Numero 1 0 5 Maggio 2013
Mensile a diffusione gratuita di AttualitĂ e Cultura
Collescipoli
La particella erronea Nel 1921 divenne Lettore all’Università di Dacca, Il nome di Peter Higgs è rimbalzato su tutti i giornali del mondo, quando dal dove restò ad insegnare fino al 1945. Solo dopo la CERN è arrivata la notizia che il suo bosone è stato (probabilmente) finalmente guerra ritornò all’università di Calcutta, dove rimase rilevato sperimentalmente. Il suo nome è stato accoppiato a quello di Dio, da fino al 1956, anno in cui si ritirò dall’insegnamento. quando la sua particella è stata, abbastanza inopinatamente, denominata anche Il punto di svolta nella sua carriera avviene nel “particella di Dio”: e diciamo inopinatamente perché, in modo abbastanza 1924, quando invia ad Albert Einstein un suo breve paradossale, il soprannome divino deriva alla fin fine da un’imprecazione. articolo di quattro pagine in cui comunica al fisico più È forse allora ancora più curioso che l’attenzione non si sia per contro posata famoso del mondo (che, sia detto affatto sul nome di chi ha dato il nome -e non per inciso, era visto dallo stesso solo il cognome- a tutta la famiglia dei Bose come qualcuno a mezza strada bosoni; anche perché il termine è al tempo tra un santo e un superuomo) di stesso ormai sia familiare sia insolito, facile aver provato a dedurre il coeffida pronunciare e da ricordare e al tempo ciente nella Legge di Planck, stesso misterioso per quanto riguarda le sue caposaldo della fisica quantistica. origini. A differenza di altre particelle che La derivazione fino ad allora usata derivano il nome da precise caratteristiche della formula di Planck non fisiche modulate attraverso le lingue classiche piaceva per niente neppure allo (protone, elettrone, leptone, adrone, stesso Planck, e anche Einstein neutrone) i bosoni devono il loro nome a era tutt’altro che soddisfatto. La quello di uno scienziato: al pari delle loro via usata da Bose riscosse invece controparti fisiche, i fermioni, che prendono subito l’entusiastica approvazione la denominazione da Enrico Fermi, i bosoni dal padre della Relatività, che la si chiamano così in onore di Bose. propagandò e caldeggio a tutte le Satyendranath Bose nacque il 1° maggiori riviste di fisica. Tanto gennaio 1894 a Calcutta, primo di sette per non perdere tempo, la tradufratelli, in una famiglia del tutto ordinaria per zione in tedesco la fece di suo i suoi tempi e i suoi luoghi. Sua madre era pugno. quella che oggi definiremmo una casalinga, Il famoso articolo di quattro e suo padre un contabile che lavorò prima pagine era intitolato “La Legge di per le ferrovie e poi per industrie farmaceuPlanck e l’ipotesi dei quanti di tiche. Si dimostrò subito assai bravo in luce”, e aveva avuto una vita matematica, e la sua carriera di studente fluì tutt’altro che facile. Il fatto era che in maniera dignitosa: elementari, medie, Bose proponeva di abbandonare la liceo, laurea e infine master nel 1915. Nello statistica classica (detta di Maxstesso anno si sposa con Ushabala, che well-Boltzmann) ipotizzando che diventerà la madre dei suoi cinque figli. potesse non essere valida per Era il periodo in cui l’India era sotto il particelle microscopiche: in governo britannico: solo recentemente si era Satyendranath Bose estrema sintesi, introduceva quella giunti a concedere agli indiani la possibilità statistica che tratta gli oggetti di lavorare presso gli uffici statali, e Bose, come indistinguibili l’uno dall’altro; se si lanciano due con ogni probabilità, si immaginava di essere destinato ad una carriera di questo dadi, la probabilità di fare 11 è maggiore di quella di tipo. Ebbe però la fortuna che proprio in quegli anni venne aperto il Collegio fare 12, perché per fare 12 esiste una sola combinazione Universitario delle Scienze di Calcutta, e lui riuscì ad entravi come professore di possibile (6 su entrambi i dadi), mentre per fare 11 di matematica e fisica. Di vera fortuna si trattava: in India non vi erano praticamente combinazioni del genere ne esistono due (6 sul primo dei veri centri di ricerca e il Collegio era il primo istituto indiano dedicato alle e 5 sul secondo, o 5 sul primo e 6 sul secondo). Ma se ricerche post-laurea. Solo grazie a ciò Bose ebbe modo di leggere testi di fisica il primo e il secondo dado sono indistinguibili, allora moderna, formandosi sui princìpi della fisica quantistica e della teoria della relatività. la probabilità di fare 11 o 12 è la stessa. La gran parte degli esperti e delle riviste a cui sottopose l’articolo, però, sostanzialmente fraintesero l’innovazione, e reputarono semplicemente che Bose fosse incappato in un grossolano errore di teoria di probabilità. Non era così. Grazie a quello che oggi si chiamerebbe, all’inglese, l’endorsement di Albert Einstein, Bose diventa rapidamente famoso a livello mondiale, e soprattutto in India, che entra definitivamente a far parte delle grandi nazioni anche sul piano scientifico. Negli anni successivi Satyendranath è indaffarato in viaggi in Occidente, dove ha occasione di conoscere tutto il gotha della fisica; e quello era un periodo in cui la fisica era davvero ricca di grandissime personalità: lavorò a Parigi con Marie Curie e, manco a dirlo, con Einstein a Berlino. Tra le altre cose, fu lui a compiere le prime traduzioni in hindu delle opere di Einstein. Nel frattempo, la sua statistica si dimostrava sempre più adatta a descrivere il comportamento di un certo tipo di particelle (quelle a spin intero) e, curiosamente, fu proprio Paul Dirac, che con Fermi è il padre dell’altra statistica quantistica concorrente, a coniare w w w. l a p i a z z e t t a r i s t o r a n t e . i t Locale climatizzato - Chiuso la domenica il termine “bosone” in suo onore. lapiazzetta.terni@libero.it Terni Via Cavour 9 - tel. 0744 58188 P i e ro F a b b r i
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La particella erronea - P F a b b r i FA R Q U A D R AT O Rifondare la Politica - G Raspetti GRUPPO CENTRAL MOTOR Piccoli orti in città crescono... - A M e l a s e c c h e FA R M A C I A B E T T I Quel fumo sospetto in Commissione Europea - F Patrizi MECARELLI A.A.A.Positivo.Cercasi - P Seri C O O P E R AT I VA M O B I L I T À T R A S P O R T I F O N D A Z I O N E C A S S A D I R I S PA R M I O G I C A H O S P I TA L P R O G E T T O M A N D E L A - M Ricci, I Loesch A S S O C I A Z I O N E C U LT U R A L E L A PA G I N A PRECI - Tradizioni di Maggio Assessorato Cultura Scuola e Politiche Giovanili BIODENTAL A S S E S S O R AT O L AV O R I P U B B L I C I Linking Cultures: l’eccezione alla regola - C Colasanti L A B O R AT O R I S A L VAT I A Z I E N D A O S P E D A L I E R A S A N TA M A R I A D I T E R N I SALVATORE PROCIDA - M Troiani N U O VA G A L E N O We wanna wake up... - M Salvati LICEO CLASSICO - M S a l v a t i , A M L a n d i n i , G F r a n c h i n i , R Te r r i b i l i ALFIO CIDAT La scoliosi - V Buompadre La spedizione dei mille: la campagna di Sicilia (II parte) - F N eri D o p i n g e v i o l e n z a - G Ta l a m o n t i CENTRO MEDICO DEMETRA - ERREMEDICA T E R N I R I C O R D I D E L PA S S AT O - L S a n t i n i Alla scoperta di... mura porte torri - L Santini Le fobie - S Marsiliani, P Pernazza 1 3 m a g g i o 1 9 8 1 - V Grechi Stalking - L Bellucci ALLEANZA TORO ASTRONOMIA - T S c a c c i a f r a t t e , E Co s t a n t i n i , P C a sa l i , M P a sq u a l et t i L’ a l i m e n t a z i o n e d e l l ’ a d u l t o - L F B i a n c o n i L A S TA N Z A D E L S A L E M I N O VA L E R I - R B e l l u c c i G L O B A L S E RV I C E SUPERCONTI
PA G I N A
Mensile di attualità e cultura
Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni
DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta di Giampiero Raspetti
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Direttore editoriale Giampiero Raspetti
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Rifondare la Politica Depravazioni, ricatti e mistificazioni strangolano il Paese: dobbiamo rifondare humus e profili della politica! Non otterremo supporti e benefici da gran parte dei soldatini della partitica: quello masticano, quello riescono a digerire. Malcom X diceva: Da un uovo di gallina nasce sempre una gallina, mai un’oca! È per questo che mai cercheremmo incontri con gli attuali faccendieri. Argomenteremo tra noi, che non abbiamo mai brigato né mai brigheremo: onesti cittadini che non si fanno irregimentare da chi urla ai ventri, corrompe, falsifica. Occorre essere responsabili in prima persona (meno maestri e più testimoni e quindi saper riconoscere la cialtroneria e abiurare gli autoritarismi, ovunque possano erigersi) e attribuire la dovuta importanza alle risorse culturali, le sole capaci di rinvigorire la conoscenza e di temprare la coscienza. Non ci trastulleremo perciò nella politica di bottega fatta di screzi, di polemiche, dell’aprire bocca, senza cognizioni di causa, ed emetter fiato -oggi più che mai in voga, sempre per arraffare creduloni-, di promesse di soluzioni tombali, di incarichi, di furbizie. Queste basse categorie del comportamento emergono come rottami solo per l’assenza della grande, nobile Politica, assediata da mestatori recitanti o da biascicatori, privi di cultura e di dignità, abili solo nell’interesse o nei pruriti personali, nel gioco dello scacchiere partitico, delle poltrone, delle poltroncine, degli sgabelli. Per taluni vanno bene anche gli strapuntini. Princìpi, sentimenti e ideali non figurano in un elenco per essere scelti qua e là, magari a caso: vanno presi tutti e testimoniati, ogni giorno non solo ai dì della festa, da uomini, non da pecore matte. Uomini che si farebbero tagliare tre mani prima di osare imporre un colpo di mano che, nel cambiare le regole del gioco, possa adombrare un benché minimo vantaggio personale; uomini che si farebbero incenerire due cuori pur di non combattere slealmente. Uomini che non bollano con la parola utopia tutto quello che non è strettamente lucro o interesse personale. Il paese immaginario esiste (anche se si scontra con le nostre debolezze e le nostre incoerenze): nelle cittadelle di filosofi e poeti, nei paradisi di tutti i messia, nei cuori e nei sogni di tantissimi di noi. Ma per capirlo c’è bisogno di cultura, soprattutto scientifica. Chi toglie risorse e finanziamenti a scuola e cultura è nemico del Paese e deve essere ostracizzato. Acioj (axios) è parola greca che significa: degno di onore, valore condiviso. Assioma, nelle dimostrazioni matematiche, non assume il significato di verità assoluta, precipuità questa o di Giove o, razionalmente, di un teorema inconfutabile. Verità degna sì, ma fino a quando? Fin quando, dopo aver correttamente applicato le regole della deduzione logica, non si giunga a conclusione chiaramente errata! In tal caso non si ritiene più degna, ma... nessun anatema, non dà luogo a scomuniche o a tradimenti; semplicemente non serve più, viene sostituita! Nella vita ordinaria esiste l’analogo: credi agli ideali di un partito, di una fazione, di una conventicola fin quando sussiste coerenza tra questi e i tuoi princìpi etici, questi sì chiaramente noti a te stesso! Non appena però si accerta un qualche comportamento indegno (che non esiteresti a marchiare a fuoco se avvenisse in campo avverso), la coerenza morale (alter ego della deduzione logica) dovrebbe pretendere che il partito o le varie combriccole cancellino, senza se e senza ma, quei comportamenti o denuncino ipso facto i disonoratori. Nella realtà questo non avviene, forse perché nelle consorterie difficilmente si agisce da soli, ma si briga spesso in nome di un gruppo di compagnucci di merenda, mentre altri, scodinzolanti, rimangono in attesa di pietire un ossicino. Risulta poi così comodo rivolgersi ai creduloni (solo alcuni, la gran parte è in malafede) dicendo: sono un perseguitato politico, i giudici ce l’hanno con me! Favoletta scema rivolta a analfabeti o a rancorosi o ad acchiappini! In realtà questa operazione di moralità assoluta la eseguiamo costantemente, ma solo nei confronti dei nostri avversari politici, palesando nient’altro che ipocrisia e vigliaccheria. Si sente allora il bisogno di una politica assiologica, o valutativa, che sostituisca quella assiale della retta cartesiana: destra, centro, sinistra. Vieni da noi per parlarne. Giampiero Raspetti
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Piccoli orti in città c re s c o n o . . . La storia racconta che i primi giardini pensili, considerati addirittura tra le sette meraviglie del mondo antico, siano stati realizzati ad opera del re Nabucodonosor II, nella città di Babilonia qualche secolo prima dell’anno zero. Se siano realmente esistiti o se si tratti solamente di una leggenda spetta agli studiosi dimostrarlo, ma di una cosa possiamo essere certi: l’idea di base, nonostante i secoli trascorsi, risulta essere ancora decisamente moderna. Le statistiche confermano un’esplosione nella diffusione dei cosiddetti balconi e tetti verdi in città: coltivare prodotti alimentari freschi, con qualche piccolo risparmio, aiutando l’ambiente, è bello a vedersi e anche buono da gustare. Inoltre, la creazione e la cura attiva di un orto può aiutare a scaricare lo stress accumulato nelle nostre faticose giornate di lavoro. Quindi un toccasana per la salute sotto molteplici punti di vista. Piccoli campi e iniziative simili si stanno espandendo in Italia, anche come conseguenza della crisi, per cercare di accorciare un po’ la lista della spesa, ma anche per avere certezza della provenienza di ciò che si mangia. Nel Nord Europa rappresentano già una realtà consolidata. Non occorre avere esperienza in materia di giardinaggio, basta un impegno minimo ed una buona dose di pazienza. È così possibile realizzare sul balcone di casa un mini orto anche se non si dispone di molto spazio. Inutile dire che, in assenza di pollice verde acclarato, inizialmente sia meglio partire con poche piantine di facile coltivazione. Non mancano comunque riviste e blog sul tema con molti suggerimenti. Ad esempio un’idea utile per chi ha poco spazio e non vuole rinunciare all’idea può essere quella di utilizzare
un vecchio tavolo in legno il cui piano va prima reso capiente con della tavole da inchiodare sul perimetro esterno per poi riempire il contenitore di terriccio e argilla. È sufficiente per realizzare un piccolo orticello. Si può poi dotare il ripiano inferiore di antine dove riporre gli attrezzi da lavoro. Ha l’altezza giusta per lavorare senza dover stare piegati e la profondità del bancone è sufficiente per coltivare ad esempio delle erbe aromatiche. Cosa fare invece se ci si vuol dedicare alla mini agricoltura ma non si ha né un giardino né un balcone? Due le soluzioni possibili: mettersi in lista d’attesa per i cosiddetti orti urbani dati in concessione da quei comuni che hanno un progetto apposito oppure affittare lo spazio da un privato. Infatti sono sempre di più i possidenti agricoli che suddividono i loro terreni in orti già dissodati da dare a chi voglia testare il proprio pollice verde. Il canone annuale per l’affitto dell’orto va dai 350 ai 500 euro, e dipende dai servizi collaterali messi a disposizione. Anche sul fronte aziendale ci sono iniziative interessanti: Google, Toyota, PepsiCo e altre multinazionali hanno fatto da apripista ma è prevedibile che altre seguiranno. Hanno pensato di rivoluzionare la concezione stessa del posto di lavoro con il corporate garden, ovvero giardino aziendale, ed è l’ultima tendenza in tempi di green economy con la crisi in corso. Gli ampi spazi esterni e le terrazze di cui dispongono le aziende vengono trasformati in orti urbani, coltivati su iniziativa volontaria dai dipendenti che, oltre a scaricare la tensione lavorativa e lo stress nell’attività di giardinaggio e magari a fare un po’ di team building tra loro, possono portare a casa i frutti prodotti. Una parte del raccolto viene invece utilizzata per rifornire le mense aziendali di prodotti sempre freschi e di stagione, migliorando l’alimentazione che, come noto, negli Stati Uniti è ben lungi dall’essere mediterranea. Prima di imbarcarsi nell’impresa è importante ricordare che l’orto urbano e il giardino pensile presuppongono passione e dedizione perché le piantine, se non amorevolmente curate, potrebbero non dare alessia.melasecche@libero.it i frutti sperati!
