Numero 93 - Marzo 2012
Mensile a diffusione gratuita di AttualitĂ e Cultura
Fot o M arco Barcarot t i
Non ho mai pensato di non avere nulla, di essere povero perché sono ricco di me, della mia storia. Sono un giovane di tante, tante primavere e questa mia giovinezza è pure uno spiritello che svolazza qua e là nel mio io.
a Pagina 24
Roberto Bellucci 2010
La frenata dentro il tunnel - P Fabbri Fatevi venire delle strane idee! - A Melasecche La scuola del buon giornalismo approda in Libia - F Patrizi Psicoterapeuta e psicoterapia. Come sceglierli? - S Marsiliani, P Pernazza Moda ed eccessi: una questione di stile - L Bellucci Una Praga ritrovata alla ricerca di Charta77 - A Pieralli INTERPAN Il famoso psichiatra - V Gre c h i
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MOLINO DEL DUCA - CESI Televisione e letteratura - P Seri DANZE E RITMI ARABI COMUNE DI SCHEGGINO IL DIAMANTE NERO LICEO CLASSICO - L Di Gi u s e p p e , T Gi a n i Una storia sbagliata - M Ri c c i PROGETTO MANDELA FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI TERNI E NARNI LABORATORI SALVATI AZIENDA OSPEDALIERA SANTA MARIA DI TERNI AMARCORD TERNANA - M Ba rc a ro t t i NUOVA GALENO ROBERTO BELLUCCI ALLA SCOPERTA DI... è Pasqua - L Santini Wisława Szymborska e la poesia dell’incanto - L B Arte contemporanea: perché anche la merda va al museo? - L B ALFIO Non è l’inferno (?) - C Co l a s a n t i I brutti esempi godono del privilegio della visibilità - G Ta l a m o n t i ALLEANZA TORO Gli uomini nuovi di Interamna Nahars - F Neri I delitti del demone etrusco - R Cecchelin Una soffitta sull’universo - M Pasqualetti Astronomia - E Costantini, P Casali, F Isoardi Valentini, T Scacciafratte I MODELLI DEI MONELLI - a cura di G Raspetti GLOBAL SERVICE SUPERCONTI
PA G I N A
Mensile di attualità e cultura
Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni
DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta di Giampiero Raspetti
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L I B E R A T I
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L’ipocrisia del gioca il giusto E’ trascorso un anno. Già nell’editoriale dell’aprile 2011 allertavo: la nostra martoriata Italia è invasa dal gioco d’azzardo e il campare sperando porterà alla cachessia giocatori e paese. Gioco d’azzardo è quello in cui la vincita dipende dalla sorte. Nel latino medioevale di Salimbene del 1281, ludere ad açardum stava per giocare alla zara, parola derivante dall’arabo zahr che significa dado. Al gioco dei dadi, sempre che non siano truccati, la giocata dipende esclusivamente dalla sorte. Si chiama anche aleatoria poiché alea, in latino, significa dado. Tutti i giochi oggi pubblicizzati, ignobilmente e con ritmi martellanti -tre pubblicità ogni dieci in tv, sponsorizzazione stampata sulle magliette di famossime squadre di calcio e quindi sempre davanti agli occhi di tutti-, sono giochi d’azzardo che stanno mandando in rovina: giovani, disoccupati, famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese, anziani soli. Abbiamo, nel nostro bel paese, il 15% di macchine da gioco in più degli altri paesi europei. In sette anni scommesse e puntate lecite hanno tolto agli italiani più di 300 miliardi di euro. Nel rapporto della associazione antimafia si parla di un giro d'affari da 76 miliardi di euro l'anno (che collocano l'Italia al primo posto nella graduatoria europea e al terzo in quella mondiale) e di circa 31 milioni di giocatori che si divertono in vari giochi, alcuni reputati meno pericolosi come le lotterie. In realtà qualsiasi gioco che comporti un esborso consistente di denaro è pericoloso e degradante. Di questi 31, un milione e mezzo è dipendente dall'azzardo, e brucia denaro in scommesse di ogni genere, in slot machine, in videopoker, in sfide online. Cresce anche il gioco nei giovanissimi, attratti dalla rete dove puntare è sempre più facile. Anche per le licenze, come per i dadi, c’è una sorta di trucco (questo sì tutto italiano!): sono, ad oggi, concesse gratuitamente! Visto che siamo in Italia, vien da domandare: Chi ci lucra? Cari lettori, andate a cercare sulla rete i nomi dei politicanti che hanno concesso gratuitamente. Potrebbe aiutarvi a capire la politica, a sapere da quale parte stare e da quale non stare! Si parla solo adesso, con Monti e il suo ministro Riccardi, di farsi pagare, così come per le frequenze televisive. Non è, però, solo un problema di concessioni gratuite, ma anche per quale tipo di persone si autorizzano le concessioni. La maggiore detentrice di macchine da gioco, ad esempio, è la Bplus, con sede a Londra, controllata da Francesco Corallo, figlio di Gaetano, condannato negli anni ottanta a 7 anni e 6 mesi per associazione a delinquere per la scalata proprio ai casinò italiani di Sanremo e Campione. La società del figlio, prosciolto in due inchieste che lo vedevano indagato per traffico di droga e riciclaggio con il padre nel 2000 e 2009, ha ottenuto la concessione per riscuotere le tasse dello Stato italiano. Nonostante la struttura societaria della società risulti insediata alle Antille olandesi, Corallo jr è il primo esattore delle tasse del gioco in Italia (!). Ormai siamo al bollettino di guerra: mancanza di lavoro (è record: 2,3 milioni di disoccupati; solo un giovane su tre lavora, gli altri si arrangiano fin quando c’è la pensione dei nonni... poi?), scuola pubblica (sottoposta ai colpi letali di chi manca dei rudimenti elementari di logica e di intelligenza) agonizzante, aiuti per i più deboli cessati (a causa delle tasse imposte alla ricerca di un rimedio allo sfacelo al quale è stato portato il nostro Paese), straripamento di giornaletti gossip (che si incaricano di buttar benzina sul fuoco osannando filibustieri, calciatori, zoccole e oroscopi), alte prove di immoralità (diffuse a piene mani da organizzazioni, sacre o profane, che, invece di spedire direttamente in galera quei loro accoliti sospettati di essere degli zozzoni, li difendono, per non farli parlare e per non implicare altri zozzoni della stessa cerchia). Bacco, tabacco, Venere, gioco d’azzardo. I primi due sono, da sempre, monopolio dello Stato. Per il tabacco nessuno si sogna più di fare pubblicità... nuoce gravemente alla salute... c’è scritto sopra i pacchetti, ma nessuna pubblicità, come avviene invece per il gioco d’azzardo! Per Venere stendiamo un velo pietoso: le zoccole sono state innalzate ad alti vertici... Per il gioco d’azzardo... si interrompa, almeno, l’ipocrisia del gioca il giusto, e, finalmente, si trasmetta a tutti la frase, questa sì da pubblicizzare, “paga, paga il giusto”, rivolta alla masnada che corrompe, prende la tangente su tutto, dai grandi appalti al gioco d’azzardo, getta nel degrado più abietto il nostro bel Paese! Costoro non pagano meno del giusto... non pagano mai! Si dovrebbe impedire ai politicanti, di qualsiasi partito, che hanno pendenze aperte con la giustizia di esercitare ancora il diritto (attivo e passivo) di voto, se vogliamo credere ad una possibile Resurrezione del nostro Paese! Pasqua è per la gente onesta; gli altri smettano di giocare con dadi truccati, non facciano ulteriormente finta di essere persone per bene, si astengano Giampiero Raspetti dalle parate!
La frenata dentro il tunnel Forse era tutta colpa del GPS. O meglio, delle apparecchiature che a quel GPS erano collegate: oscillatori, cavi in fibre ottiche, schede di computer. Però è curioso: lo stesso acronimo GPS era del tutto sconosciuto alla quasi totalità delle persone fino a pochi anni fa, mentre adesso è una sigla abbastanza familiare, specie quando si guardano le dotazioni di un’automobile. Il GPS serve per andare in relativa sicurezza da un posto all’altro in macchina, senza bisogno di fermarsi a chiedere ai passanti informazioni su come raggiungere la destinazione. A bene vedere, però, il GPS (sigla che sta per Global Positioning System, Sistema di Posizionamento Globale) è un progetto che ha quasi quarant’anni, essendo nato nel 1973: come al solito, nasce per scopi militari, e solo molto tempo dopo, in versione ridotta, viene aperto agli usi civili. Per far sì che si possa trovare la cascina di campagna di zio Luigi senza rompere le scatole a tutti i passanti che si incrociano lungo la strada, sono necessari una trentina di satelliti artificiali -e quindi una trentina di lanci di missili, razzi vettori, per non parlare dell’inverosimile quantità di lavoro che ogni singolo componente comporta- che devono rimanere fissi nel cielo in posizioni assai ben definite. Ognuno di essi trasmette il suo segnale caratteristico, e quello che noi chiamiamo impropriamente GPS, ovvero il ricevitore di segnali satellitari che sta in macchina o negli strumenti portatili, li riceve. Eseguendo delle triangolazioni dai segnali ricevuti, il GPS riesce a capire in quale posizione esso stesso si trova e riporta le sue coordinate su una mappa che ha in memoria; così ci fa vedere sullo schermo mappa e posizione, e noi riusciamo a trovare zio Luigi. Naturalmente, trovare la giusta strada di campagna è solo uno degli utilizzi possibili di un sistema complesso come quello del GPS: il suo scopo essenziale è individuare con precisione ogni luogo possibile del pianeta, cosa che serve agli scopi più variati. A scoprire la rotta eseguita davanti all’Isola del Giglio da
parte della Costa Concordia, ad esempio; o a guidare con ottima mira una bomba di tre tonnellate dentro una finestra d’un bunker iracheno. O anche, per fortuna, per scopi più civili e pacifici, come misurare con altissima precisione la distanza e il percorso che separano i laboratori del CERN da quelli del Gran Sasso. Qualche giorno fa, proprio dal CERN hanno detto che alcuni componenti tecnici legati al GPS potrebbero non aver funzionato perfettamente durante il famoso esperimento OPERA che ha portato all’annuncio che i neutrini viaggiano a velocità superiori a quelle della luce. Quell’annuncio, lo scorso autunno, fece un clamore assoluto per gli standard mediatici degli esperimenti scientifici: la “velocità della luce” è forse l’unica delle costanti fisiche che riesce a superare l’inerzia del lettore non specialistico. Si parlò di smentita della Teoria della Relatività, di Tunnel spettacolari e fantomatici attraverso la nazione, e la parola “neutrino” conobbe una notorietà del tutto imprevista, specie per un tipetto timido e sfuggente quale esso è. Adesso che si è scoperto che forse un cavo a fibre ottiche non faceva pienamente il suo dovere, si alzano i cori contrapposti: il web e i giornali si riempiono delle facce di Einstein (specialmente quella famosa in cui mostra la lingua) e gli si tributa tutta la gloria possibile, che in verità nessuno aveva mai comunque seriamente messo in discussione. A leggere i comunicati ufficiali del CERN di Novembre, comunque, si può ben vedere che i fisici asserivano che l’esperimento aveva ancora bisogno di conferme. E a leggere quelli di Febbraio, si vede parimenti che anche le nuove conclusioni sono da sottoporre a verifica, con nuovi esperimenti, perché i fattori che potrebbero aver falsato i risultati sono almeno due, e di valenza opposta. Probabilmente, alla fine si concluderà davvero che i neutrini non sono più veloci della luce: ma in ogni caso l’evento avrà portato alla ribalta per un po’ il lavoro dei ricercatori, che sono immancabilmente molto meno famosi delle veline e dei calciatori. In ogni caso si è scoperto che la ricerca scientifica è complicata, difficile, lenta; e che gran parte dei nostri politici non conoscono neppure il significato delle cose che devono amministrare. Più ancora, si è scoperto che la comunicazione scientifica è un lavoro difficilissimo, perché deve mostrare al pubblico non specialistico le meraviglie della scienza, ma con tempi, metodi ed entusiasmi che sono assolutamente diversi da quelli della scienza stessa. Da una parte la prudenza e la lentezza, dall’altra la meraviglia e l’entusiasmo, che della prudenza sono notoriamente nemici. Però lo scopo è lo stesso: far capire l’importanza della scienza, farla amare. È un compito difficile, sia per gli scienziati che per coloro che la scienza devono comunicarla: ma è un compito importante, e vitale. Ci auguriamo che tutti continuino Piero Fabbri a farlo al meglio delle loro capacità.
Terni - Via dello Stadio 63 Tel. 0744 401995 3
Fatevi venire delle strane idee!
Quando le istituzioni falliscono nel rispondere alle esigenze di finanziamento che vengono dal mercato, il mercato si organizza in proprio… non a caso si chiama crowdfunding (dall’inglese crowd, folla e funding, finanziamento), e potremmo definirlo come una sorta di finanziamento “dal basso”, che mobilita individui ed organizzazioni che utilizzano i propri soldi in comune per sostenere i progetti e le idee di altre persone e/o organizzazioni. Di fatto si concretizza con delle donazioni on line finalizzate alla realizzazione dei progetti proposti. Un utente descrive la sua idea e indica un budget, altri versano volontariamente piccole somme di denaro attraverso internet fino a raggiungere la cifra totale richiesta, a volte anche a superarla di molto. Se non viene raccolto l’intero ammontare previsto, nessun sostenitore riceve alcun addebito. Il crowdfunding si può riferire a processi di qualsiasi genere e ad una varietà di domini, dal contributo in concomitanza di tragedie umanitarie, al sostegno dell’arte e della cultura, fino ai progetti imprenditoriali più innovativi o alla ricerca scientifica più tradizionale. Il fenomeno ha ricevuto una quantità crescente di attenzione negli ultimi tempi soprattutto dopo l’avvento dei social media, delle community online e dello sviluppo delle tecnologie per i micro pagamenti, che hanno reso più semplice raccogliere fondi in modo sicuro e a costi ragionevoli. Il web è solitamente la piattaforma che permette l’incontro e la collaborazione dei soggetti coinvolti in una simile attività. I donatori/finanziatori in genere ricevono dei ringraziamenti sotto forma di citazioni sul materiale promozionale, biglietti gratuiti, gadget pubblicitari, inviti di partecipazione a party e quant’altro. I principi fondamentali del modello del crowdfunding si possono riscontrare nel Kapipalist Manifesto, scritto dall’italiano Alberto Falossi (fondatore, appunto, della piattaforma di crowdfunding Kapipal). Ma chi ha dato veramente notorietà al fenomeno è stato niente di meno che Mr The President per eccellenza, Barack Obama, spesando buona parte della sua campagna elettorale per la Presidenza degli USA, con i soldi donati dai suoi entusiasti elettori, di fatto quindi funders del suo progetto politico a tutti gli effetti. Un esempio tutto europeo è rappresentato dalla campagna denominata Tous Mecenes, ovvero Tutti Mecenati, del Louvre. Il progetto, andato a buon fine senza alcuna difficoltà, prevedeva di raccogliere 1 milione di euro attraverso le donazioni delle web community per acquistare il capolavoro rinascimentale Le tre grazie di Cranach da un collezionista privato. Le piattaforme di crowdfunding sono siti web che facilitano l’incontro tra la domanda di finanziamenti da parte di chi promuove dei progetti e l’offerta di denaro da parte degli utenti e si possono distinguere in generaliste, ovvero che raccolgono progetti di ogni area di interesse, e tematiche, quindi specializzate in progetti di particolari settori. Tra gli esempi più illustri annoveriamo Kickstarter una piattaforma generalista che nei suoi diciotto mesi di vita ha raccolto la strabiliante cifra di 30 milioni di dollari da circa 300 mila finanziatori. In Italia, la prima piattaforma generalista di crowdfunding è Eppela http://eppela.com/ (il nome ricorda moltissimo il concetto del salto, una sorta di Oplà riletto in chiave di bambino) che fa proprio il motto di Benjamin Franklin che tradotto in italiano recita: Per avere successo, salta rapidamente alle opportunità tanto quanto rapidamente salti a conclusioni. Una nuova iniziativa che promette di cambiare il modo in cui viene affrontato oggi il crowdfunding è Starteed (da Start Seed). La differenza rispetto ai “competitor diretti” consiste nel rendere l’utente stesso uno dei finanziatori, grazie alla sua piccola quota di iscrizione. Chi si iscrive e cerca fondi per la propria idea è quindi anche un investitore. Un processo innovativo che permette alle idee che raccoglieranno più consensi di ottenere un ritorno economico sicuro indipendentemente da quanto raccolto dai sostenitori e/o donatori volontari. I progetti più votati, infatti, si aggiudicano queste quote oltre ai fondi raccolti tramite la propria campagna di crowdfunding tradizionale. La piattaforma sarà operativa da aprile 2012. Nonostante le premesse, in Italia il crowdfunding, stenta a decollare. Perché? Per la generale scarsa dimestichezza con i sistemi di pagamento online e la necessità di far ancora comprendere appieno e supportare adeguatamente il principio di sostegno economico collettivo che parte dal basso, ma anche perché, in Italia, la gente è costretta spesso a non potersi fidare neanche delle proposte innovative ma serie. Il clima sta in parte cambiando e molti nuovi progetti stanno vedendo la luce proprio in queste alessia.melasecche@libero.it settimane.
