La pagina novembre 2005

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Sepolcri

Con affetto

Raffaela Trequattrini Motivati dalle tante manifestazioni di stima e consenso nei riguardi del nostro lavoro, noi de La Pagina abbiamo deciso di aderire, ospitandola anche presso la nostra sede, ad un’associazione culturale la cui finalità è quella di consentire ad un numero sempre maggiore di cittadini di potersi pronunciare pubblicamente su tematiche di attualità e cultura. L’associazione si chiama Free Words, parole libere e, chi volesse valutare l’eventualità di iscriversi, può trovare tutte le specifiche a pagina 4. L’associazione, che è apartitica e senza fini di lucro, ci aiuterà a raccogliere fondi per intraprendere una serie di iniziative sul territorio, relativamente alle quali sarà proprio La Pagina l’organo preposto alla divulgazione. L’essere svincolati da intenti di propaganda politica o comunque di sostegno ideologico rispetto a qualsivoglia centro di potere, infatti, da un lato ci penalizza, ovvero sotto il profilo economico, dall’altro ci ripaga ampiamente come segue a pag. 2

Maria de Gratias

Alessia Melasecche

Corrado Pani

Il fatto avvenuto all’uscita dalla scuola “L. Valli” di Narni scalo, in cui un ragazzino ha procurato fratture multiple al viso di un compagno di classe ci provoca, oltre che disgusto, qualche considerazione. Nelle cronache dei giornali locali s’è parlato di spintoni. Fonti attendibili ci hanno riferito una modalità assai più violenta, della quale qui non ci interessa parlare: cronaca non ne facciamo. Non abbiamo alcuna difficoltà a negare una responsabilità diretta della L. Valli se, come è stato riferito, il fatto è avvenuto fuori dai cancelli. Ma responsabilità indirette ce n’è più d’una. Un ragazzino di scuola media non arriva da un giorno all’altro a massacrare un compagno di classe. segue a pag. 2

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Vincenzo Policreti

Attrazione di investimenti: l’Umbria è in ritardo

I paradossi della politica nella cultura contemporanea In aria di pressante e continua campagna politico-elettorale sta tornando à la page condire le proprie arringhe con riferimenti strategici al mondo della cultura, all’importanza della diffusione del sapere, alla fondamentale riforma di sistemi didattici che appaiono sempre più obsoleti rispetto al sistema lavorativo e professionale del nuovo millennio. In verità sembra che l’attenzione al sistema cultura italiano rivesta un’importanza di primo piano nelle speculazioni ora di un ministro ora di un rappresentante illustre della così detta opposizione. I fatti, al contrario, dimostrano una tendenza opposta, poiché, se per cultura si intende appunto diffusione e restauro del sapere tradizionale, nonché valorizzazione ed evoluzione delle nuove e potenziali conoscenze artistiche, umanistiche e scientifiche, pare che negli ultimi anni si sia privilegiata la ricerca tecnologica, nell’illusione - quasi illuministica - che soltanto questa tipologia di

Il Capo di Buona Creanza

N° 9 - Novembre 2005 (29)

Giampiero Raspetti

A PAGINA 2

Civiltà Laica

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TERNIMUSEI Associazione culturale FREE WORDS

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Pollame

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Giulio Viscione

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Politica?

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S. Egidio per l’Africa

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Calce S. Pellegrino

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L’angolo del grandangolo

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Commercio equo e solidale

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Stranieri DOC

Grazie di cuore a Bossi, il senatur; grazie anche agli altri sostenitori dell’italietta delle repubbliche, marinare, lacustri, fiumarole, palustri, pescollose. Grazie perché non avevo mai provato così tanto amore per la mia regione: a voi devo il mio attuale morboso attaccamento. Adesso mi sento avvolto nella cordialità dei miei conterranei, non appiccicosa, mai scostante. Ho nella mente i contadini, gli artigiani, gli operai, le maestranze del nostro territorio, definite più volte le migliori del mondo. E l’assistenza sociale e medica, di primissimo ordine. Ospedali ove sono stato sempre molto bene. Sto rivedendo il film dei luoghi, dei sentieri, dei monti, delle colline, delle valli, dei fiumi, dei laghi, del trionfo della natura che la nostra, e le regioni vicine, rappresentano. Voi beate, vo ripetendo, per le felici aure pregne di vita, e pe' lavacri che da' suoi gioghi a Voi versa Appennino! Le acque, l’oro blu del futuro, che rendono e renderanno segue a pag. 3

Uno dei problemi di cui si discute più frequentemente in Umbria ed a Terni in particolare è quello della difficoltà sempre maggiore da parte delle strutture produttive di dare lavoro a giovani sempre più qualificati, i quali sono spesso costretti ad adattarsi, ad essere sottoccupati, non di rado in settori diversi rispetto agli studi compiuti oppure emigrare, nella capitale, al Nord o all’estero. Questo accade soprattutto per i laureati. Ecco perché talvolta le statistiche, ad usum principii, non tenendo conto dei tanti soggetti che scompaiono dalle liste dei disoccupati, danno un’immagine della realtà molto più edulcorata rispetto a quella reale. Su questo fronte occorre fare molto di più e di meglio. L’affermazione di Schopenauer “ognuno prende i limiti del suo campo visivo per i confini del mondo” non può più trovare applicazione. Anche l’Umbria deve prenderne coscienza se non vuole essere

Il quotidiano La Repubblica ha ricostruito la storia di un falso dossier venduto ai francesi da una spia italiana e divenuto il pretesto per attaccare l’Iraq. La storia comincia nel 1999 quando Rocco Martino, un carabiniere fallito, pluricondannato per truffa, fiuta un affare: i francesi vogliono sapere chi estrae abusivamente uranio dalle loro miniere in Niger. Martino si mette all’opera, contatta un tizio dell’ambasciata del Niger e gli fa rubare la carta intestata dove simula un contratto di vendita di uranio all’Iraq. I francesi acquistano il documento a busta chiusa, poi scoprono che è una bufala, persino il nome del ministro è sbagliato! Tre anni dopo, un “tale del Sismi” chiama Rocco Martino e gli propone un affare: perché non rifilare il pacco agli americani?

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Dall’Italia le prove false per la guerra? Francesco Patrizi


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Il Capo di Buona Creanza

E’ tassativamente escluso che tanto gl’insegnanti quanto soprattutto i genitori non avessero avuto un preciso sentore della piega che il carattere del ragazzo stava prendendo. E, data la gravità vogliamo pensare che anche il preside ne avesse avuto sentore. Che comunicazione c’è stata tra scuola e famiglia? In questo caso specifico non lo sappiamo. Quel che sappiamo però è che negli ultimi anni s’è venuta a creare una frattura tra il fondamentale compito della scuola, di formare il carattere dei ragazzi in armonia con i princìpi che regolano la vita civile e la risposta che in moltissimi casi le famiglie danno ai modi con cui la scuola cerca di perseguire tale compito. In altre parole: quando gl’insegnanti mediante punizioni, ammonimenti, informative alle famiglie criticano (quasi sempre sacrosantamente) il comportamento dei ragazzi, le famiglie, specialmente le madri, si oppongono e li difendono giungendo perfino a seconda del loro grado di buona creanza - a fare piazzate dentro la scuola, con effetti pedagogicamente disastrosi. In un’epoca, ma soprattutto in un Paese in cui alla cultura e alla civiltà viene preferita l’attitudine a far comunque quattrini (e importanti uomini politici stanno in posti direttivi ad avvalorare tale principio), la buona educazione viene vista con sospetto, perché impedisce al soggetto di farsi largo a gomitate, come usa nel mondo della delinquenza e della politica. La scuola viene quindi considerata nemica dell’alunno nel momento stesso in cui, invece di incoraggiarne le virtù predatrici, cerca di arginarle. E poiché, a differenza di carabinieri, militari e pompieri, il

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rischio non è il mestiere né dei presidi né degli insegnanti, accade comprensibilmente che molti di loro, per evitare attacchi personali o comunque grane (hai visto mai il direttore? Hai visto mai il provveditore?…) si tappino occhi, orecchie e bocca. E accade anche, come molti sanno ma non dicono, che nelle scuole si rubi, che circoli e si fumi quasi apertamente ciò che non dovrebbe nemmeno passare dalla porta, che vi sia un crescente bullismo e peggio, che sia tollerato dalle autorità scolastiche, che insomma anche la scuola si avvii, proprio come già avviene alle carceri minorili, ad essere una scuola non già di cultura (ad evitarlo provvederebbe comunque la riforma Moratti), né di formazione, ma di delinquenza spicciola, di furbizia, di prevaricazione. E ahimè, per i deboli che nessuno più difende, di vigliaccheria. Si viene così a creare un gioco perverso in cui la scuola per impotenza, le famiglie per cecità e ignoranza, mettono in atto una sinergia che tende a creare un ambiente in cui la vita di quelli che hanno una vera famiglia alle spalle e che perseguirebbero volentieri cultura e formazione, diviene sempre più difficile. L’educazione è civiltà; la forma è sostanza. Una volta doppiato il Capo di Buona Creanza s’apre un oceano tempestoso nel quale l’unica regola residua diviene uno squallidissimo si salvi chi può. Alla faccia della Costituzione e del sistema scolastico pubblico, ma a vantaggio di quelle scuole private per ricchi, che possono selezionare gli allievi e cacciare a pedate, loro sì, quelli che se lo meritano. V. Policreti

Con affetto immagine. La gente è stanca dei soliti discorsi sentiti e risentiti, volti spudoratamente a suscitare benevolenza nei confronti di determinate Istituzioni o di specifici personaggi. I toni della piaggeria e dell’opportunismo sono ormai facilmente riconoscibili da chiunque, avendo invaso da tempo tutti i settori ed i canali della comunicazione. Ciò si verifica sostanzialmente al fine di carpire contributi pubblici che nel nostro Paese non vengono erogati per meriti, ma in base all’entità dei vantaggi che si arrecano in modo diretto o indiretto a chi detiene le redini dei portafogli. Noi che non facciamo comodo a nessuno, siamo tanto poco appetibili per le Istituzioni per quanto apprezzati da moltissimi privati cittadini che, a quanto ci dicono, leggono articoli scritti senza la minima ipocrisia ed espressi con toni forti e chiari. D’altra parte questa è stata la nostra scommessa sin dall’inizio. Non abbiamo mai aspirato ad emulare le grandi testate sia per non entrare in concorrenza con i giganti, sia perché la maggior parte di noi scrive per passione, per desiderio di comunicare e di uscire da un apparente isolamento intellettuale che poi, quando si trova il coraggio di parlare come si fa nel salotto di casa propria, si scopre essere largamente ingiustificato. Intendo dire che i toni comunemente definiti corretti, altro non sono che la traduzione di ciò che pensiamo in ciò che alla società fa comodo che noi diciamo, per cui i toni corretti non riflettono il sentire comune, ma semplicemente il comune timore di farsi dei nemici. Noi lo vogliamo dire apertamente, così come lo diciamo nel salotto di casa nostra, convinti che non ci sia impegno più importante della difesa della democrazia. R. Trequattrini

Non lasciatevi imporre la libertà di parola prima della libertà di pensiero. Stanislaw J. Lec

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Sagra della lumaca? Sì, grazie. Sagra dello gnocco (o della gnocca)? Sì, grazie. Sagra della cavalletta? Sì, grazie. Sagra di San Firmino? Sì, grazie. Sagra di San Cazziano? Sì, grazie… Sagra Anticlericale? No, grazie! Magari avessero risposto in modo così garbato i politici, che all’annuncio che i ragazzi di un centro sociale di Ponte S.Giovanni (PG) stavano realizzando una specie di festival contro il risorgente clericalismo con tanto di cerimonia dello sbattezzo, di menù a base di strozzapreti, di mostra di vignette anticlericali, di premio al politico più oscurantista. Invece, colti da un irrefrenabile prurito al sedere, alcuni rappresentanti del crisantemo, pardon della Margherita e di AN (A Noi!) sono schizzati dalla sedia (o dalla poltrona?) ed hanno cominciato ad inveire contro l’iniziativa laica e non violenta con espressioni del tipo inquietante e vergognosa nonché perversa e oscena. Ma inquietante per chi? Vergognosa per chi? Perversa e oscena per chi? Sentite, sentite: per tutti gli umbri. Gli umbri dunque ragionerebbero tutti con il cervello, si fa per dire, dei suddetti politici, che ne conoscerebbero le intenzioni o per poteri medianici o per intervento diretto dello Spirito Santo. Siccome ci riesce difficile credere a entrambe le ipotesi, siamo più propensi a pensare che si siano autodichiarati interpreti degli umbri per il nobile motivo che fra qualche mese gli umbri diventeranno elettori. Si è aperta la caccia al voto dei cattolici, che, non essendo tutti clericali e bigotti, speriamo saranno capaci di capire che la libertà di pensiero e di espressione, tutelata dalla nostra costituzione, questa

