Mensile gratuito
N째 9 - Novembre 2010 (79째)
...la società de la gioventù... Diminuisce, in Italia, l’iscrizione alle facoltà scientifiche, ma è inevitabile: solo uno sparuto gruppo di paesi definiti sottosviluppati è ormai, per quanto attiene la comprensione scientifica e la capacità critica, ridotto peggio di noi. Saremo costretti ad importare insegnanti di matematica dall’Ungheria e dall’India! E dire che affondiamo le radici nel mondo babilonese, etrusco, egiziano, greco... latino! Abbiamo consegnato al mondo intero un patrimonio eccezionale di opere d’arte (in tutte le arti) e di scienziati (in tutte le scienze). Le menti degli italiani sono molto evolute per meriti di nascita, potendo beneficiare della massima concentrazione di stimoli paesaggistici, ambientali, storici e culturali possibile in unica nazione. Oltre alla radiosità delle condizioni atmosferico-ambientali, nel nostro Bel Paese sono presenti, in un alternarsi prodigioso, quasi tutti gli habitat naturali conosciuti. Chi vive l’intera sua esistenza esclusivamente nel deserto o tra i ghiacciai assorbe stimoli monotòni e le risorse intellettive sono del tutto consequenziali. Il nostro è il Paese più bello del mondo, troppi beduini però pretendono, da noi, di insegnare agli eskimesi come pescare e troppi eskimesi nostrani si affannano unicamente per il loro igloo, frodando impunemente il pescato degli altri. Ma allora, l’Italia Illustre, l’Italia della Magna Grecia, di Pitagora e di Archimede, di Archita e Filolao, come mai è ridotta così? Ci sarà un po’ di responsabilità da parte della scuola e forse anche della politica, madrina della scuola? Nei licei italiani niente discipline, solo materie scolastiche. Una disciplina ha un suo metodo di ricerca, un proprio campo di integrazione culturale, una forte carica di integrazione interdisciplinare. Nella scuola niente di tutto questo, solo materie, orribile riduzione bignamesca, che servono a distrarre, a sapere che qualcosa esiste, mai a individuare il come e il perché della sua esistenza. Materie, somministrate anche male. Si assume, tranne nel caso di qualche lodevolissima eccezione, frutto di capacità straordinarie del singolo educatore, in modo catechistico, privo di senso. Uno studente che è stato abbondantemente sfamato nel corso di uno stesso giorno di scuola con assiomi di geometria, regole di matematica, leggi fisiche, formule chimiche, non può avere che sintomi di inappetenza nei confronti della cultura scientifica, che invece pretende un tipo di conoscenza intesa come padronanza di un processo: si conosce un oggetto quando si è capaci di costruirlo, di scomporlo e ricomporlo, in un procedimento ispirato a chiarezza, trasparenza, oggettività. Di tale padronanza si sente l'urgenza per generare una forma mentis che sappia distinguere tra concezione e conoscenza, tra misticismo e logica, tra apparenza e realtà. Non si rinvii ulteriormente la riforma della scuola. Occorre aumentare di gran lunga le ore di matematica, quelle di scienze, quelle di informatica. Occorrono risorse finanziarie adeguate per preparare i nostri insegnanti, senza far ricorso agli stranieri. Diminuire (o aumentare) la quantità delle ore di una scuola agonizzante non ha senso, se non quello di affossarla definitivamente. Un cittadino che viene puntualmente sfamato da chiappe al vento, mestatori di bassa lega, occultatori di verità, è portato a pensare che la menzogna sia la quintessenza della vita. Il tapino viene sommerso da scoop scandalistici, gossip eclatanti, dossier penetranti. La vita reale, quella della famiglia che compie laceranti peripezie per sbarcare il lunario, scompare, così come nella scuola latitano scienza e logica. Strategia della distrazione, a scuola come in politica. Nella scuola facendo, al più, apprezzare gli aspetti esaltanti e fantasmagorici di certa divulgazione scientifica perché vengano ingeriti in modo acritico; nella politica deviando l’attenzione dai problemi importanti, con la tecnica del gossip o del diluvio delle informazioni insignificanti. Aspetto emotivo, piuttosto che riflessione. Sfruttare l'emozione è tecnica classica per provocare rotture dell'analisi razionale e, di conseguenza, ridurre, fino a cancellare, il senso critico dello studente o del cittadino. Si rifletta sui dibattiti politici televisivi per rendersi conto che l’interruzione del discorso di un avversario politico è fatta ad arte: non riesco a demolire l’argomento, cerco allora di demolire l’argomentatore. Mancano scienza e ricerca, dicevamo. In compenso generiamo, con tutta la dedizione possibile, ruffiani e troie, via internet, per telefono, in varie agenzie casting. Zoccole solo di lusso, beninteso, perché con quelle della strada saremo inflessibili! Giampiero Raspetti
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Il vigile di Scaletta Zanclea - F P a t ri zi La fatica dello scandalo - P F a b b ri Il cellulare questo sconosciuto! - P Se ri Non chiamatelo più solo volontariato - A Mel a secch e INTERPAN PROGETTO MANDELA ARREDO FAMIGLIA Il Bel Paese là dove ‘l sì suona... - A P i era lli Insieme per l’Europa - S P a sca rel l i MAGICA STRONCONE - A N est ero va Il vecchio e il fascista (3) - A P STRONCONE L’Enciclica Rerum Novarum - M R i cci Basta un attimo - C C o l a sa n t i Ricostruzione in Abruzzo - A L i b era t i La disfida elettorale Cuomo-Paladino - A L GUIDO MIRIMAO - F o n d a zi o n e C a ri t In libreria a Novembre - G E R MO G L I Eco, boato, rimbombo... - E L u cci E’ ancora lunga la strada... - I C u sm a n o PAZZAGLIA Astronomia - T S ca cci a f ra t t e, G C o zza ri Astronomia - P C a sa l i , F Va l en t i n i Quale illuminazione per i centri storici? - F Capitoli Giornata contro l’inquinamento luminoso - T S GRAFICA PER INSERZIONI PUBBLICITARIE SUPERCONTI
PA G I N A
Se i nostri antenati si fossero abbarbicati ad una ignorante protervia e non avessero accettato, ai tempi di Pitagora, gli immigrati greci a Agrigento, Crotone, Elea, Leontini, Locri, Metaponto, Taranto... ci avrebbero tolto un bene grandissimo: la possibilità di vivere una civiltà più umana e più bella. Oggi, di fronte a nuova, sfrontata barbarie, solo la cultura potrà salvarci. GR
Mensile di attualità e cultura
Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni
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I l vigile ti ra t o a l u c i d o di Scale t t a Za n c l e a
Che soddisfazione prova Albertone il primo giorno di lavoro ne Il Vigile quando indossa l’agognata divisa e fa il suo ingresso nel bar dove, al posto della consueta pernacchia dei suoi amici, viene accolto da un timoroso e riverente silenzio. Ebbene, a Scaletta Zanclea qualcuno deve essersi ricordato di questa scena soltanto che, all’ingresso del vigile urbano nel bar della piazza, invece del sonoro sberleffo, ha preferito prendere carta e penna e manifestare il proprio disappunto alla Procura di Messina. La divisa nuova tirata a lucido dell’agente ha mandato di traverso più di un caffè agli avventori del paesino più sfortunato della Sicilia, quasi raso al suolo dall’alluvione dell’ottobre 2009, per il quale non c’è stato il rilievo mediatico e l’attenzione politica come per L’Aquila. Sito in un remoto anfratto della collina messinese, dove non batte il satellite e non scorre il digitale terrestre, il paesino non-in-diretta ha contato morti, sfollati e, a distanza di un anno, non ha ricevuto né i prefabbricati con annessa bottiglia di spumante, né la messa in sicurezza degli edifici con passeggiata di Obama tra le macerie. Eppure sono arrivate molte donazioni spontanee dalla gente comune, prontamente raccolte dalle casse del Comune e messe in bilancio. Ora, come spiegava con impeccabile piglio da burocrate il Sindaco ad una giornalista, il bilancio ha le sue priorità, voci messe in lista da diverso tempo, da ben prima dell’alluvione e non è che una catastrofe naturale può passare avanti a capitoli di spesa già decisi e riconfermati dal Consiglio Comunale. Venendo al dunque, visti e considerati gli ingranaggi di un Comune siciliano disastrato in terra pirandelliana, l’acquisto delle nuove divise dei Vigili Urbani era la prima spesa in capitolo e le donazioni spontanee elargite per la ricostruzione del paese sono servite per rivestire non gli ignudi, ma i suddetti agenti. Così è se, se vi pare. Stando allora al giuoco delle parti caro a Pirandello, se passando per Scaletta Zanclea vi fermate in un bar per un caffè e sentite il ticchettio degli stivali nuovi di un vigile urbano varcare l’ingresso del locale, con calma gattopardesca, slacciatevi il bottone del polsino della camicia, arrotolate la manica fin sopra il gomito, piegate il braccio a 90 gradi, poggiate delicatamente le labbra nell’incavo e lasciate vibrare il vostro sonoro apprezzamento per quella divisa nuova scintillante costata al Comune un’alluvione, trenta morti e centinaia di sfollati ancora senza Francesco Patrizi dimora.