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La scuola del buon giornalismo approda in Libia
In seguito alla caduta del regime di Gheddafi, sono spuntate in Libia alcune testate giornalistiche indipendenti e l’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale Usaid, guidata dal giornalista dell’Atlantic Graeme Wood, ha organizzato una scuola di giornalismo per insegnare ai libici le regole del mestiere. Dopo decenni in cui la stampa ha raccontato guerre mai avvenute vinte dal Colonnello e fantasiose pene capitali inflitte a spie straniere, bisognava ripartire da zero e ristabilire le regole del buon giornalismo: dapprima occorre che si verifichino due circostanze, che accadano i fatti e che qualcuno li racconti. Banale, direte. Immaginate ora di vivere in un paese sotto regime come la Cina, dove arriva un turista europeo e vi chiede se conoscete le immagini del ragazzo con le buste della spesa che blocca una fila di carri armati a Piazza Tienanmen. Voi strabuzzate gli occhi a mandorla poiché non ne avete mai sentito parlare, poi cliccate sul più popolare motore di ricerca web cinese e non trovate traccia di quella foto che ha fatto il giro del mondo; subito dopo però scovate un’altra foto che mostra la celebre strage avvenuta a Londra durante una manifestazione pacifica brutalmente repressa dal governo inglese negli anni ‘80. Questa volta è il turista occidentale a strabuzzare gli occhi incredulo e a spiegarvi che non c’è mai stata nessuna strage, ma voi con molta calma gli spiegate che i motori di ricerca occidentali sono tutti accessibili in Cina, ma nessuno si fida di loro perché sono strumenti creati dagli stati imperialisti per manipolare la realtà e riscrivere la storia; solo quello cinese dice la verità. Questo aneddoto (raccolto da un giornalista inglese) ci serve per introdurre gli altri due ingredienti del buon giornalismo: la credibilità della fonte e la ricerca della verità della notizia. Torniamo alla scuola di Bengasi e proseguiamo la lezione dell’Usaid sulla deontologia del giornalista: non mentire, non censurare, non pagare le fonti, non farsi pagare e non fingere di essere qualcun altro. Esercitazione pratica: verificare la soffiata secondo cui Saif Gheddafi ha incontrato l’ambasciatore statunitense. La classe viene suddivisa in due gruppi di lavoro ai quali viene fornito un numero di cellulare a cui risponderà l’insegnante nelle vesti dell’ambasciatore. Il giornalista d’assalto del primo gruppo compone il numero e comincia: pronto ambasciatore, sono Saif Gheddafi, vorrei incontrarla urgentemente… sa, riguardo al nostro incontro di ieri… Il giornalista del secondo gruppo tenta un’altra strada: pronto ambasciatore, siamo della polizia, dovrebbe venire per un accertamento, l’abbiamo vista ubriaco in centro… Compito annullato causa impiego di vecchie regole ormai troppo radicate. D’altra parte non è facile portare il principio dell’onestà in un paese che si è retto per anni sulla menzogna, sul ricatto e sulla corruzione. Chissà se il corso dell’Usaid farà una puntatina anche dalle nostre parti… Francesco Patrizi
Psicoterapeuta e psicoterapia Come sceglierli? Avendo chiarito nel numero precedente i dubbi e le perplessità intorno alle figure di Psicologo, Psicoterapeuta e Psichiatra, rimane un altro quesito: come si fa a scegliere la figura professionale più adatta, avendo la psicoterapia svariate sfaccettature. Scegliere uno psicoterapeuta non è cosa semplice. Prima di tutto è bene chiarire che la psicoterapia (dal greco psychè, soffio vitale e theraphèia, cura) è un lavoro basato sulla collaborazione e richiede la partecipazione attiva del paziente stesso. Secondo Galimberti: la psicoterapia è un processo interpersonale, consapevole e pianificato, volto a influenzare disturbi del comportamento e situazioni di sofferenza con mezzi prettamente psicologici, per lo più verbali, ma anche non verbali, in vista di un fine elaborato in comune, che può essere la riduzione dei sintomi o la modificazione della struttura della personalità, per mezzo di tecniche che differiscono per il diverso orientamento teorico a cui si rifanno. Nonostante questa definizione possa fare da cornice alla professione, è bene ricordare che esistono varie scuole e correnti nell’ambito della psicoterapia che concorrono alla costruzione di significati diversi. Tra le scuole più note troviamo: la psicanalisi (e varie derivazioni), la psicoterapia sistemico-relazionale, la psicoterapia cognitivo-comportamentale, quella centrata sulla persona (rogersiana). Il fatto che esistano diversi generi di psicoterapia può essere spiegato dal fatto che esistono molteplici teorie della mente e altrettanti diversi modelli di intervento; ogni indirizzo terapeutico infatti si differenzia per: le teorie psicologiche di riferimento; il modello di essere umano e del suo funzionamento psichico; l’organizzazione del luogo
(setting) e le regole in cui si svolge la terapia; le modalità per indurre al cambiamento; la durata del trattamento; il numero delle persone coinvolte (terapia individuale, di coppia, familiare o di gruppo). A complicare ulteriormente le cose occorre considerare però che nel corso della psicoterapia si intrecciano in maniera inesorabile molteplici variabili: emozioni, sentimenti, desideri, ricordi, illusioni, opinioni, atteggiamenti, ecc., che fanno parte della sfera più intima e indeterminabile degli esseri umani. Pertanto, per quanto possa essere elaborata una definizione del termine psicoterapia, se ne potrà dare soltanto un’idea più o meno vaga; il significato della sua essenza tenderà a sfuggirle inesorabilmente. Ne consegue che l’unico modo per comprendere veramente il significato della psicoterapia è quello di farne esperienza. Nonostante l’incertezza del tema trattato non ci permetta di dare delle risposte esaustive agli interrogativi posti inizialmente, per scegliere uno psicoterapeuta è prerogativa fondamentale accertarsi che questi rispetti l’utilizzo di buone pratiche quali: il mantenimento del segreto professionale, il tenere fede al “contratto terapeutico” (cioè l’accordo iniziale tra psicoterapeuta e paziente in cui si stabiliscono tutte le regole della terapia compresi gli obiettivi da raggiungere e gli aspetti economici), la raccolta del consenso informato (che garantisce l’etica nella relazione tra operatore e paziente) e, immancabilmente, la capacità di entrare in sintonia con il suo utente e di stabilire con lui un rapporto positivo fondato sul rispetto e la stima reciproca. Dott.sse Silvia Marsiliani e Paola Pernazza Psicologhe-psicoterapeute www.silviamarsiliani.it www.paolapernazza.it
Moda ed eccessi: una questione di stile Lo stile, quello autentico, non è un’accozzaglia di griffe: il gentleman brilla per misura e compostezza, ma sa che un’occasionale trasgressione è rigenerante e soprattutto necessaria. Lo stile è materia viva: magmatica, cangiante. Recalcitrante, sia lodato il cielo, a incasellamenti e definizioni. Sosteneva Frank Lloyd Wright (l’architetto statunitense che, riflettendo sulla necessità di un rapporto organico tra edificio, persona e ambiente, creò nel 1935 quel capolavoro che è Fallingwater, la casa sulla cascata): gli stili, una volta definiti, diventano quasi immediatamente metro di giudizio per i cechi, appoggio per gli infermi, risorsa degli impotenti. L’affermazione calza a pennello sugli stili della moda. Oggi non si parla d’altro che di stile, come se si potesse acquistare o dipendesse dalla quantità di griffe: “Più sono e meglio è”, pensa lo stolto che conosce il prezzo di tutto e il valore di niente. Purtroppo a forza di nominarlo invano, lo stile -quello vero, aereo, personale- è fuggito: ha lasciato al proprio posto un doppelgänger, ovvero un doppio maligno, un sosia dispotico e ottuso, storto e insindacabile metro di giudizio di infermi e impotenti. Lo strapotere dello stile è insopportabile, quando fa rima con affettazione di sobrietà o presunto esercizio di misura. Crediamo ancora nel potere dell’understatement, che consiste nello sminuire il peso o la gravità di un certo fatto oltre i limiti della verosimiglianza, ma anche l’eccesso può essere espressione di equilibrio, mentre la troppa sobrietà uccide a colpi di noia. Procediamo con ordine. Misura e compostezza sono qualità imprescindibili del vero gentiluomo-gentleman, non elegantone sussiegoso. Se interpretate con dogmi, però, rischiano di diventare una trappola, una gabbia, traducendosi in cieca ortodossia. Understatement non è sinonimo di rinuncia, per nulla. Come ogni codice, va esperito con morbidezza, aggirato con arguzia, altrimenti la tirchieria espressiva rischia di possederci e nemmeno un esorcista ci potrà salvare. L’avarizia, da Dante in poi, è un peccato mortale che mal si confà alla nobiltà d’animo: meglio evitare. Detto ciò, siamo nel 2012, è il momento di lasciarsi andare, uscire da sé, di tanto in tanto, è necessario, oltre che rigenerante. Se è vero che solo la follia è la strada che conduce alla saggezza, sarà bene abbandonarsi alla novità, testar la decadenza, dar di matto, naturalmente sempre ironicamente parlando. Magari indossando la vestaglia al posto del cappotto, i bermuda con le calze di lana e accozzando colori e tessuti diversi, mescolando estate e inverno nella stessa mise. Insomma fare un carnevale nel modo di vestirsi, visto che piace tanto e ogni anno, lo attendiamo con impazienza. Nulla è più noioso della misura bigia e piccina. Libri, film, quadri, suggeriranno la via, anche in materia di eccesso, la tv è pessima consigliera. Una vita senza eccessi, senza una rivoluzione nel cambiare le proprie abitudini, rende tutta la società schiava della monotonia e dello stagnamento dell’essere, dove tutto è sempre uguale e conformista. Gli eccessi se sono ben equilibrati, liberano la nostra creatività e ci fanno sentire sempre giovani. Per non morire di routine, almeno nel vestire, occorre fare una sperimentazione continua, esibendo con sereno senso di naturalezza ciò che indossiamo, spesso anche improvvisandoci stilisti di noi stessi. Non c’è cosa più bella che vivere all’insegna del nuovo, senza mai doverci porre la domanda se siamo fashion o glamour per gli altri. La vera bellezza è quella che ognuno di noi trova in se stesso e lo fa stare bene, mode a parte. Lorenzo Bellucci
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Una
P R A G A ritrovata alla ricerca di CHARTA 77
Per Gabriele Nissim, scrittore e giornalista abituato a girare l’Europa tra conferenze e seminari, questa Praga di inizio febbraio forse avrà trasmesso qualche emozione insolita. Una spessa coltre di neve scricchiolante ha nascosto per qualche giorno gelido i grandi cambiamenti che hanno stravolto quell’atmosfera grigia e mesta che Gabriele ebbe modo di conoscere nell’ormai lontana Praga del 1986. E così, forse, algida e bianca, la città gli sarà sembrata più vicina a quella gabbia di cemento armato e statue dei padri del Marxismo chiamata Repubblica Socialista Cecoslovacca nella quale erano rinchiusi milioni di esseri umani e dove girò di nascosto il documentario I giovani dell’antipolitica. Come scrittore Orwell aveva un solo difetto: quello di essere troppo intelligente e di aver già previsto, con il suo 1984, dove avrebbe portato l’utopia sovietico-comunista. Due anni dopo il fatidico annus terribilis di Orwell, Gabriele scopriva che, tra l’onnipresente polizia cecoslovacca più o meno segreta, una nuova generazione di giovani, non più gravati dal peso dell’insopportabile delusione del fallimento della Primavera di Praga del 1968 che aveva moralmente annichilito i loro genitori, germogliava vibrando sulle onde elettriche dei suoni ruvidi della jazz section e dei plastic people of the universe. Ignara degli orrori inflitti ai propri parenti questi giovani dai capelli lunghi e i pantaloni a zampa di elefanti pretendevano gli stessi diritti dei propri coetanei occidentali e la loro lingua era soprattutto la musica moderna diventata strumento immediato e diretto di mediazione dell’aspirazione ai diritti umani ipocritamente riconosciuti anche dal regime cecoslovacco con la convenzione di Helsinki del 1975. I tempi adesso sono molto diversi da allora. Eppure, sotto la superficie di uno sviluppo tecnologico e ludico a volte anche esasperato, si cela un diffuso disagio giovanile che non trova più risposta nella politica tradizionale. È in questo contesto di disaffezione alla partecipazione attiva alla res publica, a poche settimane dal decesso dell’ex presidente Václav Havel, figura chiave del dissenso cecoslovacco, che torna a farsi forte il messaggio di Charta 77. Grazie a Gabriele Nissim, infatti, alla conferenza L’eredità di Vaclav Havel, Charta 77 e la Giornata Europea dei Giusti, tenutasi a Praga l’8 febbraio 2012, si sono potuti
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incontrare alcuni importanti firmatari di Charta 77 come il filosofo Daniel Kroupa o come Pavel Bratinka per discutere di fronte a più di 100 persone dell’attualità dell’eredità lasciata dal dissenso che portò alla caduta del regime comunista in Cecoslovacchia. Un dissenso che oggi può trovare nuova linfa vitale dal messaggio di grandi pensatori come Patocka e Havel studiati e presentati nell’ultima opera di Nissim La bontà insensata al fine di fare dell’iniziativa per la Giornata Europea dei Giusti promossa da Gariwo un momento di riflessione sull’eterno tema dei valori morali quale l’opposizione coraggiosa al male e all’ingiustizia. Se un’invasione della armata russa non è più un pericolo all’ordine del giorno, non si può negare come oggi, all’ombra di una perdurante crisi economica e finanziaria che impone misure restrittive molto pesanti, il problema della rappresentatività e della legittimità democratica del potere politico sia quanto mai di scottante attualità. Se il regime comunista negava coscientemente ogni istanza di democrazia, oggi, nonostante la libertà di espressione di cui godiamo, la politica odierna sembra parimenti indifferente a queste richieste. Di fronte, allora, ad una politica incapace di trasmettere idee e visioni, ridotta a pura gestione finanziaria delle casse pubbliche, si torna ad avvertire la necessità di costruire, come era nei propositi di Charta 77, una società civile parallela dove dare spazio a questa sete di valori e a questa voglia di futuro. È anche per questo che per me personalmente, come giornalista e scrittore, profondamente deluso dallo stato attuale delle cose, conoscere Gabriele Nissim e lavorare con lui è stato un onore molto grande di cui vado fiero. Infatti, dopo essermi trasferito a Praga sulla scia del boom economico ceco successivo all’adesione all’UE, ho vissuto immerso nel mondo del business italiano votandomi al pragmatismo e alla concretezza. Dentro di me, però, mi rendevo conto che ciò non era sufficiente. Sono bastate poche frasi di Gabriele, appena atterrato a Praga, mentre tra campi innevati e silenti con Monika Burian e Serena Baccaglini, le due istrioniche organizzatrici di ART FOR PUBLIC, ci dirigevamo prudentemente verso la città, per farmi capire che era arrivato il momento di cambiare rotta e di smettere di vergognarsi dell’homo ethicus che c’è in me, che c’è in tutti noi. Mentre ieri tornavo a casa calpestando la neve sonora ripensavo alle parole di Gabriele, il cui nome significa messaggero. Nella notte fredda mi ha scaldato il pensiero di esser tornato a credere che il bene non solo è possibile, ma che esiste ed è più forte del male perché alla fine è l’unica strada percorribile per la dignità umana. Grazie Gabriele. Andreas Pieralli
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I L FAMOS O FA MOSO PS SII CH C HII ATRA ATR A Il Prof. Brunoro La Frullura era molto noto in città. Specializzato in Clinica delle malattie Nervose e Mentali in una famosa Università, aveva esercitato nella capitale morale d’Italia per alcuni anni, facendosi apprezzare, oltre che per l’acume diagnostico, per la tenacia con cui tentava di far guarire i pazienti che si rivolgevano alle sue cure. Quando non vi riusciva -e ciò non era molto frequente- cercava comunque di convincere il malato che la normalità non esiste: ognuno di noi, chi più chi meno, da un punto di vista psichiatrico, è un malato. Bastava perciò tentare di convivere con la propria quantità di malattia psichiatrica per essere, se non felice e contento, almeno in grado di sopportare questa vitaccia. Infatti quando qualcuno salutandolo gli chiedeva: Professore, buon giorno. Come va? Rispondeva Male, grazie! e godeva da morire vedendo la faccia dell’interlocutore che lo guardava in modo interrogativo, incapace di chiedergli (ma come si fa a chiedere a un medico?) perché si sentisse male. Così un bel giorno, dovendo rivedere il Prof. La Frullura, come da schedario e da ciclo di propaganda dei farmaci, l’informatore scientifico del farmaco (IMS) si recò presso l’ambulatorio disadorno della mutua Inam (Istituto Nazionale Assistenza Malattia). La sala d’aspetto era tipica di un ambulatorio pubblico: panche di alluminio e plastica, qualche avviso al muro e alla porta dell’ambulatorio una targhetta di cartone con la minacciosa scritta: Neuropsichiatria - Prof. Brunoro La Frullura. La porta era chiusa ma si sentiva ogni tanto un parlottare basso e in qualche modo interrogativo, intrecciato con un bofonchiare soffocato e impaurito. Ovvio che da fuori non si capisse niente del colloquio in corso; dalla porta trapelava solo l’odore del fumo di sigaretta. L’IMS tirò fuori dalla borsa un quotidiano e si mise a leggere pensando alla sigaretta estera che il Prof. si stava fumando. Ne aveva sempre una stecca a portata di mano e a volte poggiava la sigaretta fumata per metà sul posacenere e distrattamente se ne accendeva un’altra. Ogni tanto, con più colpi di tosse, si schiariva la voce roca del forte fumatore.
