N° 5 - Maggio 2010 (75°)
I nostri figli Giampiero Raspetti Le prime mosse, sul cervello-scacchiera di un neonato, le fanno i genitori. La mamma è la prima maestra (vedi riquadro a pag. 6). Poi, cervello e scacchiera vengono, per così dire, consegnati alla scuola dell’infanzia ove il bambino comincia, col differenziare i messaggi, a percepire che le fonti delle informazioni sono, oggi, molteplici e, sovente, oblique, ridondanti, contraddittorie. Si prepara a saper vedere, quindi ad intus legere, o intellegere. Intorno ai 6 anni di età, inopinabilmente, lo rituffano nel seno della maestra unica, ovviamente digiuna di conoscenze simboliche, ma che, per non riciclare il Libro Cuore, viene, con operazione di facciata, battezzata come prevalente. Prevalente rispetto a chi, se non c’è ombra di insegnanti scientifici? Nessun insegnamento qualificato per la vera salute mentale dei nostri figli, per gli apprendimenti cioè legati alla matematica, ovvero al saper vedere. Ma, se saremo bravi e buoni, soprattutto ottimisti, avverrà, vedrete, un intervento magico per effetto del quale anche le maestre prevalenti, diplomate o laureate, saranno colpite dal cosiddetto morbo del calcolo infinitesimale e manifesteranno una autentica predilezione per le geometrie non euclidee. I politici no, ma noi cittadini, ci rendiamo conto di quello che sta avvenendo? La matematica, linguaggio e regina delle scienze, ha bisogno di esperti veri, non di ripetitori di formule, delle formidabili sintesi di pensiero cioè che la maestra unica non può capire se non a costo di poderose specializzazioni. E così la partita a scacchi è, oggi, inesorabilmente compromessa. Per tornare alla metafora della scacchiera, l’insegnante delle elementari si trova, comunque, di fronte ad una partita già avanzata. E’ nel primissimo periodo di vita infatti che il bambino riceve l’impronta di base che conterà non solo sul suo sviluppo psichico equilibrato, ma anche sulla capacità di interessarsi alle cose, memorizzare, attivare i circuiti mentali, costruire la sua attitudine a imparare, immaginare, esplorare, capire. A sviluppare, in definitiva, intelligenza e creatività. E allora, chi insegna alla madre, poiché tutto è delegato, in pratica, all’istinto materno, ad effettuare le prime mosse valide? La mamma è consigliata, in pratica, solo in merito alle virtù di pappe e pannolini! I prodotti reclamizzati riguardano tutti la parte biologica; pochissimo c’è per gli stimoli mentali che, con evidenza, commercialmente non rendono come gli omogeneizzati. Ci dovrebbe pensare lo Stato, in uno Stato civile. Ma i nostri tempi, oltre alla diminuzione della qualità e della quantità della matematica, vedono ormai un impegno quasi totalizzante ad allevar veline, ad inculcare passioni per beni effimeri, ad iniettare menzogne e veleni, a produrre gossip, pettegolezzo cioè. E così dobbiamo pensarci noi, ai nostri figli. Dobbiamo cercare di dare il gusto della ricerca scientifica, l’amore per la scienza e per i suoi linguaggi. Alcuni di noi si stanno dando da fare. E tu?
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E dopo L’Aquila, una risata... - F P a t ri zi Pausa pranzo a Mumbai - A Mel a secch e Maggio all’Astra - B R a t i n i Stranezze d’aprile - P F a b b ri Liberazione - F B o rzi n i INTERPAN Festa della maternità - G R a sp et t i Il silenzio del colore - B R a t i n i Emozioni - P L i b era t i Liceo Classico - A B a rt o l l i n i , G Mo t t a MANDELA - G A n g el o sa n t i , ML B i a n ch i n i Il mito della razza - P S eri Diritti umani - M R i cci SUPERCONTI - C o n co rso d i d i seg n o Matematica - F N eri Crediamo in quello che diciamo? - C C o l a sa n t i La rivolta delle carriole - A L i b era t i Sicurezza atomica: verso una nuova frontiera - A L Livio Agresti - F o n d a zi o n e C a ri t Astronomia - T S ca cci a f ra t t e, G C o zza ri Astronomia - P C a sa l i , F Va l en t i n i SUPERCONTI
Ci piacerebbe credere che sia l’amore a determinare il nostro destino, o che i veri fattori formativi che dirigono la nostra vita siano i grandi sogni e le passioni dell’anima o i progressi delle scienze tecnologiche. Invece, nel vivere reale, solo le idee del business sono di fatto sempre presenti, dalla soglia di casa alla scrivania in ufficio, dall’alba al crepuscolo. E fra le idee del business, il potere la fa da padrone. J. HILLMAN Forme del potere (1995), p. 9
E d o p o L’ A q u i l a ,
Pausa pranzo a Mumbai
una risata seppellirà le carceri La notte in cui L’Aquila tremò, due costruttori ridevano nel letto sfregandosi le mani pensando alla ricostruzione; business di cui erano sicuri, dal momento che avevano un rapporto fiduciario con la ditta appaltante, cioè la Protezione Civile, monstrum giuridico che può affidare i lavori senza ricorrere a gare pubbliche, né sottostare ad organi di controllo. Su questo intreccio di imprenditoria, politica e corruzione, le indagini sono in corso, ma dopo quella notte, a rischiare di essere seppellite da quelle stesse risate, sono oggi le carceri e domani i musei. Partiamo dal principio. Il Governo Berlusconi conferisce alla Protezione Civile il potere di decidere in totale indipendenza le modalità di intervento, messa in sicurezza e ricostruzione laddove persista una situazione di emergenza. A L’Aquila, i lavori sono affidati ad una ormai nota cricca di cui fa parte anche il cognato di Bertolaso. Prima de L’Aquila, lo stato di emergenza aveva riguardato il Palazzo del Cinema di Venezia, non certo minacciato da calamità naturali, la caserma dei carabinieri a Firenze, la costruzione della immensa struttura per il (mancato) G8 alla Maddalena… tutti lavori affidati alla stessa cricca che ha potuto liberamente lanciarsi in imprese folli come la posa di un cavo per l’adsl via mare dalla costa laziale per consentire l’uso di internet nello yacht che avrebbe ospitato a cena i Grandi della Terra! Un wire-less in pieno mare per consentire a Obama di andare su twitter e oggi assolutamente inutile. Ad indagini ancora in corso, nel mese di marzo il Governo ha stanziato, questa volta senza la consueta enfasi mediatica, 2.1 miliardi per una nuova emergenza: la costruzioni delle nuove carceri italiane. Il Commissario straordinario Franco Ionta deciderà, con pieni poteri e in assoluta indipendenza in stile Bertolaso, a chi affidare i lavori. Risultato: la costruzione delle carceri di Sassari, Nuoro e Tempio sono già state assegnate alle ditte di Anemone, Carducci e Piscicelli, quello che la notte del terremoto rideva. Prima degli avvisi di garanzia agli imprenditori e ai vertici della Protezione Civile, Berlusconi aveva proposto Bertolaso come Ministro della Cultura, per tutelarlo dalle indagini giudiziarie (deduzione avanzata dalla stessa cricca in un’intercettazione), ed anche perché era pronto un altro piano emergenza per i Beni Culturali secondo il quale il neoministro, con l’ennesimo decreto straordinario, avrebbe affidato la gestione dei musei (bookshop, cataloghi, etc.) alla Mondadori-Electa della bella Marina. Abbiamo desunto queste informazioni da giornali stranieri mai smentiti che osservano con lucidità il declino del nostro Paese e lo raccontano a tutti, tranne a noi, che non vogliamo sentire cosa nascondono le risate del potere. Francesco Patrizi
Anche a casa vostra
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L’ho incontrato a Dubai, si chiama Manish Tripathi, un simpatico e sorridente ragazzo indiano, che racconta La magia dei Dabbawala. Si presenta con il copricapo bianco di Gandhi in testa (per chi non lo indossa sono 2 dollari di multa!), e un biglietto da visita che lo ritrae al lavoro… carico di gavette. Fino a qui niente di eccezionale, se non che, con una efficienza leggendaria, 200mila pranzi vengono quotidianamente consegnati sul posto di lavoro, da un esercito di cinquemila portatori di gavette. Tra i tanti miracoli di Mumbai, ce n’è uno che si ripete ogni giorno, da centoventi anni. Non è eclatante come la storia di Jamal nel pluripremiato The Millionaire, anzi, è un banale evento quotidiano, ma ha il sapore dell’incredibile... oltre che quello del curry che affiora dalle speziate gavette. I protagonisti si chiamano dabbawala - dal marathi dabba, “gavetta” più walla, “trasportatore” - e sono uno dei cardini della ristorazione aziendale di Mumbai. Ogni giorno circa 5mila dabbawala (tutti appartenenti alla comunità Maratha, in modo da assicurare cooperazione, coordinamento, lavoro di squadra e sinergia) consegnano quasi 200mila pasti caldi, dai fornelli delle abitazioni nelle periferie, amorevolmente preparati dalle mogli, fino a giungere sulle scrivanie degli uffici, nel centro città. La loro efficienza è leggendaria: 1 errore ogni 16 milioni di consegne… inferiore ad un sistema robotizzato! Il business comincia nel 1890, e da allora il sistema è rimasto pressoché immutato: tecnologie sofisticate e codici a barre appartengono a un altro mondo. Nella città più densamente popolata dell’India, i dabbawala conducono un business verde: si muovono su biciclette e treni locali, con un ineccepibile sistema “a staffetta”, garante di consegne puntuali. Il meccanismo che permette l’identificazione di mittente e destinatario, invece, si basa su codici di lettere e numeri segnati sulle gavette e facilmente memorizzabili anche da analfabeti tenuto conto che una buona parte dei fattorini non sa leggere. Qualche altra curiosità: non c’è un’età per andare in pensione e l’età media degli addetti è di 53 anni. Il fatturato, circa 1 milione di dollari all’anno, è contabilizzato a mano senza usare alcun tipo di tecnologia o software. Il servizio di consegne non si è arrestato neanche durante l’inondazione del 2005 e gli attacchi terroristici del 2006 e del 2008. La società è certificata ISO 9001:2000 ed è nel Libro dei Guinnes come miglior esempio al mondo di gestione del tempo. Un carico di dabba può pesare fino a 170 chili e per un mese la consegna della gavetta costa 7 dollari a fronte del compenso di un dabbawala che è di 150 dollari al mese. Il segreto del successo? La possibilità offerta a migliaia di impiegati di fruire di un pasto economico, proveniente dall’affidabile cucina domestica e, elemento piuttosto rilevante se sei in India, preparato dal membro di una casta non inferiore alla propria. Il geniale sistema di catering pare sia nato con l’idea di garantire ai coloni britannici, ovunque si trovassero, piatti di origine anglosassone, provenienti dai fornelli accesi sotto l’egida della Union Jack, senza essere costretti a rivolgersi alla cucina indigena. L’estensione successiva alla popolazione locale ne ha decretato il vero successo. Oggi Mumbai, tra grattacieli e open space, è inebriata dal recente boom economico grazie anche ad eccellenti primati in campo tecnologico. Ebbene i dabbawala, inconsapevoli icone di integrazione fra passato e futuro, ne rappresentano non solo un esemplare caso di efficienza logistica, ma sono divenuti persino oggetto di studio da parte di economisti occidentali. Ma la cosa che più dovrebbe far riflettere è che ognuno è azionista della società, tutti hanno la stessa remunerazione. Non solo: Presidente, Segretaria e Direttori effettuano quotidianamente le loro consegne, in media, come tutti gli altri, 40 al giorno: un esempio virtuoso per alcune nostre cooperative in cui, all’insegna della solidarietà, molti faticano, ma a.melasecche@meta-group.com sembra che solo pochi si arricchiscano!