La fatica dello scandalo Sakineh sarà uccisa. Non sappiamo ancora quando né come, e naturalmente non sapremo mai davvero il perché, ma è facile previsione dire che sarà ammazzata in una galera persiana nel giro di qualche mese. Curiosamente, ad ucciderla contribuirà l’assassinio di un’altra donna: omicidio già eseguito, a fine settembre, in un altro carcere assai distante dal suo: e a definire con precisione il momento esatto della sua esecuzione sarà forse proprio la nostra stanchezza. Di Sakineh Mohammadi Ashtiani abbiamo cominciato a parlare, qui in Occidente, quando il nostro senso dello scandalo è stato acceso e alimentato non tanto dalla storia in sé, quanto da un paio di particolari ben precisi di essa: a scandalizzarci non era la pena di morte, evocata del resto da tante parti anche in Italia; non era la correttezza o meno del processo, né la legittima perplessità nel vedere l’amministrazione della giustizia basarsi su un libro sacro vecchio di secoli. Lo scandalo risiedeva essenzialmente in due aspetti ben precisi, intollerabili agli occhi occidentali: il reato di cui Sakineh sembrava essere accusata, l’adulterio, e soprattutto della modalità di messa a morte, la lapidazione. Erano queste, le vere e sostanzialmente uniche ragioni delle sue gigantografie appese, questi i motori immobili delle petizioni, degli articoli sui giornali, della rabbia espressa verso le ambasciate iraniane. E siccome queste ragioni, da sole, non sono solide, profonde, ma più apparenti che sostanziali, è stato facile rimuoverle. Scandalizzarsi costa fatica: scandalo, letteralmente, significa inciampo, e la pietra dello scandalo è davvero qualcosa su cui si inciampa, si cade, esponendosi al pubblico ludibrio; ma da un inciampo ci si solleva anche in fretta. Le autorità iraniane hanno subito rimosso uno degli argomenti, precisando che Sakineh non è condannata a morte solo per adulterio, ma anche per omicidio; e questo è bastato a rimuovere gran parte delle proteste. Una messa a morte per omicidio può non essere condivisa, e grazie al cielo non lo è affatto per molti sistemi giuridici del mondo, ma di certo non causa scandalo. E se ci dicono che Sakineh non è semplicemente un’adultera, ma un’assassina, risvegliare il senso dello scandalo è più faticoso. Resta però il modo: uccidere una donna a sassate è quanto di più arcaico e crudele si possa immaginare: sepolta a metà nella terra, con braccia bloccate e tronco, spalle e testa esposti ai colpi di centinaia di pietre, è una morte che è difficile anche solo immaginare, men che mai tollerare. E lo scandalo si riavvia, riparte, si rinfocola. Ma allora Teheran rimuove di nuovo l’ostacolo mediatico, e dice che no, non sarà lapidata, ma solo impiccata. E l’Occidente rimane senza munizioni per il suo sdegno: rimane con una donna condannata a morte, ma questo non basta certo. Anche perché è quello stesso Occidente che guarda con ansia e cupidigia alla Cina, le cui esecuzioni quasi nessuno contesta: anche e soprattutto perché, proprio mentre lo scandalo per Sakineh tocca i suoi punti più alti, è la stessa nazione guida del primo mondo a mettere a morte un’altra donna, Teresa Lewis, con un’iniezione letale. E se Teresa Lewis è colpevole, è anche quasi incapace di intendere e di volere: e sotto queste condizioni il senso stesso di colpa rischia di perdere significato. Senza più le fragili ragioni di scandalo, le grandi immagini del bel volto di Sakineh spariscono lentamente, probabilmente sostituite dagli incombenti addobbi natalizi. E così Sakineh verrà uccisa banalmente, senza spettacolo. E non sapremo neppure se questo nostro scandalizzarsi che non perdura avrà avuto un minimo effetto. Perché noi non sappiamo neppure, in realtà, se un’iniezione letale o una corda stretta al collo siano davvero migliori, per chi le riceve, di centinaia di sassi che piovono addosso: forse una prima pietra fortunata fa perdere i sensi subito, mentre l’acido iniettato nelle vene potrebbe far sentire con spietato bruciore, e con lentezza, lo strapparsi feroce della vita dalla carne. Forse il precipitare nella botola frenato dalle vertebre cervicali che si spezzano è più atroce, e comunque certo non meno mortale. Che ne sappiamo, in fondo? Ma il nostro senso dello scandalo potrà dormire, perché era stato risvegliato per ragioni effimere, come quelle che ci fanno frenare in autostrada per guardare l’incidente nell’altra corsia. Ragioni facili da tacitare; siamo deboli e volubili, e proprio per questo dovremmo coltivare e indirizzare meglio i nostri rari sdegni. Sennò si rischia di finire come il protagonista di quella crudele barzelletta, che alla notizia che un dittatore aveva cominciato a chiudere nei lager gli ebrei e i parrucchieri chiede stupito: Perché i parrucchieri?, non rendendosi neppure conto del crimine che il suo stupore banale Piero Fabbri - 31 ottobre 2010 e automatico stava commettendo.
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Il CELLULARE questo sconosciuto!
laboratori
Il lettore avrà senz’altro capito che si tratta solo di una battuta. Certo che lo conosciamo e come! Ognuno di noi ne ha uno in tasca che squilla a tutte le ore e nei momenti più impensati, per non parlare di quelli ormai obsoleti che giacciono dimenticati in mezzo ad un groviglio di fili in qualche cassetto della nostra casa. In ogni angolo delle nostre città si vedono giovani, anziani, uomini, donne, persino bambini, italiani, extracomunitari che usano l’ormai irrinunciabile marchingegno. Si telefona tutti e dappertutto e il minuscolo apparecchio squilla puntualmente per strada, nelle scuole, negli ospedali, nei cimiteri, perfino in luoghi o in occasioni dove sarebbe meglio farne a meno, come nelle chiese durante le funzioni o i funerali, in aula durante le lezioni e alla guida di un’auto con grave rischio per sé e gli altri. Con il presente articolo non vogliamo certo demonizzare un strumento tecnolo-
gico la cui utilità è ampiamente comprovata e che nolente o volente è entrato a far parte della nostra quotidianità ed è, ammettiamolo, irrinunciabile, ma, come tutte le tecnologie del nostro tempo, presenta degli aspetti su cui è bene riflettere. Numerosi sono gli autorevoli studiosi che si sono occupati degli effetti negativi prodotti dalla sua capillare diffusione e le psicopatologie che ne derivano, come L. Di Gregorio Psicopatologia del cellulare o U. Galimberti Miti del nostro tempo, tanto per citarne alcuni. Cercheremo dunque di elencarne alcuni in modo da offrire un quadro chiaro della problematica. Il primo effetto è l’intolleranza della distanza; è fuor di dubbio che il cellulare è un moderatore dell’angoscia di separazione determinata dalla lontananza fisica, sentimento questo più volte provato da bambini quando un genitore si assentava. Esso ci offre la possibilità di superare questa distanza,
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fatto che dimostra come la sindrome infantile dell’abbandono agisca ancora in noi. Se nessuno ci telefona, se il cellulare, pur acceso, non squilla, ci sentiamo persi in una solitudine abissale e allora ci mettiamo a telefonare, a chattare, ad inviare sms, non perché abbiamo bisogno di dire qualcosa, ma unicamente per soddisfare un desiderio di sicurezza incrinato dalla distanza, dall’assenza fisica da ricostruire con contatti continui e compulsivi sulle onde elettromagnetiche. Un altro effetto è l’illusione dell’onnipotenza; l’infanzia conosce oltre alla dipendenza anche l’onnipotenza che serve a compensare la soggezione che il bambino ha verso l’adulto. Ora le nuove tecnologie della comunicazione soddisfano anche il bisogno infantile dell’onnipotenza in quanto garantiscono illusoriamente il controllo delle persone e dei fatti che ci interessano. Una sorta di delirio che ci dà l’illusione, la pura illusione di controllare la realtà a distanza attivando una tastiera. Altra conseguenza è il controllo paranoico; con il cellulare trasformiamo una condizione di reale impotenza che genera in noi una tensione emotiva in un illusorio dominio della realtà, ma a questo punto scatta uno strano meccanismo per cui, per placare l’ansia, abbiamo bisogno del controllo e il controllo alimenta la nostra paranoia a causa della quale incontenibili diventano le nostre verifiche sulla vita delle persone che ci interessano, sui luoghi che frequentano, sui loro spostamenti, su ciò che fanno in nostra assenza. In nome dell’amore ci trasformiamo in investigatori privati che vogliono conoscere dove si trova, cosa fa, il compagno, la compagna, il marito, la moglie, i figli in cui il cellulare diventa uno strumento di controllo spesso persecutorio tramite il quale proiettiamo sugli altri le nostre incertezze, portando nei casi estremi anche ad atti violenti; basti pensare ai casi purtroppo frequenti di stolking che riempiono la cronaca nera. Nel prossimo articolo parleremo di altri effetti della psicopatologia da cellulare che non sono meno importanti quali : l’esibizionismo, l’angoscia dell’anonimato, la perdita del mondo circostante del mondo interiore e soprattutto la perdita della Pierluigi Seri libertà. parte I
Non chiamatelo più solo volontariato!
Si chiama Social Entrepreneurship (non facile da pronunciare neanche per gli anglofoni!) e ne ha dato la definizione più completa e più diffusa il governo britannico, nel 2006, nel documento Social Enterprise: A Strategy for Success (Impresa sociale: una strategia per il successo): Un’impresa sociale è una azienda che ha obiettivi principalmente sociali e reinveste le proprie eccedenze a fini sociali, in azienda o nella comunità, piuttosto che per la massimizzazione del profitto per i propri azionisti e titolari. Non c’è dubbio, si tratta, quindi, di un’impresa a tutti gli effetti. Il tema è balzato agli onori della cronaca con l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace a Muhammad Yunus nel 2006, ideatore e realizzatore del microcredito, ovvero di un sistema di piccoli prestiti destinati ad imprenditori troppo poveri per ottenere credito dai circuiti bancari tradizionali. In realtà la storia ha conosciuto molti imprenditori sociali, noti per il contributo dato come agenti del cambiamento, ma non come imprenditori in senso stretto, come Florence Nighingale, considerata la fondatrice dell’infermieristica moderna, e Maria Montessori che ha sviluppato l’omonimo metodo per l’educazione dei bambini. Le caratteristiche principali della Social Entrepreneurship, sono: missione aziendale, formulata esplicitamente, per la creazione e sostegno di valore sociale e beneficio per la comunità; rischio economico e autonomia nella produzione di beni e/o nella vendita di servizi; ricerca di nuove opportunità ed esplorazione di risorse nascoste da met-
tere al servizio della propria missione; ricerca di modelli sostenibili; impegno continuo nell’innovazione e nell’apprendimento; natura partecipativa e collaborativa che coinvolga vari soggetti; distribuzione limitata del profitto e quantità minima di lavoro retribuito; opportunità di cambiamento nelle mani di ogni individuo. Una volta tali imprese operavano per lo più nei settori sociale, ambientale, dei diritti umani e delle pari opportunità, oggi è possibile trovarle in tutti i campi. Un esempio di come la Social Entrepreneurship possa diventare poi un catalizzatore, anche a livello globale, lo testimonia l’attività di Smaller Earth (www.smallerearth.com) con Your Big Year, (www.yourbigyear.com) una delle competizioni globali della Global Entrepreneurship Week (www.unleashingideas.org, che promuove il fare impresa unitamente alla responsabilità sociale ed alla cittadinanza globale, che ha avuto oltre 44.000 partecipanti da 168 Paesi, tra cui sono stati selezionati i 24 finalisti (fra questi c’è l’italiana Chiara Vergani) che si sfideranno a Liverpool i primi di novembre. Il premio della competizione prevede il giro del mondo per un anno, lavorando su progetti sociali di educazione e conservazione ambientale e culturale. Insomma, fare impresa in modo socialmente responsabile costituisce oggi un arricchimento non solo umano, ma anche un’occasione per conoscere migliaia di persone nei Paesi più diversi e un’esperienza emozionante e formativa di altissimo livello. a.melasecche@meta-group.com