Dopo circa un’ora, la porta dell’ambulatorio medico cigolò aprendosi lentamente e un ometto basso, tarchiato, con i vestiti tutti sgualciti e una busta di plastica in mano, si affacciò con fare circospetto. Fissò il giovane rappresentante con uno sguardo indagatore, poi allungò il collo verso il corridoio deserto, guardando prima a destra, poi a sinistra… e infine, sollevato per l’assenza di esseri umani, si incamminò, strascicando i piedi, verso l’uscita. L’informatore, ripiegato velocemente il giornale e infilatolo nella capace borsa, entrò risoluto nello studio medico: Permesso … Professore buon giorno, come va? -un attimo di pausa- poi, con una voce che sembrava venisse dall’oltretomba: Male, grazie -continuando ad armeggiare con un pacchetto mezzo vuoto, sottoposto a tortura. Era chiaro che stava rimuginando il caso clinico o, come dicono le malelingue, stava subendo l’attacco degli schizococchi1 che dal paziente si erano trasferiti su di lui. Continuava a fumare e a guardare nel vuoto, anzi nella nuvola di fumo che avvolgeva la stanza. Dopo un attimo di perplessità si alza, porge la mano e invita il giovane a sedere. L’IMS ringrazia ma invece di sedere poggia la capace borsa sulla seggiola, la apre e tira fuori un depliant per illustrare l’efficacia portentosa dei suoi farmaci. Lo psichiatra però non gli da ascolto: è ancora immerso nell’atmosfera della precedente visita. - Ha visto quel paziente che è uscito adesso? -l’interlocutore annuisce: certo che l’aveva visto- … ha un tipico disturbo ossessivo-compulsivo: teme che il suo vicino di casa voglia ucciderlo! -si mise a raccontare con fare circospetto, parlando sottovoce, imitando il dialetto dell’omino: Dottò, me vole ammazzà. M’ha avvelenatu le galline..., l’ortu...,…e anche l’acqua de lu rubbinettu… - Ma via, com’è possibile avvelenare l’acqua del rubinetto? Avrebbe avvelenato tutta la città, me compreso... Invece eccomi qua, sto bene… -dice il medico, interpretando se stesso. Dottore mia, tu no’ lu vidi ma io scì; quillu do passa butta lu velenu, lu spanne da per tuttu; quillu è ‘n gran fijiu de ‘na mignotta... pozza fa ‘nu sboccu de’ sangue issu e chi l’ha parturitu… m’ha avvelenatu pure l’aria... anche qui drento… no’ lo senti che ha avvelenatu l’aria pure diécca?2 - Ma via, non è possibile. Rifletti un po’. Se avesse avvelenato l’aria qui, starei male pure io -continua a raccontarsi il medico. A proposito -rivolto al giovane rappresentante di medicine che lo stava ascoltando con molta attenzione- fammi un po’ aprire la finestra... per cambiare aria… eh… eh… E così si alzò per aprire la finestra, lasciando il giovane come un baccalà, col depliant aperto in mano, a chiedersi se lo psichiatra volesse far uscire il fumo, il veleno, oppure entrambi. Vittorio Grechi 1
Batteri immaginari che provocherebbero le malattie mentali! Dottore mio, tu non lo vedi ma io sì; quello dove passa butta il veleno, lo sparge dappertutto; quello è un gran figlio di puttana … che possa vomitare sangue lui e chi lo ha partorito … mi ha avvelenato pure l’aria .. anche qui dentro .. non senti che ha avvelenato l’aria pure qui? 2
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Germogli intende, attraverso la realizzazione del Progetto Germogli, sensibilizzare alla conoscenza, alla cura e alla conservazione dell’ambiente e dare impulso alle attività progettuali, in particolare dei e per i giovani, alcuni dei quali saranno i futuri amministratori della nostra città. A tal fine il Progetto Germogli fornirà un quadro generale dei vari aspetti che concorrono a dare la fisionomia della Provincia di Terni e a individuarne le peculiarità che lo rendono riconoscibile e anche unico. Il Progetto Germogli prevede 12 incontri che si svolgeranno, presso il Liceo Classico di Terni, secondo il calendario allegato. L A PA RT E C I PA Z I O N E È G R AT U I TA
CALENDARIO
Martedì 6
16,30 - 17,00 17,00 - 18,00
Giovedì 8 16,30 - 17,10 17,30 - 18,10
Martedì 13 16,30 - 17,10 17,30 - 18,10
Giovedì 15
I M O DE L L I D E I M O N E L L I
16,30 - 17,10
Ogni MERCOLEDÌ, dalle ore 16.30 alle ore 18.00, presso la sede della Ass. Culturale La Pagina, Pagina, in Terni, Via De Filis n. 7/A, si terranno
17,30 - 18,10
CORSI GRATUITI DI MATEMATICA a giovani, italiani o non, appassionatissimi della matematica (IV e V elementare - I media) Per informazioni e/o iscrizioni: 0744.424827 info@lapagina.info presso la libreria Alterocca, in Corso Tacito.
Martedì 20 16,30 - 17,00 17,00 - 18,00
Giovedì 22 16,30 - 17,10 17,30 - 18,00
INCONTRI
Marzo 2012 PRESENTAZIONE GERMOGLI Cultura e territorio in Provincia di Terni Giampiero Raspetti PROVINCIA DI TERNI Inquadramento storico Loretta Santini Marzo 2012 L’AMBIENTE Aspetti geologici, acque, aree protette Pietro Rinaldi TERNI La città Paolo Leonelli Marzo 2012 TERNI Toponimi ternani Walter Mazzilli AREE ARCHEOLOGICHE Aree etrusche e romane Loretta Santini Marzo 2012 TERNI Curiosità storiche Angelo Ceccoli ECCELLENZE D’ARTE Chiese, rocche Loretta Santini Marzo 2012 GERMOGLI Progetti per i territorio Giampiero Raspetti LE TRADIZIONI Prodotti e cucina tipici, le feste Loretta Santini Marzo 2012 FUTURO DI UN TERRITORIO Prospettive Sandro Pascarelli GERMOGLI I vostri progetti Giampiero Raspetti
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TELEVISIONE e LETTERATURA N a s c i t a d e l l a t v, t r a f a s c i n a z i o n e e r i p r o v a z i o n e
Al di là di tutti i difetti immaginabili e possibili che si possono ravvisare nella tv essa ha avuto indubbiamente un grande pregio: Il rapporto tra televisione e letteratura sembrerebbe a prima vista quello di aver contribuito naturale se non addirittura scontato, invece le cose non stanno ad unificare linguisticaproprio così, almeno all’inizio. mente un’Italia dialettoNegli anni successivi al 1954, data dell’avvio ufficiale dei fona, divisa per secoli non programmi, la televisione dovette faticare un bel po’ per vincere la solo politicamente, ma diffidenza, a volte l’ostilità di due importanti e prestigiose anche culturalmente e componenti culturali: gli intellettuali che della letteratura erano linguisticamente. da sempre gli interpreti a pieno titolo e il cinema, la decima musa La tv, associando suono che, tenuta a battesimo da padrini eccellenti quali la letteratura e ed immagine, agendo in il teatro, nello spazio di un cinquantennio aveva compiuto passi da modo capillare, casa per gigante tali da annullare completamente lo svantaggio iniziale. casa, andava operando L’ostilità del grande schermo verso il piccolo schermo era motivata profondi e radicali cambiasoprattutto da ragioni economiche, per allora non del tutto menti culturali nel pubingiustificate, perché si temeva che la diffusione capillare della tv blico, cosa che prima avrebbe richiesto decenni, se non intere avrebbe sottratto una parte considerevole di pubblico alle sale generazioni. cinematografiche, mettendo in crisi l’industria cinematografica Pochi si accorsero che essa andava condizionando la percezione con pesanti ripercussioni economiche su un importante settore della realtà e la stessa scrittura; uno dei pochi fu lo scrittore e produttivo. critico televisivo Achille Campanile che nelle sue cronache tra il ’58 Proprio per evitare possibili crisi, per un ventennio fu vietato e il ’75 mostrava di aver ben capito l’importanza della mandare in onda film che non fossero usciti almeno dieci anni prima; rivoluzione catodica ormai in pieno svolgimento. di qui l’accusa di avarizia che pesò a tale proposito sulla Rai e che Certamente al giorno d’oggi, in piena era della globalizzazione tutte fu vinta, non senza difficoltà, solo negli anni Settanta. queste levate di scudi risultano incomprensibili se non ridicole, ma Più articolata e più culturalmente motivata fu la diffidenza degli dobbiamo metterle in relazione col momento storico in cui esse si intellettuali i quali assistevano alla vertiginosa ascesa della tv con svilupparono. un atteggiamento misto di ansia e di trepidazione, a volte con un Siamo negli anni Cinquanta, le ferite della guerra non si sono senso di aperta ostilità e di avversione. ancora rimarginate, la ricostruzione di un’Italia a pezzi è ancora in Fortemente critica fu all’inizio la posizione assunta da Alberto atto, c’è la guerra fredda USA-URSS, Comunismo e Capitalismo si Moravia che pronunciò una proverbiale condanna perché convinto fronteggiano minacciosi, la lotta politica italiana vede che lo strapotere delle immagini propugni i valori del contrapposti P.C.I. e D.C. insomma un contesto storico-sociale conformismo, soppiantando progressivamente le istituzioni molto diverso da quello del nostro Terzo Millennio. pedagogiche della società come la famiglia, la scuola, la Chiesa ecc. La tv, nonostante la diffidenza della letteratura e del cinema, Più articolato fu l’atteggiamento di un altro grande esponente spinta dal suo iniziale complesso di inferiorità e dalla voglia di della intellighenzia italiana Pier Paolo Pasolini il quale giudicava la emancipazione, ha fagocitato famelica tutte le rappresentazioni cultura di massa, quindi anche la tv come divulgatrice di sottocultura veicolate da altri media, depredando e saccheggiando modalità o addirittura di anticultura, però contemporaneamente sfidava i enunciative, colonne sonore, calchi linguistici ed ha progressivamente vertici della Rai a fare del piccolo schermo strumento di ereditato dalle grandi arti le tecniche un tempo prerogativa di promozione della letteratura, anche con la pubblicità. romanzieri, poeti, musicisti, pittori. A complicare il quadro si aggiungeva una buona dose di Infatti poco a poco l’atteggiamento di diffidenza e di riserva misoneismo, non sempre motivato, che puntualmente accompagna iniziale espresso dai letterati cambia di misura in quanto si sono tutte le novità tecnologiche al loro primo apparire sul mercato, accorti della presenza persuasiva della tv ed iniziano a parlarne come è accaduto al computer e al cellulare. nelle loro opere. Ricordiamo titoli esemplificativi di Dino Buzzati con Un amore, Fruttero & Lucentini Il palio delle contrade morte, Italo Calvino Ultimo canale, Aurelio Picca Tutte le stelle. Così nel giro di pochi anni si è assistito ad una maggiore presenza sul piccolo schermo di letterati, critici, artisti, pittori ecc. compresi quelli che come Moravia avevano avanzato pesanti riserve, anzi molti di loro negli anni Settanta hanno iniziato a collaborare con esso, spia che getta luce sull’atteggiamento ambiguo di questi ultimi diviso tra fascino e riprovazione nei confronti della tv. Il piccolo schermo, partito svantaggiato, ha oggi completamente rovesciato la posizione, ha plasmato la società facendola diventare un grande pubblico: o partecipe del programma o, quando assente, come sostiene Umberto Eco, comunque pubblico televisivo anche nella quotidianità. Nel prossimo articolo parleremo del Primo incontro tra letteratura e televisione e soprattutto di un genere televisivo molto fortunato negli anni ’60,’70, ’80: lo w w w. l a p i a z z e t t a r i s t o r a n t e . i t Locale climatizzato - Chiuso la domenica Sceneggiato o Teleromanzo. Fine parte I lapiazzetta.terni@libero.it Terni Via Cavour 9 - tel. 0744 58188 Pierluigi Seri
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COMUNE DI SCHEGGINO PROGRAMMA
IL DIAMANTE NERO 7 ª edizione
Manifestazione per la valorizzazione del tartufo e delle terre di coltivazione Gli abitanti di questa terra hanno il tartufo nel cuore: per decenni ha scandito i tempi della quotidianità, dal momento della preparazione della bisaccia e del cane prima dell’alba, fino al momento dei racconti veri o camuffati, la sera, davanti ai camini accesi. Ciò che rimane incompreso, misterioso e segreto, dietro l’immagine a colori di libri, convegni, ricerche, eventi, feste e sagre che raccontano dei tartufi, sono persone, paesi, luoghi, emozioni e sentimenti, tradizioni e storie raccontate e da raccontare e lezioni da impartire e imparare. Di tutto questo “Il Diamante Nero”, manifestazione per la valorizzazione del tartufo e delle terre di coltivazione, vuole tornare ad essere promotrice, protettrice e divulgatrice. E lo farà ancora una volta, per il settimo anno consecutivo, il 10 e 11 marzo a Scheggino, dove invitiamo tutti a venire per scoprire la storia e le peculiarità di questo pregiato tubero e per assistere alla realizzazione della frittata al tartufo più grande del mondo. Carlo Valentini Sindaco di Scheggino
SABATO 10 MARZO Ore 10,00 Piazza Carlo Urbani e vie del borgo - il Mercato delle cose buone - punti di degustazione - esposizioni - animazioni per grandi e bambini - passeggiata con asinelli - visite al museo del tartufo - mostra del pittore schegginese Ferruccio Ramadori Ore 10,30 Gara per cani da tartufo Ore 15,00 Inaugurazione campo minigolf Activo Park Ore 22,00 Notte bianca con i Diana live DOMENICA 11 MARZO Ore 10,00 Piazza Carlo Urbani e vie del borgo - il Mercato delle cose buone - punti di degustazione - esposizioni - animazioni per grandi e bambini - passeggiata per asinelli - visite al museo del tartufo - mostra del pittore schegginese Ferruccio Ramadori Ore 11,30 chiesa di San Nicola: messa presieduta dall'arcivescovo Renato Boccardo per l'ingresso del nuovo parroco Ore 15,00 realizzazione della frittata al tartufo da guinness con lo chef Fabio Ferretti e la partecipazione del noto stilista italiano Renato Balestra
Foto di Silvio Sorcini
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Ore 17,00 musica e intrattenimento, show del comico David Pratelli, il campione nazionale degli imitatori, direttamente da Quelli che il calcio; 0rchestra Luciano Nelli.
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Un a poe s i a n e l s e g n o de l l ’ i m pe g n o ci v ile Giuseppe Parini nasce nel 1729, vive perciò tutta la sua vita (eccezion fatta per un breve periodo di dominio francese) nella Milano teresiana. Erano quelli sotto il governatorato di Firmian e Kaunitz anni di florido sviluppo, innanzitutto economico, grazie alle riforme agrarie e industriali incoraggiate dagli austriaci, in secondo luogo culturale: Maria Teresa infatti cercava frequentemente il sostegno degli intellettuali milanesi, invitandoli spesso a ricoprire cariche pubbliche, come accadde allo stesso Parini, prima direttore della Gazzetta di Milano, poi sovrintendente alle scuole della città. L’intellettuale trovava dunque, grazie all’assolutismo illuminato austriaco, un ambiente in cui esprimere con maggiore indipendenza la propria opinione. Molte erano in questo periodo le spinte innovatrici, influenzate dai nuovi valori illuministi, che potevano tradursi in pratica grazie all’apertura mentale dei regnanti. Questo è dunque l’ambiente in cui Parini colloca la sua produzione artistica; fa parte dell’Accademia dei Trasformati, è famoso nel panorama intellettuale milanese, ma è considerato da molti troppo moderato: diversi sono infatti i punti in cui si trova in disaccordo con i philosophes e con gli illuministi milanesi. Il poeta è poi molto distante dai moti rivoluzionari d’oltralpe, troppo estremi e cruenti per un moderato come lui: il suo obiettivo è rieducare la nobiltà, non estirparla. La sua è un’opera di denuncia sociale, che ha inizio nelle Odi e nel Dialogo sopra la nobiltà e trova il suo compimento nelle prime due parti de Il Giorno:Il Mattino e Il Mezzogiorno. Attraverso una sottile satira costruita sulla figura retorica dell’antifrasi, ne Il Giorno Parini si scaglia contro la nobiltà oziosa e improduttiva: sfruttatrice dal punto di vista economico, inattiva sul piano civile, disinteressata agli studi e, soprattutto, immorale. Ruota attorno a questi punti chiave la polemica de Il Giorno, ispirata agli anni precedenti all’impegno nell’amministrazione austriaca, in cui Parini era stato precettore, prima in casa Serbelloni, poi in casa Imbonati. Aveva dunque avuto modo di vedere lo squilibrio sociale imperante a Milano da diversi punti di vista. Ne Il Giorno quindi l’autore si concentra sulla classe che ritiene responsabile dei problemi cittadini, già individuati nelle Odi; lo scopo della denuncia, come individua puntualmente il critico Giuseppe Petronio, è quello di individuare responsabilità: non denunzia generica, ma analisi di una situazione sociale e di un costume morale radicati in quella situazione.
