo nato sulle sponde del Lago di Varese: un ternano ogni novanta ha crociato il simbolo con Alberto da Giussano. Guardando appena un po’ ad Est (ma sarà poi davvero Sud-Est o NordEst?) potrà vedere come sempre Labro arrampicato sul colle, dove invece il suo compagno di tressette ha forse scelto di allinearsi alle scelte della lista nata sotto l’altro colle, quello caldo e famoso, l’Etna. E, in fondo, possono serenamente restare compagni di tressette: le due liste hanno entrambe vinto, associate com’erano alla lista trionfatrice; ma - forse senza saperlo hanno anche contribuito a disegnare un confine nuovo; e noi ternani, novella estrema propaggine e saliente meridionale del Nord, sembriamo essere in prima linea. Siamo terra di confine. Ma a qualcuno sarebbe forse piaciuto di più restare cuore. Piero Fabbri

Una mobilità sostenibile

Come si è visto il mese scorso, una delle direttrici di ricerca verso l’automobile ad emissioni zero è da tempo quella di ottimizzare i propulsori tradizionali, ovvero i motori a combustione interna alimentati con carburanti derivati dal petrolio. Tra i motivi principali: la conoscenza assai approfondita di tali propulsori, in uso da oltre un secolo, ma anche la loro scarsa efficienza energetica, visto che l’85% dell’energia contenuta in un litro di carburante bruciato all’interno di un motore a combustione interna viene dissipata tra perdite termiche, attriti interni, resistenze aerodinamiche, attriti di rotolamento dei pneumatici. Insomma, gli inossidabili motori a benzina e a gasolio, basati sui cicli termodinamici scoperti da Otto e Diesel nel XIX secolo, hanno iniziato ad accusare il peso degli anni sotto i colpi delle moderne normative anti-inquinamento, e sono state sviluppate nuove soluzioni per migliorarne il rendimento. L’obiettivo dei costruttori non è più tanto quello di proporre propulsori capaci di prestazioni strabilianti, ma in primis di ottemperare alla normativa vigente (ora la Euro IV, dal 2009 la Euro V nel mercato europeo). Dunque non più motori sportivi, ma propulsori parchi nei consumi ed efficienti; interi segmenti di mercato (berline di grandi dimensioni, coupè) stanno conoscendo un declino inesorabile, mentre le city car e le vetture di segmento B (come la Fiat Grande Punto e la Toyota Yaris) costituiscono in Italia oltre il 50% del mercato. Da una parte la benzina ed il gasolio oltre 1,3 Euro al litro (con il petrolio stabilmente oltre i 100 - 120 dollari al barile), dall’altra l’impegno dei costruttori a ridurre entro pochi anni in maniera consistente il valore medio di emissioni di gas serra al km del proprio parco vetture in vendita sul mercato. E così, per i propulsori a combustione interna è iniziata una nuova fase di sviluppo ed innovazione. Ma i costruttori sono impegnati anche in altre assai importanti direttrici di ricerca verso una mobilità sostenibile: lo sviluppo e l’introduzione di carburanti alternativi (di derivazione vegetale come il bioetanolo e bio-diesel, di tipo sintetico o l’idrogeno), lo sviluppo di vetture a trazione elettrica e lo sviluppo di vetture con sistemi di trazione ibrida. L’idea comune è che al momento nessuno abbia in mano la soluzione del problema, ma che sia ineludibile la necessità di cambiare completamente l’automobile per renderla compatibile con l’ambiente e usufruibile con un costo di gestione contenuto. Nel prossimo articolo sarà offerta una panoramica dei principali carburanti alternativi oggi disponibili per l’autotrazione, con i margini di crescita di ciascuno, i vantaggi e le barriere più rilevanti per la loro diffusione su larga scala. Ing. Jacopo D’Andria

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Il piacere...

L e stelle ru b ate

Erotismo e Seduzione rappresentano una energia vitale a disposizione dell’essere umano. Il loro incontrarsi, intrecciarsi, snodarsi… risulta un gioco inebriante che cattura. Gioco con regole che devono essere condivise dalle persone coinvolte: gioco (fatto) di sguardi che comunicano attenzione e che propongono, di frasi che alludono, di parole che suggeriscono. Eros e seduzione sono intimamente legati, l’uno si fa strumento dell’altra per raggiungere quanto detto. Hanno in comune il dire a metà, attendendo la risposta dell’altro giocatore… Un po’ come in una partita a scacchi. Il vedo - non vedo, dico non dico caratterizzano l’azione dell’eros e l’arte del sedurre. Appare chiaro come la pornografia non appartenga a nessuno dei due: il troppo esplicito non lascia spazio all’immaginario né alla fantasia dei giocatori, dei quali appiattisce la partecipazione come soggetti attivi e creativi. Inoltre l’Eros e la seduzione non si esauriscono in uno sfogo e/o in un tempo finito, ma sprigionano un potenziale comunicativo ricco e cangiante che può protrarsi nel tempo e nello spazio. Lo scopo della seduzione non è per forza il letto ovvero il sesso, invece può finire, compiaciuto, in/con uno sguardo, un bacio, o può sì confluire in una intimità fisica maggiore, finanche in un rapporto sessuale. Ma non necessariamente: esiste grande piacere nel solo avere suggerito quella cosa. Nell’esercizio dell’ars erotica e seduttiva, l’individuo accresce il proprio senso di sé e la propria autostima. Piacersi equivale sempre più a piacere agli altri e l’uno constata e rinforza l’altro. Inoltre l’individuo, in quel gioco verbale e non verbale, si scopre a se stesso attraverso le risposte e le reazioni che l’altro gli stimola. Tutto ciò fa sentire vivi, presenti a se stessi e agli altri, soggetti attori ed evocatori di realtà piacevoli che gratificano l’ego e solleticano un sano narcisismo. E’ una forma di ben-essere quella che si ingenera dall’allenare il proprio eros: lo si fa puntando sulle parti o aspetti di sé che più piacciono, connotandoli del significato/i che serve a comunicare io mi piaccio, so di piacere…e so che tu ora stai pensando a me in termini di piacere erotico (per te); oppure so di essere molto erotica per te e che tu ora stai facendo delle fantasie (sessuali) su di me. Mi rivolgo alle donne, qui, in particolare…: se volete potenziare la vostra carica erotica ed affinare la vostra capacità seduttiva, provate a ripetervi quelle parole, ogni volta che entrerete in relazione con un uomo. Agire l’erotismo e sedurre si può, mantenendone gli stessi significati e valore, con o senza amore. Anche questo ha a che fare con un senso di libertà (personale), che non coincide con l’assenza di obblighi, bensì è libertà la capacità di scegliere e di impegnarsi in ciò che riteniamo sia meglio per noi stessi. Dott.ssa Claudia Cardinali

Un po' di tempo fa c’era un vecchietto che, tutte le sere, faceva la stessa cerimonia: apriva l’antico armadio, tirava fuori il grosso pacco dalla forma strana, apriva la finestra e, come per magia, dal pacco spuntava un treppiedi sul quale montava un lungo tubo pieno di specchi... sì, era proprio un bel telescopio. Si metteva allora ad osservare le stelle (aveva provato ad acciaccarsi le dita, per vederle, ma i risultati erano stati deludenti). Come dicevo lo faceva tutte le sere, finché venne quella sera! Aveva fatto la solita trafila: aperto l'armadio, tirato fuori il pacco col telescopio, aperta la finestra... ma, quando si era messo a guardare, per poco non gli era preso un colpo: le stelle non c'erano più! Dopo aver strofinato gli occhi guardò meglio, ma le stelle continuavano a non starci! Dopo un po' andò a dormire, ma tutta la notte rimuginò sulle stelle scomparse, pensò anche: qualcuno le ha rubate. Di giorno, cercando di risolvere il mistero, capì che era successo: nessuno le aveva rubate, ma le avevano nascoste i fumi di una fabbrica! Nel circolo di astronomi che frequentava c'era un magistrato che dette un nome a quel fatto: inquinamento luminoso. Non bastava dargli un nome... Giuseppe (il vecchietto) doveva tornare a vederle (e non schiacciandosi un dito)! Giuseppe e il magistrato decisero di fare causa al proprietario della fabbrica, la cosa andò per le lunghe (si sa la giustizia in Italia è quella che è!), ma riuscirono a far fermare le emissioni e Giuseppe poté tornare a guardare le sue amiche stelle. Carlo Catalano

Psicologa Psicoterapeuta, Esperta in Sessuologia Clinica

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Corporate Social Responsibility: di cosa si tratta?

Rispetto per l’ambiente, attenzione verso il contesto sociale in cui si opera, sensibilità per le condizioni di lavoro dei dipendenti, qualità del prodotto e trasparenza della filiera produttiva: sono questi, con altri, i temi della cultura della responsabilità sociale d’impresa (Corporate Social Responsibility). Dove il termine responsabilità è sinonimo di consapevolezza e della volontà di rispettare valori che non sono necessariamente funzionali al perseguimento dell’utile. Il Libro Verde della Commissione Europea parla di integrazione su base volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate. Si tratta di un concetto innovativo e molto discusso perché implica un modello di governance basato su relazioni cooperative e eque con tutti gli stakeholder, cioè tutti i soggetti e gli individui che sono direttamente o indirettamente condizionati, nel bene o nel male, dalle attività dell’impresa, come ad esempio, i clienti, i fornitori, i finanziatori, i collaboratori, ma anche gruppi di interesse esterni, come i residenti di aree limitrofe all’azienda. L’obiettivo della nuova cultura sociale d’impresa è l’assunzione di responsabilità nell’ambito delle comunità locali, dove l’azienda affianca ai propri obiettivi tradizionali anche quelli sociali. Risulta oggi evidente come l’impegno etico di un’impresa sia entrato direttamente nella cosid-

detta catena del valore, prospettando così l’utilizzo di nuovi percorsi e leve competitive coerenti con uno sviluppo sostenibile per la collettività, tale cioè da non compromettere i diritti delle generazioni future ad ereditare un ambiente sano, analogo a quello in cui sono nati e vissuti i propri genitori. Il valore sociale diventa quindi anche un marchio di competitività e la corporate responsibility entra a far parte a tutti gli effetti del processo produttivo aziendale. Le imprese hanno obiettivi e modalità diverse di manifestare la loro responsabilità sociale e contribuire ad uno sviluppo sostenibile. Per alcune sono più importanti i risparmi di risorse e i guadagni di efficienza ottenuti grazie, ad esempio, ad una riduzione nel consumo di energia. Per altre, promuovere iniziative verdi é un modo per migliorare l’immagine, perseguendo una leadership “etica”. Per altre ancora, é un modo di creare un legame con i clienti, basato su valori emergenti. In generale, per chi gestisce un’impresa, la Responsabilità sociale diventa oggi un importante strumento di governo, che migliora le performance finanziarie, i processi di coesione interna, la gestione operativa. Per il marketing è una nuova, ulteriore, via al posizionamento dei prodotti e del marchio in un mondo sempre più sensibile a questi temi. Per i cittadini e i consumatori costituisce un vero e proprio valore che fa la differenza e di cui tenere sempre più conto. alessia.melasecche@libero.it