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Martedì: il giorno dei diritti umani Un incontro a settimana pensando a noi, e non solo E' iniziato l'undicesimo corso introduttivo alla conoscenza dei diritti umani e delle loro violazioni dal titolo Lungo cammino verso la libertà, organizzato dal Centro per i Diritti Umani. Gli incontri hanno avuto inizio il 19 Ottobre al Palazzo Primavera, nel centro della città, e continueranno ogni martedì fino al 12 Aprile 2011, dalle 15.15 alle 16.30, per un totale di 23 incontri. Per il mese di Novembre sono previsti i seguenti appuntamenti: martedì 16 Novembre I diritti umani nella storia parte IV: Il Patto sui diritti civili e politici e il Patto sui diritti economici, sociali e culturali; martedì 23 novembre I diritti della donna parte I: Le donne e la politica, le donne e il lavoro, la caccia alle streghe; martedì 30 novembre I diritti della donna parte II: La donna e l'istruzione, la donna nell'Islam; martedì 7 dicembre I diritti della donna parte III: La donna e la mutilazione genitale, la convenzione sui diritti della donna. I 23 incontri saranno supportati da proiezioni di documenti e/o fiction storici. Al termine di ogni incontro il professor Ricci rimane a disposizione per chiarimenti e dibattiti. La partecipazione al corso è gratuita e aperta a tutti i cittadini interessati, agli insegnanti di ogni ordine e grado e agli studenti. Il corso è particolarmente indicato per gli studenti dell'ultima classe degli istituti superiori, ai quali verrà rilasciato il certificato di frequenza valevole per il credito scolastico. Gli incontri hanno lo scopo di educare ai diritti umani, che sono i valori fondamentali di ogni convivenza democratica e unica garanzia di Pace. Solo se essi vengono conosciuti, si può sperare che vengano rispettati. Non è certo un caso che l'educazione ai diritti umani è raccomandata dall'articolo 26 della Dichiarazione Universale: L'educazione dev'essere rivolta al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Il Centro per i Diritti Umani che, insieme ai laboratori di Progetto Mandela, è espressione delle attività dell'associazione culturale “Progetto...”, nasce come centro di studio, di ricerca e di consulenza sui temi dei diritti umani. Il Centro organizza ogni anno eventi culturali, realizza spettacoli teatrali e prodotti multimediali; organizza mostre, convegni e corsi e mette a disposizione Chiara Stefanelli un vasto archivio di documentazione tematica. Per maggiori informazioni: centro.dirittiumani@gmail.com Tel: 0744/31792; 339/8519563; 338/6869245
Fratelliditalia Vi site mai chiesti cosa vuol dire essere italiani? Quanto vi sentite italiani? Chi sono gli stranieri? E noi, chi siamo? Abbiamo un'identità comune che ci caratterizza o siamo divisi all'interno del nostro stesso Paese? Cosa vuol dire essere cittadini italiani? Troppo spesso ci comportiamo con superficialità, ignorando queste domande e discriminando chi o ciò che non conosciamo. Il Progetto Mandela quest'anno ha proprio lo scopo di farci riflettere su questi quesiti e di far emergere i problemi della nostra realtà che condizionano il nostro modo di rapportarci con chi è diverso da noi. Quest'anno il progetto Mandela ci inviterà a rispondere a queste domande sotto il motto Fratelliditalia, proprio in occasione del centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia. Ma in che cosa consiste il Progetto Mandela? I vari gruppi di lavoro si sono già messi in moto: attori, scenografi, costumisti e drammaturghi lavoreranno duramente per voi fino ad Aprile, quando potrete godere il frutto del loro arduo lavoro, che si concretizzerà in uno spettacolo teatrale di cui i protagonisti saremo proprio noi: gli italiani, il nostro senso della Patria, come ci vediamo e come ci vedono, ma sopratutto come noi vediamo gli altri. E noi? Ovviamente il gruppo di Comunicazione sarà sempre qui, per aggiornarvi mensilmente sulle attività del Progetto e iniziare fin da ora il nostro lavoro di sensibilizzazione su queste tematiche tanto attuali quanto sottovalutate. Resteremmo a scrivere per ore, ma purtroppo lo spazio è poco, così è arrivato il momento di salutarci. Ci vediamo il prossimo mese, con notizie fresche dal progetto Mandela! Camilla Calcatelli - Eleonora Landi
I laboratori di Progetto Mandela Come negli anni precedenti, nonostante le restrizioni dovute al taglio drastico delle sovvenzioni pubbliche, anche quest'anno gli strumenti educativi del Progetto Mandela attorno alla creatività e la comunicazione saranno portati avanti con grande dedizione e forza di volontà. Il progetto è suddiviso in 4 corsi: Drammaturgia e regìa (mercoledì e venerdì dalle 17 alle 19): i partecipanti potranno cimentarsi nella stesura del testo teatrale per lo spettacolo conclusivo di Aprile; Recitazione (mercoledì dalle 15 alle 18): potranno essere appresi gli elementi di base per la dizione, la mimica e la recitazione; Allestimento e costumi (giovedì dalle 14 alle 16): si provvede alla realizzazione della vera e propria scenografia e dei costumi. Infine ci siamo noi del Laboratorio di
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Comunicazione (martedì dalle 17 alle 19) che vi informeremo in futuro sul lavoro dei vari gruppi e approfondiremo le tematiche di quest'anno. I laboratori sono gratuiti ed aperti a tutti e si svolgono dal martedì al venerdì nei locali dell'associazione presso il Liceo scientifico Galileo Galiei di Terni in via Camporeali 1. Le attività del Progetto prevedono inoltre quest'anno uno spettacolo del Centro per i Diritti umani per la Giornata della Memoria il 27 gennaio, un progetto di diffusione dal basso di buone pratiche di sostenibilità dal nome Ho inventato l'acqua calda, ed un percorso di progettazione partecipata sul tema della cultura giovanile in collaborazione con Arciragazzi Castelli in aria dal titolo Giovani cittadini per costituzione. Manuel Cardinale Alessandro Labianca
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Il Bel Paese là dove ‘l sì suona
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Un uomo fiero e altero come Dante Alighieri, avvezzo com’era a combattere con la penna per le proprie idee e a pagarne le conseguenze con l’esilio, probabilmente sarebbe molto contraddetto della decadenza morale e civica dell’Italia odierna. Ma non vi è ombra di dubbio che sarebbe oltremodo lieto nell’apprendere che la lingua italiana, quell’idioma alla nascita del quale contribuì in modo così determinante or sono sette secoli fa, è oggi al quinto posto (secondo alcuni addirittura al quarto) tra le lingue più studiate dagli stranieri al mondo. Molti ne rimarranno stupiti, abituati come siamo noi italiani a considerarci (spesso, purtroppo, a ragion veduta) sempre tra gli ultimi (eccezion fatta per il cibo e poche altre cose dove la nostra eccellenza mondiale è indiscussa). Eppure alcune ricerche confermano che l’italiano è una delle lingue più ambite tra gli stranieri di tutto il mondo. Viene da chiedersi perché. In fondo, anche se di italiani ne potete trovare ovunque, dai posti più torridi del Sahara fino ai sempiterni ghiacci della Groenlandia, rispetto ad altri popoli non siamo numerosi. In economia la nostra lingua risulta molto meno utile dell’inglese o
del tedesco, mentre la lingua diplomatica per eccellenza è il francese. È vero che l’opera e la musica parlano soprattutto italiano, ma non è motivo sufficiente a giustificare un tale successo. Una risposta la potrebbero dare molte delle mie studentesse cui in questi anni ho avuto il piacere di insegnare la lingua del sì. Alla domanda, con la quale sono solito rompere il ghiaccio il primo giorno, perché studiate l’italiano, la risposta è quasi sempre la medesima: Perché mi piace. Perché è una lingua bellissima. Inoltre, quello che oggi sta portando nel mondo alle luci della ribalta lo studio del nostro affascinante idioma è la crescente popolarità del cosiddetto Italian way of life. Ovvero di tutto quell’insieme di abitudini, usanze, tradizioni che a partire dall’abbigliamento, passando per l’alimentazione fino all’approccio alla vita etc. viene ricondotto ad un modo italiano di vivere caratterizzato dalla gioia di vivere, dalla salute e dal desiderio di vivere intensamente le passioni. In tal senso va sicuramente un grandissimo elogio agli Amici dell’Italia che durante gli ultimi 20 anni di duro e appassionato lavoro hanno organizzato ben 400 corsi di italiano.
ASSOCIAZIONE AMICI DELL´ ITALIA Brixiho 21, 162 00 Praha 6 Tel/fax 00420 235 362 939 606 648 317 e-mail prateleitalie@seznam.cz www.prateleitalie.eu SPOLEČNOST PŘÁTEL ITÁLIE Brixiho 21, 162 00 Praha 6 Tel/fax 00420 235 362 939 606 648 317 e-mail prateleitalie@seznam.cz www.prateleitalie.eu
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Sono stati complessivamente più di 4.500 studenti solo a Praga, oltre altre centinaia nelle succursali di alcune città regionali, quelli che, tra livelli di base, intermedi ed avanzati, hanno scelto di avvicinarsi al melodico idioma di Dante, insegnato loro in media da 20 docenti di cui molti madrelingua. Sono sicuramente numeri di tutto rispetto per una associazione come quella degli Amici dell’Italia che, se pur gode di un’ampia base associativa, non è una scuola di lingue tradizionale e per la sua natura di no-profit poggia sulle solide e convinte spalle di pochi appassionati tutori. Oltre al nostro amato fondatore prof. Rostislav Pietropaolo, che con grande dignità e serietà ha portato l’Associazione negli ultimi 20 anni ad essere quello che è oggi, una particolare nota di encomio va anche a Dagmar Koutná che da otto anni lo affianca nell’organizzazione di questi corsi. Dáša, così l’abbreviazione del suo nome in ceco, adora con tutta se stessa il nostro paese e fa di tutto per promuoverlo tra i cechi. Il suo indistruttibile buon umore, la sua grandissima passione per la nostra lingua e la nostra cultura ne fanno una collaboratrice oltremodo preziosa e affidabile. Si dice che siamo tutti utili ma nessuno indispensabile. Certamente è così, ma permettetemi di dire che faccio veramente fatica ad immaginarmi un tale successo dei corsi di italiano degli Amici dell’Italia senza il suo aiuto insostituibile. Grazie Dáša! Andreas Pieralli *Divina Commedia, Inferno - XXXIII, 80
Insieme per l’Europa
Quello del finanziamento da parte della Commissione Europea è una delle grosse opportunità offerte a quelle organizzazioni che vogliano contribuire ad apportare contributi alla società civile europea. Fra i destinatari dei bandi dei progetti della Commissione Europea, sono espressamente citate le associazioni di volontariato e le Organizzazioni non governative e non profit; ci sembra allora opportuno sfruttare i programmi che potrebbero fornire ausilio economico per la realizzazione di progetti che prevedano attività inquadrate all’interno del nostro progetto riferito ai Gemellaggi. Il programma che ci riguarda più da vicino è Citizenship che supporta una vasta gamma di attività che promuovono la cittadinanza europea attiva, cioè il coinvolgimento dei cittadini e delle organizzazioni della società civile nel processo di integrazione europea. L’obiettivo di questo programma è quello di avvicinare l’Europa ai suoi cittadini e di consentire loro di partecipare pienamente alla costruzione di una Europa unita. Attraverso questo programma, i cittadini hanno la possibilità di essere coinvolti in scambi transnazionali, in attività di cooperazione e formazione, contribuendo a sviluppare il senso di appartenenza a ideali europei comuni e promuovere il dialogo interculturale e il processo di integrazione europea. Il programma è diviso in quattro azioni. Quelle che
interessano i nostri progetti sono:
Cittadini attivi per l’Europa - coinvolge direttamente i cittadini, sia attraverso attività legate al gemellaggio fra città che attraverso altri tipi di progetti che possano sviluppare il dialogo e la collaborazione tra cittadini di paesi diversi.
Una società civile attiva per l’Europa è
espressamente rivolto alle organizzazioni della società civile, che possono ricevere un sostegno strutturale sulla base del loro programma di lavoro o di sostegno di progetti transnazionali. Insieme per l’Europa, sostiene eventi di grande visibilità, studi e strumenti di informazione che si rivolgono al pubblico più vasto possibile, attraverso le frontiere e rendere l’Europa più tangibile per i suoi cittadini. Con i nostri amici di Praga possiamo lavorare su tutte e tre le azioni. E’ proprio dalle idee che stiamo mettendo in campo riusciremo a realizzare iniziative importanti. Alcune di queste, quali lo scambio di informazioni attraverso questa testata, sono già in corso e altre potranno essere realizzate già a partire dal mese di giugno 2011. Si tratta solo di fare confluire all’interno di questo programma le cose che abbiamo pensato di fare e che stiamo facendo. Il lavoro ci entusiasma, la determinazione degli amici dell’Italia di Praga è una grande risorsa per la riuscita di questo progetto. Sandro Pascarelli
Il primo insediamento, nell’alto medioevo, è costituito da una torre d’avvistamento posta a guardia di alcune importanti vie di comunicazione, in una zona di confine fra il Ducato longobardo di Spoleto e i territori controllati dai Bizantini. Il suo nome deriva da Ugone, uno dei Duchi di Spoleto. L’originario Castrum Hugonis, corrotto in Castrugone, diventa Strungone ed infine Stroncone.