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In realtà Parini, nel vigore della sua denuncia, non viene mai meno all’elevatezza formale di stampo classico cui tende in tutta la sua produzione, “parafrasi dell’oraziano utile dulci” (G. Savoca). Attraverso l’eleganza formale, eleva a poesia materie altrimenti basse, nascondendo abilmente i suoi scopi: Se perciò l’opera si presenta come una struttura ambivalente, in tensione tra l’ammaestramento e la denuncia, l’umiltà degli intenti dichiarati e l’ambizione reale, l’andamento discorsivo e la sostenutezza formale, […] il risultato realmente perseguito è la descrizione spietata, non candida è involontaria come vorrebbe sembrare (N. Merola). L’autore riesce dunque a mascherare, attraverso antifrasi e elevatezza stilistica, una critica pungente che non permette alla classe attaccata appigli per eventuali critiche; anzi, l’indugio sensuale sugli oggetti, la cura particolare riservata alle descrizioni dettagliate fanno trapelare una punta di compiacimento e di piacere dell’autore per quel mondo vacuo e vano ma, al tempo stesso, così elegante e curato. L’ambiguità dà però movimento all’opera, che altrimenti rischierebbe di risultare monotona e ripetitiva. Essa si accentua nelle parti incomplete de Il Giorno: Il Vespro e La Notte. Nell’ultima produzione di Parini viene infatti progressivamente meno la critica sociale alla nobiltà, non più origine del male cittadino e dominatrice degli oppressi, ma classe decadente e senza possibilità di essere rieducata. La denuncia sociale lascia dunque spazio alla critica morale di un costume degradato; in generale, comunque, traspare nelle ultime opere una profonda delusione, originata dalla coscienza del fallimento del riformismo illuminato nel momento in cui sale al trono Giuseppe II, propugnatore di un riformismo troppo astratto perché potesse essere condiviso dagli intellettuali milanesi. A livello formale Parini, che veniva da una tradizione arcadica (basti ricordare il frequente inserimento di episodi mitologici, come ad esempio ne L’Educazione), arricchita dall’uso di termini più realistici, passa in questi anni a uno stile più conforme ai canoni del Neoclassicismo, più fluido ed emendato da vocaboli estremi. La parabola che descrive la fiducia di Parini nell’impegno civile in poesia è dunque discendente: si passa da una fede indistruttibile nei nuovi valori introdotti dal movimento illuminista alla più totale disillusione sulla possibilità della poesia impegnata di influire sulla realtà contemporanea. Lisa Di Giuseppe II PI
Pari ni e Pas ol i n i : due autori, due epoche, una militanza
C’è un legame ideologico, dal grande fascino e valenza letteraria, che metaforicamente lega -in modo rischiosamente moderno ma non del tutto errato- la poesia civile e la letteratura impegnata, proprie della cultura illuminista, all’attività e alla produzione, non solo poetica, dei maggiori esponenti dell’ideologia sessantottina. Risulta incredibilmente affascinante poter simbolicamente avvicinare tra loro, ad esempio, le figure di Giuseppe Parini, poeta milanese vissuto tra il 1729 e il 1799, considerato come uno dei più importanti rappresentanti dell’Illuminismo italiano, e di Pier Paolo Pasolini, artista poliedrico del Secondo dopoguerra. La storia italiana non ricorda molti altri autori che nella loro vita si sono dedicati, così come Parini e Pasolini, ad una militanza tale da poterli eguagliare. I due, infatti, con le necessarie differenze dovute ai due periodi storici comunque diversi in cui devono essere contestualizzati ed alle loro diverse personalità, operarono in un modo che può essere considerato simile, sia dal punto di vista del loro modus agendi, sia da quello dei loro risultati. Con questo ipotetico confronto non si ha l’intenzione di arrivare, alla fine, ad un paragone tra l’Illuminismo e le sue ideologie e la cultura del Sessantotto, che risulterebbe forzato e storicamente poco attendibile -anche se l’impatto che i due ebbero sulla cultura preesistente fu in entrambi i casi molto forte e nel segno di una netta discontinuità- ma semplicemente di dimostrare come solo in determinate epoche emergono dalla “classe degli intellettuali” -se così si può definire- particolari figure di autori impegnati, interessati a tematiche quali la politica e il sociale, l’utile oraziano, che sia Pasolini che Parini ricercarono e reinterpretarono le loro opere. Partendo da quello che precedentemente è stato definito come il loro modo di operare, i due autori risultano simili dal momento che utilizzano la loro arte, cioè la poesia, per diffondere una critica alla classe dirigente che li governava, considerata come l’artefice di alcuni mali per la società a causa della sua azione irresponsabile e guidata dal profitto. Ecco, quindi, da una parte, ad esempio, l’ode La salubrità dell’aria del Parini, dove il poeta arriva ad affermare: Péra colui che […] per lucro ebbe a vile la salute civile, e dall’altra le critiche che era, invece, solito muovere Pasolini ai governanti, accecati da quel finto progresso, dato dal boom economico degli anni ’60, che finì per aumentare la disparità tra le classi sociali. Vi è poi una somiglianza nella denuncia di quello che comunemente oggi viene definito come l’ordine costituito o, ancora, la casta, che, nel caso di Parini, era formata dalla nobiltà oziosa, basata su un diritto di origine feudale e preservata dai suoi privilegi, e che in Pasolini, invece, prendeva le forme di quei poteri forti contrari al cambiamento e alla cessione di una parte di quei loro poteri alle nuove fette di società -operai e studenti su tutti- che chiedevano maggiori diritti. È così che si può, dunque, riassumere un confronto tra due grandi autori della nostra letteratura, celebri perché fecero della loro poesia un mezzo per la diffusione di idee e messaggi che contribuirono al cambiamento progressivo della società. T o m m a s o G i a n i II PI
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U n a s t or i a sb a g l i a ta... Questo il titolo del testo teatrale che i ragazzi dei laboratori di Progetto Mandela hanno iniziato a mettere in scena. Frutto di 4 mesi di lavoro di studio e preparazione il testo, scritto da Andrea Virili insieme al laboratorio di drammaturgia, nasce da un’approfonita ricerca sul tema deggli ultimi. Tema caro a Fabrizio de Andrè (che è ispirazione prima e presta anche il titolo alla commedia) e con lui ad altri personaggi che hanno fatto da guida alla discussione sul nostro rapporto con gli ultimi. Tra questi spicca la figura di Don Andrea Gallo, prete noto per le sue idee eterodosse e per i suoi conseguenti e coerenti comportamenti che nella sua comunità di San Benedetto al Porto a Genova accoglie indistintamente tutti gli emarginati dalla società. Ecco l’idea che Don Gallo ha degli ultimi come risulta dai suoi libri:
Dimmi chi escludi e ti dirò chi sei - Ma tu vai con le puttane, i drogati, i delinquenti e quant’altro lo rimprovera il cardinale. - Eminenza, lei dice che io vado con i tossicomani, i drogati, i trans eccetera, ma mi dica un po’ eminenza... - Dimmi, dimmi Gallo. - Ma eminenza, secondo lei che è vescovo e cardinale, in quella situazione Gesù come si sarebbe comportato? - Eh, ma se la metti su questo piano... - Ma eminenza, su che piano la devo mettere? (Di sana e robusta costituzione p.54-55). Da questo breve colloquio si capisce perché gli ultimi sono il centro della vita di Don Gallo che ha scelto come stella polare il Vangelo e la figura di Gesù: Io da cattolico sto dalla parte degli ultimi (Così in terra come in cielo, p.106). Ma chi sono questi ultimi che tornano continuamente nei suoi scritti? ...tutti quelli che sono in difficoltà, che vivono ai margini della nostra società e non hanno i mezzi o le capacità di far valere i loro diritti inalienabili. Sono tantissimi, anche i bambini sono spesso gli ultimi...(Il fiore pungente, p.139). Sono i suoi compagni di strada, i suoi fratelli e sorelle, i ragazzi e le persone che da trent’anni accoglie nella sua comunità, i senza diritti: puttane, ex carcerati, tossicodipendenti, malati di Aids, omosessuali, transessuali, immigrati, alcolizzati, matti e chi più ne ha più ne metta. Sono le persone che gli hanno insegnato la dignità che vuol dire essere servi dei più poveri, perché non è dignità umana vivere nel superfluo e nel proprio egoismo. Chi segue un’ideologia può essere indotto in errore, chi serve i poveri non sbaglia mai (Il fiore..., p.207), Il mio posto è accanto agli ultimi. Da loro e con loro ho molto da imparare (Il fiore..., p.50). La sua è la comunità dell’accoglienza perché Accogliere qualcuno vuol dire dargli tutte le possibilità e tutte le opportunità che hanno gli altri, nel rispetto delle leggi (Di sana..., p.69). Questo vale anche per i cosiddetti matti verso i quali Don Gallo confessa di aver avuto qualche pregiudizio: Entrare in contatto con i matti è stato per me motivo di festa. Ho di nuovo ucciso il pregiudizio nei confronti del diverso, che non equivale affatto a una persona pericolosa o violenta e da allora con i matti ho un certo feeling (Così in..., p.100), e ha anche maturato la convinzione che la follia è una condizione umana, è presente in noi come lo è la ragione. Chi è pazzo e chi non lo è?...La poetessa Alda Merini è l’emblema delle risorse che un pazzo può offrire se gliene viene data l’occasione. Disse “Io sono un dono di Franco Basaglia” (Così in …, p.101). Ma la comunità di San Benedetto al Porto di Genova accoglie anche molti immigrati, bollati da una legge razzista come clandestini: Mia madre mi disse una sera
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“Sai perché questa gente viene qua? Perché ha fame”. Per questo Don Gallo chiede che si smetta di chiamare queste persone extracomunitari e si cominci a chiamarli per ciò che sono: sorelle e fratelli migranti (Angelicamente anarchico, p.81). A suo avviso, Rendere la clandestinità un reato è un crimine contro l’umanità. È violazione di una legge universale. Noi siamo prima di tutto esseri umani (Così in…, p.19). Bossi si vada a riascoltare “Creuza de ma” di Fabrizio De André (Di sana..., p. 114), i sentieri del mare, dedicata ai marinai e agli eterni viaggiatori, i migranti di sempre. Secondo Don Gallo le persone si giudicano non tanto come dice il proverbio “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”, ma “dimmi chi escludi e ti dirò chi sei”: Quando il sindaco di Bologna ordinò lo sgombero degli insediamenti rom gli dissi “Caro Cofferati, le tue delibere non fanno una grinza, peccato che vadano contro la definizione di persona” (Così in …, p.97).Tra gli ultimi Don Gallo non dimentica i carcerati. Alla domanda “Se fosse in tuo potere risolvere un problema tra i tanti del nostro tempo quale risolveresti?”, risponde senza esitazione Il problema del carcere. Tutti quelli che visitano un carcere ne sono sconvolti: “E un lager” è immancabilmente la loro risposta (Il fiore..., p.209). Al perché il carcere è ancora oggi disumano risponde: Io credo che il motivo vada ricercato nel fatto che rimane isolato da tutto il territorio. Io sono sicuro che se i genovesi...facessero una volta una visita del carcere di Marassi, la situazione cambierebbe radicalmente, perché reclamerebbero condizioni diverse per i reclusi, si batterebbero contro l’abuso della carcerazione preventiva... (Il fiore..., p.161) e riporta, condividendola, l’affermazione di un giudice: “obbligherei tutti i giovani giudici a visitare un carcere. Starebbero molto attenti nell’amministrare la giustizia e cercherebbero di evitare errori”. Amaramente è costretto a constatare che in carcere ci vanno solo i poveracci. Il processo ai non garantiti finisce sempre con una condanna (Il fiore..., p.161). Fedele com’è alla Costituzione, ricorda che nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi e che il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona. Don Gallo denuncia il fatto che le prigioni sono pozzi neri dove caliamo chi ha sbagliato, luoghi di punizione che non tengono conto dei percorsi di espiazione e redenzione, spesso sono scuole di criminalità che restituiscono alla società uomini incattiviti (Così in..., p. 37-38). Con questa posizione non può che essere solidale con la battaglia dei radicali italiani, gli unici che hanno fatto del problema delle carceri il centro della loro lotta politica. Don Gallo riesce a mettere in evidenza anche un risvolto positivo nella condizione degli ultimi su cui era d’accordo con De André: L’emarginazione può essere uno stato di grazia, perché sottrae al potere, quindi al fango e ti avvicina al punto di Dio. Quelle vite perdute sono anime salve (Così in..., p.49). Questo non vuol dire che gli ultimi debbano rimanere tali e l’evangelico “beati gli ultimi...” non lo interpreta certo in senso conservatore, il riscatto non può essere nell’aldilà, da qui il suo impegno politico. Don Gallo, ci tiene in modo particolare a differenziarsi dall’etica della sofferenza e del dolore come strumento per guadagnarsi il Paradiso e avvicinarsi a Cristo, molto diffusa nella Chiesa cattolica e incarnata soprattutto da Teresa di Calcutta. Marcello Ricci
Lungo cammino verso la libertà Ultimi incontri per il corso sui diritti umani che si svolge ogni martedì dalle ore 15.30 alle ore 16.30 all'Auditorium di Palazzo Primavera di Terni. Dal 18 ottobre 250 studenti iscritti provenienti dagli istituti superiori di Terni e Provincia stanno seguendo con assiduo interesse le lezioni del prof. Marcello Ricci sulla storia dei diritti umani e le loro violazioni. Le lezioni sono aperte a tutta la cittadinanza. 13 marzo 2012 I GENOCIDI parte IV: Il genocidio degli ebrei parte I: le tecniche di distruzione, dalle eliminazioni caotiche ai campi di sterminio 20 marzo 2012 I GENOCIDI parte V: La resistenza ebraica: il ghetto di Varsavia, la soluzione finale 27 marzo 2012 LA TORTURA IERI E OGGI 3 aprile 2012 LA SCHIAVITÙ IERI E OGGI 10 aprile 2012 LA PENA DI MORTE IERI E OGGI
Fervono i lavori nel laboratorio di costumi di Progetto Mandela. Sotto la prestigiosa guida del costumista Emilio Ortu i ragazzi stanno realizzando i costumi per la commedia che andrà in scena al teatro Secci dal 16 al 18 aprile. Questi alcuni bozzetti, punto di partenza per la realizzazione affidata alle mani esperte del “maestro” e delle allieve.
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In questi primi mesi del 2012 la Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni ha già deliberato stanziamenti per complessivi Euro 1.187.000 nei settori rilevanti della ricerca scientifica, dell’arte e cultura, della sanità, dell’istruzione e del volontariato e nel settore ammesso dello sviluppo locale. Nel settore della ricerca scientifica è stato stanziato l’importo di Euro 100.000 per la Fondazione Cellule Staminali di cui la Fondazione è socio fondatore. Dal 6 dicembre 2011 la Fondazione Cellule Staminali ha avviato la fase di sperimentazione sull’uomo ed è in corso il reclutamento dei pazienti. Nel settore dell’arte, attività e beni culturali sono stati deliberati, tra l’altro, importanti interventi quali: il restauro della facciata della chiesa di San Pietro di Terni; il restauro della tela raffigurante l’Estasi di San Francesco d’Assisi conservata al Museo diocesano di Terni; il restauro di dieci dipinti su tela raffiguranti la Via crucis presso la Pinacoteca comunale di Amelia; il restauro dei dipinti ad olio su tela raffiguranti la Madonna del Rosaio e la Circoncisione, delle statue lignee raffiguranti Sant’Antonio da Padova e Cristo crocifisso presenti nella chiesa di Santa Maria Assunta di Montefranco; il restauro della cappella del SS. Sacramento e della pala d’altare raffigurante L’Ultima cena della chiesa di Santa Maria Assunta di Otricoli. Prosegue poi l’impegno della Fondazione nel settore della sanità mediante l’acquisto diretto di nuove e importanti strumentazioni diagnostiche per l’Azienda Ospedaliera “S. Maria” di Terni. Tra la fine dello scorso esercizio e l’inizio del nuovo anno 2012 la Fondazione ha portato a conclusione le seguenti acquisizioni per l’ospedale di Terni: - la PET TAC, che entrerà in funzione tra pochi mesi. Un consistente impegno economico deliberato in due esercizi per una spesa complessiva di 1.530.000 Euro. L’apparecchiatura, acquistata dalla SIEMENS SpA, altamente all’avanguardia, consentirà ai cittadini di non doversi più spostare da Terni per effettuare un esame così delicato ed importante. La Fondazione finanzierà anche tutti gli interventi edili ed impiantistici per rendere idonei i locali dell’ospedale ad accogliere tale apparecchiatura; - un mammografo digitale di ultima generazione per il progetto “Centro salute Donna”, un centro polispecialistico e multifunzionale dedicato alla donna ed alla presa in carico della salute femminile; - un citometro per l’attività della Banca Regionale del cordone ombelicale; - una apparecchiatura ecografica intra-operatoria per il Dipartimento di Chirurgia dell’Apparato Digerente e Gastroenterologia. La dotazione di queste nuove strumentazioni consentirà alla cittadinanza di poter usufruire di strumentazioni diagnostiche altamente all’avanguardia senza doversi spostare dalla propria realtà territoriale. Nel settore dell’istruzione sono stati deliberati invece interventi in favore del Comune di Narni per i corsi universitari e delle scuole della provincia di Terni a sostegno delle attività didattiche. Nel settore del volontariato la Fondazione ha partecipato al progetto comune della Consulta delle Fondazioni Umbre stanziando 47.000 euro per il Fondo di Solidarietà delle chiese umbre. Ha inoltre deliberato 59.000 euro per le Conferenze parrocchiali di Terni, Narni e Amelia a sostegno della loro intensa attività caritativa. Per quanto riguarda lo sviluppo locale si segnalano le seguenti più significative iniziative: lo stanziamento in favore dell’Istituto Professionale Statale Industriale Artigianato “Sandro Pertini” per la realizzazione del “Progetto di manutenzione aeronautica”; il completamento dello stanziamento per l’allestimento di un locale aperto al pubblico e visitabile presso l’Antiquarium di Carsulae in cui collocare i pezzi di maggiore pregio derivanti dagli scavi di questo importante sito archeologico; il sostegno al Comune di Terni per le manifestazioni a carattere economico-turistico che si terranno in occasione del passaggio a Terni della corsa di ciclismo Tirreno-Adriatico; il contributo in favore della Provincia di Terni per l’evento-scambio culturale con la Cina, regione di Hubei, nell’ambito dell’Umbria Water Festival.