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J.F. Lyotard e il Po st mo d e rn o

La riflessione sulle principali caratteristiche del mondo contemporaneo è stata iniziata dal filosofo francese J. F. Lyotard (1925-1998) che, nel celebre studio La condizione postmoderna (1979), ha tracciato le linee guida dell’epoca attuale. Bisogna ricordare che egli, oltre all’importante studio sopracitato, fu costantemente impegnato sul fronte politico-sociale. Esponente della sinistra francese, redattore della rivista Socialisme et barbarie, fu in prima linea nel periodo della contestazione e frequentatore degli ambienti dell’avanguardia artistica e culturale. Da questo suo studio è scaturita una stimolante riflessione sull’età contemporanea che ha coinvolto intellettuali e studiosi nella ricerca di una definizione unitaria che la Postmodernità sfugge per sua stessa natura. I grandi movimenti della modernità come l’Illuminismo, l’Idealismo, il Marxismo volevano illustrare la realtà attraverso princìpi unitari: la ragione il primo, il dispiegarsi dello spirito il secondo, il materialismo dialettico il terzo. La postmodernità è caratterizzata dalla caduta di tali pretese e, di conseguenza, dal progressivo sgretolarsi delle certezze stabili che possono indicare all’uomo un percorso chiaro e pre-

ciso. Ogni ambito della realtà possiede una diversità, una specificità che non può essere negata da un principio unificatore; ogni tentativo di dare un’unità è solo apparenza. Secondo il filosofo francese la realtà è differenza, è molteplice e, in quanto tale, irriducibile; è cambiamento continuo, pertanto non circoscrivibile entro un sistema che pretende di essere assoluto. La molteplicità irriducibile della realtà è un dato di fatto che corrisponde non solo alla realtà delle cose ma produce anche ricchezza culturale, laddove in precedenza il principio unico conculcava ogni cosa in un rigido schema, impedendo ogni innovazione ed ogni apertura. Risulta, di conseguenza, irraggiungibile trovare un fondamento alla morale; ogni tentativo di dare stabile principio all’etica, legandola ad una legge unica, è destinato a naufragare perché è proprio la molteplicità irriducibile ad impedire all’uomo di trovare un principio stabile ed assoluto della totalità, obiettivo di tutte le filosofie, dai Presocratici ai pensatori contemporanei. L’età postmoderna inizia nel XX secolo, ma non vi sono date precise per fissarne l’origine; essa è caratterizzata nei suoi aspetti vari e contraddittori da una categoria fondamentale: la crisi degli immutabili e quindi si presenta con l’affermarsi dell’idea che nulla può poggiare su qualcosa di definitivo. Si perde progressivamente la fiducia nella filosofia come sapere certo, nelle leggi immutabili del mercato, nei sistemi politici totali e totalizzanti e nella fede dogmatica.

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Bisogna però precisare che alla base della postmodernità non vi sono princìpi metafisici, ma solo la presa di coscienza di uno stato di fatto storico in cui si assiste alla perdita di autorità delle istituzioni politiche, delle leggi morali, delle istituzioni religiose. Siamo, insomma, secondo Lyotard, di fronte ad una categoria empirica, non di fronte ad una ideologia precisa e strutturata. Attenzione però a non considerare la Postmodernità come una tendenza genericamente antimoder na, contraria allo sviluppo e al progresso scientifico, di cui, come vedremo, ne costituisce non l’opposizione, ma lo stadio più avanzato. E’ stata infatti la velocità vertiginosa con la quale la scienza e il progresso hanno modificato il senso della realtà a rendere inutile il tentativo di definirsi e di trovare stabilità durevole. In questo clima, dove nulla è definitivo, matura una profonda crisi dell’individuo; infatti l’uomo che, come soggetto cosciente, deve darsi un senso stabile, si trova completamente disorientato in balìa di una realtà che il progresso tecnologico muta in continuazione sotto i suoi stessi occhi. La perdita di fiducia nella stabilità, nel definitivo, conduce l’uomo contemporaneo a fare una continua opera di ridefinizione di sé. In questa ottica l’indefinito, temutissimo dalle filosofie antiche e moderne che ricercavano la certezza, assume un ruolo positivo. La Postmodernità non vuole evidenziare solo gli aspetti negativi del mondo contemporaneo, ma vuole definirne gli aspetti positivi quali l’allontanamento da un capitalismo rigido, il declino delle ideologie totalitarie, una nuova disponibilità e tolleranza verso la diversità culturale ed etnica, nuove possibilità di scambio culturale tra popoli, attenzione verso il rispetto dei diritti civili e delle Pierluigi Seri diversità.

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Ci risiamo. I regimi totalitari non si smentiscono mai. Ancora una volta la controinformazione è stata prontamente attivata per tentare di stoppare quello che vorrebbe essere dipinto come un complotto internazionale ai danni della dittatura di turno. Ed è con questa finalità che il governo cinese ha approntato la macchina organizzativa dopo l’ennesima dimostrazione pro Tibet e le conseguenti richieste di boicottaggio della cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Pechino, nate - udite, udite - sotto lo slogan One dream, one world. Tutti i paesi hanno, infatti, accolto la fiamma olimpica con dimostrazioni pacifiste a sostegno del Paese delle nevi, da oltre 50 anni sotto il dominio militare, politico e culturale della repubblica popolare cinese, che di popolare ha davvero poco. E così gli eredi delle guardie rosse hanno mobilitato migliaia di giovani a Wuhan - città universitaria del sud della Cina - per contrastare dall’interno le dimostrazioni anticinesi, volte ad affermare il diritto all’autodeterminazione dei popoli, il rispetto dei diritti umani e a denunciare la pulizia etnica e religiosa attuata scientificamente e chirurgicamente in Tibet. Sono state, così, organizzate in Europa dimostrazioni antifrancesi (si è arrivati ad esporre cartelloni con su scritto Giovanna d’Arco è una prostituta) ed antinglesi ad opera di giovani cinesi immigrati, fautori dell’ortodossia comunista. Mentre in Cina sono stati boicottati prodotti francesi ed oscurata la CNN. E l’Unione Europea come ha reagito a tutto questo bailamme? Ha deciso, salomonicamente (ma poi non tanto), di non ospitare a Bruxelles il Dalai Lama. I diritti dell’uomo e le conquiste realizzate nel vecchio continente all’indomani della Rivoluzione francese sono stati di botto accantonati di fronte alle pressioni operate da quella che si sta configurando come una delle potenze economiche più grandi del mondo. A princìpi come libertà e democrazia si è derogato in nome di gretti interessi di parte, di prospettive di export, di lucrosi scambi e di manodopera a basso costo. Tutto questo mentre i nostri mercati sono invasi quotidianamente da giocattoli ed abiti che contengono sostanze altamente tossiche, pericolose per la salute dei nostri bambini. Questo battage messo in campo dal governo cinese potrebbe configurarsi come una nuova ventata antioccidentale, con tutte le conseguenze politiche che questo comporterebbe. Paesi in cui la democrazia si è affermata e radicata nella società dovrebbero prender le dovute ed opportune distanze da governi che tentano di affermare la bontà delle proprie scelte attraverso metodi subdoli, falsi, ingannevoli ed infidi. Per questo occorre fare scelte coraggiose, basate su princìpi etici e politici forti, senza farsi ingannare da miraggi economici. L’arma del mercato e degli interessi di parte non può avere il sopravvento sui princìpi fondamentali che sostengono la democrazia. E’ una partita dura, ma va combattuta con forza e dignità. Claudia Mantilacci

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La CARIT SpA e La Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni hanno realizzato nel 2006 un volume fotografico intitolato TERNI. ... con questa panoramica fotografica si sono proposte di offrire una rappresentazione di Terni e del suo territorio visti con lo sguardo di George Tatge, fotografo italo-americano che conosce e ama la nostra città. Non ci si è quindi proposti di realizzare una rigorosa documentazione nell’osservanza dei criteri storici e stilistici del suo abitato, ma una serie di flash, delle immagini che hanno colpito la sensibilità del nostro visitatore ed è notevole dover constatare il particolare interesse suscitato dalle più recenti realizzazioni architettoniche cittadine, in un osservatore che proviene da una civiltà architettonicamente all’avanguardia. L’algida durezza che talora può trasparire dalle strutture architettoniche del cemento armato è stata garbatamente addolcita da scorci ambientali del passato e da immagini di un paesaggio che ha mantenuto una integrità naturale. Terni, settembre 2006 Avv. Paolo Candelori

Villa Fongoli (sec. XVIII)

Solo poche vestigia, appartenenti al rifacimento seicentesco, rimangono a testimoniare l’esistenza di questo edificio sacro distrutto dai bombardamenti. I cittadini hanno collocato in questo luogo i versi di un loro poeta: Ternanu mia, pe’ ccasu se passassi / davanti a ‘sta chiesetta e la / guardassi de quillu tempu ... no... nun te scordassi...

Ruderi della Chiesa di S. Andrea

Biografia George Tatge nasce a Istanbul nel 1951, da madre italiana e padre americano. Trascorre l’adolescenza tra Europa e Medio Oriente, poi si trasferisce negli USA. Laureatosi in letteratura inglese, comincia a studiare fotografia con Michael Simon. Si trasferisce in Italia nel 1973. Ha presentato mostre in America e in Europa. Le sue opere fanno parte di diverse collezioni tra cui quella del Metropolitan Museum di New York, della George Eastman House di Rochester, dell’Houston Museum of Fine Arts, della Bibliothèque Nazionale e della Maison Européenne de la Photographie di Parigi. Dal 1986 al 2003 è stato dirigente tecnico-fotografico della Fratelli Alinari di Firenze, città ove attualmente vive e lavora. Tra le numerose mostre personali e collettive: The American Academy of Rome, 1981; Archivio dello spazio, Palazzo Isimbardi, Milano, nelle sei edizioni dal 1988 al 1997; Centre Canadien d’Architecture, Montreal,1999; Site seeing: photographic excursion, George Eastman House, Rochester, N.Y., 2004. A cura di Eleonora Stentella

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S T I F O N E Alla ricerca dei tesori nascosti La Provincia di Terni per il territorio