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sì vale per tutti, anche per gli atei, gli agnostici, i razionalisti, i quali devono poter parlare liberamente così come fa la Santa Madre Chiesa e i suoi tirapiedi politici. A proposito i preti, a quello che ci risulta, non hanno fatto troppo casino, hanno capito che il tutto si sarebbe tradotto in pubblicità per gli anticlericali e infatti la Sagra è finita non solo sui quotidiani locali ma anche su alcuni quotidiani nazionali. Ma un dubbio atroce inquieta le nostre coscienze: a Terni tutto ciò sarebbe successo? Chi lo può dire? Ma presto sapremo se con la nostra associazione Civiltà Laica riusciremo un po’ a spagliare questa città troppo impagliata. Intanto parleremo di eutanasia sabato 19 novembre alle ore 16.00 presso la sala Laura, in Via Carrara n° 2, a Terni, con l’intervento del dott. Maurizio Magnani della nostra associazione e del dott. Giancarlo Fornari e le dott.sse Rossana Cecchi e Alessandra Sannella dell’Associazione Libera Uscita. Nell’occasione sarà proiettato il film Million dollar Baby. Siamo convinti da libertari che ognuno debba poter scegliere la modalità della propria morte senza inutili sofferenze, ma sarà dura: appena nati c’è il prete che ci battezza, durante la vita c’è il prete che ci dice quello che dobbiamo fare, in punto di morte c’è il prete che ci dà l’estrema unzione. Ma che abbiamo fatto di male? Ah, il peccato originale! Civiltà Laica Marcello Ricci PS: non dimenticate di ascoltare tutte le settimane il martedì dalle 18.00 alle 19,30 su Radio Galileo la nostra trasmissione La befana non esiste; è una questione di igiene mentale. Amen


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Internazionalizzare

tagliata fuori dai principali scenari di sviluppo. Emergono quotidianamente nuovi approcci di analisi e di possibile evoluzione del sistema produttivo territoriale, ma che vengono tuttora accantonati frettolosamente dagli attori istituzionali locali per cui l’attrazione di investimenti per produrre e creare ricchezza risulta difficile, non convincente, senza risultati di rilievo. A fronte quindi di una grande industria che riduce la forza lavoro, sia per la delocalizzazione di alcune produzioni come quella del magnetico, sia per le innovazioni tecnologiche che tendono a razionalizzare sempre più i cicli produttivi, occorre che tutti gli attori che interagiscono nel nostro territorio prendano coscienza di questo, sviluppino una cultura non più assistenzialistica, ed agiscano di conseguenza. Le imprese hanno una gamma molto vasta di luoghi in cui localizzarsi, aprire nuove realtà imprenditoriali, assumere personale. La scelta ricadrà su quei siti che riescono a convincere perchè che sono in grado di erogare un’offerta infrastrutturale, tecnologica, scientifica, umana ed ambientale di buona qualità. Talvolta si leggono interventi fortemente ideologizzati e teorici che prescindono totalmente da alcune regole basilari dell’economia che, ci piaccia o no, sovrintendono al comportamento di coloro che, dovendo spesso rispondere ai propri azionisti, agiscono con logiche di mercato. Ne consegue che gli amministratori locali, più che cedere ad una facile demagogia, se vogliono tutelare gli interessi del territorio debbono progettare, agire e confrontarsi con queste regole. Altrimenti la fortissima concorrenza che oggi esiste fra aree diverse, fra i diversi bacini o distretti industriali del Paese e di questa

Europa allargata, spinge quelli non attivi versa una definitiva, dolorosa marginalità. Ne è inevitabile conseguenza, la necessità della costruzione, della difesa e dell’accrescimento di vantaggi competitivi territoriali differenziali, come quello di potenziare le infrastrutture, porre a disposizione aree industriali a basso costo, una formazione professionale non generica ma orientata verso quelle che sono le esigenze delle imprese che dovranno poi effettuare le assunzioni, la messa a disposizione di fattori produttivi, come quello dell’energia, a prezzi sempre più concorrenziali. E su questo punto ci sarebbe molto da discutere. Una corretta ed accorta politica di marketing territoriale è in questo senso uno strumento fondamentale. A che punto siamo in Umbria? Rimane, ad oggi, aperto il problema di garantire un reale coordinamento delle iniziative e di evitare che la sovrapposizione di competenze diventi un limite. L’eterogeneità delle esperienze avviate, i pesanti e costosi insuccessi fin qui accumulati non consentono un giudizio positivo. Si stanno aprendo nuovi scenari. Il Patto di Territorio sottoscritto dal Governo prevede tutta una serie di misure di indubbio interesse, occorre con grande determinazione e lucidità che i soggetti locali sappiano coglierne alla svelta tutte le opportunità. Altrimenti il problema della competitività, quello dell’attrazione di iniziative esogene e della valorizzazione delle attività esistenti rimarrà, come è accaduto troppo spesso, argomento per convegni e pura accademia, mentre i giovani da Terni dovranno sempre più spesso fare le valige ed andare altrove per trovare lavoro e formare una famiglia. A. Melasecche

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Sepolcri ricchissima la nostra terra. Sento l’humus, il nutrimento donato da S. Francesco, eccelso tra gli eccelsi, da S. Benedetto, patrono d’Europa, da S. Valentino, santo dell’amore. La cattedrale comune, posta nel baricentro dei loro luoghi sacrali è la Cascata delle Marmore, cattedrale delle acque. Scorro idealmente le grandi opere dei grandissimi artisti umbri, ripercorro il medio evo che significa, tout court, Umbria. Queste nostre contrade, ripartite tra terre emerse (come Terni) e terre laviche all’intorno, sono ricche, ad ogni passo, di sali minerali diversi e, quindi, i sapori dei suoi frutti sono diversissini. E’ l’Umbria verde dei colori e dei sapori, niente a che vedere con la sbobba dei polentoni. Lieta dell'aer tuo veste la Luna di luce limpidissima i tuoi colli per vendemmia festanti, e le convalli popolate di case e d'oliveti mille di fiori al ciel mandano incensi. Non ho dubbi: mi dedicherò, con scrupolo certosino, a consumare solo i prodotti della mia terra. Colui che sa trattare la carne del maiale è chiamato, in tutto il mondo, Norcino. Sia nell’alta Umbria, sia vicinissimo a noi c’è chi produce insaccati eccellenti. Non sarò più interessato a prodotti che possono solo scopiazzare l’arte antica dei nostri norcini, spesso intrugliando sapori piatti e uniformi. Formaggi sopraffini i nostri, provenienti da capre o pecore nostrane. Acque minerali? Solo Umbre o, come si dice limitrofe. Esigerò i prodotti, dal pane alla pasticceria, eccezionali non solo per la maestria dei mastri fornai ma anche per giusta durezza della nostra acqua. Berrò solo vino, eccellente, dell’alta come della bassa Umbria. Sull’olio non mi dilungo: è il migliore del mondo, lo sanno anche i bambini. Sarò attento, scrupolosissimo, confezione per confezione, bottiglia per bottiglia ed inviterò i commercianti ad esporre con chiarezza e con orgoglio prodotti di esclusiva provenienza locale. Lo devo ai tanti Boss di una italietta privata, se mi sento più umbro che italiano. Amerò, come sempre, la Toscana, il Lazio, l’Abruzzo... tante altre regioni, di ogni continente. Per certune.... avrò invece gli stessi sentimenti di lontananza che un abitante del Newmexico nutre per uno del Texas. Grazie, sepolcri imbiancati, grazie e buon proseguimento di lavoro: consegnare cioè agli Stati Uniti d’Europa la federazione dei quartieri, dei caseggiati, dei condomìni, degli onanisti... G. Raspetti

Dall’Italia le prove false per la guerra? Bush cerca un pretesto per fare la guerra a Saddam e compra il falso dossier. Powell fiuta subito la bufala: l’uranio non solo sarebbe troppo poco per costruire armi di distruzione di massa, ma la qualità del materiale è scarsa, serve per fare proiettili, non missili. I falchi della guerra, però, cominciano a spacciare per attendibile la bufala. Un mese dopo Powell cambia idea. Qui entra in gioco il governo italiano: gli USA chiedono delucidazioni ai vertici politici del nostro paese sul sospetto dossier. Il governo capisce subito che i falchi della guerra vogliono solo una conferma, sanno che si tratta di un dossier fasullo, ma l’Italia può accreditarlo contro gli oppositori della guerra. Presto fatto, il nostro governo non solo conferma l’attendibilità del dossier, ma Panorama (proprietà di Berlusconi, all’epoca diretto da Carlo Rossella, attuale direttore del TG5) lo pubblica in anteprima e, ufficialmente, lo passa all’ambasciata americana spacciandolo per un proprio dossier (poi smentirà). Intanto Rocco Martino lo sta rivendendo sotto banco agli inglesi, che avvisano gli americani di essere in possesso di un dossier scottante (poi scopriranno che è sempre lo stesso dossier). I francesi avvertono gli USA che quello è il pacco rifilatogli dagli italiani nel 1999, ma la macchina della guerra è ormai partita. Alla richiesta di rivelare il

dossier e la sua origine, il Governo italiano ha posto il segreto di Stato, con l’assenso tacito dell’opposizione. Ora Bush ha un debito con l’Italia e può tornare comodo alla destra come alla sinistra, insinua La Repubblica. Il governo italiano ha smentito di aver fornito, per un tornaconto personale, il pretesto per una guerra. Ora anche il New York Times ha scoperto che l’origine del falso dossier è l’Italia. L’unica notizia veritiera che ha fornito il Sismi agli USA, dopo una lunga operazione di infiltrazione in Iraq, è che non ci sono armi di distruzione, ma solo un esercito che non vuole combattere e uno Stato Maggiore che attende di arrendersi al miglior prezzo possibile, rivela una fonte anonima dei nostri servizi segreti a Repubblica (01/11/2005). Conferma il generale Fabio Mini: se ci fosse stato davvero il pericolo di armi chimiche, le predisposizioni tecniche e tattiche sarebbero state diverse; abbiamo visto invece che i nostri carri armati marciavano compatti, i portelloni aperti, i soldati senza le maschere adeguate. Il Sismi avrebbe ufficialmente fornito agli americani le prove delle armi chimiche, mentre sottobanco avrebbe garantito che non c’erano e che la guerra si poteva fare senza rischi. Aspettiamo la verifica di questa ricostruzione. F. Patrizi

I paradossi della politica sapere è cultura, poiché funge da spinta all’intero sistema economico regionale e italiano. E infine cultura è diventato tutto ciò che è in qualche modo connesso alla produzione di beni tangibili, materiali e vendibili. Secondo questa impostazione risultano dunque ragionevoli le riforme del sistema scolastico e universitario approntate in questi ultimi anni e ragionevoli sono anche le continue richieste di sponsorizzazione della ricerca che gran parte degli atenei italiani sono costretti a fare pur di sopravvivere all’interno di questo sistema economico, liberale solo nelle intenzioni. E avrebbero, ancora, una loro logica intrinseca i recenti tagli al FUS (il fondo per lo spettacolo), l’affossamento ai limiti del fallimento di gran parte degli assessorati alla cultura italiani, la sistematica frammentazione dei beni culturali, le mancate ristrutturazioni di tutto il sistema cultura. Eppure con premesse come queste, che appaiono così attinenti alle problematiche della contemporaneità, ci si trova sempre di fronte alla incessante richiesta di una cultura altra da parte della popolazione, confermata, si badi bene, dai sondaggisti e opinionisti che affollano il varietà di Bruno Vespa, dicia-

mo dunque legittimati istituzionalmente. E, come al solito, i politici rispondono con propositi eleganti, con esempi illuminanti, con l’elencazione di prospettive migliori e situazioni migliorabili con un paradosso che accomuna destra e sinistra, maggioranza e opposizione: i programmi politici con cui si batteranno alle prossime e imminenti elezioni politiche non hanno una benché minima programmazione che investa la C. Pani cultura.

