La pagina novembre 2013

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Numero 1 0 9 novembre 2013

Mensile a diffusione gratuita di attualitĂ e cultura

IMMOBILIARE

B AT T I S T E L L I

Assisi Foto di Alberto Mirimao


L’amico Fritz Fritz Haber è stato uno dei più grandi benefattori dell’umanità. Nato a Breslavia il 9 dicembre 1868, è stato uno dei chimici più famosi di tutti i tempi; ma poiché la chimica è scienza con poco fascino tra il grande pubblico, è verosimile che siano in pochi a conoscerne il nome. Nel 1918 venne onorato con l’attribuzione del Premio Nobel per la Chimica: la motivazione può sembrare forse troppo tecnica (sviluppò assieme a Carl Bosch il processo di sintesi dell’ammoniaca ad alta temperatura e pressione, a partire da idrogeno e azoto con ferro come catalizzatore), ma le conseguenze della sua scoperta sono sotto gli occhi di tutti. Di fatto, la “sintesi dell’ammoniaca” può sembrare cosa di interesse piuttosto limitato: probabilmente l’impressione sarebbe maggiore se si descrivesse il processo come quello che ha consentito la “fissazione dell’idrogeno”, o come quello che consente di estrarre l’idrogeno dall’atmosfera. Meglio ancora, si potrebbe più direttamente dire che si tratta del processo alla base della creazione dei fertilizzanti. Ed è solo grazie ai fertilizzanti che la popolazione mondiale è potuta crescere fino a quadruplicarsi dal 1900 a oggi; o, per metterla in maniera ancora più emotiva e diretta, è solo grazie a Fritz Haber che in India e in Cina la fame millenaria è stata sostanzialmente debellata. Fritz Haber è stato uno dei più grandi criminali della storia. Nato ebreo, ma desideroso di essere accolto dalla selettiva “buona società” tedesca, cercò di far dimenticare le sue origini. La Germania del Kaiser, di Bismarck e di Hindenburg non raggiunse certo le vette di antisemitismo della Germania di Hitler, ma restava un luogo dove l’appartenenza al popolo di Abramo era tutt’altro che un lasciapassare verso il successo sociale. Haber teneva molto al successo e alla popolarità e pertanto si convertì al cristianesimo; Haber voleva riconoscimenti come scienziato, ma soprattutto come tedesco: e quando scoppiò la Grande Guerra mise tutte le sue conoscenze e capacità nella produzione di armi. La sua grande scoperta tornava utile non solo per la produzione dei fertilizzanti, ma anche per la produzione di gas letale: così Fritz, nell’ansia di essere riconosciuto come un valoroso patriota figlio della grande Germania, inventò di fatto la guerra chimica. Il 22 aprile del 1915 Fritz Haber indossava la divisa da capitano dell’esercito tedesco a Ypres, sul fronte occidentale. Fu lui in persona a stabilire la posizione e il momento dell’apertura dei seimila cilindri di gas a base di cloro, che da

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quel momento in poi avrebbe preso il nome dalla città, iprite. Si formò una nube alta dai 15 ai 20 metri che a passo lento si diresse verso le linee francesi, seminando un tipo di morte del tutto nuovo. E atroce. Quando, tre anni dopo, il comitato del Premio Nobel decise di onorare Fritz Haber, furono molti, tra gli scienziati dell’alleanza che aveva battuto la Germania, a storcere il naso e protestare. La grande scoperta di Haber era certo in grado di portare sia la vita sia la morte, ma l’uomo che ne era l’artefice non esitava di fronte agli utilizzi più perversi. Quando i nazisti presero il potere, Fritz non li guardò con disprezzo: volevano una patria forte, come lui stesso voleva. E per i nazisti, in fondo, un ebreo in grado di produrre armi così devastanti meritava di non essere trattato troppo male: almeno fino al 1934, anno in cui Haber morì. Nessuno può sapere con certezza cosa gli sarebbe successo verso il 1944-45, quando l’escalation della “soluzione finale” era al massimo grado. Certo, sarebbe stata davvero una beffa finire nelle camere a gas naziste: anche perché fu nell’istituto chimico da lui fondato che si sintetizzò lo Zyklon-B, il gas che trovò un largo uso proprio nei campi di sterminio. Ebreo, nato in una città che oggi è polacca e non più prussiana, voleva ad ogni costo diventare tedesco, cristiano, e soprattutto un patriota. Perse la madre quando aveva meno di un mese di vita e, probabilmente, non riuscì mai a capire cosa vuol dire avere gli affetti che usualmente si trovano tra le mura domestiche. Sposò la splendida e brillantissima Clara Immerwahr, anche lei chimica, prima donna a prendere un dottorato nella storia dell’università di Breslau. Il matrimonio non fu mai felice e Clara finì col suicidarsi: probabilmente, proprio all’indomani della battaglia di Ypres, quando scoprì cosa era in grado di compiere la sua scienza e la sua famiglia. Se in tutto questo c’è una morale, mi sa che bisogna trovarsela da soli. P i e ro F a b b r i