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Il vecchio e il fascista - 3 Il battito del cuore del vecchio era furioso, si sentiva il sangue salirgli alla testa, le mani gli tremavano leggermente. Un vortice di pensieri e di immagini esplose dentro di lui come una tempesta in mare aperto: il cimitero dove furono seppelliti i suoi genitori, il fratello che partiva per le montagne e poi suo figlio che imparava ad andare in bicicletta, lo sguardo dolce di sua moglie, l’odore dell’arrosto la domenica a pranzo, il funerale di suo figlio e le centinaia di persone del corteo funebre. Era combattuto: diceva a se stesso che si sarebbe dovuto subito alzare per andarsene al più presto, il suo cuore era debole e rischiava davvero un malore. Ma un’altra parte di lui gridava vendetta. Il suo orgoglio e il suo senso dell’onore gli ordinavano di alzarsi e di colpire senza pietà quell’uomo con il bastone da passeggio così come lui e i suoi commilitoni trent’anni prima lo avevano ridotto quasi in fin di vita con il manganello, così come lui aveva fatto uccidere i suoi genitori per ritorsione e, poi, una volta catturato, aveva fatto impiccare il fratello nella piccola piazza del paese montano dove era nato e cresciuto. Una vita di dolore, una vita di amarezze e di solitudine chiedeva il riscatto. Non gli importava niente del carcere, della polizia e del tribunale: era vecchio, solo, non aveva niente da perdere e tutto da guadagnare: la vendetta. Il vortice dei suoi pensieri e delle sue emozioni fu interrotto quando all’improvviso sentirono di nuovo le voci dei tre ragazzi di prima che tornavano indietro: evidentemente erano andati fino al chioschetto perché adesso ognuno di loro reggeva in mano due lattine di birra. Il signore tornò a guardarli con disprezzo, accanto a lui il vecchio era in preda a una tempesta di emozioni devastanti. La voce del signore risuonò alle sue orecchie come un suono stridulo e crudele: Sa, quand’ero ancora maresciallo dei carabinieri ho avuto spesso a che fare con questa feccia comunista. Pensi, una volta uno di questi disgraziati ci ha pure lasciato la pelle durante una manifestazione. Avevo dato più volte ordine di indietreggiare ma quelli niente, più testardi di un branco di muli, e allora mi sono incazzato e ho dato ordine di sparare. Peggio per lui, se quel cencioso fosse rimasto a casa sua invece di rompere i coglioni forse sarebbe ancora vivo! Adesso era tutto chiaro. Quell’uomo non era solo il gerarca fascista che lo aveva pestato a sangue e che poi aveva fatto uccidere la sua famiglia ma, entrato poi nell’arma dei carabinieri, era diventato lo stesso uomo che, incrociato ancora una volta il suo destino fatale, aveva dato ordine di sparare uccidendo suo figlio. La tempesta di odio e di rabbia lo abbandonò di colpo. In un lampo tutto gli fu tristemente chiaro.
Quella coincidenza era troppo grande perché fosse semplicemente frutto del caso. Fino a pochi istanti fa avrebbe voluto uccidere a bastonate quell’uomo così soddisfatto di sé, della sua vita agiata, della moglie ancora piacente, dei suoi figli e dei suoi bei nipotini, colpirlo senza sosta per riprendersi indietro la vita dei suoi cari e tutti quegli anni di dolore restituendo lo stesso dolore ai suoi figli e a sua moglie, ma adesso tutto era diventato diverso. La violenza delle parole di quell’uomo avevano fatto capire al vecchio che era proprio quell’odio la radice del male, quello stesso odio che ora provava contro di lui: quella era la fonte avvelenata che gli aveva portato via i genitori, il fratello e poi il figlio e la moglie. Troppo aveva sofferto per non sapere dentro di sé che non poteva commettere lo stesso errore, non poteva comportarsi come quell’uomo si era comportato con lui e con la sua famiglia. Per quanto umanamente desiderasse la vendetta, ne sentisse quasi il fremito fisico nelle mani impazienti, sapeva bene di non avere il diritto di ripagare con l’odio e il dolore il male subìto perché così si sarebbe reso complice di quella stessa violenza che aveva distrutto la sua vita e quella di molte altre persone. A se stesso non osava neanche pronunciare quella parola che era troppo grande e potente per lui, ma sapeva bene che, per quanto difficile e doloroso, solo il perdono era l’unica vera soluzione. Aiutandosi con il bastone da passeggio si alzò lentamente. Il signore lo guardò stupito, probabilmente dispiaciuto di perdere il suo compagno di monologo, e gli chiese: Se ne va di già? Spero di non aver detto niente di male! Il vecchio si girò verso di lui e lo osservò a lungo prima di dire con parole tranquille e pesate: No, al contrario, è stato un incontro molto interessante, ma adesso devo andare. Quindi si voltò e affrontando l’afa che nel frattempo si era fatta quasi insopportabile si incamminò lentamente verso l’uscita del parco appoggiato al suo bastone da passeggio. Dopo pochi passi si fermò e scoppiò a piangere. Nei giorni successivi, nonostante il caldo non fosse affatto diminuito, le sue notti diventarono stranamente più tranquille. In un certo qual modo si sentivo come pacificato con se stesso e con i propri fantasmi. Passarono poche settimane da quell’incontro, poco meno di due mesi, quando una notte particolarmente afosa ebbe improvvisamente un malore. A fatica si alzò dal letto, andò in salotto dove faceva un po’ più fresco e aprì la porta finestra che dava sul terrazzino. Per alcuni momenti osservò nella notte le luci della città silenziosa, dopodiché si distese sul divano e si addormentò. Non si risvegliò più. Andreas Pieralli - 3 di 3
via Porta S. Angelo 12/14 | terni | tel 0744 305054 - 392 1190165
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ar r i v i s e t t i ma n a l i
Comune di 4.936 abitanti, è un tipico borgo medioevale, posto a 450 metri di altitudine e a 15 km da Terni. Gode di una posizione incantevole ed è ottima stazione climatica per una tranquilla villeggiatura estiva. I suoi prodotti di eccellenza sono: olio DOP, di elevatissima qualità ; formaggio pecorino e caprino fresco o stagionato; carni genuine di animali allevati allo stato brado. 11
Stroncone
Analisi della postura Ipertermia Onde d’urto focalizzate Rieducazione ortopedica Rieducazione posturale globale Tecarterapia Test di valutazione e rieducazione isocinetica
Fisioterapia e Riabilitazione Dir. San. Dr. Michele A. Martella - Aut. Reg. n. 8385 del 19/09/01
Terni - Via Botticelli, 17 - Tel 0744.421523 - 401882 12
Si accede a Stroncone da Piazza della LibertĂ , dove si trova la Fontana delle Tre Tazze, costruita nel 1559 da mastro Pietro e mastro Moretto. Essa presenta al centro un timpano triangolare, lateralmente due delfini scolpiti a bassorilievo, in basso tre vasche ovoidali sormontate da elementi decorativi costituiti da teste leonine.
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Diritti Umani
Questo documento di papa Leone XIII, anch’esso del 1891, rappresenta la prima presa di posizione della Chiesa cattolica sulla questione sociale, che si era aperta in seguito alla rivoluzione industriale e che stava caratterizzando lo sviluppo economico della società capitalista nella seconda metà del 1800. Per la prima volta la Chiesa cercava di coniugare il tema a lei tradizionalmente consueto dell’assistenza e della carità verso i più deboli con quello dei loro diritti. Fino ad allora la Chiesa aveva considerato i diritti in termini negativi, come figli dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese, che si era rivelata ostile alla religione e alla Chiesa stessa e ancora nel 1864 con il Sillabo il papa Pio IX aveva rifiutato tutte le libertà e i diritti moderni. Questo documento, inserito come appendice alla enciclica Quanta cura, era una raccolta di tutte le proposizioni considerate dal papa erronee e vi si condannavano le principali conquiste del liberalismo come la libertà di coscienza, la separazione tra Stato e Chiesa, la libertà di culto, lo Stato aconfessionale, l’educazione laica della gioventù. Pertanto la Rerum novarum segna una netta inversione di tendenza, che poi è continuata nel secolo successivo, dovuta probabilmente alla riflessione sui disastri dei totalitarismi del ‘900. Anche la nascita all’interno della Chiesa di filosofie quali il personalismo, la spingevano ad affrontare in termini nuovi il tema dell’individualismo liberale, orientando il pensiero cattolico verso il riconoscimento dei
L’Enciclica RERUM NOVARUM (1891) diritti e della democrazia soprattutto dei diritti economici e sociali, perciò è sotto questa ottica che esamineremo l’Enciclica. La posizione della Chiesa si chiarisce attraverso la critica che il papa fa sia al liberalismo che al socialismo, cioè alle due ideologie che avevano dominato il XIX secolo e che si apprestavano a scontrarsi anche nel secolo successivo. Il punto di partenza è il riconoscimento su base religiosa della dignità umana come valore universale e dunque il diritto di tutti gli uomini a vederla riconosciuta in quanto tutti figli di uno stesso padre: ...tutti gli uomini sono uguali, né vi ha tra ricchi e poveri, padroni e servi, monarchi e sudditi differenza alcuna, perché lo stesso è il Signore di tutti... a niuno è lecito violare impunemente la dignità dell’uomo... e da questo punto di vista vengono criticate le due suddette visioni della società. Per quanto riguarda il liberalismo l’Enciclica non rifiuta in blocco tutti i suoi princìpi, ma critica soprattutto l’assenza del riconoscimento dei diritti sociali degli operai nel sistema capitalistico, pur approvando il libero mercato e la proprietà privata, che del modo di produzione capitalistico sono l’essenza. Ciò che la Chiesa non può accettare è il principio del non intervento dello Stato in materia economica, e questo perché all’interno del sistema del libero mercato si generano inevitabilmente ricchi e poveri: Il ceto dei ricchi, forte per se stesso, abbisogna meno della pubblica difesa; le misere plebi, che mancano di sostegno proprio, hanno speciale necessità di trovarlo nel patrocinio dello Stato: perciò agli operai lo Stato deve di preferenza rivolgere le cure e le provvidenze sue e questo anche per evitare le rivoluzioni e le lotte di classe, che generano violenze e disordini sociali e possono met-
tere in forse, come è già avvenuto con la Rivoluzione francese, l’esistenza stessa della Chiesa. Si teorizza da parte del Papa la dottrina dello Stato sociale, che interviene a tutelare le classi povere prodotte dal sistema capitalistico e a redistribuire in parte la ricchezza che questo sistema tende a produrre solo per pochi. Un’altra critica al sistema capitalistico riguarda lo sfruttamento degli operai per ragioni di profitto, che, violando il diritto al riconoscimento della dignità di ogni lavoratore in quanto persona, non riconosce nell’altro un suo fratello in Dio. Questa critica è particolarmente decisa viste le condizioni in cui versava la classe operaia in quello scorcio di fine secolo. Ciò non vuol dire che la Chiesa sposi le posizioni del socialismo, che anzi, a differenza del liberalismo, viene rifiutato in blocco in tutti i suoi princìpi. Qui la critica è più radicale e rifiuta la negazione totale del libero mercato e della proprietà privata che contraddistingue il socialismo: ...i socialisti, attizzando nei poveri l’odio dei ricchi, pretendono doversi abolire la proprietà e far di tutti i patrimoni un patrimonio comune, da amministrarsi per mano del municipio o dello Stato. Con questa trasformazione della proprietà da personale in collettiva scompiglia tutto l’ordine sociale. Si attacca poi l’uso dello sciopero come mezzo di pressione sociale, la lotta di classe che pone gli uomini l’uni contro l’altro e fomenta violenza, l’uguaglianza sociale ed economica conseguenza del rifiuto della proprietà privata: Togliere dal mondo le diseguaglianze è impossibile. Lo tentano invero i socialisti ma ogni tentativo contro natura delle cose riesce inutile, scrive il papa annullando così l’idea centrale del pensiero socialista. Se a questo si aggiunge la critica al suo materialismo e all’ateismo, il rifiuto del-