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L’associazione FREE WORDS è apartitica e non ha fini di lucro. Si propone in particolare i seguenti scopi: s uscitare attenzione ed interesse per i problemi inerenti la tutela del patrimonio culturale, artistico ed ambientale; f avorire la raccolta, la conoscenza e la conservazione di documenti, memorie e tradizioni; p romuovere studi e pubblicazioni di interesse scientifico, storico, artistico, archeologico, letterario, topografico, naturalistico, paesaggistico e urbanistico del territorio; f avorire lo sviluppo turistico elaborando proposte su strumenti conoscitivi e divulgativi; o rganizzare incontri, conferenze, manifestazioni, seminari di studio, mostre; p rodurre note, opuscoli, giornali, libri, cd-rom, supporti fonografici e visivi; p romuovere scambi culturali con paesi europei ed extraeuropei; s volgere qualsiasi altra attività possa contribuire al perseguimento delle finalità associative; p romuovere intese e collaborare con altri enti od organizzazioni pubbliche o private, che perseguono i suoi stessi fini, mantenendo la più completa autonomia ed indipendenza; p romuovere convegni, seminari, conferenze, dibattiti, manifestazioni e ricerche di ogni tipo per il raggiungimento dei propri scopi sociali istituzionali; i stituire e gestire corsi di studio a tutti i livelli scolari ed extra scolari, organizzando corsi di formazione e di perfezionamento; f avorire la nascita di enti e gruppi che anche per singoli settori si propongano scopi analoghi al proprio, favorendo la loro attività e collaborando con essi tramite opportuni collegamenti ed anche favorendo la loro adesione all’associazione; e rogare contributi economici ad enti pubblici e privati che perseguano analoghe finalità culturali, artistiche, ambientali.

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C omunicazione Bambini e divorzio Ci sono molti casi nella vita rispetto ai quali ho come l’impressione che si perda tanto tempo ad affrontare un problema senza tenere conto dei dati di fatto. Il dato di fatto non si discute, è quello che è; pertanto, quando è evidente che a nulla o a poco valgono tutte le riflessioni di carattere filosofico, psicologico, sociologico, potenzialmente mirate ad intervenire su un fenomeno che continua in modo palese a seguire il suo corso, indipendentemente dalle teorie che ci si costruiscono sopra, bisognerebbe a mio giudizio cercare le soluzioni più idonee ad affrontarlo, appunto, per quello che è, e non per ciò che dovrebbe essere. Parliamo di divorzio, con particolare riferimento al dramma vissuto dai figli in questa situazione. Una coppia all’interno della quale il rapporto è diventato insostenibile, oggi si divide. Lascio ad altri l’onere delle diagnosi e delle eventuali terapie, perché io intendo concentrare il discorso non sulle tecniche per non versare il latte, ma sul latte versato: un marito e una moglie che non si sopportano più e decidono di andare ognuno per la sua strada. Se il triste evento viene vissuto da una coppia su quattro, nonostante tutto ciò che si dice e si scrive pubblicamente sul dramma della separazione per i figli, evidentemente o non si dicono le cose giuste oppure, come io credo, di fronte al malessere totale ed alla vista della sua soluzione, non c’è manfrina che regga. E questa non è una mia opinione, ma un dato di fatto. Allora… Siamo sicuri che ai figli dei separati faccia bene sentirsi continuamente compatiti, dal prete la domenica, dallo psicologo in televisione, dal sociologo sulla rivista, dai professori a scuola?

Se un nostro amico si ammalasse di cancro, non credo che verrebbe in mente a nessuno dirgli: poverino…! Eh certo che la tua condizione è drammatica…! Ti porterai dietro tutta la vita le conseguenze di questa disgrazia…!!! Saremmo delle vere bestie se lo facessimo… Infatti in questi casi il buon senso ci spinge a pronunciare altre frasi: coraggio! Reagisci! Combatti! Che in altre parole, scusate la licenza, equivale a dire: tira fuori le palle!!! Ora, è inutile negare che anche se i figli dei divorziati non vengono compianti direttamente (almeno non sempre…), questo gran parlare in TV, nei giornali, nelle ore di religione, nel comune chiacchiericcio della gente, della loro struggente situazione, lasciatemelo dire, non fa che peggiorarla. Se il problema viene ufficialmente affrontato in certi termini, con tutto ciò che significa oggi ufficialmente, come si fa a pensare che questi discorsi non arrivino alle loro orecchie? Quindi, mi direte voi, è meglio far finta di niente? Assolutamente no! Ma il concetto da trasmettere dovrebbe essere un altro: la tua vita non è quella dei tuoi genitori, ne hai una tutta tua davanti… Ci sono bambini nel mondo che non hanno mai avuto una famiglia e brancolano tra le immondizie delle metropoli alla ricerca di cibo. Bambini sfruttati per il turismo sessuale, bambini che lavorano 18 ore al giorno per una ciotola di riso, che muoiono di lebbra, che vivono gli orrori della guerra. Tu, quindi, tira fuori le palle e vai!!! Tutto questo… nel loro interesse. Se poi rispetto al loro interesse è più importante fare pietismo a volte interessato, moralismo… ditemi voi! Raffaela Trequattrini

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p u f f i ! portavoce di UNICEF Belgio - è la prima volta che facciamo una cosa del genere, ma col passare degli anni ci siamo resi conto che la reazione alle campagne di tipo più consueto è limitata. Le immagini di guerra sono talmente sovresposte, inflazionate e digerite all’ora dei pasti, da aver perso la loro portata documentaria ed

Può un cartone animato essere più vero di un telegiornale? Passano sempre più spesso in tv immagini di guerra, distruzioni, corpi senza vita, mutilazioni e a volte ci si chiede come vengano recepite dai bambini. Uno studio recente sostiene che i minori faticano a rapportarle alla realtà; quelle immagini, benché forti e realistiche, finiscono per entrare in concorrenza con quelle dei film, perdono valore e, da documento, diventano spettacolo. Questo stesso discorso, riferisce lo studio, vale però anche per gli adulti: davanti alle immagini di bambini colpiti dalla guerra, lo spettatore non riesce a mettersi nella prospettiva delle piccole vittime. Questo studio è stato condotto dall’UNICEF, che si è posto un problema: come si può reagire alla forza omologante e livellatrice della tv? Proviamo a capovolgere radicalmente la prospettiva di chi guarda, ha pensato il fondo delle nazioni unite per l’infanzia. Per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione dei bambini nelle zone di guerra, l’UNICEF ha realizzato uno

spot a cartone animato dove si vedono i Puffi intenti in un bel girotondo, allegri e canterini tra uccellini e coniglietti saltellanti; questa volta, però, non è il temibile Gargamella a turbare la quiete del bosco, ma un aeroplano che squarcia il cielo e sgancia sul villaggio una serie di bombe. Le immagini che seguono sono impressionanti: baby puffo singhiozza tra cadaveri e macerie, il corpo senza vita di Puffetta è riverso in terra, con una sola scarpa, le casette-fungo sono distrutte e incendiate, altri puffi giacciono sul terreno, le tutine bianche sono lacerate e i piccoli arti blu mozzati… È un’iniziativa controversa ha ammesso Philippe Henon,

emotiva. Sono immagini che notificano, ma non trasmettono ai più la verità dell’accaduto. L’UNICEF ha capito che, per comunicare efficacemente, basta cambiare l’immaginario. A quanto pare, ha avuto ragione. Lo spot dei puffi è stato censurato, tagliato, rifiutato da diverse emittenti. In Italia è passato con una restrizione di orario davvero paradossale: può andare in onda solo dopo le ore 21 perché considerato più cruento delle immagini dei telegiornali! Può un cartone animato essere più vero di un telegiornale? A quanto pare, sì. Francesco Patrizi

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P ollame L’ i n f l u e n z a s u i p o l l i È quantomeno strano il comportamento dei media di fronte ad un evento pericoloso come l’influenza aviaria. Ma per capire meglio il fenomeno, occorre partire da lontano. Uno degli effetti della globalizzazione di cui ci si rende più conto è la crescita della forza dell’informazione. Al di là del tanto sventolato mercato azionario comune e della rete mondiale di servizi, tutti ci rendiamo conto che oggi le notizie possono partire ed arrivare ovunque quasi in tempo reale. Se questo da un lato permette gli indubbi vantaggi della ubiquità mediatica, dall’altro accresce enormemente il potere di influenza dei media più popolari, tv in primis. E forse la globalizzazione delle notizie è cominciata proprio in quel fatidico 11 settembre. Tutto il mondo, dopo quella data, ha ricevuto una copertura molto più ampia di qualsiasi evento mondiale. Da quel giorno, siamo tutti molto più esposti al condizionamento della tv. Prendiamo alcuni casi particolari, noti a tutti. Le lettere all’antrace: subito dopo gli attacchi alle Torri Gemelle cominciarono ad arrivare lettere contenenti spore di antrace, una sostanza altamente tossica, in particolare in Canada. La copertura della notizia fu enorme, considerato anche il delicato momento internazionale. Ci furono alcuni morti, per fortuna non tantissimi, abbastanza però da condizionare migliaia di americani a comprarsi medicinali e mascherina in caso di contagio. Il tutto finì in poco tempo. Qualche mese più tardi, ecco la Sars, che colpì in particolare la Cina e fece circa 800 vittime in tutto il mondo. La tanto tenuta pandemia mondiale non ci fu, ma la paura fu diffusa. Anche in questo caso, la vastissima copertura dei

media riuscì addirittura a modificare lo stato socioeconomico di diversi paesi per un certo periodo, visto che il mercato orientale restò pressoché bloccato in entrata e in uscita. Il panico si fermò in estate, quando il virus morì. Oggi imperversa un tormentone che sembra assomigliare molto ai casi descritti. L’influenza aviaria sta tenendo tutti con il fiato sospeso. La tv dice che in Italia potrebbero esserci 150 mila morti e milioni di contagi, se il virus si diffondesse. Nel mondo, le cifre sarebbero paragonabili a quelle della terribile Spagnola, che tra il 1918 e il 1919 colpì 50 milioni di persone (tutta l’Italia!). Ecco, comparando le coperture mediatiche di questi tre eventi, si potrebbe arrivare a dire che sono quantomeno strane. In tutti i casi infatti, i media invece di chiarire la situazione creano soltanto confusione. La tv ci spara le cifre dei polli morti come se fossero le persone a morire; un giorno ci dice che le uova si possono mangiare, il giorno dopo che è meglio di no; il giornalista ci dice che la pandemia è molto vicina, l’esperto invece che non arriverà; il vaccino antinfluenzale serve, il giorno dopo no; la carne di pollo si può mangiare, anzi è meglio di no. Il tutto crea confusione e condiziona i comportamenti, a tal punto che mentre i politici mangiano carne di pollo davanti alle telecamere, a Stradella, in provincia di Pavia, il sindaco la vieta nelle mense scolastiche. Ecco quindi che torna la situazione di panico proposta dai media come se lo spettatore non debba capirci nulla. Ma perché? Una massa impaurita è certamente più manipolabile di una consapevole. Massimo Colonna

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I n f l u e n z a

a v i a r i a

Testimonianza di una persona sopravvissuta alla Spagnola del 1918 Jon Rappoport ha trovato l’analisi più interessante della pandemia del 1918 in un libro di Eleanor McBean, Vaccination Condemned, scritto oltre 25 anni fa. La testimone riporta che per la Spagnola i medici che non usarono farmaci furono quelli che ottennero anche il 100% di guarigioni. Ecco alcuni passaggi dal secondo capitolo del libro: ”Sono stata testimone oculare dell’epidemia del 1918. I medici e tutte quelle persone che vissero l’epidemia d’influenza chiamata Spagnola sono concordi nell’affermare che è stata la malattia più terribile che il mondo abbia mai visto. Anche uomini forti e in ottima salute potevano morire nell’intervallo di un giorno. La malattia aveva le caratteristiche della peste nera, con l’aggiunta di tifo, polmonite, vaiolo e di quelle malattie contro le quali la gente era stata vaccinata alla fine della prima Guerra Mondiale. Praticamente l’intera popolazione era stata inseminata con sieri tossici contenenti una dozzina o più di malattie. Quando quelle malattie iniziarono a manifestarsi tutte assieme, il risultato fu tragico. La pandemia si trascinò per due anni, mantenuta viva dall’aggiunta di altri farmaci velenosi dispensati dai medici nel vano tentativo di sopprimere i sintomi. La mia personale osservazione è che la pandemia colpì solo le persone vaccinate. Quelli che rifiutarono le vaccinazioni non si ammalarono. Anche la mia famiglia aveva rifiutato le vaccinazioni, così restammo sempre in buona salute. Sapevamo, dagli insegnamenti di Graham, Trail, Tilden e altri che non si può contaminare il corpo con veleni senza causare una malattia.