LA
PA G I N A
Mensile di attualità e cultura
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Maggio all’Astra
Foto Olimpio Mazzorana
laboratori
Terni e il teatro. Siamo sempre lì: di idee ce ne sarebbero, ma i mezzi scarseggiano. E’ possibile concretizzare un progetto teatrale a patto che si riducano al minimo i costi e non ci si azzardi ad aspirare a un ritorno economico… insomma, a condizioni del tutto irragionevoli. Nonostante ciò qualcuno è disposto comunque a impegnarsi e spendere energie per la propria idea, sempre che riesca ad accedere a qualche fondo che permetta una copertura (almeno parziale!) delle spese. Grazie al bando IG open, i cui fondi sono destinati a co-finanziare idee di giovani del comune di Terni, è possibile per alcuni gruppi e associazioni accedere a un contributo. Tra i progetti vincitori del bando 2009 comparivano anche due proposte teatrali che nel mese di maggio verranno messe in scena nel piccolo teatro Astra, presso la chiesa di San Francesco a Terni. Sabato 15 e domenica 16 sarà il turno di Il maestro e Margherita, libero adattamento del romanzo di Bulgakov, e, venerdì 21 e sabato 22, toccherà a Parole => malintesi. La regia di entrambi gli spettacoli è di Elena Marrone che quest’anno, oltre a curare il progetto della propria compagnia di giovani attori si è dedicata anche a quello promosso dalla sezione provinciale dell’ENS, Ente Nazionale Sordi. Quest’ultimo spettacolo può definirsi davvero una sfida alle barriere della comunicazione rappresentate dalla lingua. Hanno lavorato insieme sordi segnanti e non, interpreti LIS, udenti che frequentano il corso per imparare la lingua dei segni e udenti che non sono mai stati prima a contatto con la Beatrice Ratini comunità dei sordi.
Lab
Stranezze d’aprile Immaginate una nazione, e in questa nazione una città, e in questa città una università; e immaginate, naturalmente, che in questa università tenga lezione un professore. Un docente universitario è certo un intellettuale, ma in ultima analisi è un uomo come tutti gli altri: ha un lavoro complicato da svolgere, un lavoro di ricerca scientifica da coniugare con l’attività didattica: e questo tipo di coniugazione riesce bene solo a poche persone. I professori universitari si dividono, per gran parte, in due sezioni quasi stagne; una per i docenti dotati di alta capacità didattica, quelli che sentono l’insegnamento come loro attività principale e primaria; gli altri che invece si trovano a loro agio solo nei loro studi e nei loro laboratori, occupandosi attivamente delle loro ricerche. La leggenda vuole che un buon ricercatore sia un pessimo insegnante, e viceversa. Ma il nostro professore se la cava bene in entrambe le attività. Immaginate anche che la sua vita sia particolarmente ricca: una delle sue figlie è una scrittrice, e scrittrice di talento; di certo una delle maggiori del suo tempo nella sua lingua. Uno dei suoi generi è un industriale: ma industriale famoso, geniale e rivoluzionario, al punto che su di lui si scriveranno libri e tesi di laurea, si gireranno documentari e si terranno simposi. Ma soprattutto ricca, nel senso di dotata, è la sua classe di studenti: ad un certo momento della sua carriera, il nostro professore si troverà a tener lezione ad un uditorio dove siedono vicini tre studenti, e ognuno di questi tre studenti vincerà un premio Nobel. E non sarà un premio che condivideranno fra loro, no: ognuno di loro lo vincerà indipendentemente dagli altri due, in anni diversi. E’ una storia che sembra incredibile, tanto appare poco probabile. Anche le nazioni più ricche e le università più prestigiose avrebbero difficoltà ad individuare delle personalità in grado di coagulare attorno a sé tanta ricchezza culturale: e la storia è tanto più incredibile quando si scopre che quella nazione non sono gli Stati Uniti, ma la nostra piccola Italia. Qualche tempo fa, però. La città è Torino. Nella sua università, in quella che allora si chiamava Reale Accademia di Medicina, insegnava Giuseppe Levi, un grande ricercatore all’avanguardia della medicina dei suoi tempi. La sua primogenita, Paola, fu la prima moglie di Adriano Olivetti, mentre la sua ultimogenita, Natalia, diventò famosa con il nome di Natalia Ginzburg. Sui banchi dell’Istituto di Medicina da lui diretto si trovarono a passare Salvador Edward Luria, premio Nobel nel 1969; Renato Dulbecco, premio Nobel nel 1975; e infine Rita Levi-Montalcini, premio Nobel nel 1986. Tutti e tre i premi, naturalmente, erano per la categoria Medicina o Fisiologia. E’ strano, e anche un po’ triste, che storie italiane così belle siano anche così poco note. Di Rita Levi-Montalcini si parla ad ogni Aprile, ma è forse ormai famosa più per come indossa bene i suoi molti anni che per la maniera in cui riusciva ad operare al microscopio embrioni di pollo usando aghi da cucito come microbisturi, e scoprendo il Nerve Growth Factor; una scoperta solo di poco meno importante di quella del DNA. Di Dulbecco qualcuno forse ricorda la sua partecipazione ad un Festival di Sanremo, più che per le sue scoperte sui meccanismi di interazione tra virus tumorali e il materiale genetico delle cellule. Di Luria, probabilmente, sanno qualcosa solo gli addetti ai lavori. Ed è un peccato, perché ci sono storie nelle storie: Rita Levi Montalcini compie gli anni proprio vicino alla Festa della Liberazione, e guarda caso, il suo maestro Levi fu uno di quei docenti colpiti dalle leggi razziali del 1938. Dulbecco nel 1943 entra nelle file partigiane, e diventa parte del CLN della città di Torino. Luria, nel 1938, aveva vinto una borsa di studio per andare negli USA, ma le leggi razziali gli tagliano i fondi, in quanto ebreo. Se ne va allora in Francia, e da lì, nel 1940, quando i nazisti invadono il paese, scappa in bicicletta fino a Marsiglia, dove riesce ad imbarcarsi per l’America. In epoca di celebrazioni del 25 Aprile, si dovrebbero sentire raccontare in ogni dove, storie come queste. Invece si sente raccontare di sindaci che non vogliono che la banda suoni Bella Ciao, di ministri che spiegano che è più importante arrostire tori e polli per celebrare San Marco che ricordare la Resistenza, che i partigiani erano solo guerriglieri un po’ scemotti a cui nessuno aveva detto che la guerra era finita. E’ uno strano paese, questo. Piero Fabbri
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Settore AcquAriAlimenti Tel. 0744.406722 Microbiologica e chimica degli alimenti e delle acque Consulenza ed assistenza tecnico-legislativa in aziende alimentari Valutazione, progettazione, implementazione piani HACCP Corsi di formazione ed aggiornamento
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L i b e r a z i o n e La Provincia di Terni per la cultura
Mica me po' fa male mezzo bicchiere. Il bianco torbido di una vita lo sente sotto il naso come una quotidiana liberazione. Il medico gliel'ha detto che non dovrebbe bere, ma un omone grande e grosso, di più di ottant'anni, non lo convinci facilmente. La sua cocciutaggine, fatta di lunghi silenzi e di grugniti appena accennati, non è certo materia che può essere piegata facilmente. Lo sai che invece te fa male, Renà. La voce di sua moglie è quella di sempre, con un fondo di dolcezza che non riesce ad essere petulante. Quella poretta, la chiama lui. Se non fosse per quella poretta, io avrei già... Ma in fondo quella poretta sta meglio di lui, che ha troppi anni, troppi acciacchi, un polmone solo e un male malinconico che gli ronza nella testa.
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Vado ad aprire la Sezione. La chiamava ancora così. E ogni volta che alzava la saracinesca di quello scantinato pensava che forse non era cambiato più di tanto il Partito. «La» Sezione. «Il» Partito. Senza bisogno di specificare, pronunciati entrambi con la Maiuscola. Il suo passo lungo e stanco misurava come ogni giorno la stanzetta rettangolare, per vedere che tutto fosse a posto. I locali, quelli concessi dall'Istituto a prezzo di favore, non trasudano Storia. Nessuno dei tanti ragazzi che hanno svuotato camionate di parole in questa Sezione dell'oscura provincia operaia è mai diventato un importante dirigente nazionale. Non trasudano Storia, ma di storie, quelle sì, ne puoi trovare quante vuoi. Ma Renato, già da un po', aveva poca voglia di raccontare.
Erano cambiati i nomi, erano cambiati i simboli, le facce, le bandiere. Chissà se sarebbe rimasta la comunità. I primi segni di smottamento li avvertiva chiaramente, ma cercava di non dargli troppo peso. I dirigenti che si fanno vedere poco. Un giovane segretario - per carità: intelligente, universitario, tanto educato - che sembra non avere mai tempo. Perché in Sezione ci devi stare, per sentire, per odorare, per capire gli umori del quartiere, delle case popolari, della gente. Ma in fondo lo sapeva anche lui che ormai in sezione la gente non ci passava più. E anche quelli delle case popolari sono ormai i figli dei figli, che hanno «passato la casa al riscatto» e divenuti proprietari hanno poco tempo e poco bisogno di occuparsi degli affari di tutti. In sezione, per lo più, erano rimasti quattro vecchietti che si raccontavano le storie del passato. Ma lui, come già detto, di raccontare le storie del passato non aveva più voglia. E di sentirsi vecchio proprio non lo sopportava più.
Tornare indietro ad un mondo che non c'è più, quello no, non era possibile. Un mondo illusorio, gliel'hanno spiegato in tanti. Un mondo di cartone, come i fondali delle Feste dell'Unità, pieno di lotte immortali del socialismo, di indiscutibile progresso, di trionfo del proletariato unito. Una truffa, una menzogna, un grande mascheramento. E lui era andato avanti, cercando di vincere i richiami della nostalgia, anche se con poca convinzione. Aveva preferito tradire l'Idea piuttosto che abbandonare i compagni. Ma non aveva pensato che l'Idea può far finta di ringiovanire ogni giorno con nuovi argomenti, mentre i compagni invecchiano, marciscono sotto il peso dei loro dolori e muoiono senza neanche avvertire. In quelle occasioni la saracinesca sembrava pesare più di una tonnellata e la comunità si stringeva intorno alla bandiera appoggiata sulle gambe stese, come una coperta mite.