l’ideologia socialista non poteva essere più totale. A questo punto dobbiamo chiederci qual è allora la posizione della Chiesa sui diritti civili e politici e quelli economici e sociali. Sembra di capire che i diritti civili e politici di stampo liberale non siano preoccupazione centrale del documento, del resto non sono passati molti anni da quando il papa Pio IX nel Sillabo (1864) condannava tutti i diritti civili e politici liberali, mentre l’attenzione è tutta rivolta ai diritti economici e sociali. L’unico diritto civile che è preso in considerazione anche per le sue implicazioni sociali è il diritto di proprietà. Qui la posizione della Chiesa è molto chiara: la proprietà è un diritto naturale, e conferma così uno dei diritti fondamentali del liberalismo e del giusnaturalismo: ...diritto di natura è la proprietà privata... né proprietà soltanto di quelle cose che si consumano usandole, ma anche di quelle che l’uso non consuma, ma, forse nel timore di un eccessivo spirito laico, si aggiunge che essa è anche legge divina: Non desiderare la moglie del prossimo tuo: non la casa, non il podere, non la serva, non il bue, non l’asino, non alcuna cosa di quelle che a lui appartengono. Tuttavia la proprietà deve avere un fine sociale, quello di produrre ricchezza non a scopo di profitto individuale, ma per rendere migliore la vita di tutti gli uomini. Come si è già accennato, più ricco e articolato è il discorso sui diritti sociali ed economici, tra cui un diritto fondamentale è quello al giusto salario (giusta mercede) e al salario familiare, perché il salario non è solo un fatto economico, ma deve tener conto della dignità della persona del lavoratore e dei suoi familiari: Quando l’operaio percepisce un salario sufficiente a mantenere se stesso e la sua
La Provincia di Terni per la cultura
famiglia, con una certa agiatezza, ascolterà, se è saggio, il consiglio che la natura stessa sembra dargli. Cercherà di fare risparmi in modo che sopravanzi alle spese una parte da impiegare nell’acquisto di qualche piccola proprietà. L’enciclica insiste anche sul diritto al riposo festivo settimanale, giustificandolo con la motivazione religiosa che al settimo giorno anche nostro Signore si riposò, e sulla tutela del lavoro non solo degli operai, ma soprattutto dei bambini e delle donne e aggiunge quanto a queste ultime, con un elemento di chiaro maschilismo, che Certe specie di lavoro non si confanno alle donne, fatte di natura per i lavori domestici. Si riconosce anche il diritto di associazione degli operai per tutelare i loro interessi, ma si rifiuta il diritto di sciopero con questa motivazione: Il troppo lungo e gravoso lavoro e la mercede giudicata scarsa porgono non di rado agli operai motivo di sciopero. A questo sconcio grave e frequente occorre che ripari lo Stato, perché tali scioperi non recano danno ai padroni solamente e agli operai medesimi ma al commercio e ai comuni interessi e per le violenze e tumulti a cui di ordinario danno occasione, mettono spesso a rischio la pubblica tranquillità. La Chiesa dunque alla fine del 1800 comincia a prendere atto faticosamente che esistono dei diritti dell’uomo, ma è solo nel secolo successivo che produce la prima Enciclica nella quale si misura esplicitamente con il tema dei diritti umani: è la Pacem in terris di Giovanni XXIII. Marcello Ricci
Il ristorante Il Convivio da Lunedì 8 Novembre apre:
Dalle ore 10 alle ore 20, a Terni, Vico Catina 15,
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Da vedere, oltre ad altre opere preziose: Statua lignea policroma dedicata a S. Sebastiano Antica cassetta per il bossolo delle votazioni dei Priori Tela ad olio raffigurante una Madonna con bambino Corali miniati Statuti del Comune del diciottesimo secolo Pregevoli affreschi raffiguranti episodi della vita del Battista Pala d’altare opera di Giuseppe Bastiani da Macerata Tracce di pittura giottesca all’interno della Chiesa di San Nicolò Polittico di Rinaldo da Calvi per l’Incoronazione della Vergine
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B a s t a
u n
a t t i m o
Quante volte avremmo voluto avere un attimo ancora per fare qualcosa che non eravamo riusciti a fare, dire o anche solo pensare? Quante volte abbiamo sentito ripetere il famosissimo carpe diem cercando di autoconvincerci che prima o poi ce l’avremmo fatta anche noi a cogliere quel benedetto attimo fuggente? Quante volte ci siamo sentiti messi al tappeto per una parola, per uno sguardo, per un gesto che non è durato molto più di un attimo e che però, purtroppo o per fortuna, ha reso la nostra vita diversa? Eppure basterebbe poco per rendere il tutto un po’ più semplice. Basta quel piccolissimo tassello che è un attimo della nostra esistenza per far andare tutto al suo posto. Perché non riusciamo a metterlo a posto però? Cos’è che ci blocca? Secondo me non ascoltiamo abbastanza. Provate ad andare in giro per la strada e carpite qualche stralcio di conversazione. Vi stupirete di quanto potreste divertirvi e soprattutto non saprete mai da dove arriverà il prossimo insegnamento, perché non proprio da quell’attimo in cui accadrà qualcosa che non ci aspettavamo? Un cucciolo di cane che vi viene incontro e si diverte a chiedervi delle coccole leccandovi la mano per ringraziarvi. Una persona che non vi chiederà scusa per avervi urtato mentre passa vicino a voi e non vi guarda nemmeno, o magari vi guarda dall’alto in basso con l’espressione di chi non deve chiedere scusa. Un bambino che vi sorride dal carrozzino e che poi si nasconde dietro le manine perché il contatto visivo lo ha destabilizzato (ammettiamolo, lo faremmo volentieri molto spesso anche noi!). Una litigata tra due persone in mezzo alla strada, una persona che parla troppo forte al cellulare, un bambino che fa i capricci o un piccione che non si sposta dalla vostra strada e vi intralcia non poco. Piccole cose che riempiono la nostra quotidianità, la nostra routine e a cui non diamo più nessuna importanza, forse da troppo tempo. Decisamente da troppo tempo. Eppure noi siamo fatti da tutti questi piccoli particolari, siamo puzzle multicolor e pieni di sfumature indescrivibili che sono proprio tutti questi piccoli dettagli insignificanti agli occhi di tutti e a cui invece dovremmo restituire la loro dignità. Dobbiamo restituire a noi stessi la nostra dignità. Non dobbiamo perderci nella fretta di un altro giorno, non dobbiamo annullarci nella frenesia delle cose da fare prima di rientrare a casa e in quelle da fare a casa poi. Non dobbiamo, non possiamo e non dobbiamo volerlo soprattutto. Non possiamo permetterci di perderci. Ogni attimo ha un valore inestimabile, nonostante alcune volte non vorremmo averne più nemmeno un altro perché niente ci sembra più avere un senso tangibile e soddisfacente. Invece no. Ogni attimo ha motivo di esistere, ogni attimo ha il suo perché e solo quando ci arrenderemo a quest’evidenza sapremo davvero coglierne l’essenza. Allora cosa state aspettando? Da quant’è che non guidate con la radio accesa e cantando anche senza sapere le parole della canzone? Quanto tempo è passato dall’ultima volta che vi siete fermati davanti ad un pezzaccio di carta che trovate sulla vostra strada mentre camminate? Magari ci potreste trovare le risposte alle vostre domande. Oppure altre domande ancora. Perché non provare a cercare nell’ovvio e nello scontato quello di cui abbiamo bisogno e non sappiamo (o non vogliamo) ammettere di volere? Prendetevi un attimo per voi. Un attimo non troppo breve magari. Ogni piccola cosa ha un suo significato e può assumerne mille altri. Poi che ne potete sapere? Magari quello di cui avete bisogno è racchiuso tutto in un attimo. Godetevi tutto in un attimo. Chiara Colasanti
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Ricostruzione in Abruzzo Qualche giorno fa i bambini ospitati presso la Casa Famiglia Immacolata Concezione di San Gregorio, in Abruzzo, hanno ritrovato il sorriso. I piccoli -che spesso si trovano qui per l’esistenza di condizioni di disagio socio-familiare- lo scorso anno furono forzati a lasciare il proprio focolare, spostandosi a decine di chilometri e, per giunta, in una struttura parzialmente inadeguata. Proprio dalla Casa Famiglia, tra i volti smarriti di queste creature, subito dopo il sisma partì una grande gara di solidarietà internazionale. In particolare, al fine di ricostruire l’ala distrutta dell’edificio della Casa Famiglia, vi si concentrarono gli sforzi di un italo americano, Joe Leone Introna, ristoratore in New Jersey, i cui ascendenti provenivano da Molfetta. Grazie a iniziative curiose ma incisive, dormendo per mesi interi -assieme a moglie e figliin una tenda piantata in diverse Little Italy d’America, mostrando ai suoi connazionali quale disagio stessero vivendo gli aquilani, Joe Leone non solo è riuscito a raccogliere quasi $ 100.000 a vantaggio dei bambini della Casa Famiglia, ma ha poi lavorato a una rete di aiuti ancor più efficace, rendendo possibile infine la realizzazione della nuova statua di San Gregorio -la precedente scultura in terracotta andò perduta col terremoto- grazie al contributo della Columbian Foundation, da lui coinvolta nel progetto. Tale organizzazione no-profit, fondata da italo-americani del New Jersey, si è affidata ai maestri scultori della Val Gardena e, da Ortisei, a bordo di un pick up della Protezione Civile, tre giovani appartenenti all’Associazione Nazionale Carabinieri, sopravvissuti alla strage di Nassiriya, sotto la direzione del Maresciallo Giorgio Cucca, si sono messi in marcia fino a San Gregorio mentre la comunità locale attendeva trepidante il ritorno del proprio patrono. Mille emozioni diverse hanno accarezzato il cuore di chi ha avuto la fortuna di partecipare a questo momento di festa. Festa due volte, nello stesso giorno: gioia per il rientro dei bambini nel loro centro e per la benedizione della scultura da parte del Vescovo. Storie apparentemente minori, si direbbe; eppure davvero emblematiche di quella ricca umanità che sola salverà il mondo. andrealiberatius@gmail.com
La disfida elettorale Cuomo-Paladino per lo Stato di New York: storia di immigrazione, integrazione e riscatto Novembre 2010 ha consegnato agli Stati Uniti il nuovo governatore italoamericano dello Stato di New York. Il fatto del tutto nuovo è che si è trattato di un confronto politico-elettorale esclusivamente tra candidati italoamericani, sebbene molto diversi tra loro per temperamento, contenuti, stile: Andrew Cuomo, democratico, figlio d’arte, e Carl Paladino, democratico fino al 2005 ma oggi repubblicano, appoggiato dalla Ellen Pompeo: NIAF Special Achievement Awards per lo Spettacolo corrente dei duri e puri del Tea Party. Una campagna che ha segnato il ritorno del brand italiano nell’alta politica statunitense, ma ha rappresentato anche un fatto socio-culturale che non può non inorgoglire tutti noi, anche da così lontano. Diversi, dicevamo; entrambi tuttavia affondano le radici del loro successo nella medesima forza: le proprie radici culturali. Una consapevolezza che ha reso probabilmente ancor più marcata l’identità americana di questi protagonisti, fino allo straordinario esito di oggi. In Nord America si registrano storie di analogo successo in tutti i campi socio-economici da parte degli italiani presenti in America, anche da tempi relativamente recenti. Tale affermazione all’estero, non da oggi, si esplica attorno a circostanze non solo politiche. La presenza di sindaci, congressmen, senators dalle chiare radici italiane è un dato di fatto ormai molto risalente nel tempo. Ma occorre continuare a spingere su questo tema, perché latinos e asiatici -a mero titolo di esempio- sono altrettanto competitivi e, soprattutto, riescono a eseguire incisive di lobbying a loro vantaggio. Esistono poi fondazioni storiche, come la N.I.A.F., che promuovono l’eredità culturale italiana in modo sistematico ed energico. La N.I.A.F. è un’organizzazione che in Italia dovrebbe essere conosciuta e raccontata meglio, specie ora che ha appena celebrato a Washington il suo 35° anniversario: una realtà salutata e rispettata addirittura da tutti i presidenti degli Stati Uniti, da Carter a Obama, passando per Reagan, Bush e Clinton. Novembre 2010 ha consegnato agli Stati Uniti non solo un governatore italoamericano, ma ha offerto all’Italia stessa un’istruttiva storia di immigrazione, integrazione e di riscatto. Nel comune sentire, non solo negli States, il confronto tra i Cuomo e i Paladino è avvertito non soltanto quale compimento di un percorso di emancipazione ormai più che centenario, bensì come auspicio per una sfida possibilmente più alta. Sarà ancora una volta la forza di certe radici a muovere la realtà verso mete finora inimmaginabili. AL