La Provincia di Terni per il territorio

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Quante volte passando in treno, appena dopo il ponte narnese di Augusto, si rimane affascinati dallo splendido panorama surreale offerto dalle acque blu cobalto rese ancora più innaturali da una suggestiva cornice verde intenso. Non immaginavo che sulle rive di quell’acqua così tranquilla e cristallina sorgesse un piccolo borgo. Così, incuriosita, ho approfittato della giornata FAI di primavera che, per la prima volta nel comprensorio ternano, ha organizzato escursioni veramente interessanti. La centrale di Galleto la conoscevo già così come Palazzo Vecchio a San Gemini, quest’ultimo anche grazie a puntate culinarie in occasione della festa di fine autunno, ma Stifone mi intrigava veramente e devo dire che la realtà è stata superiore alle aspettative. Forse, grazie all’ottima organizzazione del neonato gruppo ternano guidato da Silvia Giani, Michele Giorgini e Cristina Scipioni, forse anche grazie alla puntuale ed instancabile guida dell’onnipresente e coinvolgente Roberto Nini, ho scoperto un piccolo angolo naturale, un piccolo gioiello nascosto che soltanto la nostra bella Italia sa offrire. Il percorso inizia dal piccolo slargo che costituisce la piazza principale, prosegue attraverso una viuzza stretta che lambisce la casa avita di Luigi Silori, già allievo di Ungaretti, scrittore, critico letterario e autore/conduttore televisivo, l’unico edificio di qualche interesse architettonico, di fronte al quale, in un modesto edificio, ebbe i natali nel 1869 quell’Aldobrando Netti che progettò e realizzò qui le centrali idroelettriche che consentirono l’illuminazione pubblica a Narni, per poi scendere giù verso il fiume fino al vecchio lavatoio, ad una delle sorgenti di purissima acqua minerale e sulfurea, fino alla centrale idroelettrica e al cristallino laghetto Miami. Vengo a sapere che l’acqua del Nera è stata per Stifone, che, come ricorda la nostra guida, trae il suo nome dal greco Schiphos (già porto fluviale da cui, secondo Tacito, salpò Gneo Calpurnio Pisone nel 19 dC), elemento fondamentale per i commerci e per diverse attività produttive come la valcheria, presente nel ‘500, che permetteva di rendere più morbidi i panni di lana tramite lavaggio e battitura o le ferriere nel ‘700 che, tramite lo sfruttamento dell’energia idraulica, consentivano la lavorazione dei minerali del Monte Santa Croce anche grazie alla realizzazione di una diga costruita per azionare le macchine della fonderia. Alle ferriere si sostituiranno i mulini i cui resti sono ancora visibili lungo le sponde del fiume. Dei 252 residenti che alle fine dell’ottocento affollavano la Chiesa di S. Marina, interessantissima per gli affreschi risalenti al XVI secolo e recentemente restaurati grazie all’intervento della Fondazione CARIT, oggi rimangono 34 abitanti, alcuni autoctoni, altri provenienti addirittura da paesi del nordeuropa che, affascinati dalla tranquillità e dalla magia del posto, si sono fermati qui. Per chi è cittadino da sempre e abituato alla indifferenza di una vita concitata e con il motore spesso a folle, l’essere accolti dalla spontaneità e dalla generosità delle donne del posto che non finivano mai di offrire deliziosi dolci di ogni genere, da un trio di musici che si è improvvisato colonna sonora di uno spettacolo offerto dalla natura in una tiepida giornata primaverile, è stata una esperienza davvero unica e indimenticabile Patrizia Liberati di cui il FAI di Terni è stato ottimo promotore.

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CREARE Niente di più fasullo, ma suggestivo ed affascinante, è... penetrare nel mondo della visione fantastica, creare, terra terra, pseudo agglomerati celesti senza potenti telescopi o sofisticati strumenti di calcolo. Una manciata di riso, pastine di varie forme, sassolini, cianfrusaglie minute e, in un’aula oscurata, si possono ottenere effetti fotografici su carta sensibile, come mostrano le foto accluse. Quando ogni giorno è piatto ed ogni giorno trascina l’altro snocciolandosi senza sussulti, una spruzzata di meraviglia attiva quei ricettori che incidono nel tessuto creativo, intellettivo ed emozionale di ogni bambino: la conoscenza si trasmette inoculando passione attraverso lo stupore e la passione crea conoscenza.

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Non è nello spazio che devo cercare la mia dignità, ma nel dominio del mio pensiero. Non avrò di più se possederò dei mondi. In quanto a spazio l'universo mi circonda e mi inghiotte come un atomo; in quanto a pensiero io abbraccio il mondo. Pascal

INTERAGIRE E’ un processo di trasformazione per interazione quello che si attiva durante l’esperienza dei fotogrammi: una luce artificiale, una carta sensibile e la magia è fatta... il foglio non è più lo stesso. Anche lasciato semplicemente sul tavolo, esso modifica la sua struttura e, nel tempo, spuntano qua e là ombre di colore sbiadito. Lentamente e misteriosamente, perché il foglio sembra desolatamente solo, si altera la sua superficie. Solo dopo, a trasformazione avvenuta, si riflette e ci si rende conto che il foglio solo non era... che ha sempre interagito con l’elemento aria. E’ l’eterno mutare: niente permane... tutto si trasforma. Tra corpi, elementi, sostanze in interazione dovrebbe fondarsi l’intero impianto didattico della scuola. Le discipline scompaiono e i simboli alfabetici, numerici, grafici, schematici diventano tutti, senza privilegi, veicoli di comunicazione per acquisire e trasmettere esperienze. Anche nel primo contatto con la matematica procedere al calcolo significa immettere dei dati... stabilire un comando... determinare una interazione tra elementi... operare una trasformazione: basta eseguire tenendo conto di questo criterio. Allestire un microhabitat in aula è di una semplicità estrema: una vaschetta trasparente, terra del cortile più vicino con alcuni organismi dell’ambiente (non sono repellenti, sporchi, pericolosi) come lombrichi, ragni, lumache... radici, rametti, fogliame, erbe... E’ un libro sempre aperto dal quale si evidenziano proprietà, caratteristiche, comportamenti, trasformazioni e, nel tempo, appariranno foglie triturate, rametti macerati, lombrichi spezzati, insetti in decomposizione: organismi in interazione per rinnovare e perpetuare la vita. In una scatola di plexigas... conoscenze destinate a non estinguersi. Il lessico assume una valenza primaria, il linguaggio diventa specialistico: la decodifica di un testo complesso avverrà, poi, con la lineare normalità di un parlato acquisito. Il filo d’erba che spunta dal cemento, il monticello di detriti in un angolo del cortile, accumulati dalla pioggia che ha eroso il muretto accanto, sono fenomeni di interazione la cui consapevole visione conduce a generalizzazioni di ogni tipo ed in ogni settore della conoscenza: non è solo la realtà che appare in continua trasformazione, ma è l’ uomo che vive, attraverso il pensiero, il suo eterno processo evolutivo. Sandra Raspetti

sanras@tele2.it per contatti su esperienze inerenti la scuola elementare da proporre per eventuale pubblicazione.

Con la fantasia si può viaggiare attraverso anni luce, ma occorre anche addentrarsi nel mondo dell’astronomia per associare ai fotogrammi fenomeni cosmici come la nascita di una supernova ovvero l’esplosione di una stella, una cometa in transito, una nebulosa o raggruppamenti di asteroidi.

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spettando quindi ogni credo professato indistintamente. Più che guardare all’aspetto globale vorrei soffermarmi su quello più spirituale. Penso che il credente che vive con tutto se stesso all’interno di qualsiasi comunità appartenga, viva a pieno tutte le scelte della sua vita, capisca il motivo di certi avvenimenti che costellano l’esis t e n z a umana, sia www.esercito.difesa.it positivi che negativi. Forse dico questo perché sonale. parlo da cattolica creIl tanto famigerato laicidente e praticante, ma è smo delle istituzioni non come un fumatore di spiva quindi confuso con nelli che invita a fumare ateismo. anche te perché a lui Un’istituzione laica, pur piace, credo che la quenon essendo coinvolta in stione fede sia quindi imquestioni religiose, dopossibile da affrontare vrebbe tutelare i diritti di obiettivamente! tutti i credenti e tutte le Un credente va al di là di confessioni religiose, ri-

ogni faccenda materiale, economica e burocratica della Chiesa, in particolare, tanto accusata di ostentata ricchezza; il fedele convinto ama la sua esistenza, è gioioso sempre, solare anche nei momenti più difficili, sorride alla vita che spesso si burla dell’uomo, non perde mai la speranza alimentata dalla fede... ma fede in che? (... Vi chiederete...). Fede nel fatto che qualcuno ci ama e ci guarda da lassù apprezzandoci per tutti i nostri difetti… la certezza dell’uomo di sapere che esiste qualcuno, da qualche parte, che lo ama, lo rende felice e realizzato; chi compie il male lo fa perché non sente di essere partecipe a questo sentimento che fa davvero girare il nostro pianeta. Io credo che chi, prima o poi, incontrerà Dio nella sua vita potrà capire davvero queste cose e sentirsi davvero consapevole di ciò che la vita è: AMORE! Maria Schiaroli

Ormai appena sentiamo venir richiamati i termini laico e credente viene quasi

del tutto istintivo associare una scelta e un dissidio, all’apparenza insiti nella parola stessa, che ci portano immediatamente a prendere posizione al riguardo, etichettando noi stessi e chi ci sta intorno. Tale contrasto non si risolve nel momento esatto in cui si prende coscienza di credere realmente in un dio o meno, ma riaffiora continuamente in ciascuno

di noi, in particolare nella sfera sociale. Il rischio che corriamo, in particolar modo che deve preoccupare chi si definisce credente, è il creare una netta scissione all’interno della nostra vita: da una parte ciò che riguarda la religione, dall’altra tutto il resto dell’esistenza. Il filosofo e teologo Cornelio Fabro sintetizzava questo modo di stare al mondo

assai riduttivo, ma nonostante ciò sempre più frequente in questi tempi, con la seguente formula: Dio se c’è, non c’entra. Giudicare qualsiasi circostanza della propria vita senza lasciare da parte il proprio credo religioso non è sinonimo di fondamentalismo, ma è segno di una fede (perché di questo necessariamente si tratta se ci si definisce credenti) che

non mette da parte nessun aspetto umano, che non cade, cioè, in uno sterile bigottismo; è soprattutto manifesto palese di coerenza. Il definirsi credenti è perciò un rischio continuo per la persona. Certo anche la posta in palio non è roba da poco… SimoneVenturi Cristiana Petrignani