Il colpo di fucile deve pur aver fatto un bel frastuono. Ma forse era giunto troppo imprevisto, troppo inaspettato per poter essere riconosciuto. Fu forse per questo che il corpo di Renato fu trovato solo qualche ora dopo, quando la moglie - quella poretta - tornò dalla spesa. La bottiglia di bianco torbido, mezzo svuotata, sembrava vegliarlo pietosa dal tavolino della cucina. Il fucile da caccia al suo fianco sembrava quasi scusarsi per una tale enormità. La testa era poggiata dolcemente sul pavimento a quadrettoni che, in un'altra epoca, sarebbe potuto persino sembrare bello. Era un 25 aprile di qualche anno fa. Francesco Borzini
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Festa della Maternità Giovedì 13 maggio 2010 ore 17,00 - Sala blu di Palazzo Gazzoli - Terni Concerto offerto dall’Istituto musicale G. Briccialdi Manifestazioni di arte varia Sabato 15 maggio 2010 ore 9,00 - Sala blu di Palazzo Gazzoli - Terni Tavola rotonda con la presenza di esperti di Pedagogia dell’età evolutiva Cerimonia di premiazione dei vincitori del concorso Domenica 16 maggio 2010 ore 11,00 Santuario di S. Maria di Colle dell’Oro - Terni Santa Messa e cerimonia religiosa alla presenza di puerpere e gestanti La ondulata m (mem dell’alfabeto fenicio) indicò l’acqua, fonte di vita. La radice sanscrita ma vale misurare. Madre (dal sscr matr e poi così in tutte le derivazioni linguistiche indoeuropee da esso generate) significa la misuratrice, la ordinatrice rispetto alle diverse funzioni che si compiono nella casa. Madre è dunque sorgente di vita, fondamento della famiglia. Poiché poi m è la labiale di più facile pronuncia da parte dei bambini, ha dato luogo, nella duplicazione da loro effettuata, alla parola mamma. La duplicazione operata invece sulla labiale b porta alla parola babbo; quella sulla terza labiale, la p, alla parola papà (ma anche a pappa!). D’altra parte la radice indoeuropea pa vale proteggere, nutrire. Padre è dunque chi protegge e sostiene la famiglia. GR
L’appuntamento annuale per le celebrazioni della Festa della Maternità trae inizio, su La Pagina, dalle eleganti e pressanti sollecitazioni della signora Gianna Durastanti, di tale festa appassionata sostenitrice. Accolgo, come sempre, molto volentieri, e rivolgo, a mia volta, un pressante invito. Poiché i ruoli non sono oggi differenziati come una volta (la coppia è sempre più formata non da semplici genitori la cui specificità si esaurisce nel donare il genos, il seme cioè, ma da educatori, madre e padre, che contribuiscono in ugual misura al sostentamento materiale e spirituale del bambino) occorrerebbe, io credo, istituire celebrazioni anche per la festa della paternità. Ne diverrei un appassionato sostenitore. Oggi poi che i figli non sono più, come un tempo, la condizione della famiglia, ma si dà loro vita a condizione che la futura famiglia sia in grado di accoglierli amorevolmente e di poterli far crescere con dignità, occorre che sempre di più ci si batta per assicurare a tutti cultura e lavoro, condizioni essenziali perché ognuno possa recuperare la propria umanità e per dare senso al nostro agire. Sono sicuro che proprio questo sia il grande impegno morale della signora Durastanti e dei Giampiero Raspetti partecipanti alla Festa della Maternità.
Il silenzio del colore è il titolo della mostra d’arte contemporanea promossa e curata dalle associazioni culturali Koinè e Palatium che si terrà dal 2 al 30 maggio nelle sale dell’ex-pinacoteca comunale ad Assisi. Proprio la città di Francesco e Chiara è stata scelta come luogo ideale di questo evento culturale per la bellezza che in sé racchiude, per il suo fascino artistico, religioso e storico che non ha mai cessato di ispirare artisti e attirare visitatori. Il percorso espositivo prevede quadri di Donatella Colasanti, Luciana Guandalini, Franco Tomassoli e una sezione dedicata alle opere di Doriano Galli, messe a disposizione dalla famiglia per onorarne la memoria. Cercare di descrivere l’arte può facilmente sfociare nella retorica e fissare una sensazione soggettiva in un’interpretazione oggettiva; per questo l’invito è quello di raggiungere Assisi, visitare la mostra e permettere che il silenzio del colore parli indistintamente a tutti, e a ciascuno con toni diversi. Dopo Assisi l’esposizione verrà trasferita a Terni presso Palazzo Mazzancolli dal 4 al 17 dicembre. Beatrice Ratini
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Le Eterne Maddalene 14 - 15 - 16 maggio – ore 21.00 Caos, viale Campofregoso 98 Rassegna Teatrale Tre giornate per la Maddalena 14 Maggio - ore 20.30 Inaugurazione mostra espositiva proposta da Beatrice Botondi e Moira Pucci 14 Maggio - ore 21.00 Donne: ne vogliamo parlare? Allestimento performativo proposto dall'Associazione L' Albero di Antonia 15 Maggio - ore 21.00 Dalla parte del corpo Se Maddalena potesse parlare... A cura dell'attrice e drammaturga Laura Riccioli 16 Maggio - ore 21.00 Le Eterne Maddalene Allestimento performativo dell'Associazione Asteria. Coordinamento di Silvia Imperi, vincitrice del Bando IG Open 2009.
Info: 3281727806
E m ozioni Credo che la maggior parte degli studenti detesti la scuola, o meglio detesti quella sensazione di angoscia mista ad adrenalina pura che ti prende allo stomaco quando, prima della campanella, stai lì fuori aspettando il redde rationem di una interrogazione decisiva o di una stramaledetta versione di greco, matematica, fisica… a scelta. Tanto più se a sedere sullo scanno è un cerbero vestito di tutto punto che, con atteggiamento tra il cinico e il sarcastico, aspetta soltanto il momento in cui, con soddisfazione, ti restituirà la tua immane fatica rovesciata su un foglio protocollo dove troneggia, in rosso o in blu (non fa molta differenza) un bel -3 (leggasi meno tre). Questo accadeva a Roma nel lontano 1968 (il sessantotto, quel sessantotto!!!) in una delle grigie aule dell’imponente, austero liceo classico E. Quirino Visconti dove vigeva l’obbligo, orribile dictu!, della giacca e cravatta per i fanciulli e del grembiule nero per le ragazze. Come accade spesso, appena esci di lì e vieni catapultato nei gironi della vita, ti rendi conto che quel cerbero altri non era che un uomo che, a modo suo, voleva soltanto riuscire a farti assaporare il bello della sua conoscenza, trasmettere, spesso condividere, oltre al Sapere, soprattutto Emozioni. Quel cerbero, oggetto per tutti di un odio profondo, nei rarissimi momenti in cui faceva intravedere qualcosa di sé, magari attraverso traduzioni o riferimenti mitologici, trasfondeva in noi, suoi discepoli, un grandissimo amore per la sua gens, per la sua romanità risalente a ben oltre 7 generazioni e calpestata ogni giorno sugli stessi sampietrini! da tramandare, con orgoglio, magari per altre 7. La συμπαθεια a lento rilascio, l’affetto, la stima per quell’uomo, professore di vita attraverso la mediazione della storia, e l’orgoglio per quelle pietre, per quel retaggio, è rimasto incollato addosso a tutti noi. Per tantissimi anni ho cercato un libro di cui ci parlava spesso, un testo di Orazio, le Satire e le Epistole, attualissimo per i contenuti, fatto rivivere, proprio da quel cerbero, in una ironica, mordace eppure fedelissima traduzione in romanesco. Entrarne in possesso, per uno stranissimo caso della vita, è stata, per me, una emozione fortissima, un riappropriarmi di uno dei tanti mattoncini di vita perduti lungo la strada, accompagnata per di più dal piacere di possedere una cosa rara e preziosa, una vera chicca da condividere, magari qui in calce, con un lettore curioso. Grazie professor Raffaele Giomini. Patrizia Liberati
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Innamoramento e amore
Il sentiero degli amanti
Amore. Amore che ti prende alla sprovvista, platonico, carnale, cieco, muto o sordo. In molti hanno provato a spiegare razionalmente cosa possa dar vita ad un sentimento così forte ed intenso, ma il dubbio resta ancora irrisolto: che cos’è l’amore? L’innamoramento libera il nostro desiderio e ci mette al centro di ogni cosa. (Alberoni, Innamoramento e amore, 2009) Quando si ama si perde il controllo, si arriva a compiere gesti che mai prima si sarebbe immaginato di fare. C’è chi è pronto a mettere in gioco la propria anima e chi, invece, tenta invano di sfuggire all’amore, per ritrovarsi poi schiavo dell’innamoramento stesso. Vale la pena di rischiare e di essere pronti a concedersi completamente? L’amore è cieco Lui non è il mio tipo, è troppo basso, grasso, ha le orecchie troppo grandi, il naso schiacciato, e gli occhi sembrano due palline da golf… però ne sono innamorata. Pensandoci bene, a tutti sarà capitato almeno una volta di vivere un’esperienza simile o di aver assistito da spettatore a qualcosa di questo genere: l’innamoramento tra due persone che, apparentemente, non hanno nulla da spartire. Nonostante ciò, nasce un sentimento molto forte, come per gli amanti dipinti da Magritte che, pur non potendosi vedere, poiché coperti in volto, trasmettono una forte complicità all’osservatore. Questo dipinto sembra testimoniare che in amore nulla è scontato o prevedibile, ma completamente fuori controllo. L’innamoramento introduce in questa opacità una luce accecante. (Alberoni, op. cit.) E’ proprio questo bagliore che non permette a chi ne è vittima di fare scelte razionali. La culla dei sentimenti, il cuore, davanti all’oggetto del desiderio continua a pulsare freneticamente, e non si può far altro che assecondare quel sentimento, destinato a crescere ogni giorno di più. Odi o e amo Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia. Non so, ma sento che questo mi accade: è la mia