F o n d a z i o n e Cassa di Risparmio di Terni e Narni Prosegue l’impegno profuso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni per far conoscere e valorizzare sempre di più la cultura e l’arte del territorio, attraverso le eccellenze e i grandi protagonisti. Con simile intento la Fondazione dedica l’evento espositivo di quest’anno al pittore Guido Mirimao, affidando il progetto scientifico della mostra e del catalogo al critico d’arte Francesco Santaniello. La mostra presenta una significativa selezione di opere che documentano la ricerca artistica di Mirimao, indirizzata verso diversi generi e tecniche. Guido Mirimao è nato a Papigno (Terni) il 1° febbraio 1909. Grazie all’interessamento di alcuni parenti di Narni e di colui che era stato il suo maestro di IV elementare, alcuni disegni di Guido furono fatti vedere al pittore simbolista belga Charles Doudelet, che allora, era il 1924, soggiornava in una villa della campagna narnese. Doudelet offrì a Guido la possibilità di diventare suo allievo e di trasferirsi in Belgio. Così Mirimao compì il suo primo, fondamentale viaggio di formazione visitando la Svizzera e la Francia, conoscendo direttamente movimenti e protagonisti dell’arte europea, sia antica che contemporanea. A Parigi, dove si stabilì per circa sei mesi, frequentò i corsi dell’Accademia Julian. In seguito si recò nei Paesi Bassi ed infine in Belgio, a Gand, città nella quale rimase fino al 1927. Rientrato in Italia svolse il servizio militare in Sicilia, facendosi apprezzare come artista nei circoli culturali di Palermo. Tornato a Terni lavorò come manovale presso la Società del carburo di calcio e acetilene di Papigno per potersi permettere gli studi al Liceo Artistico e all’Accademia di Belle Arti di Roma, conseguendo i diplomi da privatista. L’avvio ufficiale della sua attività espositiva si fa risalire al 1931 con la partecipazione alla II Mostra Sindacale d’Arte di Perugia. Fino al 1941 Mirimao fu presente a tutte le mostre Sindacali umbre, entrando persino a far parte del comitato organizzatore per le edizioni del 1937 (Perugia), 1939 (Terni) e 1941 (Terni). Tra il 1936 e il 1938 partecipò anche ai Ludi della cultura e dell’arte che si svolsero a Roma e nelle altre province laziali, ottenendo vari riconoscimenti e menzioni d’onore. Stabilitosi a Terni si dedicò alla carriera giornalistica, collaborando come articolista-illustratore con vari periodici e quotidiani e, sempre sul finire degli anni Trenta, entrò come aiutante nella ditta di decorazioni murali e restauro diretta dal pittore Ugo Castellani. Il suo esordio pittorico avvenne nell’ambito della cosiddetta Scuola ternana, formata da un gruppo eterogeneo di artisti allineati per propositi culturali ed esiti formali ai coevi movimenti antinovecentisti. Richiamato alle armi tra il 1941 e il 1943, riprese l’attività dal 1945 dedicandosi in prevalenza a lavori di decorazione e restauro. Tornò a presentarsi in pubblico soltanto nel 1951 nell’ambito della Mostra permanente di arti figurative allestita presso l’Aeroporto di Ciampino. L’anno successivo alla Galleria 11 Quai Voltaire di Parigi presentò una personale. Pur riprendendo una produzione figurativa, tra il 1954 e il 1960, sperimentò una maniera tendente all’astrazione di matrice informale. Allo stesso tempo dipinse una serie di paesaggi descritti in maniera assai sintetica, nei quali la rappresentazione veniva ridotta all’essenzialità strutturale dell’immagine e le forme erano delineate mediante forti giustapposizioni cromatiche. Mirimao definì questo personale linguaggio “astratto-concreto”, ovvero un’astrazione basata sul senso del colore-luce suggerita dalla sensazione del dato naturale. Tra il 1957 e il 1958 al paesaggio naturale preferì vedute di officine, stabilimenti, siti industriali, tipici della sua Terni. Nel decennio successivo ottenne delle commissioni pubbliche per una serie di restauri e decorazioni a Terni e provincia. Negli anni Sessanta avviò un nuovo ciclo tematico, sempre inerente il paesaggio, proponendo una descrizione costantemente evocativa e mai didascalica. A partire dal 1978 cominciò a lavorare alla trilogia Il cielo, la terra, l’uomo, che volle contraddistinguere per il forte impegno civile. Nelle opere della prima serie il cielo, con i colori dei vari momenti del giorno, sovrasta e schiaccia i paesaggi, ridotti a sottili strisce d’orizzonte. Ne La terra i termini sono invertiti ed è il cielo ad assottigliarsi sopra i predominanti profili paesaggistici. Nell’ultimo capitolo della trilogia rappresentò l’agire dell’uomo in termini di grandiosa genialità, contrapposti a quelli di cieca brutalità: impiccagioni, torture, corpi gettati nelle foibe, esplorazioni sottomarine, la conquista della luna, scoperte scientifiche o mediche. Protagonista e animatore della vita culturale ternana, cultore di Antroposofia, ha proseguito negli anni con coerenza la sua ricerca. È morto a Terni il 16 giugno 1990. Personale di arte contemporanea dell’artista Guido Mirimao presso la Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, Palazzo Montani Leoni, Corso Tacito 49, 05100 Terni, dal 28 ottobre al 19 dicembre 2010, ogni venerdì, sabato e domenica con orari 10.00/13.0016.00/19.00. Ingresso gratuito; catalogo gratuito in sede. Curatore: Francesco Santaniello - Ente promotore: Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni. Info: lunedì-venerdì 0744 421330 dalle ore 11,30 alle ore 13,00.
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In libreria a Novembre Germogli - Progetti per Terni - è compendio di idee e progetti per il territorio che negli anni hanno disegnato (e, in parte, realizzato) Giampiero Raspetti e Paolo Leonelli, da soli o insieme ai loro amici di sempre: Albano Scalise, Sergio Bacci, Pietro Rinaldi, Mario Struzzi. Lo scopo: favorire, attraverso la sua lettura, sogni e suggestioni per una città più bella. I progetti e gli eventi delineati sono raggruppati in: ED. SCIENTIFICA Laboratori scientifici e musei; Il Cielo e la Terra; Centro Educazione Ambientale Valnerina. UMBRIA EVENTI Albero delle adozioni; Piazza dei popoli; Il cammino di San Francesco. RECUPERO Recupero cave: Cesi, Papigno; Riambientazione cava ex Asfalto Sangemini; Piazza della Repubblica; Palazzo Spada. TERNI EVENTI Natale di Stelle; Carnevale nelle piazze; Festa della Primavera (Cantamaggio). SAN VALENTINO San Valentino; Tempio di carpini; Terni pasticciona. ARCHITETTURE Parcheggi Silos: Ospedale; Pedalare nel Tevere; Pista ciclabile Terni-Cascata Marmore; Parco Rambaldi.
Eco, boato e rimbombo... quanto rumore! Chi di noi sa che differenza c'è tra una eco e un rimbombo? Tutti, suppongo … sono fenomeni talmente scontati … sì, appunto, talmente comuni da non essere quasi mai richiesti come argomento di studio in prove o interrogazioni. Si pensa sempre di conoscerli bene, tuttavia, se si sondano le conoscenze comuni della gente, ci si accorge che quasi la totalità non sia in grado di fornire una spiegazione scientifica plausibile al riguardo. Chi, da bambino, non si è mai divertito, durante una vacanza in montagna, a sentir risuonare la propria voce mentre gridava tra colli e valli sottostanti? Chi, recandosi in palestra, non ha mai notato quel rimbombo dei suoni sulle pareti? Anche gli antichi se lo andavano chiedendo tra i tanti perché dei tempi andati. Ogni popolo elaborò la propria teoria, più o meno vicina alla realtà scientifica. Quella che si diffuse maggiormente nel passato si deve alla fertile immaginazione e creatività degli antichi Greci. Questi, infatti, credevano che Eco fosse il nome di una ninfa dei boschi e delle sorgenti che si innamorò, invano, del bel Narciso, a tal punto da smettere di mangiare e di dormire, fino a scomparire definitivamente e, quindi, divenire una pura voce che ripete le ultime sillabe delle parole dette. Romantica spiegazione, non trovate? In realtà, questo fenomeno dipende dal fatto che il suono si propaga nell'aria ad una velocità di circa 340 metri al secondo. Esso, spostandosi sotto forma di onda, prima o poi incontra un ostacolo sul suo cammino: una parte di essa viene assorbita dall'ostacolo, una seconda parte avanza nella sua propagazione aldilà dell'ostacolo e, infine, un'ultima parte viene riflessa, formando, appunto il fenomeno dell'eco. Mai provato il gioco del bicchiere appoggiato al muro utilizzato per spiare le conversazioni dei vicini dell'appartamento accanto? La parte di onda riflessa è, di fatto, una seconda versione del suono originale, risultando, però, più debole di ampiezza e priva di parte del suo contenuto armonico di alta frequenza (i cosiddetti acuti); ciò si deve ad almeno due motivi: l'aria, comportandosi da ostacolo per il suono, tende ad attenuare la sua intensità (in pratica, ne riduce l'energia posseduta); la maggior parte dei materiali (aria compresa) tendono ad assorbire i contenuti armonici di alta frequenza. Naturalmente, non tutti i materiali assorbono o riflettono le onde sonore allo stesso modo: alcuni, altamente assorbenti, vengono impiegati per insonorizzare gli ambienti. Un esempio di questo uso possono essere le moderne aule degli istituti musicali aventi muri rivestiti di materiali fono assorbenti. Questi ambienti sono anche detti camere anti-eco. Al contrario, i materiali con cui sono costruite le palestre (in genere, mattoni, cemento) assorbono ed attenuano di molto le componenti di alta frequenza, mentre non agiscono quasi per nulla su quelle di bassa frequenza (i cosiddetti bassi). Ciò spiega perché, nelle palestre, si percepisce maggiormente il rimbombo (che è un suono grave e con contenuti armonici di bassa frequenza) proveniente dalle pareti. Se, ad esempio, un soggetto, facendo uno skip a ginocchia alte in palestra, urlasse a squarciagola esibendo i suoi migliori acuti, questi ultimi sarebbero notevolmente attenuati, quasi annullati ed impercepibili perché sovrastati dalle onde sonore di bassa frequenza prodotte dal suo marciare sul pavimento. Oggi, per ridurre il fastidio delle onde sonore riflesse negli ambienti, vengono realizzati in laboratorio materiali sintetici di rivestimento spiccatamente fono assorbenti. Il risultato che si ottiene è molto soddisfacente, unitamente ad altri due fattori naturali: - la capacità dell'aria di assorbire le alte frequenze sonore; - l'intensità dell'onda sonora è inversamente proporzionale alla distanza dalla sorgente (se la distanza raddoppia, l'intensità si dimezza). Il suono, nel mezzo elastico in cui si propaga, l'aria, crea un continuo susseguirsi di onde, tutte caratterizzate da particolari intensità e frequenze. Conseguenzialmente, dalla sovrapposizione di tali onde, può accadere che l'intensità complessiva del suono raggiunga valori talmente elevati (come ad esempio, nel caso del boato dovuto ad uno scoppio o ad una esplosione) da produrre veri e propri fenomeni di compressione/dilatazione di grandi masse d'aria, le quali, determinando elevate pressioni acustiche su oggetti e materiali con cui vengono a contatto, possono provocarne la rottura o il cedimento strutturale (esempi noti si riferiscono a vetrate, cristalli, ecc...). Tutto chiaro? O avete percepito soltanto l'eco di quanto vi ho detto? Elena Lucci - Classe IIIG, Scuola media O. Nucula
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E ’ ancora lunga la strada...