Il mondo è popolato da uomini, ciascuno con una diversa concezione della vita. Studiando materie come Storia, Filosofia, Italiano ho potuto dedurre proprio questo: se fossimo tutti uguali le guerre per la religione non sarebbero mai esistite e vivremmo

in un mondo senza nessun tipo di risposta. Dio è Colui che ha creato la realtà, compresi noi stessi, ha inviato Suo Figlio Gesù sulla Terra e quest’ultimo si è sacrificato per salvare l’Umanità. Ma allora se il cristianesimo esprime la venerazione da parte delle

creature verso Dio stesso, perché non tutti gli uomini non sono cristiani? La risposta più concreta è quella data da Galilei che illustra le differenze tra verità cristiane e verità scientifiche. Lo scienziato spiega che queste due visioni del mondo non sono in oppo-

sizione tra di loro, perchè la Bibbia non si propone di spiegare la struttura del mondo fisico, ma di insegnare la via per salvarsi l’anima, mentre la scienza spiega agli uomini le leggi che regolano la vita sulla terra e non aspira certo ad indicare il più giusto ed il più

etico comportamento umano. Di conseguenza laici e studiosi si propongono di dare una spiegazione a tutto ciò che è spiegabile attraverso l’uso della ragione e degli strumenti appropriati. Ora sta a voi decidere: fede o ragione? Jacopo Feliciani 4B

L I C E O

S C I E N T I F I C NARNI O

LA BRECCIA DI P O R TA P I A

L i c e i

Vedo importanti esponenti ecclesiastici possedere macchine di lusso, portare al collo crocifissi di valore inestimabile e poi predicare l’umiltà e narrare le vicende di Gesù Cristo che è salito sulla croce privo di ogni bene se non quello della povertà. La domanda ai lettori appare scontata: come ci si può identificare in un’istituzione i cui rappresentanti deficiano di coerenza? Naturalmente la mia non vuole essere una critica a tutte quelle persone che cercano nel Dio cristiano

L I C E O

D O N AT E L L I

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S C I E N T I F I C O

lo scopo della propria vita, che si recano in chiesa la domenica per trovare parole di conforto e che amano il prossimo secondo l’insegnamento di Gesù. Il mio intento è quello di invitare i lettori ad operare le proprie scelte politiche basandosi sui propri princìpi eticom o r a l i senza farsi influenzare dagli appelli dei tanti esponenti ecclesiastici che sembrano non essersi accorti che a Porta Pia c’è una Breccia e continuano a voler controllare la politica in Italia. Voglio infine ricordare le parole di Camillo Benso Conte di Cavour: LIBERA CHIESA IN LIBERO STATO. Andrea Scoccione VA

Prima di tutto vorrei fare chiarezza sul significato di queste due parole: il laico è colui che non fa parte dell’organizzazione della Chiesa; credente è colui che professa una religione a seconda della propria convinzione per-

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L A I C I E C R E D E N T I


Spesso si usa separare le persone tra credenti e laici, facendo assumere a quest’ultimo termine il ristretto ed erroneo significato di agnostico o ateo. In realtà la corretta definizione di laico è: persona che non fa parte del clero e crede nella separazione tra Stato e Chiesa. Si è tornati a discutere delle differenze e delle analogie tra laici e credenti in modo particolare in ambito politico; è uso comune, infatti, far coincidere a torto e, a volte a fini propagandistici, il termine laico con quello di radicale. In realtà si può sostenere che chi si professa radicale deve necessariamente essere laico, ma al contrario non è diretta conseguenza dell’essere laico essere anche radicale. Il laico non è assolutamente estraneo a quell’ insieme di valori che permeano l’intera esistenza di un credente, anzi, capita molto spesso di trovare una fervente e più radicata religiosità in gente estranea alle istituzioni ecclesiastiche che nel clero. A volte ci troviamo di fronte a comportamenti ambigui tenuti da coloro che dovrebbero dare per primi il buon esempio, come esponenti del clero, che un laico proprio perché credente sente il dovere di denunciare. Ne consegue che il laico indirizza le sue azioni e le sue scelte politiche in modo tale da non tradire i valori morali come il rispetto e la promozione dell’inviolabile dignità dell’uomo, la valorizzazione della famiglia, il progresso scientifico e tecnologico a favore dell’umanità, la difesa della vita sin dal concepimento; tuttavia, visto che la società non è omogeneamente né elusivamente composta da credenti o comunque da persone aderenti ad un credo religioso, il legislatore deve tener conto anche delle esigenze e dei criteri morali di questi ultimi. Si tratta, quindi, di far rimanere nei propri ambiti di azione Istituzioni statali e clericali in modo da non creare attriti e controversie che renderebbero ingovernabile il Paese. Nella nostra storia va ricordato con la definizione di laico il ghibellin fuggiasco, Dante, che, sostenuto da una profonda religiosità, avallò per primo con la teoria dei due Soli la necessaria separazione tra Chiesa e Stato nella loro assoluta indipendenza e allo stesso tempo nella loro complementarità. Giulia Minucci, Maria Laura Coricelli

Un muro di incomprensione sembra essersi innalzato tra laici e credenti. Perché? Perché entrambi sbagliano e non si conoscono reciprocamente; barricati come sono dietro le proprie convinzioni, continuano a perseguire esclusivamente i propri obiettivi senza rendersi conto di far parte di una realtà più vasta. Occorre innanzitutto focalizzare l’attenzione sulle due fazioni in causa. Se cattolici infatti possono essere considerati tutti coloro che seguono la dottrina cristiana, riconoscendo alla Chiesa un ruolo di guida in ogni campo della propria vita, laici sono coloro che non aderiscono a tale visione spiritualistica-comportamentale. Cercando la definizione di laico su qualche enciclopedia probabilmente si trova questa: colui che, pur professando un dato culto, non è appartenente alla gerarchia del suo clero. Secondo tale interpretazione quindi anche i monaci sono considerati laici poiché non hanno mai ricevuto l’ordine sacerdotale. Solo nel corso degli ultimi anni la parola laico ha assunto un senso ambivalente, definisce chi non crede in Dio, l’ateo o l’agnostico, ma anche quei credenti che ritengono che il potere religioso debba rimanere nettamente separato da quello politico. Questi ultimi obbediscono alla dottrina cattolica e riconoscono il magistero della Chiesa, ma non ammettono intrusioni di quest’ultima nel potere temporale. Al contrario molti credenti ritengono che la morale cattolica e l’interpretazione offertane dalla Chiesa debbano ispirare gli atti politici di uno Stato. Quali sono dunque i terreni di scontro tra le due correnti? Moltissimi: dal ruolo del pontefice all’interno dello Stato Italiano, alle questioni etiche più importanti come aborto, eutanasia, clonazione. Se da una parte infatti i cattolici, coerentemente con la dottrina cristiana, si sono fatti difensori di quei valori che per tutto il corso della storia hanno caratterizzato la società europea e non solo, i laici, in difesa di una legittima autonomia di pensiero hanno sempre sottolineato veementemente come un culto non possa e non debba influenzare delle decisioni di portata globale. Rispettando necessariamente ciascuna delle due posizioni va detto infine che in un paese come l’Italia, in cui la Chiesa da sempre ha rivestito un ruolo fondamentale, non ci si possa scrollare di dosso in un attimo duemila anni di storia. Il più grande sforzo che le due parti allora dovrebbero compiere è quello di dimostrare una maggiore apertura l’una verso l’altra trovando dei compromessi che non costituiscano un tradimento delle proprie idee, ma un importante passo in avanti che porti davvero ad uno Matteo Crasti VE sviluppo e ad una crescita reciproca.

L Che vuol dire laico? dici: Io sono laico. Ma che intendi con laicità? Grande confusione. A Tu C’è chi pensa all’ateismo, chi al sincretismo religioso, chi all’anticlericalismo, chi … In realtà, laico (dal greco laoj, popolo, gente) si riferisce a colui che non appartiene al clero cioè alla parte I della società consacrata a Dio. Tu dici: Io sono laico. Forse intendi ateo? Oppure vuoi dire che non accetti dogmatismi? C Che sei autonomo rispetto alla religione? Forse vuoi dire che non la pensi come i preti? Storicamente il termine laico viene dal tardo medioevo, quando nacque la realtà dei comuni e quando i spostarono l’asse della vita dallo spazio sacro del sagrato a quello laico della piazza e quando I mercanti sostituirono al tempo sacro, scandito dalla chiesa, il tempo profano del lavoro, del commercio, Nel medioevo e agli inizi dell’età moderna laicità significava questo… . E dell’amministrazione. …E oggi? C R E D E N T I

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G . C . TA C I T O

D i o

Siamo naturalmente religiosi? Contro gli eventi che lo assalgono, l’uomo vuole essere più forte e cerca il confronto con Dio. Spesso capisce di essere impotente e, allora, cerca di smontare l’avversario pur consapevole che non potrà prendere in giro nessuno. (cfr. Giacobbe che lotta contro Dio). Tralasciando la Bibbia, il credere o non credere in Dio ha aperto fonti di dibattiti e conflitti: basti pensare a quello tra Fede e Scienza. Giordano Bruno diceva che il cosmo è perfettamente ordinato per non esserci un Dio. Il Prof. Zichichi, scienziato dei nostri giorni, dice che con tutti gli anni che si è occupato di scienza è giunto alla conclusione che non può non esserci Dio. Nella splendida armonia dell’universo c’è Dio, nella bellezza delle cose e anche dentro di noi. Qualcuno mi chiese: Dammi la prova che Dio esiste. Io risposi: Quando colpisci qualcuno, non senti una voce che ti dice di aver sbagliato? Quella è la coscienza, quello è Dio. Essere credenti, dunque, è un modo di essere uomini, attenti ai segni e Gerardo Lombardo alle presenze di Dio in noi.

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Cassa di Risparmio di Terni e Narni S.p.A. Gruppo Intesa Sanpaolo

La vita nel Medioevo era accompagnata da un gran numero di strumenti musicali. Alcuni di loro sono sopravvissuti fino ai giorni nostri, anche se in aree geografiche limitate, oppure modificando il loro aspetto e il loro suono. In generale, la musica prodotta dal vivo da strumenti musicali era un’espe rienza che sia i cittadini che gli abitanti delle campagne provavano con una certa frequenza; forse maggiore rispetto a oggi, epoca in cui è facilissimo ascoltare musica riprodotta, ma pochissimi cantano o suonano qualcosa. Il luogo per eccellenza del canto senza accompagnamento strumentale era la Chiesa (chiese, monasteri, conventi); questo perché la preminenza assoluta data alla Parola di D-i-o vietava l’uso contemporaneo di strumenti che la nascondessero. Ma era veramente così? Diciamo che, in via di principio, non si dovevano utilizzare strumenti durante le Liturgie sacre: ma poi il Maestro veniva raffigurato mentre insegnava gli intervalli al giovane monaco con l’aiuto del Monocordo; come molti (troppi) Concili abbiano vietato l’uso di strumenti in Chiesa, per non far pensare che in pratica si utilizzavano. Da tale condanna generale venne sempre escluso l’Organo; ed è curioso pensare che, nei secoli IIII, i Padri della Chiesa si scagliarono proprio contro di esso: per loro l’organo (inventato in Egitto nel III secolo a.C. da Ctesibio di

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Gli strumenti musicali del Medioevo

Un gruppo di Piccoli Romei e della classe II E - SM Leonardo da Vinci - in visita da S. Ecc. Mons. Paglia, a cui hanno donato il loro CD “Ad te levavi” e il DVD del concerto da loro tenuto a Foligno coll’Ensemble Micrologus il 19-12-2008