Quando l’influenza era al suo picco, tutti i negozi erano chiusi, come le scuole, gli uffici e le fabbriche. Anche l’ospedale era chiuso, dato che i medici e le infermiere che erano stati vaccinati furono colpiti dalla malattia. Era come vivere in una città fantasma. Dato che non avevamo preso il vaccino, sembravamo essere l’unica famiglia nel vicinato a non avere l’influenza. I miei genitori andavano di casa in casa facendo il possibile per aiutare gli ammalati, poiché era impossibile ottenere le cure di un medico. Se germi, batteri, virus o bacilli fossero stati la causa della malattia, questi avrebbero avuto tante opportunità d’attaccare i miei genitori, quando passavano molte ore nelle stanze degli ammalati. Ma non presero l’influenza e non portarono nessun germe a casa ad attaccare noi bambini. Nessuno della famiglia contrasse l’influenza, neanche uno starnuto, benché mi ricordo che quell’inverno la neve era alta in giardino. Si è detto che l’epidemia uccise 20 milioni di persone in tutto il mondo. In realtà sono stati i medici a ucciderle, con i loro trattamenti crudi e mortali. Questa è un’accusa dura ma vera, a giudicare dal suc-

cesso che ebbero invece quei medici che trattarono i malati senza usare alcun farmaco. Mentre i medici ortodossi e gli ospedali stavano perdendo il 33% dei ricoverati, altri ospedali che seguivano terapie naturali, come Battle Creek, Kellogg e Macfadden stavano ottenendo quasi il 100% di guarigioni, usando terapie come la cura delle acque, il lavaggio del colon e diete che usavano cibi naturali. Un medico non perse un solo paziente in otto anni. Se i medici ortodossi fossero stati così bravi come questi medici, non ci sarebbero stati quei 20 milioni di morti a causa dell’influenza. La malattia colpiva sette volte di più i soldati vaccinati che i civili non vaccinati, e le malattie dalle quali morivano erano quelle per le quali erano stati vaccinati! Un soldato che era ritornato dalla guerra mi disse che gli ospedali militari erano pieni di casi di paralisi infantile e mi chiese come fosse possibile che adulti possano contrarre una malattia che dovrebbe colpire solo i bambini. Ora sappiamo che la paralisi è una conseguenza comune di avvelenamento da vaccino. Tra i civili non ci furono casi di paralisi infantile se non dopo la campagna di vaccinazione del 1918.” Fine del passaggio. Jon Rappoport

IL MESSAGGIO Se resistete al terrorismo mediatico avrete ottime possibilità che non vi accada niente.


G iulio V iscione Luci di speranza nel buio La Provincia di Terni per la cultura

Ancora una volta il maestro Viscione ha scolpito una tela. Questo volto di donna scavato e divelto dal buio dello sfondo non è altro che una scultura-bassorilievo. Del bassorilievo ha i contorni definiti che lasciano intuire il retro, un retro che in questo caso è allusivo di un abbandono, di una perdita, di un distacco dalla vita, di una vita che è stata e che non è più, che ha lasciato un’orma indelebile e una traccia e che ora si avvia ad essere un’ombra. Della scultura ha la maestosità e la forza della consistenza - il cum-sistere, l’esserci anche se, di fatto, è un esserci stato - e del segno incuneato negli spazi e negli abissi del mistero stesso di cui è pregna la vita. Un volto di donna adagiato in un letto d’ombra. Un volto di donna che prorompe e nello stesso tempo si incunea nella materia impalpabile e densa che avvolge il velosudario a definirne l’ovale evocatore di una struggente bellezza. Maschera nuda dell’umanità e del dolore, di una morte insensata eppur piena di essenza: il profilo, le labbra tracciate che ora tacciono ma che in ogni istante hanno atteso una risposta: perché vivere, se il limitare del vivere è morire? Della pittura mantiene il miracolo della luce. Una luce spenta che pur brilla, riflesso opaco di una luminosità che sta per esaurire la sua vitalità ma ne lascia vivo il riverbero e conferisce al viso adagiato la morbidezza del sonno. Sonno rassegnato nella disperazione dell’addio, pur tuttavia proteso a cogliere la speranza: un adagiarsi lieve all’infinità oscura che accoglie il corpo - assente nella rappresentazione ma evocato dalla continuità della linea di margine che nulla demarca se non ombra nell’ombra e che maternamente lo accoglie nelle imperscruta-

La Provincia di Terni per la cultura

bili regioni dell’oltre-vita. Corpo-ombra che dell’oltre vita - oltre-vita non già oltre-tomba perché nulla si spezza in questa continuità di spazi: cambia forma e consistenza, ruolo e densità non essenza - attende il destino e la collocazione eterna e che della vita conserva gelosamente il vissuto, l’identità che l’ha, forse, resa donna-corpomente-attesa-emozionecalore-vita, la dimensione dell’esser stata tale e non tal’altra. Il ricordo - quella ridda di pensieri ed immagini che, dicono gli esperti (e chi può essere esperto se non chi di lei non può parlare?),

affollano la mente poco prima dell’estremo respiro - il ricordo, dunque, trapela dietro la linea della fronte pura: specchio del non essere vissuti invano, se le sue curve invitano a una pietosa e dolce carezza in chi l’ha amata e in chi ora tenta di consolare l’irrimediabile solitudine del trapasso. E anche chi la osserva non può fare a meno di confortare con lo sguardo quella pena. E quegli occhi, serrati e spenti, che catturano la luce - carpendola con sguardo cieco, proteso verso la vita che abbandona e promette e la rinviano, rifrangendola, all’osservatore, quegli oc-

chi serrati, spenti e tremolanti di luce, scavano nell’emozione un solco indelebile che, nella disperazione, invita alla speranza. L’immagine si incunea nella memoria, con la stessa forza dei versi del poeta: Rapian gli amici una favilla al Sole a illuminar la sotterranea notte, perché gli occhi dell’uom cercan morendo il Sole; e tutti l’ultimo sospiro mandano i petti alla fuggente luce. [Foscolo, Dei Sepolcri, vv. 119-123]

Si può abbracciare una tela? Sì, se l’inerte materia ti offre il suo profilo di vita. E’ accaduto oggi. Il maestro Viscione mi ha regalato l’originale di questa che, a mio avviso, è una delle più toccanti opere di questo uomo dall’apparente semplicità e dall’evidente intuito. Giulio ha sconfinata capacità di trasformare la pasta, il colore, la trama di cui è composta una tela, in organismo vivo, vitale e palpitante allo sguardo e al tatto. So che non si può fare, ma a casa ho accarezzato con la punta delle dita, con gesto sacrilego e sacro, quegli occhi ardenti di vita e di morte: dietro gli impercettibili avvallamenti delle pennellate ho sentito un pulsare di linfa, un respiro lieve, un sottile affanno come chi è in attesa di un destino. E ho voluto bene a questa donna-umanità. A questa rappresentazione della morte-vita. E cosa altro può essere la vita se non il volto gioioso della morte, della sorella morte? “… per sora nostra Morte corporale, … ka la morte seconda no ’l farrà male”. [Laudes creaturarum, vv. 27..31] E cosa mai potrebbe essere la morte senza questa raffigurazione di se stessa nell’anelito all’essere e all’esistere, nel momento in cui ogni volto, ogni corpo, ogni soffio vitale emerge dall’inerte fango e in cui ogni cellula, ogni microcellula del nostro considerarci vivi è frutto di una minuziosa e incessante trasformazione, di un continuo e ininterrotto cambiamento? L’inerzia del morire è dunque solo apparente, perché se è vero che la vita contiene la morte, è anche vero che la morte senza la vita non esprimerebbe mai il suo vero volto dinamico: l’essere per l’essere. Angela Miceli

Terni, Str. della Val di Serra 28 - Tel. 0744.470515 - Fax 0744.470525 - Ab. 0744.470548 - E-mail: fagioletti@tiscalinet.it

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P olitica?

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Lettera a Babbo Natale

C’era una volta

Oggi ho scritto la mia letterina a Babbo Natale chiedendo, come regalo, di poter avere una risposta a tre piccole domande che ronzano, da un po' di giorni, nel mio cervello di uomo libero. Domande semplici, prive di qualsiasi prevenzione o presunzione intellettuale, di qualsiasi pregiudizio politico, razziale, religioso, sociale. Domande insignificanti, forse, considerato il mare magnum di interrogativi e dubbi nel quale ci troviamo a nuotare, ma che mi piace tuttavia condividere con i lettori de La Pagina. La prima è rivolta ai Magistrati e mi è frullata in testa di getto, leggendo l'ordinanza nella quale un GIP, dopo aver esplicitato la sua convinzione di trovarsi di fronte ad un tentativo di rapimento di un neonato da parte di una nomade, ha ritenuto non ci fossero sufficienti elementi di pericolosità (escludendo quindi l'ipotesi della reiterabilità del reato da parte dell'indagata), per la custodia cautelare. E ciò anche alla luce del fatto, che ad accusarla era soltanto la madre della bambina. Benissimo, decisione garantista che non si faticherebbe a condividere, se

Sto pensando, ad esempio, ai milioni che non entrano nelle casse dello Stato perché la Chiesa cattolica non paga l’ICI (notizia data a denti stretti); o ancora, alla cosiddetta questione della cacca, vale a dire ai venti milioni di euro che il Vaticano non ha mai voluto pagare al Comune di Roma per il servizio di smaltimento fognario e che la Finanziaria 2004 ha messo in carico al Ministero delle Infrastrutture, sollevando così la Santa Sede da mondane cure (chissà perché, se sono io a non pagare le tasse, mi arriva a casa lo spiccacallari!). Notizia, questa, taciuta dai rispettosi, fedeli, devoti cantastoriucole, ma che di certo non sarebbe sfuggita ad un irrispettoso, infedele, blasfemo cantastorie, il quale, ad alta voce, attirandosi le ire del Maligno, avrebbe intonato qualcosa come: Genti d’Italia! Preti, vescovi e cardinali il Paradiso a voi han riservato: del vil danaro non vi siete curati e del Vatican, di tasca vostra, la cacca santa avete pagato.