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Quel fumo sospetto in Commissione Europea Una spirale di fumo avvolge l’operato della Commisione Europea da quando il commissario alla salute John Dalli è stato travolto da uno scandalo. La vicenda comincia, a quanto pare, a causa della messa al bando dello snus, un tabacco umido in polvere da succhiare la cui vendita al dettaglio in Europa è vietata dal 1992. L’unico Stato esentato che lo produce e lo consuma è la Svezia. I fautori dello snus sostengono che sia un palliativo utile a chi vuole smettere di fumare, ma la Commissione Europea la pensa diversamente e considera il tabacco per via orale una porta d’ingresso al tabagismo. Anche per questo sono stati vietati gli aromi in quantità eccessiva che coprono il sapore del tabacco nelle sigarette, perché prodotti come lo snus al mentolo o alla fragola potrebbero presentarsi come surrogati di chewingum ad alto contenuto di nicotina, insomma uno specchietto per attirare nuovi tabagisti tra i minori. Lo scorso dicembre la multinazionale Swedish Match, azienda svedese del gruppo Philip Morris, denuncia una tentata concussione ad opera di un collaboratore del commissario che si occupa della nuova normativa sul tabacco, John Dalli. La Swedish Match sarebbe stata avvicinata dall’intermediario del commissario il quale avrebbe proposto di rivedere il divieto di vendita dello snus in Europa dietro pagamento di una tangente da 50 milioni di euro. Il presidente Barroso ha preteso le dimissioni immediate di Dalli, il quale si è difeso sostenendo di essere vittima di un complotto ordito
dalle lobby del tabacco per non far passare la nuova riforma che prevede, tra l’altro, l’applicazione in Europa di una normativa già vigente in Australia e molto temuta dalle multinazionali: in pratica, i pacchetti delle sigarette dovrebbero risultare anonimi per il 70% della superficie e sarebbe vietata l’esposizione diretta della merce nelle tabaccherie. Dello scandalo Dalli se ne è occupato il Servizio Antifrode Europeo (OLAF) e la conclusione delle indagini non è stata resa pubblica, nonostante ripetute richieste da parte degli organi d’informazione. A questo punto è stata proposta la creazione di una commissione d’inchiesta parlamentare sul caso, ma i nostri eurodeputati l’11 aprile hanno dato voto negativo. Dunque, non sapremo mai se John Dalli è stato o meno la vittima del gioco sporco delle lobby del tabacco. L’unica certezza è che nessuno a Bruxelles vuole alzare il velo sulle connivenze tra lobby e Commissione Europea, poiché a prescindere dalle responsabilità di Dalli, emergerebbe un rapporto promiscuo e consolidato tra commissari e esponenti delle multinazionali, i quali spesso vanno a ricoprire prima un ruolo e poi l’altro, passando da controllati a controllori; l’informalità (chiamiamola così) sarebbe all’ordine del giorno, meglio non indagare e nascondere tutto. Questo scandalo è comunque risultato utile alle multinazionali del tabacco, poiché la normativa a cui stava lavorando la Commissione Europea è stata sospesa e se ne occuperà il commissario che sarà eletto nel 2014. Francesco Patrizi
C O N T R O L L O G R AT U I T O D E L L A V I S TA C O M P U T E R I Z Z AT O C O N S E G N A I M M E D I ATA D E G L I O C C H I A L I D A V I S TA C E N T R O L E N T I A C O N TAT T O C O N C E S S I O N A R I O L E N T I Z E I S S E R O D E N S T O C K D E A L E R D E L L E M I G L I O R I G R I F F E
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A.A.A.Positivo.Cercasi
Cosa succede? Siamo sulla pagina degli annunci? Manco per sogno, siamo sempre sul raspettiano mensile La Pagina. I motivi della scelta di un titolo così particolare e solo all’apparenza poco chiaro scaturiscono come logica conseguenza dalla situazione politico sociale che il Bel Paese sta in questi giorni vivendo. Comunque sia, in corso d’opera si cercherà di fornire al lettore ulteriori spiegazioni in merito. Che siamo in una situazione di stallo è davanti agli occhi di tutti, se ne accorgerebbe anche un bambino. Nessuna delle forze in campo ha i numeri sufficienti per assicurare alla nazione un governo stabile. Il PD ha riportato nelle elezioni di febbraio una vittoria mutilata che gli ha assicurato maggioranza alla Camera, ma non al Senato. Questo in termini poveri vuol dire che siamo da capo a dodici. Il suo leader Bersani, dopo aver rincorso disperatamente i Pentastelluti grillini e aver incassato una raffica di no categorici, ha fallito il tentativo di formare un nuovo governo. Vincitore, secondo i sondaggi a Natale, morto a Pasqua senza resurrezione, è ora alle prese con beghe interne al partito che ne minacciano l’unità. I rapporti con il sindaco di Firenze Matteo Renzi e il movimento dei rottamatori, saliti alle stelle all’epoca delle primarie, sopitisi durante la pausa elettorale, si sono ora fatti più tesi con duri botta e risposta. Il PDL, dopo il passamano di circostanza ad AngelinoJolie Alfano, è di nuovo sotto la guida del plurindagato e plurinquisito Cavaliere che, mantenuto un basso profilo in
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epoca montiana, è tornato prepotentemente alla ribalta prima, durante e dopo le elezioni sfoderando il suo consueto repertorio fatto di proposte demagogiche, promesse da marinaio, attacchi alla magistratura comunista ecc… cosa che gli ha permesso di risalire la strada del declino in cui alcuni osservatori poco accorti credevano avesse definitivamente imboccato. Dimentico ora del conflitto di interesse, leggi ad personam, vuole formare un governo di larghe intese con gli odiati comunisti, affermando di anteporre l’interesse del paese a quello del proprio partito…ma da quale pulpito viene la predica! Quanto al prof. Monti, fallita la salita in politica è disceso vertiginosamente nel purgatorio di un governo dimissionario, dovendo da perfetto bocconiano inghiottire l’amaro boccone di una sonora sconfitta, ad onta dei soliti esperti politologi che, anche su giornali di grande tiratura, lo davano come futuro presidente del consiglio o addirittura come capo dello stato. Il movimento dei Pentastelluti guidati dal guru Grillo hanno ottenuto un ottimo risultato cavalcando il malcontento diffuso e la grave crisi che sta affrontando il paese, ma, continuo a ripetere il solito ritornello: giusta la protesta, e la proposta donde està? Finora anche su questo versante di chiacchiere se ne sono sentite una valanga, ma di proposte concrete e costruttive poco o nulla, solo una serie di sit in, di cori di protesta, attività febbrile sui social network, mentre il Grillo è parlante solo attraverso il blog protetto, come un santone, dal nirvana informatico. Una situazione a dir poco ingarbugliata in cui tutti dicono di voler sbrogliare la matassa, ma nessuno ha la capacità o peggio la volontà di sciogliere. L’intera classe politica, troppo occupata in polemiche, diffidenze reciproche, rinfacci, pregiudizi e gazzarre varie, sta pagando lo scotto di aver difeso a spada tratta i propri egoistici interessi di casta, dimenticando la situazione reale del paese. Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur (mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata) vecchissimo proverbio che tradotto nella situazione italiana equivale a dire che tutti i problemi economici, sociali e politici rimangono sul tappeto subissati da una valanga di discussioni di cui il sig. Rossi alle prese con tasse, carovita, bilancio familiare non riesce capire il significato e soprattutto l’utilità. È il momento d’oro dei telepredicatori che in tutti i canali fanno a gara a colpi di audience su chi presenta le situazioni più incresciose e paradossali in cui versa il popolo del Bel paese, dando a volte la sensazione che, col pretesto legittimo di informare, si provi un certo compiacimento a girare il coltello nella piaga. Anche la cronaca dell’ ultimo periodo che va dal fallito tentativo di Bersani alla rielezione di G. Napolitano, ci ha offerto un ben triste spettacolo. Il segretario del PD non ne ha azzeccata una, bruciando, nonostante avesse gettato via il sigaro, una dietro l’altra le candidature di F. Marini e di R. Prodi, poi le inevitabili dimissioni. Proprio quando sembrava che questo presidente non s’ha da fare, ecco rispuntare Napolitano il salvatore, allora giù applausi a scroscio, anche se nel discorso l’ottantottenne leader bacchettava in continuazione la classe politica. Ma a cosa diamine applaudono gli onorevoli dai molti colori e dalle molte casacche cambiate? Fatemi indovinare: forse alla loro incapacità di portare un paese fuori dalla crisi nella quale hanno dato valido contributo a farlo sprofondare. Anche il popolo pentastelluto, quello del blog, per l’esattezza, ha fatto la sua immancabile performance: niente applausi, sono stati tutti in silenzio con le manine stese sul tavolo da perfetti scolaretti anni cinquanta, patetico spettacolo di altri tempi. Ora la palla è in mano ad Enrico Letta che ha varato un nuovo governo con l’appoggio di PD, PDL, Lista Civica ovvero gli ex-cane e gatto che, vista la mal parata, hanno ritenuto opportuno collaborare… Staremo a vedere…ma caro sig. Rossi, scalda i motori: tocca a te! Intanto la crisi continua come un rullo compressore a schiacciare le piccole imprese, il commercio, l’artigianato e la folla dei disoccupati cresce. Mi chiederete: dove sta il positivo in un quadro come questo? I media non fanno che ripeterci il solito ritornello: qui siamo ultimi, qua penultimi, là terzultimi…ma mi domando qualcosa di positivo in questo paese deve pur esserci! Eppure esistono, sparse sul territorio nazionale, Umbria compresa, molte organizzazioni laiche, cattoliche, molte associazioni di volontariato che in parecchie situazioni di emergenza hanno dato valida prova di sé, perché non escono allo scoperto? Allora dove è finita l’Italia silenziosa e laboriosa, piena di fantasia e di iniziative, capace di adattarsi e di arrangiarsi che è stata artefice della ricostruzione e del boom economico? Beh, se ancora esistono dei superstiti, che vengano fuori, una volta per tutte, diamine, abbiamo un dannato bisogno di gente come questa, di professori e tecnici ne abbiamo le tasche piene! Pierluigi Seri
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Presenze Gli scatti di Enrico Valentini [1959-2012] Terni, palazzo Montani Leoni La Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni e “Il Punto” Centro Ternano di Cultura hanno organizzato a palazzo Montani Leoni, sede della Fondazione, la mostra Presenze. Gli scatti di Enrico Valentini [1959-2012]. Enrico Valentini, di professione fotoreporter e giornalista, è nato a Metz in Francia nel 1937. All’età di due anni si trasferisce a Terni, dove tuttora vive e lavora, seguendo da oltre cinquanta anni le vicende umbre e gli eventi più importanti, grazie alla collaborazione con le testate nazionali e con le principali agenzie di stampa italiane ed estere. Il suo archivio fotografico, che conta più di 210 mila foto, è stato dichiarato nel 2009 dalla Soprintendenza archivistica dell’Umbria “di interesse storico particolarmente importante”. È la prima volta che la Fondazione Carit ospita nella propria sede una mostra fotografica; lo ha fatto nella consapevolezza che gli scatti di Enrico Valentini susciteranno un grande interesse di pubblico. La bellezza delle immagini e i soggetti rappresentati documentano, infatti, oltre mezzo secolo di vita sociale, politica e culturale della nostra regione. Nella rassegna si possono ammirare le fotografie di rappresentanti del jet-set internazionale che, nel periodo d’oro del Festival dei Due Mondi, soggiornando a Spoleto, visitavano anche Terni, come gli attori Brigitte Bardot e Marcello Mastroianni; le immagini delle visite in Umbria dei papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, dei Presidenti della Repubblica e degli esponenti politici. La mostra, curata dallo stesso Enrico Valentini, da Domenico Cialfi e da Giuseppe Pennacchia, è da un lato un riconoscimento all’attività professionale di un “maestro ternano” e dall’altro intende essere un omaggio alla nostra regione, una terra da sempre amata ed apprezzata dai personaggi del cinema, della cultura, della politica e della Chiesa.
La mostra, inaugurata il 26 aprile, rimarrà aperta al pubblico fino al 2 giugno 2013 ogni sabato e domenica con orario 11.13 / 17.19. 12
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Quando nell’ormai lontano 1988 il Progetto Mandela prendeva l’avvio con il suo primo nome di Progetto Socrate, noi della Associazione “Progetto...” non pensavamo che saremmo arrivati così lontano. Prima di tutto perché non sapevamo che reazione avrebbero avuto i giovani della nostra città, poi perché non eravamo in grado di prevedere quale partecipazione ci sarebbe stata da parte delle varie scuole, a cui il progetto veniva proposto e infine perché eravamo dubbiosi su come l’avrebbe presa il nostro mondo politico-istituzionale. Ebbene oggi dobbiamo riconoscere che, se il Progetto Mandela è riuscito a tagliare il traguardo delle venticinque primavere, il fatto è dovuto soprattutto alla costante, entusiasta, libera e continua partecipazione dei giovani, per i quali l’impegno nei laboratori e la realizzazione dello spettacolo annuale ha costituito una vera e propria scuola di vita. L’incontro nel momento della propria crescita intellettuale con la conoscenza dei valori dell’antirazzismo, della tolleranza e del rispetto dei diritti umani, insieme alla esperienza dell’impegno collettivo, ha contribuito in modo decisivo alla loro educazione e alla loro formazione umana. Ne fanno fede gli stessi ragazzi e, cosa non secondaria, anche i loro genitori. Dobbiamo poi dire che da parte della burocrazia scolastica i comportamenti sono stati altalenanti; a momenti di riconoscimento e partecipazione si sono alternati momenti di poca comprensione e momenti di anacronistici campanilismi di istituto che tuttavia, grazie alla intelligenza e alla sensibilità di molti insegnanti e alla loro individuale partecipazione, siamo riusciti a superare. Per quanto riguarda il mondo politico istituzionale, che non si tira mai indietro quando si tratta di esaltare l’importanza dei giovani, dobbiamo rilevare che non è mai stato né entusiasta né partecipe: raramente sindaci, assessori e presidenti, pur se ripetutamente invitati, si sono affacciati non dico nei laboratori ma almeno agli spettacoli finali. E questo anche quando era ormai evidente che nella nostra città era in atto un esperimento educativo e culturale tra i più interessanti e non solo in Italia. Lo stavano a testimoniare i servizi delle reti Rai nazionali che avevano messo in risalto l’originalità e l’utilità del nostro lavoro, e conferimento al nostro Progetto del Premio Cultura, assegnatoci dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Diciamo che ci hanno lasciato bene o male sopravvivere, più male che bene a causa della scarsità dei finanziamenti, aggravatasi negli ultimi anni per la crisi economica, a causa della precarietà e del costo della sede e a causa dell’assenza di volontà politica nel promuovere il Progetto anche presso le istituzioni nazionali ed europee. Ci ritroviamo così oggi a dover chiudere un’esperienza unica che interpretava il dna dell’Associazione “Progetto...” fin dalla sua nascita, ovvero lavorare con i giovani, rendendoli protagonisti della loro crescita. Ma non siamo usi a piangerci addosso, l’Associazione non chiuderà bottega, convinti come siamo che i valori, per la cui conoscenza abbiamo combattuto fino ad oggi, necessitino ancora di una lunga lotta.Vuol dire che lavoreremo per i giovani e per quanti hanno a cuore la crescita culturale e politica di questa città. Nell’invitare tutti a vedere quest’ultimo lavoro teatrale, vorrei chiudere con una battuta di un personaggio di questo stesso spettacolo che contiene il senso dell’intera nostra attività: Mi emoziono sempre quando vedo dei giovani che prendono in mano il loro destino. Non abbiamo cercato di fare altro in questi intensi e fantastici venticinque M arc e llo R ic c i anni.
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PROGETTO MANDELA ULTIMO ATTO
25 in direzione ostinata e contraria Lo spettacolo conclusivo dei laboratori di Progetto Mandela del suo 25esimo anno di attività, andato in scena al Teatro Secci di Terni il 29 e 30 aprile rischia di essere veramente l’ultimo. Una serie di difficoltà, dalla precarietà e inadeguatezza degli spazi, all’insicurezza e scarsità dei finanziamenti pubblici, a una generale indifferenza delle istituzioni che non hanno saputo o voluto in questi anni dare un vero appoggio istituzionale all’operazione, hanno portato l’Associazione a dover annunciare la chiusura dei laboratori. La speranza di trovare altre strade è stata espressa nello spettacolo con un simbolico abbandono del teatro alla ricerca di tempi e spazi nuovi per non disperdere le grandi energie di cui Progetto Mandela è portatore da un quarto di secolo. Siamo qua come agli orli della vita, Contessa. Gli orli, a un comando, si distaccano; entra l’invisibile: vaporano i fantasmi. È cosa naturale. Avviene, ciò che di solito nel sogno. Io lo faccio avvenire anche nella veglia. Ecco tutto. I sogni, la musica, la preghiera, l’amore...tutto l’infinito ch’è negli uomini... Luigi Pirandello, I giganti della montagna
È così che i tanti personaggi, che in 25 anni di teatro sono nati dalla creatività dei laboratori di Progetto Mandela, riprendono vita in una sorta di Helzapoppin e prepotentemente si liberano dai bauli impolverati e ritornano in palcoscenico per raccontarci le loro storie in incontri inusuali, superando ogni confine spaziotemporale, prerogativa dei sogni e del teatro. Li accomuna un’unica passione: la lotta contro ogni forma di razzismo e di discriminazione e l’affermazione dei diritti umani. Il loro racconto è tragico, comico, grottesco, commuove, fa ridere e pensare e riflette, come in uno specchio, i sentimenti dell’umanità. Non c’é modo migliore per festeggiare un compleanno, importante come questo dei 25, che invitare i tanti amici, che hanno vissuto in periodi diversi ma sempre con lo stesso spirito l’esperienza dei laboratori teatrali di Progetto Mandela, per ridare corpo e voce a questi personaggi. E non c’è gioia più grande che vedere la risposta affettuosa e la voglia e disponibilità di tanti di partecipare e mescolarsi, come i personaggi che interpretano, tra chi oggi ha l’età che avevano loro quando frequentavano Progetto Mandela, prima di diventare ingegneri, artigiani, avvocati, disoccupati, artisti, architetti, medici, insegnanti, madri e padri. “A m’arcord”, non nostalgia, ma stupore nel ritrovarsi lì, sullo stesso palco, con gli stessi odori di polvere e trucchi, con la stessa passione per il teatro, per i diritti e per quell’esperienza che non si dimentica. Migliaia di giovani hanno partecipato in questi anni a creare le storie, i costumi, le scene, le musiche, hanno dato corpo e voce ai personaggi e con loro sono presenti tutti (anche se non fisicamente) in questa grande festa del teatro civile. Decine e decine di artisti e teatranti hanno condiviso e messo al servizio dei giovani la loro professionalità e le loro competenze, mettendosi in gioco continuamente. In uno scambio continuo e stimolante tra allievi e maestri e tra generazioni, il Progetto Mandela ha coltivato passione per la cultura, la creatività, la sperimentazione, il dialogo e la condivisone. L’impegno di tutti dal 1988 al 2013 ha fatto crescere il Progetto Mandela e questa di oggi è un’occasione speciale per ritrovarci sul palcoscenico in questo grande gioco di fantasmi per rivivere le emozioni che in questi anni abbiamo regalato a noi e al nostro pubblico. Un velo di tristezza ci assale quando pensiamo a chi non c’è più, quando ricordiamo il sorriso di Maria Elena appena arrivata per collaborare con noi, quando vediamo gli oggetti e i bozzetti nati dalle mani d’oro di Fabio e quando sentiamo i suoni della chitarra del grande musicista Francesco Jalenti che ha condiviso il suo enorme talento con il Progetto Mandela e che è stato l’energia inesauribile di quella stagione musicale nella quale è nato il musical “I have a dream” che oggi è più attuale che mai. Sono qui con noi in questa festa che chiude una stagione lunga 25 anni. Tutti insieme cercheremo altre strade, altri luoghi e continueremo a raccontare storie, perché come Pulcinella, il teatro non muore mai. Irene Loesch
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Associazione Culturale
La Pagina
Terni, Via De Filis 7a - 3 4 6 5 8 8 0 7 6 7
Spaghetti, pollo, insalatina... Sabato 6 Aprile
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Alvaro Caponi - L’antica storia della nostra terra Sabato 13 Aprile
C o m p l e a n n o d i S a r a Domenica 14 Aprile
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Associazione Culturale
LaPagina
MAGGIO 2013
Associazione Culturale
LaPagina
GIUGNO 2013
Se sei giovane, non importa di che etĂ , la cultura ti affascina, ti piace progettare per la tua cittĂ , ami confrontarti o tenere conferenze, hai tuoi artefatti da mostrare agli altri, vieni in Via De Filis 7, a Terni: abbiamo creato un luogo per quelli come te. Ti confronterai con gli altri, potrai giovarti della nostra esperienza, se lo vorrai, potrai disporre di mezzi tecnici per realizzare i tuoi progetti culturali. Noi ci siamo giĂ .
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Assessorato Cultura Scuola e Politiche Giovanili Dal Velìno al Nera. L'acqua e gli uomini. Questo è il titolo delle tante iniziative che nel mese di maggio dedichiamo ai nostri fiumi e alla Cascata delle Marmore. Una serie di Mostre, convegni, conferenze, presentazioni che stiamo realizzando, come Comune di Terni, insieme al territorio di Rieti e di Narni e con la supervisione scientifica dell'AIPAI (Ass. Italiana per il Patrimonio di Archeologia Industriale ) e del' ICSIM. Attraverso queste iniziative proveremo a raccontare un percorso lungo più di 100 km e, sopratutto, proveremo a mettere a fuoco una serie di elementi che possano servire non solo alla conoscenza del nostro territorio, ma anche a evidenziare possibili settori di sviluppo locale. La città di Terni, tutti lo sappiamo, ha, fin dal suo nome, legato il suo destino all'acqua e ai fiumi che ne hanno segnato la geografia, il paesaggio, l'urbanistica, lo sviluppo industriale e per certi versi anche il carattere dei suoi abitanti. Negli ultimi decenni però questo legame con il fiume, sopratutto all'interno dell'area urbana, si è affievolito: è come se gli altissimi argini con cui si è imbrigliata la forza delle acque, oltre che difendere le case dal pericolo delle inondazioni, abbiano allontanato, fisicamente e simbolicamente, i ternani dal loro fiume. Fiume che dunque si è trasformato in semplice ostacolo da superare, da scavalcare attraverso i ponti, in veritá anche piuttosto anonimi, gettando magari solo un occhiata distratta alle sue acque, per dimenticarsene subito dopo. E proprio per recuperare un rapporto più vero e ricco con questo elemento fondamentale per la nostra città, da diversi anni stiamo realizzando tante iniziative dedicate al fiume. Ricordo qui per brevità solo alcune, ad iniziare dalle tre feste sul lungonera che d'estate, con tate associazioni, hanno dato la possibilitá a tanti di tornare a vivere in maniera diversa il nostro fiume; il lavoro fatto quest'anno con Libera Terni e con gli studenti di alcune scuole superiori, per trasformare uno dei margini del fiume, attraverso la realizzazione di un murales, nel muro del ricordo delle vittime delle mafie. Ancora più importanti sono stati i recuperi di alcune vecchie zone industriali, che erano nate lungo il fiume, per poi essere abbandonate. Penso al CAOS, Centro Arti Opificio Siri, sorto con il recupero appunto dell'insediamento dell'ex Siri, trasformato da tre anni in un centro di produzione culturale, ricco di spazi museali e teatrali e laboratoriali, davvero unico nel suo genere, o al progetto di recupero a fini sociali dell'area dell'opifico Gruber. Inoltre da qualche mese abbiamo ripreso il percorso per la candidatura della Cascata delle Marmore alla lista del Patrimonio Mondiale dell'UNESCO. Obiettivo che da molti anni la cittá sta inseguendo e che sarebbe davvero un traguardo importante per far fare un notevole salto di qualitá a tutto il nostro territorio. La Cascata delle Marmore, una delle mete di eccellenza del Grand Tour in Italia, rappresenta -come ha ricordato anche il nostro sindaco Leopoldo Di Girolamo- l’esempio di un paesaggio solo apparentemente naturale, che reca le impronte di un lavoro plurisecolare di regimazione dei corpi idrici e di riadattamento morfologico del territorio circostante. L’eccezionalità del sito si giustifica sotto una molteplicità di profili: naturalistico per le sue caratteristiche di pregio ambientale, tecnico per l’audacia delle opere di regimazione intraprese, storico per la lunga durata del ciclo delle trasformazioni, culturale per il posto indiscusso che il sito e la sua immagine occupano nell’immaginario della cultura occidentale. La Cascata e il complesso sistema idraulico da cui essa dipende hanno quindi, a nostro avviso, pieno titolo per essere candidati all’iscrizione alla lista del patrimonio mondiale dell’umanità. Riavviare il procedimento per la candidatura significa quindi riprendere i materiali già elaborati e svilupparli ulteriormente per dare maggior forza alla proposizione. È tuttavia indispensabile avere piena consapevolezza che negli ultimi anni la competizione fra i diversi paesi e le diverse aree del Mondo si è notevolmente esacerbata, il che richiede un impegno tenace su diversi piani: alta qualità tecnica del dossier di presentazione, con argomentazioni che diano piena ed esauriente dimostrazione del valore eccezionale universale dei siti candidati all’iscrizione; forte spirito di squadra fra le istituzioni e le amministrazioni impegnate nella candidatura; elaborazione di un efficace e credibile piano di gestione dei beni proposti all’iscrizione, senza il quale la candidatura non avrà possibilità di successo. Per questo importante obiettivo abbiamo costruito un gruppo di lavoro interno all'amministrazione comunale, coadiuvato dal contribbuto dell'AIPAI e coordinato da Massimo Preite, professore al dipartimento di architettura dell’Università di Firenze, protagonista di numerosi progetti di valorizzazione del patrimonio culturale e industriale che ha collaborato a progetti di candidatura alla Lista Unesco del Patrimonio mondiale in Italia e all’estero. Credo quindi che abbiamo davvero messo in campo un percorso importante per il futuro del nostro territorio. Per raccontare tutto questo il 16 maggio inauguriamo, presso Palazzo Primavera alle ore 16, la mostra "Dalla cascata al Tevere. Immagini, opere e imprese". Sará l'occasione per ammirare le splendide stampe dedicate alla cascata e ai fiumi del nostro territorio che recentemente la famiglia Secci ha donato al comune, che insieme a mappe, disegni, documenti e oltre 40 pannelli, realizzati per l'occasione, racconteranno il sistema delle acque e come questo sistema abbia segnato il paesaggio, l'ambiente, l'immaginario e lo sviluppo industriale del nostre territorio. Venerdì 17 sará poi dedicata a costruire un progetto che guarda al futuro, attraverso una intera giornata dedicata ad un importante convegno, organizzato presso l'Archivio di Stato in via Cavour, dal titolo "Il nera dalla Cascata delle Marmore a Narni. Il fiume come rischio, il fiume come risorsa" e una tavola rotonda sul tema "La cascata delle Marmore: una risorsa economica", importante occasione di dibattito per raccogliere idee e contributi. Sono poi molte altre le iniziative che troverete nel programma generale. Spero in ampia partecipazione de La Pagina e dei suoi lettori, anche con un contributo di idee, perché credo che stiamo facendo un grande sforzo per cercare di costruire, partendo dalla nostra identitá, una nuova idea di sviluppo del nostro territorio che abbia nella cultura uno dei sui principali vettori. Assessore Simone Guerra
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Patrocinio e contributo della Provincia e del Comune di Terni. In collaborazione con: Archivio di Stato di Rieti, Archivio di Stato di Terni, Provincia di Rieti, Comune di Rieti, Biblioteca Comunale di Terni, AIPAI, ICSIM, Comunità Montana del Turano, Museo Civico di Rieti, Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile, 165M Marmore Falls.