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Sicurezza alimentare Salvati Diagnostica srl, srl con lo sviluppo delle norme inerenti la gestione della sicurezza alimentare e della qualità microbiologica, dal 1995 ha iniziato ad occuparsi, prima in Umbria, di questo settore specialistico seguendo la rigida evoluzione normativa e tecnica. Ultimo atto di questo percorso di crescita è stato ottenere l’accreditamento ACCREDIA (Sistema Nazionale per l’Accreditamento dei laboratori). Nel quadro della attuata, e già in vigore, revisione della legislazione riguardante la produzione di alimenti destinati al consumo umano, il Regolamento CE 852/2004 “sull’igiene degli alimenti” ed il Regolamento 853/2004 “sull’igiene degli alimenti di origine animale”, sottolineano l’importanza della definizione degli obiettivi da perseguire in materia di sicurezza alimentare, lasciando agli operatori del settore la responsabilità in toto di adottare tutte le misure possibili per poter garantire la sicurezza dei prodotti alimentari, ovvero gli operatori del settore devono garantire che un alimento non sia causa di danno alla salute dei consumatori! Il Regolamento CE 852/2004 mira a garantire l’igiene degli alimenti (dall’acqua, alle caramelle, alle bibite, al prosciutto piuttosto che alle paste ripiene etc.) in tutte le loro fasi di processazione, dalla produzione primaria fino alla vendita al consumatore finale; è bene sottolineare che ciò non riguarda le qualità nutrizionali, o la composizione o la appetibilità dei prodotti alimentari. La produzione di alimenti Tutti gli operatori del settore alimentare hanno l’obbligo di controllare che tutte le fasi di cui sono responsabili, dalla produzione primaria fino alla vendita o alla messa a disposizione di prodotti alimentari al consumatore finale, si svolgano nel rispetto e in conformità delle disposizioni del regolamento stesso. Di seguito un elenco di quelli che il Regolamento 852/2004 indica come prerequisiti e quindi da dover rispettare per poter produrre in modo igienico: manutenzione dei locali, compresi i siti esterni; condizioni di trasporto (igiene e temperatura); manutenzione delle attrezzature; corretto smaltimento dei rifiuti alimentari; rifornimento idrico; igiene del personale che entra in contatto con i prodotti alimentari; igiene nella sequenza delle fasi di produzione; confezionamento e imballaggio; tracciabilità; formazione specifica e continua degli operatori del settore. A tale scopo tutti gli operatori del settore alimentare devono predisporre-attuare una o più procedure di controllo basate sui princìpi del sistema H.A.C.C.P. (analisi dei rischi e controllo dei punti critici), introdotto dal Codex Alimentarius (raccolta di norme alimentari internazionali elaborata nel quadro dei lavori dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura). Tali princìpi prescrivono un certo numero di requisiti da soddisfare nel corso del ciclo di produzione, di trasformazione e di distribuzione al fine di consentire, grazie a un’analisi dei pericoli, l’individuazione dei punti critici il cui controllo risulta indispensabile per garantire la sicurezza alimentare. In pratica qualsiasi alimento non deve essere contaminato da microrganismi patogeni, né loro tossine o metaboliti o inquinato da residui chimici o fisici. Rintracciabilità e ritiro dei prodotti alimentari In conformità al Regolamento (CE) n. 178/2002 gli operatori del settore alimentare devono disporre di sistemi e di procedure che permettano la rintracciabilità dei prodotti alimentari, dei relativi ingredienti e dei loro eventuali imballaggi. Nel caso in cui un operatore del settore alimentare constatasse che un proprio prodotto alimentare comporta, o potrebbe comportare, un rischio grave per la salute dei consumatori è obbligato ad allertare al riguardo le autorità sanitarie competenti, i consumatori e a ritirare immediatamente detto prodotto dal mercato. Controlli ufficiali (Regolamento 854/2004) Il rispetto dei Regolamenti succitati e l’applicazione da parte degli operatori del settore alimentare dei princìpi su cui si basa il sistema HACCP non sostituisce assolutamente i controlli ufficiali effettuati dalle autorità competenti: gli operatori sono tenuti alla massima collaborazione con le autorità competenti conformemente alle disposizioni delle normative comunitarie, o in sua mancanza nazionale. Import/Export I prodotti alimentari importati nella Comunità devono essere conformi alle norme di igiene comunitarie o a norme equivalenti. I prodotti di origine animale esportati verso paesi terzi devono rispondere almeno alle norme applicabili per la loro commercializzazione all’interno della Comunità, oltre ai diversi requisiti eventualmente imposti dal paese terzo interessato. Sul nostro sito, www.salvatidiagnostica.it o telefonando all’U.O. AcquAriAlimenti (0744/406722) è possibile richiedere tutte le informazioni relative alla legislazione vigente in materia di sicurezza alimentare.
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AZIENDA OSPEDALI ERA
Centro Sa
Il progetto si chiama Centro Salute Donna e non ha avuto una nascita facile perché far convergere interessi e consensi non è cosa di poco conto. Come nasce l’idea? Nel 2005 con delibera regionale è stata istituita l’Area Funzionale Omogenea Interaziendale di Endocrino chirurgia del Collo e dei Tessuti Molli che, dalla sua nascita, si è occupata della diagnosi e del trattamento di tutte le affezioni tiroidee, paratiroidee e mammarie (900 casi annui); all’interno di tale A.F.O.I è situata la Struttura Dipartimentale di Senologia da me diretta. Dall’analisi dei dati prodotti nel 2005 constatammo che l’85% della patologia trattata era tutta al femminile; il cancro della mammella aveva una incidenza quasi totale per il sesso femminile, ma anche la patologia tiroidea e paratiroidea era, in prevalenza, sempre dello stesso sesso. Pensammo, allora, di creare un centro, inteso come spazio unico nell’Azienda Ospedaliera “Santa Maria” dove si potessero gestire diverse patologie femminili. Grande merito nella realizzazione del Centro lo ha il Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Perugia, Prof. Francesco Bistoni, il quale con saggezza e lungimiranza ci suggerì di non limitarci alla patologia mammaria, tiroidea e paratiroidea, ma di pensare ad un progetto che riuscisse a trattare in maniera multidisciplinare ed organica tutti i processi patologici che la donna può incontrare dalla pubertà all’età senile. Fu, allora, che nacque l’idea del Centro Salute Donna. Istituire un polo di alto livello tecnologico strumentale e professionale, al cui interno si potessero trovare tutte le prestazioni, con modalità personalizzate di presa in carico ed accesso unico e semplificato al percorso di prevenzione, diagnosi e cura delle patologie femminili. Un Centro Salute dove si integrassero le competenze e le professionalità dell’Azienda Ospedaliera e dell’Università per evitare la frammentazione nell’erogazione delle prestazioni e conseguire un alto profilo di efficienza e qualità. Dove i percorsi diagnostico terapeutici fossero dedicati alla valutazione clinico strumentale di I livello ed alla mammografia clinica e interventistica proprie del II e III livello, alla senologia, alla diagnosi precoce dei tumori al collo dell’utero, alla ginecologia, alla urologia, alla endocrino chirurgia ed alla chirurgia plastica e ricostruttiva; dove le donne potessero avvalersi, negli ambulatori polifunzionali specialistici, di diverse figure professionali quali chirurghi senologi e plastici, urologi, ginecologi, microbiologi, oncologi, psicologi, endocrinologi, medici nucleari, medici internisti, radioterapisti e specialisti della riabilitazione. Dove tutta l’attività fosse supportata da tecnologia altamente innovativa (mammografi digitali in appoggio all’attività clinica,
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ecografo digitale di ultima generazione, eco-elasto-so interventistica con sistema ottimale di ricerca delle piccole l e tavolo dedicato). Dove particolare attenzione fosse rivolta a punto informativo unico e percorsi diagnostico terapeutici c Una volta ben formulato e reso organico, il progetto Generale. Il Dr. Gianni Giovannini, direttore generale, in prim Noto, direttore amministrativo, ed il Dr. Leonardo Bartolucci compresa l’importanza, ciascuno per le rispettive competenz progetto procedesse in maniera spedita. Un sentitissimo grazie alla Fondazione Aiutiamoli a Vi a Terni x Terni Donna, promotori inesauribili di ma sensibilizzatrici; nessun ternano può e deve dimenticare l Volontari in tutti i più importanti eventi cittadini dove, con im informato la cittadinanza sull’importanza del progetto monetizzabile, ma altrettanto prezioso, quale è il tempo. Grazie di cuore, alla Fondazione Cassa di Risparmio vicina alla Sanità Ternana, che ha voluto donare alla Strutt diretto di ultima generazione. Grazie a Riccardo Zampagna, grande uomo di sport che uomo di alti sentimenti, ha devoluto per la realizzazione de dalla vendita del suo libro. Grazie a tutti i Ternani che hanno voluto contribuire a Infine, grazie anche a coloro che non hanno creduto all’ Donna ed alla sua realizzazione motivandoci, così, ad esse raggiungimento dell’obiettivo. L’8 marzo 2012 ci sarà, finalmente, l’inaugurazione. Dr. Alessandro Sanguinetti
S A N TA MA RIA DI TERNI
lute Donna Obiettivo del Centro è quello di offrire un polo di alto livello tecnologico strumentale e professionale, al cui interno si possano trovare tutte le prestazioni, con modalità personalizzate di presa in carico ed accesso unico e semplificato al percorso di prevenzione, diagnosi e cura delle patologie femminili. Nel Centro Salute Donna si integreranno infatti le competenze e le professionalità dell’Azienda Ospedaliera per evitare la frammentazione nell’erogazione delle prestazioni e conseguire un alto profilo di efficienza e qualità. Particolare attenzione sarà rivolta all’accoglienza, che prevede un punto informativo unico e un percorso diagnostico terapeutico centralizzato. Dr. Gianni Giovannini Direttore generale Azienda Ospedaliera S.Maria di Terni
P e rc oorr s o s e n o lo g ico Resp. Dr. Alessandro Sanguinetti Mammografia clinica ed interventistica Dr.ssa Lorella Fioriti Trattamento chirurgico Dr. Alessandro Sanguinetti Polimorfismi genici di suscettibilità associati al rischio di carcinoma della mammella. Prof. Vincenzo Talesa
P e rc oorr s o g in ec o lo g ico e d u ro lo g ic o
nografo, sala di senologia lesioni con stereotassi digitale all’accoglienza prevedendo un centralizzati. fu presentato alla Direzione ma battuta, poi il Dott. Roberto i, direttore sanitario, una volta ze, hanno fatto in modo che il
ivere Terni x Terni Anch’io ed anifestazioni informative e la costante presenza dei loro mpareggiabile tenacia, hanno o spendendo un bene non
di Terni e Narni, da sempre tura un mammografo digitale
Resp. Prof. Ettore Mearini Dr. Gianpaolo Passalacqua Screening tumore del collo dell’utero Dr. Gianpaolo Passalacqua Centro menopausa Prof. Riccardo Calafiore Ambulatorio per la rieducazione del pavimento pelvico Prof. Ettore Mearini Incontinenza urinaria Prof. Ettore Mearini
P e rc oorr s o M ic ro b io lo g ico e Viro logic o Resp. Prof. Francesco Bistoni Screening delle infezioni a trasmissione sessuale Screening e tipizzazione dell’HPV Le infezioni genito-urinarie nella donna in menopausa
P e rc oorr s o e n d o cr in o Resp. Prof. Nicola Avenia Dr. Camillo Giammartino Screening patologie tiroidee Dr. Camillo Giammartino Studio del metabolismo del calcio Prof. Nicola Avenia, Dr. Camillo Giammartino Patologia ipofisaria Dr. Camillo Giammartino, Dr. Sandro Carletti Obesità Dr. Giuseppe Fatati Patologie ovariche e riproduttive Prof. Riccardo Calafiore
e, dimostrando di essere anche el progetto i proventi ricavati
Percorso di chirurgia plastica e ricostruttiva
questa realizzazione. ’importanza del Centro Salute re ancora più determinati nel
P e rc oorr s o d e lla p a to lo g ia c a rd io -v as c olare de l l a d o n n a a rris is c h io
Responsabile del percorso senologico
Consulenza - Trattamento
Resp. Prof. Giuseppe Schillaci Monitoraggio della pressione arteriosa della donna a rischio
Dr. Gianrenato Nori
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Fisioterapia e Riabilitazione
NUOVA SEDE Zona Fiori, 1 05100 Terni – Tel. 0744 421523 0744 401882 D i r. S a n . D r. M i c h e l e A . M a r t e l l a - A u t . R e g . U m b r i a D D 7 3 4 8 d e l 1 2 / 1 0 / 2 0 11
La riabilitazione in acqua è una metodica sicuramente molto utile per garantire un moderno e valido recupero funzionale sia in campo neurologico che ortopedico
Uniche infatti sono le possibilità offerte dallo “strumento acqua”, che agisce contro la forza di gravità (principio di
Archimede), e consente al corpo di muoversi in assenza di peso: questo determina una maggiore facilità a muoversi quando per esiti traumatici, per deficit neurologici o dopo chirurgia ortopedica sarebbe impossibile o dannoso caricare il peso reale sui propri arti. Il risultato è una diminuzione dello stress e del carico sull’apparato muscolo scheletrico che facilita l’esecuzione di movimenti in assenza di dolore. La resistenza offerta dall’acqua è graduale, non traumatica, distribuita su tutta la superficie sottoposta a movimento, proporzionale alla velocità di spinta e quindi rapportata alle capacità individuali di ogni persona. L’effetto pressorio dell’acqua, che aumenta con la profondità, esercita un benefico effetto compressivo centripeto sul sistema vascolare, normalizzando la funzione circolatoria e riducendo eventuali edemi distali. Tale effetto è ampliato nel Percorso Vascolare Kneipp dove si alterna ciclicamente il cammino in acqua calda e fredda.
Con la riabilitazione in acqua è possibile non solo ristabilire le migliori funzionalità articolari e muscolari dopo un incidente, ma anche eseguire delle forme di esercizio specifiche per prevenire la malattia o per curare sintomatologie croniche come la lombalgia. Tali esercitazioni sono particolarmente indicate per quei soggetti in forte sovrappeso con difficoltà di movimento legate ad obesità, ad artriti, a recenti fratture o distorsioni. Nella maggior parte di questi casi si registra un netto miglioramento del tono muscolare e dei movimenti articolari dopo un adeguato programma terapeutico. Il paziente, se anziano, acquisisce in tal modo un maggiore controllo motorio che, migliorando l’equilibrio, allontana il rischio di cadute e rallenta il declino funzionale legato all’invecchiamento. La riabilitazione in acqua è particolarmente indicata in: - esiti di fratture - distorsioni, lussazioni - patologie alla cuffia dei rotatori della spalla - artrosi dell’anca e delle ginocchia - tonificazione muscolare in preparazione all’intervento chirurgico - mal di schiena (lombalgia, sciatalgia, ernia ecc.) - para paresi spastiche - esiti di interventi neurochirurgici - esiti di ictus - esiti di lesione midollare - disturbi della circolazione venosa
Inoltre la temperatura dell’acqua, più elevata (32° - 33°) rispetto alle vasche non terapeutiche, permette la riduzione dello spasmo muscolare e induce al rilassamento. Per questo il paziente si muove meglio e la muscolatura appare più elastica. La riabilitazione in acqua è utile e proponibile a tutti, dai bambini agli anziani; per potervi accedere non occorre essere esperti nuotatori è sufficiente un minimo di acquaticità.