croce. (Catullo) Quella passione che fa contrarre lo stomaco, che strazia l’individuo, è molto più vicina all’odio di quanto si possa immaginare. Nonostante possano sembrare due emozioni totalmente opposte, sono in realtà le due facce di una stessa medaglia. Cosa le rende così simili? L’uomo, nella passione più pura, come nell’odio più profondo, investe tutto se stesso. Non bisogna sottovalutare quanto sia sottile il confine tra questi due sentimenti, tanto diversi quanto simili. Ora che t’ho lasciata, la vita mi rimane quale una indegna, un’inutile soma, da cui non poter avere più alcun bene. (Cardarelli, Distacco, 1942) Quando una relazione arriva al capolinea, l’amore a volte lascia spazio a rancore e malinconia, ma non si può smettere improvvisamente di nutrire una sorta di affetto. Proprio in questa circostanza odio e passione si mescolano, inspiegabilmente. La passione è l’estasi del dolore. (Shakespeare) Amore eterno ed u n iver s a le L’amore è una partita a poker: puoi decidere di rischiare, pur non sapendo se vincerai, o ne uscirai sconfitto. La vera vittoria, tuttavia, sta nel sapersi mettere in gioco, indipendentemente da ciò che il futuro riserva: per un forte innamoramento ne vale la pena. Niente è più antico dell’amore stesso che si estende dal germoglio più piccolo all’essere umano. Nell’arte, come nella letteratura, questo sentimento è sempre stato oggetto di narrazione ed espressione, di epoca in epoca. Anche se gli uomini sono esseri viventi finiti e limitati, l’amore è eterno e non può essere scalfito da niente al mondo. L’individuo che avrà anche solo tentato la strada dell’innamoramento, potrà dirsi realizzato. È l’amore che muove l’esistenza umana, come valore universale che non conosce etnie, né differenze. Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacere sì forte, che, come vedi, ancor non Andrea Bartollini II AM m’abbandona. (Dante, Inferno, V, vv. 103 - 105)
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Il mistero dell’amore Tra i grandi misteri della vita come la morte ed altri avvenimenti ai quali non si riesce a dare spiegazione, c’è l’amore. L’innamoramento non si può ben definire, è qualcosa che nasce tra due persone senza preavviso; una scintilla che illumina gli occhi. È come rimanere sospesi in una nuvola ed essere travolti da una passione incredibile che rende l’altro come la proprio anima gemella, della quale non si può più fare a meno. Innamorarsi porta a fare sacrifici per la persona amata, a dover fare delle scelte a volte anche dure. Ecco, l’amore è questa grande valanga di mistero che avvolge chiunque dalla quale, quando colpisce, non c’è scampo. La s c i n t i l l a Tu volevi piacermi, signorina, e più d’ogni conquista cittadina cui lusingò quel tuo voler piacermi (Gozzano, La signorina Felicita, VI vv. 290-301, da I colloqui) Ci si innamora di una persona del tutto inaspettata. Può essere il proprio vicino di casa che si vede tutti i giorni, un passante, un amico. Anche se una persona si ostina a pensare che l’amore non lo conoscerà mai, come se fosse una grave allergia, prima o poi la freccia di Cupido colpisce. È difficile far coincidere la ragione con il cuore. La ragione spesso nega ciò che il cuore invece afferma. Ma, alla fine, vince quest’ultimo così tanto da fare innamorare la persona più razionale e più contraria alle passioni. Un esempio può essere il Cavaliere di Ripafratta nella Locandiera di Goldoni. Il Cavaliere, persona austera e per di più misogino, riesce a cadere nella trappola d’amore di Mirandolina. Ci deve essere un equilibrio tra le due parti: l’amore deve essere risvegliato dalla ragione, ma non così esageratamente da controllare le proprie passioni. L’amore più rappresentativo è Amore e Psiche di Canova: non c’è opera d’arte che rappresenti in modo così puro il risveglio dell’amore da parte della ragione. L’a ma n t e e l ’a ma t a Dopo che l’amore acceca due innamorati, resta viverlo. Tutta la nostra vita è rivolta verso una meta il cui premio è la felicità. I nostri desideri e quelli dell’amato si incontrano (Alberoni, Innamoramento e amore, Milano 2009) Dopo che l’amore colpisce, il mondo diventa stranamente diverso, le cose vengono viste con un altro sguardo. Tra due innamorati l’uno può contare sull’altro, entrambi vivono momenti felici o tristi insieme. Tutto è come una lunga strada che si fa camminando di pari passo, né uno deve andare troppo avanti né l’altro deve restare troppo indietro. Questa strada è fatta di dirupi, deviazioni, imprevisti che solo il cuore e la ragione uniti possono combattere. Nell’innamoramento la scelta è fra il tutto e il nulla. (Alberoni, ibid.) Amare l’altro significa avere il proprio sguardo verso una stessa direzione. Come l’amore puro di Dante e Beatrice: entrambi guardavano verso lo sguardo di Dio, e anche se Beatrice era morta, l’amore di Dante accresceva, poiché si sentiva unito a lei pienamente. L’a mo re c o m e s o f f e re n z a Nell’innamoramento c’è solo il paradiso o l’inferno, o siamo salvi o siamo dannati. (Alberoni, ibid.) L’amore porta anche a questo: soffrire. La sofferenza è dovuta per tanti motivi come un tradimento, il lasciarsi, amore contrastato, non corrisposto, o ancora più atroce per la morte del proprio amato. Il dolore che si prova è come un coltello che trafigge il cuore; l’amore infatti è una lama a doppio taglio: si gioisce e si patisce. Amor che nulla amato amor perdona, mi prese del costui piacer sì forte che, come vedi ancor non m’abbandona. (Dante, Inferno, V, vv. 97-107) Dal V canto dell’Inferno si può ricavare un esempio molto coerente della sofferenza di due amanti, Paolo e Francesca, contrastati e uccisi, dopo essere stati colti in flagrante. Da qui si vede che l’amore è un legame fortissimo, indistruttibile e che a volte, se è vero, durerà per l’eternità. Spesso l’amore viene visto come un gioco: molti ragazzi e ragazze scherzano con i propri sentimenti. Se dovesse finire il mondo, se la società andasse in rovina, l’unica cosa che rimarrebbe sarebbe l’amore. Talora si percepisce di più la sofferenza che la felicità, spesso sono di più le volte che si piange per amore che per la gioia. Come dice Tasso, il privilegio della sofferenza, serve per crescere, maturare, e altrettanto per riscoprire se stessi. Ora che ti ho lasciata, la vita mi rimane quale un’indegna, un’inutile soma, da non poterne avere più alcun bene. (Carletti, Distacco,1942) Giulia Motta II AM
Per il resto del viaggio... si incontra la fiducia. Nei giorni 14 e 15 Aprile é andato in scena lo spettacolo conclusivo dei laboratori del Progetto Mandela Per il resto del viaggio tratto dal libro Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani, di Fabio Geda. Lo spettacolo racconta la storia di Alina, una ragazzina rumena di tredici anni, immigrata clandestinamente in Italia. Abita a casa di un ambiguo architetto assieme a una amica, a Torino. Tex Willer è il suo eroe. Quando un giorno l'architetto tenta di abusare di lei, Alina scappa. Decide allora di mettersi sulle tracce del nonno, che gira l'Europa con una compagnia di artisti di strada e con cui mantiene i contatti tramite lettere. La ragazzina inizia così un viaggio che, in compagnia di una schiera sempre più grande di nuovi amici, la porterà prima a Berlino, poi a Madrid.
La regia di Marco Austeri, aiutato da Luisa Contessa e Simone Mazzilli, ha saputo dare vita ad uno spettacolo breve ma intenso, completo, immediato. È stato il risultato di un lungo lavoro di ragazzi e ragazze che con le loro improvvisazioni hanno arricchito il lavoro del gruppo di drammaturgia; ogni interprete è stato all'altezza della sua parte, ha recitato con passione e impegno.
Le musiche, ben scelte, sono state molto coinvolgenti, vivaci, hanno reso lo spettatore partecipe della storia della giovane, anzi dei giovani, facendo vivere proprio il viaggio, inteso come percorso di formazione della protagonista e di ogni viandante che incontra l’altro. Le musiche, inoltre, hanno ben sottolineato gli stati d'animo dei personaggi e gli spostamenti della protagonista da Berlino a Madrid, aiutando perciò anche la comprensione della storia. A rendere ancora più suggestiva la visione dell’autore, il contributo delle luci di scena, giuste, abbinate ai sentimenti della protagonista e ad ogni momento della sua avventura; dei costumi, belli, colorati, adatti al contesto geografico di ogni singola tappa del viaggio; della scenografia essenziale, ma allo stesso tempo efficace. Lo spettacolo, seppur ben apprezzato, è stato ritenuto abbastanza breve: questo fattore non ha forse sempre giovato ad una comprensione completa dello spettacolo da parte di chi non aveva letto il libro. Gli spettatori meno informati non hanno saputo cogliere il significato di alcune scene o non hanno individuato in un primo momento l’identità o il ruolo di alcuni personaggi. Altro punto in questione è la tematica del razzismo che, secondo alcuni pareri raccolti dagli spettatori, emerge poco o non è comprensibile in pieno. Questo forse semplicemente perché lo spettacolo non ha rispettato le aspettative di coloro che si sarebbero aspettati di vedere la tematica del razzismo trattata esplicitamente in negativo: la novità che ha voluto proporre