Dal Velino al Nera. L’acqua e gli uomini 3 maggio - 29 settembre 2013 Rieti Mostra: Paesaggi d’acqua presso il Museo Civico di Rieti 16 maggio 2013 (allestita fino a domenica 16 giugno) Inaugurazione della Mostra: Dalla Cascata al Tevere. Immagini, opere e imprese Palazzo di Primavera (Terni) – ore 16.00 Sarà aperta al pubblico una sezione documentaria a cura dell’Archivio di Stato (sala espositiva di Palazzo Mazzancolli, via Cavour - Terni) e una sezione bibliografica a cura della Biblioteca Comunale di Terni (sala Farini). Presso il Palazzo di Primavera ci sarà la proiezione dei filmati relativi alla Cascata (dalla mostra I Volti dell’Acqua) e di alcune parti del film Acciaio. 17 Maggio ore 9.30 Convegno: Il Nera dalla Cascata delle Marmore a Narni. Il fiume come rischio, il fiume come risorsa. Archivio di Stato di Terni – Sala “Gisa Giani” 18 maggio ore 17.00 (allestita fino al 26 maggio) Collestatte Piano - Presentazione della mostra: Uomini e acque. La bonifica della Valle Reatina e la questione delle Marmore dall’epoca romana al XX secolo. 27 maggio ore 16.30 (allestita fino al 2 giugno 2013) Marmore - Scuola per l’infanzia cascata dei colori, circolo didattico Don Milani Vocabolo Cascata (parco dei Campacci). Presentazione della mostra: Uomini e acque. La bonifica della Valle Reatina e la questione delle Marmore dall’epoca romana al XX secolo. Il calendario delle altre manifestazioni sarà pubblicato su La Pagina di giugno.
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Assessorato ai Lavori Pubblici Qualità Urbana Cooperazione Internazionale La Cooperazione internazionale, lo sviluppo umano sostenibile e il Comune di Terni. Il Comune di Terni, attraverso l’Assessorato per la Cooperazione Internazionale, esprime forte sensibilità e impegno in tal senso, integrando nello sviluppo del proprio territorio la dimensione di solidarietà sociale con quella internazionale. Ciò significa che concretamente, attraverso FELCOS Umbria - Associazione di enti locali umbri per la cooperazione decentrata e lo sviluppo umano sostenibile, Terni promuove, partecipa e realizza progetti di cooperazione internazionale tramite l’attivazione e lo sviluppo di partenariati territoriali con altri paesi, coinvolgendo anche le eccellenze territoriali e le buone pratiche degli attori del territorio ternano. Inoltre, il Comune di Terni sviluppa, attraverso FELCOS Umbria o direttamente, iniziative di educazione allo sviluppo e all’intercultura nel proprio territorio attraverso la mobilitazione e la partecipazione attiva dei cittadini e del tessuto sociale. Ass. Silvano Ricci
I progetti di cooperazione decentrata (cooperazione internazionale che parte dall’iniziativa del ruolo politico degli enti locali) realizzati dal Comune di Terni sono: Haiti/Repubblica Dominicana Miglioramento della sovranità alimentare e della filiera del latte nella Provincia di Dajabon in Repubblica Dominicana e nel Dipartimento del Nord di Haiti. Palestina - Un futuro più luminoso per i giovani di Gerusalemme Est - Supporto al Centro giovanile di Beit Hanina - Conservazione e gestione delle risorse naturali e culturali - Piano paesaggistico ed Ecomuseo del Paesaggio a Battir, Governatorato di Betlemme. Cuba Sostegno al football giovanile nella Provincia cubana di Granma. Kenya Relazioni equo-solidali tra il Kenya e l’Umbria per lo Sviluppo Umano Sostenibile.
Social World
Cooperazione e Solidarietà
Venerdi 17 maggio Ore 20,00 Parrocchia Immacolata Concezione: Cena solidale di beneficenza a favore di progetti delle associazioni del territorio Dal 20 al 26 maggio Ore 10,00-13,00 - 16,00-19,00 Sale espositive Centro Socio Culturale di via Aminale: Mostra dei lavori svolti dalle scuole e mostra fotografica SERVAS Italia Dal 23 al 26 maggio Intere giornate “Villaggio Solidale”: Gazebo delle Associazioni del territorio e del Forum SAD P.zza della Repubblica - Esposizione di mostre fotografiche, installazioni video e prodotti artigianali Giovedi 23 maggio Ore 10,30 Palazzo Spada Sala Consiliare Conferenza: Presentazione del Rapporto UNDP 2013 sullo Sviluppo Umano Partecipa Ass. Cooperazione Internazionale Silvano Ricci Inervengono: Marina Ponti Rappresentante UNDP, Direttrice Campagna Obiettivi del Millennio e Francesco Petrelli Associazione ONG italiane Ore 17,00 bct - caffè letterario Tavola rotonda: Post 2015. Dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile Partecipa Ass. Cooperazione Internazionale Silvano Ricci Interventi di rappresentanti: UNDP, Associazione ONG italiane, Agices (Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale), FELCOS Umbria e Ministero Affari Esteri Ore 21,00 Piazza Europa: Spettacolo musicale e danze multietniche Venerdì 24 Maggio Ore 10,00 Centro Socio Culturale di Via Aminale Incontro con le scuole: Presentazione lavori studenti – Presentazione mostra foto SERVAS Partecipa Ass. Cooperazione Internazionale Silvano Ricci Ore 17,00 Centro socio culturale di Via Aminale Tavola rotonda: AAA+ Il mondo riparte dal Sud. America Latina, Asia, Africa Partecipano Accademici, Giornalisti ed Esperti Sabato 25 maggio Ore 10,30 Bct caffè letterario: Tavola rotonda: Povertà, Legalità e Lavoro Intervengono: Associazioni e Sindacati di categoria Ore 16,00 Centro Socio Culturale di Via Aminale: Video Documentari: Povertà e Educazione allo Sviluppo – Video sulla settimana mondo unito Ore 18,00 Piazza della Repubblica: Sfilata costumi etnici Ore 21,00 Teatro Secci: Spettacolo teatrale “Teatro Tra Noi” Serata di beneficenza a favore di progetti delle associazioni del territorio Domenica 26 maggio Ore 10,30 Palazzo Spada Sala Consiliare: Presentazione Card del Sostenitore, Premiazione buone pratiche e Campagna del Forum SAD.
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Collabo r az io n i FELCOS UMBRIA (Fondo Enti Locali COoperazione decentrata Sviluppo umano sostenibile) FORUM SAD (Sostegno A Distanza)
Lo scoiattolo Per un sorriso Monica De Carlo ASSOS (ASSOciazione sulla Strada) Lavorando insieme per la dignità
Cuba Sostegno al football giovanile nella Provincia cubana di Granma
SOCIAL WORLD Cooperazione e solidarietà
Stiamo attraversando un periodo di globale crisi economica, sociale, culturale e di valori, che coinvolge direttamente anche i nostri territori. Povertà sempre maggiore e sempre più diffusa, disuguaglianza e tensione sociale, crollo dei valori, forte senso di insicurezza, solitudine e smarrimento, impoverimento culturale, sono le più evidenti conseguenze del periodo che stiamo attraversando, sia a livello globale, che locale. In questa fase di crisi -aggravata dalla sempre più preoccupante questione ambientale- sono più che mai necessarie una maggiore cooperazione nei territori e tra territori e azioni concrete che promuovano la giustizia sociale, la sostenibilità e lo sviluppo umano. In un contesto sempre più globalizzato e interdipendente sarebbe, infatti, pura cecità e assenza di lungimiranza pensare di potere agire soltanto all’interno dei confini chiusi alla propria dimensione locale: è sempre più evidente che la questione dello sviluppo umano sostenibile attiene a dimensioni trasversali di portata globale, quali la redistribuzione delle risorse, il tema delle migrazioni, l’uso razionale delle risorse e la protezione dell’ambiente. Una società che avanza nel processo dello sviluppo umano sostenibile si impegna affinché venga assicurata, nei propri territori e in territori altri, una vita libera e dignitosa per tutti, la coesione sociale, il rispetto dei diritti umani e la tutela ambientale, in conformità a quanto dichiarato dalle Nazioni Unite negli Otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Contribuire allo sviluppo umano significa quindi coniugare la dimensione locale dello sviluppo con quella globale, integrando nello sviluppo del proprio territorio la dimensione di solidarietà sociale con quella internazionale. Ciò si realizza diventando attori attivi e responsabili del cambiamento a partire dai nostri territori -impegnandosi per bilanciare le disuguaglianze sempre maggiori, per l’integrazione e l’inclusione dei diversi gruppi sociali (migranti, portatori di handicap e altri gruppi vulnerabili), per l’educazione allo sviluppo e all’intercultura- e, contemporaneamente, partecipando ad azioni di cooperazione con territori altri del mondo che affrontano le stesse sfide, in un’ottica di reciprocità, dialogo e scambio di esperienze.
In tale senso la nostra città sta percorrendo un importante cammino, grazie alla volontà, all’impegno e al lavoro di molti. Sono diverse le espressioni territoriali -le istituzioni, le radicate e operose associazioni che realizzano progetti territoriali e di cooperazione internazionale e i cittadini- che hanno manifestato, e continuano a manifestare, una coscienza solidale, operando ogni giorno per il processo dello sviluppo umano. È in questa cornice che il Comune di Terni, tramite l’Assessorato per la Cooperazione Internazionale, intende organizzare la Festa della Solidarietà: un importante momento di incontro, riflessione e dibattito con lo scopo di valorizzare l’impegno e il lavoro svolto, favorire il reciproco arricchimento di idee ed esperienze, promuovere la crescita di una coscienza solidale tra tutti i cittadini e valorizzare le comunità di migranti presenti nei nostri territori, che rappresentano una ricchezza, una possibilità di crescita reciproca, sviluppo e miglioramento della vita all’interno della comunità tutta. Inoltre, la Festa della solidarietà ha anche l’importante scopo di raccogliere fondi che supportino le associazioni territoriali nella realizzazione dei loro progetti territoriali e di cooperazione internazionale. Protagonisti della Festa, che si svolgerà da giovedì 23 a domenica 26 maggio, sono i cittadini e la città. Piazza della Repubblica sarà il cuore dell’evento e ospiterà esposizioni fotografiche di progetti realizzati nei diversi paesi dalle associazioni del territorio, rappresentazioni teatrali itineranti che affrontano le tematiche della solidarietà, musica, canti e danze tradizionali delle diverse rappresentanze migranti nel territorio.
L’evento propone inoltre importanti incontri con attori e personalità di spicco del panorama locale, nazionale e internazionale, con lo scopo di approfondire le tematiche dello sviluppo umano e della cooperazione internazionale. Interverranno ai vari incontri, oltre alle associazioni territoriali coinvolte nell’evento, anche ForumSaD, rete di oltre 90 organizzazioni che hanno progetti di sostegno a distanza (già noti come adozioni a distanza). Oltre alle organizzazioni, ForumSaD rappresenta i tanti donatori che in Italia aiutano bambini e comunità del cosiddetto “sud del mondo”. Sono circa 1,5 milioni, in Italia, i sostenitori di progetti a distanza. Non solo incontri tematici, esposizioni, teatro e danze, ma anche un concerto particolare, in cui strumenti e musiche tradizionali di diversi paesi si uniscono dando vita ad un’unica voce comune. I ricavati di tutti gli ingressi a pagamento andranno a supportare i progetti delle associazioni territoriali coinvolte. A tale proposito, sarà organizzata anche una cena solidale, che si terrà, in anticipazione dell’evento, venerdì 17 maggio. In programma anche la presentazione della Card del Sostenitore. Strumento di Rete che metterà in collegamento i sostenitori a distanza ternani, con chi fa volontariato, le associazioni, gli esercenti solidali (Botteghe Equo-Solidali, Agriturismi Biologici, Agenzie di Turismo Responsabile, Musei, Librerie, etc.) e le istituzioni impegnate nella solidarietà internazionale. La Festa della Solidarietà è quindi un appuntamento importante che -attraverso incontri tematici, concerti, rappresentazioni teatrali, musiche, danze, canti e costumi tradizionali di diversi paesi- intende promuovere la crescita della coscienza solidale nei cittadini, quel senso di appartenenza comunitaria globale. La festa è un invito alla cittadinanza a riflettere su cosa possiamo fare, a partire dai nostri territori, per contribuire allo sviluppo umano sostenibile. S i l van o Ri cci As s e s s ore alla Cooperazi one i nt ernazi onal e
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Assessorato ai Lavori Pubblici Qualità Urbana Cooperazione Internazionale
Collescipoli Collescipoli, borgo medievale alle porte di Terni, è uno scrigno contenente diversi tesori artistici e architettonici; uno di questi è l’ex monastero di S. Cecilia. Nascosto nella struttura urbana del borgo, tra via Villa Glori e Corso dei Garibaldini, al suo interno mostra tutta la sua bellezza con la struttura classica quadrata e il chiostro circondato da archi, come era consuetudine nel costruire i monasteri a fine ‘500. Le notizie finora pubblicate ci dicono che fu fondato da Padre David da Lucca nel 1605 con il contributo della comunità e che il 27 dicembre del 1605 entrarono per la prima volta 12 monache della regola di S.Agostino con grande partecipazione di folla. Nel corso degli anni successivi il monastero ha subìto diversi miglioramenti, fino ad arrivare al massimo splendore quando ben 33 monache avevano a disposizione la struttura attualmente restaurata, la chiesa di S.Cecilia inserita nell’altro edificio di fronte, in via villa Glori, al quale è collegato tramite un soprappasso. Alla fine del 1700, il monastero viene soppresso da Papa Pio VI a causa dello scarso numero di suore rimaste, (8 suore giudicate di età avanzata o decrepita o di salute cagionevole), tuttavia la struttura viene messa a disposizione della comunità con una sorta di compensazione: al Vescovo di Narni (ricordiamo che in quell’epoca Collescipoli faceva parte della diocesi di Narni) sarebbero andati tutti i beni mobili ed immobili e in cambio il vescovo doveva accogliere in seminario ogni anno, a proprie spese, due alunni indicati dalla comunità e, inoltre, inviare due maestre pie per l’insegnamento, maestre che dovevano abitare nel monastero. Negli anni seguenti, dal 1800 fino al 1878, il monastero è stato sede di insegnamento, in alcuni momenti anche di insediamento delle truppe militari prima e dopo l’unità d’Italia, come testimoniano alcuni graffiti tuttora visibili; nel 1879 passò alla pubblica istruzione e diventò sede di scuola elementare; è di questo anno un progetto elaborato, ma mai realizzato, dall’architetto G. Possenti che prevedeva una interessante sistemazione logistica della struttura. L’edificio di fronte divenne, in seguito, sede conventuale di suore Agostiniane e poi, fino agli anni 80/90, asilo curato dalle suore della Sacra famiglia. Il 1969 fu l’ultimo anno di attività nel monastero propriamente detto: con la inaugurazione della nuova scuola elementare e media (l’attuale edificio dove è la scuola Elementare L. Feliciangeli), la struttura ha cessato di vivere e piano piano è cominciata l’opera implacabile della inattività e del tempo. Il 5 maggio 2013, grazie all’impegno oneroso del comune di Terni, il monastero, diventato ormai “Ex monastero di S.Cecilia”, è stato restituito alla comunità in tutto il suo splendore con una inaugurazione nell’ambito della quale è stato possibile visitare la struttura e ascoltare
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importanti anticipazioni su notizie inedite della storia del monastero, frutto di una recente ricerca d’archivio tuttora in corso; al termine un concerto di musica classica a cui il chiostro farà da splendida cornice. La pro loco di Collescipoli, da sempre protesa per la salvaguardia e la valorizzazione delle peculiarità storiche, architettoniche, tradizionali, del proprio territorio, è particolarmente interessata al fatto che tale inaugurazione sia caduta proprio all’inizio dei festeggiamenti del “Maggio Collescipolano”: infatti ha dato la sua disponibilità a mantenere aperto il sito a tutti i visitatori e a fornire visite guidate gratuite. I festeggiamenti, in onore del santo patrono, San Nicola di Bari, saranno una bella occasione per riscoprire non solo il monastero tornato a nuova luce, ma anche tutti gli altri tesori: l’organo Herman’s, la splendida Collegiata barocca di S.Maria Maggiore e quella di San Nicolò, che ha visto ripristinare recentemente l’antico altare oltre a contenere preziosi affreschi cinquecenteschi di Evangelista Aquili, i palazzi seicenteschi e settecenteschi, tra i quali palazzo Catucci, palazzo Stefanoni, l’ex palazzo Comunale, le antiche mura. Sarà possibile anche visitare la mostra risorgimentale all’interno dell’ex palazzo comunale con l’esposizione del Beccaccino di Garibaldi e i documenti dell’archivio di Giovanni Froscianti, amico e compagno d’armi di Garibaldi. Tra una visita e l’altra si potrà gustare in taverna la specialità gastronomica “Gnocchetti alla Collescipolana”, oltre a passare serate durante le quali saranno proposte rievocazioni storiche, momenti di aggregazione, e il favoloso corteo storico con la disfida degli arcieri storici del palio del Guarnello. È nelle piccole cose che sta il valore dell’identità di una comunità, un piccolo monastero ha segnato la vita del borgo qualche secolo fa, ora, con la sua rinascita, lo farà risplendere di nuova luce? È un sogno che abbiamo, ma alle volte il vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato! Silvano Ricci Assessore ai Lavori Pubbl i ci
I L R E C U P E R O D E L L’ I D E N T I T À DI UN BORGO
Il patrimonio artistico ha potenzialità notevolissime in fatto di architetture, contesti insediativi, ambiti paesaggistici, opere d'arte, istituzioni e uomini. Nel momento in cui la cultura ha assunto un valore intrinseco importante per tutti i popoli; il patrimonio culturale costituisce un elemento essenziale dell'integrazione e favorisce l'affermazione del modello sociale europeo in cui le Comunità assumono un ruolo vitale. La creatività che ha prodotto nel tempo quel patrimonio si basa sulle radici della tradizione culturale, ma si sviluppa in contatto con altre culture. Per questo motivo, il patrimonio in tutte le sue forme deve essere conservato, valorizzato e trasmesso alle generazioni future come testimonianza dell'esperienza e delle aspirazioni umane, in modo da incoraggiare la creatività in tutta la sua diversità e da ispirare un dialogo autentico tra culture. L'azione mirata all’attuazione degli interventi sui centri storici tende a valorizzare il bene culturale come fattore di ricchezza, capace cioè di produrre crescita economica diretta, con l'utilizzo ottimale del suo valore. Il recupero edilizio permette di risparmiare l'uso del suolo per nuova edificazione, con tutti i vantaggi ambientali che questo può comportare. La valorizzazione di un bene permette di innescare circoli virtuosi che possono giovare all'economia e alla socialità di un intero territorio. Il crescente mercato del turismo sostenibile può essere la spinta propulsiva per recuperare edifici e paesaggi del nostro paese, evitando il fenomeno dell'abbandono e conservandone la memoria storica. L'aspetto interessante e affascinante dei borghi antichi del ternano, solitamente composti da architetture formalmente molto semplici, da una chiesa e, talvolta, da un palazzo signorile, sta nella ricchezza e nella complessità degli spazi pubblici e collettivi che si sono venuti a formare nei secoli dalla sovrapposizioni di innumerevoli interventi edilizi.