Alessandria nella forma di Hydraulos - coi mantici messi in moto dall’acqua) era lo strumento simbolo della Pompa Diaboli, lo strumento che accompagnava col suo suono le processioni trionfali degli imperatori e i massacri dei nemici dell’Impero e dei martiri cristiani. Dopo la divisione dell’Impero, l’organo continuò ad essere utilizzato nelle cerimonie degli imperatori di Bisanzio. Nel 757 uno di questi donò un organo a Pipino il Breve, che lo fece collocare nella chiesa di San Cornelio a Compiègne. Da allora iniziò la rapida diffusione dello strumento nei luoghi di culto cristiani ed il suo utilizzo nella liturgia, all’inizio per sottolineare le Laudes Reges. Attraverso questa via, il suo uso divenne l’unico accettato dalla Chiesa anche nella Liturgia. Una versione più piccola dell’organo si diffuse poi al di fuori della Chiesa: un

piccolo strumento detto portativo (si teneva a tracolla e si suonava da seduti, appoggiato sulla coscia sinistra) fornito di dieci-venti tasti (e relative canne), suonati solo con la mano destra da un esecutore, che al tempo stesso azionava un piccolo mantice con la sua mano sinistra. Questo strumento era, ad esempio, fra quelli utilizzati per ribadire la melodia - o per accompagnarla con semplici bordoni nell’esecuzione di Laude medievali umbro-toscane, come delle Cantigas iberiche: si tratta di canti sacri del Due e Trecento, cantati al di fuori della Liturgia, con testi non più

in latino, ma nelle nascenti lingue romanze moderne. Il manoscritto che ci ha trasmesso la raccolta delle Cantigas di Santa Maria (dedicate alla Vergine e ai suoi miracoli) è per noi la principale fonte per conoscere l’aspetto degli strumenti utilizzati nel tardo Medioevo. Fra gli strumenti che vi riconosciamo, compaiono strumenti a corde quali il salterio, la sinphonia, il liuto e il rebab, la viella (antenati rispettivamente degli strumenti a corde pizzicate come la chitarra, e sfregate da un archetto, quali il violino e gli altri archi); organo, flauti (semplici e doppi), cennamelle, bombarde, flauto e tamburo, e altri strumenti a fiato di diverse fogge; serie di campane intonate, piatti, e altre percussioni. La spiegazione di questa varietà di strumenti musicali nella penisola iberica va trovata nell’influsso della musica araba, da cui

Cassa di Risparmio di Terni e Narni S.p.A. Gruppo Intesa Sanpaolo

proviene la maggior parte degli strumenti. Un caso per tutti: il liuto, il cui nome deriva dalla parola araba l’ud - il pezzo di legno, dal materiale con cui era costruito. Trasferitisi nell’Europa occidentale, questi strumenti cominciarono una evoluzione propria, che li portò a differenziarsi profondamente dagli antenati medievali, a costituirsi in famiglie di diverso registro, a dare vita all’orchestra classica. Naturalmente, tagliando con l’accetta più di un millennio di storia musicale. Mi sia permesso chiudere queste righe con un ringraziamento, a nome dei Piccoli Romei di San Michele Arcangelo, alla FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI TERNI E NARNI, che ci ha donato di recente tutti gli strumenti che vedete raffigurati in questa pagina (da miniature delle Cantigas), e altri ancora. Per la precisione: organo portativo, salterio, tamburello con sonagli, tammorra muta, set di triangoli, due coppie di naqqara, sinphonia, un set di campane, una cornamusa gallega, un flauto a tre fori, flauti dolci. Con l’occasione, invitiamo tutti i bambini e le bambine e le ragazze di Terni, dai sei anni fino alla muta della voce, a Venire a cantare con noi - e anche a suonare questi strumenti medievali. Fabrizio Mastroianni

Per informazioni: www.piccoliromei.it 347-7949963


I.T.C . F E DE RICO CE S I Eleonora Stentella

LA S CU O L A : O P P O RT U N ITA’ O P R O BLEMA? Studenti ed insegnanti insieme in ricerca Chi ha detto che gli studenti non si interessano alle sorti della scuola? Il caso dell’indagine condotta dalla classe IVC programmatori dell’I.T.C. F. Cesi di Terni, durante il corso di quest’anno accademico, dimostra proprio il contrario. Gli studenti, supportati dalla insegnante di religione, Franca Pietralunga nonché dall’insegnante di matematica, Irene Bizzarri, hanno condotto un’indagine statistica sul tema: La scuola opportunità o problema? Quale scuola per il Paese? Un questionario costituito da 48 domande, di cui 22 rivolte agli studenti e 26 ai docenti, è stato fatto circolare all’interno dell’Istituto coinvolgendo la quasi totalità del corpo scolastico. I risultati dell’indagine condotta dagli studenti saranno resi pubblici, insieme a quelli di altre scuole di Terni, Narni e Amelia, in un Convegno che si terrà il 20 Maggio, alle ore 17, presso la Sala Blu del Palazzo Gazzoli, come conclusione del Progetto Insegnanti in Laboratorio: un’iniziativa di carattere cittadino che è stata promossa durante il corso dell’anno e che è ancora in via di realizzazione. In pratica, l’iniziativa rappresenta un vero e proprio Laboratorio di ricerca ed analisi statistica nel quale gli insegnanti di tutti gli ordini della scuola hanno deciso di investire spontaneamente al fine di confrontarsi ed ampliare i loro orizzonti in relazione alle nuove problematiche emergenti dal pianeta scuola.

Nel convegno conclusivo, che si prefigge l’obiettivo di aiutare tutti gli operatori della scuola a fare il punto della situazione, parteciperanno come Relatori: un rappresentante del Ministero della Pubblica istruzione, tutti i Presidi delle scuole superiori, un Sociologo, un Pedagogo e, naturalmente, una rappresentanza degli studenti che hanno partecipato al progetto. A quest’ultimi sarà affidato l’onere di presentare il resoconto dell’intera ricerca. Al convegno potranno partecipare tutti gli studenti e le persone interessate. La Pagina augura che l’evento riscuota il dovuto successo ed è proprio in virtù di questo augurio che si interroga sulle aspettative nutrite dagli studenti che hanno partecipato alla realizzazione del Progetto. La nostra aspettativa è quella che tutte le persone invitate a questo incontro, dopo aver conosciuto le nostre opinioni sulla scuola, ci possano proporre le loro interpretazioni e i loro punti di vista, sperando di “dare” e “ricevere” suggerimenti per una scuola in grado di svolgere più compiutamente il suo ruolo di formazione e di educazione. Il fine di tale ricerca è proprio quello di offrire un’occasione per avere un quadro realistico dell’attuale situazione scolastica per poi farne un punto di partenza verso un processo di ristrutturazione, che possa risolvere gli aspetti negativi e potenziare quelli positivi. Siamo consapevoli dei limiti e delle difficoltà cui andiamo incontro, ma rimaniamo comunque fiduciosi che tutto questo possa essere uno dei tanti tasselli verso la costruzione di qualcosa di veramente significativo per l’intera società. 3%

IL QUESTIONARIO

19%

Il questionario affronta in primis la seguente tematica: Ti piace/ti piaceva andare a scuola? Il sì degli studenti deriva principalmente dallo star bene con i propri compagni 22% (43,80%) e dalla fiducia riguardo alla spendibilità del proprio diploma (25,21%). Alla restante parte degli studenti non piace andare a scuola a causa di un difficile rapporto con i professori (51,68%) o per aver sbagliato la scelta dell’indirizzo scolastico (21,48%). Gli studenti di ieri andavano a scuola volentieri convinti di ottenere da essa cultura (28,30%) e formazione (32,08%). Dai risultati del sondaggio si evince altresì che l’alunno di ieri ne riconosceva il ruolo e, malgrado il minor colloquio, dichiara di aver avuto con loro un buon rapporto (22,64%), mentre un’altra parte dichiara che non amava andare a scuola a causa del difficile rapporto con i docenti (33,33%) o perché convinta che non avrebbe ottenuto un adeguato grado di istruzione (33,33%). Un altro quesito proposto nel questionario è quello dedicato al tema del bullismo. A quali forme di bullismo hai assistito o hai subìto in prima persona? Mettendo a confronto i vecchi e i nuovi studenti si evince che oggi si manifesta un numero più elevato rispetto al passato di atti di bullismo sotto forma di: derisione, minacce e intimidazioni, forme di discriminazione e di intolleranza, percosse, altro. Infine l’ultimo tema del sondaggio pone la seguente domanda: cosa occorre modificare perché la scuola in Italia diventi veramente un’istituzione educativa e funzionale all’inserimento dei giovani nella società? Secondo la maggior parte degli studenti intervistati, per far diventare la scuola un’istituzione educativa dovremmo valorizzare di più le eccellenze (19,30%) e cercare un maggior collegamento tra scuola-lavoro e scuola-università. Tra i docenti, invece, le idee più radicate sono quelle secondo le quali si dovrebbe, da un lato intensificare il rapporto con l’ambiente esterno (21,45%), dall’altro (20,65%) si dovrebbero assumere docenti con un maggior grado di professionalità.