questo spettacolo è stata quella di parlare di razzismo in positivo, cioè non come la storia di una ragazza immigrata che, girando per l'Europa incontra il pregiudizio e il disprezzo, bensì trova la fiducia, la comprensione e l’amicizia. Lo spettacolo è risultato importante anche per sensibilizzare tutte le persone in generale, ma soprattutto i ragazzi ad una realtà cruda e difficile. Durante la rappresentazione dello spettacolo si è constatato infatti che non tutti hanno capito l’importanza che questo spettacolo riveste: comunque sia, è importante andare avanti e cercare di sensibilizzare il più possibile al problema, facendo sì che non si verifichino più mancanze di rispetto e di poca serietà verso cose importanti e verso altre persone, non solo dentro l’ambito scolastico, ma anche fuori… nella vita! Giulia Angelosanti Maria Laura Bianchini
Opinione di una spettatrice
Come le è sembrato lo spettacolo teatrale? Quando mia figlia mi ha invitato a vedere lo spettacolo conclusivo del progetto Mandela, a cui aveva partecipato durante l’anno scolastico, devo ammettere che non mi aspettavo niente di particolare. Mi aspettavo uno spettacolino scolastico, senza pretese, ma per un figlio si fa di tutto. Devo dire che sono rimasta piacevolmente sorpresa ed ho anche chiesto chi fossero gli attori, tanto sembravano calati nella parte! Avevo letto il libro da cui è stato tratto lo spettacolo Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani di Fabio Geda, perciò posso dire che la riduzione a testo teatrale è stata ben fatta, così come molto efficace e piena di simboli mi è apparsa la scenografia. La presenza sulla scena di funamboli, accanto agli attori, ha movimentato lo spettacolo, rendendolo più vivace e frizzante. Un pensiero particolare va al professore Marcello Ricci, persona a mio parere estremamente piena di spirito e pronta a mettersi in gioco. Infatti è apparso sul palco in un cammeo secondo me strepitoso, perché non solo ha preso parte alla recitazione, ma anche perché ha pronunciato una frase che io ritengo autobiografica: Mi emoziono sempre quando vedo dei giovani andare incontro al proprio destino e ai propri sogni. Quali sono state le riflessioni che lo spettacolo le ha suscitato? Come madre posso dire che sono queste le esperienze che rendono la scuola più stimolante e permettono ai ragazzi di crescere e di formarsi, perché no… anche insieme. E’ sempre bello vedere dei giovani impegnati in questo tipo di attività, che sensibilizzano molto ed aprono gli occhi. Penso che mia figlia, con l’esperienza del Progetto Mandela, abbia conosciuto tante nuove realtà, come ad esempio quella della radio e del teatro stesso. Quindi, sono molto soddisfatta! Giulia Angelosanti
Giovedì 13 Maggio dalle 16:00 a Terni presso la Sala Laura: Yo valgo, yo puedo, yo voy a perder el miedo: un incontro con Doña Victoriana Sipac Mactzul, produttrice della cooperativa di commercio equo e solidale Aj Quen, Guatemala. Venerdì 14 e Sabato 15 Maggio tutta la cittadinanza è invitata a partecipare al Forum della Pace che si terrà a Perugia. Domenica 16 Maggio si svolgerà la Marcia per la Pace Perugia-Assisi, storica manifestazione del movimento pacifista e nonviolento, che vede ad ogni sua edizione centinaia di migliaia di manifestanti. Il Comitato Ternano per i Diritti Umani e la Pace organizza dei pullman per partecipare alla marcia della pace, con partenza dal terminal bus presso il Piazzale della Rivoluzione Francese. Per informazioni e prenotazioni: Comitato Ternano per i Diritti Umani e la Pace c/o Laboratorio Diritti Pace Ambiente, via Carrara 6 tel/fax 0744/433573 - mobile 393/9111769 www.dirittipaceambiente.org - labdpa@gmail.com
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Il mito della razza
Per affrontare un argomento così complesso è bene porsi una domanda a mo’ di premessa: esistono le etnie, le identità culturali, lo scontro di culture con i loro valori inconciliabili che ricorrono frequenti nei discorsi dei politici, della gente, nelle testate giornalistiche, nelle trasmissioni televisive? Queste espressioni hanno fondamento di verità oppure si tratta di invenzioni enfatizzate per coprire sotto il pretesto della cultura inconfessabili interessi? Si prenda l’esempio tutto italiano della Lega Nord che inventa le origini celtiche degli abitanti della Pianura padana, ribattezzata col nome di Padania a sottolinearne l’identità culturale. Di fatto l’etnia padana è stata inventata dalla volontà di autodeterminazione economica delle popolazioni del Nord contro un Sud giudicato, a loro parere, penalizzante per la gestione
della loro ricchezza. Tali motivazioni naturalmente appaiono, anzi sono, poco nobili; ecco allora che si scomodano fattori culturali quali i Celti, la Gallia cisalpina ecc. Il Nord, o meglio la Padania, per la sua posizione geografica da secoli è il crocevia in cui si sono incontrati e si incontrano popoli e culture diverse che si sono fusi, amalgamati e stratificati in un groviglio inestricabile. Per avere la riprova di ciò basta dare uno sguardo sommario alla storia passata e recente dei grossi centri del Nord come Milano, Torino, Venezia… da dove partono giornalmente voli, pullman diretti a Kiev, Timisoara, Varsavia, mentre molti imprenditori padani investono in Ucraina, in Romania, in Polonia, esportando il loro modello di globalizzazione che la Lega vorrebbe difendere proprio dalla globalizzazione.
Diritti Umani Uno dei diritti sociali fondamentali è quello al lavoro che la borghesia rivoluzionaria non ha mai proclamato perché favorevole al libero mercato, nel quale il lavoro non è procurato dallo Stato, ma dall'andamento della domanda e dell'offerta. Su questo lo scontro con il nascente pensiero socialista è netto, basta guardare alle vicende del 1848 in Francia. Nel Luglio del 1830 la borghesia francese si era liberata dei Borboni, restaurati dal Congresso di Vienna, attraverso una nuova rivoluzione che aveva chiamato al potere Luigi Filippo d'Orléans, dando inizio così alla cosiddetta monarchia borghese, il cui motto era arricchitevi. Nei 18 anni successivi si
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svilupparono e vennero tutelati la grande borghesia degli affari, i banchieri, i commercianti che si arricchirono sotto il regime del re borghese. Di contro la classe operaia che si era andata sviluppando con l'espandersi della rivoluzione industriale, viveva in condizioni precarie a causa dello sfruttamento con salari da fame e orari di lavoro massacranti. Ad essa si affiancava la media e piccola borghesia, formata da artigiani, professionisti e intellettuali, che chiedeva un'estensione del suffragio e un limite ai poteri del re, divenuto reazionario anche nella politica estera. Nel febbraio del '48 scesero in strada operai e borghesi che cacciarono il re e proclamarono la repubblica. A questo punto comincia-
La falsità del mito dell’identità culturale risulta ancora più evidente se dal regionale si passa al nazionale: qual è l’identità dell’Italia pervenuta alla unificazione da centocinquanta anni dopo quattordici secoli di invasioni, di dominazioni le più varie con la conseguente contaminazione del patrimonio genetico della popolazione? In cosa consiste quella razza italiana esaltata dal fascismo che si richiamava all’impero romano, scordandosi che non esisteva realtà più composita e variegata dell’impero di Roma? Se poi dalla dimensione nazionale si passa a quella sovranazionale, il discorso si fa ancora più complesso: bisognerebbe chiedere a chi sostiene che gli immigrati sono portatori di valori diversi da quelli europei quali siano questi benedetti valori, visto che anche l’Europa nel corso dei secoli ha conosciuto flussi migratori, invasioni, sovrapposizioni e contrapposizioni spesso di inaudita violenza che quasi ogni secolo ne hanno cambiato la fisionomia geopolitica. Viviamo in mezzo a flussi di persone, idee, merci che circolano in un contesto globale sempre più svincolato dal territorio e si continua a pensare al territorio come unico contenitore di cultura, quando non solo il
presente, ma anche il passato ha conosciuto il passaggio di migliaia di persone in movimento. Tutte le civiltà quindi sono e sono state frutto di mescolanze. Pertanto parlare di etnie, di identità culturali sa tanto di arcaico o addirittura di artificiosamente creato per conflitti provocati da ragioni non facilmente confessabili come gli interessi economici o da cose che ci rifiutiamo di vedere come la disperazione degli uomini. Il multiculturalismo sarà la sfida che vedrà impegnate le generazioni del XXI secolo, una sfida che tutti sappiamo essere lunga, difficile e piena di incognite. Tuttavia, un interessante suggerimento in merito ci viene dato dal libro Multiculturalismo e identità C Vigna - S. Zamagni Mi 2003. Oggi l’unica modalità di convivenza tra le varie culture è quella del reciproco riconoscimento che non significa assimilazione che dice: - Tu sei un uomo come noi, non ti resta che elevarti al nostro modo di essere - né integrazione che priva l’altro della sua identità, ma sostegno dell’alterità che evita alle relazioni multiculturali di cadere nella somma di identità superficialmente accostate e private del loro potenziale creativo.
rono ad emergere le differenze ideologiche tra borghesia liberale e proletariato socialista (il Manifesto del partito comunista è del febbraio '48). D'accordo sul suffragio universale maschile, sull'abolizione della pena di morte, sull'istruzione elementare obbligatoria, sulla riduzione a 10 ore della giornata lavorativa, si trovarono in netto contrasto sul problema del diritto al lavoro, che la borghesia moderata non accettava e che invece la classe operaia affermava con forza. Erano state create su spinta degli operai delle fabbriche nazionali di proprietà dello stato che dovevano assicurare il lavoro ai disoccupati, ma la borghesia, uscita vincitrice dalle elezioni per l'Assemblea costituente, per ragioni e bilancio e anche ideologiche, chiuse queste fabbriche e represse il movimento operaio.