Terni Zona Fiori, 1 Tel. 0744 421523 401882
- Riabilitazione in acqua - Rieducazione ortopedica - Riabilitazione neurologica - Rieducazione Posturale Globale - Onde d’urto focalizzate ecoguidate - Pompa diamagnetica - Tecarterapia
- Visite specialistiche - Analisi del passo e della postura - Elettromiografia - EEG - Ecografia apparato locomotore - Idoneità sportiva ... e molto altro
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Roberto Bellucci
Nel centro storico di Gubbio, nei pressi della Chiesa di San Francesco, nel giardino chiamato orto dei frati, si può ammirare la sua splendida scultura che rappresenta il miracolo, compiuto da San Francesco, dell’ammansimento di un feroce lupo. Roberto Bellucci è nato a Gubbio, ma si trasferisce, giovanissimo, a Roma ove consegue la maturità al Liceo Artistico di Via Ripe a. Insegna discipline pi oriche, dal 1954 al 1967, al Liceo Artistico Copernico di Roma e, dal 1968 al 1992, all’Istituto d’Arte di Spoleto. Poi una serie di mostre e di alti riconoscimenti alla sua arte pi orica.
Roberto Bellucci: vibrazioni di un animo puro Dopo dire e ridire / di tanti poeti / mille e mille lune sono passate / senza ch’io abbia de o / del nuovo. L’ardore mi travolge, / il fiume è gonfio, / ma questo non basta. / Come si può fare per essere poeta? / Quando potrò dirmi poeta? Questi gli angosciosi interrogativi che nella Disperata confessione si pone Roberto Bellucci. Francesco De Sanctis, rassicurandolo, avrebbe risposto: Chiamo poeta colui che sente confusamente agitarsi dentro di sé tu o un mondo di forme e d’immagini: forme dapprima flu uanti, senza determinazioni precise, raggi di luce non ancora riflessa, non ancora graduata nei brillanti colori dell’iride, suoni sparsi che non rendono ancora armonia. Bellucci ha elaborato il suo intimo sentire, le pulsioni che scuotono l’animo, in versi che arrivano dire i, così commoventi, così profondi che toccano corde diverse del nostro sentire. Perché, come ebbe modo di dire Salvatore Quasimodo, ... la poesia è la rivelazione di un sentimento che il poeta crede sia personale e interiore, che il le ore riconosce come proprio. E come non riconoscere, in queste Poesie ritrovate, dubbi e interrogativi, gioie e dolori, amori e lu i, quel tumulto di emozioni che accompagna e spesso stravolge la nostra esistenza? Roberto Bellucci, con quella spiccata sensibilità che gli è propria, accarezza e graffia la nostra sensibilità, scandaglia l’enigma dell’universo, s’interroga sul senso dell’esistenza con un linguaggio accuratamente costruito, dal significato semantico delle parole al suono, al ritmo dei termini scelti. Un linguaggio di passione nel quale emozioni, turbamenti, stati d’animo, costituiscono le pagine di un diario di una vita intensa, quella di Roberto Bellucci, con accenti lirici ma anche tragici. Gli stessi accenti che ritroviamo nella scelta antologica di opere grafiche che accompagna queste Poesie ritrovate. Un lungo percorso estetico, quello di Roberto Bellucci, cara erizzato da quella particolare capacità di cogliere le vibrazioni del creato restituendole al mondo dopo averle filtrate a raverso la propria esperienza intima e individuale, l’esperienza di un animo puro. Claudia Sensi
Pagina a cura di Emanuela Ruffinelli
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Wisława Szymborska e la poesia dell’incanto Sarà successo a molti, almeno una volta nella vita, di leggere per caso un libro, una poesia, una massima filosofica, una frase tratta da un’opera letteraria e di sentirsi immediatamente illuminati, sorpresi, con una strana gioia nel cuore, un misto di euforia e senso di scoperta. Accade questo fenomeno tutte le volte che passeggiando tra gli scaffali di una libreria o di una biblioteca, sfogliamo dei libri, magari colpiti dal colore della copertina, altre volte perché ne sentiamo parlare in tv, altre ancora perché è un amico che ci consiglia la lettura. La stessa cosa mi è successa un anno fa, mentre mi trovavo alla stazione Termini di Roma e non sapendo come passare l’ora che mi divideva dall’arrivo del treno per Terni, sono entrato in una libreria. Passando nella sezione dedicata alla poesia, mi colpì, forse per il suo nome strano, un libro della poetessa e filologa polacca Wisława Szymborska. Non sapevo chi fosse, non avevo mai letto una delle sue opere, ne avevo avuto modo di studiarla all’università. Poi per una serie di particolari coincidenze, incontrai il suo nome in altre occasioni successive, come se fosse destino che dovessi leggerla. Alla fine ho deciso di comprare il suo libro, poco più di un mese fa, La gioia di scrivere (tutte le poesie 1945-2009), un’opera straordinaria, una raccolta di poesie che ti apre la mente e ti lascia un qualcosa in più nel cuore. Esistono persone che quando le conosci e scopri il loro valore, vorresti averle conosciute prima. La Szymborska è una di queste, una sorpresa, un tesoro della letteratura mondiale, uno sguardo attento e ironico sui temi dell’esistenza, quali, l’amore, la morte e la vita in generale. Versi che scorrono veloci, con uno stile colloquiale e d’ingannevole semplicità. La sua poesia è in realtà insidiosa, niente affatto tranquillizzante, antiplatonica, non crede in un mondo immutabile delle idee, anzi a ogni verso ne svela l’inganno. La nostra esistenza, scrive, “è benvenuto e addio in un solo sguardo”: ci salva la meraviglia davanti alla realtà, il poter dire “tutto è mio, niente mi appartiene”. Nel passaggio stretto della vita c’è una possibilità: la bellezza che va oltre il male, oltre la fine -ingiusta- della vita stessa. Sempre nel discorso del Nobel, aveva evocato l’intero universo, con le sue distanze abissali, le stelle infinitamente lontane, i pianeti “già morti o ancora morti”, per ricordare che “il nostro stupore esiste per se stesso e non deriva da alcun paragone con alcunché, e poi perché il mondo, qualunque cosa ne pensiamo, questo smisurato mondo è stupefacente”. Per lei, il poeta è sempre stato un essere semiclandestino, inafferrabile, e proprio per questo, forse, insostituibile. Il poeta odierno, diceva, “è scettico e diffidente nei confronti di se stesso. Malvolentieri dichiara in pubblico di essere poeta, quasi se ne vergognasse un po’“: perché non ci sono professori di poesia, perché “il loro lavoro non è per nulla fotogenico”, ma soprattutto perché i poeti possiedono due parole: non so. Morta un mese fa all’età di 88 anni è stata una donna che ha saputo insegnare, ai tanti che l’hanno letta, a vivere con ironia e senso critico, senza mai arrendersi davanti alle avversità della vita. La sua poesia post-ideologica ci parla dello stupore: il mondo non è affatto ovvio, si tratta di vedere i miracoli, soprattutto quelli alla buona, in base ai quali, per esempio, “le mucche sono mucche” e la frutta matura nel frutteto. Tra i suoi ammiratori il regista italo-turco Ferzan Ozpetek che una volta ha raccontato come il primo incontro con i suoi versi corrispose anche, magicamente, all’anteprima del suo film d’esordio, Il bagno turco. “Quello che la Szymborska vuole salvare dal diluvio non sono le grandi cose o i paroloni, ma chiaroscuri e semitoni/capricci, ornamenti e dettagli/ stupide eccezioni/ segni dimenticati innumerevoli varianti del grigio/ gioco per il gioco/ e lacrima del riso”. La sua tranquilla e sorridente sapienza stoica può stare in un solo verso: “Tutto è mio, niente mi appartiene”. Il Nobel le è stato assegnato nel 1996 “per la capacità poetica che con ironica precisione permette al contesto storico e ambientale di venire alla luce in frammenti di umana realtà”. Nei suoi versi la Szymborska pone la vita spirituale davanti a tutte le cose. Nelle sue liriche, spesso brevi come aforismi, dà voce con profonda lucidità e ironia a problemi morali della nostra epoca partendo da avvenimenti semplici, dagli accadimenti e osservazioni del quotidiano. L’uomo appare in una condizione di estraneità e contrapposizione al mondo della natura. Il traduttore italiano Pietro Marchesani, curatore di alcune sue raccolte, ha spiegato che l’incanto è il vero segreto della poetessa. “Per me -ha detto la Szymborska- la poesia nasce dal silenzio”. Benché molte delle sue poesie siano lunghe una pagina appena, esse toccano spesso argomenti di respiro etico che riflettono sulla condizione delle persone, sia come individui sia come membri della società umana. Spiritosa e saggia, come l’ha definita il regista americano Woody Allen, ha saputo cogliere la tristezza e l’intensità della vita pur rimanendo positiva ed è forse questo il vero segreto per vivere bene e Lorenzo Bellucc i lorenzobellucci.lb@gmail.com l’insegnamento che dovremmo trarre dalla sua opera.
Arte contemporanea: perchè anche la merda va al museo? Succede spesso di entrare in un museo e di trovare opere d’arte contemporanea che per la loro particolare forma e tecnica di creazione, ci lasciano senza parole, non tanto per la magnificenza, quanto per la loro semplicità o per il modo assurdo in cui sono state create. Opere del genere spesso generano rabbia osservandole e ci fanno sentire presi in giro, soprattutto se pensiamo che l’artista che le ha realizzate ha fatto più soldi di noi. Ma cosa troviamo veramente insopportabile? Il fatto che pure noi avremmo potuto esporre in un museo le nostre feci, come l’artista Pietro Manzoni, con la sua inconfondibile opera Merda d’artista, oppure a infastidirci è l’idea scandalosa che quelle di un altro possano essere considerate arte, o magari la rabbia di non essere riusciti ad arricchirci pensando per primi a una trovata del genere? Un po’ tutte e tre le cose. Il fatto è che l’arte non è stata usata solo per descrivere aspetti estetici e più piacevoli dell’esistenza, ma anche per raccontare l’intera realtà, nel bene e nel male. È servita alla religione, alla politica, all’amore, alla psicanalisi, al potere, alla violenza per dar forma a idee, follie, sogni e realtà che senza di essa non avrebbero mai potuto trovare espressione. L’arte è allora un modo per esplorare il mondo, un mondo che cambia in continuazione e mutando il suo aspetto, dal punto di vista sociale, economico, politico e di pensiero, fa mutare anche l’arte che è a sua immagine e somiglianza. L’arte è l’espressione necessaria della realtà che ci circonda e del tentativo di comprenderla. Se l’Italia è diventata il paese delle meraviglie del quale oggi ci vantiamo, con la più alta percentuale di capolavori del mondo, lo deve a coloro che, in ogni epoca, hanno voluto farsi interpreti del proprio tempo. Chi odia l’arte contemporanea rimpiangendo le opere del passato rifiuta di accettare il fatto che i capolavori che tanto ama hanno rappresentato anch’essi il presente per la propria epoca. Rimpiangere il passato vuol dire negare l’oggi e rinunciare al futuro. Significa rinunciare a godere, anche nelle sue forme più strane e magari brutte, l’energia che sospinge ogni società. Vuol dire rinunciare al carburante, gratuito, del progresso e della civiltà. L’arte contemporanea siamo allora noi, così come ci vediamo oggi nello specchio del presente. A volte ci vediamo belli, a volte orribili: così succede anche con l’arte. Gli artisti aiutano la società a capire il mondo e anche quando creano opere apparentemente assurde o di semplicità inaudita, rispecchiano il senso della loro epoca. Si potrebbe dire che se l’arte è marcia, se genera opere brutte o assurde è perché la società è brutta e assurda, il parallelismo tra le due cose è identico. Ma basta essere capaci di realizzare ciò che ha fatto un artista per essere artisti a nostra volta? Fino all’inizio del Novecento forse sì. Un tempo la tecnica, il mestiere, contavano più delle idee. Una scultura di Canova non l’avremmo saputa certo fare noi. Quando un capolavoro è il frutto di una maestria inimitabile, di un genio tecnico, dello studio di anni, non possiamo nutrire alcun dubbio. Nell’ambito dell’arte contemporanea, come anche del cinema, della pubblicità, della moda o dell’architettura, non è più così essenziale saper fare qualcosa. Esistono persone che di mestiere realizzano in modo egregio quello che altri pensano ma non sanno fare. L’importante è pensare, in ogni caso e possibilmente prima degli altri, la cosa giusta, al momento giusto. Le idee nuove rivoluzionarie sono quelle più scomode, ma sono quelle che consentono di non invecchiare mai. L’opera d’arte non è solamente fatica, lavoro, studio, tecnica, ma anche follia, visione, azione, vuoto, nulla, scherzo, tutte cose che, come quelle faticose, difficili e noiose, fanno parte, a pieno diritto della vita. La vera arte parla sempre della vita, l’idea che sia arte solo ciò che è difficile da realizzare è come affermare che bere un bicchiere d’acqua è una cosa banale. L’arte contemporanea è uno strumento per indurci a riflettere sul nostro presente e un po’ sul nostro futuro, è uno stimolo a comprendere che il solo fare non basta. Certo, mettere le nostre feci in un barattolino può sembrare una cosa sciocca e infantile, per quanto necessiti grande precisione, ma l’artista Pietro Manzoni voleva dirci che essere artisti significa trasformare tutta la propria vita in arte, comprese le proprie scorie. Come possiamo lamentarci di un’opera provocatoria come quella di Manzoni, in una società che considera geniali certi programmi televisivi i cui protagonisti hanno un quoziente d’intelligenza più basso di quello di un bruco, possiamo adirarci se esiste qualcuno capace di trasformare la banalità in arte? Oggi giorno non conta più la tecnica ma le idee, sono loro le vere protagoniste dello LB scenario artistico, loro e la forza rivoluzionaria che hanno, quindi anche la merda di un artista, se ha senso, può essere arte e con la “A” maiuscola.
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Non è l’inferno (?) Ebbene sì: il Festival di Sanremo ha colpito ancora e, pur non sapendo chi sarà il vincitore di questa sessantaduesima edizione nel momento in cui sto scrivendo, mi sono sentita particolarmente toccata dalla canzone scritta da Kekko dei Modà e portata all’Ariston da Emma Marrone. Quello che più mi ha convinto della validità di questa canzone è che (non me ne voglia nessuno, per carità, ma i miei favoriti sono ben altri!) durante l’esibizione di Emma (in equilibrio instabile e con una mise opinabile!) il testo è arrivato dritto dritto nella zona del cervello che si era tranquillamente adagiata visto il livello della serata. Per carità, lungi da me voler spacciare questo testo per uno di quei testi che entreranno nella storia della musica italiana o che conquisterà tutti, dal più grande al più piccino: non sarei credibile. Quello che vorrei solo fare con queste parole (che giorno dopo giorno spero sempre che “non rimangano parole”) è cercare di porre l’attenzione sui temi toccati in questi tre minuti di musica e parole, che descrivono in maniera attenta e spietata la situazione in cui versiamo. Il mio primo pensiero è stato quello che fosse stato il nostro premier Monti a commissionare un testo del genere, accompagnato dalla Fornero e da tutti i ministri del suo governo tecnico ma poi, scherzi e battute a parte, mi sono accorta di quanto possa fare una canzone in momenti come questo. L’augurio è quello che sul serio queste “non rimangano parole” e magari riescano ad arrivare dritte al cuore, al cervello (e anche un po’ allo stomaco sotto forma di pugno, magari!) di chi non si è mai soffermato davvero sul significato di quello che un periodo di crisi come questo e sulle conseguenze che potrà comportare da qui a uno, due, cinque o dieci anni. Ogni giorno arriva una qualche nuova notizia circa le condizioni disastrose in cui versiamo e siamo letteralmente bombardati da opinioni, richieste, idee... ma tutte sotto forma di parole, parole, parole. Parole che in qualche caso si traducono in richieste di sacrifici; parole che si traducono in opinioni che potrebbero portare a dibattiti intelligenti (l’applauso a scena aperta al nostro premier che, in perfetto inglese, ribatte a un europarlamentare britannico che lo aveva interrotto: “La sua è una cultura superficiale e insulare” al Parlamento Europeo è un esempio di come il nostro Paese abbia finalmente l’occasione di essere ascoltato e convertire in fatti queste mere parole!); parole che si traducono in idee da seguire e da dover attuare per riuscire a cercare di seguire quel fioco lumicino di speranza che ci può portare fuori dalla crisi. Ben vengano i sacrifici, allora, se si riusciranno a vedere dei progressi nel progressivo riacquisto di fiducia nelle possibilità del Paese, oltre che nelle possibilità reali e tangibili di dare quella spinta concreta ad un mercato del lavoro e al mercato in generale che stanno seguendo la stessa sorte di quella Costa Concordia che continua ad affondare, pendendo su un lato. Non dobbiamo lasciare che degli scogli mettano la parola fine alle nostre possibilità di successo: dobbiamo far sì che delle parole “non rimangano solo parole” e diventino la nostra Chiara Colasanti occasione di riscatto.