questa fosse la regola generale e costante, uguale per tutti. Quello che si fatica, e tanto, a capire, è come mai la testimonianza di una sola persona, quantunque incensurata, non sia giustamente sufficiente a legittimare un provvedimento restrittivo di natura cautelare, mentre la testimonianza di un pentito con la c.d. fedina penale sporca, sia bastata in altre occasioni (e continua ancora ad esserlo, se non altro nella giustificazione ex post di quei provvedimenti), a buttare la chiave della cella in cui era rinchiuso un politico, un presentatore, un imprenditore! Che forse queste categorie di persone, sono più pericolose e inclini a delinquere, di una nomade che vive di espedienti? O forse un delinquente pentito, è più attendibile di una persona che non ha commesso reati e non ha quindi di che pentirsi? La seconda è rivolta a certi politici che amano i distinguo ed è nata quando ho letto che per dimostrare contro le dichiarazioni di un Presidente di uno stato aderente all'ONU, tese a cancellarne un altro facente parte della stessa Organizzazione internazionale, bisognava per forza ampliare

la protesta, includendo il pur legittimo impegno a proteggere un'altra comunità ancora, che però nessuno si era sognato di minacciare di annientamento. Allora mi sono chiesto come mai quando si è manifestato contro una certa guerra, non si è ampliato il tema a tutte gli altri sporchi conflitti che avvelenano questo mondo malato di faziosità? La terza è rivolta ai chierici e mi è scoppiata in fronte, quando ho letto le dichiarazioni di un prelato italiano che vorrebbe sostituirsi alla Corte Costituzionale, organo composto di esperti di diritto, nominati dalle più alte istituzioni repubblicane in ragione del loro curriculum professionale. E mi sono chiesto, scorrendo anche i variegati commenti alla improvvida sortita, come si possa far rientrare nella legittima attività di apostolato e di catechesi, una dichiarazione pubblica con la quale si censura, tacciandola addirittura di incostituzionalità e muovendosi, quindi, su di un piano prettamente giuridico e politico, una eventuale legge dello Stato?! Aspetto con fiducia Babbo Natale. Sandro Tomassini

C’era una volta il cantastorie, un affascinante girovago, attento osservatore della realtà che, sprezzante del pericolo e armato di sola voce, metteva in piazza fatti e fattacci di povera e, soprattutto, ricca gente. E per questo, spesso ci rimetteva le penne. Poi, con il tempo, è subentrata la tecnologia e i cantastorie sono scomparsi, lasciando il posto a tanti cantastoriucole, che i più amano chiamare telegiornali. Scarsamente interessanti, per nulla attenti ai fattacci dei potenti (dei quali si parla, se mai, “questa sera alle 23.30”, cioè quando la gente dorme), i cantastoriucole riferiscono con dovizia di particolari della faida Carrisi-Lecciso, della novecentesima giornata sull’isola dei famosi, delle furbesche mosse della talpa… E intanto il Governo cambia la Costituzione, taglia fondi a sanità, scuola, trasporti… Ma di questo si parla poco e male. Però almeno se ne parla. Perché ci sono altre cosucce di cui (chissà perché?) si dice a denti stretti, o non si dice affatto.

Monica Tarani

Chi porta il paraocchi, si ricordi che del completo fanno parte il morso e la sferza.

Esistono grandi parole così vuote che ci si possono imprigionare i popoli. Stanislaw J. Lec


S . E gidio

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A frica

w w w . s a n t e g i d i o . o r g a Terni: Chie sa di S. Lore nz o - Via de i 3 arc h i, 1 9

La Comunità di S. Egidio è nata a Roma nel 1968 come comunità di laici impegnati nel sociale e nella diffusione del Vangelo. Erano gli anni dopo il Concilio Vaticano II e la Comunità, oggi diffusa in Italia e in altri paesi, era ed è una testimonianza di ecumenismo e di dialogo, di solidarietà con i poveri e di ricerca della pace in un mondo ancora dilaniato dai conflitti etnico-religiosi. A Terni la S. Egidio, di cui è responsabile Don Riccardo Mensuali, lavora al progetto Dream in Mozambico e in altri Paesi africani. Medici, infermieri volontari sono impegnati nella lotta contro l’AIDS e offrono la loro presenza e terapie gratuite in una terra in cui niente è gratuito, e molto è stato sottratto dalla cupidigia del colonialismo occidentale. Resosi indipendente dal Portogallo nel 1975, il Mozambico, sotto il patrocinio della Comunità di S. Egidio, ha firmato nel 1992 una pace che ha posto fine ad una guerra civile durata circa 20 anni. E’ naturale quindi che, nella fase di riorganizzazione post-bellica, la Comunità continui ad offrire aiuto ed assistenza medica. Il progetto Dream, mi racconta la dottoressa Maria Grazia Proietti, da me intervistata in proposito, ha come fine la prevenzione, la diagnosi e la cura dell’AIDS a livello internazionale; è quindi esportabile anche in altre zone afflitte dallo stesso male: lo si sta

applicando in Malawì, in Guinea Conakry, in Guinea Bissau, in Tanzania. E’ già notevole che l’AIDS possa essere curato; fino a poco tempo fa si pensava alla prevenzione, ma certamente non alla possibilità di una cura. Insieme all’AIDS, però, deve essere combattuta anche la malnutrizione che è un elemento cardine della malattia. Le ventimila persone in cura a Maputo, la capitale del Mozambico, a Beira e in altre località, sono seguite regolarmente, e sono già nati 1200 bambini sani. Il personale locale è in grado di garantire la continuità

della cura, perché frequenta corsi di formazione che si tengono due volte all’anno. La partecipazione a tali corsi di circa 300 tra medici, infermiere e suore ha permesso l’apertura di ulteriori centri in altre città e regioni. Inoltre, la formazione di alcune donne ancora in trattamento, ma ormai guarite, è di grande aiuto, perché esse testimoniano con la loro presenza che l’AIDS può essere curato. Con frase efficace e poetica vengono chiamate ”Mulheres par o dream”, (donne per un sogno). Si occupano di raggiungere i villaggi più lontani per controllare che i malati, donne e bambini in particolare, seguano le terapie loro assegnate. Sono attiviste preziosissime e infaticabili, capaci non solo di coadiuvare l’opera dei medici, ma anche di testimoniare che l’AIDS non è una condanna a morte. A Chimoio la Comunità di S. Egidio di Terni ha ristrutturato la medicherai del carcere. “Le carceri africane sono l’inferno in terra” dice la dottoressa. L’età media dei carcerati è di 18 anni: si tratta in genere di ragazzi che sono stati arrestati per piccoli furti o per vagabondaggio e che poi, ammalatisi, muoiono là dentro. Le malattie del carcere sono il colera, l’AIIDS, la tubercolosi, e nascono dalla mancanza di igiene, dalla scarsità di cibo, dalla

promiscuità, dallo stato di abbandono. La Comunità di Terni interviene anche distribuendo farmaci e formando gli infermieri. In un’altra località, Nacala, si provvede a garantire un pasto a settimana, “almoço de domingo”, il pranzo della domenica. Nacala è un piccolo carcere di 110 reclusi. Poiché si tratta di una piccola comunità di cristiani, il pranzo che viene offerto la domenica e nelle feste più importanti ha anche un significato religioso: partecipare al pane eucaristico e vivere la condivisione e l’amore fraterno.

L’incontro di preghiera della Comunità di S. Egidio nella chiesa di S. Lorenzo, ogni sabato, è l’occasione per raccogliere offerte: la preghiera del sabato a Terni consente il pranzo della domenica in una località del lontano Mozambico. Tra le tante esperienze vissute dalla dottoressa Proietti in Africa ce n’è una in cui è fortemente coinvolta. Le è capitato di salvare una bambina, nata in un centro di maternità sprovvisto di qualsiasi attrezzatura: né incubatrice, né ossigeno, niente di niente. La bambina, con difficoltà respiratorie gravi, in attesa di essere trasferita al più attrezzato centro di Beira, è stata avvolta dalla dottoressa in una “capulana” striscia di stoffa che per le donne africane può avere un’infinità di usi: vestito, tovaglia, fascia, ecc. La capulana ha fatto anche da incubatrice e la bambina, quando è arrivata all’ospedale Dream di Beira, si era già ripresa, miracolosamente in vita ancora prima di essere rianimata con l’ossigeno. Il giorno dopo un giovane mozambicano è venuto a cercare la dottoressa che aveva salvato la sua bimba e le ha chiesto di poterle dare il nome di Maria de Gratias. Così adesso la dottora, già madre di due figli maschi ha una nuova criança (figlia) mozambicana nata a marzo di quest’anno. Quel nome testimonia non solo la gratitudine, ma anche il miracolo della vita. Elettra Bertini

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E ducazione Un GAS buono da mangiare Detesto l'uomo che manda giù il suo cibo non sapendo che cosa mangia. Dubito del suo gusto in cose più importanti. Charles Lamb Un po' verità, un po' iperboli, un po' psicosi, ma certo da qualche anno se ne sentono di tutti i colori: mucche impazzite, polli alla diossina o con l'influenza, farine animali di dubbia provenienza, bevande contaminate, alimenti geneticamente modificati e chi più ne ha più ne metta. Ce n'è di sicuro abbastanza per spaventare e quanto meno confondere chiunque di noi, rappresentante a pieno diritto dell'onnicomprensiva categoria dei consumatori. Già abbastanza provati poi dagli aumenti dei prezzi degli ultimi anni - da soli sufficienti a spaventare, senza chiamare in causa timori per la salute. Le statistiche ci dicono che nella grande distribuzione è crisi: le vendite sono in netto calo, non bastano più ad attirare il cliente neanche i famosi 3 per 2. Parallelamente, si ricava una sua nicchia sempre più consistente il commercio altro, quello equo e solidale. Ma c'è un altro mercato che vale la pena tenere d'occhio, quello gestito dai cosiddetti gruppi di acquisto. Il sistema è molto semplice: dei consumatori si uniscono e si accordano per acquistare all'ingrosso prodotti alimentari da ridistribuire tra di loro. All'origine di questo sistema d'acquisto innanzi tutto vantaggi economici: rapportarsi direttamente al produttore fa risparmiare, evitando i rica-

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richi più o meno spropositati che i distributori applicano alla merce (ad esempio, come rende noto Coldiretti, il prezzo di una patata dall'orto alla vendita cresce del 200%, e non si tratta di uno dei prezzi più lievitati). Ma se alla giusta ricerca di un risparmio aggiungiamo l'attenzione per la qualità e il rispetto per il produttore, siamo nel campo - è il caso di dirlo - dei GAS, i Gruppi di Acquisto Solidale. Non ideologia elitaria, ma pratica da diffondere, questa la filosofia dei GAS, che permettono acquisti al 2030% in meno rispetto al prezzo da grande o piccola distribuzione, e si riforniscono solo da piccoli produttori che operano nel rispetto dell'ambiente, a loro volta interessati a dare e ricevere un servizio di qualità a prezzi congrui. Il sistema è sicuramente trasparente: crea infatti un rapporto di fiducia col cliente che si rivolge direttamente al produttore e può verificare di persona la storia dell'insalata o della bistecca che acquista. Il primo Gruppo di Acquisto Solidale nasce circa 10 anni fa in Emilia. Oggi i GAS si stanno moltiplicando a grande velocità, specialmente nel nord Italia. In attesa di una rete di acquisto solidale anche in Umbria, si possono trovare notizie relative alla rete di tutti i GAS italiani all'indirizzo internet www.retegas.org. Silvia Cicioni

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L’Umbria, regione per estensione minore, è la patria dei centri minori. In essi si è sviluppata una forte identità centrata su un ambiente con caratteristiche morfologiche, sociali e storiche tali da produrre una qualità di vita migliore. E’ sorprendente come il tessuto di queste realtà sia rimasto integro nel corso del tempo e come in esso si possano leggere le varie trame rese attuali dalle numerose feste rievocative che accompagnano la vita degli umbri e sollecitano la curiosità dei numerosi visitatori. L’Umbria come grande libro aperto, quindi, e un suo prodotto tipico come occasione per conoscere un incantevole piccolo centro. La romana Trebes (casa) con le sue poderose mura sorge sull’insediamento dell’antica popolazione dei Trebiates. L’odierna Trevi, contenuta all’interno della quasi intatta cinta muraria medioevale, ci appare, oggi come ieri, adagiata sulla cima dell’ultima propaggine del monte Serano, immersa in un mare di olivi e tranquilla spettatrice dei mille eventi che nel corso dei secoli si sono svolti ai suoi piedi. Così doveva presentarsi agli antichi viaggiatori che percorrevano la strada consolare Flaminia e così fu vista da Giacomo Leopardi che più volte ebbe il piacere di ammirarla nei frequenti e solitari viaggi tra Recanati e Roma. La fascia collinare, regno incontrastato degli ulivi, è caratterizzata da potenti coltri di detriti formatesi nei periodi glaciali con numerose sorgenti, utilizzate per fontane e abbeveratoi. Il fondovalle, relitto di colmamento dell’antico lago Tiberino, è una porzione della pianura spoletana attraversata dal fiume Clitunno caratterizzato da una portata costante di acqua sorgiva.