Nell'Ambito dell'Assemblea costituente era stato elaborato un progetto di costituzione che prevedeva questo articolo: Il diritto al lavoro è quello che ha ogni uomo di vivere lavorando. La società deve con i mezzi produttivi e generali di cui dispone... fornire del lavoro agli uomini validi che non possono procurarsene diversamente. La borghesia moderata non volle però inserire nel testo costituzionale l'obbligo da parte dello Stato di garantire il lavoro e perciò di programmare la vita economica in funzione dei bisogni sociali, cosicché il testo definitivo venne modificato nel senso di assicurare soltanto l'assistenza ai cittadini bisognosi: La Repubblica deve
La Provincia di Terni per la cultura
Agli albori del terzo millennio sia gli occidentali che i non occidentali sono chiamati a rinunciare ad una parte di una loro identità originaria a vantaggio di una futura identità da non intendersi come sogno o pura utopia, ma come lavoro che impegnerà l’uomo a scoprire, al di sotto della sua identità culturale, le possibilità che in quella identità non hanno trovato espressione. Solo in questo modo si potrà superare la paura della diversità che a parere non solo nostro è la vera ragione del razzismo il quale non nasce soltanto dal colore della pelle o dalle differenze culturali e religiose, ma rappresenta il sintomo che caratterizza le società sviluppate, attraversate da processi di disgregazione dovuti alla mancanza di iniziativa e alla corruzione dei costumi. Lo straniero diventa suo malgrado il responsabile principale della situazione creatasi. Questi saranno i problemi che si troveranno di fronte le future generazioni e con i quali si dovranno rapportare. Prof. Pierluigi Seri proteggere il cittadino nella persona, la famiglia, la religione, la proprietà, il lavoro e mettere alla portata di ognuno l'istruzione indispensabile a tutti gli uomini, deve con un'assistenza fraterna assicurare l'esistenza dei cittadini bisognosi sia procurando loro del lavoro nei limiti delle sua possibilità, sia dando, in mancanza della famiglia, dei sussidi a coloro che non sono in grado di lavorare. Non dunque diritto al lavoro, ma assistenza ai poveri. Prof. Marcello Ricci
Con il Concorso di disegno, Superconti ha voluto coinvolgere gli alunni delle Sc. Elementari Carducci, Matteotti, Campomaggio affinché possano, con i loro elaborati grafici, sensibilizzare la cittadinanza al rispetto dell’ambiente e contribuire al miglioramento della qualità della vita nei loro quartieri. Possiamo immaginare un paese civile senza scuola? No, certo. Può esistere una scuola senza bambini? Proprio no! E’ difficile anche immaginare una scuola deprivata di materiale per l’insegnamento, eppure, nelle scuole, è così. Alcuni servizi indispensabili funzionano, ma solo per l’impegno e le risorse finanziarie profusi dai genitori. Superconti, mostrando attenzione nei confronti di tale problematica, ha istituito un concorso grafico-pittorico avente, come aspetto educativo, la sensibilizzazione dei giovani partecipanti e delle loro famiglie al rispetto dell’ambiente, anche al fine di contribuire al miglioramento della qualità della vita nei loro quartieri. La giuria, composta da Angelo Ceccoli, Paolo Leonelli, Giampiero Raspetti, ha assegnato i premi, tutti per l’acquisto di materiale informatico-didattico: l° premio - 1500 euro Sc. elementare Carducci 2° premio - 1000 euro Sc. elementare Matteotti 3° premio - 500 euro Sc. elementare Campomaggio
E’ davvero encomiabile questa sensibilità nei confronti dell’educazione, dell’ambiente, della scuola. Sapendo poi che Superconti è vicinissima anche ai corsi di matematica tenuti dal Prof. Raspetti presso il Liceo Classico di Terni, corsi che stanno riscuotendo un successo davvero notevole, occorre salutare con entusiasmo la vicinanza di una grande ditta commerciale con il mondo della cultura. Grazie. GR
Sempre vicino a chi ama la matematicA Foto Angelo Papa
M a te ma ticA
Foto Angelo Papa
Una scienza che ci fa capire molte cose e che possiede molte qualità. Tra tutte queste ce n’è una considerata poco importante da molti e fondamentale da pochi: la capacità di far stare insieme le persone. Ne è la dimostrazione più vicina a noi il recente corso gratuito di matematica organizzato dal Prof. Giampiero Raspetti. Molti, leggendo questo articolo, sicuramente avranno pensato che questa iniziativa abbia riscosso uno scarso successo, ma è accaduto l’esatto contrario. Numerosi rappresentanti della gioventù, infatti, con la presenza di adulti della vecchia gioventù hanno deciso di partecipare al corso e, alla fine, il risultato è stato ottimo. Già nel primo incontro si sono potuti vedere dei ragazzi che, con uno sconvolgente impegno, cercavano di capire i concetti e i quesiti che il professore esponeva. Grazie alle intuizioni dette da qualcuno, un altro aggiungeva nuove riflessioni e con un inconsapevole lavoro di squadra si riusciva sempre a trovare la soluzione del problema. Era veramente stupefacente vedere le espressioni di gioia di chi, con l’aiuto di altri, riusciva a dare una spiegazione ad un operazione o ad una domanda. La cosa più bella, però, era vedere i ragazzi ragionare e dimostrare le proprie opinioni senza ripetere la formuletta a memoria come si fa a scuola. Senza contare poi quando si sentono le risposte dei più piccoli ai genitori che gli suggeriscono: No mamma. Sono in grado di pensare da solo e tu non mi devi togliere il gusto di farlo! Tutto questo testimonia il fatto che, come ogni altra materia, la matematica insegnata in modo diverso da docenti capaci, come il Professor Raspetti, può trasformarsi da noiosa ad interessante. Basta soltanto far ragionare i ragazzi. Come può una rondine spiccare il volo liberamente se è bloccata da regole per volare? Il concetto chiave è dare ai ragazzi le ali per volare e la spinta iniziale per far nascere il loro astro di intelligenza. Francesco Neri VB, Scuola Elementare V. Veneto
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Crediamo in quello che diciamo?
Perché la rivolta della carriole ci riguarda
Quante volte abbiamo pensato che a questo mondo ci vorrebbe un po’ più di coerenza? Quante volte ci siamo ritrovati ad invocare chissà chi per ottenere un po’ di rispetto? Quante volte avremmo voluto poter far valere le nostre ragioni eppure abbiamo chinato la testa? Innumerevoli, posso ben immaginare. Ma come possiamo chiedere coerenza se noi siamo i primi a non offrirla? E come possiamo esigere rispetto se non siamo i primi a dimostrarlo? A maggior ragione, perché essere così feriti da un comportamento strafottente se noi al posto del vessatore molto probabilmente avremmo fatto di peggio? Che poi… coerenza, che razza di parola è? A me, personalmente può piacere solo se applicata a determinati contesti. Ma ci avete mai pensato che la tanto agognata coerenza non è altro che un recinto in cui ci si ritrova stretti, senza via di scampo? Ma non è possibile essere coerenti! Ragazzi, siamo umani! In quanto tali ci modifichiamo ad ogni soffio di vento che arriva ad emozionarci. Non intendo certo difendere chi cambia idea come una banderuola in balìa delle correnti, anzi. Vorrei solo far riflettere sul fatto che ad essere coerenti (se poi fosse mai possibile!) non si crescerebbe mai. Non si maturerebbero mai delle idee profondamente ancorate nella nostra persona. Non riusciremmo mai a farci le cosiddette ossa in questo mondo. Allora, scusate, cosa ci guadagniamo ad essere coerenti? Mi va bene essere fedeli alle proprie idee, ma a non cambiare mai non ci si guadagna proprio un bel niente, anzi… si perde molto. Discorso analogo per il rispetto. Bellissima parola questa. Davvero, una delle più ammirabili dell’intero vocabolario umano. Ma quanto costa il rispetto? Quanto ci porta via in spontaneità e in tranquillità d’animo? Non puoi certo fare così: non è da persona rispettabile! Vuoi forse perdere il rispetto dei tuoi amici? Ma possibile che per essere rispettati dobbiamo trattenerci dall’essere veramente noi stessi e per rispettare dobbiamo indossare una maschera di comprensione e, alle volte, di umiliazione contrita? Intendiamoci bene: il rispetto è alla base dei rapporti interpersonali, ci mancherebbe altro. Ma non vi pare che i comportamenti rispettabili siano estremamente ristretti ad una cerchia incredibilmente piccola di situazioni e di attitudini? Basta poi una volta che qualcuno ti vede un po’ meno ligio al dovere o meno inserito nel contesto e … zac! Automaticamente puoi essere trattato come un pazzo, come una pezza da piedi, come uno stupido, come una nullità… ma ci rendiamo conto? Sì, so che sono le leggi non scritte della società, ma nessuno mi ha obbligato a stare zitta dopo averle tacitamente accettate e osservate! Per non parlare delle volte che per una stupida questione di gerarchie non abbiamo potuto far valere i nostri diritti e le nostre ragioni solo per non complicarci la vita e non andarci a cercare i guai sul posto di lavoro, a scuola, tra amici, tra parenti… ma possibile mai? La situazione tipica/topica poi è quella del giovane alle prime armi che cerca, gentilmente, di far notare ad una persona adulta a lui superiore per titoli di studio, per gerarchie interne al posto di lavoro o qualsiasi altra cosa, che forse (forse!) ha confuso qualcosa o ha frainteso qualcosa. Ecco, in questi casi se la persona adulta è alla mano e con i piedi per terra si è incredibilmente fortunati. Altrimenti è la volta che ci si sente umiliati fino al midollo e si deve per forza chinare il capo, chiedere scusa e sentirsi dentro una rabbia immane per aver ricevuto questo solo per aver posto, in maniera rispettosa, una domanda a chi di rispetto se ne merita ben poco in questo caso. Ma ritorniamo sempre allo stesso discorso, ormai ben noto persino ai bambini: bisogna essere coerenti con se stessi e con gli altri per ricevere rispetto ed essere rispettosi, altrimenti non si va avanti. Adesso provate a rileggere parola per parola la frase da bisogna fino a avanti: ma crediamo davvero in quello che Chiara Colasanti diciamo?