3% 28%

25%

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O spedale STATUTO ORGANICO DELLO OSPEDALE CIVILE DI TERNI La Congregazione di Carità nell’adunanza del 7 aprile 1902 deliberò lo Statuto Organico dello Ospedale Civile di Terni. Tale Statuto era suddiviso in quattro capitoli: capitolo primo Origine - Scopo - Mezzi capitolo secondo Amministrazione e personale di servizio capitolo terzo Norme per l’ammissione degli infermi capitolo quattro Disposizioni generali Capitolo Primo Origine - Scopo - Mezzi Art. 1 - Origine - L’Ospedale Civile di Terni già retto dalla Ven. e Nob. Confraternita di S. Nicandro fu fondato per donazione del concittadino Tristano di Joannuccio con rogito 7 settembre 1366 e venne quindi riordinato con aumento di rendite provenienti dalle soppresse confraternite dei Disciplinati, di S. Antonio Abbate, del Suffragio o S. Lucia come emerge da Decreto di Mons. Martino Innico Caracciolo, Visitatore e Commissario apostolico, approvato da Papa Clemente XII in data 3 Maggio 1739. Allo Spedale trovansi aggregate l’Opera Pia Galeani, l’Eredità Pennacchi ed il legato Montani Leoni, conforme agli scopi e decreti regi menzionati nello Statuto organico della Congregazione di Carità. Inoltre secondo le disposizioni testamentarie del fu Mario Pennacchi si riconosce l’onere di far celebrare in perpetuo in ogni festa di precetto e nell’interno dello Spedale, una Messa in suffragio dell’anima del testatore, tanto per comodo degli inservienti quanto per comodo degli infermi. Art. 2 - Scopo - L’Ospedale ha per iscopo di dare ricetto e cura gratuita agli infermi poveri d’ambo i sessi nati e domiciliati in Terni, affetti da malattie curabili, febbricitanti, fratturati e feriti in quel numero che risulterà dal bilancio potersi annualmente mantenere colla rendita dell’Istituto. Dà pure ricovero a malati il cui ingresso viene imposto di urgenza a termini dell’Art. 79 della legge 17 luglio 1890, ma però con diritto a rimborso verso quei Comuni che alle spese di spedalità sono tenuti per legge. Art. 3 - L’Ospedale potrà ancora ricevere malati non poveri, domiciliati o no nel comune, dietro esibita di solida sicurtà per il pagamento della spesa occorrente per ogni giornata di presenza. Art. 4 - Sotto la parola poveri si intendono tutti coloro che non solo non posseggono né beni stabili, né mobili, né crediti, ma che neppur esercitano arti od industrie passibili della tassa di professione o tasse personali a senso delle leggi del Regno. In base a tali criteri dovrà il Comune di Terni fornire annualmente alla Amministrazione dello Spedale un esatto elenco dei poveri a termini delle disposizioni contenute nella vigente legge sanitaria. Art. 5 - Mezzi - L’Ospedale provvede al mantenimento dei propri infermi colle rendite provenienti dai fondi rustici e urbani, coi frutti dei censi e canoni enfiteutici, nonché cogli interessi di cartelle nominative del Regno, secondo l’inventario redatto in conformità delle norme prescritte dalla legge 17 luglio 1890. Capitolo Secondo - Amministrazione e personale in servizio Art. 6 - Amministrazione - La Congregazione di Carità di Terni

costituita in virtù della legge 3 Agosto 1862 e regolata dalla legge 17 luglio 1890 N. 6972 regge ed amministra l’Ospedale Civile di Terni già affidato a detta Congregazione per Decreto Reale in data 28 gennaio 1864. Art. 7 - Personale di Servizio Il servizio sanitario dello Spedale Civile è adempiuto per tutti i ricoverati indistintamente dai Signori Medici e Chirurghi condotti della Città di Terni nominati dal Comune. Apposita pianta organica stabilisce i salariati addetti al servizio interno del Pio Istituto.

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Capitolo Terzo - Norme per l’ammissione degli infermi Art. 8 - Per ottenere l’ingresso nello Spedale dovrà l’infermo essere munito di un certificato rilasciato da uno dei Medici o Chirurghi di Terni, il quale oltre il nome, il cognome, patria e domicilio del malato dovrà anche specificatamente indicare il genere di malattia da cui è affetto e in special modo, in caso di malattie mediche, se vi sia concorsa la febbre. Detto certificato medico dovrà sempre portare in calce la vidimazione del Sindaco o di persona incaricata dall’Autorità Municipale a vidimarlo, quando il Comune non fornisse in tempo debito l’elenco annuale dei poveri contemplato all’art. 4. Per gl’infermi non poveri basterà il solo certificato medico e l’obbligazione di fidejussore idoneo a garantire la spesa delle giornate di presenza. La donna nell’imminenza del parto e gl’infermi ricoverati d’urgenza, purchè compresi nell’elenco dei poveri, sono fatti esenti dalla produzione preventiva dei suddetti certificati, ma l’Economato dello Spedale dovrà nelle 24 ore di ricovero provvedere d’ufficio alla richiesta vidimazione dei documenti stessi. Art. 9 - Gl’infermi ammessi nello Spedale hanno il dovere di ubbidire puntualmente alle prescrizioni dei medici e dei chirurghi e sottoporsi alle operazioni giudicate utili e necessarie: contravvenendo a tali disposizioni vengono licenziati dal ricovero. Capitolo Quarto - Disposizioni Generali Art. 10 - L’Ospedale Civile avrà un inventario, un bilancio e un rendiconto separati e redatti secondo le disposizioni della Legge 17 Luglio 1890 e relativo regolamento amministrativo e di contabilità in data 5 febbraio 1891. Art. 11 - Conforme alle disposizioni dell’art. 3 N. 1 e art. 19 N. 19 dello Statuto Organico della Congregazione di Carità il Bilancio dello Spedale Civile avrà una categoria intestata “contributo alla Congregazione per tasse, stipendi e spese di amministrazione”. Art. 12 - Nelle epoche dalla Legge fissate per le Istituzioni di Beneficienza il Tesoriere della Congregazione di Carità, che è pure Tesoriere dello Spedale Civile rende conto di questa gestione nelle forme stabilite dalla Legge anzidetta, e il consuntivo col conto morale, viene rimesso per l’approvazione della Giunta Provinciale Amministrativa. Art. 13 - Essendo l’Ospedale Civile una istituzione pubblica di beneficienza secondo il carattere già impressole dal R.° Decreto in data 27 Novembre 1864, la Congregazione di Carità, intende ad esso Ospedale applicabili tutte e singole le disposizioni della legge 17 Luglio 1890 e degli annessi regolamenti 5 febbraio 1891. Art. 14 - Le norme per la migliore gestione morale ed economica dell’Opera Pia sono stabilite in apposito Regolamento interno. Presenti i Signori: GIULIANI ATTILIO - Presidente LAZZARI GIUSEPPE - LOCATELLI GIULIO BORZACCHINI AUGUSTO - SIMEONI Dott. ALFREDO CARACIOTTI LORENZO - Membri f.) R. GRADASSI-LUZZI - Segretario Approvato con R.D. dato a Racconigi lì 29 Settembre 1902 f.) VITTORIO EMANUELE III

A cura di Emanuela Ruffinelli e Daniela Ghione

...dal 2002 il mensile di

arte storia scienze racconti 14


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Dallo spazio scorsi la Terra, indicibilmente bella senza le cicatrici dei confini nazionali.

Con questa, sono tre le uscite mensili sull’astronomia. Ancora meglio userei la parola puntata. Fateci caso, a puntate sono le nomine degli asteroidi (due al mese); a puntate sono le descrizioni delle costellazioni (due al mese); le trattazioni di articoli di fondo richiedono più puntate (per gli asteroidi ad esempio, tre); le storie in vernacolo di Lunardinu, una al mese; la storia dell’astronomia è iniziata un milione di anni fa e ogni puntata si avvicinerà sempre di più a noi; le pillole di astronomia, ogni puntata una diversa (per una cura sull’ignoranza a 360 gradi!). E allora? Allora un consiglio: dopo averla letta, La Pagina, va conservata in luogo ben asciutto e riconsultata per l’esigenza! Tra gli asteroidi nominati, abbiamo inserito Borzacchini anche per ricordare che il 31 di maggio/1 di giugno, si disputerà a Terni il XIII Trofeo Borzacchini con sfilate Tonino Scacciafratte di auto d’epoca.

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Presidente A.T.A.M.B. tonisca@gmail.com

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Attività dell’Associazione: Sabato 10 maggio In collaborazione con la IV Circoscrizione Colleluna, porteremo numerosi telescopi in zona Campomaggiore (nei pressi della scuola media Giovanni XXIII) fin dal primo pomeriggio. Si osserveranno di giorno le protuberanze e macchie solari, quindi la Luna di 5 giorni e l’osservazione della volta celeste con Saturno da protagonista.

A sso c i a z i o ne Tern an a A strofili M a ssi m iliano B eltram e Via Maestri del Lavoro, 1 - Terni tonisca@gmail.com 329-9041110

www.mpc589.com L’osservatorio astronomico di S. Erasmo è aperto gratuitamen te per i cittadini l’ultimo venerdì di ogni mese dalle ore 21,30.

Osservatorio Astronomico di S. Erasmo Osservazioni per il giorno venerdì 30 maggio 2008 La Luna, all’ultimo quarto, purtroppo non sarà visibile. In cambio avremo un cielo più scuro che favorirà la visione di oggetti deboli. Per i pianeti non è un buon periodo, ad eccezione di Saturno in prima serata; per Giove c’è da aspettare il prossimo mese. Gli oggetti del profondo cielo che saranno puntati dal telescopio di 400 mm di diametro: l’ammasso globulare M13 e la galassia M63. Ad occhio nudo saranno spiegate tutte le costellazioni visibili ed i relativi modi per orientarsi sulla volta celeste. Nella saletta adiacente la cupola, con computer e sofisticati programmi, andremo a spasso per l’universo. Federico Guerri

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Una

Muhammad Ahmad-Faris (Soyuz TM-3, Luglio 1987)

costellazione

al mese

Questo mese ci occuperemo di altre due costellazioni circumpolari, Cassiopea e Cefeo, visibili tutto l’anno anche se in posizioni diverse rispetto alla Polare. Partendo da Mizar (ricordate la stella centrale del timone del Grande Carro?), si tracci una linea passante per la Polare e la si prolunghi più o meno della stessa distanza Mizar-Polare: troveremo un gruppo di cinque stelle abbastanza luminose a forma di W o di M a seconda della stagione dell’anno. È la costellazione di Cassiopea. In primavera, con il Grande Carro alto in cielo e Cassiopea all’orizzonte, la forma è quella di una W, in autunno con il Grande Carro che lambisce l’orizzonte e Cassiopea molto alta, si vede una M. Prendendo invece come riferimento la linea che unisce le ultime due stelle delle ruote del Grande Carro (gli Indicatori) alla Polare e prolungandola di circa la metà, incontriamo la costellazione di Cefeo, costituita da un quadrilatero sormontato da un triangolo, una casetta appunto, come spesso viene chiamata. Le due costellazioni, Cassiopea e Cefeo, insieme alle vicine costellazioni autunnali Andromeda, Perseo e Cetus, sono collegate da una delle più belle leggende del mito greco. La regina Cassiopea, moglie del re di Etiopia Cefeo, era solita vantarsi della sua bellezza e di quella della figlia Andromeda tanto da suscitare le ire delle Nereidi, le ninfe del mare. Queste si lamentarono con il dio del mare Poseidone che, adirato, mandò la Balena, Cetus appunto, a devastare le coste etiopi. Cefeo, per placare il mostro fu costretto a sacrificare la figlia Andromeda, incatenandola ad uno scoglio. Fortunatamente, al momento propizio, intervenne Perseo, con il suo cavallo alato Pegaso, che liberò la fanciulla e la sposò. Come d’obbligo, re, regina, principessa ed eroe vennero posti in cielo in una stessa zona. Giovanna Cozzari