Il recupero è tornare in possesso di ciò che è andato perduto, la riacquisizione di una condizione scomparsa, ed è un'azione solitamente complessa che deve saper coniugare il rispetto dell'esistente (materiali, forme, significati, storia) con le esigenze dei fruitori attuali, tenendo conto delle risorse e delle capacità disponibili, cercando un equilibrio tra le diverse istanze con l'apporto di diverse discipline. I centri storici minori rappresentano un patrimonio storico-architettonico urbanistico da preservare dal degrado e dall'oblio con azioni di rivitalizzazione che ne evitino lo spopolamento, e lo stato di definitivo abbandono. Il recupero fisico e la valorizzazione dei centri storici minori del territorio ternano, identificati nella loro piccola dimensione e nella loro numerosità, quindi, non può non passare anche attraverso la messa a sistema di programmi d’intervento e la creazione di una rete di attività e di sinergie di promozione e valorizzazione. Ecco perché il Comune di Terni ha deciso di investire sul sistema dei borghi per completare e concretizzare un ambizioso programma di qualificazione. Cesi, Collescipoli, Collestatte, Torreorsina, Piediluco, Miranda, Porzano, Papigno, Rocca San Zenone. Quattro anni di lavoro per un investimento complessivo di € 6.500.000,00. Silvano Ricci Assessore ai Lavori Pubblici
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Linking Cultures: Quando si dipingono le nuove generazioni le parole più inflazionate sono paura, incertezza, insicurezza, ignoranza e non ci si sofferma invece su quelle che potrebbero essere potenzialità da sviluppare per far sì che le “nuove leve” apportino quei cambiamenti che la società tanto sogna. Questa volta abbiamo a che fare con una vera e propria eccezione alla regola: un gruppo di ragazzi che si confronta dialogando con coetanei provenienti da altri Paesi europei alla ricerca di quelli che possono essere valori, ideali e progetti da seguire e rendere reali. Stiamo parlando di Linking Cultures (cercateli su Facebook!), un progetto che merita davvero tutta la vostra attenzione... sia mai che per una volta “largo ai giovani!” smettesse di essere solo un modo di dire? Ne abbiamo parlato con Ilaria, Emilio e Francesco, tre ragazzi che fanno parte del progetto. “Linking Cultures è nato per caso -dice Emilio-; un mio amico, che collabora anche lui con Radiophonica, verso settembre mi telefona e mi chiede se fossi disponibile per andare in Danimarca (più precisamente ad Holbæk, a un’ora da Copenaghen) per un progetto sulla radio. Non sapevamo cosa ci attendesse, oltretutto in Comune ci avevano detto di non accettare di fare nulla a priori, dovevamo solo andare a prendere conoscenza e poi riferire, visto il periodo non proprio facile che sta affrontando il Comune. L’ambiente era estremamente amichevole e durante quei primi incontri ci siamo concentrati su quali fossero i problemi legati ai giovani nelle nostre culture; è nato così il discorso su come avvicinare i giovani alla loro cultura, alla loro società, alle generazioni precedenti e come coinvolgerli in attività, tutto per promuovere l’utilizzo dei media”. “A gennaio siamo andati su insieme e la maggior parte del tempo abbiamo lavorato per organizzare la settimana che abbiamo poi vissuto a marzo” -continua Francesco-; abbiamo scelto gli obiettivi, le aspettative...”. Emilio: “Ma a Terni non ci avevano approvato il progetto, tanto meno il budget, quindi noi ne parlavamo, sì, ma molto in linea teorica!”. Francesco: “Un sogno che poi alla fine si è realizzato: è l’unico progetto giovanile che è stato finanziato anticipando i soldi e restituendo i soldi che abbiamo speso!”. Emilio: “In Comune ci hanno detto chiaro e tondo che “Questa attività che state vivendo e a cui state lavorando è un vero e proprio miracolo, siatene consapevoli!”. Oltretutto siamo anche stati l’unica delegazione ad aver scelto i partecipanti con un avviso pubblico: si sono presentate 35 persone delle 42 iscritte e da quelle 35 ne abbiamo selezionate 6. Organizzato tutto in una settimana/dieci giorni...”. Francesco: “Ogni delegazione poi doveva presentare un progetto, alla fine della settimana e quello della Lettonia è stato quello della “Nazione più pulita” entro il 2014...”. “Prendendo spunto da qualcosa di concreto presente in Danimarca, dovevamo ipotizzare qualcosa di concreto da poter cambiare nel nostro Paese ispirandoci ai danesi!” -spiega Ilaria- “Loro si sono fatti ispirare dalla presenza, all’ingresso del centro commerciale, di alcune macchine che risucchiavano le lattine e ti davano dei soldi in cambio; così hanno deciso di affrontare il tema dell’ecologia”. Francesco: “Noi invece abbiamo affrontato il tema della rivalutazione degli spazi: in città stanno togliendo molti spazi giovanili e ce ne sono molti altri inutilizzati! Altri sono spazi utilizzati ma non al massimo o altre realtà non finanziate dal Comune... concentrare così la potenza dei centri giovanili in un’unica associazione che contenga le associazioni giovanili che vorranno partecipare e che lavori per sfruttare a pieno le proprie possibilità e capacità. Far crescere l’Università, che faccia crescere la città, magari rendendola più appetibile anche dal punto di vista turistico!”. Emilio: “Educare, più che curare: le spese diventerebbero dei veri e propri investimenti!”. Ilaria: “Ma questo è stato quello che abbiamo partorito durante l’ultimo giorno, in cui ogni delegazione lavorava al progetto per la propria Nazione. Durante tutta la settimana abbiamo lavorato a dei workshop che ci avrebbero portato a sviluppare questa idea in maniera indiretta. Il tema comune era quello di condividere in tutto e per tutto la nostra esperienza: era importante il dialogo e lasciarsi andare a questa amicizia, senza paure!”. Francesco: “Se noi unissimo la loro tecnologia e il modo di gestire le cose con un metodo, ai nostri contenuti, e alla volontà dei lettoni, potremmo creare una vera e propria società ideale!”. Ilaria: “Loro hanno anche gli spazi organizzati per conciliare il lavoro!”. Emilio: “E rispettano, soprattutto, quegli spazi! Sono stati educati a questo! Pagano tanti soldi di tasse, ma rispettano (a differenza nostra!) quello che hanno! Il cambiamento non può venire solo dal vertice, ma deve venire dal basso! Noi siamo il primo esempio: diamo l’esempio al gruppo che ci sta vicino e questo gruppo fa parte della società, della città, della Regione, della Nazione! Questi comportamenti possono influenzare la società che apprenderà e potrà rimandare messaggi positivi ai giovani! Il problema non risiede solo in chi sta al vertice: il libro di educazione civica ce l’ho ancora incartato! Siamo partiti dall’idea di lezioni pratiche sulla Costituzione, che dovrebbe essere lo specchio della società! Iniziare dal basso per avere poi un domani un cambiamento! La settimana prossima andrò a partecipare a un seminario alla scuola Angeloni su questo argomento: si comincia subito!”. Chiara Colasanti
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l’eccezione alla regola!
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AZIENDA OSPEDALIERA
Struttura Comple
Prof. Gerardo Santoni D ire tto re S tr u ttu r a C o m ple s s a di O c ulis tic a A z ie n d a O s p e d a lie r a “S. Mar ia” di Te r ni
Nella Struttura Complessa di Oculistica dell’Azienda Ospedaliera S. Maria di Terni oltre le numerose prestazioni ambulatoriali (visite oculistiche, fluorangiografie, esami Oct, ecografie oculari, campi visivi, ecc.), vengono eseguite prestazioni chirurgiche delle quali la chirurgia della cataratta è quella prevalente con oltre 2.200 interventi l’anno. Rilevante è anche l’attività chirurgica per la retina con oltre 250 operazioni eseguite mediamente in un anno tra distacchi e vitrectomie. Inoltre vengono effettuati interventi per glaucoma, trapianti di cornea e, in continua evoluzione, la chirurgia refrattiva, quella parte della chirurgia oculistica che, grazie all’uso del laser ad eccimeri, è in grado di togliere la miopia e gli altri vizi refrattivi dell’occhio. Dal mio arrivo a Terni nel 1999 -dice Gerardo Santoni, direttore della Struttura Complessa di Oculistica- l’attività chirurgica è stata progressivamente incrementata, ma nonostante ciò, per l’intervento di cataratta, abbiamo una lista di attesa di circa 3 mesi. Segno che aumenta contestualmente anche la richiesta e la fiducia dell’utenza sia da parte di pazienti umbri sia di persone provenienti da altre regioni. La cataratta è certamente la patologia oculare più comune. Colpisce il 60% circa delle persone di età superiore ai 60 anni e, in Italia, in rapporto all’aumento della vita media (nel 2010 gli uomini hanno raggiunto i 79,1 anni, le donne 84,3 anni), si eseguono mediamente ogni anno oltre 500.000 interventi di cataratta. L’intervento di cataratta -spiega il prof. Santoni- cioè l’asportazione della ‘lente naturale’ dell’occhio, il cristallino, che con l’età si opacizza gradualmente riducendo progressivamente la qualità visiva, oggi viene eseguito ambulatorialmente in anestesia locale, con delle gocce di collirio anestetico, in pochi minuti. Praticamente i pazienti entrano nella nostra struttura la mattina a digiuno, nell’arco della mattina vengono operati e appena mangiato possono tornare tranquillamente a casa. Gli accorgimenti da seguire dopo questo tipo di intervento non comportano impedimenti allo svolgimento delle normali attività quotidiane e presto i pazienti tornano a vedere bene e a leggere, recuperando quella autonomia che la cataratta aveva tolto loro. Meno semplice è il decorso per quei pazienti che hanno avuto un distacco della retina, condizione che necessita spesso di interventi più invasivi come il cerchiaggio o la vitrectomia e, qualche volta, di un reintervento per togliere l’olio di silicone che in tale patologia viene iniettato per riaccollare la retina. Ma anche in questo caso -dice il prof. Santori- abbiamo un’altissima percentuale di successi, con recupero della funzione visiva nel giro di qualche giorno dall’intervento. Con la vitrectomia, una tecnica di micro-chirurgia oftalmica che viene eseguita sempre in anestesia locale e che comporta poco o nessun dolore da parte del paziente, vengono trattate le complicanze più gravi della retinopatia diabetica e altre patologie della retina come pucker e foro maculare, secondarie alla formazione di membrane sulla superficie retinica. Il glaucoma, una malattia legata all’aumento della pressione dell’occhio, è più diffusa di quanto comunemente si sappia (sopra i 40 anni il 4% della popolazione presenta ipertensione oculare ed il 2% il glaucoma) e, se non è trattata adeguatamente e tempestivamente, può avere complicanze gravi che possono portare alla cecità; per questo si raccomanda sempre un controllo della pressione oculare al di sopra dei 40 anni. Anche per il glaucoma -prosegue il direttore della Struttura Complessa di Oculistica- siamo in grado di trattare tutti i casi, dai più semplici ai più
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complessi: si parte dalla terapia farmacologica e, se questa non fosse sufficiente, eseguiamo dei trattamenti laser (trabeculoplastica selettiva, iridotomie laser) o ricorriamo alla chirurgia con interventi di trabeculectomia, angiocicloischemizzazione e anche impianto di dispositivi di drenaggio per i glaucomi refrattari a tutte le altre terapie. Per rispondere alle esigenze di un’utenza sempre più ampia che va ben oltre il comprensorio ternano, presso la Struttura di Oculistica di Terni sono stati recentemente istituiti tre nuovi ambulatori dedicati a tre delle patologie oculari più diffuse: il glaucoma, la retinopatia diabetica e le patologie della tiroide. Anche l’oftalmologia pediatrica ha il suo spazio sia per quanto riguarda la diagnostica (a partire dai primi giorni di vita), grazie anche alla collaborazione delle ortottiste che aiutano l’oculista nel cura dello strabismo e dell’ambliopia nell’infanzia, sia per la chirurgia legata sempre al trattamento dello strabismo e delle vie lacrimali. Un capitolo a sé è la degenerazione maculare senile, che colpisce la macula, cioè la zona centrale della retina e che è la prima causa di ipovisione nei soggetti di età superiore ai 50 anni nei paesi industrializzati. Tale grave malattia, quasi sempre bilaterale -spiega il prof. Santoni-, colpisce di solito a partire dai 60 anni; la sua frequenza aumenta nella popolazione con l’aumentare dell’età, ha un andamento progressivo e può portare alla perdita completa ed irreversibile della visione centrale. La degenerazione maculare senile, distruggendo una parte estremamente piccola e delicata della retina, è una malattia di difficile trattamento, ma in questi ultimi anni, grazie anche alla sofisticata strumentazione (OCT e fluorangiografo) di cui ci ha recentemente dotato la Fondazione Carit, abbiamo affinato le nostre capacità diagnostiche e siamo in grado, almeno nei casi meno gravi, di trattare con successo e arrestare l’evoluzione della degenerazione
S A N TA M A R I A D I T E R N I
ssa di Oculistica Équipe Primario Prof. Gerardo Santoni Medici Carlo Benedetti, Silvia De Castro, Angelina Durante, Marco Ilari, Simona Parise, Marco Pinca Caposala Laura Cesani Infermiere reparto Nunzia Bonifazi, Lorella Gallinelli, Assunta Martelli, Galli Mirella, Immacolata Piedipalumbo, Loretta Sapora, Paola Valigi, Maria Assunta Ramaglia (OS) Infermiere di sala operatoria Anna Rita Grancini, Sabrina Rampiconi, Giovanna Traccheggiani, Gabriella Venturi, Valentina Pesciaioli (OS) Ortottiste Ambra Arcangeli, Elisa Manenti
mediante delle iniezioni intraoculari di farmaci antiangiogenetici, che sono indolori e che vengono eseguite in regime ambulatoriale con delle gocce anestetiche. Negli ultimi cinque anni abbiamo eseguito oltre 1.500 interventi di questo tipo. Grazie al consolidato rapporto di collaborazione con il Centro di Riferimento Regionale dei Trapianti e con la Banca degli Occhi di Fabriano, nei casi in cui la cornea (il vetrino anteriore trasparente dell’occhio) sia danneggiata da traumi, malattie degenerative od ulcerative, nella Struttura Complessa di Oculistica si eseguono tempestivamente anche trapianti di cornea e impianti di membrana amniotica. Sono circa 200 gli interventi di questo tipo eseguiti negli ultimi quattro anni con ottimi successi. Ma uno dei fiori all’occhiello dell’Oculistica dell’Azienda Ospedaliera di Terni è la chirurgia refrattiva. Abbiamo iniziato con i trattamenti laser ad eccimeri per ridurre la miopia, l’astigmatismo e l’ipermetropia oltre 10 anni fa con laser ad eccimeri sempre più sofisticati e all’avanguardia che hanno fatto del Centro di Chirurgia Refrattiva dell’Azienda Ospedaliera “S Maria”, un punto di riferimento interregionale nel trattamento dei difetti refrattivi. Complessivamente con questa metodica abbiamo eseguito con ottimi risultati oltre 6.000 interventi in dieci anni. Inoltre, da pochi giorni, la Direzione Aziendale ha messo a disposizione per il Centro di Chirurgia Refrattiva un nuovo laser ad eccimeri di ultimissima generazione, tra i più veloci e migliori al mondo per tale tipo di trattamenti che contribuirà ad incrementare la quantità e la qualità delle prestazioni. Con questo tipo di tecnologia miopie di oltre 8 diottrie potranno essere corrette con trattamenti di pochissimi secondi con la massima sicurezza del paziente e con il solo pagamento del ticket.
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Impressioni di una passante distratta, ma non troppo, in una galleria virtuale
S a l v a t o r e
P r o c i d a
Sono entrata in contatto con le opere di Procida recentemente e per caso: in uno di quegli stimoli non cercati, ma trovati a volte insperatamente nel caotico e spesso superficiale mondo del Web e mi sono ritrovata, in un modo abbastanza inspiegabile a me stessa, a confrontarmi con esse. Non rientrando esattamente in quelli che sono da un po’ di anni i miei modelli preferiti, anche nell’astratto e nell’informale, al primo impatto i quadri mi hanno, come dis-turbato e in-quietato: qualcosa a metà strada fra una iniziale sensazione di fastidio per la loro irruente personalità, fatta di forme e colori insoliti e, pur nella loro ricercatezza, invadenti, e una successiva rapida rielaborazione in una quiete fatta di curiosità e di una sorta di riconoscimento al di là dell’esperienza sensoriale. Quindi, non solo l’impressione di trovarmi davanti a qualcosa che davvero andasse oltre i generi e fosse per questo degno di attenzione, ma soprattutto quella di avere a che fare con immagini capaci di richiamare una sorta di prodotto di molteplici déjà-vue, deja-vécu, ... ma chissà dove e quando! Si tratta insomma di opere che sicuramente non lasciano indifferenti, ma al contrario sanno entrare in contatto con vissuti e capacità di lettura precedenti in un modo inizialmente perturbativo, operando però una contaminazione che, più o meno inconsciamente, come suggeriva un amico dell’autore, avrebbe la forza di consentire la possibilità di una visione diversa della realtà, oltre che della relativa possibilità di produrre arte. Campiture di colore apparentemente piatto, segnate da sabbie o pomici, si coniugano a meticolose e mature geometrie attraversate da impreviste sinuosità che, rimandando a una vitalità biologica, sanno di un “qualcosa che sfugge perché si muove”: sicuramente è questa la cifra dei dipinti di Procida, insieme alla caparbia e sapiente ricerca di perfezione formale nella comunicazione delle proprie narrazioni interiori. I segni vanno a formare una sorta di arcano alfabeto che, insieme all’uso quasi costante dei colori primari, rimanda a elementi che potrebbero essere ascritti ad una “non ancora scoperta” cultura umana o a molte già note. Immagini quindi assolutamente personali, frutto della spasmodica volontà di fermare e dare identità, finanche con la difficile e meticolosa cura nel segnarne i contorni, ai propri sogni “ad occhi più o meno aperti”, ma anche ad archetipi comuni ad una generazione, se non a tutta l’umanità. Opere profondamente sincere e dure, un po’ anche con l’osservatore, dalle quali emergono però la passione e la sofferenza della ricerca costante volta al tentativo di portare alla soglia della coscienza quello che è in-conscio e per questo facente profondamente parte dell’autore, ma anche denominatore comune collettivo, e perciò appartenente a ciascuno di noi. L’uso di un media non razionale, in questo caso la pittura, che tenta di portare alla luce, rappresentandolo, qualcosa di parimenti non razionale, è sempre a rischio di incomprensibilità, ma in questo è il gioco e il piacere della sfida, nella quotidiana lotta contro l’ignoranza-avidya, elemento presente nella poetica dell’artista, insieme alla fatica incessante dell’arte, quando di arte si tratta, e non di mera decorazione Manuela Troiani modaiola.
Trasportare a livello della coscienza ciò che è escluso dalla coscienza, rendere sensibile ciò che è in-sensibile. L’arbitrio di trascendere il fenomeno reale, superare l’ignoranza-avidya che dal fenomeno deriva nel vano tentativo di percepire il REALE. Quindi un atto visionario. Un atto destinato al fallimento. Un’operazione primitiva non mediata che si risolve in una eiaculazione di forme e colori. Da trasferire in uno spazio costretto, con ostinazione meticolosamente senza possibilità di scampo. Non vedo altra strada per l’arte oggi. Nel mondo odierno fortunatamente l’arte è in-utile.
ROMA PARIGI ROMA BARCELLONA BERLINO TORINO GENOVA
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marzo giugno luglio luglio novembre gennaio febbraio
2012 2012 2012 2012 2012 2013 2013
MOSTRA COLLETTIVA CARROUSEL DU LOUVRE ART SHOPPING 5° FESTIVAL INTERNAZIONALE ARTE CONTEMPORANEA MOSTRA COLLETTIVA MOSTRA COLLETTIVA MOSTRA COLLETTIVA IX FIERA DELL’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Foto di Rita Diomedi
Salvatore Procida saprocida@libero.it
Fisioterapia e Riabilitazione
NUOVA SEDE Zona Fiori, 1 05100 Terni – Tel. 0744 421523 0744 401882 D i r. S a n . D r. M i c h e l e A . M a r t e l l a - A u t . R e g . U m b r i a D D 7 3 4 8 d e l 1 2 / 1 0 / 2 0 11
La riabilitazione in acqua è una metodica sicuramente molto utile per garantire un moderno e valido recupero funzionale sia in campo neurologico che ortopedico
Uniche infatti sono le possibilità offerte dallo “strumento acqua”, che agisce contro la forza di gravità (principio di
Archimede), e consente al corpo di muoversi in assenza di peso: questo determina una maggiore facilità a muoversi quando per esiti traumatici, per deficit neurologici o dopo chirurgia ortopedica sarebbe impossibile o dannoso caricare il peso reale sui propri arti. Il risultato è una diminuzione dello stress e del carico sull’apparato muscolo scheletrico che facilita l’esecuzione di movimenti in assenza di dolore. La resistenza offerta dall’acqua è graduale, non traumatica, distribuita su tutta la superficie sottoposta a movimento, proporzionale alla velocità di spinta e quindi rapportata alle capacità individuali di ogni persona. L’effetto pressorio dell’acqua, che aumenta con la profondità, esercita un benefico effetto compressivo centripeto sul sistema vascolare, normalizzando la funzione circolatoria e riducendo eventuali edemi distali. Tale effetto è ampliato nel Percorso Vascolare Kneipp dove si alterna ciclicamente il cammino in acqua calda e fredda.
Con la riabilitazione in acqua è possibile non solo ristabilire le migliori funzionalità articolari e muscolari dopo un incidente, ma anche eseguire delle forme di esercizio specifiche per prevenire la malattia o per curare sintomatologie croniche come la lombalgia. Tali esercitazioni sono particolarmente indicate per quei soggetti in forte sovrappeso con difficoltà di movimento legate ad obesità, ad artriti, a recenti fratture o distorsioni. Nella maggior parte di questi casi si registra un netto miglioramento del tono muscolare e dei movimenti articolari dopo un adeguato programma terapeutico. Il paziente, se anziano, acquisisce in tal modo un maggiore controllo motorio che, migliorando l’equilibrio, allontana il rischio di cadute e rallenta il declino funzionale legato all’invecchiamento. La riabilitazione in acqua è particolarmente indicata in: - esiti di fratture - distorsioni, lussazioni - patologie alla cuffia dei rotatori della spalla - artrosi dell’anca e delle ginocchia - tonificazione muscolare in preparazione all’intervento chirurgico - mal di schiena (lombalgia, sciatalgia, ernia ecc.) - para paresi spastiche - esiti di interventi neurochirurgici - esiti di ictus - esiti di lesione midollare - disturbi della circolazione venosa
Inoltre la temperatura dell’acqua, più elevata (32° - 33°) rispetto alle vasche non terapeutiche, permette la riduzione dello spasmo muscolare e induce al rilassamento. Per questo il paziente si muove meglio e la muscolatura appare più elastica. La riabilitazione in acqua è utile e proponibile a tutti, dai bambini agli anziani; per potervi accedere non occorre essere esperti nuotatori è sufficiente un minimo di acquaticità.