La rivolta delle carriole evoca a ognuno di noi l’incubo legato a quel niente che resta dopo un terremoto come quello de L’Aquila. Quel niente, quella polvere ancora solida, corrisponde a 4,5 milioni di tonnellate di macerie, accumulate da un anno nel centro storico del capoluogo abruzzese. In un secondo, sotto il Gran Sasso, è venuto giù un quantitativo di inerti pari a quello che demolizioni e ristrutturazioni producono nell’intera Umbria in un arco di tempo di ben 20 anni. La congerie normativa e le antinomie esistenti nella stessa qualificazione del rifiuto hanno però bloccato fino a oggi la possibilità di individuare in tempi rapidi una soluzione per L’Aquila. Dove smaltire allora quelle macerie, adesso che la rimozione avrà inizio, come annunciato dal capo della Protezione Civile? Sembra siano state individuate ben quattro aree al riguardo. Si vedrà. Un filo rosso, però, unisce L’Aquila a Terni ed è l’assenza di lunga data anche nel territorio della città del Drago, di discariche per tale tipologia di rifiuto. Ma se per L’Aquila, tuttavia, siamo di fronte a una situazione di emergenza inimmaginabile, per Terni una minima pianificazione in sede regionale avrebbe potuto fronteggiare ogni difficoltà. Eppure non è così, e non da oggi: correva l’anno 2001 quando nella Conca si decise di chiudere l’unica discarica esistente in loco per gli inerti, collocata presso Colleluna. Da allora è un fiorire di piccole e grandi genne abusive da un quartiere all’altro della città, accanto ai lampioni, ai bordi delle strade, con improbabili sacchi di mattoni & c. disseminati in ogni dove, persino tra i boschi al limitare di blasonate zone residenziali. Discariche germogliate spesso in orari antelucani e mai bonificate. Il tema è serissimo e non tocca solo le imprese edili, ma tutti coloro che hanno avuto a che fare con demolizioni e ristrutturazioni, foss’anche soltanto per ricostruire un fondello: a norma di legge, nulla può essere gettato nei cassonetti e ognuno dovrebbe procedere allo smaltimento recandosi in discarica, cioè a chilometri dal capoluogo umbro. Dopo la chiusura di Colleluna, la mancata individuazione di altro sito alternativo nel circondario di Terni cagionò subito una molteplicità di disfunzioni che tuttora colpiscono l’intera filiera dell’edilizia, problematiche apparentemente ancora lontane dall’esser risolte. Va certo considerato che l’Umbria e l’Italia sono molto indietro nel riciclo dei detriti: secondo il rapporto 2007 CNA-Assoedili-ANSE, l’Italia recupera meno del 10% di tale materiale contro il 90% (!) di Olanda e Belgio e lo stesso 50% medio europeo. Mancano politiche tese a favorire il riutilizzo, un fatto che potrebbe generare una spinta interessante a livello occupazione, specie in un simile momento di crisi. L’assenza di una discarica sul territorio favorisce poi fenomeni pericolosi, col rischio che spuntino e mettano radici le mafie dei traffici illegali, mentre l’ambiente si ammorberebbe più di quanto non lo sia già oggi. Nel frattempo tanti imprenditori perbene, quelli che si rivolgono ai (rari) depositi ufficiali, pagano un costo aggiuntivo sempre più alto per il conferimento del materiale che, progressivamente, li spinge fuori mercato rispetto a coloro che smaltiscono le macerie in maniera ben diversa. Allo stesso modo, altri, sotto mentite spoglie di privati cittadini, non ci pensano due volte a scaricare i detriti nei cassonetti, nonostante le forti sanzioni amministrative previste al riguardo. Non a caso è proprio la domenica la giornata in cui l’ASM si trova a fronteggiare un picco di rifiuto inerte, presumibilmente riversato illegalmente nei cassonetti dai non pochi cantieri domestici, portati avanti con sacrifici indiscussi, talvolta pure come un piacevole passatempo famigliare, smaltimento irregolare incluso. Ecco allora che la rivolta delle carriole da parte dei 6.000 aquilani, rappresenta uno snodo significativo anche della storia produttiva dell’Umbria meridionale, con uno stimolo in più per la stessa classe politica locale e regionale. La problematica delle macerie e delle relative discariche, infatti, riguarda Terni da ben dieci anni: decisamente troppo. E’ dunque venuto il momento di ripristinare anche qui condizioni di legalità generale nel settore. L’ambiente e il principio di leale concorrenza tra imprese ringraziano. andrealiberatius@gmail.com
Sicurezza atomica: verso una nuova frontiera Fortunatamente non si trova ancora quello arricchito al 50% che cercano il despota iraniano e le schegge impazzite di Al Qaeda, ma su Internet qualcosa c’è: parliamo dei traffici di uranio, del minerale al suo stato naturale che, decine di persone, specie in Sud America, vendono e acquistano on line, come fosse un qualsiasi prodotto disponibile sul libero mercato. Ma l’uranio è potenzialmente qualcosa di molto diverso. Tutto vero? Sembra di sì e abbiamo verificato noi stessi l’esistenza tangibile di alcuni venditori, le cui e-mail e i cui numeri di telefono sono attivi. Saremmo dinanzi a un’anomalia assoluta, nonostante i commerci -compresi quelli illegali- oggi si svolgano anche così. Nei prossimi mesi, dopo l’allarme rilanciato da Obama sul tema della sicurezza atomica, è però finalmente prevedibile una stretta da parte delle autorità nazionali e internazionali, anche in vista della revisione del Trattato di Non Proliferazione, la cui discussione si avvia questo mese, in maggio, ovvero 40 anni -e molte problematiche- dopo la prima versione dell’ormai inadeguato TNP. Verso una nuova frontiera. andrealiberatius@gmail.com
F o n d a z i o n e Cassa di Risparmio di Terni e Narni Livio Agresti, La Circoncisione di Gesù Bambino tra i Santi Monica e Agostino TERNI – MUSEO DIOCESANO
Livio Agresti (Forlì, 1508 - Roma, 1579), detto Ritius (Il Ricciutello), è uno dei maggiori esponenti del manierismo, cioè di quella corrente artistica, soprattutto pittorica, del XVI secolo, che si ispira alla maniera, ovvero allo stile, dei grandi artisti che operarono a Roma in precedenza, in particolare Raffaello Sanzio e Michelangelo Buonarroti. Nel 1535 Agresti opera, all’interno della cappella del Battistero del Duomo di Forlì, con il ciclo di affreschi Nove Storie eucaristiche e sette Profeti, oggi custoditi nella locale Pinacoteca; nel 1542, a Ravenna, nella chiesa dello Spirito Santo, dipinge una tela, raffigurante i Vescovi colombini, così denominati perchè si credette che la loro elezione al soglio episcopale ravennate fosse dovuta all'indicazione della colomba dello Spirito Santo. A Roma, nel 1544, affresca, con le figure allegoriche della Carità e dell’Abbondanza e con il Martirio dei Santi Pietro e Paolo, la Sala Paolina di Castel Sant'Angelo. Nel 1557 porta a termine il suo capolavoro: gli affreschi, nella cappella Gonzaga della chiesa di Santo Spirito in Sassia, Presepe, Pietà, Resurrezione e Scene bibliche. Tra il 1557 e il 1560 opera in alcune città umbre. Ad Amelia una tempera su tavola Cristo Crocifisso tra i santi Firmina e Olimpiade (i due martiri protettori della città); a Narni una Annunciazione
parrocchiale di San Nicandro, al confine della città, ed era stato fondato per opera del vescovo agostiniano Giacomo Barba. Il dipinto giunse in cattedrale probabilmente nel 1747 quando il monastero, già passato nei locali di San Pietro Vecchio, fu soppresso.
- ora al Museo Civico - e la Consegna delle chiavi a San Pietro - altare di San Pietro, Duomo di Narni; a Terni la Circoncisione di Gesù Bambino tra i Santi Monica e Agostino - Museo Diocesano di Terni. Torna a Roma nel 1561 per decorare la Sala Regia in Vaticano con l'affresco Pietro d'Aragona offre il suo regno a Innocenzo III. Tra il 1564 e il 1565 si reca in Germania al seguito del cardinale di Augusta Otto von Waldburg. Nel gennaio 1568 si impegna col cardinale di Ferrara, Ippolito II d'Este, a terminare in tre mesi con sette assistenti le decorazioni di tre sale della Villa d'Este a Tivoli. Nel giugno 1571 inizia a Roma l'affresco della Passione di Cristo nell'Oratorio del Gonfalone, che
porta a termine a dicembre insieme con l'Ultima cena. Nel 1571 firma e data due Decollazioni del Battista, del tutto simili fra loro, per l'Oratorio della Misericordia di Amelia e per la Collegiata di Santa Maria Assunta a Lugnano in Teverina. A Collescipoli, presso la Collegiata di S. Maria Maggiore, è conservata una sua tavola San Giovanni Battista. Nel 1574, torna a Roma e, nella cappella della Trinità della chiesa di Santo Spirito in Sassia, dipinge scene bibliche con il Gesù risana lo storpio, Gesù risana il cieco e, nella volta della cappella, la Visitazione, l'Annunciazione e l'Incoronazione di Maria, e la pala dell'Assunzione nell'altare. Malato, rimane nell'annesso convento e fa testa-
mento, il 21 gennaio 1575, nominando suoi eredi la sorella Bernardina e l'assistente Litardo Piccioli, pittore originario di Amelia. Vivrà ancora quattro anni, ma non riuscirà a terminare la decorazione della chiesa. La Circoncisione di Gesù Bambino tra i Santi Monica e Agostino. Una tavola conservata nel Duomo di Terni almeno già dalla metà del XIX secolo, quando la registra il Guardabassi, nel suo Indice-guida, come proveniente dalla cappella del monastero agostiniano femminile di Santa Monica. La notizia è importante perché giustifica la presenza dei santi Monica e Agostino. Il monastero a quel tempo andato perduto si trovava a Terni, nel territorio
L'opera restaurata è stata presentata al pubblico in una conferenza stampa che ha avuto luogo il 22 aprile 2010 presso il Museo Diocesano. Il restauro, finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, ha rimediato in parte ai danni di un vecchio intervento inadeguato, con il quale si erano forzosamente contratti i movimenti delle tavole lignee orizzontali di cui è composto il supporto. Si è dovuto dar luogo a due restauri: uno al supporto ligneo, un altro alla pellicola pittorea. Il restauratore Roberto Saccuman ha provveduto al risanamento del tavolato in legno e della sua struttura di sostegno, provvedendo all’adeguamento funzionale delle traverse e all’aggiornamento dei perni di giunzione, anche al fine di permettere un contenimento più elastico dei movimenti del legno. La restauratrice Donatella Bonelli, dopo aver eliminato stuccature, ritocchi e verniciatura dei restauri precedenti, ha compiuto una nuova e più corretta reintegrazione pittorica.
Analisi della postura Ipertermia Onde d’urto focalizzate Rieducazione ortopedica Rieducazione posturale globale Tecarterapia Test di valutazione e rieducazione isocinetica
Fisioterapia e Riabilitazione Dir. San. Dr. Michele A. Martella - Aut. Reg. n. 8385 del 19/09/01
Terni - Via Botticelli, 17 - Tel 0744.421523 - 401882 13
Ritengono che Ippone abbia posto come principio semplicemente l’umido, in maniera indeterminata, senza chiarire cioè se sia acqua, come dice Talete, o aria, come dicono Anassimene e Diogene. Alexander, Metaphysica 26, 21
ANDIAMO IN ORBITA
Rappresentazione dello scontro fra le navicelle Cosmos ed Iridium (Foto AGI)