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L’ a m i c o F r i t z - P F a b b r i MEDIOAREA E luce sia! - G R a s p e t t i IMMOBILIARE BATTISTELLI Paese che vai, felicità che trovi... - A M e l a s e c c h e La riforma del condominio - M P e t ro c c h i F O N D A Z I O N E C A S S A D I R I S PA R M I O Il paradiso esplosivo di Sadiq - F Patrizi A che serve la scuola? - V Policreti ALBERGO DUOMO - ANTICA CARSULAE Pico e la burocrazia - M B a t t i s t e l l i C O O P E R AT I VA M O B I L I T À T R A S P O R T I A c a c c i a c o i c a p i - V Grechi MASSA MARTANA - M e r c a t i n o N a t a l i z i o . . . e p o i c i t r o v e r e m o , c o m e ì e s t a r. . . - C C o l a s a n t i L’ o r i e n t a m e n t o , l ‘ o c c u p a z i o n e e l a T V - G T a l a m o n t i TERNI: ASSESSORATO P. A. TERNI: ASSESSORATO CULTURA SCUOLA E POLITICHE GIOVANILI ASM T E R N I : A S S E S S O R AT O A I L AV O R I P U B B L I C I FRANCESCO - F o t o d i A M i r i m a o CONSORZIO TEVERE NERA Olocausto: una testimonianza inedita - PL Seri ALFIO PROGETTO MANDELA John Locke - M Ricci Paolo Campanella - R S t o p p o n i PHISIOLIFE FA B U L A E - M V P e t r i o l i L A B O R AT O R I S A L VAT I A Z I E N D A O S P E D A L I E R A S A N TA M A R I A D I T E R N I M A R R A K E C H , l ’ e s o t i c a c i t t à d a i m i l l e c o l o r i - L B el l u cci N U O VA G A L E N O LICEO CLASSICO - A B r e g l i o z z i , M Ve r n e l l i FRANCA CALZAVACCA - R B e l l u c c i Cibo e Cancro - L Paoluzzi Il nuovo centro per la produzione di terapie cellulari CENTRO MEDICO DEMETRA - ERREMEDICA A S S O C I A Z I O N E C U LT U R A L E L A PA G I N A Il Santuario di Monte Maggiore - D Fagioli Alla scoperta di... antiche pietre, antichi popoli - L Santini T E R N I R I C O R D I D E L PA S S AT O - L S a n t i n i I gas idrati - F Rossi AMICO FRAGILE ATENEO - A s s o c i a z i o n e C u l t u r a l e L a P a g i n a FA R M A C I A B E T T I CIDAT Ridisegna il tuo volto - A Crescenzi SPOLETO - A C e s a r e t t i , S R a u s ACQUALIMPIDA HUMOR - C Brunetti I DRAGHI DEL RUGBY ALLEANZA TORO Righettu l’emigratu - P C a s a l i Una soffitta sull’universo - M P a s q u a l e t t i Parliamo delLA LUNA - E Co s t a n t i n i AMARCORD TERNANA - M Ba rc a ro t t i G L O B A L S E RV I C E SUPERCONTI

PA G I N A

Mensile di attualità e cultura

Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni

DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta di Giampiero Raspetti

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Direttore editoriale Giampiero Raspetti