Terni Zona Fiori, 1 Tel. 0744 421523 401882
- Riabilitazione in acqua - Rieducazione ortopedica - Riabilitazione neurologica - Rieducazione Posturale Globale - Onde d’urto focalizzate ecoguidate - Pompa diamagnetica - Tecarterapia
- Visite specialistiche - Analisi del passo e della postura - Elettromiografia - EEG - Ecografia apparato locomotore - Idoneità sportiva ... e molto altro
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“We wanna wake up, in the city that doesn’t sleep!” And it was there that we woke up, in New York… Mi improvviso narratore, o meglio narratrice? Bene! Vorrà dire che proverò a mettere per iscritto tutto quello che ho provato in un’esperienza che non si può certo definire banale, sperando di riuscire a far scattare in voi anche solo un decimo di quella scintilla, anzi, la chiamerei fiamma, che è rimasta dentro di me fino alla fine, e che tutt’ora perdura. La fine di cosa? Vi starete chiedendo. Cominciamo innanzitutto col dire che decidere di partecipare ad un progetto di quell’entità è stato tutt’altro che semplice ed immediato. Dare la propria adesione al Progetto ONU significa impegnarsi, prima, dopo e durante: seguire un corso sulla struttura delle Nazioni Unite, su come comportarsi quando si prende parte ad un dibattito durante i lavori in commissione, ma soprattutto vivere la realtà del paese che rappresenti, e viverla a fondo, fino all’ultimo rappresentante, il più povero, il più degradato della società di quel paese. Può capitarti uno stato ricco, ma puoi anche ritrovarti ad affrontare problemi come l’acqua potabile o i rifugiati politici; è proprio questo il caso in cui devi partire, quanto meno con la mente, lasciarti tutto alle spalle e trasferiti nel TUO paese, sì, TUO, perché in qualità di delegato nei fai parte, e la realtà che lo caratterizza devi conoscerla, e per conoscerla devi viverla. E allora fai ricerche su ricerche, e non solo sulla tematica che ti è stato richiesto di affrontare, ma sul tipo di governo che guida il paese e su chi è il capo di quel governo; fai ricerche sull’andamento economico, sullo sviluppo industriale, sull’alfabetizzazione e sull’arte, qualsiasi ambito dell’arte: musica, cinema, pittura, scultura, e magari scopri che il regista di uno degli ultimi film usciti viene proprio dal tuo paese; ed è allora che lo vivi davvero, senza pregiudizi, di nessun genere, e combatti per farti valere, per far valere le tue idee, perseverando nella speranza di poter, in qualche modo, risolvere quel dannato problema che rende il Cameroon (questo è il paese che mi avevano affidato) uno degli stati più poveri al mondo, nonostante l’enorme quantità di risorse di cui disponga, che purtroppo non vengono ottimizzate come dovrebbero, e i cui possibili, e perché no, ingenti proventi, vengono soppiantati da quelli provenienti dai traffici illegali di droga, armi o persone. Non devi farti spaventare da realtà che sembrano lontane dalla tua, perché purtroppo esistono, e chissà, un domani diventerai davvero un delegato alle Nazioni Unite! Ma sto perdendo il filo… Era di New York che dovevo raccontarvi… E che New York sia! Sembra un po’ una cattiveria a dirsi, ma la sera in cui siamo arrivati non abbiamo neanche avuto la forza di guardarci intorno per ammirare la meraviglia che ci si parava davanti, piuttosto ci siamo fiondati sotto le coperte! (dopo dodici ore di volo è perdonabile, no?). Però devo ammettere che anche l’Hotel aveva il suo perché, trattandosi dell’Hilton New York, circondato da meraviglie quali grattacieli, grattacieli e grattacieli; oltre a Central Park e a due dei musei più famosi al mondo. La prima mattina? Beh, ho aperto gli occhi, mi sono alzata, mi sono diretta ancora dormiente verso la finestra e, dopo aver sostituito le coperte con infiniti skyscrapers, mi sono detta: cosa ho fatto a Terni fino ad ora? Al diavolo tutto, e cominciamo quest’esperienza al massimo! Certo, eravamo stanchi, ma l’emozione per quello che stava per iniziare era davvero enorme e tutt’ora non saprei come descriverla, così, terminata la cerimonia d’apertura, ci siamo fiondati ognuno nella propria commissione, e tutto è realmente cominciato. Mi ci sono ritrovata nel mezzo prima di rendermene effettivamente conto. Ho pensato: Wow… Sono a New York, a migliaia di chilometri, o meglio miglia (per immedesimarsi completamente) di distanza da casa e mi sto battendo per i diritti dei rifugiati politici in Cameroon. Poi ho preso coraggio, ho alzato la placard (strana ma notevole striscia di cartoncino con su scritto il nome del paese che rappresenti) e sono andata a fare il mio discorso. Il fatto di dover parlare in inglese non mi spaventava, mi piace la lingua, ma l’idea, anzi, la consapevolezza che, essendo l’unica straniera tra più di cento americani, al novantanove per cento non mi avrebbero ascoltato e tanto meno avrebbero preso in considerazione le mie proposte, stava per sopraffare la determinazione e la voglia di fare che avevo dentro. Per fortuna che alla fine non sia andata così! Perché? Semplice: appena terminato il mio formal speech, mi sono trovata sommersa da almeno metà commissione che continuava a pormi domande specifiche su ciò che avevo detto, continuando a ripetere: Would you like to be a sponsor or a signatory of our draft resolution? We would be glad if you would! Insomma, tutti mi volevano con loro per scrivere il documento finale (risoluzione: presa di coscienza dello stato attuale in questo caso dei rifugiati e proposte per migliorarne la condizione e garantire loro ciò che hanno diritto di avere) e in quel momento mi sono sentita davvero soddisfatta del mio
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lavoro, perché effettivamente, ripensandoci, avevo pronunciato una frase sensata, seppur in inglese; per riassumere, il punto su cui avevo cercato di focalizzare l’attenzione era l’importanza non solo di garantire l’istruzione e dei ‘vocational training’ courses per mettere il rifugiato nella condizione di poter scegliere consapevolmente quale genere di impiego gli si confaccia di più, quanto piuttosto impegnarsi per trovare uno stato, possibilmente confinante al suo, che lo ospiti, garantendo allo stesso tempo al suddetto stato che il rifugiato non causi problemi di alcun genere (ribellioni...). A me era sembrata la cosa più semplice da dire, ma a quanto pare nessuno aveva effettivamente pensato al primo vero problema da affrontare: i rifugiati, che sono stati costretti ad allontanarsi dal proprio paese, vuoi per ragioni di instabilità politica, sociale o economica, vuoi per faide interne, hanno bisogno di un posto sicuro in cui vivere, di acqua potabile (altro argomento che non era stato minimamente preso in considerazione) e cibo. Cosa ho fatto alla fine? Ho esaminato entrambe le risoluzioni ed ho scelto di diventare sponsor di quella che mi sembrava la meno idealista e la più realizzabile, ho contribuito alla stesura della stessa e mi sono goduta il mio momento di gloria per ben due giorni, perché il giorno dopo i lavori si sarebbero dovuti svolgere all’interno del Palazzo di Vetro, la sede della Nazioni Unite, quella vera, e cavolo se era bella. Solo guardandola da fuori ti mozza il fiato, quella striscia di cielo messa in verticale costellata di diamanti che ti ricordano in ogni momento guardandoti in faccia: sei nella sede delle Nazioni Unite, sei arrivato fin qui dopo aver compiuto un percorso impegnativo; hai lavorato, e sodo, dalla mattina alla sera, ora goditi questa giornata, perché puoi star certo che non la dimenticherai facilmente. Cosa restava da fare? Nient’altro, solo entrare. E sono entrata; certo, non si può dire che sia stata un’impresa semplice, essendo dovuta passare sotto i metal detector e farmi perquisire ad ogni soglia che varcavo! Ma, sicura della mia innocenza e non avendo per quella volta portato con me armi biologiche o cose simili (fatemi fare un po’ d’ironia, ogni tanto), mi sono diretta verso la sala in cui avremmo dovuto completare i lavori, ossia votare a una a una le risoluzioni di ogni commissione, e poi ci avrebbero permesso di visitare la sala dell’Assemblea Generale, quella che si vede sempre in TV, avete presente? Quell’enorme, immenso spazio delimitato soltanto da due altrettanto immensi dipinti, e dal simbolo delle Nazioni Unite, proprio sopra la poltrona destinata a Ban Ki-moon, il segretario generale delle Nazioni Unite. Credo che il torcicollo di cui ho sofferto per tutto il resto della giornata sia stato dovuto al fatto di aver tenuto il collo alzato per tutto il tempo in cui sono rimasta all’interno di quella magnifica sala, e credo anche di non aver mai fatto tante foto in vita mai quante ne ho fatte lì dentro. Sono rimasta senza parole, ammutolita dalla magnificenza e bellezza di quello che non era un semplice luogo circolare, piuttosto IL luogo circolare, un po’ come se fosse la sfera dell’universo i cui punti erano le più di centocinquanta postazioni per i delegati di ciascun paese membro dell’organizzazione e con Ban Ki-moon come polo Nord. Quando sono uscita non pensavo certo al fatto che la mia risoluzione fosse passata (anche se devo ammettere che vedere tutte quelle placards alzate a favore era stato di una certa qual soddisfazione), piuttosto ero combattuta tra due contrastanti emozioni: la malinconia, perché cavolo se quei quattro giorni di duro lavoro mi sarebbero mancati, cavolo se il palazzo di vetro mi sarebbe mancato, cavolo se tutti i ragazzi e lo staff che avevo avuto la fortuna di conoscere mi sarebbero mancati; e poi c’era la felicità, unita ad un pizzico di soddisfazione per essere riuscita a farmi valere, per non aver sottomesso la voglia di fare alla timidezza; felicità per aver avuto la fortuna di poter vivere un’esperienza come quella, e senza alcun rimpianto, perché l’avevo vissuta dentro, fino in fondo; felicità perché ero consapevole che, tornata a casa, qualcosa in me sarebbe cambiato, anche solo la considerazione nei confronti di una materia come la geografia, che fino a quel momento non mi era, diciamo così, andata mai troppo a genio, e che ho capito essere fondamentale se vuoi definirti cittadino del mondo e neanche così male, in fin dei conti, se la vedi dal lato giusto; infine, felicità per quello che mi aspettava, cosa? Altri quattro meravigliosi giorni di puro tourism da godermi tra sciocchezze e risate con gli amici: musei da mozzare il fiato come il Metropolitan e il M.O.M.A., edifici di notevoli dimensioni come l’Empire State Building, di cui lascio a voi il piacere di goderne e, perché no, anche un po’ di shopping. Cosa volete che vi dica a questo punto della storia? Solo questo: apritevi al nuovo mondo dell’istruzione! (Ok, detta così era veramente orrenda…) Riproviamo: chiudete gli occhi, provate ad immaginarvi come delegati delle Nazioni Unite che si dirigono con la loro ventiquattrore al palazzo di vetro, poi addormentatevi. Svegliatevi la mattina seguente dopo aver sognato di trascorrere otto giorni con i vostri amici nella grande mela, ma di esservi svegliati sul più bello, non del sogno però; alzatevi, dirigetevi ancora dormienti verso la finestra della camera e, se avrete preso coraggio e avrete deciso di impegnarvi e lavorare sodo, oltre la tenda ci sarà lo skyline di New York pronto a mozzarvi il fiato, e a quel punto dite a voi stessi: All has just begun. Martina Salvati
Cellule staminali: da curiosità a consapevolezza È giusto utilizzare embrioni congelati per sperimentazioni scientifiche? L’embrione va considerato un individuo? Se no, e anche se fosse destinato a morire, è giusto farne uso per estrarne cellule che potrebbero salvare vite umane, curando patologie fino ad ora prive di terapia farmacologica e considerate incurabili? Come si dovrebbe procedere per la sperimentazione sulle cellule staminali? Non è un argomento semplice da affrontare, tutt’altro; ma ti coinvolge completamente: mette in gioco le tue conoscenze, le tue credenze religiose, la tua morale. Queste sono tutte domande che ci siamo posti durante i lavori di ricerca; sono domande essenziali, che colgono, in fondo, il cuore pulsante della questione, quando si parla di cellule staminali: dov’è che la scienza viola la morale? Sarà stata la curiosità (visto e considerato il fatto che di cellule staminali ne sapevamo poco o niente), la possibilità offertaci di poterci confrontare, fare domande, interagire con persone la cui passione è proprio la ricerca, una ricerca che potrebbe, come detto prima, trovare finalmente una cura a malattie come ad esempio la leucodistrofia metacromatica. O forse è stato proprio questo: la consapevolezza e la convinzione che avremmo senza dubbio imparato qualcosa, che avremmo saputo spiegare il significato di una parolaccia come leucodistrofia metacromatica, che saremmo stati in grado di comprendere, anche se non completamente e fino in fondo un argomento che oggi suscita tanto scalpore. Ma tutto questo come? La risposta è Scienza Attiva. Cos’è? Ci è stato presentato come un progetto scolastico, ma, andando avanti con la realizzazione, ci siamo accorti che è qualcosa di diverso, che ha un quid in più rispetto ai soliti progetti in cui ci si ritrova ore ed ore chini su una scrivania a scrivere trattati chilometrici su argomenti tutt’altro che attuali, trattati che poi risultano essere del tutto sterili e non ti lasciano niente dentro. Perché Scienza Attiva qualcosa dentro te lo lascia: strumenti per capire, leggere e, chissà, magari cambiare la realtà, come ogni esperienza che si rispetti dovrebbe fare. È un progetto sui generis anche perché si svolge interamente su Internet e funziona più o meno così: ogni anno vengono proposti dal Centro Interuniversitario Agorà (nato nel 2006 come centro dell’Università degli Studi di Torino) due argomenti che nel nostro caso erano nanoscienze e cellule staminali; se ne sceglie quindi uno, e si comincia a lavorare.
E qui viene il bello. Lavorare, infatti, in questo caso, non significa solo fare ricerche, sottolineare, fare schemi, quanto piuttosto trovare del materiale inerente ma anche accattivante, che catturi l’attenzione di tutti gli altri studenti partecipanti e degli esperti, perché l’aspetto principale di tutto il progetto, e forse un’altra delle caratteristiche che ci ha spinti a partecipare, è quello di poter e dover rivolgere loro domande sull’argomento, farsi quindi coinvolgere attivamente in quello scambio di idee tra professionisti e studenti che è appunto il nucleo fondamentale dell’attività. Senza tutto questo non sarebbe possibile imparare nulla, no? Ma così non è stato: e quindi, insieme alla professoressa Annamaria Landini, ci siamo immersi nell’oceano immenso delle cellule staminali, con tutti i temi, anche morali e religiosi, ad esse collegati. Non è stato semplice, c’è da dire: l’argomento è piuttosto complesso, i problemi sono tanti ed alcuni di essi sembrano irrisolvibili, ma noi volevano imparare il più possibile, a tutti i costi, e non sarebbe di certo bastata qualche piccola complicazione di carattere contenutistico ad ostacolarci. Essendo ben trentaquattro in classe, ci siamo divisi in gruppi, stabilendo delle aree di ricerca: chi si sarebbe occupato di stilare un’introduzione generale dell’argomento, chi delle cellule staminali neurali (del cervello), chi del trapianto di staminali provenienti dalla cornea e chi avrebbe affrontato il problema etico riguardo all’estrazione di staminali embrionali da feti umani congelati e conservati da aborti spontanei o fecondazioni in vitro di cui accennavo nell’incipit. Ma se è un progetto -vi chiederete giustamente- ci sarà pur stato un lavoro da portare a termine!... e, in effetti, c’era: lo scopo era produrre un elaborato esauriente ed esaustivo sull’argomento scelto, inserendo alla fine alcune proposte per risolvere le problematiche ad esso inerenti. C’è costato fatica, non lo neghiamo; c’è voluto un lavorio ininterrotto di trentacinque cervelli, di più di tre mesi, per portarlo a termine; ma la soddisfazione nel momento in cui l’abbiamo salvato e postato sul sito del progetto, beh… dopo tutto quel tempo e quella fatica, la lasciamo alla vostra immaginazione! Ed ora, premesso un enorme grazie alla professoressa Landini, che ci ha seguiti passo passo, proviamo insieme a capire cosa sono queste Martina Salvati I C cellule staminali.
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Staminali: intervista a Dopo un percorso cominciato nell’autunno del 2012 sul web e continuato per tutto l’anno, il 17 e 22 aprile scorso, le classi IC e II PN del Liceo G.C.Tacito hanno preso parte, in streaming, alle giornate di dibattito conclusive del progetto Scienza Attiva con l’obiettivo di individuare proposte e raccomandazioni da consegnare alle Istituzioni e agli esperti. Scienza Attiva è infatti un progetto pilota di democrazia deliberativa su temi a carattere scientifico-tecnologico in cui sono coinvolti degli studenti degli Istituti secondari di II grado di tutta Italia. Il progetto, realizzato con il sostegno del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e della Provincia di Torino, utilizza il web come principale strumento di diffusione delle informazioni e di comunicazione tra i giovani e il mondo della ricerca. Gli argomenti del progetto Scienza Attiva dibattuti durante questi eventi finali sono stati quelli delle Cellule staminali e delle Nanoscienze Per l’entusiasmo e l’impegno mostrati in tutte le fasi del progetto, pubblicando contributi interessanti e commentati, partecipando attivamente ai dibattiti in lavagna e sfruttando il più possibile le potenzialità del sito, i nostri studenti si sono classificati al quinto posto nazionale. Prof.ssa Anna Maria Landini I l P r o f Ve s c o v i : u n D o t t o r J e k y l l d e i n o s t r i t e m p i . M i h a n n o a c cus ato di s tudiare le s taminali senza aver letto Wikipedia. Casomai, io Wikipedia la s cr ivo… - Buonasera Professor Vescovi, e benvenuto: la ringraziamo di essersi reso disponibile a venirci a parlare. Cominciamo con la prima, semplice, ma doverosa domanda: cosa sono le cellule staminali? Buonasera anche a voi; vi rispondo immediatamente. Le cellule staminali sono entità biologiche molto particolari; in quanto tali, possiedono una funzione specifica, che devono soddisfare, e delle proprietà, ovvero caratteristiche attraverso cui assolvono il loro compito (funzione). Vi fu al proposito -ma la questione, essendo le cellule staminali di scoperta formal relativamente recente (anni 70, NdR) non può considerarsi chiusa- un’iniziale incertezza: a cosa servivano queste straordinarie cellule, praticamente immortali, con potenzialità ignote, forse infinite? Fin dalla loro scoperta fu individuata una funzione che chiameremo classica, proprio in virtù di essere stata la prima compresa, ed è il mantenimento, sia in situazioni fisiologiche che in caso di lesione dell’integrità dei tessuti biologici e la loro rigenerazione. Quella che in termini scientifici è definita “mantenimento dell’omeostasi cellulare”. Infatti gli organismi, per il semplice fatto di esistere, tendono a “perdere di coerenza o ordine interno”, a degradarsi, in un processo graduale che porta infine alla morte: le cellule staminali somatiche (ovvero quelle che rispondono alla funzione classica) hanno il compito di sostituire mano a mano le varie unità che compongono i tessuti, ovvero le cellule mature e differenziate: se il tessuto fosse un tetto e le cellule ne fossero le tegole, le cellule staminali svolgerebbero la manutenzione periodica della struttura, sostituendo i pezzi rovinati e intervenendo in dose massiccia laddove vi fosse un danno, anche sopra la norma fisiologica. In altre parole, quando subiamo uno shock (ferita, contusione, etc.), alle cellule staminali si chiede una “performance oltre le normali prestazioni” per riparare al danno; è come se avessimo scosso una ragnatela e svegliato il ragno sopito su di essa, innescando una reazione di risposta. Un esempio pratico dell’azione delle cellule staminali somatiche: ogni 15 giorni l’intera epidermide viene completamente rinnovata. Venne poi individuata un’altra funzione delle cellule staminali, quella che è forse la più incredibile, dato che in essa si trova quella potenzialità infinita, sospettata all’inizio: si tratta della generazione di un individuo, la creazione di una nuova vita. In realtà, questa particolare funzione è stata sotto gli occhi della scienza sin dagli inizi del ‘900; chi non ha studiato che dallo zigote, la prima cellula di un essere umano, ha origine un intero individuo? Infatti proprio lo zigote, così come le cellule dell’embrione fino allo stadio ad 8 cellule, è in qualche modo cellula staminale molto particolare (anche se non soddisferebbe la definizione formale di staminale…). Con un po’ di elasticità, potremmo parlare di cellula staminale chiamata totipotente (vd. domanda successiva, NdR). Le implicazioni di questo termine sono sconfinate: esso dà l’idea che questa cellula sia in grado di compiere ogni cosa, appunto: potens, “che può”, totus, “tutto”. Infatti dallo zigote deriva un organismo adulto, in toto. (Il professor Vescovi ha fatto inoltre un cenno ad altre staminali, dette germinali, che hanno la funzione di generare i gameti maschili e femminili, vale a dire le cellule sessuali che poi, unendosi, danno origine allo zigote). - Professor Vescovi, lei ci ha parlato di funzioni, che ha ampiamente illustrato, ma anche di proprietà delle cellule staminali. Quali sono queste proprietà? Come ho già detto, nelle cellule staminali le proprietà sono in vista dell’adempimento della funzione. Caratteristiche base delle cellule staminali sono la non differenziazione e la capacità di dividersi (in altre due cellule, NdR), sia dal punto di vista quantitativo (alto tasso di proliferazione), sia dal punto di vista qualitativo (possono generare più tipi di cellule, nella maggior parte dei casi). Questo discorso merita un approfondimento per essere compreso appieno: esiste infatti una classificazione delle cellule secondo il grado
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di potenza, che identifica cellule totipotenti, in grado di dare vita ad un intero organismo, staminali pluripotenti, in grado di differenziarsi in tutte le cellule dell’organismo, ma non negli annessi embrionali (ad esempio la placenta), staminali multipotenti, potenzialmente in grado di dividersi in tutti i tipi di cellule di uno specifico tessuto (sono le già citate cellule somatiche, NdR), tripotenti e bipotenti, in grado di differenziarsi rispettivamente in tre e due tipi di cellule tissutali, e unipotenti, in grado di differenziarsi solo in un tipo di cellula tissutale. Altra proprietà identificativa delle staminali è l’autorinnovamento, cioè la capacità di perpetuare se stesse nell’arco della vita dell’organismo d’appartenenza, che esse attuano tramite un sistema di differenziazione semplificabile nel modello di differenziazione asimmetrica: ogni cellula staminale origina un’altra cellula staminale, non differenziata, ed una cellula invece destinata a differenziarsi in una tissutale (nota bene: in realtà il meccanismo non è così semplice). - Spostiamoci su un ambito più legato alla sua storia personale: lei è infatti famoso per avere scoperto come far proliferare le cellule staminali cerebrali umane scevre da qualsiasi problematica etica. A tutt’oggi, Terni è sede dell’unica banca di cellule di questo tipo a livello mondiale e anche l’unico luogo dove esse siano mai state impiegate in un trapianto su essere umano. Ce ne potrebbe parlare? Certamente. Allora, le cellule staminali cerebrali sono cellule multipotenti: possono cioè differenziarsi solo nei tre tipi cellulari che compongono il tessuto cerebrale, vale a dire neuroni, oligodendrociti e astrociti. La loro funzione, essendo cellule somatiche, è fornire una costante azione di rigenerazione del tessuto, ma anche -e soprattutto- intervenire per curare eventuali lesioni subite, per quanto in modo limitato e solo in alcune regioni cerebrali Esse hanno sede in piccolissimi compartimenti, detti nicchie. Per esempio, nel muscolo, queste nicchie sono situate tra la guaina che ricopre il tessuto muscolare, oltre il quale si trova il compartimento delle cellule mature (le fibrocellule muscolari; NDR). Nel cervello, le nicchie sono disposte in prossimità delle cavità endocerebrali, chiamate ventricoli. In condizioni di normale e fisiologico consumo o, in modo più rilevante dopo un danno, entrano in gioco dei segnali biochimici che permeano letteralmente il tessuto e agiscono in sinergia per dirigere l’azione delle cellule staminali: a seconda delle informazioni mediate dai segnali stessi, le staminali proliferano, si dividono, e dove vi sia bisogno, la loro progenie si differenzia per poi migrare verso l’area che necessita di nuove cellule; tutto ciò avviene ad un ritmo variabile, diverso a seconda delle necessità del tessuto: in condizioni normali le cellule staminali sono quiescenti, ovvero provvedono alla semplice sostituzione delle cellule mature che hanno terminato il loro ciclo vitale; quando il tessuto subisce uno shock e vi è una morte massiccia di cellule somatiche, le staminali si risvegliano. Ci sarebbe da dire un’altra cosa in merito alla mia scoperta… - Quale? Se può dircelo, ovviamente… Certamente! Diciamo che è però una storia piuttosto particolare: quando iniziai a lavorare su queste staminali cerebrali umane, che nessuno trovava il modo di far proliferare, feci vari tentativi. Ebbi poi l’idea di aggiungere all’ambiente in cui venivano coltivate (si trattava infatti di coltivazione in vitro, NdR) degli acidi grassi (sostanze biochimiche dalle proprietà particolari, NdR); ma trovandomene sprovvisto, utilizzai quelli fornitimi da un amico, che tuttavia erano fortemente contaminati. La mattina seguente, ricevetti una telefonata: era il laboratorio, il quale mi avvisava che le cellule si erano effettivamente moltiplicate! Verificata la cosa, tentai di replicare il processo con ulteriori acidi grassi, ma questa volta me li procurai da solo, ed erano molto puri… senza contaminanti. Il problema fu che non vi fu alcuna reazione da parte delle cellule! Insomma, per farla breve, il segreto era proprio in quei contaminanti
l
Prof.