NUOVA SEDE
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I brutti esempi godono del privilegio della visibilità Ci si aspettava molto dall’incontro Milan-Juve, prima e seconda in classifica, di sabato 25 febbraio. Ma la sorpresa non è arrivata dal risultato, 1 a 1, ma da una serie di fatti che hanno finito per evidenziare una crisi latente nel calcio e nello sport in genere. Ad essere preso a calci, non è stato il pallone, com’era logico che fosse, ma i valori fondanti dello sport e, prima ancora, del vivere civile. Nel corso di quello stesso disgraziato match, Mexes (Milan) ha pensato di poterla fare franca colpendo, non visto, con un pugno Borriello (Juve). Il francese non ha ancora capito che le scorrettezze di gioco, possono essere imputate a posteriori, tramite registrazione dell’incontro. Il medesimo ricorso non è però utile a stabilire se la palla sia entrata o meno in porta. Mistero glorioso. E a proposito di linea di porta, c’è da chiedersi come una palla, che l’abbia varcata per quasi un metro, sia sfuggita alla valutazione di una terna arbitrale di provata esperienza. O meglio, l’arbitro ha ben interpretato l’azione, confermando la segnatura, ma il guardalinee, in posizione obiettivamente più felice, ha richiamato l’attenzione del direttore, assicurandogli che la palla non era entrata. Buffon, che nella circostanza l’aveva smanacciata con affanno, ha potuto salvare la sua squadra dalla probabile sconfitta, ma subito dopo s’è fatto il più clamoroso degli autogol. Al termine dell’incontro, infatti, dichiarava che non sapeva se la palla fosse entrata o meno e che, comunque, se ne avesse avuto certezza, sicuramente non l’avrebbe detto all’arbitro. Ora, tutti sappiamo che non è il caso di incartarsi in olimpiche considerazioni sull’onestà della gente, sull’obiettività degli sportivi, sulla trasparenza degli atleti. Tutti siamo a conoscenza che esistono macroscopici interessi dietro a qualsiasi manifestazione sportiva, persino dietro a quelle amatoriali, per cui la dichiarazione di Buffon può far trasecolare gli ingenui, ma non scuote più di tanto chi sta con i piedi per terra. Non si parli però di ipocrisia, perché così facendo si rischia di liquidare con un’accusa gratuita quella che è, e che resta, una colpa. Un giocatore della nazionale è oggetto di emulazione per i giovani, i quali non si preoccupano del fatto che il loro idolo rispetti o meno le leggi dello sport, ma accettano tout court lui e le opinioni che esprime. La leggerezza del portiere della Juve sta, appunto, nella colpevole libertà con cui si è espresso, senza saperne valutare le conseguenze, offrendo ai giovani un esempio di furbizia dozzinale, perfettamente in linea con l’andazzo che ad ogni livello della vita sociale e politica investe il paese in questo particolare momento. Se Mexes s’è beccato tre giornate di squalifica per il pugno all’avversario, Buffon meriterebbe di non mettere più piede in un campo di calcio. Il dramma della situazione è che i parsimoniosi casi edificanti che si verificano nei campi di gioco di tutt’Italia e che lasciano sperare bene per il futuro di questa disciplina, sono destinati a restare nel limbo dei buoni esempi. Qualche tempo fa, in un campetto di periferia di Terni, un giocatore che s’era visto assegnare dall’arbitro un calcio di rigore, ha corretto la decisione del direttore di gioco, dichiarandogli che l’avversario non aveva commesso nessuna scorrettezza. Il Sindaco di Terni, in una lettera inviata al selezionatore della nostra nazionale, ha chiesto di valorizzare, nella forma che l’allenatore avesse ritenuto più opportuna, la nobiltà del gesto del giocatore della squadra locale, Fabio Pisacane, per aver respinto, insieme al suo collega del Gubbio, Simone Farina, un tentativo di combine accompagnato dall’offerta di 50.000 euro. Se ci unissimo tutti nel premiare i gesti positivi che lo sport propone e che stanno alla base della sua essenza, dando visibilità a chi, nel nome della lealtà del confronto, persegue princìpi di rispetto e coerenza, la leggerezza con cui Buffon ha manifestato le sue opinioni, potrebbe anche passare inosservata. Ma così non è. I brutti esempi godono del privilegio della visibilità, rendendo, così, inutili gli sforzi educativi della famiglia e della scuola, condannate a una perpetua lotta contro i tentativi quotidiani di minare il faticoso cammino di formazione di cui sono chiamate a farsi carico. E’ triste constatare come un buffon qualsiasi possa tanto facilmente incidere nel vanificare sforzi e progetti di una società convinta di non dover mai rinunciare a costruire un mondo più equo e rispettoso dei valori in cui credere. Ing. Giocondo Talamonti
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GLI UOMINI NUOVI DI INTERAMNA NAHARS Via Cesare Battisti, Terni: costretta fra due edifici del Novecento, agonizzante simbolo dell’abiura della nostra città alle proprie gloriose origini romane, v’è la drammatica testimonianza d’uno dei pochi bastioni ch’ancora s’ergono a difesa dell’avita nostra memoria. Quest’ultimi, in ere antiche, proteggevano il nostro centro urbano ove tal compito non era mirabilmente assolto dal fiume Nera e dal torrente Serra; almeno fino al fatal giorno che fu oltre due secoli e mezzo orsono, quando venne decisa la distruzione della quasi totalità della nostra cinta muraria. L’ufficiale motivazione di tale provvedimento, accolto con favore dalla popolazione, fu emblematica: le suddette opere di fortificazione apparivano al termine del XVIII secolo come inutili e, costituendo un ostacolo per la vista del panorama della contrada ternana ed intralciando l’accesso alla città a causa del fossato che le circondava, molti dei propri tratti avrebbero dovuto essere distrutti e ridotti in pietre, che furono successivamente reimpiegate per la costruzione della chiesa del Carmine. È a questo punto che ci si potrebbe interrogare sulla ragion d’essere di un aggettivo come “emblematica”, da me precedentemente utilizzato: in fondo, si potrebbe pensare, codesta decisione fu adottata solamente per risolvere dei problemi d’ordine pratico. Sono tuttavia sicuro che, se tutti noi conoscessimo realmente le dure battaglie combattute dai nostri padri in difesa d’un Municipio romano orgoglioso della propria autonomia prima, e d’un fiero Comune dopo, sapremmo che esso, come molte altre sorelle città italiane, individuava in vetusti tempi nelle proprie mura il simbolo della libertà dal dominio di Re, Pontefici ed Imperatori! Né i Goti di Alarico nel 408 dC, né l’esercito di Totila a metà del secolo VI, tanto meno le soldataglie del poco Cristiano di Magonza, vescovo e cancelliere di Federico I di Svevia nel 1176, riuscirono a rendere decadente rovina l’antica Interamna Nahars: essa sempre risorse insieme alle proprie mura e mai si piegò alla forza devastatrice delle fiamme, aizzate da coloro che tentarono di seppellire sotto le sue stesse macerie la memoria d’una città che, sino al termine dell’esilio di colui che siedeva sul trono di Pietro, in nessuna occasione si inginocchiò ai piedi di chi la voleva schiava d’un potere oppressore. Se tuttavia non furono eserciti nemici a rendere cenere il ricordo della nostra storia,
fummo noi stessi: esso giace sepolto nella torre ultima di via Cesare Battisti, assediata non da orde barbariche, bensì dalle antiche edere, poiché noi, figli ingrati della nostra città, la lasciammo vittima del giogo dei secoli. È tuttavia ora, agli albori del millennio III, giunta una nuova era: è oramai terminato il tempo in cui i segni del nostro passato, se ingiustamente considerati di minore importanza, furono abbandonati al proprio destino. La nostra Terni, come del resto l’Italia tutta, ha un disperato bisogno di uomini nuovi, uomini provanti realmente un sentimento d’amore verso la propria terra natia, uomini che non consentirebbero mai che le tracce di una civiltà straordinaria quale fu quella romana siano in tal pietoso stato, uomini come fu, nella propria epoca, il Conte Elia Rossi Passavanti. Egli, medaglia d’oro nella I e nella II guerra mondiale, ufficiale nella spedizione di Fiume e corrispondente di Gabriele D’Annunzio, giornalista, deputato fascista durante la XXVII legislatura, magistrato della Corte dei Conti, professore universitario di contabilità di stato presso l’ateneo “La Sapienza” (già Regia Università di Roma) e storico locale, mai rinunciò al legame che indissolubilmente lo univa alla città ove ebbe i propri natali, sebbene essa lo rifiutò come proprio Podestà poiché non era disposto ad accettare l’ingerenza nella vita politica di Terni dell’allora classe dirigente dell’acciaieria. A dimostrazione di questo nobile sentimento, Elia Rossi Passavanti fece dono alla città di tutto ciò a lui più caro: la propria biblioteca, il proprio archivio, i cimeli raccolti durante l’avventura nell’Africa Italiana e, soprattutto, la possibilità per i giovani “che si fossero distinti nello studio in ogni campo dello scibile” di ottenere borse di studio, tramite l’istituzione della T.O.E. (Ternana Opera Educatrice). Rendendo omaggio alla figura di questo eroe di guerra, credo sia quindi opportuno riproporre l’appello, umile ma ambizioso, che egli pronunciò commentando una propria opera letteraria sul passato di Terni: si dice che la storia si riscriverà sempre, perché l’ideale storico è irraggiungibile. Se questo mio studio dovesse servire soltanto a trascinare i miei concittadini ad applicarsi ad altre ricerche storiche intorno alla città nativa, e al sorgere e svilupparsi di quella portentosa civiltà, fino ad ora ignota e dimenticata, e all’importanza ch’essa ha avuto nella formazione della civiltà italica, allora mi riterrò soddisfatto. F r a nc e s c o N eri Classe IIA ScM L. Da Vinci
Un archeologo americano, il Professor Winkler, messosi sulle tracce del Fanum Voltumnae -il luogo dove annualmente si riunivano i dodici Lucumoni etruschi per decidere chi sarebbe stata, qualora vi fosse necessità, la guida della confederazione- approda a Tarquinia, dove iniziano a ripetersi dei misteriosi omicidi, eseguiti secondo macabri rituali etruschi. La città, inoltre, è al centro degli studi di un professore di genetica e di un etruscologo, impegnati a comparare il Dna di alcuni cittadini volontari con quello rinvenuto dalle ossa degli Etruschi, restituite dalle antiche necropoli. Le forze dell’ordine si metteranno alla ricerca della verità, dove tutto, però, sembra portare a un unico indiziato. Il male è sceso sulla terra con piedi umani e gli Etruschi sono ancora vivi... Riccardo Cecchelin, giornalista professionista, è attualmente responsabile del Corriere di Viterbo. Già inviato e poi caposervizio dei “Fatti della vita” (cronache nazionali) e della cronaca di Milano del Giorno, capo della redazione di Terni alla Nazione e al Corriere dell’Umbria. Autore di un romanzo con le Edizioni Mediterranee, Omero, la mia vita con gli Etruschi, tre gialli storici per la Garden Editoriale e altre pubblicazioni tra cui il libro La guerra del fumo dedicato alle curiosità raccolte, come capo della cronaca del Giorno di Milano, durante lo sciopero dei Monopoli di Stato, con la presentazione di Paolo Liguori. Ha diretto una tv privata e ha realizzato numerosi programmi radiofonici per la Rai 3 della Sardegna. Come consulente giornalista ha anche collaborato a Domenica In con Raffaella Carrà.
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Una soffitta sull’Universo Leonardo era sempre più sorpreso ed incuriosito da tutte queste cose nuove che stava apprendendo. Capiva benissimo la vastità dell’argomento e che non poteva imparare tutto insieme, ma voleva saperne di più. Cosa sono le fasi lunari?... Devi sapere che esse descrivono il diverso aspetto che la Luna mostra durante il suo moto, causate dal suo diverso orientamento rispetto al Sole. L’intero ciclo delle fasi lunari, praticamente l’intervallo di tempo compreso fra due fasi uguali, dura circa 29,5 giorni. In realtà la Luna non cambia la sua forma, che rimane sempre sferica, ma poiché orbita intorno alla Terra, si vedono parti diverse della sua metà illuminata dal Sole, così a noi sembra che il nostro satellite passi gradualmente dalla forma di uno spicchio a quello di un disco e viceversa. Il telescopio Overlook spiegò a Leonardo che, durante la fase di Luna Nuova, essa è posta tra la Terra e il Sole così noi non riusciamo a vedere la parte illuminata dalla stella, che in questo caso è la faccia che noi non vediamo. Di fatto è come se non vedessimo alcuna Luna. Man mano che la Luna si sposta verso Est, vediamo una frazione della sua faccia illuminata, sempre più grande ogni giorno che passa. Pochi giorni dopo la luna nuova, vediamo una falce sottile nel cielo occidentale. La falce diventa sempre più grande. Quando metà del disco lunare appare illuminato, si parla di “primo quarto”, perché in quel momento la Luna ha compiuto un quarto del suo percorso mensile. La Luna continua a crescere. E quando la Terra è tra il nostro satellite ed il Sole riusciremo a vedere tutta la faccia, quella ovviamente a noi visibile, illuminata. Parleremo così di luna piena. Nella seconda metà del mese, la parte illuminata diventa sempre più piccola di notte in notte. Si tratta della fase di luna calante. La sua forma ripercorre al contrario le stesse fasi della luna crescente, ma con la gobba e la falce rivolte in direzione opposta. Circa una settimana dopo la luna piena, la parte illuminata copre metà del disco: siamo all’ultimo quarto, perché la Luna ha compiuto tre quarti del suo percorso. La parte illuminata diventa poi solo una falce; la Luna sorge e tramonta sempre più tardi, fino a diventare ancora nuova…. Per sapere se la luna è crescente o calante puoi aiutarti con un proverbio che dice: “Gobba a ponente, luna crescente, gobba a levante, luna calante”… Sì, ma come faccio io a capire qual è ponente o levante?... Un piccolo aiuto…guarda la falce formata dalla Luna e traccia una linea immaginaria che unisce le due punte e prolungala. Se quello che vedrai è una “P” la gobba è a ponente, se invece vedrai una “P” ribaltata…in quel caso sarà a levante…. Spettacolare! Adesso potrò insegnare anche ai miei amici tutte queste cose! Non vedo l’ora che ricominci la scuola per raccontarle!... E quante altre ancora ne hai da imparare amico mio!... Mi spieghi anche il fenomeno delle eclissi?... Ma certo Leo! Possono essere totali o parziali e, per quello che ci riguarda da vicino, parleremo di quelle lunari o solari. Un’eclisse di Luna è un fenomeno ottico durante il quale l’ombra della Terra oscura del tutto o parzialmente la Luna e che si verifica in particolari condizioni, ovvero quando la Luna è piena e la Terra si trova tra essa ed il Sole… E quella solare?... Anch’essa è un fenomeno ottico: la Luna, trovandosi in allineamento tra la Terra e il Sole, durante la fase di Novilunio, produce un cono d’ombra sul nostro pianeta che oscura parzialmente o totalmente il disco solare. E’ un evento abbastanza raro… Spero anche io di poterlo osservare un giorno!... Vuoi sapere una particolarità sulla Luna?... Voglio sapere tutto!... Se i tuoi amici saltassero sulla Terra e tu sulla Luna, vinceresti di certo tu in una gara di chi salta più in alto!... E perché Overlook?... Perché sulla Luna la forza di gravità è molto più debole di quella sulla Terra, ciò significa che lassù peseresti un sesto del tuo peso terrestre e salteresti sei volte più in alto!... Forte! Se trovo il modo di andare sul nostro satellite sfiderò i miei amici!... disse Leonardo facendo l’occhiolino al suo amico-maestro. La prima serata di osservazione si concluse con una lunga osservazione della luna che quella sera era al primo quarto… una sottile falce nel cielo che racchiudeva qualcosa di magico e misterioso e fonte di ispirazione per poeti e cantati di tutti i tempi. Michela Pasqualetti m ik y p a s 7 8 @ v irg ilio . it
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Talete, Anassagora, Platone, gli Stoici, concordando con i matematici, ritengono che la luna si occulta mensilmente perché è in congiunzione con il sole, da cui è illuminata tutt’intorno; si eclissa, poi, perché cade nell’ombra della terra, la quale quindi si viene a trovare in mezzo ai due astri, mentre il sole si eclissa quando gli si oppone la luna. Aëtius, II 29, 6-7 [Doxographi graeci 360, da Posidonio]
Parliamo delLA LUNA Le eclissi – Seconda Parte Le eclissi rappresentano i fenomeni astronomici più straordinari visibili senza l’ausilio di strumenti ottici particolari, salvo filtri idonei a salvaguardare la retina. Le eclissi di Luna, argomento trattato nel numero precedente, possono passare inosservate ai non appassionati perché, ovviamente, avvengono di notte. Quelle di Sole, al contrario, specialmente se totali, verificandosi di giorno, riescono a provocare un autentico sconvolgimento temporale dell’attualità. Chi durante la sua vita ha la fortuna di assistere almeno ad un’eclisse totale di Sole, potrà ritenere di essere stato presente all’evento celeste non distruttivo più impressionante e coinvolgente visibile dalla Terra (nulla togliendo alle aurore boreali). I colori che via via assume il cielo, in special modo se in presenza di nuvole, gli uccelli che disorientati tornano al nido ammutoliti, la gelida brezza che risale dalle vallate che inaspettatamente ti investe, costituiscono soltanto la cornice allo spettacolo unico offerto dalla sovrapposizione prospettica, graduale, della Luna sul Sole. Il momento più emozionante è il raggiungimento della totalità. L’ultimo raggio di Sole, visibile un attimo prima che la stella venga sormontata completamente dalla Luna, produce un brillamento tale da far rassomigliare l’immagine ad un ”anello di diamanti”. Da questo momento chi domina è solo la timida circonferenza del disco solare, immersa nel buio del cielo da cui emergono, come protuberanze, le fontane di fuoco generate dall’enorme energia che il Sole produce al suo interno. Affinché si verifichi l’eclisse occorre che il nostro pianeta venga a trovarsi in corrispondenza di un nodo e transiti tra la Terra e il Sole durante il novilunio. Come descritto nel numero precedente, i tre astri vengono a trovarsi precisamente allineati e il disco lunare occulta quello solare. Il cono d’ombra generato dalla Luna, essendo poco esteso, date le esigue dimensioni del satellite, si proietta su una fascia ristretta della superficie della Terra e solo all’interno di essa il fenomeno si presenta nella sua totalità. Nelle regioni immediatamente limitrofe, incluse nella zona di penombra, sarà possibile osservare il fenomeno in forma parziale. Più precisamente: La distanza tra Terra e Sole è circa 400 volte superiore a quella tra Terra e Luna. Poiché la Luna ha il diametro circa 400 volte inferiore a quello del Sole, avviene che, visti dalla Terra, i due corpi celesti ci appaiano precisamente sovrapposti. Le differenze tra i diametri e le distanze fanno sì che la durata della sovrapposizione totale duri non più di pochi minuti. Una eclissi di Sole è condizionata anche dalle diverse distanze a cui vengono, ogni volta, a trovarsi i tre protagonisti a causa dell’ellitticità delle loro rispettive orbite. Quando la Luna si trova alla minima distanza dalla Terra (perigeo) e la Terra, a sua volta è posta alla massima distanza dal Sole (afelio), in coincidenza di una eclisse, il disco lunare apparente avrà la massima estensione, mentre quello solare avrà la minima. Queste condizioni determinano una eclissi totale in aree ristrette della superficie terrestre, e parziale nelle immediate vicinanze di essa. Al contrario quando la Luna si trova alla massima distanza dalla Terra e la Terra, a sua volta, alla minima distanza dal Sole si avrà una eclisse anulare perché il disco lunare ci appare di dimensioni inferiori di quello solare. Esaurire l’argomento eclisse in poche righe non è agevole, mi auguro soltanto che questa lettura possa stimolare il lettore ad approfondire la conoscenza dei fenomeni astronomici. La nostra associazione, negli spazi dovuti, è sempre a disposiEnrico Costantini zione.