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Non si smette mai di imparare Non si smette mai di imparare, ma, soprattutto, non bisogna mai smettere. Noi, all’Ateneo, vogliamo discutere insieme su alcuni temi fondamentali. Com'è fatto il mondo? Come si è formato? Come siamo giunti alla situazione di oggi? Ci sono delle leggi che regolano la vita di tutto l'universo? Qual è stato, qual è e quale dovrebbe essere il ruolo dell'uomo in rapporto alla natura e agli altri uomini? Noi vogliamo incamminarci sulla strada percorsa dall'uomo sulla via della conoscenza partendo dagli insegnamenti di Socrate, uno dei padri fondatori della civiltà occidentale: sappiamo di non sapere e la conoscenza è un processo continuo che non avrà mai fine. Soltanto ieri la verità certa era quella di Tolomeo che vedeva la terra immobile, centro e fulcro di un universo rotante intorno ad essa. Poi fu vera la gravitazione universale di Newton presto corretta da Einstein con la teoria della relatività, a sua volta messa in dubbio dalle equazioni della meccanica quantistica. Ecco, noi vogliamo indagare sul meraviglioso cammino della scienza. E vogliamo anche discutere sul ruolo svolto dall'uomo nella storia, delle scoperte e dei progressi compiuti ed anche degli errori e delle atrocità effettuate, partendo dalla considerazione che viviamo in una società dove coesistono credenze ed esperienze varie e dove nessuno dovrebbe ritenersi detentore della verità assoluta, partendo da alcuni punti fermi: - la ricerca scientifica, di per sé sempre fallibile e falsificabile, non avrà mai fine; - è impossibile stabilire un criterio assoluto e valido per tutti per costruire una società perfetta; - allo stesso modo è impossibile stabilire un unico sistema etico cui tutti debbano uniformarsi; - la tolleranza e la collaborazione sono princìpi da porre alla base di ogni società. La strada l'ha indicata Dante Alighieri, qualche tempo fa, per bocca di Ulisse: Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza. Vi invitiamo a percorrere un po' di strada insieme a noi. Sauro Mazzilli

AT E N E O Eratostene di Cirene (275-195 circa), misurò per primo, con sorprendente approssimazione, il raggio della Terra. È ricordato come direttore della biblioteca di Alessandria d’Egitto, come decatleta della cultura, come Beta. Fu infatti uno degli intellettuali più versatili della sua epoca: matematico, astronomo, geografo e poeta: cultura ad ampio raggio, per cui fu appellato decatleta. Inventò il mesolabio, strumento per trovare meccanicamente le medie proporzionali fra due segmenti, e il famoso crivello di Eratostene, per la ricerca dei numeri primi. Si definì grammatico e filologo, ma non primeggiò in alcuna disciplina. Grande amico di Archimede, con il quale scambiò diverse importanti epistole, non era certo pari al siracusano nella matematica. Sempre secondo a qualcuno, da cui il nomignolo Beta. Venti Senatori della nostra città, un largo orizzonte della cultura ternana, che qui ringrazio pubblicamente per la loro entusiastica adesione al nostro Ateneo... per tutte le età, sono impegnati nel progetto. Intellettuali che conoscono molti cassetti ma hanno, come soleva dire l’indimenticato Lucio Lombardo Radice, particolar riguardo per tutta la cassettiera. Intellettuali a tutto tondo, cultura ad ampio raggio, insomma, quasi decatleti. Insieme a loro e a voi, lettori che inseguite canoscenza, ricostruiremo, negli anni, la storia del nostro territorio, delle nostre tradizioni, della nostra civiltà, nel sentito auspicio che qualcuno dei nostri giovani scolari, già adesso di alto lignaggio culturale e che già si cimentano come decatleti della cultura, possa, un domani, essere Alfa nella disciplina alla quale è vocato! Giampiero Raspetti


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Paese che vai, felicità che trovi... La misurazione della felicità è ufficialmente divenuta un parametro di ranking degli Stati del mondo da quando organizzazioni del livello di ONU e OCSE sono arrivate ad elaborare un loro indice dedicato, nonché un serissimo ed apprezzato reporting in materia. Il tema quindi non sembra più essere legato al solo tentativo, anche un po’ naif, di un piccolo Stato come il Buthan, posizionato sulla catena himalayana, che non brilla certo per la democraticità di chi lo governa né spicca per la libertà dei propri cittadini, di fare del buon marketing territoriale. L’OCSE è stata la prima a cercare di andare oltre i freddi numeri del PIL e degli indicatori economici, tentando di accertare quale fosse tra i suoi membri quello con la qualità della vita più alta. Le energie messe in campo hanno trovato compimento nel Better Life Index. Si tratta di un indice che quantifica la qualità della vita attraverso la misurazione di 11 variabili, tra cui: il reddito, la casa (la grandezza dell’abitazione), l’ambiente, la sanità, la sicurezza e le relazioni sociali. Secondo un rapporto dell’OCSE, l’Italia è il secondo paese al mondo (a pari merito con il Giappone) come aspettativa di vita: 83 anni, contro una media di 80. Prima è la Svizzera, ma possiamo serenamente farcene una ragione. Lo stesso purtroppo non si può dire per la felicità. A differenza nostra, la Svizzera è prima anche nella speciale classifica del benessere. Il risultato dell’Italia invece è piuttosto deludente, all’interno dei 34