Ve s c o v i
(la cui natura, nel dettaglio, è segreta ancora oggi, NdR). - Quando si dice la provvidenza, insomma! Tornando, invece, a quanto diceva poco fa: ha parlato di cellule staminali che si risvegliano: ma cosa cambia nel loro comportamento, quando il cervello subisce una ferita (quindi un tipo di shock)? I segnali biochimici di cui ho già parlato funzionano come da guida per le staminali: dalla zona lesa vengono prodotte delle sostanze (che chiameremo per comodità sostanze-allarme, NdR), che fungono da segnale di emergenza, e si diffondono per tutto il tessuto cerebrale. Parte di queste sostanze (la cui quantità va scemando man mano ci si allontani dalla zona lesa) giunge nelle nicchie: si innesca così il processo di “pronto intervento”, cioè di attivazione delle cellule staminali. Queste ultime sono infatti indotte, dalla piccola quantità di sostanzeallarme giunta nella nicchia, a moltiplicarsi ad un ritmo più veloce del normale, con la nuova progenie che si differenzia, generando cellule cerebrali mature. Potremmo dire, semplificando (ma in fondo gran parte dei modelli scientifici costituisce una semplificazione di quanto avviene nella realtà), che una prima fase di differenziazione avviene nella nicchia stessa, con la produzione di cellule intermedie dette blasti; poiché però, ovviamente, le cellule devono arrivare in una zona in genere distante da dove si trovano, la maggior parte del processo ha luogo mentre i blasti si spostano. Si potrebbe parlare, al proposito, di un sistema di differenziazione e proliferazione dinamico-adattativa: seguendo, al pari di un segugio, la scia delle sostanze-allarme, i blasti giungono fino al luogo della lesione, indirizzati anche da proteine specifiche. Non solo: man mano che la concentrazione delle sostanze-allarme aumenta, si determina una regolazione della velocità a cui i blasti proliferano, così che, una volta arrivati a destinazione, ve ne siano abbastanza da rimpiazzare le somatiche morte per la ferita. Questo processo di proliferazione e progressiva migrazione e differenziazione ha termine solo sulla “scena del crimine”, dove delle sostanze diverse, rilasciate sempre al momento della ferita, ma opportunamente incapaci di spostarsi (a differenza delle sostanzeallarme), segnalano che esso deve interrompersi e che le cellule devono maturare in nuove cellule nervose, neuroni, astro- e oligodendrociti. - Cosa accade quindi se i blasti si differenziano in quantità eccessiva? Molto semplicemente, le cellule in eccesso si suicidano, secondo un processo definito apoptosi. D’altronde, entro certi limiti, per il nostro organismo, che non è certo un computer, è molto meno dannoso avere 2000 cellule mature in più che in meno. - Professor Vescovi, come lei sa, noi stiamo lavorando ad un progetto sulle staminali chiamato “Scienzattiva”. La nostra ricerca per il progetto include anche, al proposito dell’utilizzo delle staminali cerebrali, il caso di Sofia, bambina affetta da malattia degenerativa che aggredisce proprio il cervello, sottoposta a trapianto di cellule staminali dall’ospedale di Brescia a cura del dottor Vannoni, il quale avrebbe agito secondo il metodo Stamina, ancora oggi non divulgato; le sue cure sono però state interrotte dal Tribunale, perché il cosiddetto metodo Stamina, su cui si sarebbero basati i trapianti, non è stato divulgato e dunque non ha conferme scientifiche. Ce ne potrebbe parlare più nel dettaglio? Mi piacerebbe spiegare, in primis, in cosa consista questa malattia: in pratica le cellule di Sofia non possiedono un enzima (sostanze biochimiche essenziali per il nostro organismo, in quanto capaci, tra le altre cose, di accelerare delle reazioni metaboliche, che altrimenti avverrebbero in tempi troppo lunghi per la sopravvivenza, NdR) specifico e dunque non riescono a metabolizzare una serie di sostanze, che si accumulano e diventano tossiche. Ciò crea problemi soprattutto al cervello, una zona molto delicata, anche se di per sé la malattia agisce su tutti i tessuti della bambina. L’accumulo di queste sostanze causa una degenerazione del tessuto cerebrale, che interessa anche le cellule staminali nelle nicchie. Così, anche i tentativi di rigenerazione tissutale delle staminali falliscono. Ovviamente esistono degli studi che tentano di determinare come curare questo tipo di patologia, anche se non vi è, a tutt’oggi, un metodo accertato ed universalmente condiviso. La tecnica al momento più accreditata è quella “a mosaico”, che si basa sulle straordinarie proprietà delle staminali: infatti si introducono, tramite trapianto, delle cellule staminali sane nel cervello malato, in maniera che, come in un mosaico, si crei un’alternanza di cellule prive di enzima (malate) e cellule che invece lo possiedono (sane). Quindi, avviene qualcosa di notevole: le cellule sane passano l’enzima a quelle del paziente, che quindi migliorano e diventano in grado di metabolizzare le sostanze accumulatesi. Inoltre, per loro stessa natura, le staminali svolgono attività palliativa di detossificazione e di nutrimento, permettendo così un leggero miglioramento generale. Questo non è, comunque, un metodo consolidato e funzionante: a causa della vastità del cervello, è molto difficile fare sì che le cellule sane raggiungano ogni parte di esso. L’ideale sarebbe compiere un intervento di questo genere quando l’organismo è molto giovane, perché in questo
caso le cellule tendono a migrare molto di più e dunque non è richiesta una grossa attenzione nel distribuirle manualmente: di stadi, se non embrionali e fetali, poco più avanzati. Sofia è già assai grande (tre anni circa) per poter essere curata in questo modo; era comunque possibile -era perché la bambina, come sapete, è già stata sottoposta ad un trapianto di staminali- intervenire con delle staminali cerebrali per cercare di sortire il già citato effetto palliativo; per allievarle, appunto, il dolore e magari prolungarle la vita. Non nego assolutamente il potere, vuoi psicologico, vuoi potenziale, che un intervento tale avrebbe avuto. Ci sono anche casi rarissimi, nella storia della medicina, in cui si è ottenuto un successo in situazioni come questa, quando sembrava impossibile fare qualunque cosa. No, decisamente non è l’aver tentato, quello che mi lascia perplesso dell’approccio del Professor Vannoni - Professore, perché Davide Vannoni è laureato in psicologia, e non ha alcuna qualifica in materia staminali. Ciò che non concepisco, che mi fa inorridire, è la mancanza di scientificità, di controllo, di sicurezza secondo gli standard accettati dalla comunità medico-scientifica mondiale, in cui si sono svolte le cosiddette cure: le cellule staminali non erano state controllate al fine di eliminare la possibilità che fossero contaminate da agenti infettivi, non vi è stata metodicità, standardizzazione della documentazione. Ma quale metodo Stamina? Dove sono i protocolli seguiti? Su quali risultati preliminari si basano? Dov’è la certificazione che documenta la composizione e caratteristiche delle cellule? Perché usare cellule del midollo osseo per curare il cervello quando esistono staminali cerebrali (non-profit, sia chiaro) di grado clinico? E dove il documento che certifica il procedimento seguito durante i trapianti? Com’è possibile che un paziente abbia ricevuto prima cellule proprie (quindi geneticamente alterate ed inutili) e poi anche quelle di un altro paziente? Non mi sono assolutamente disinteressato al caso, queste non sono critiche di uno che è rimasto a guardare: capisco benissimo il sentimento dei genitori, disperati, resi disperati dai numerosi rifiuti ricevuti da varie cliniche. Ho anche parlato con entrambi per tentare di spiegare la situazione, ma -e li capisco benissimo- li ho trovati fermi nella sicurezza che la bambina fosse migliorata, che il metodo Stamina avesse avuto successo. Quindi, ora, la mia domanda è: come funziona questo metodo? Perché il Professor Vannoni non divulga le sue incredibili scoperte, così che tutti i malati di patologie simili ne possano beneficiare? L’argomento del segreto industriale non regge, se questo metodo è brevettato. Allo stesso modo, basta brevettarlo, perché non ci sia più il problema del plagio industriale. - Professor Vescovi, che dire: la ringraziamo per la sua professionalità e schiettezza, e speriamo che le sue sperimentazioni qui a Terni possano continuare, anche se abbiamo saputo che ci potrebbero essere problemi. Purtroppo, è così: se entro la fine dell’anno non raccoglieremo sufficienti fondi (finora il laboratorio che il dottor Vescovi gestisce a Terni è stato finanziato da Vescovi stesso, dall’associazione Neurothon Onlus che ha sede a Terni e dalla Fondazione Cellule Staminali, NdR ), dovremo interrompere le sperimentazioni di cure con le staminali su pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). - Ci auguriamo davvero che non sia così. Speriamo inoltre che il caso intricato di Sofia si risolva per il meglio, sia per la bambina, sia per la scienza… quella vera, però, che mira al benessere del Paziente. Dottor Vescovi, arrivederci: grazie del tempo che ci ha dedicato. Mi auguro anch’io entrambe le cose. Grazie a voi per l’attenzione, Gianmarco Franchini I C ragazzi; buona serata. Ad oggi, le cure di Sofia e degli altri bambini curati insieme a lei, sono state riprese secondo il metodo Stamina, in seguito all’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, della prosecuzione delle cure iniziate.
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Per saperne di più Paradossalmente, la validità scientifica dello studio delle cellule staminali potrebbe rivelarsi anche un adeguato strumento di riflessione letteraria; la provocazione pirandelliana dell’Uno e dei Centomila risulterebbe, infatti, pienamente raccolta e sviscerata nel suo più profondo e realistico significato: ciascuno di noi è un singolo individuo, che muta costantemente ed impercettibilmente, assumendo forme ogni volta differenti che, però, si compongono all’interno di una compatta armonia fluente, grazie alle sorprendenti proprietà delle cellule staminali. Proprietà che si possono comprendere a fondo solo attraverso una definizione della natura di tali componenti essenziali del nostro organismo. Quando si parla di cellule staminali, si parla in primo luogo di vere e proprie strutture biologiche, in riferimento al fatto che esse svolgono, con l’ausilio di particolari caratteristiche, ben precise funzioni, le quali determinano, a loro volta, la natura di queste speciali cellule: embrionale o somatica. La prima tipologia di staminali è presente in una fase estremamente breve, ma cruciale, della vita di un individuo, quella compresa tra la fecondazione della cellula uovo da parte dello spermatozoo (nascita dello zigote) e la prima settimana dalla fecondazione. Durante questo intervallo le cellule staminali sono caratterizzate, in una primissima fase (fino allo stadio ad 8 cellule, 2 o 3 giorni dalla fecondazione) dalla capacità di poter generare un intero organismo in tutte le sue componenti e, successivamente, da quella di potersi trasformare in tutti i tipi cellulari esistenti, senza poter, però, costruire autonomamente un’intera vita (si definiscono dunque rispettivamente toti- e pluripotenti). Le staminali somatiche, invece, sono le cellule staminali appartenenti alla linea del soma, ovvero ai tessuti, di un organismo già formato (si registra la loro presenza già nel feto). In tali circostanze le staminali si possono definire multi- o oligo-potenti (tripotenti, bipotenti, uni potenti) in grado quindi di generare tutti i tipi cellulari del particolare tessuto di appartenenza, oppure in tre, due o uno solo. rispettivamente. Generalmente per cellule staminali s’intendono proprio le staminali somatiche, note come adulte, che sono state le prime ad essere scoperte, la cui funzione è quella di provvedere al mantenimento dell’omeostasi del tessuto di appartenenza, ovvero di garantirne l’autoregolazione interna, strutturale, e funzionale, che garantisce l’equilibrio a livello di parametri chimici e fisici favorevoli alla vita, in rapporto alle condizioni esterne all’organismo. In particolare, le cellule staminali assolvono ad una vera e propria rigenerazione, ad un rinnovamento periodico e costante dei tessuti, che vanno incontro ad un’inesorabile degradazione in funzione della loro semplice esistenza e della loro fisiologica usura, restituendo l’integrità strutturale necessaria all’adempimento delle varie funzioni specifiche. Ad esempio, si può pensare alla nostra epidermide, ed immaginare le cellule che ne compongono lo strato corneo (il più esterno), perlopiù morte e costituite in gran parte da cheratina (una proteina fibrosa), come le tegole di un tetto, appoggiate le une sulle altre, che si compattano, stratificandosi. Le cellule staminali intervengono in ogni momento della nostra vita,
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a sostituire queste tegole, che si sfaldano per via di un normale e fisiologico logorio. Non solo, ma in situazioni d’emergenza, conseguenti ad un danno, quest’ultimo viene segnalato alle staminali attraverso il rilascio ed il conseguente aumento della concentrazione di particolari proteine segnale; le staminali cominciano così a dividersi a ritmi estremamente rapidi (in realtà solo la prima divisione è attribuibile alle staminali, le altre sono compiute da quelli che vengono definiti precursori di transito o blasti cellulari) fino a quando, attraverso la sostituzione delle cellule deperite, non si è ristabilita una condizione di equilibrio, atta a permettere la fisologica funzione tissutale. Basti pensare che la nostra epidermide viene completamente rinnovata circa ogni 15 giorni. Più in generale, le due principali caratteristiche comuni a tutte le tipologie di cellule staminali si possono individuare nella loro indifferenziazione, e conseguente capacità intrinseca allo stesso tempo di specializzarsi, e la capacità di dividersi, come visto, sia a livello quantitativo sia qualitativo. Riguardo alle metodiche di divisione delle cellule staminali, risulta estremamente affascinante l’istinto autoconservativo ed allo stesso tempo evolutivo che esse esprimono. Si riconoscono, infatti, operando una semplificazione, in quanto si tratta di un processo molto complesso, due tipologie di divisione: simmetrica ed asimmetrica. Nel primo caso da una cellula madre staminale se ne genereranno due figlie staminali identiche tra di loro o due cellule mature, non più staminali. Quando le frequenze relative di questi due tipi di divisone simmetrica sono uguali, si mantiene un numero stabile di staminali nel tessuto. Lo stesso risultato viene ottenuto attraverso il secondo metodo di divisone, in cui solo una cellula figlia rimarrà staminale, ereditando non solo l’informazione genetica, ma anche parte del materiale genetico originale dalla cellula madre, mentre l’altra comincerà il suo percorso di specializzazione verso una determinata tipologia cellulare, passando attraverso gli stadi di progenitore e poi di precursore. In questo modo il serbatoio di staminali, presente all’interno dei vari tessuti, risulta inesauribile, nell’arco di tutta la vita o quasi. Tale serbatoio prende il nome di compartimento staminale e si identifica in una specifica area del tessuto composta da tante aree specializzate a mantenere l’identità staminale, note come nicchie staminali (differenti da tessuto a tessuto per posizione e natura), spesso difficili da individuare e raggiungere. All’interno di queste si realizzano le particolari condizioni trofiche che stimolano la crescita e la proliferazione delle staminali. La sopravvivenza e la funzionalità delle staminali risultano quindi incredibilmente legate al loro ambiente tridimensionale di appartenenza (la nicchia), ambiente che gli scienziati impegnati nello studio delle staminali hanno, soprattutto negli ultimi anni, ritenuto essenziale riprodurre (vedi gli esperimenti in vivo, all’interno dell’organismo ed ex vivo, in colture d’organo, contrapposti a quelli in vitro, o in provetta) per ottenere un modello più affidabile possibile, in merito al quale esplorare i complessi meccanismi che regolano il comportamento delle staminali. Riccardo Terribili IC
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s c o l i o s i
La scoliosi è una deformità tridimensionale del rachide che ne provoca la deviazione laterale e la rotazione sul proprio asse (Fig. 1). Esistono varie forme di scoliosi, la più frequente è la idiopatica (la cui causa non è ben chiara), seguita dalle congenite e dalle neuropatiche. La forma idiopatica si sviluppa nell’adolescenza e se si aggrava può provocare deformazioni e disfunzioni organiche (respiratorie e cardiache). L’insorgenza della scoliosi è subdola perché asintomatica e difficile da riconoscere se non di grado elevato. Questa patologia colpisce più frequentemente la donna con rapporto 4 a 1 e frequente è la familiarità. La diagnosi è clinica; con la visita il Medico evidenzia la deformità e distingue tra scoliosi e atteggiamento scoliotico (causato da differenza di lunghezza degli arti, posizioni scomposte). L’esame radiografico, passo successivo, permette la conferma della diagnosi, di misurare l’angolo della curva, di formulare la prognosi e individuare la terapia (Figg. 2-3). Il Medico Specialista, in base alla entità della scoliosi ed alla prognosi, prescrive la terapia più adeguata: - iniziare e/o intensificare delle attività motorie, - ginnastica medica personalizzata, - nelle deformità più gravi un corsetto ortopedico, - nelle forme gravi che non beneficiano dei trattamenti precedenti e presentano evolutività, il trattamento chirurgico. Importante, nel trattamento della scoliosi, è la prevenzione che si ottiene con: - diagnosi precoce (porre particolare attenzione se la madre è affetta da scoliosi, alle bambine tanto più quando si avvicinano alla pubertà), - una volta fatta la diagnosi seguire periodicamente il giovane paziente e monitorizzare l’andamento della deformità (evolutività), - incentivare l’attività ginnica e l’eventuale kinesiterapia, - se la deformità tende a peggiorare è bene consultare uno specialista ortopedico per un trattamento Dr. Vincenzo Buompadre tempestivo. S p e c i a l i s t a O r t o p e dia e Medicin a dello S port
Fig. 2
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Fig. 1
D r. V i n c e n z o B u o m p a d r e
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Specialista Ortopedia e Medicina dello Sport
Te r n i - V i a C i a u r r o , 6 0744.427262 int. 2 - 345.3763073 vbuompadre@alice.it 39
La spedizione dei Mille: la campagna di Sicilia (seconda parte)
Narra il Bandi nel proprio libro che il generale, impegnato a bere la propria immancabile tazza di caffè, interpretò quali ottimi auspici sia il rasserenamento del tempo che lo squillo della tromba che, suonata da Giuseppe Tironi di Chiudano, era la stessa che un anno prima era stata utilizzata dai Cacciatori delle Alpi prima della vittoriosa battaglia di Como. Quella soave immagine placa i miei spirti, e parmi veder sereno splendere il tempo che verrà: fu cantando con la propria voce baritonale che Garibaldi s’approssimò a far suonare l’avanti alle ore cinque e mezza del 15 maggio, ponendosi alla guida d’una colonna organizzata similmente ai primi giorni di marcia, affiancata da molteplici gruppi di picciotti siciliani di cui solo una parte avrebbe preso parte al combattimento. Giunti dopo un’ora presso il villaggio di Vita, ivi sostarono per consumare una parca colazione, certo non stimolati nell’appetito da una popolazione che, atterrita, la credeva l’ultima definendoli meschini. Tappa ultima di quella mattutina camminata fu la cittadina di Calatafimi, situata nei pressi del romano centro di Segesta e destinata ad entrare nella storia del Risorgimento quale teatro di quell’epica battaglia. Salito in cima al monte Pietralunga, il generale poté quindi mirare dall’alto le forti schiere borboniche, dotate di cannoni sicuramente più numerosi e temibili di quelli dei volontari, elemento che, pur scoraggiante, non fu sufficiente a far desistere Garibaldi dalla ferma volontà d’ottenere la vittoria necessaria a conquistare il favore dei Siciliani. Gli opposti schieramenti, ritrovatisi l’uno innanzi all’altro, inizialmente si studiarono per un tempo che
parve interminabile, attesa interrotta dallo squillo delle trombe napoletane, che diedero inizio all’assalto; nonostante i garibaldini avessero l’ordine di non rispondere al fuoco ed aspettare l’arrivo dei nemici, un colpo partì dalle fila dei carabinieri genovesi, costituendo la scintilla della reazione garibaldina all’attacco sostenuto. In seguito ebbe a dire il duce di quei valorosi: Chi fermava più quei focosi e prodi volontari, una volta lanciati sul nemico? Se inizialmente si voleva solo sottrarre i pezzi d’artiglieria nemici, velocemente lo scontro divenne una vera e propria battaglia, in cui l’obiettivo delle camicie rosse era quello di conquistare la piana ai piedi di Pianto Romano, per poi assaltare i sette terrazzamenti in cui esso era diviso e dai quali nel frattempo i nemici li bersagliavano. Decisi a non retrocedere d’un solo passo e costretti a combattere forse per loro fortuna con la baionetta a causa della qualità dei controversi fucili di cui si è già parlato, i garibaldini furono impegnati in ore di cruenta pugna, nel corso delle quali la vittoria appariva sempre più ardua da raggiungere, tanto da spingere, secondo la tradizione, Bixio a chiedere a Garibaldi la ritirata, richiesta cui egli rispose con le celebri parole: Che dite mai, Bixio? Qui si fa l’Italia o si muore! Molteplici furono sia i celebri nomi dei caduti e dei feriti, come Montanari, Bandi e Giorgio Manin, che gli atti di eroismo compiuti, fra i quali spicca la difesa di un tricolore da parte di Schiaffino, anch’egli ucciso, Menotti Garibaldi ed Augusto Elia, mentre lo stesso generale, accorso nella mischia incurante del pericolo, venne udito rispondere a chi si preoccupava per la sua incolumità: Come potrei morire meglio che pel mio Paese? Finalmente, al termine di quella giornata, Landi ordinò la ritirata delle proprie truppe, decretando così la vittoria dell’ardore, dello spirito di sacrificio e della tenacia dei volontari. Più alto sogno in Dante non salì: nessun ostacolo v’era oramai fra l’Italia e Palermo. Frances co Neri
La scuola, gli educatori, ma soprattutto la società e le Istituzioni devono essere impegnate contro le degenerazioni dello sport: doping e violenza Lo Sport vissuto con violenza è sintomo di malessere sociale. La necessità di monitorarne le evoluzioni può rendersi utile per capire quali contrasti si vivano nell’attuale contesto e quali possano essere le misure atte a contenerne la degenerazione. Violenza non significa solo affronto fisico, ma anche rifiuto delle regole, ricorso a mezzi illeciti per prevalere sull’avversario, crescente naturalezza a considerare i tutori delle norme di gioco ostacoli all’affermazione personale o di gruppo. Compito della società è di restituire allo Sport una valenza che, una volta, gli era propria e che costituiva la sua stessa essenza. Sport vuol dire lealtà, confronto di forze che non mira alla sopraffazione o al dominio materiale, ma che aspira al miglioramento di se stessi. L’analisi deve partire dal deterioramento che il concetto ha subìto negli ultimi anni. La società di oggi e l’obbiettivo di quanti praticano lo sport a qualsiasi livello, amatoriale, dilettantistico o professionistico, ha accreditato un valore primario agli effetti (vittoria), piuttosto che alle motivazioni (confronto secondo regole), che ogni esercizio sportivo comporta. L’errata interpretazione delle finalità porta a scelte scellerate, suppone una rincorsa continua all’illegalità nel raffronto, sdogana come lecite scorciatoie per raggiungere un falso scopo: prevalere sull’avversario ad ogni costo e con qualsiasi mezzo. Come si è arrivati a questo livello di degenerazione? Sicuramente ha influito una malintesa valutazione del successo e un’altrettanta distorta considerazione della sconfitta, immagine, questa ultima che la società odierna rifiuta perché frustrante. Non importa se una parte abbia perduto con onore o dignità. Chi perde non vale niente, non merita attenzione, non ha diritto a spazio o menzione.