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I numerosi altri corsi d’acqua minori, con il continuo straripamento, avevano prodotto la formazione di paludi, risanate con opere di canalizzazione e irregimentazione delle acque in epoca rinascimentale. La bonifica della piana rende fiorente l’agricoltura. I campi vengono delimitati dalle piantate, costituite da alberi di Bianchelle atti a sostenere le viti (tecnica già in uso presso gli Etruschi) da cui si ricavava il Trebbiano Spoletino, tuttora vino tipico locale. All’interno delle piantate veniva coltivato, a rotazione, grano e foraggio. I terreni più fertili ed umidi erano destinati alla coltivazione della canapa, da cui il toponimo Canapine. Questa coltivazione viene sostituita, nel corso dell’ottocento, dagli ortaggi fra cui il celebre sedano nero di Trevi. Il sedano, di cui esistono numerose varietà, deriva dal sedano selvatico apprezzato in epoca antica come medicamento. E’ una pianta originaria delle paludi acquitrinose e, quindi, richiede un suolo molto umido. La coltivazione del sedano nero nasce a Trevi verso la fine del settecento ad opera del cardinale Lodovico Valenti, vescovo di Rimini a cui si deve

T r e v i anche il maggiore contributo per la bonifica della pianura intorno al Clitunno. La tradizione vuole che i semi, piccolissimi e neri, il giorno della vigilia di Pasqua, vengano messi a dimora e lasciati fino a quando i germogli, di colore nero, abbiano raggiunto l’altezza di trenta centimetri. Solo allora le piantine, private delle punte e potate nelle radici, vengono messe a dimora nei campi tramite un piccolo foro praticato con un piozzu d’olivo. I canapinari dedicheranno molta cura alle piantagioni con la zappettatura, la concimazione e la letamatura. Verso la metà di settembre si effettua la prima rincalzatura, cioè l’interramento dei due terzi della pianta. Ai primi di ottobre i sedani vanno legati e sottoposti alla seconda rincalzatura, per essere pronti per la Sagra del sedano e della salciccia che cade a metà del mese. Il sedano trevano ha caratteristiche che lo rendono un prodotto di pregio: è privo di filamenti, è molto lungo, ha le coste di colore verde scuro ed ha un solo nodo da cui partono le diramazioni fogliari. Antiche credenze popolari vogliono che il sedano sia anche utile per combattere gli stati febbrili e per risvegliare appetiti amorosi come solo un potente afrodisiaco può saper fare. A questa proprietà è forse dovuta la Parmigiana alla moda di Trevi, una ricetta che, secondo un’antica tradizione, le ragazze da matrimonio devono assolutamente saper preparare. Noi preferiamo gustarlo alla moda dei trevani durante le fiere di ottobre quando, nella tarda mattinata si consuma ne lu sdigghiunittu o piccola colazione, condito al cazzimperio con olio di mola, sale e pepe nero appena macinato insieme alle salsicce di maiale cotte alla brace. Albano Scalise


E ducazione

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Non ho niente contro il calcio Non ho niente contro il calcio, sia chiaro, purché venga collocato nel suo giusto ambito di appartenenza: lo spettacolo. Ritengo rischioso affibbiargli competenze che non lo riguardino. Sarebbe ingiusto, per lo sport e per il calcio, continuare a confondere la collocazione. Nel lungo processo evolutivo che esso ha subito, l’originaria configurazione s’è persa, insieme al concetto di sport, animandosi di divi, funamboli, protagonisti da settimanali patinati, con tanto di spargimenti di veline, scommesse illecite, doping, corruzioni a vari livelli. L’interesse che ancora suscita fra gli appassionati è lecito e certe esibizioni richiamano giustamente folle oceaniche, così come avviene per un concerto di Vasco Rossi o di Bob Dylan, che forse non si prefiggono di costruire ideali. Perfetto: è una scelta dei fan ed un loro diritto goderne. Il pericolo sta tutto nella conservazione di una collocazione che il calcio ha perso e che rischia di confondere i valori che sono insiti nello sport. Sport non è tutto quello che implica prestazione fisica, perché in tal caso lo sarebbe anche un numero circense che non rientra, invece, nella fattispecie. E non è neppure il nesso della competitività, intesa come contrapposizione leale svolta nell’ambito di regole comunemente accettate. Sport significa, soprattutto, pratica di valori, esercizio di princìpi universali appli-

S port Una bocciatura convinta

“SPORT PER TUTTI” è una espressione accattivante che dovrebbe racchiudere anche un grande contenuto e cioè sport accessibile al fanciullo come all’anziano, al diversamente abile come al sano, all’uomo, alla donna: senza competizione, senza tempi da raggiungere, senza premi aggiuntivi dedicati a chi ritenuto più bravo. Deve essere lo sport dove trionfa il piacere dello stare insieme e della comunicazione indipendentemente dalla diversità delle persone incontrate. Non ha valore il ceto sociale, i meriti sportivi acquisiti; le proposte sportive devono andare oltre le finalità virtuali e diventare accessibili a tutti nella partecipazione e nella pratica quotidiana dello sport...” Il Presidente Nazionale F.I.A.S.P. Giuseppe Colantonio L’IPSIA “S. Pertini” collabora con le società sportive per sviluppare la riflessione sullo sport praticato, per individuare obiettivi comuni e promuovere l’apertura di un tavolo permanente di consultazione scuole-mondo dello sport. Insieme, di più.

cati all’abilità fisica dei contendenti, esempio di correttezza e di rispetto delle norme che lo regolano. Ciò presuppone un atteggiamento leale, che si basa nell’umiltà del vincitore, nella considerazione dello sconfitto, nell’ideale di vittoria intesa come premio al sacrificio, al coraggio, alla volontà del confronto. Per quanto mi sforzi di farlo, non riesco a trovare nel calcio la pratica dei suddetti valori. Il danno è notevole se fra i giovani non si pone neppure il problema di una simile ricerca e si

equipara il concetto di sport ad un’esibizione calcistica, confondendo le finalità dell’uno e dell’altra. I media si crogiolano in questo annebbiamento: si assiste in TV a trasmissioni improntate allo scontro verbale, ad accuse personali, ad epiteti volgari, linguaggi da avventori di bettole, oramai scomparsi persino fra gli ubriaconi. Se poi tutto ciò causa un infarto in diretta ad uno degli interlocutori, ci si affretta a dire che beh, poverino, stava già male e non è colpa del modo aggressivo di confrontarsi. GT

I l tentativo di Pescante, Presidente del Comitato Olimpico Internazionale, di depenalizzare eventi di doping a carico di atleti alle prossime Olimpiadi di Torino 2006, non trova sostegno nella logica, nell’etica e nella giustizia. Che lo Sport sia sfuggito ad ogni riferimento formativo della coscienza e del corpo, è ormai un’evidenza penosa. Aiutarlo a rafforzare l’immagine decadente e decaduta, serve solo a sostenerne gli aspetti merceologici che ha assunto oggi. La volontà di Pescante rispecchia fedelmente il degrado etico che ha fagoci-

tato l’impresa sportiva come esempio educativo del sacrificio e dell’impegno nella preparazione atletica, parametro essenziale per evidenziare le differenze fra contendenti. Le sue paure avviliscono chi ancora crede nel messaggio che lo Sport deve diffondere in termini di rispetto per le norme che regolano le varie discipline e di rispetto nei confronti degli atleti che si misurano sulla base di princìpi edificanti ed emulativi da estendere alle masse. Qual è il timore di Pescante? La scarsa partecipazione dei concorrenti spaventati dai rigori della legge? Oppure il carico che la magistratura deve sopportare per le denuncie ai trasgressori? Oppure apparire troppo severo nei confronti di altri Comitati più compiacenti? In tutti i casi, se la risposta è stendere un velo pietoso sull’illegalità, a pagarne le conseguenze sarebbe solo lo Sport, quello che occorre ai giovani per crescere moralmente in una società dagli equilibri già compromessi. Quale migliore occasione ha l’Italia per ripristinare i valori olimpici, se non la condanna spietata del doping in questi Giochi? Diamo per una volta un esempio concreto di lealtà al mondo contro l’ipocrisia dominante di combattere a parole chi si droga e di perdonare sempre gli autori. Forse metteremmo a rischio la candidatura italiana ai Giochi Olimpici del 2016, ma chi se ne frega! Almeno, avremmo fatto un servizio allo Sport e ai tanti ragazzi che ci credono ancora. Giocondo Talamonti

LO SQUASH: UNA BELLA REALTA’ Ci sono voluti circa dieci anni per far giungere lo squash a Terni agli attuali livelli ma ora è una bella realtà che conta circa 150 appassionati. I due Club in cui si può praticare lo squash sono la palestra annessa al Palazzetto della scherma denominata I Draghi e allo Sporting Club San Valentino. Io che scrivo gestisco lo Sporting Club da due anni e vi posso confermare che questo sport è adatto a tutti perché può essere praticato facilmente senza essere in possesso di tecniche e stati di forma particolari. Al San Valentino Sporting Club per iniziare a giocare si offrono delle lezioni gratuite e non occorre acquistare racchette o palline perché il tutto è offerto da noi. Si gioca in un campo lungo 9 metri e largo 6, in un ambiente sereno e pieno di motivazioni giuste per svolgere un’attività divertente e faticosa allo stesso tempo. Gilberto Cappelloni

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Hai idea di quanto sia importante

LA CALCE nella vita di tutti i giorni? C al ci o

La c alc e

che pas sio n i !

dagli Assiri ad oggi

Sento di dover ringraziare il Preside della L. Valli, Giulio Biancifiori e Maurizio Battistelli, responsabile della Ecogreen s.r.l., per avermi invitato alla manifestazione La serra delle meraviglie. Li ringrazio perché la loro manifestazione mi ha rituffato nei grandi interessi personali: la matematica, la maniera di far scuola, il rapporto tra mondo della produzione e mondo dell’educazione. Così, mentre i giovani, ma bravissimi, dott.ri Montruccoli e Crespi affascinavano studenti ed insegnanti con la storia della calce, una parte di me si abbandonava a sensazioni, ricordi, pensieri, studi. La matematica: il calcolo, l’abaco, il pallottoliere. Sì, perché abaco viene dal greco abaches, tavoletta a polvere sulla quale, tracciate le righe, si ponevano dei ciottolini per quello che noi oggi chiamiamo calcolo con il pallottoliere. Presso i latini invece il pallottoliere si chiamava calculus, prendendo nome dai sassolini e non dalle righe. Calculus infatti è il sasso, carbonato di calcio. Dal sasso alle riflessioni sull’insegnamento della matematica e all’insegnamento tout court, il passo è stato breve perché stavano lì realizzando proprio la metodologia dell’insegnamento che ho sempre fortemente sostenuto. Motivazione.... si parli solo di motivazione.

Prodotto naturale per eccellenza, la calce è conosciuta da oltre 4.000 anni. Ritrovamenti archeologici hanno fatto apparire dalle sabbie del deserto forni di cottura nella antica Mesopotamia, nei pressi della città di Ur, tra il Tigri e l’Eufrate, nell’attuale Iraq. La calce è stata il legante straordinario per realizzare un’opera eccezionale, la più imponente del mondo: la grande Muraglia Cinese. Ma anche gli acquedotti Romani, i ponti, le strade, sono potuti arrivare fino al Duemila grazie alla calce. Ovviamente sono cambiate le attrezzature ed i metodi per la sua produzione: dalla cottura del calcare a fuoco di legna e fascine, si è passati dopo secoli al carbone e poi al metano. Oggi tutto è automatizzato e il ciclo produttivo prevede l’uso di forni che, raggiungendo temperature di circa 1.150 gradi, si prendono cura del calcare trasformandolo in ossido di calcio (calce) pronto per molteplici e vitali usi. L’aggiunta eventuale di acqua in percentuale appropriata dà origine all’idrossido di calcio, meglio conosciuto come calce idrata, ancora oggi insostituibile legante per l’edilizia. La calce è un fondamentale costituente del grassello ed il tradizionale componente delle malte per intonaci; dà salute alle facciate e agli ambienti, ne valorizza l’estetica.