Quanto saremmo felici, noi donne, se con questi versi potessimo dire alle nostre sorelle sparse nel mondo: Compagne della mia infanzia, ora guardate con orgoglio le vostre figlie che marciano a testa alta! Purtroppo, è di pochi giorni fa la triste notizia di quel padre che voleva costringere sua figlia a sposare l’uomo che lui le aveva scelto. Ma stiamo attenti a non usare etichette prestampate. Si tratta sempre dell’affermazione del maschilismo, vecchio come il mondo, presente in tutte le civiltà e duro a morire. Partendo dal presupposto della sua maggiore forza fisica, l’Uomo ha sempre cercato di dominare la Donna. Quando, grazie allo svilupparsi della tecnologia, la sua forza fisica bruta ha cominciato a perdere importanza, egli ha trovato vari pretesti per soggiogare la Donna. Così, la religione, la cultura, le tradizioni, sono tutti paraventi dietro ai quali si trincera la naturale prepotenza maschile. L’arma per combattere questa piaga è una sola: la diffusione, la penetrazione capillare dell’istruzione per tutti i popoli, quelli occidentali inclusi, che ancora sono portatori di questa piaga. Le donne, dirette interessate, sono le prime a recepire il messaggio e, una volta rese consapevoli della loro intelligenza, della loro uguaglianza, del loro diritto alla libertà, trovano il coraggio di ribellarsi. Qualcuna ci rimette la vita, qualcun’altra rimane segnata per sempre, ma alla fine gli uomini diventano capaci di superare l’ostacolo e poco alla volta accettano di riconoscere che i diritti fondamentali degli esseri umani sono uguali per l’Uomo e per la Donna. Dove tale riconoscimento è avvenuto, anche se purtroppo non in modo totale, si è creata una società nuova, più aperta e più ricca anche economicamente. Questo è avvenuto in Tunisia per le donne che evoco nella mia poesia:
Donne di Tunisia
Selma, Mina, Fatma, Mabruka, donne dal viso tatuato, andavate curve, gli occhi bassi, cariche come bestie da soma trotterellando dietro al vostro signore che cavalcava l’asino. Madri tenerissime e pazienti divorate dalla numerosa prole, umiliate, operose, silenziose come ombre davanti ai vostri uomini, bambine gioiose in loro assenza... Spiritose e allegre sopportavate con modestia la schiavitù imposta. Rassegnate ma speranzose per il domani delle vostre figlie, solo la fierezza dello sguardo lasciava trasparire la segreta ribellione. Compagne della mia infanzia, ora guardate con orgoglio le vostre figlie che marciano a testa alta.
Irene Cusmano
Donne di Tunisia ha avuto una menzione speciale, nell’aprile del 2010, per il concorso sulla Lettera alle donne di Giovanni Paolo II.
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Il pitagorico Filolao dice che nel mezzo sta il fuoco e che seconda è l’antiterra, terza la terra abitata che le sta di contro e si muove in senso contrario ad essa: onde anche, dice, gli abitatori di questa non vedono gli abitatori di quella. Aëtius, III 11, 7 [Doxographi graeci 377]
Andiamo in orbita - La fionda gravitazionale Nel precedente numero abbiamo dissertato sulla Velocità di fuga, ed ora sappiamo che per sfuggire, ad esempio, alla forza gravitazionale terrestre, occorre una velocità di 11.2 Km. al secondo. Se invece vogliamo inviare delle sonde sui pianeti lontani del Sistema Solare, oppure esplorare lo spazio a profondità ben oltre l’orbita di Plutone, dobbiamo imprimere a queste sonde una velocità maggiore, che tenga conto sia della Velocità di fuga dal Sole (617 Km al secondo) che del contenimento dei tempi per raggiungere l’obiettivo prefissato. Tale scopo si potrebbe raggiungere utilizzando razzi vettori giganteschi, ma poi dobbiamo fare i conti con i costi proibitivi. A titolo di esempio, i razzi più potenti costruiti fino ad ora sono stati l’americano Saturn V (usato per mandare l’uomo sulla Luna) e il russo Energiya, ma sono stati abbandonati solo dopo pochissimi lanci. La necessità aguzza l’ingegno si suol dire, ed ecco che allora si è pensato di sfruttare la gravità e il moto dei pianeti. In pratica, per ottenere l’effetto fionda (in gergo tecnico gravity-assist), una navicella spaziale deve effettuare un incontro ravvicinato (fly-by) con un pianeta. La gravità di quest’ultimo la attrae aumentandone la velocità e la navicella, cambiando direzione, acquisisce altra energia derivante dal movimento che il pianeta ha nello spazio. In base alla traiettoria, un’astronave può guadagnare fino a due volte la velocità orbitale del pianeta e nel caso di Giove, per esempio è di oltre 13 km/s. La prima volta che è stato usato l’effetto fionda, fu l’anno 1959 da parte dei russi e per la sonda Luna 3 che fotografò la faccia nascosta della Luna; da allora in poi sono state talmente tante che non vogliamo elencare in questa breve trattazione, ma possiamo a ben ragione affermare che è diventata una pratica comune. Aggiungo invece una notizia molto importante: nel 1974 il matematico italiano Giuseppe Colombo suggerì alla NASA di utilizzare l’effetto fionda non per accelerare, bensì rallentare un veicolo spaziale e si sfruttò il campo gravitazionale di Venere per decelerare e dirottare la sonda Mariner 10 su Mercurio, realizzando quella che allora venne definita Missione Impossibile. Usare più di una fionda gravitazionale significa aumentare anche i tempi operativi, ma diminuisce di molto il costo della missione e permette il lancio in orbita di ingenti carichi. Questa strategia è stata utilizzata dalla grossa e pesante sonda Cassini-Huygens (grande come un autobus di 30 passeggeri e pesante circa 6 tonnellate), per l’esplorazione di Saturno (Vedi foto in alto). Il disegno a fianco, invece, mostra il percorso compiuto da questa sonda che, lanciata il 15 Ottobre 1997 da Cape Canaveral, ha ricevuto due volte l’effetto fionda dal pianeta Venere, poi uno dalla Terra, ed infine è stata indirizzata verso Giove che le ha dato l’ultima spintarella (si fa per dire) per fare gli ultimi 645 milioni di Km per raggiungere Saturno, praticamente senza consumare una goccia di carburante! Tonino Scacciafratte - Presidente A.T.A.M.B. - tonisca@gmail.com
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L’osservatorio astronomico di S. Erasmo è aperto gratuitamente per i cittadini l’ultimo venerdì di ogni mese dalle ore 21,30.
Osservatorio Astronomico di S. Erasmo Osservazioni per il giorno venerdì 26 Novembre 2010 Molto alto nel cielo, osserveremo il pianeta Giove in prima serata (ore 21.30 circa), circondato solo dai satelliti Ganimede e Callisto, ed ancora, verso le 22 quando il satellite Io, dapprima celato dal pianeta stesso, comparirà alla sua sinistra allontanandosi in modo vistoso. Spostando il telescopio ad est per cercare un cielo buio, non inquinato dalle fastidiose luci di Terni, troveremo alcuni ammassi aperti, a cominciare dalle famosissime Pleiadi ed a seguire M 37 ed M 38 nella costellazione di Auriga. Come di consueto, e a completamento della serata, l'osservazione del cielo ad occhio nudo con le indicazioni di tutte le costellazioni visibili. TS
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Una
costellazione
al mese
Pesce Australe Il Pesce Australe, costellazione antichissima, si trova a sud dell’Acquario e del Capricorno e ad ovest dello Scultore; non è facile da individuare ad occhio nudo, a causa della debolezza delle componenti che si perdono tra le brume dell’orizzonte. La leggenda greca del Pesce Australe è connessa alla storia di Tifone, l’ultimo dei Titani. Quando gli dei dell’Olimpo sconfissero i Titani, Tifone attaccò ancora l’Olimpo e Venere, per sfuggirgli, assunse l’aspetto di un pesce, ricordato in cielo. L’asterismo è dominato dalla splendida stella Fomalhaut, facilmente localizzabile partendo dal Quadrato di Pegaso. Basta individuare le due stelle situate sul lato occidentale e scendere in direzione sud di circa 45° (ricordo che 20° sono con ottima approssimazione una spanna vista alla distanza di un braccio teso). Il nome significa la Bocca del Pesce, ma la stella è conosciuta anche con altri nomi fra cui la Solitaria, proprio a causa della penuria di stelle della plaga celeste dove è situata. Nelle antiche carte celesti è posta nel punto in cui cade il getto d’acqua versato dall’Acquario. Per gli antichi persiani è una delle quattro stelle reali assieme ad Aldebaran, Regolo e Antares. Un’ultima curiosità riguardo a Fomalhaut: attorno alla stella è stato scoperto un grande disco di polveri di forma toroidale e la presenza di almeno un corpo secondario. Praticamente sotto casa, ad appena 25 a.l., ci sarebbe un Giovanna Cozzari sistema solare in formazione!