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È un perdente e per un perdente non esiste sconfitta addolcita “dall’onore delle armi”. Nessuno è disposto a convincersi che si apprende più da una sconfitta che da un successo. Da qui a ricorrere a strumenti surrogatori delle abilità individuali o di gruppo, il passo è breve. Il ricorso a strade che alleviano la fatica, la scelta cosciente di mezzi illegali, diventano sempre più giustificati e giustificabili, perché i soli a garantire il successo. L’escalation non ha più freni: dalla vile scorrettezza all’assunzione sconsiderata di doping la distanza è minima. Le discipline più popolari si prestano a fornire gli esempi negativi più eclatanti: dalla confessione tardiva di Armstrong nel ciclismo (il ritardo è servito a tener desto l’interesse sul Tour de France per sei lunghi anni, a vantaggio anche degli organizzatori), all’ultima avventura del calcio brasiliano che ha visto la polizia intervenire in assetto antisommossa per sedare una lite fra l’Atletico Mineiro e l’Arsenal Sarandi, sorta per una controversa decisione arbitrale). Nessuno è più disposto a giocare ruoli secondari; ognuno deve essere vincente, furbo, smaliziato fino alla slealtà. Gli esempi positivi che, sempre con minor frequenza si oppongono a questa interpretazione, non godono del favore di stampa e televisione anzi, vengono sistematicamente ignorati. Non fanno notizia, accelerando così il processo di degrado a danno dei giovani, portati per natura all’emulazione degli adulti. La scuola, gli educatori, ma soprattutto la società è impegnata a invertire questa pericolosa deriva se si vuole sperare in prospettive più serene e credere in un futuro di valori condivisi. Ing. Giocondo Talamonti
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Le fobie Come accennato negli articoli precedenti, continuiamo a parlare di ansia trattandone un’altra forma specifica: le fobie. Una fobia può essere definita come una paura con le seguenti caratteristiche: - è sproporzionata alla realtà della situazione - non può essere controllata da pensieri razionali - va al di là di un controllo volontario - produce l’evitamento della situazione temuta - permane per un periodo prolungato di tempo senza attenuarsi - provoca un certo stato di disadattamento - la persona può riconoscere che la paura è irragionevole e che obiettivamente la situazione temuta non è pericolosa. Le fobie sono classificate nel DSM (Manuale Diagnostico e statistico dei Disturbi Mentali) in Fobia Specifica (es. sangue, animali, altezza, malattie, acqua, ecc.) e Fobia Sociale ossia la paura di trovarsi in situazioni sociali non familiari in cui la persona è esposta al giudizio degli altri. Ricordiamo che le teorie psicologiche in base alle quali inquadrare le varie patologie e le relative psicoterapie sono varie, di seguito riportiamo quelle che più ci rappresentano, ossia la teoria cognitivo-comportamentale e quella sistemicorelazionale. Secondo la prospettiva cognitivo-comportamentale, le fobie specifiche sono state raggruppate in cinque classi: calamità, rifiuto sociale, animali repellenti, allontanamento, sangue e ferite. Secondo il Modello di Condizionamento Diretto le fobie sono risposte apprese; in più, una qualsiasi situazione od evento può diventare per il soggetto una fobia se rafforzato da associazioni ripetute e se generalizzato.
Possono diventare fobie anche situazioni avversive vissute in condizione di debolezza personale. Le fobie sociali consistono in un ampio gruppo di evitamenti di situazioni pubbliche e interpersonali, che circoscrivono gravemente la vita sociale. Tali soggetti, ad esempio, temono di apparire ridicoli e di dire cose stupide, quando sono osservati o interpellati, avvertono vampate di rossore, abbondante sudorazione, nausea, conati di vomito, ecc. Pur desiderando attivamente una vita sociale, devono lottare ogni volta contro stati d’ansia tanto elevati da demoralizzarli e da alimentare un circolo vizioso di insuccessi e brutte figure. Nella cura di tali fobie, sempre da un punto di vista cognitivo-comportamentale, possono essere sperimentati tre diversi modelli terapeutici: uno basato sulla acquisizione di appropriate competenze sociali; il secondo basato sull’assunto che i pazienti con fobia sociale possiedano già delle adeguate competenze sociali, ma queste potrebbero essere inibite dalla presenza di elevati livelli di ansia e paura nelle situazioni sociali, quindi abbassando tali livelli le competenze sociali riemergerebbero; il terzo modello basato sulla convinzione che i soggetti con fobia sociale presentano una erronea svalutazione delle proprie capacità, una percezione distorta del proprio comportamento nelle situazioni sociali, delle aspettative eccessive e irrealistiche. Sarà il terapeuta che con una accurata diagnosi valuterà a quale delle tre situazioni appartiene quel paziente e su tale idea poi svilupperà il trattamento. Da un punto di vista della prospettiva sistemico-relazionale la fobia, come tutti gli altri sintomi, è letta come un segnale di disagio che nasce all’interno di un contesto relazionale in quel momento non corrispondente alle esigenze evolutive della persona, della coppia o della famiglia. Partendo da tali premesse, il contesto in cui si nasce e si vive può influire sullo sviluppo di un personalità fobica. In presenza di credenze apprese all’interno del proprio contesto familiare che diventano dei dogmi da seguire senza opporsi, oppure delle esperienze fortemente traumatizzanti rispetto all’esterno che inducono un comportamento di sfiducia e chiusura, il sintomo fobico può diventare un mezzo per evitare di affrontare l’esterno. In altre situazioni la presenza di modelli genitoriali di riferimento tra loro opposti, come nel caso di un genitore ipercoinvolto e uno disimpegnato nella relazione col figlio, possono generare confusione rispetto al modello da seguire e indurre un comportamento di evitamento e fuga di fronte ai legami. In questi casi, attraverso la psicoterapia si possono sperimentare nuove modalità di attaccamento e migliorare il proprio modo di vivere tali legami. L’intervento terapeutico secondo la terapia Sistemica prevede un intervento sull’intero sistema che ha portato all’apprendimento disfunzionale, cercando di utilizzare laddove è possibile un maggior numero di risorse. L’obiettivo è quello di scoprire l’origine del comportamento fobico e stabilire insieme nuove modalità per reagire davanti alle situazioni che fanno star male. Dott.sse Silvia Marsiliani e Paola Pernazza Psicologhe-psicoterapeute www.silviamarsiliani.it www.paolapernazza.it
Ancora una volta… La festa della maternità L’Associazione morale e culturale Festa della Maternità, che si prefigge di focalizzare l’attenzione sul valore della vita e della famiglia attraverso un duplice impegno di sensibilizzazione dei giovani e di aiuto concreto a mamme in difficoltà, celebra la Festa della Maternità con una serie di iniziative che coinvolgono: - Le scuole medie e superiori di Terni, Narni, Amelia, Spoleto. I lavori prodotti rivelano ancora una volta grande sensibilità umana e artistica nei giovani riguardo alla protezione della vita nascente e una tensione a recuperare valori che sembrano sminuiti nel nostro tempo; - Medici e paramedici di ospedali e consultori familiari, che attraverso la loro preziosa opera raggiungono e sostengono numerose mamme. Il tema scelto quest’anno è il seguente: Il coraggio di fare famiglia è insito nella natura umana: la Maternità ne è il completamento. Gli appuntamenti conclusivi sono tre: 09 maggio 2013 - ore 16,30 Palazzo Gazzoli 11 maggio 2013 - ore 9,30 Palazzo Gazzoli 12 maggio 2013 - ore 10,30 Santuario di S. Maria dell’Oro. L’Associazione rivolge un caloroso invito alla cittadinanza e si augura un’ampia partecipazione. La Presidente Maria Francesca Gardenghi
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13 maggio 1981 Noi c’eravamo a Roma! A un tiro di schioppo da piazza S. Pietro eravamo riuniti nella Sales Conference di lancio di un nostro antibiotico molto attivo sui batteri Gram+ e su quelli anaerobi Gram+ e gram-. Il farmaco in questione era indicato in diverse patologie infettive ma, in particolare, nelle infezioni addominali post intervento chirurgico o causate da ferite da arma da fuoco, da coltello o comunque causate da traumi. La scenografia della sala era imponente e tutta incentrata sul logo dell’antibiotico in questione. L’Azienda aveva scelto di riservare all’uso ospedaliero la confezione in fiale del farmaco e nell’azione di pre-marketing era stata fatta una informazione capillare presso i taught leader e i relativi laboratori analisi per sensibilizzarli ad effettuare prelievi e antibiogrammi in anaerobiosi. Al microfono si alternavano varie figure della multinazionale, ognuna per la sua competenza. C’era chi si era occupato di calcolare i costi di degenza dei pazienti con infezione non debellata dagli antibatterici in commercio, chi aveva calcolato il costo in termini di vite umane e chi aveva seguito gli studi clinici. Dopo che l’ultimo oratore ebbe parlato, prese il microfono il Direttore di Marketing. Di solito in queste occasioni di lancio di nuovi farmaci il suo faccione sprizzava ottimismo da tutti i pori, invece tutti notammo un atteggiamento di estrema serietà, quasi di dolore, come se stesse sul punto di comunicarci una ferale notizia. Infatti esordì dicendo che a piazza San Pietro qualcuno aveva sparato al Santo Padre Karol Woitjla -forte brusìo in sala- che era stato portato al Policlinico Gemelli e che tutta la zona era circondata dalle forze dell’ordine ed era altamente consigliabile restare in albergo. Il giorno dopo ci fu comunicato, per caricarci ulteriormente, che il chirurgo che aveva operato il Papa aveva fatto telefonare alla nostra sede, per richiedere un congruo quantitativo di fiale del nostro antibiotico. Dalla sede telefonarono subito nel nostro albergo e il collega ospedaliero che vedeva i chirurghi di quel nosocomio partì immediatamente con una scatola di fiale-campione, fabbricate in Svezia, dove il farmaco era già in commercio. Ovviamente per superare lo schieramento militare che aveva circondato il Gemelli fin dal pomeriggio precedente, il nostro dovette dire che portava farmaci per il Papa su richiesta del professore che lo aveva operato. Alle orecchie vigili delle centinaia di giornalisti presenti non sfuggì il nome dell’antibiotico in questione e il giorno dopo molti giornali pubblicarono la notizia che fece il giro del mondo: il Papa veniva trattato con un nuovo antibiotico, il potente Dalacin.