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Andre vite su lu cosmu L’andra sera… io… Zzichicchiu e… Sette capocce e ‘n papariellu… ‘n amicu che a ssintillu parla’ capisce tuttu issu… stavamo su ppe’ le Cimitelle a ‘mmira’ la vorda celeste. C’era ‘n’arietta frizzantina che tt’aveva arpulitu tuttu lu celu e tramezzu li castagni se vedevono ‘n saccu de stelle a bbrilla’. A ‘n certu puntu me tt’è scappatu da di’… Chissà se dda quarche andra parte ce sta quarchidunu che sta a gguarda’ per aria come nnoi?... Sette capocce subbitu ha fattu… ‘Mbè… te pare che anche su ppe’ li Prati non ce sta quarche andru che sta a gguarda’ lu celu!?... J’ho datu ‘n’occhiataccia e… Capisci sempre subbitu a vvulu!... ‘Ntennevo di’… se cce sta che andra vita su ppe’ ll’universu!… Zichicchiu ha capitu subbitu che l’aria s’era fatta ‘n bo’ pesantuccia tra noi ddue e ppe’ non facce litiga’ è ‘ntirvinutu… ‘Gni stella è ‘n Sole che ppo’ ave’ quarche ppianeta che je ggira ‘ntorno… sulu che… li pianeti… modestia a pparte devono èsse come lu nostru… non devono staje né tantu vicinu da arrosti’ né tantu lontanu da ggela’… non devono èsse né tantu picculi che non riescono a ttrattene’ l’aria… né tantu grossi ‘n do’ l’aria po’ èsse tantu pesante da schiaccia’ tuttu quantu… ’nterrompennulu j’ho fattu… E quanti mai possono èsse?... E issu… Li pessimisti dicono che ssu la galassia nostra ce stanno 100 mijardi de Soli… l’ottimisti 300 mijardi… tra quilli… de sistemi solari come lu nostru ‘n posizzione ggiusta… li pessimisti dicono che cce ne stanno 10 mijoni… l’ottimisti 1 mijardu... tra quisti dove ce possono sta’ armeno li batteri o animalitti più ccumplicati… li pessimisti dicono che cce ne possono sta’50… l’ottimisti 1 mijone… de pianeti ‘n do’ ce possono sta’ l’intelliggenti e li tecnologgici come nnoi... pe li pessimisti so’ ttanti meno de unu… pricisamente 0,0000001… pe’ l’ottimisti 600.000… e quistu sulu pe’ la galassia nostra!… Ma se le galassie dicono che sso’ 100 mijardi… lu cuntu se fa prestu… murtiplicanno ‘n bo’ tuttu pe’ 100 mijardi so’… a ’llu puntu Sette capocce che pperdeva sempre l’occasione bbòna pe’ stassene zzittu… ha ‘nticipatu Zzichicchiu dicenno… Be’… ve faccio subbitu lu cuntu io… pe’ lu pessimista so’ 10.000 e ppe’ l’ottimista 60 mijoni de mijardi … ‘mpara Lunardi’ che no’ l’artrovi più unu come mme mancu su ‘cche andru pianeta!… Datu che ‘ll’aria da capiscione me dava lu vordastommicu so’ ‘ntervinutu e… A èsse ottimisti speramo che ‘n ce ne sta gniciunu… ma anche a èsse pessimisti… te pare che non s’artrova quarchi andru che tt’arsumija su ppe’ ll’universu!?... La probbabbilità è arda… co’ ttutte quelle cellule messe a ccasu che cciài su ppe’ la capoccia!? paolo.casali48@alice.it
LA SICUREZZA DEI TUOI INVESTIMENTI
Quanta neve... e che freddo! … vuoi vedere che c’ entra il Signor Maunder? Possiamo dire senza ombra di dubbio che quest’anno quasi tutti gli italiani sono stati costretti a fare la settimana bianca! Tanta neve e temperature così basse non si ricordavano da tempo e così tutti quanti ci siamo dati un gran da fare a commentare l’evento: dalla solita battuta “Nevica, governo ladro!” (ritoccata per l’occasione) a discorsi più seri sul clima e sull’inquinamento. Ma noi valuteremo insieme un’altra ipotesi sulla causa di questi fenomeni atmosferici estremi, una causa che viene da lontano: il Sole. Possibile che il Sole, così caldo, abbia potuto sommergerci di neve e farci sentire così freddo? Cominciamo il nostro percorso. Fin dal 1610 Galileo Galilei osservò le macchie solari, ovvero delle regioni della superficie del Sole che hanno una fortissima attività magnetica e una temperatura minore rispetto a quella circostante. Ma addirittura in un documento cinese del 29 aC viene descritta l’osservazione a occhio nudo di una macchia solare, che venne definita “un vapore nero grande come una moneta”. Si suppone che la macchia in questione, per essere osservata a occhio nudo, avesse un diametro di almeno 40mila Km e che l’avvistamento fosse stato possibile a causa del sollevamento della polvere dal deserto dell’Asia Centrale, che diminuiva la brillantezza del Sole. Vorrei ricordare che, quando la sua superficie presenta un considerevole numero di macchie, il Sole attraversa una fase di maggior attività ed emette maggior energia nello spazio circostante. Il numero delle macchie però non è costante: durante il periodo di maggior attività si possono presentare sulla superficie solare numerosi grandi gruppi di macchie, ma nel periodo di minimo, queste possono essere assenti del tutto anche per lunghi periodi. L’intervallo che intercorre tra la fase di massima e minima attività è detto ciclo solare ed ha una durata media di 11 anni. Detto questo, veniamo al Signor Edward Maunder (1851-1928), un astronomo britannico dell’Osservatorio Reale di Greenwich, il quale scoprì che nel periodo dal 1645 al 1715 (che da lui prese il nome di Minimo di Maunder) vi fu una bassissima attività solare e il sole presentava pochissime macchie. Anzi, all’interno di questo periodo, per circa 30 anni, gli astronomi osservarono solo una cinquantina di macchie, mentre normalmente ne venivano osservate decine di migliaia. Il minimo di Maunder corrispose ad un periodo meteorologico di freddo intensissimo, con temperature polari. Uno studio condotto da due ricercatori italiani, ha analizzato le caratteristiche degli inverni di quel periodo: 1677, grande freddo con gelo di alcuni fiumi - 1684 grande gelo da gennaio, con pesanti nevicate e gelo di fiumi e pozzi - 1691, 1697 e 1705 inverni miti in dicembre e gennaio e poi da febbraio pesanti nevicate - infine il 1709 un inverno polare, a Venezia oltre 1 metro e mezzo di neve, temperatura a -17,5° e gelo della Laguna Veneta. Pochi sanno che c’è stato un altro minimo dell’attività solare tra la fine del 1700 ed il 1830, il minimo di Dalton, a cui è corrisposto un altro periodo glaciale in Europa ed in Italia, caratterizzato da correnti siberiane verso l’Europa e l’Italia. A Londra ghiacciò il Tamigi, altrettanto la Laguna Veneta (in Italia il Febbraio 1814 fu uno dei più freddi di tutti i tempi). Nell’inverno 1829-1830 ci furono nevicate pazzesche nella pianura padana, con 2 metri di neve a Bologna e temperature a -16°, mentre nel 1837 si registrarono -23°. Certo che, sentendo queste temperature e queste quantità di neve viene istintivo fare un parallelo con l’inverno di quest’anno, ma soprattutto con il fatto che, a partire dal 2000, c’è stata una attenuazione dell’attività solare con un conseguente minimo di macchie, anche se il clima non dipende solo dall’attività solare, ma anche dai cicli che caratterizzano l’andamento delle temperature oceaniche, dall’inquinamento atmosferico, e dalle eruzioni vulcaniche. Cosa ci dobbiamo aspettare per i prossimi anni? Fiorella Isoardi Valentini
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Osservatorio Astronomico di S. Erasmo Osse r vaz ioni pe r il gior no ve ne r dì 3 0 m a r z o 2 0 1 2 Basta con gli ammassi aperti e globulari, basta con galassie e nebulose, questo mese punteremo solo ed esclusivamente la Luna e nei minimi dettagli! Questo perché il nostro satellite si troverà ben alto a sud, è al suo primo quarto e nelle migliori condizioni di osservazione, dal momento che i raggi del sole, radenti il suolo lunare, mettono in risalto, con uno stupendo gioco di luci ed ombre, i rilievi e le depressioni, specialmente nella zona limitrofa il “terminatore lunare” (la zona che divide la notte e il giorno sulla superficie lunare). Saranno ben visibili i Mari Serenitatis, Tranquillitatis e Foecunditatis; i Monti Caucasus, Apennini e Alpes; a decine si conteranno i crateri, fra cui spicca il famoso Tyicho con i suoi 85 Km di diametro. Naturalmente ad occhio nudo osserveremo tutte le costellazioni invernali, da Orione, ai Gemelli, al Leone… e per chi resterà a sfidare le basse temperature, sarà ripagato da una visione di Saturno che di mese in mese anticiperà la sua levata da est. Tonino Scacciafratte
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I MODELLI DEI MONELLI
Matematica per scoprire non per ritrovare né per ripetere LO SAI? abac, abakoj lastra, tavoletta per calcoli cosparsa di sabbia (su cui si tracciavano le righe sulle quali si posavano i sassolini) ABACUS - ABACO tavolo da gioco, tavoletta di marmo, tavola per calcolo CALCOLO dal latino calculus, sassolino, piccola pietra, ma anche pietruzza per abaco, utilizzata quindi per calcolare
La matematica è stata insegnata per secoli, e lo è purtroppo spesso anche oggi, in modo autoritario. Questa è la verità, imparala e ripeti con me la sua necessaria dimostrazione. In verità la matematica per sua natura non conosce altre autorità se non la ragione e l’esperienza. In quanto massima semplificazione (riduzione alla nuda struttura), la matematica è forse l’unica scienza nella quale le affermazioni false sono, in generale, confutabili da chiunque. Non c’è altro ramo di studio e ricerca nel quale l’allievo sia così alla pari col maestro come la matematica. La matematica, perciò, è il terreno di lavoro più favorevole allo sviluppo di personalità democratiche, autonome, libere e indipendenti intellettualmente e nello stesso tempo di menti oneste, che considerano sempre tutte le possibilità e che sono pronte ad accettare critiche fondate. Di qui una possibile centralità dell’insegnamento matematico non solo nella formazione dell’intelletto, ma in quella della intera personalità. Lucio Lombardo Radice (ROCCA, novembre 1976)
CALCOLARE elaborare un insieme di dati per cui, attraverso un numero finito di operazioni o di procedure o di algoritmi, si perviene ad un risultato
Scuola media inferiore: convegno per docenti e discenti, venerdì e sabato. Venerdì, nell’ampia sala, relatori e docenti; sabato gli stessi più i discenti. Venerdì noioso e di routine, sabato frizzante e stimolante. Sul finire si alza un docente, ringrazia, ma chiede agli esperti perché relazioni così interessanti ed esempi così avvincenti non fossero stati comunicati anche a loro, il giorno prima. Il capo-relatore risponde che sono state dette sempre le stesse cose, solo con linguaggio diverso, quello di sabato più adatto ai ragazzi delle scuole medie. L’insegnante, senza pensarci su, invita i relatori ad esprimersi sempre mediante l’ultimo linguaggio, così capirebbero bene anche i docenti. Seguì ovazione per l’insegnante impertinente. Ma sì... va bene per i bambini delle elementari, a maggior ragione andrà bene per diplomati e laureati. Siamo convinti che se è ok per i bambini, vada bene, anzi benissimo, anche per gli adulti. In più, vogliamo dimostrare che la matematica che noi conosciamo è la disciplina più semplice al mondo, la più bella, la più umana.
Abaco etrusco
Abaco romano
tascabile
COMPUTARE dal latino computo, as, computare CONTARE Dal latino computare (contratto in comp’tare) composto da con = cum, insieme e putare, calcolare. Numerare progressivamente, verificare il numero PUTARE significa pulire, nettàre, tagliare, potare, asportare per taglio, amputare, confrontare per trarre la somma netta ma, per associazione di pensiero, trasmigrò in quello di calcolare, contare, tirare il conto e poi all’altro metaforico di pensare, giudicare, opinare, considerare, volgere nell’animo, riflettere (che è quasi l’opera e il risultato di un calcolo), d’onde si ebbero le voci Com-putare, Compitare, Compito, De-putare, Dis-putare, Imputare, Re-putare. Giova osservare che dalla idea materiale di render netto, render puro è facile la transizione a quella morale di rendere o esser chiaro, evidente alla mente, onde il senso di Opinare, che è in Reputare
A c u ra di G i am p i e ro R a sp e tt i
COMPUTER Il termine computer deriva dal verbo inglese to compute, a sua volta derivato dal latino computare attraverso il francese computer. L'etimo latino è composto da com = cum (insieme) e putare (tagliare, rendere netto - da cui l'odierno potare) e significa propriamente: "confrontare per trarre la somma netta" Un computer (in italiano "calcolatore" o "elaboratore") è una macchina in grado di eseguire automaticamente sequenze di operazioni logico-aritmetiche sui dati in ingresso (input) e di restituire i risultati di tali operazioni in uscita (output).
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RACCONTARE composto dalla particella re indicante ripetizione e contare, narrare (enumerare narrando e descrivendo).
6+2=1 9+5=2 22 + 5 = 3 4+2=1
Se capisci quali eventi di normale quotidianità rappresentano le scritte matematiche a sinistra... sei davvero geniale! Se fatti, fenomeni, noumeni, enti, azioni, persone assumono a volte sembianze non usuali, è bene che tu, comunque, riconosca cosa c’è sotto e le maniere diverse per rappresentarli e per conoscerli davvero. Altrimenti tutti i ladri con giacca e cravatta, magari potentissimi e sedicenti timorati di Dio, potrebbero essere per te degli autentici galantuomini.
FA I AT T E N Z I O N E ! 2+2=? a+a=? b + 2b = ? 3 caf + 2 caf = ? 2 caffè + 1 caffè = ? 1 gatto + 2 cani = ? 1 fiore + 1 fiore = ? 3 gatti + 6 gatti = ? 1 re + 1 re = ? 2 gatti : 2 = ? 1 mela + 1 mela = ? Matematicamente hai commesso almeno 3 errori! Rifletti di più e bene! Il buon Ludwig Wittgenstein diceva: se sai dillo chiaramente, altrimenti taci! Peccato morale di molti adulti è quello di affermare cose che non conoscono (addirittura affermazioni perentorie su cose indimostrabili!); vizio veniale di molti ragazzi è quello di buttare là la prima risposta che viene in mente, anche se inessenziale o assurda o ridicola. Molti giovani, ma anche diversi meno giovani, cercano di mettersi in evidenza a tutti i costi, non importa se demenzialmente o intelligentemente. Fare matematica significa invece, soprattutto, pensare un po’, prima di aprir bocca ed emettere fiato, significa considerare, putare. Domandarsi anche, ad esempio, se lingua italiana e linguaggio matematico abbiano sempre uguali regole!
C A L C OLA
7 6 2 + c b = c 4 3 3 a 4 + 1 b + a 4 7 = 9 1 3 6 a 2 + b b + a 2 7 = 7 7 2 5 a 6 + a b + c b 6 = 8 1 6
Soluzioni nel prossimo numero... così hai più tempo per pensare!
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