La calce, indispensabile risorsa naturale La matematica lo fa attraverso il cosiddetto problem solving, che noi italiani abbiamo sempre chiamato euristica, arte dello scoprire, in onore di un grandissimo matematico, Archimede e del suo eureka! (ho scoperto!). Ma la scoperta si compie se si è motivati... e quei visi attenti erano davvero motivati! Da spiegazioni semplici, vicine, tangibili, dal lavoro svolto, con i loro insegnanti, dentro la serra per far crescere bene quelle piantine che poi avrebbero rivestito la montagna dalla quale è stato estratto il bene prezioso, per restituirle la naturale bellezza. Motivazione.... nella matematica il primum movens non sia dunque la formuletta da ripetere a memoria, o la dimostrazione, figlia scolastica di una matematica intesa come ars demostrandi, e non come ars inveniendi, che ha già fatto tante vittime, ad opera di insegnanti che a loro volta hanno studiato tutto a memoria. Motivazione.... dunque presentazione dell’aspetto problematico. Alla scuola allora il compito di consegnare agli studenti strumenti di conoscenza per pensare e progettare il loro futuro ma anche il loro territorio; alle aziende quello di far conoscere ai giovani il mondo della produzione perché il futuro possa vederli protagonisti consapevoli. Questi balenii hanno percorso quella mattina la mia mente e i miei sentimenti... un ritorno al passato del quale ringrazio di cuore. Giampiero Raspetti

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Nell’ambito della manifestazione La serra delle meraviglie che si è tenuta lunedì 3 ottobre presso la Scuola Media Luigi Valli, è stato organizzato un incontro con gli studenti sul tema della calce. Il fatto che parte delle piantine prodotte nella serra della scuola vengano riutilizzate per il recupero ambientale della cava della Calce S. Pellegrino S.p.A. ha fornito la motivazione per far comprendere pienamente le finalità produttive dello stabilimento. L’incontro è stato organizzato dal dott. Marco Montruccoli, responsabile dell’ufficio ricerca e sviluppo del Gruppo Unicalce e dal dott. Francesco Crespi, responsabile del settore agricoltura. Tema centrale: la storia millenaria della calce ed i suoi molteplici e svariati usi attuali. L’ottima presentazione del dott. Montruccoli e le successive spiegazioni, a tratti affascinanti, del dott. Crespi, hanno polarizzato l’attenzione dei tanti ragazzi presenti ed anche quella di molti dei docenti. Alcune utilizzazioni della calce infatti sono state per tutti un’autentica sorpresa.

Pochi sapevano che oggi viene utilizzata in grande quantità come fondamentale additivo nella produzione degli acciai speciali, nella produzione della carta, o anche nella bonifica delle discariche e per la inertizzazione dei fanghi dei depuratori o per la potabilizzazione delle acque, o ancora nella bonifica di fiumi e laghi inquinati. Certamente quasi nessuno sapeva del suo uso in farmaceutica per la produzione di alcuni medicinali, come il bicarbonato di sodio, o nella alimentazione per la produzione dell’acido citrico per le bevande, o l’acido tartarico per i prodotti da forno; ancora più importante il suo uso nella produzione dello zucchero o nella preparazione di mangimi animali per le galline ovaiole o per i bovini da latte. Di fondamentale importanza il suo uso in agricoltura sia come antiparassita che come trattamento preventivo per alcune gravi malattie degli animali come l’afta epizootica, ed anche come purificatore dei terreni divenuti troppo acidi a causa dell’inquinamento dell’aria e delle piogge acide. Non va poi dimenticato l’uso della calce in edilizia che dopo migliaia di anni è ancora attuale, perché se oggi il suo uso è obbligatorio nel risanamento di quasi tutti i centri storici Italiani, in passato tutte le più grandi costruzioni sono state realizzate grazie alla calce, che infatti si trova nelle murature del colosseo, nella muraglia cinese ed in tutte le costruzioni storiche ancora esistenti. La redazione


ANTIMAGO RASPUS

L’OROSCOPO DEL MESE 999999999

Il mese è sotto il segno del 9 L’oroscopo ha quindi valore nonomana per nonomana. Sembra che il 9, stando al nome, nasconda i concetti di simpatia ed equivalenza, se è vero che è stato chiamato nove [enneaj] nel senso di unità [enaj], nel senso cioè che tutto è dentro il 9 in virtù del fatto che il suo nome è paronimo (cioè di significato diverso ma forma simile) di uno [en] e risulta chiaro che il numero in generale non ammette niente oltre il 9, ma che, al contrario, il 9 fa ruotare tutto al suo proprio interno: infatti la progressione naturale dei numeri arriva fino a 9, dopo il 9 si torna indietro. I Pitagorici lo chiamavano anche Oceano e Orizzonte perché comprende queste due regioni e le ha dentro di sé. E’ chiamato anche Telesforo perché porta a compimento i parti di nove mesi e Perfetto perché nasce dal 3, numero perfetto. Le sfere celesti girano intorno alla nona sfera che è la Terra. [Così Giamblico ne La teologia dell’aritmetica]. Così invece L’ANTIMAGO RASPUS: il nove è, quasi per tutti, numero magico per eccellenza. Se hai 10 anni, per te il numero 9 è magico. Infatti 10x9=90=9+0= 9 Se hai 20 anni, per te il numero 9 è magico. Infatti 20x9=180=1+8+0= 9 Se hai 30 anni, per te il numero 9 è magico. Infatti 30x9=270=2+7+0= 9 Se hai 40 anni, per te il numero 9 è magico. Infatti 40x9=360=3+6+0= 9 Se hai 50 anni, per te il numero 9 è magico. Infatti 50x9=450=4+5+0= 9 Se hai 60 anni, per te il numero 9 è magico. Infatti 60x9=540=5+4+0= 9 Se hai 70 anni, per te il numero 9 è magico. Infatti 70x9=630=6+3+0= 9 Se hai 80 anni, per te il numero 9 è magico. Infatti 80x9=720=7+2+0= 9 Se hai 90 anni, per te il numero 9 è magico. Infatti 90x9=810=8+1+0= 9 Se invece hai 100 anni tra te e il numero 9 c’è assoluta indifferenza. ANTIMAGO RASPUS ci scherza su. I cosiddetti numerologi, analfabeti privi di conoscenze, invece ci sguazzano subdolamente. Se la somma dei vostri dati di nascita fa 9, guardatevi davvero dal far visita ad un numerologo. Vi farebbe a pezzi! KOPPA TETA

Aje e favaje fattura che non quaje. Scusate se faccio gli scongiuri, ma, visto l’argomento, devo cautelarmi da eventuali assalti del maligno. Il film è Exorcism ed è una storia vera. La trama è quasi questa. Alle tre di notte un orologio si blocca e una ragazza viene svegliata da strani rumori e da un’intensa puzza di zolfo. Spaventata, scende dal letto e si avvia verso il corridoio della casa dello studente dove alloggia. Mentre si aggira sempre più impaurita, una gran botta di timpani accompagna un suo sussulto ed un orribile stridio di archi trasmette il suo insopportabile stato di angoscia. La poveretta non si rende conto che quello che sente è la colonna sonora del film. Di corsa rientra nella sua camera, si rimette sotto le coperte e si ricomincia con la storia degli strani rumori e della puzza di zolfo. Intendo precisare che la scienza attuale ammette la possibilità che un individuo sia affetto da incontinenza aeriforme inconscia. Alla fine, senza neanche aprire la finestra, finalmente si addormenta. Ellisse. Un prete ed uno psichiatra entrano in una casa e, attraversando un gruppo di persone pietrificate dall’orrore, si dirigono verso il piano superiore dove, da dietro una porta, si odono versi inumani e immonde oscenità. Appena entrati lo scenario è apocalittico. Riconosciamo la ragazza di prima incredibilmente trasfigurata e veramente, ma veramente, incazzata nera! I mobili iniziano a minacciare di spostarsi e appena vede lo psichiatra insulta sua madre e poi gli sputa. Lui le risponde che la sua banca non è così; allora il prete, temendo il peggio, lo scansa e intima (novità assoluta) al diavolo che la possiede di uscire da quel corpo. A questo punto, anche se non ne avesse voglia, il diavolo è costretto a fare un gran casino. La ragazza inizia a zompettare come un grillo sporcando qua e là, bestemmiando come Raffaella Carrà. Improvvisamente si blocca ed inizia a parlare in aramaico. Il prete l’ascolta. Poi cambia improvvisamente lingua, latino. Il prete continua ad ascoltarla. “…Lupus in fabulum”. Alla parola fabulum... apriti cielo! Il prete, suo maestro di cate-

L’ANGOLO

chismo e di lingue antiche, dà fuori di brocca. Imbestialito e sbavando come una bestia urla: Fabula è della prima declinazione gran pezzo di somara! Prende la ragazza e, dopo averla riempita di scorze, la mette in ginocchio sui ceci, ma, quando inizia a roteare la testa, i presenti si rendono conto che adesso è lui l’indemoniato. Tempestivamente arriva il suo assistente e, con la croce in mano, riordina al diavolo di riuscire da quest’altro corpo: Non se ne parla, risponde satanasso, questo sta fuori con l’accuso, io non mi muovo da qui dentro!!! Lo psichiatra tenta di ipnotizzare il prete ma inspiegabilmente si esibisce in un conturbante spogliarello; ed è a questo punto che Emily Rose, così si chiama la ragazza, si riprende e dice agli astanti di calmarsi perché ha un’idea geniale. Di corsa scende sotto in cucina e immediatamente ritorna su con le mani dietro la schiena. Entra nella stanza e con aria fra il saccente e l’impertinente si posiziona davanti al prete: Cell’hai per caso uno di questi? E di scatto tira fuori da dietro la schiena un fantastico coperchio di rame adornato da splendide incisioni: Allora, cell’hai o non cell’hai? Per satanasso questo è veramente troppo! Riapriti cielo: si spalancano finestre e balconi e il diavolo in un lampo esce dal prete e rientra nel corpo di Emily che comincia

del

GRANDANGOLO

a darsi grandi coperchiate sulla testa. Ma dopo poco, stressato da tanto sbattimento, si addormenta. Lo psichiatra smette di ballare e si riveste, il prete e il suo assistente si spazzolano i vestiti, raccolgono le loro cose e, come quelli di missione impossibile, abbandonano la casa dicendo che hanno sbagliato indirizzo. Sfortunatamente la ragazza muore e il prete viene arrestato con l’accusa di omicidio e di aver istigato la vittima a smettere la cura per la schizofrenia paranoico-epiletticodepressiva con una punta di esaurimento nervoso, della quale si supponeva fosse affetta. La giustificazione era che i farmaci che la ragazza assumeva impedivano al cervello di reagire all’esorcismo, ma la vera paura era ben altra: un diavolo dipendente dagli psicofarmaci si sarebbe fermato alle autoradio? Intanto la diocesi assegna al prete un’avvocatessa rampante per convincerlo a patteggiare, ma lui non ne vuole sapere. Il processo (?) ha inizio. L’accusa chiama a deporre l’intera università di Harvard per tentare di convincere la giuria che una curetta e due pasticchette non avrebbero fatto male alla sventurata, ma la difesa prontamente reagisce chiamando a deporre la magnetizzata del Bronx. Al mago Otelma viene vietato l’ingresso in aula. La situazione sembra prendere una cattiva piega per la simpatica avvocatessa e lo sfortunato prete.