Il lunedì successivo iniziammo a presentare ai chirurghi ospedalieri di tutta Italia il nuovo farmaco, informandoli sulla problematica delle infezioni anaerobiche, ove non era stato ancora fatto e fornendo ai vari reparti un quantitativo di fiale per iniziare una o più terapie; tutto ciò in attesa che la farmacia ospedaliera, pressata dalle richieste dei chirurghi, si decidesse a comprare il farmaco immettendolo nel prontuario dell’ospedale. Nei reparti chirurgici che avevano come caposala una suora, capirete che l’acquisto del nostro antibiotico fu quasi immediato, nonostante le resistenze dei farmacisti ospedalieri che, quando dovevano acquistare una nuova molecola, trovavano tutte le scuse per rimandare l’evento il più tardi possibile. E le scuse erano tutte ponderose e difficilissime da superare. Esse andavano da: non ci sono soldi, nessuno ce l’ha richiesto -e l’informatore previdente gli ficcava in mano la richiesta firmata dal chirurgo più importante del luogo-, senza il parere vincolante della commissione interna del farmaco non si può acquistare e infine che nessuno (cioè il farmacista) sentiva il bisogno di un nuovo antibiotico, visto che ce n’erano già tanti! Alla fine, comunque, anche la farmacia ospedaliera più tirchia acquistò almeno una cinquantina di fiale e con i campioni che distribuivamo oculatamente si poteva dire che il nostro farmaco non abbondasse nei reparti ma, quando serviva per iniziare una terapia, si trovava sempre. Anzi si racconta che qualche giovane chirurgo bisognoso di farsi un nome bisbigliasse all’orecchio della congiunta dell’operato: Sa signora che suo marito sta facendo l’antibiotico che fa il Papa? Mi sono dato da fare e sono riuscito a trovare un po’ di fiale appena sufficienti… e le garantisco che non è stato facile … E la signora, nei giorni successivi, faceva da cassa di risonanza al giovane medico, che incominciava a diventare “tanto bravo” agli occhi dei pazienti che erano venuti a conoscenza di queste e altre segrete cose di bisbiglio in bisbiglio. Le vendite del farmaco lievitavano a vista d’occhio con tutto il parlare televisivo e giornalistico su Giovanni Paolo Secondo in trattamento con il nuovo antibiotico. Insomma per il lancio di un farmaco così fatto la più aggressiva strategia di marketing non avrebbe mai immaginato una concomitanza di eventi uguale a quella che si verificò. Fu un caso fortuito? Oppure cosa? E come mai nessuno pensò di scriverci un bel romanzo pieno di intrighi, con cardinali aspiranti al soglio di Pietro, conturbanti spie dell’Est, palestrati 007 dell’Ovest, avide multinazionali e chi più ne ha, più ne metta? Forse bisognerebbe chiederlo a Dan Brown. vittorio.grechi@gmail.com
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STALKING Quando gli ex diventano maniaci Con il termine “stalking” s’intende un insieme ripetuto di comportamenti persecutori che una persona pone in essere nei confronti di un’altra. Generalmente, un uomo nei confronti di una donna. La persecuzione, che genera ansia e paura, si attua mediante assillanti invadenze nella vita privata e, soprattutto, pedinamenti. La legge, pur riguardando uomini e donne, si rivolge quasi esclusivamente a tutela della donna, essendo quest’ultima, nella quasi totalità dei casi, oppressa da situazioni che configurano il reato di stalking. Lo stalker può essere punito con l’arresto fino a sei anni. Chi rischia di più in termini di anni di detenzione sono i persecutori ex fidanzati, ex coniugi, ex conviventi della vittima e i recidivi che compiono il reato nei confronti di una donna in stato interessante. Lo stalking, sia ben chiaro, non è un reato contro i corteggiatori, bensì contro i persecutori. Malgrado ciò, il corteggiatore farà bene a non divenire oppressivo, assillante, insistente, perché si spingerebbe verso un confine non netto, oltrepassato il quale potrebbe divenire colpevole di stalking. Infatti, morbosi comportamenti come frequentissimi sms, e-mail, appostamenti e pedinamenti possono essere giuridicamente qualificati come interventi molto lesivi della libertà della persona che li subisce. Lo stalker, spesso, è animato da eccessi d’amore, da disturbi ossessivi, maniacali che gli procurano il sottile perverso piacere di assillare, braccare e perseguitare la persona molestata. Altre volte, il molestatore è mosso da un disperato risentimento in quanto non accetta di essere stato respinto. Ci sono dei casi in cui lo stalker avverte addirittura l’insopprimibile bisogno di vendicarsi perché è convinto di avere subito un torto, un’offesa così grande da giustificare qualsiasi suo oppressivo comportamento che, divenendo
persecutorio, costituisce reato penale. È possibile che la vittima con l’andare del tempo, violata ripetutamente nella privacy, braccata, perseguitata, impaurita e stressata subisca il deterioramento della propria vita sociale ed anche il danno alla propria salute, fisica e mentale. Le statistiche ufficiali distinguono due categorie, rappresentate da altrettanti gruppi di donne interessate al reato di stalking. La prima categoria riguarda donne tra i 18 ed i 24 anni. Queste subiscono attenzioni assillanti, morbose e molestie da parte di stalker che sono spinti, per così dire, “da bisogno di insopprimibile affetto”. La seconda categoria riguarda donne tra i 35 e i 44 anni che subiscono molestie da parte di stalker preoccupati ed impauriti di perdere la relazione con la vittima, relazione che ritengono vitale ed insostituibile. Lo stalking se non è prontamente affrontato, può generare reati più gravi. Infatti, il perdurare della persecuzione è quasi sempre caratterizzato dalla escalation dei negativi comportamenti morbosi dello stalker e dall’indebolirsi della resistenza della vittima, della sua famiglia ed eventualmente del suo compagno, se lo ha. Pertanto, allungandosi a dismisura i tempi dello stalking, aumenta di molto il pericolo che le persone coinvolte, per esasperazione, possano commettere azioni delittuose. Questo è accaduto, ma può essere evitato se i fatti sono tempestivamente segnalati all’Autorità di Pubblica sicurezza. Lo stalking è uno dei mali più dilaganti della nostra società contemporanea, combatterlo è di fondamentale importanza. Numerose sono state le campagne di sensibilizzazione svolte per ricordare il problema e molti gli slogan per incoraggiare le donne, vittime di questo abuso, a denunciare le molestie. Il silenzio non aiuta nessuno, il dialogo e il coraggio di parlare, possono ancora vincere su ogni forma di male. lorenzobellucci.lb@gmail.com
I g i e n e o r a l e d o m i c i l i a re Le manovre di igiene orale domiciliare hanno un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute della bocca e vanno effettuate utilizzando una serie di presidi quali, primi fra tutti, spazzolino da denti, filo interdentale fig. 1 e scovolino con il fine principalmente di rimuovere la placca batterica. Questa è un deposito molle di colore bianco-giallastro aderente ai denti e costituita da residui di cibo e da batteri che ivi sopravvivono e si riproducono (fig.1). fig. 2 La placca batterica determina, oltre alla carie, anche la gengivite, cioè un’infiammazione delle gengive che possono presentarsi arrossate, gonfie e sanguinanti. La gengivite se trascurata può evolvere in parodontite con danni a carico di osso e legamento del dente. Pulirsi regolarmente e correttamente i denti più volte al giorno è l’unico modo per rimuovere la placca e mantenere la bocca in buona salute. I denti andrebbero spazzolati dopo ogni pasto utilizzando uno spazzolino che per essere efficace deve avere caratteristiche ben specifiche: il manico diritto, una testina poco ingombrante per raggiungere facilmente ogni parte della bocca e ciuffi di setole artificiali di durezza media e arrotondate in punta. Esistono diverse tecniche per spazzolare i denti ma quella che si può ritenere più appropriata è la tecnica di Bass modificata
che viene di seguito descritta. Le due arcate dentali, superiore ed inferiore, vanno spazzolate separatamente, lo spazzolino deve essere inclinato di 45° verso la gengiva comprendendo con le setole sia la gengiva che il dente al colletto (fig.2); lo spazzolino va poi fatto vibrare rapidamente avanti e indietro o descrivendo dei movimenti a cerchietto e poi fatto ruotare dalla gengiva verso il dente. Ciò serve dapprima a disgregare e poi a rimuovere i depositi di placca batterica (fig3). Le superfici masticatorie vanno deterse con movimenti di avanti-indietro e destra-sinistra dello spazzolino. È fondamentale pulire accuratamente sia i denti anteriori che i posteriori e sia le superfici esterne dei denti che quelle interne verso la lingua senza trascurare alcuna parte. Importante anche l’uso del filo interdentale o dello scovolino per la pulizia degli interstizi tra dente e dente nonché l’uso di raschietti pulisci lingua per la pulizia del dorso della lingua dove si annidano numerosi batteri anche responsabili di alitosi. Alberto Novelli Si riportano per maggiore chiarezza gli indirizzi internet di alcuni video (uno è in lingua inglese) in cui vengono illustrate le manovre suddette. www.youtube.com/watch?v=wi3e8ugcrHQ www.youtube.com/watch?v=LqCpZm6s_dE
fig. 3
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T E L E S C O P I A P I A Z Z A E U R O PA
S A B AT O 1 8 M A G G I O
Tornano dopo tre anni i telescopi a Piazza Europa per una serata di divulgazione astronomica. Con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura e della Circoscrizione Nord, l’Associazione Ternana Astrofili Massimiliano Beltrame, metterà a disposizione della cittadinanza svariati telescopi di diverse fattezze e dimensioni, con i quali sarà possibile osservare la Luna, Saturno con il suo satellite più grande Titano e forse qualche ammasso globulare. La parola forse sta a significare che le luci della città rendono il cielo molto luminoso e di fatto impediscono la visione di oggetti deboli. Questo fenomeno conosciuto come Inquinamento Luminoso sarà, dal gruppo degli astrofili ternani, ben documentato e spiegato a quanti presenzieranno alla manifestazione. I lampioni di Piazza Europa, comunque, verranno spenti fino alle ore 24 e per questo vanno i nostri ringraziamenti all’ufficio pubblica illuminazione Energy Manager del Comune di Terni e all’Azienda Servizi Municipalizzati. Non ci limiteremo solo all’osservazione notturna, ma fin dalla tarda mattinata e per tutto il pomeriggio punteremo con i nostri telescopi il Sole. Usando appropriati e sofisticati filtri, sarà possibile osservare le Macchie Solari, regioni della superficie solare più fredde delle zone circostanti e con forte attività magnetica e, soprattutto, le Protuberanze solari, esplosioni di plasma incandescente che si elevano dalla superficie solare (cromosfera) per centinaia di migliaia di chilometri per poi ricadere su di essa formando spettacolari strutture arcuate. Queste ultime si potranno osservare solo con serie di filtri che fanno passare esclusivamente la radiazione dell’Idrogeno (H alfa). Telescopi riflettori con specchi di 300 e 400 mm di diametro, telescopi Cassegrain motorizzati, telescopi rifrattori e binocoli astronomici saranno a disposizione di quanti vorranno intervenire per questa serata di divulgazione astronomica fino alle ore 24 di sabato 18 maggio. Le foto della Luna, Saturno e l’ammasso globulare M15, sono state realizzate da A. Vagnozzi nell’Osservatorio Astronomico di S. Lucia di Stroncone. Tonino Scacciafratte Presidente dell’A.T.A.M.B. - tonisca@gmail.com
Parliamo delLA LUNA ANCORA SUI COLORI DELLA LUNA L’intensa luce riflessa che ci invia il nostro satellite non permette di apprezzare le colorazioni reali del suolo lunare, dovute alle diverse strutture geologiche di cui è formata. Visto da Terra il disco lunare appare, di solito, bianco brillante ma non è sempre così; a volte la colorazione varia da un giallo tenue fino a tonalità aranciate, accompagnate da una proporzionale caduta della luminosità. Perché? - I fenomeni sono essenzialmente dovuti a due concause: una è l’allineamento più o meno preciso fra Sole Terra e Luna, con la Luna in opposizione, l’altra è dovuta al fenomeno fisico della rifrazione e diffusione della luce nell’attraversare l’atmosfera terrestre. L’orbita percorsa dalla Luna intorno alla Terra giace su un piano inclinato di circa 5 gradi rispetto al piano dell’eclittica quindi l’allineamento perfettamente assiale tra i tre soggetti avviene raramente (nel qual caso si verificherebbe un’eclisse ). Questo significa che la Luna, in opposizione, transita nella maggior parte dei casi, al di fuori del cono d’ombra prodotto dalla Terra. Alla distanza maggiore dall’ombra, la Luna viene investita totalmente dalla luce solare, definita notoriamente bianca, e ci appare candida e splendente. Man mano che i transiti in opposizione avvengono in prossimità del limite del cono d’ombra, la Luna riceve i raggi solari dopo che questi hanno lambito o attraversato l’atmosfera terrestre. La luce, attraversando un mezzo più denso, ricco di umidità, gas e polveri, rifrange e diffonde provocando la deviazione delle radiazioni tendenti al blu e lasciando passare invece quelle giallo-rosse che raggiungendo la Luna, le fanno assumere queste tonalità (è per questo fenomeno che il cielo ci appare azzurro ed il tramonto rosso). Il massimo del fenomeno si raggiunge in corrispondenza dell’eclisse di Luna in cui i gialli e i rossi raggiungono la massima esaltazione che, uniti alla oscurità del cono d’ombra, fanno assumere al disco lunare toni violacei e marroni non descrivibili con la scrittura. La cultura popolare attribuisce inoltre al nostro satellite altre colorazioni, non reali ma di fantasia; ad esempio si dice che in un certo mese la Luna è blu perché in quel mese si verificano due noviluni. Più precisamente è il secondo plenilunio nello stesso mese solare che viene denominato Blue Moon. Altra cosa è la Luna nera che rappresenta un punto spaziale virtuale legato a visioni astrologiche, ma tali argomenti non possono trovare spazio in questa rubrica. Enrico Costantini
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So’ ccarri o... so’ Orse?
L’andra sera stevo co’ Zzichicchiu a ‘mmira’ la vòrda celeste… a ‘n certu puntu j’ho fattu… A Zzichi’… lo sai che nn’artrovo più la Polare… m’évi dittu che stéa su ll’Orsa Minore ma ‘nn’artrovo mancu quella!... A Lunardi’… mo’ te l’arpèto ‘n’andra vorda… ma stavorda stura bbene le ‘recchie!… T’evo dittu che tte convène parti’ dall’Orsa Maggiore che ss’arconosce mejo… vidi llassù ‘lle sette stelle che pparono ‘na cucchiara?… Quillu è lu Carru Maggiore!… A Zzichi’… tiri de qqua e ccoji de llà!… Me dici d’artrova’ l’Orsa e mmo’… che cc’entra lu Carru?… C’entra perché ce cape… ‘llu gruppittu de stelle ‘n do’l’antichi ce vedevono ‘n carru… è ssulu ‘na parte dell’Orsa… pricisamente… quattro de ‘lle stelle so’ la groppa e ll’andre tre so’ la coda!…Tu pija le prime ddue de la gròppa… Merakke e Ddubbe… e ppo’ prulunga quattro cinque vòrde ‘lla distanza e ssì ‘rrivatu a la Polare… ch’è l’urdima stella de la coda dell’Orsa Minore… A Zzichi’… ammappi… se cche ccoda lunga che cciànno ‘lle ddu’ orse… certu che cce vòle ‘na gran fantasia p’arconoscele!?… Senti… mo’ vojo fa’ ‘n bo’ de gossippe… e tt’arconto se ccome so’ ‘nnate a ffini’ llassù!... Zzeusse… pe’ ffatte capi’ Ggiove… ch’è ‘n bellu mandrillone… ha missu ‘ncinta Callistu… che ddovéa ‘rmane’ pura e ‘llibbata perché steva a ssirvizziu de Diana… la dea de la caccia. Quanno se so’ ‘ccorti ch’era gràvida... è ssuccessu ‘n patatracche… e Ggiunone la moje de ‘llu fedifragu… pe’ vvendicasse ha trasformatu Callistu in un’orsa brutta e ‘ngubbìta. Quanno lu fiju Arcade è ccrisciutu e è diventatu ‘n bravu cacciatore… t’ha ‘ncontratu ‘ll’orsa e la stéa pe’ ‘mmazza’… ccucì essa ha ‘ncuminciatu a ggrugni’ pe’ ffasse arconosce. Pe’ ffurtuna è ‘ntervinutu Zzeusse… prividente… che tt’ha trasformatu anche lu fiju in orsa e ppo’ ‘cchiappannoli tutti e ddue pe’ la coda l’ha scaraventati su lu celu… Mo’ è cchiaru lo perché de ‘llu codone!?… Aho… e sse ll’eva ‘cchiappati tutti e ddue pe’ lu collu sa che ggiraffone?! p a o lo . ca s a li4 8 @ a lice. it
LA SICUREZZA DEI TUOI INVESTIMENTI
Una soffitta sull’Universo Qual è di questi che mi hai nominato il pianeta più piccolo? Sicuramente Mercurio che, escluso Plutone, è il più piccolo di tutti i pianeti: ha una superficie craterizzata come quella della Luna e, sempre come il nostro satellite, non ha atmosfera: per assenza dell’effetto-serra, ovvero quel fenomeno naturale che consiste “nell’intrappolamento” del calore, questo pianeta raggiunge una escursione termica che va dai 430 gradi circa ai –185! Non ci sono nemmeno il vento o la pioggia. Quanto impiega a fare un giro intorno al Sole? È un pianeta velocissimo, pensa che viaggia alla velocità di 48 Km al secondo e per fare un giro intorno al Sole impiega solo 88 giorni. Ma Mercurio ha satelliti? No, è sprovvisto sia di satelliti che di anelli, così come Venere, definito “pianeta gemello” della Terra poiché, strutturalmente e anche come dimensioni, è molto simile. A differenza del nostro pianeta, però, l’atmosfera di Venere è composta quasi esclusivamente da anidride carbonica che provoca un forte effetto-serra facendo sì che il calore solare rimanga “imprigionato”, tanto che la temperatura al suolo raggiunge quasi i 500 gradi, mentre a 100 chilometri di altezza, è di -90°. Un’altra caratteristica di Venere è che, insieme a Urano, di cui abbiamo parlato ieri, ha un movimento di rotazione in senso inverso, ovvero orario. Una Terra al contrario quindi! E del pianeta rosso invece che mi dici? Perché dicono che esistono i marziani? Marte ha sempre acceso le fantasie dei terrestri che, osservandolo quando si trovava alla distanza minima dalla Terra, notarono delle striature caratteristiche che furono battezzate come “canali”: fu ipotizzato che fossero stati costruiti da una popolazione tecnologicamente avanzata per distribuire l’acqua dai poli a tutto il pianeta. Altre ipotesi di marziani furono ripetute quando gli uomini si ostinarono, più recentemente, a voler riconoscere in alcune immagini riprese dalle sonde, la figura di una sfinge. Tutti questi fenomeni ottici e psicologici però furono smentiti con le dettagliate immagini delle sonde successive. E cosa fecero scoprire queste nuove immagini? Che Marte è in realtà un desolato deserto di terreno e rocce ricche di ferro, di colore rosso, che ha dato al pianeta il soprannome di “pianeta rosso”. Si può anche dedurre, però, sempre dagli studi fatti, che probabilmente in passato ci fosse grande abbondanza di acqua: infatti ai poli c’è sia ghiaccio secco, ossia composto di anidride carbonica, sia ghiaccio d’acqua. Non possiamo escludere che nel sottosuolo ci sia dell’acqua liquida e quindi forse dei semplici organismi viventi come i batteri, o che comunque ci siano stati in passato. Da questo punto di vista infatti Marte è uno dei pianeti più interessanti come oggetto di studio. Nella sua orbita è accompagnato da due piccoli satelliti, Phobos e Deimos, a forma di patata! Ah, ah, ah! A forma di patata?!? Ebbene sì, caro amico mio! Devi sapere che forme così strane sono proprie anche degli asteroidi di cui abbiamo già parlato in precedenza! Ma da dove provengono queste “patate del cielo”? Devi sapere Leo che tra le orbite di Marte e Giove abbiamo la “fascia degli asteroidi”: il primo scoperto di una numerosissima famiglia fu Cerere. Questi pianetini, composti per lo più di roccia e di forma irregolare, hanno superfici “butterate” da crateri come Mercurio e la Luna. Cerere, il più grande, ha un diametro di circa 933 km, ma la maggior parte degli asteroidi sono di gran lunga più piccoli, con diametri compresi fra il chilometro e un centinaio di metri. Molti sono di diametro ancora minore e per questo difficilmente osservabili. Non è ancora certo come si sia formata questa fascia di asteroidi: prima si pensava allo sbriciolamento di un pianeta a causa delle opposte attrazioni gravitazionali di Giove e del Sole; in seguito prese più piede l’ipotesi che si tratti dei resti della nebulosa da cui si sono formati i pianeti che non sono riusciti ad addensarsi per formare un pianeta, sempre a causa delle opposte attrazioni gravitazionali. Inoltre… Michela Pasqualetti mi kypas78@vi rgi l i o.i t
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Osservatorio Astronomico di S.Erasmo Osservazioni per il giorno Venerdì 31 Maggio 2013 Le giornate si sono allungate di molto e una buona visione del cielo si avrà solo verso le ore 22. Saturno, trovandosi nelle migliori condizioni di osservazione del 2013, sarà l’oggetto che punteremo per primo e, dal momento che la Luna sorgerà molto tardi e non darà fastidio con il suo chiarore, potremmo osservare oltre a Titano altri satelliti minori del pianeta inanellato. Nella costellazione di Ercole, alto nel cielo osserveremo poi il famosissimo ammasso globulare M13. Visualizzazioni ad occhio nudo delle costellazioni primaverili e simulazioni al computer nella saletta adiacente la cupola, a completamento della serata astronomica. TS
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L’alimentazione dell’adulto L’età adulta è quel periodo della vita compreso tra l’adolescenza e la terza età durante il quale è utile iniziare la prevenzione delle malattie da benessere dipendenti sia dallo stile di vita che dalle abitudini alimentari. L’organismo di un individuo adulto in buone condizioni di salute ha bisogno di alimenti che forniscano sia energia che nutrienti per il funzionamento del metabolismo basale, della termoregolazione e dell’attività fisica personali. Mangiare ogni giorno la giusta quantità di alimenti significa soddisfare un bisogno fondamentale e salvaguardare la nostra salute per garantire il benessere fisico e mentale. Se si considera che i bisogni dell’adulto sono limitati al mantenimento dello stato di salute e di benessere è evidente che uno stile di vita sedentario, caratterizzato da una ridotta attività fisica, comporta necessariamente un minor apporto calorico e quindi un minor consumo di alimenti. Con l’avanzare dell’età, di solito, l’attività fisica diminuisce progressivamente e da questa considerazione segue che il fabbisogno energetico vari con il progredire dell’età. L’energia e l’aspetto quantitativo dell’alimentazione sono indispensabili per consentire le attività corporee, da quelle meno avvertite (metabolismo basale, respirazione, regolazione della temperatura corporea...) a quelle più evidenti (camminare, correre, praticare un’attività sportiva...) che costituiscono una spesa energetica da sommare alle necessità di base. La quota maggiore del dispendio energetico (circa il 70%) è generalmente rappresentata dal metabolismo basale; la restante parte è quella necessaria per lo svolgimento dell’attività fisica. È importante introdurre abitualmente con i cibi una
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quantità di calorie adeguata a quella che abitualmente spendiamo, in modo da mantenere in equilibrio il nostro “bisogno energetico”: in tale situazione il nostro organismo né acquista né perde peso. Se la quantità introdotta eccede la necessità (bilancio attivo), il surplus di energia si deposita nel tessuto adiposo sotto forma di grasso. Se, al contrario, si spende più energia di quanta se ne introduce (bilanco passivo), l’organismo attingerà alle proprie riserve. Gli alimenti sono classificati in sette gruppi per il loro differente contenuto di nutrienti e trovano una corretta complementazione quando ciascun gruppo è presente nella razione alimentare giornaliera. Alimentarsi in modo variato (per ridurre il rischio di instaurare carenze nutrizionali), equilibrato e completo, rispettando inoltre i propri gusti e le proprie esigenze economiche, è possibile utilizzando il metodo dei sette gruppi di alimenti e della piramide alimentare della dieta mediterranea. Il metodo risulta utilissimo per imparare, anche senza grandi conoscenze di nutrizione, a strutturare in maniera corretta la nostra alimentazione quotidiana. In base al contenuto di nutrienti, gli alimenti vengono suddivisi in sette gruppi fondamentali, qui di seguito elencati: Gruppo 1: è il gruppo delle carni, dei pesci e delle uova; la funzione è quella di fornire proteine di alto valore biologico, ferro e vitamine del gruppo B. L’unità di consumo giornaliero (porzione) varia dai 60 gr di carne o 80 di pesce o 1 uovo o 40 gr di salume magro o 30 gr di legumi secchi per 2-3 unità al giorno. Gruppo 2: è il gruppo del latte (fresco, condensato, evaporato in polvere) ed i suoi derivati (yougurt, latticini, formaggi); la sua funzione è quella di fornire proteine di alto valore biologico, calcio e riboflavina. L’unità di consuno è di 40-60 gr di formaggio una volta a settimana o una tazza di latte o due yogurt, per 2-3 unità al giorno. Gruppo 3: è il gruppo dei cereali o tuberi; comprende il pane, la pasta, il riso e tutti gli altri derivati dei cereali e delle patate; fornisce carboidrati, proteine di media qualità e alcune vitamine del gruppo B. L’unità di consumo è di 30 gr di pasta o riso o due biscotti medi o una fetta di pane, 120 di patate, per 6-11 unità al giorno. Gruppo 4: è il gruppo dei legumi, fornisce proteine di media qualità e fibra, carboidrati, ferro e alcune vitamine del gruppo B. L’unità base è di 40 gr da consumarsi almeno tre volte a settimana. Gruppo 5: è il gruppo dei grassi da condimento sia di origine animale che vegetale; fornisce acidi grassi essenziali e vitamine liposolubili da usarsi con molta moderazione. Gruppo 6: è il gruppo di ortaggi e frutta che forniscono soprattutto beta-carotene (provitamina-A), oltre a fibra e sali minerali. L’unità è di 100 gr di verdura cotta o un frutto medio, per 2-3 unità al giorno. Gruppo 7: è il gruppo degli ortaggi e frutta che forniscono soprattutto vitamina C, oltre a fibra e sali minerali. L’unità di consumo è come per il gruppo 6. Non va sottovalutato il consumo di acqua che negli adulti deve essere almeno di 1,5 litri al giorno. I pasti vanno articolati possibilmente in minimo 3, meglio 5 al giorno. La distribuzione giornaliera dell’energia da assumare va così ripartita: 10-15% per la prima colazione, 40% per il pranzo, 35-40% per la cena e 5-10% per gli spuntini. Rilevanza fondamentale ha la prima colazione perché deve permetterci di affrontare in modo proficuo alcune ore di lavoro. Lorena Falci Bianconi
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