Pillole di Astronomia Da Le stelle e le curiosità del cielo di Camille Flammarion (1842-1925), famoso astronomo e divulgatore francese, a proposito delle quattro stelle reali: “Queste quattro stelle si trovano press’a poco ad angolo retto l’una rispetto all’altra, dividendo il Cielo in quattro parti quasi eguali. Forse per questa loro distribuzione, oltre che per il loro fulgore, esse vennero anche distinte col nome di stelle reali, e venerate dai Persi (2500 anni av. C.) con quello di quattro guardiani del Cielo. In quei tempi Aldebaran, o l’occhio del Toro, trovavasi all’equinozio di primavera ed era il guardiano dell’Est; Antares, od il cuore dello Scorpione, occupava precisamente il punto equinoziale d’autunno ed era il guardiano dell’Ovest; Regolo, od il cuore del Leone, era vicinissimo al solstizio d’estate, mentre Fomalhaut, quasi coincideva con l’opposto solstizio invernale, sì che, per i Persiani, questa stella era la guardiana del Sud e Regolo del Nord, sempre considerando l’istante del sorgere del Sole nel giorno dell’equinozio primaverile.” GC
Da l’Osservatoriu ‘stronommicu de S. Rasimu a Ccesi ... ... co’ l’influssu de le stelle! Quistu fattu ch’è ssuccessu cuminciatu a Ssantu Rasimu… prima a Ddino e ppo’ a mme stessu (astrofili ATAMB) cià causatu quarche spasimu. Quelle stelle su lu cielu ciànno fattu ‘n bo’ ‘ncanta’ quella vòrda senza ‘n velu (volta celeste) cià ppo’ fattu ritarda’. (ultimo venerdì del mese) Mo’ la ggente è annata via c’era statu ‘n gran viavai (visita Osservatorio) …rimanemo ‘n compagnia… è ‘n bo’ bbuju… ‘n se sa mai. Ogni macchina s’accenne… prima io co’ Ddino appressu vado piano p’ariscenne p’armaneje ‘n pressu ‘n pressu. Controllavo lu specchiettu pe’ vvede’ quann’è che arriva… rallentanno pe’ rrispettu quanno issu scompariva. Mantenevo ‘n passu carmu mentre stevo a scenne ggiù… mo’ j’armango a qquarche pparmu no’ lu perdo propiu più. Pocu doppo me so’ accortu che dde novu era sparitu… pe’non faje quarche ttortu tostu ho ‘rdiminuitu. Rallentanno rallentanno io davanti e Ddino dietro… me so’ accortu co’ ‘n affanno ch’annavamo a marcia ‘ndietro. Spiego mejo… doppo scesi qual’è statu lu mutivu che ccià fattu arriva’ a Ccesi certu a ttempu ‘n bo’ tardivu. Io ho pensatu… che va pianu… anche io stò tantu attentu.. ma ho ‘rtrovatu… casu stranu quarchedunu ‘n bo’ più lentu. (Issu...) pe’ no’stamme appiccicatu che poteva disturba’… da cristianu assai educatu preferiva ‘n bo’ frena’. Co’ ‘stu scambiu de premura senza mettece che scartu… semo giunti ggiù ‘n pianura co’ ddu’ ore e qquasi ‘n quartu. Llì ce semo salutati co’ ‘n surrisu naturale e ppo’ doppo allontanati ripenzanno a ‘sta morale… ‘n quistu munnu de stranezze ‘n do’ ‘gni cosa va a ttraversu perde tempu pe’ ‘ccortezze non è certu tempu persu! paolo.casali48@alice.it
ASTROrime... Uno sguardo al passato La luce di stelle nel cielo proviene da un luogo remoto... solcando uno spazio di gelo (a circa 300.000 km/s) ch’è anche uno spazio di vuoto. Impiega del tempo... la luce per varcare tanto creato... e l’astro che in cielo riluce appartiene... certo al passato! PC
Accadde a novembre... Willia m H e r s c h el, s c o p r itore di U r ano Non puoi aspettarti di vedere al primo sguardo. Osservare è per certi versi un'arte che bisogna apprendere. (Frederick William Herschel, nato ad Hannover il 15 novembre 1738).
Uno dei più grandi astronomi di tutti i tempi, fondatore dell’astronomia moderna, non era un astronomo professionista, ma un musicista figlio d’arte. Il padre suonava l’oboe nella banda della città e trasmise la passione per la musica anche ai suoi numerosi figli. William Herschel suonava l’oboe, il violino, il clavicembalo ed era un buon compositore. Le vicissitudini della vita lo portarono una prima volta in Inghilterra quando era appena diciottenne, a causa della guerra dei sette anni. In seguito, per sua deliberata scelta, si trasferì a Londra insieme al fratello. Continuò in terra britannica la sua carriera di musicista, ottenendo un discreto successo e negli anni successivi lo raggiunse anche la sorella Caroline, cantante. Nel 1773, ormai trentacinquenne, lesse un libro di divulgazione astronomica che lo folgorò. Ma i mezzi economici per acquistare strumentazione non c’erano e così cominciò a costruire alcuni rifrattori per poter osservare il Sole, la Luna, i pianeti. Via via costruì telescopi sempre più grandi e, man mano che la sua attrezzatura migliorava, egli intensificava le osservazioni, coadiuvato dalla sorella Caroline. La svolta avvenne il 13 marzo 1781. Nel suo Giornale Astronomico, sul quale fin dal 1774 annotava le osservazioni, scrisse: nel quartile vicino a ζ Tauri la più bassa delle due è una curiosa stella nebulosa o forse una cometa.... una piccola stella segue la Cometa a ⅔ della distanza del campo. Ma non si trattava di una cometa e, dopo attente
Il telescopio costruito da William Herschel osservazioni e accurati calcoli, venne riconosciuta la natura planetaria di Urano, che venne denominato da Herschel il Pianeta Georgiano, in onore di Giorgio III re d’Inghilterra. Non fu affatto una cattiva idea, visto che ottenne dal sovrano una pensione di 200 sterline l’anno e la nomina ad Astronomo del Re! Questo consentì, nel maggio 1782, a William Herschel ed alla sorella Caroline di suonare e cantare per l’ultima volta in pubblico e di dedicarsi in seguito esclusivamente all’astronomia. In ogni caso Herschel non fu il primo ad osservare il pianeta Urano. Nel 1690 John Flamsteed lo osservò e lo catalogò però come stella 34 della costellazione del Toro. In seguito lo osservò altre due volte e lo stesso fecero gli astronomi Bradley (3 volte), Mayer (1 volta) e Le Monnier (4 volte). Il nome che Herschel assegnò al pianeta non venne però accettato al di fuori dell’Inghilterra, e così prese il via una serie di accesi dibattiti. L’astronomo francese Lalande propose di chiamarlo Herschel, creando anche un simbolo astronomico del pianeta, che è usato ancora oggi (un globo sormontato dalla lettera H). Si pensò quindi ad Astrea, Cibele, Rhea, Minerva, Nettuno (nome dato al pia-
neta scoperto successivamente) ed anche Hypercronius o Transaturnius, che significano sopra Saturno, proposti da Bernoulli. L’astronomo tedesco Johan Elert Bode, seguendo la tradizione di assegnare ai pianeti nomi della mitologia greca, propose Urano, denominazione che venne ufficialmente accettata in tutto il mondo scientifico a partire dal 1850. Nel 1787 Herschel scoprì anche due dei satelliti di Urano, Titania e Oberon. A differenza dei satelliti degli altri pianeti del sistema solare, che hanno nomi tratti dalla mitologia greca, quelli di Urano, che sono 27, portano il nome di personaggi delle opere dei poeti inglesi Shakespeare e Pope. Gli anelli di Urano invece, furono scoperti solo nel 1977 e furono i primi dopo quelli di Saturno, rivelando che questa particolarità non era esclusiva di quel pianeta. Ad Herschel, uno dei più abili e prolifici costruttori di telescopi, si deve anche la scoperta di due satelliti di Saturno, dei raggi infrarossi, lo studio approfondito di Marte, la classificazione di oltre 2500 ammassi e di numerose nebulose e la descrizione della struttura tridimensionale della Via Lattea. Fiorella Isoardi Valentini
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Quale illuminazione per i centri storici? Dal 23 settembre al 3 ottobre 2010 si è svolta a Terni la 1° Festa dell’architettura in Umbria - Think Town Terni: un progetto di GATR (Giovani Architetti Terni). E’ stato sottolineato il concetto che illuminare bene non significa illuminare tanto. La luce artificiale non deve produrre zone con alta intensità luminosa e altre in ombra. Il contrasto luce/ombra genera poca sicurezza e paura. La percezione di luminosità percepita dai nostri occhi nelle ore notturne, deve essere uniforme su tutta l’area illuminata dalle lampade e l’occhio umano non deve avere una visione disturbata dall’abbagliamento. L’abbagliamento delle sorgenti luminose (lampade) riduce l’acutezza visiva e i tempi di riadattamento del nervo ottico (effetto nocivo soprattutto per la sicurezza stradale). L’ing. Forcolini ha portato come esempio di una strada male illuminata, il V.le della Stazione a Terni. In questo viale le lampade di illuminazione sono installate sopra la chioma degli alberi; quindi illuminano inutilmente la parte superiore delle piante (e il cielo) e producono pericolose zone di luce/ombra sui marciapiedi e sulla strada (vedi foto). Terni - V.le della Stazione Per quanto riguarda l’illuminazione delle nostre città nel prossimo futuro, gli esperti prevedono la diffusione delle Illuminazione notturna nuove lampade LED, la cui tecnologia è in rapida evoluzione. Queste lampade, infatti, oltre a consentire un buon risparmio energetico, permettono di pennellare la luce come e dove si vuole. In attesa che la tecnologia dei LED migliori e sia realmente competitiva rispetto alle lampade attualmente usate, i tecnici responsabili dell’illuminazione pubblica (e privata), dovranno incentivare l’impiego dei così detti proiettori Full cut off, che producono un cono di luce orientato verso il basso (se montati bene) e non sprecano la radiazione luminosa nel cielo. Franco Capitoli
Migliaia di persone a Piazza Europa per la
Giornata Nazionale contro l’Inquinamento Luminoso ed il Risparmio Energetico vano osservare consecutivamente il pianeta Giove con i suoi satelliti, la Galassia di Andromeda, stelle doppie e ammassi sia aperti che globulari. Diversa la situazione per l’osservazione ad occhio nudo, perché, anche se operatori dell’A.S.M. (che ringraziamo vivamente per la collaborazione), hanno spento le luci di Piazza Europa fino alle ore 24, l’inquinamento luminoso della nostra città permetteva la visione solo di uno sparuto numero di stelle. L’Amministrazione Comunale Si è svolto tutto come da programma, complice una giornata serena, in una spettacolare cornice di pubblico, la manifestazione astronomica a Terni in occasione della Giornata Nazionale contro l’Inquinamento Luminoso ed il Risparmio Energetico, tenutasi il 9 Ottobre scorso. Fin dal primo pomeriggio, i soci dell’Associazione Ternana Astrofili Massimiliano Beltrame hanno dislocato diversi telescopi in Piazza Europa che, equipaggiati con particolari filtri, hanno permesso l’osservazione delle macchie e protuberanze solari. A mano a mano che il buio si intensificava, ogni telescopio veniva puntato in zone diverse del cielo, in modo che le persone, passando da una postazione ad un’altra, pote-
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non solo ha patrocinato la manifestazione (Assessorato all’Ambiente e II Circoscrizione Nord), ma ha presenziato con il Sindaco Dott. Di Girolamo e la Dott.ssa Malavoglia, che a lungo si sono soffermati a dialogare con gli organizzatori riguardo al fenomeno dell’inquinamento luminoso ancora non molto conosciuto. Gli astrofili di Terni, bisognosi di cieli sempre più bui per i loro studi a livello internazionale,
sono chiaramente in prima linea per combattere questa forma di inquinamento e, tra le varie iniziative, hanno contribuito alla stesura di una Legge Regionale che è operativa da inizio 2010, hanno pubblicato articoli per operatori del settore e organizzato seminari e conferenze. Abbiamo ereditato dai nostri avi un mondo meraviglioso che stiamo deturpando sempre più: non regaliamo ai nostri figli un cielo privo di stelle. Combattere l’inquinamento luminoso non significa spegnere le luci, ma usarle in modo appropriato anche e soprattutto per un risparmio energetico che deve fare i conti con le tasche dei cittadini. Tonino Scacciafratte
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