Pillole di Ast ronom ia Quanti sanno che le stelle si muovono? Basta guardare il cielo anche per dieci minuti per accorgersi che le stelle che si trovano basse sull’orizzonte si spostano; con il passare delle ore notiamo che si spostano da est verso ovest come fa il Sole di giorno. Attorno alla stella Polare, che in un certo luogo, di giorno, di notte, d’estate, d’inverno è sempre lì, riferimento immutabile, le stelle percorrono delle orbite circolari. In realtà la Polare apparirebbe esattamente immobile solo se fosse proprio sul polo nord celeste, ma non è così, distandone 44’. Lo stesso moto delle stelle è solo apparente, perché, come quello del Sole, è il risultato della rotazione reale della Terra attorno al proprio asse. Ma allora le stelle non hanno un movimento reale? Certamente, ma non quello che notiamo noi. Quello vero è così lento, a causa delle distanze estremamente grandi, che le posizioni delle stelle nelle costellazioni rimangono immutate per millenni. Osservando il cielo in modo più assiduo, si può costatare che non si ritrovano le medesime stelle alle stesse ore con il passare dei giorni. Dopo alcuni mesi non si ritrova più lo stesso cielo perché la Terra ruota attorno al Sole. Le stelle situate nella stessa direzione del Sole sono invisibili, ma lo spostamento della Terra nella sua rivoluzione ce ne permette l’osservazione 6 mesi più tardi. E’ così possibile riconoscere il cielo stagione dopo stagione e, come gli antichi, capire quando si avvicina l’inverno, in base a come si presentano certe costellazioni. GC

LE STELLE L’andra sera camminavo pe’ strada co’ la testa per aria... Una, due, tre, ... sette, otto, ... diciotto, diciannove, … quanno me sento a ffa’... Stai friscu!... Che stai a cconta’ le stelle? J’ho rispostu... Ciai ‘zzeccatu... Zzichi’! Mo’, però, pe’ ’ll’impiccioni come tte... co’ qquesta so’ ssette vorde ch’arcuminciu! Scusame tantu... Lunardi’... m’ha dittu... ma che tte credi... anche se cciai l’occhiu de lince le vidi tutte!? A ddi’ tantu... a occhiu e ccroce poli ‘rriva’... a cinque... seimila... contannole pure quarcuna doppia o... ttripla... e mmettennoce pure che llampione! Devi sape’... m’ha seguitatu a ddi’... che ppiù la magnidudine è arda e ppiù tocca addopra’ li strumenti sufisticati pe’vvedelle. Co’lu telescopiu Habbele... che cciavemo in orbita... semo ‘rrivati a la ventisettesima... coll’occhi nudi... se ‘rrivamo a la sesta è ggrassu che ccola! M’ha dittu che se ne so’ ‘rtrovate sui centomijardi! De tutte le misure... nane, subbenane, giganti, subbegiganti, medie... de tutti li culuri, a ssecondu se scottono de più o dde meno... ‘zzurre, bianche, gialle, ‘rancioni, rosce… anche a ssecondu de lu rumore radiu... le pulsare, le quasarse... e ppo’ dice che quelle nòve è ‘nutile che sse contono... perché stanno pe’ scoppia’... penza ‘n bo’!? Io sarò daltonicu... ma tutti ‘lli culuri... no li vedo. E ppo’ me poi di’ tuttu quillu che tte pare... ma lu sole nostru no lu vidi quantu è grossu e cche vvorda pure quantu è ccallu? Andru che ggigante ‘zzurru! Me tt’ha rispostu... Certo che ne dici de fregnacce... ma quillu è pperché ce sta vicinu... sennò è ‘na nana giallastra! Se ppotessimo ‘vvicinalle tutte a ddistanza ‘guale... n’arconosceristi più gnente! Seguita a cconta’Lunardi’... ch’è mmejo! Steo pe’ rrincumincia’... quanno t’ho datu ‘na smusata contro ‘n palu de la luce… me so’ vvistu le stelle come se mme girassero ‘ntorno e… come ‘n sottofonnu me so’ ‘ntesu a ffa’... Quelle stelle non sò se cce l’hai contate... ma de sicuru quillu lampione me pare de no! Paolo Casali paolo.casali48@alice.it


A proposito di Orione...

Asteroidi

Giove, Posidone e Mercurio sono insieme in cammino. Il vecchio Irieo, coltivatore d’un piccolo campo, li scorge mentre sosta davanti alla sua modesta capanna e dice loro: La via è lunga, ma non lungo è il tempo che resta al finir del giorno: la mia porta è sempre aperta ai forestieri. Aggiunge un sorriso alle parole, e di nuovo li invita: assecondano l’invito, fingono di non essere dèi ed entrano nella dimora del vecchio. Irieo, inginocchiato, attizza la fiamma soffiando, tira fuori frammenti di torcia e ve li sminuzza sopra. Sono sul fuoco due recipienti, il più piccolo con fave, l’altro con erbe; bollono l’uno e l’altro premuti dal loro coperchio. Mentre aspettano, il vecchio mesce vino rosso con la tremula mano; il dio del mare riceve il primo bicchiere; appena bevuto, dice: Ora beva Giove. Il vecchio impallidisce al solo udire quel nome. Come rientra in sé, sacrifica l’unico bue che gli coltiva il campo e l’arrostisce ponendolo su un grande fuoco; dall’orcio affumicato cava il vino che un tempo, da ragazzo, vi aveva travasato. Si sdraiano gli dèi su giacigli fatti con erbe di fiume. Giove così dice: Se ardentemente desideri qualcosa, chiedi: tutto otterrai. E Irieo: Ebbi cara la sposa, ben noto ardore dei miei anni giovanili. Mi chiedete dove sia ora? La ricopre l’urna. A lei giurando, e invocando voi a garantire la mia promessa - Solamente tu godrai del mio connubio - dissi. Dissi e mantengo; tuttavia ho un altro diverso desiderio: vorrei diventare padresenza essere sposo. I tre numi assentono. Si dispongono insieme intorno alla pelle del bue... ma il pudore impedisce di descrivere il resto. Poi coprono la pelle bagnata gettandovi sopra della terra. Trascorsi dieci mesi, viene alla luce un bambino. Irieo, giacché il bambino era nato in quel modo, lo chiama Urione: la prima vocale perderà poi il suono originale. (da Ovidio, Fasti, V, 495-536) Orione diventò un gigante bellissimo. Amava trascorrere le sue giornate a caccia, accompagnato dal fedele cane Sirio. Fu posto, dopo la morte, tra gli astri a formare la costellazione, vicina alle Pleiadi, che prende il suo nome. Anche il suo cane Sirio fu tramutato nell’omonima stella. GR

Con questa terza parte chiudiamo al momento la trattazione degli asteroidi, illustrando cosa si sta effettivamente facendo per fronteggiare il grosso pericolo di un eventuale impatto con la Terra. Ho detto in precedenza che conosciamo già le orbite di circa 300.000 asteroidi, ma non possiamo dormire sogni tranquilli in quanto fra gli stessi asteroidi ci sono collisioni che generano frammenti più piccoli che possono immettersi in orbite pericolose per la Terra; inoltre la forza gravitazionale di Giove perturba le orbite cambiandone a volte i parametri - leggasi: quelli non pericolosi lo possono diventare! -. Le statistiche ci dicono che può cadere sulla Terra un asteroide di piccole dimensioni ogni 10.000 anni e uno con effetti devastanti per l’intero pianeta ogni 100.000 anni. Quando arriverà il prossimo? Lo staremo ad aspettare rassegnati? Certamente no. Come possiamo difenderci? Di teorie ne sono state fatte a decine, ma quelle considerate più realistiche hanno tutte lo stesso scopo: andargli incontro quando ancora è lontano e provocare una piccola deviazione dell’orbita. Ciò si potrebbe fare colpendo l’asteroide con pesanti proiettili ad alta velocità, esplodere cariche nucleari ad una certa

Urina, ae

urina o orina ed anche liquido seminale

Una decina di minisonde che scavano e scagliano via il materiale, sfruttando l’effetto razzo, e modificano l’orbita dell’asteroide. (Idea del ricercatore italiano Daniele Fargion - Le Stelle - Febbraio 2008 - Fotomontaggio sull’asteroide Itokawa)

distanza, modificare l’orbita di un asteroide piccolo e mandarlo a collidere con quello pericoloso, far atterrare sul pianetino sonde con motori accesi che conferiscono spinte nella direzione voluta, oppure usando il rinculo prodotto da scavatori meccanici che prelevano ed espellono piccole quantità di materiale, o ancora, installare enormi vele riflettenti da agganciare sull’asteroide e sfruttare la pressione della radiazione solare. Fin qui le teorie, ma in pratica? La NASA invia nello spazio una serie di navicelle: nel 1989 la sonda Galileo sorvola da vicino gli asteroidi Gaspra e Ida; nel 1999 la sonda Deep Space 1 passa a 26 Km di distanza da Braille; la sonda Stardust prima di arrivare sulla cometa Wind 2 incontra l’asteroide Anne Frank; la Near-Shoemaker,

dopo averlo accarezzato per benino effettua un morbido atterraggio sull’asteroide Eros nel 2000; la sonda Deep Impact spara un proiettile da quattro quintali contro la cometa Tempel nel 2005 e sempre in questo anno, i giapponesi fanno atterrare la navicella Hayabusa sull’asteroide Itokawa per prelevare campioni da riportare sulla Terra. Insomma li stiamo studiando, fotografando, analizzando e stuzzicando, ma al momento dobbiamo solo augurarci che ancora per qualche milione di anni se ne stiano buoni buoni per loro conto! Milioni di anni sì, e che saranno mai... una bazzecola! Il tempo e lo spazio, su scala astronomica, sono entità che sbalordiscono davvero e ci occuperemo di loro in un prossimo TS numero.

Asteroidi scoperti dall’Osservatorio di S. Lucia di Stroncone Nominati dal Minor Planet Center, Cambridge, USA B acon in B orzac c hini

Fe de ric o Ce si

N° 6923 MPC 30799

N° 8112 MPC 33388

Discovered 1995 May 3 at Stroncone. Discovered 1993 September 16 at Stroncone. Named in memory of Baconin Borzacchini (1898- Named in memory of Federico Cesi ( 1585-1630 ) a scientist and humanist of the Italian Renaissance who 1933), italian automobile racing champion. devoted his life and property to the Accademy of the Lincei, which he founded at the age of eighteen and of which Galileo was a member.

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N o n è u n g i o c o d a r a g a z z i Cardinale rosso granivoro becco corto e tozzo

E’ il momento giusto. Biologi, appassionati e curiosi vari possono incontrare, con la schiusa dei primi fiori e dei primi caldi, alcuni tra i più indifesi e simpatici esseri viventi: gli uccellini caduti dal nido.