Inoltre, fatto non trascurabile, alle tre di notte entrambi iniziano a sentire le colonne sonore. Questo fa reagire l’avvocato che il giorno dopo tenta di convincere la giuria che il prete si è comportato così a causa della sua credenza. Ma l’accusa reagisce dimostrando che non era una credenza ma un armadio. E qui il colpo di genio. Mostrando un estro filologico mostruoso, la difesa dà ragione all’accusa e dimostra che la parola armadio è formata dall’unione della parola arma con la parola Dio e che in beota antico significava arma di Dio. E la credenza, cioè la fede, è l’unica arma di Dio. Di colpo l’accusa accusa il colpo. Ma temendo che ciò non bastasse, la furbona spaccia un comizio di Bossi per la registrazione dell’esorcismo fatta dallo psichiatra amico del prete. In verità lui aveva promesso all’amico che il suo nome non sarebbe venuto fuori al processo, ma dato che intanto era morto… La registrazione non lascia più dubbi nelle menti della giuria. Come nelle migliori favole, il prete viene condannato ma la condanna si considera scontata e viene rimesso in libertà. L’avvocatessa viene premiata con una coppa ma, cosa fondamentale, la notte non sente più le colonne sonore. E se ancora non vi siete stancati di ascoltare cose senza senso, potete continuare vedendo questo film. Orlando Orlandella

LA PAGINA Mensile di attualità e cultura Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002 presso il Tribunale di Terni; Direzione e Redazione: Terni Via Carbonario 5, tel e fax 0744.59838; Tipografia: Umbriagraf - Terni

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Michele Rito Liposi Giampiero Raspetti, Francesco Patrizi Francesco Bassanelli, Massimo Colonna Paolo Renzi Giulio Viscione Raffaela Trequattrini Serena Battisti Chiara Leonelli Silvia Cicioni, Albano Scalise Giocondo Talamonti Ilaria Di Martino Vincenzo Policreti Lucilla Vignoli James Danieli Comunicazione e Progresso s.a.s. - Tel. 0744.59838 Comunicazione e Progresso s.a.s.

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Ma in questo pianeta la giusta convenienza è rendere la gente più felice con coscienza; una parte del mondo da anni è rapinata da gente che di questo non ne vuole sapere niente; da gente che pensa che ha molta più importanza l’andamento delle borse e non quello della mente; ma per fortuna in ogni cosa della vita puoi cercare un’altra via d’uscita. Potrebbero essere queste parole di Daniele Sepe (Un’altra via d’uscita) il

giusto spot per il commercio equo e solidale. Un modo decisamente alternativo di concepire le logiche del mercato classico che siamo abituati a pensare. Da pochi giorni a Terni ha aperto Altromercato, il nuovo punto vendita di commercio equo e solidale a Corso Vecchio 104. Un’iniziativa della Cooperativa Monimbò, che dal 1992 porta avanti questo tipo di mercato a Perugia, in collaborazione con l’Associazione Il Pettirosso di Terni. In questi anni in cui la globalizzazione mostra il meglio e il peggio di sé, parlare di un tipo di commercio alternativo può sembrare strano.

Il commercio equo e solidale - spiega Giulia Germani, responsabile del nuovo punto vendita - si basa su diversi criteri: rapporto diretto e democrazia organizzativa tra i produttori, continuità nelle relazioni, agricoltura biologica e rispetto per l’ambiente, priorità alla ricaduta sociale, prefinanziamento

Il nuovo punto vendita a Corso Vecchio offre prodotti che certo non si trovano nei supermercati. Abbiamo diversi prodotti, sia alimentari che artigianali. Per esempio adesso c’è il guarana nativo dal Brasile, il tè dello Sri lanka, dello Zimbabwe e dell’India, il caffè messicano, del Nicaragua, del Guatemala, della Tanzania, dell’Uganda e della Repubblica Dominicana. Poi altri prodotti che vengono praticamente da tutto il mondo. Numerose sono le iniziative di commercio equo e solidale organizzate dall’associazione. Tra le più curiose c’è sicuramente Altrocioccolato, svoltasi a Gubbio dal 20 al 23 ottobre.

E’ stata la controfesta del cioccolato, in alternativa ad Eurochoccolate che si svolgeva a Perugia, per dare risalto ovviamente al cioccolato prodotto secondo i nostri criteri. Sono stati tre giorni molto interessanti, anche perché ci sono state conferenze, incontri e proiezioni di film cui ha partecipato molta gente. Per informazioni si può contattare il numero 0744428093, oppure visitare il sito www.altromercato.it. La redazione

al produttore del 50%, retribuzione dignitosa per i lavoratori. I prodotti che noi vendiamo si basano tutti su questi criteri, che ricadono automaticamente anche sui consumatori. In questo periodo in cui il mercato assume sempre più importanza per lo sviluppo dei popoli, ci sembra che il consumatore debba essere consapevole delle proprie scelte, perché in piccolo le scelte di ognuno possono contare anche per le grandi società.

Adesso gli studenti del triennale non avranno più scuse con i genitori. Basta dire: ma gli esami sono troppi, le sessioni troppo poche…visto che lui ce l’ha fatta, adesso potete farlo tutti! Stiamo parlando di Francesco Angeloni, un ragazzo ternano classe 1983 che è riuscito a laurearsi in Biotecnologie a Perugia non avendo ancora 22 anni! Non ci credete? Sono nato il 10 ottobre del 1983, e dopo il liceo Donatelli ho scelto la facoltà di Biotecnologie a Perugia.

TERNI - V. della Stazione, 32/38 - Tel. 0744. 420298

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Poi ci sono anche le proprie passioni da seguire… Sono stato fortunato perché ho trovato anche il tempo per coltivarne due per me molto importanti, la chitarra elettrica e il nuoto. E adesso una specializzazione in vista. Poi? Ho scelto la specializzazione agrario-ambientale. Una volta finiti gli studi voglio fare il concorso per il dottorato di ricerca e magari diventare un ricercatore. Certo poi dovrei andare a

Laurea breve?

Poco tempo fa, qualche giorno prima del mio compleanno, ho discusso la mia tesi di laurea, quindi avevo ancora 21 anni. Ma sono stato molto fortunato perché ho trovato una materia che mi appassiona. Laurearsi in così poco tempo non è da tutti, visti i tempi che la triennale impone. Il mio segreto sta nella passione, e poi nella costanza, credo che sia indispensabile per ridurre al minimo il tempo perso.

lavorare all’estero, magari negli Usa o in Australia. I ricercatori di questi tempi non se la passano certo bene da noi. Che ne pensi della riforma Moratti? Secondo me rende ancora più precario proprio il ruolo del ricercatore, e un po’ tutto il sistema universitario. Visto ragazzi, la laurea triennale non è poi così difficile. O forse, Francesco è proprio l’eccezione che conferma la regola? Massimo Colonna


S

t r a n i e r i

A y o n e l paese dei furbi

Il Persiano

Qui a Terni saremo in tutto 20, al massimo 25, e alcuni sono qua già da parecchio tempo, ma non li conosco tutti; ogni tanto ne incontro qualcuno, ci sono miei connazionali che vivono qui in città da tanti anni, hanno figli ternani che non parlano il “farsi”, la nostra lingua, e sono essi stessi ormai ternani a tutti gli effetti. A parlare è Khazaei Mojtaba, restauratore e venditore di tappeti in un piccolo negozio in via Cairoli, accanto ad un altro angolo mediorientale ternano, il ristoro turco che vende kebab e felafel. Arrivato in Italia da otto anni, da quattro è sposato con una ragazza di Terni. Vengo da Teheran, l’Iran in cui sono cresciuto non era poi tanto diverso da qui, c’erano discoteche per i giovani, bar… io sono una persona molto aperta, non ho avuto problemi a fare amicizia con gli italiani, la differenza culturale non è un ostacolo, tutto il mondo è paese, l’importante è sapersi

prendere con le altre persone. L’unico impedimento vero per uno straniero, secondo me, è la lingua. Quando arrivi in un paese che non conosci e non riesci a comunicare, senti una grande solitudine dentro di te. Io ho imparato subito l’italiano e anche mia moglie ha imparato un po’ di “farsi”, quando mi telefonano i parenti riesce a conversare in lingua. Khazaei lascia Teheran per cercare lavoro in Italia, prende una specializzazione tecnica per lavorare i tappeti e comincia l’attività a Bolzano e a Verona... poi sono venuto a trovare un amico a Terni, la città mi è subito piaciuta e mi ci sono trasferito. Sono stato molto fortunato perché qui ho incontrato la donna che è diventata mia moglie. Nel marzo del 2000 ha aperto il suo negozio, ma qui il mercato è differente… Spiega … che nel nord Italia c’è un gusto estetico diffuso, l’acquirente sa riconoscere e

www.abitareinumbria.it

D O C

Ayo Afolabi, venticinquenne nigeriano, e Adam Moussa, ventiseienne del Togo, hanno una storia simile. Giunti in Italia in cerca di libertà, uno si è affidato alla giustizia, l’altro alla furbizia… chi l’avrà spuntata? Adam è sbarcato a Scoglitti il 23 giugno, è stato fermato dalla polizia assieme a 180 compagni di viaggio ci hanno portati dentro un grande tendone dove ci hanno preso le impronte digitali e fotografati. Alla fine ci hanno consegnato questi fogli e siamo tornati tutti liberi. Adam non parla italiano, ha preso il suo foglio ed ha cercato un posto dove dormire. È arrivato alla parrocchia di Bosco Minniti a Siracusa, poco dopo è arrivato anche Ayo, insieme ad altri clandestini. Ha mostrato quello che credeva un permesso di soggiorno, ma gli operatori della parrocchia gli hanno spiegato che si trattava in realtà di un ordine di espulsione. C’è rimasto male ed è andato dalla polizia ad auto-denunciarsi; quando era in attesa di essere espulso, ha scoperto che nelle sue condizioni - costretto ad abbandonare il suo paese per motivi politici (il padre è stato ucciso nel 2003 durante una manifestazione di protesta contro il dittatore Eyadema) -

valutare un buon tappeto, qui nel Centro invece si tende a considerarlo come un elemento d’arredo, spesso chi compra non sa valutare e apprezzare fino in fondo la qualità della merce, manca una vera cultura del tappeto. Comunque anche qui arrivano signori che fanno riparare vecchi tappeti e ne comprano di antichi. Ogni tappeto ha un disegno particolare, un motivo che, a saperlo leggere, rivela la città in cui è stato tessuto, racconta una pezzo di Iran. Qui mi trovo bene, però per uno straniero la casa è sempre quella che ha lasciato. Tutti gli anni torno in Iran, ho una famiglia molto numerosa, siamo otto fratelli, di cui uno vive in Giappone e uno in Germania. Anche loro si sono ambientati bene, sono come me. Da quello che racconta, la famiglia di Khazaei è un po’ come un tappeto, ha intrecciato fili diversi, culture lontane, lingue straniere con l’abilità dei tessitori, oggi vive sparsa per il mondo, ma non è ha sbrigliato i nodi che la legano all’Iran e ai propri cari. Francesco Bassanelli

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Alviano In palazzetto in pietra, indipendente, appartamento su 4 livelli di mq 250 ca. Seminterrato con 2 cantine. PT Camera da pranzo, angolo cottura, soggiorno IP bagno, 2 camere da letto (una di mq 30) IIP soffitta, terrazza di mq 31 con vista. In buono stato.

aveva il diritto all’asilo politico. Perché nessuno mi ha detto di questa possibilità? Ha protestato, ma ormai l’espulsione era stata attivata. Ayo invece, sbarcato il 9 settembre, aveva capito che in quel foglio c’era scritto di lasciare l’Italia, ma considerava l’ordine alla stregua di una generica esortazione. Infatti, dopo averlo ricevuto, non solo era tornato in libertà, ma aveva potuto vagabondare indisturbato, per oltre un mese, tra Roma, Napoli e Foggia. Giunto a Bosco Minniti ha appreso, come Adam, della possibilità di chiedere asilo come perseguitato politico, una condizione certificata sul suo corpo dai segni delle torture subite in Niger. Ha avviato la pratica ed ora, a differenza, di Adam, potrà restare nel nostro paese. Abbiamo così scoperto che il foglio di espulsione viene rilasciato dalla polizia come una semplice multa, che si cerca di tacere sulla possibilità dell’asilo politico e che due persone, in condizioni del tutto simili, vengono trattate diversamente. Non perché la legge faccia distinzioni e favoritismi, ma perché conta più la furbizia della giustizia. E Ayo ha capito prima di Adam in che paese è sbarFrancesco Patrizi cato.

MDA

Castel dell’Aquila Villa di mq 180 su due livelli PT soggiorno, cucina, bagno. IP 4 camere, 2 bagni, terrazza. Portico mq 78. Cantina mq 26. Giardino mq 3.000.

Te l e f o n o

0744.737733 Taizzano Appartamento piano terra di mq 86: soggiorno, cucina, due camere, due bagni. Giardino mq 165. Garage mq 18. Cantina mq 16. Ristrutturato. Piscina condominiale.

0744 800820 15



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