Il 10 febbraio 2009, il satellite inattivo russo Cosmos 2251 si scontrava a 789 Km sopra la Siberia con il satellite operativo americano Iridium 33 alla ragguardevole velocità di 11.7 Km al secondo. Lo scontro frontale fra queste due navicelle, rispettivamente di 950 Kg e 560 Kg ha generato una considerevole mole di detriti che vanno ad aggiungersi ai circa 600.000 oggetti maggiori di un centimetro e ad un’infinità di pezzetti microscopici che costituiscono l’immondizia spaziale (dato ESA). Pezzi di fusoliere, antenne, pannelli, bulloni, frammenti di serbatoi, motori di razzi, stadi terminali di razzi, guanti ed attrezzi sfuggiti agli astronauti mentre effettuavano lavori extra veicolari, immondizia vera e propria prodotta dagli astronauti che da anni vivono dentro le stazioni spaziali, sono aumentati in modo vertiginoso ed ora rappresentano un elevato pericolo per le missioni future. Altri due significativi esempi di produzione di detriti spaziali sono le due navicelle (una americana, l’altra cinese) potenzialmente pericolose, che sono state distrutte in orbita da due missili lanciati da terra (con un pizzico di malizia si potrebbero interpretare queste azioni come una dimostrazione di potenza militare tra i due paesi!). Analizziamo ora gli effetti distruttivi di queste collisioni che avvengono a velocità altissime: un frammento del peso di un milligrammo può forare la struttura di piattaforma o danneggiare un sensore esterno; un frammento del peso di un grammo può bucare e superare lo scudo protettivo; uno del peso di un chilogrammo può frammentare un satellite in più parti. Il nostro astronauta Guidoni ci spiega che le tute degli astronauti che lavorano fuori dall’abitacolo sono costruite da vari strati, di cui uno, in Klevar, funziona come un giubbotto antiproiettile e che lo Shuttle Discovery nelle sue varie missioni, è stato bersagliato 1634 volte con 92 finestrini sostituiti, 317 colpi al radiatore con 53 danni gravi. Un piccolo aiuto ci viene dato dalla gravità terrestre che a poco a poco attira l’immondizia orbitante che si autodistrugge con l’attrito dell’atmosfera, ma occorre anche tenere in considerazione che il tempo di persistenza in orbita dipende dalla quota: un corpo che orbita ad una altezza di 250 Km può essere attirato dalla Terra entro un paio di mesi. Ad un’altezza di 750 Km, il detrito resterà in orbita per decenni, e a quote ancora superiori resterà sopra le nostre teste per secoli. In un suo articolo, il nostro amico Roberto Battiston, (Ordinario di Fisica Generale Università di Perugia), spiega che per ripulire lo spazio nei dintorni della Terra, occorrono trenta anni di lavoro di satelliti specializzati e comunque questo problema ci dimostra ancora una volta come l’umanità progredisca risolvendo problemi molto complessi senza però tener conto dei fattori ambientali, salvo accorgersene troppo tardi quando le contromisure sono poi estremamente difficili e costose. Tonino Scacciafratte Presidente A.T.A.M.B. - tonisca@gmail.com
Osservatorio Astronomico di S. Erasmo Osservazioni per il giorno Venerdì 28 maggio 2010 Le giornate si stanno allungando notevolmente e per godere di immagini ben contrastate dobbiamo aspettare le ore 22 circa. La Luna, in fase calante, sorgerà verso la mezzanotte, per cui avremo tempo a sufficienza per ammirare a Sud (sopra il fastidioso inquinamento luminoso di Terni) Saturno, con i suoi anelli e alcuni satelliti, nella costellazione della Vergine. Spostandoci progressivamente verso Nord, punteremo dapprima l’ammasso globulare più appariscente del nostro emisfero (M13 in Ercole) e quindi due galassie che stanno interagendo fra loro, ovvero la famosa Galassia Vortice (M51) che sta cannibalizzando un’altra piccola galassia (NGC 5194). Come di consueto mostreremo tutte le costellazioni visibili sulla volta celeste condite con semplici spiegazioni di geografia astronomica. TS
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Una
costellazione
al mese
Imparare a riconoscere le costellazioni principali non richiede molto sforzo; identificare quelle più piccole richiede tempo e pazienza, ma non è impossibile. Proviamo questo mese a rintracciare due di questi asterismi minori: il Leone Minore o Leoncino e il Sestante. Ambedue furono inventate da Hevelius nel 1690 per coprire due zone povere di stelle e quindi non sono legate ad alcuna leggenda mitologica antica. Il Sestante, che ricorda il quadrante stellare, distrutto da un incendio ed utilizzato da Hevelius per misurare la posizione delle stelle, si trova tra il Leone e l’Idra esattamente sotto Regolo: solo alcune delle sue stelle sono visibili ad occhio nudo. Il debole triangolo di stelle del Leone Minore si localizza tra le zampe dell’Orsa Maggiore e la testa del Leone. Sono tutte stelle di quarta magnitudine circa. Giovanna Cozzari
Pillole di Astronomia Attualmente le costellazioni ufficiali sono 88 e più della metà di esse ci sono state tramandate dall’astronomo greco Tolomeo che, raccogliendo le testimonianze e gli studi precedenti, ne elencava 48 nel suo Almagesto. Il nome di molte di loro è quindi per la maggior parte di origine babilonese o greca, ed è stato mantenuto fino ai giorni nostri. Nessuna nuova costellazione fu introdotta fino al 1551 quando il cartografo Mercatore inserì ufficialmente la Chioma di Berenice in una sua carta dei cieli. A cavallo tra il XVI e XVII secolo furono inventate, da navigatori e geografi fiamminghi, 12 nuove costellazioni dell’emisfero australe con nomi ispirati prevalentemente alla meraviglia degli esploratori di fronte alle varietà faunistiche scoperte: Camaleonte, Fenice, Pavone, Uccello del Paradiso ecc. Nel frattempo furono inventate anche delle nuove costellazioni boreali per riempire gli spazi vuoti lasciati da Tolomeo: Colomba, Unicorno, Cani da caccia, Leone minore ecc. L’ultimo gruppo costituito da 14 costellazioni, tutte australi, fu introdotto nella metà del settecento con nomi ispirati a strumenti della scienza, della tecnica e delle arti: Bussola, Orologio, Telescopio, Compasso, Macchina pneumatica, Pittore, Scultore ecc. GC
La forza d’inerzia
Viaggio tra le costellazioni perdute... Antinoo
L’andra sera co’ Zzichicchiu e andri amici semo riannati su ppe’ li Prati... tantu pe’ ccambia’... a ccerca’ de rilassacce ‘n bo’ guardanno lu cielu. A ppropositu... fra pocu vistu che cce facemo tappa fissa su le montagne de Stroncone... a mme e Zzichicchiu ce fanno strunculini onorari! C’eravamo portati ‘n binoculu pe’ ttutte le ròte... lassù l’aria era frizzantina ma lu cielu era ‘na meravija!... ‘Ntantu che aspettavo lu turnu pe’ lu binoculu... doppo ‘n bo’ che stevo co’ lu mentu arzatu... l’occhi per’aria e.. la bocca spalancata soprattuttu perché me tirava lu collu... ho fattu... A Zzichi’... stò vedenno che le stelle se movono tutte ‘n bloccu... ma ce l’hanno ‘n muvimentu propiu o so’ ffisse?... E Issu co’ ttutta carma... Se movono assieme perché è la Terra che rròta... però ciànno anche ‘n muvimentu propiu pe’ lu principiu de inerzia che ddice che... se gniciunu je rompe le scatole... da quanno se so’ messe ‘n muvimentu vanno sempre drittu e non se fermono mai. Su lu spazziu ce sta lu vòtu... non ce sta l’attritu e... se da quanno che sso’ ppartite non ‘ncontrono che andru... pe’ inerzia continuono come se gnente fosse. M’ero ‘ncuriusitu... Senti ‘n bo’... famme capi’ bbene... che è ‘st’inerzia?... Credevo che mme s’arrabbiava... invece tuttu dilicatu me tt’ha fattu... Caru Lunardinu... lu piji mai l’atobbusse?... Sci?... Allora l’inerzia è quella forza che tte fa mette a ssede’ quanno parte l’atobbusse e che tte fa anna’ a ’bbraccia’ l’autista quanno quillu frena de bbottu. So’ ‘rmastu ‘n silenziu a rrifrette su qquellu che mm’eva appena dittu e qquanno è toccatu a mme a gguarda’ co’ lu bbinoculu... vistu che mme s’era ‘ndolenzitu lu collu pe’ gguarda’ per’aria... me s’è ppuntatu ‘n bo’ troppu bbassu e me tt’è annatu a ffini’ propiu su ‘na macchina che steva ‘nfrascata ‘n do’ c’era ‘na coppietta tutta accartocciata su li sidili davanti... m’è vvinutu spontaneu da di’... Guarda’ ‘n bo’ ‘lli ddui... ce sta da rabbividi’ a ppenza’ che rrazza de frenata je po’ ave’ ffattu quillu!? paolo.casali48@alice.it
Le costellazioni che conosciamo ci sono state tramandate dalla tradizione greca classica, ma si pensa in realtà che esse siano molto più antiche e provenienti originariamente dalla Mesopotamia e quindi dalla tradizione sumero-babilonese. I Greci ci hanno trasmesso il nome di 48 costellazioni, tramite l’Almagesto, scritto da Tolomeo nel II secolo dC e rimasto per quasi 1500 anni il più autorevole testo di astronomia. Le costellazioni dell’antichità formano comunque l’armatura della volta celeste visibile dalle nostre latitudini e fino alla fine del XVI secolo sono state la base per la costruzione di atlanti, carte e globi celesti. Salvo qualche eccezione nessuno le ha mai toccate, anche se a volte piccoli cambiamenti di La costellazione di Antinoo denominazione sono avvenuti: L’Inginocchiato (dal globo celeste di Gerardus Mercator - 1551) è diventato Ercole, l’Uccello si è trasformato in Cigno, il Fiume in Eridano, il Cavallo in Pegaso, il Cetaceo in Balena e la designazione dell’Aquila con Antinoo, di Tolomeo, si è semplificata in Aquila. Antinoo, personaggio realmente esistito, era un giovane della Bitinia (l’attuale Turchia asiatica, sul Mar Nero) amato dall’Imperatore Adriano e morto annegato nell’ottobre del 130 dC. Il favorito di Adriano, sacrificò la sua vita per l’imperatore gettandosi nel Nilo. Questo gesto terribile sembra fosse stato determinato dal responso di un oracolo secondo il quale l’imperatore versava in grave pericolo e la sua salvezza sarebbe dipesa solo dal sacrificio volontario della persona verso cui manifestava maggior affetto. Così, a seguito di questo atto eroico, Adriano onorò Antinoo al punto di fondare una città che portasse il suo nome, Antinopoli, e gli dedicò ovunque nel mondo busti, statue sacre, templi e altari, fatti innalzare in suo onore. Si è ipotizzato, inoltre, che Adriano, vedendo una stella nuova nelle vicinanze della costellazione dell’Aquila, abbia voluto formare con essa e con altre stelle vicine una nuova costellazione in onore del suo amato, affinché il nome di Antinoo fosse impresso nel cielo per l’eternità. Questa ipotesi potrebbe essere del tutto plausibile, visto che l’Aquila si trova in una zona della Via Lattea in cui, nel tempo, sono state osservate molte stelle novae. Dopo la citazione di Tolomeo, la costellazione fu taciuta fino alla metà del XVI secolo, quando l’astronomo e cartografo fiammingo Gerardus Mercator la disegnò nel suo globo celeste. Citata e rappresentata anche da Bayer, da Tycho, da Keplero, Hevelius, Flamsteed, Hell e da Bode, la costellazione di Antinoo venne accorpata poi definitivamente a quella dell’Aquila. Antinoo fu raffigurato intrappolato fra gli artigli dell’Aquila e per questo motivo qualche volta è stato confuso con Ganimede, il fanciullo che Zeus fece rapire per farne il coppiere degli Dei. In seguito Ganimede venne identificato con l’Acquario. Fiorella Isoardi Valentini
Appuntamento Mercoledì 26 Maggio la nostra associazione, in collaborazione con la Circoscrizione Nord del Comune di Terni, organizza la terza edizione di
ASTROrime... Il telescopio E’ certo uno strumento che espande il nostro mondo... scrutando il firmamento si arriva al ciel profondo. (nebulose, galassie...) C’è quello rifrattore con lente rifrangente e quello riflettore con specchio riflettente. Quanti astri da ammirare con lo sguardo volto in su... ma con l’occhio a... l’oculare sono splendidi e... di più! PC
Astronomia in Piazza! Porteremo diversi telescopi in Piazza della Meridiana a Borgo Rivo a disposizione della cittadinanza tutta, a partire dalle ore 16 e fino alle ore 24. E’ l’occasione giusta anche per osservare il sole ed in particolare per le macchie e protuberanze solari. Tali osservazioni saranno rese possibili con l’utilizzo di particolari, costosi filtri che ci sono stati donati dalla FONDAZIONE CARIT, alla quale vanno i nostri più vivi ringraziamenti. Assoc iaz ione Te r nana Ast rof ili - Ma s s imilia no Be ltr a me V i a M a e s t r i d e l L a v o r o , 1 - Te r n i tonisca@gmail.com 329-9041110 www.mpc589.com
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