Pigliamosche insettivoro becco allungato e sottile

Biologi ed appassionati, simpatici ed indifesi, il problema è tutto in queste quattro parole: inutile dire quanto chiunque possa essere attratto da questi esserini e tentato dal portarseli a casa. Dall’altra parte biologi e addetti al settore che non smettono di informare, pur con spazi inesistenti, quanto questo atteggiamento umano, possa risultare addirittura letale. Purtroppo l’aspetto che viene sottovalutato è nell’enorme sensibilità e nelle caratteristiche biologiche

di questi uccelli, lontanissime da quelle dei mammiferi a cui l’uomo appartiene. Così, molto spesso, quello che doveva essere oggetto di simpatia finisce per essere oggetto di pianto, data un’inevitabile morte. Questo è il momento giusto, dunque; da qui in poi, fino alla prima estate, vari piccoli di uccelli saranno in difficoltà: cerchiamo di aiutarli veramente! La soluzione migliore è quella di rivolgersi ad esperti ed eventualmente adottare piccole norme di primo soccorso. Da un punto di vista biologico si devono necessariamente rispettare le loro inclinazioni etologiche e nutrizionali, che variano da specie a specie. E’ qui che va inserito il concetto di imprinting (K. Lorenz), ovvero quella forma precoce di apprendimento che permette al nidiaceo di determinare l’appartenenza alla propria specie e che scaturisce dal rapporto materno-filiale. Da questo segue che sostituendo il genitore naturale con un essere umano, l’uccello andrà incontro a situazioni anomale quali aber-

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razioni del comportamento sessuale nonché una vera e propria antropomorfizzazione che renderà l’animale dipendente dall’uomo. Le caratteristiche biologiche fanno dunque sì che l’uomo debba avvicinarsi a loro con grande sensibilità, cercando di capire il loro stato emotivo. Ricordate sempre di evitare sbalzi di temperatura, luce improvvisa, ariate. Tenere inoltre lontano da tv, radio e rumori che possano disturbarlo. Di vitale importanza è inoltre la loro alimentazione. Questa infatti è negli uccelli altamente specializzata (Darwin, fine ottocento). Se non rispettata, porta, in brevissimo tempo, l’uccello alla morte. Se l’animale si trova nelle prime fasi di vita non è semplice riconoscere la classe alimentare di appartenenza, dato l’amorfismo del becco, che è il principale indicatore delle sue abitudini alimentari future. Altri momenti significativi nello svezzamento di un uccello sono legati alla stimolazione di alcuni dei loro istinti che, in natura, verrebbero stimolati dal genitore: quello alimentare e quello di ispezione. Aiutiamoli dunque a volare da soli. Martino Raspetti Corvo imperiale onnivoro becco lungo e robusto

U n p o p o l o o p p r e s s o La volontà tibetana di affrancarsi dal governo centrale cinese ed acquisire una propria autonomia, rientra nel quadro infinito dei tentativi che molti altri paesi nel mondo reclamano per affermare un principio di libertà. Situazioni politico-amministrative come quella del Tibet si ripetono, con effetto fotocopia, in ogni continente e in ogni tempo, con l’unica differenza nelle proporzioni geografiche e demografiche del problema, ma il diritto di un popolo ad affermare i princìpi di libertà ed autonomia non dipende dal numero degli aspiranti. I Paesi Baschi, la Catalogna, la stessa Padania, il Kossovo, il Kurdistan, e via, via centinaia di realtà africane, asiatiche, sudamericane, reclamano un’autonoma gestione delle proprie risorse, una propria identità storica, linguistica, economica o geografica, che cercano di realizzare nelle forme più varie: dalla lotta armata alla pacifica divulgazione internazionale del disagio sofferto. Nel caso del Tibet, è stata colta l’opportunità delle Olimpiadi per far conoscere al mondo le incomprensioni con la Cina. La comunità mondiale assiste da tempo alle sofferenze del popolo tibetano, ma si è finora posta ad osservare lo svolgimento dei fatti con prudente interesse. Allo stesso modo, oriente e occidente conoscono le violazioni nel Darfur, nello Zimbabwe, nei Balcani, in Iraq e Palestina, ma, a parte l’attività delle diplomazie, ci si guarda bene dall’intervenire a sostegno di una delle parti. Strumentalizzare lo Sport, spegnere la fiaccola olimpica, boicottare i Giochi significa dire addio

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all’unico veicolo di comprensione fra i popoli; significa bruciare ogni chance di ricomposizione della disputa;significa rinunciare alla più istintiva forma di dialogo. Seppure partorita dalla mente del più spietato dittatore della storia, Adolf Hitler, l’idea di istituire con la fiaccola olimpica un ideale abbraccio fra tutti i popoli della Terra era nobile. E tale deve restare, se non altro per mantenere vivo l’unico gesto di umanità del Führer. Aggredire il simbolo dei Giochi e far passare l’azione come condanna per i diritti violati non è una scelta né intelligente, né coraggiosa. Il boicottaggio nei confronti di un paese che si ritiene colpevole di crimini contro la libertà e l’umanità si fa sul piano economico, isolandolo dal contesto internazionale. Se questa misura viene esclusa è perché gli interessi commerciali valgono molto più della vita di un popolo oppresso, ma per coerenza è bene che questo atteggiamento vigliacco non sia camuffato da puerili e sterili dichiarazioni, ma parli alle coscienze di tutti un unico linguaggio di condanna. Ing. Giocondo Talamonti

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The day after Dopo la vittoria, il leader del PDL Silvio Berlusconi si è subito messo al lavoro. Una gaffe di risonanza internazionale ad una conferenza stampa con Putin e un’altra nel commentare la presenza femminile nel governo Zapatero. Ci aspettano cinque lunghi anni. Sono in molti a ritenere che tanti voti operai persi dall’estrema sinistra siano finiti alla Lega. Era dunque giusta la definizione della Lega come costola della sinistra? Invitato a ragionare sull’argomento, Roberto Calderoli si è così pronunciato: “Effettivamente il nostro partito ha saputo dare voce alle istanze dei ceti popolari come la sinistra di derivazione marxista non è ormai più in grado di fare. Siamo stati i più decisi, per fare un esempio, nel contrastare l’immigrazione, fenomeno funzionale alla formazione di quell’esercito di lavoratori di riserva di cui il capitale ha sempre teso a garantirsi la disponibilità, al fine di contrastare le rivendicazioni salariali dei lavoratori. Similmente, possiamo vantarci d’essere stati in prima linea nella lotta contro il riconoscimento di diritti e la concessione di aiuti economici alle coppie non sposate e omosessuali: una proposta schiettamente classista, mirante ad attuare un trasferimento di risorse finanziarie dal complesso della popolazione a quelle sue frange alto-borghesi cui generalmente appartengono i portatori di valori e stili di vita non tradizionali.

Ancora, va ricordato il nostro impegno in favore della sicurezza delle città, questione che a sinistra è stata affossata dalla farisaica tolleranza di quegli intellettuali che dopo avere passato la giornata a pontificare contro lo sgombero d’un camponomadi, ubicato in una periferia ove si guardano bene dal mettere piede, si chiudono nelle loro abitazioni videosorvegliate del centro storico e passano la serata con gli amici fumando spi-

nelli e ascoltando le canzoni di De André in cui i criminali appaiono trasfigurati in personaggi romantici. Tutto ciò, comunque, varrebbe a poco se non fossimo anche capaci di comunicare le nostre idee in termini più comprensibili rispetto alla sinistra: io stesso, com’è ormai abbastanza noto, nei comizi e nelle mie apparizioni televisive rifuggo dai discorsi astrattamente teorici, preferendo mantenere un basso profilo che, se in taluni casi mi ha procurato delle critiche da parte dei benpensanti, in compenso mi ha molto aiutato a far conoscere ed apprezzare le posizioni leghiste, sia pure pagando un piccolo dazio in termini di semplificazione del messaggio.”.

Al lavoro per salvare l’Alitalia dalle grinfie francesi! Berlusconi ancora si contiene, ma si mormora che a breve con l’amico Putin annuncerà una fusione della nostra compagnia di bandiera con la potente Aeroflot, la mitica compagnia di stato ex-sovietica. Intanto Rete 4, per aiutare gli Italiani a familiarizzare con l’idea, le domeniche pomeriggio sta ritrasmettendo i film della serie Airport. Galvanizzato dalla vittoria, Berlusconi ha subito promesso l’eliminazione dell’ICI e il ripristino del bonus-bebé. Pochi giorni dopo, si è dichiarato pronto ad attuare misure impopolari. In mezzo, dev’esserci stata una rettifica che ci è sfuggita, del genere Scusate, Tremonti mi ha consigliato di rivedere al ribasso le stime del gettito fiscale, data l’inspiegabile crescita della evasione fiscale in atto dal 15 aprile. O forse no, forse le due dichiarazioni non sono in contrasto: può darsi che abbia solo dimenticato di precisare che si riferiva esclusivamente all’ICI gravante sulle terze case (magari anche sulle seconde, se ubicate sulla Costa Smeralda) e ai figli nati da genitori ultrasettantenni. Se è così, ci siamo persi un bel siparietto: “Vedete, signorine (ammiccamenti alle giornaliste presenti), noi uomini anche ad una certa età…”. In zona signorile, finemente ristrutturato, doppia esposizione, tripli servizi, termo autonomo, garage annesso, vendesi loft… Ferdinando Maria Bilotti

Dalla P alla P di

FMB

Pace Breve intervallo tra una guerra e l’altra, che dà modo alle popolazioni di riprodursi in misura sufficiente da rimpinguare i ranghi degli eserciti, le cui capacità distruttive altrimenti calerebbero di conflitto in conflitto. Pacifismo Rifiutarsi d’intervenire in un conflitto, appoggiando di fatto il contendente più forte. Patinato Qualità attribuita ad un rivestimento che dona un’apparente raffinatezza a ciò che nella sua essenza è irrimediabilmente squallido e volgare, come ad esempio l’erotismo dei servizi fotografici e dei calendari “d’autore”. Patria Un suolo che dia frutti. Paura della solitudine Sentimento che ci spinge ad abbracciare i nostri carnefici. Pazientare Non pretendere che il seme sia grande quanto l’albero. Peccati Quelli che più c’indignano sono i nostri, quando vediamo altri commetterli. Perbene Oggetto della generale derisione e disistima. Le persone perbene sono i reietti della società, i suoi nuovi paria, i lebbrosi da cui essa giustamente si protegge per evitare di esserne decontaminata.

Piacere Vile surrogato della gioia. Pluralismo Disinformazione a più voci. Poligamia Costume giustamente esecrato dalle civili popolazioni occidentali, consistente nel prendere una nuova moglie senza abbandonare quella vecchia ed i figli da lei avuti. Politica L’arte di sporcarsi le mani mantenendo pulita la propria coscienza. Presente Quell’istante che attendevamo con ansia finché era futuro e che rimpiangeremo quando sarà divenuto passato, ma di cui al momento non possiamo occuparci perché abbiamo altro da fare. Primo piano Inquadratura un tempo riservata al volto dell’intervistato ed oggi a quello dell’intervistatore. Principio Nulla a che vedere con la fine, ed ancor meno col fine. “È una questione di principio”: è una questione, per lo più, di danaro. Pubblicità Lo specchio idiota della società. Pudore La vergogna dell’onesto.

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