L a riform a d e l condo m in io condom Il 18 giugno 2013 è entrata in vigore la L. 11 dicembre 2012, n. 220, intitolata “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”. Si tratta di una legge di grande importanza in quanto coinvolge milioni di persone che quotidianamente si confrontano con le difficoltà di gestire parti in comproprietà, per non parlare delle assemblee condominiali, che sono spesso delle vere e proprie arene dove ignoranza e aggressività sono difficili da arginare. La legge fa propri princìpi e istituti giuridici nati dalla pratica o oggetto di elaborazione giurisprudenziale. Si pensi al supercondominio, al Consiglio di condominio, all’equiparazione, ai fini della ripartizione delle spese di manutenzione e sostituzione, dell’ascensore e delle scale, al riconoscimento del diritto al distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento d’aria da parte del singolo condomino senza dover aspettare il parere positivo dell’assemblea, all’individuazione puntuale di una serie di casi di “grave irregolarità” nella gestione condominiale, all’obbligo del conto corrente condominiale, ed alla preclusione, per il regolamento, di vietare il possesso o la detenzione di animali domestici, ecc. Una delle norme salutata da molti con grande interesse è proprio quella che ha modificato l’articolo 1138 del Codice Civile stabilendo che i regolamenti condominiali non possono vietare di possedere o detenere animali domestici ponendo fine ad una annosa polemica tra gli amici degli animali e quelli che, invece, con fatica ne tolleravano la convivenza. La norma ha dato attuazione al riconoscimento, ormai

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paesi membri dell’OCSE è solamente 20° ed è agli ultimi posti per quanto riguarda l’Unione Europea, riuscendo a mettersi dietro le spalle solo Polonia, Slovacchia, Portogallo, Ungheria, Grecia ed Estonia. A tirare giù l’Italia sono temi piuttosto importanti come l’educazione, l’ambiente e la soddisfazione del posto di lavoro. Solo il 57% degli italiani tra i 15 e i 64 anni ha un lavoro retribuito contro una media OCSE del 66%. La differenza tra uomini e donne è poi abissale: la percentuale maschile, infatti, è al 67% mentre quella femminile crolla al 47%. Sul fronte del World Happiness Report, pubblicato per il secondo anno consecutivo dal UN Sustainable Development Network sotto gli auspici del Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon, l’Italia non se la cava meglio. Scende al 45° posto nella classifica delle nazioni più felici nel mondo racchiusa tra Slovenia e Slovacchia e soprattutto perde da un anno all’altro ben 17 posizioni. I primi Paesi in lista sono tutti europei, in particolare del Nord Europa, gli ultimi in classifica appartengono al continente africano. La nazione più felice è la Danimarca, seguita da Norvegia, Svizzera, Olanda e Svezia. Gli autori hanno preso in esame 156 paesi in tutto il mondo per tre anni studiando e comparando diversi aspetti tra cui: il valore del PIL, l’aspettativa di vita, la libertà di compiere delle scelte e il sostegno sociale, ma hanno anche svolto sondaggi diretti sull’effettiva “sensazione” di felicità percepita dalle persone. Ad elaborare lo studio sono stati esperti mondiali in diversi campi (economia, psicologia, statistica, sondaggi) tra cui il guru della Columbia University Jeffrey Sachs, consigliere speciale di Ban Ki-moon per gli Obiettivi del Millennio. Il rapporto mostra anche gli “effetti collaterali” della felicità: le persone vivono più a lungo, sono più produttive, guadagnano di più, e sono anche cittadini migliori. Ecco perché, si legge ancora nel rapporto, il benessere dovrebbe essere perseguito non solo per se stesso, ma per tutti gli effetti che produce sulla società. a l es s ia . m e l a s e c c h e @ l i b e ro . i t

avvenuto ad opera della Corte di Cassazione, di un vero e proprio diritto soggettivo ad avere un animale da compagnia. Pensate che è addirittura ritenuta legittima facoltà dei coniugi, in sede di separazione, di regolare la permanenza dell’animale presso l’una o l’altra abitazione e le modalità che ciascuno dei proprietari deve seguire per il mantenimento dello stesso; “il gatto, come anche il cane, deve essere considerato come membro della famiglia e per tali motivi va collocato presso il coniuge separato con regolamento di spese analogo a quello del figlio minore”. Ma mentre la Corte di Cassazione ci parla di “animali da compagnia”, la nuova disposizione del Codice Civile si riferisce ad “animali domestici”, con una differenza terminologica che potrebbe non porre la parola fine alle liti tra condomini sul possesso di animali. Infatti, se da un lato parlare di animali domestici escluderebbe gli animali esotici, quali ad esempio serpenti ed iguane, come bisogna regolarsi per animali da compagnia, che non sono propriamente domestici, come furetti, criceti, conigli o pappagalli? Occorre ricordare che il proprietario dell’animale è sempre responsabile, sia civilmente, sia penalmente, dei danni arrecati a persone, ad altri animali o cose e ciò nonostante il regolamento di condominio non ne può vietare il possesso. Così, i proprietari dei cani devono mantenere pulite le zone di passeggio, utilizzare il guinzaglio ovunque, applicare la museruola nei casi di animali aggressivi, non nuocere alla tranquillità e all’igiene degli altri condomini. Il diritto al possesso dell’animale è infatti sempre sottoposto alle regole generali del buon vicinato e così, nei casi di rumori molesti o odori sgradevoli, il condominio può richiedere la cessazione della turbativa, ai sensi dell’art. 844 c.c. e, addirittura, nei casi più gravi, l’allontanamento dell’animale dal condominio. Come al solito dove non arriva il buon senso deve arrivare il Giudice. Buona lettura del codice civile! Avv. Marta Petrocchi legalepetrocchi@tiscali.it


La Terni in p o sa Immagini dall’Archivio storico della Società, 1907-1965

La Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni e Acciai Speciali Terni hanno inaugurato a Palazzo Montani Leoni, lo scorso 25 ottobre, la mostra fotografica La Terni in posa. Immagini dall’Archivio storico della Società, 1907-1965. La mostra presenta una selezione delle migliaia di immagini appartenenti al fondo fotografico dell’Archivio storico dell’azienda siderurgica fondata a Terni nel 1884 con il nome di Società degli Alti Forni, Fonderie ed Acciaierie di Terni. Il periodo al quale risalgono le fotografie va dal 1907, anno al quale datano le prime immagini conservatesi, al 1965, quando si completò la dismissione delle produzioni non siderurgiche che erano state intraprese nel 1922 e che per buona parte del periodo preso in considerazione dalla mostra fecero della Terni una delle maggiori imprese polisettoriali del paese. Questo delle variegate attività dell’azienda non è che uno degli aspetti documentati dalle foto esposte: molte di esse, infatti, riguardano le iniziative assunte dalla Terni nel campo dell’assistenza di fabbrica e del dopolavoro, testimoniando la particolarità del rapporto che in passato ha legato la società e le sue maestranze. Nell’ideazione della mostra, pertanto, sono state scelte sette tematiche illustrate da altrettante serie di immagini: Gli impianti siderurgici, La produzione dell’acciaio, Le centrali idroelettriche, Le attività non siderurgiche: miniere, cementeria e stabilimenti elettrochimici, L’assistenza di fabbrica, Il dopolavoro e infine Le visite. Nel loro insieme queste fotografie restituiscono la complessità della storia di un’industria che anzitutto è stata, e rimane, una grande realtà produttiva per la città che da quasi 130 anni la ospita.

Terni. Spaccio di distribuzione dei generi alimentari allestito all’interno della mensa aziendale dello stabilimento siderurgico. 1933

La mostra rimarrà aperta a Palazzo Montani Leoni sino al 6 gennaio 2014, tutti i venerdì sabato e domenica dalle ore 11 alle ore 13 e dalle ore 17 alle ore 19.

Terni, viale Benedetto Brin. Campo sportivo, squadra di ginnastica del dopolavoro aziendale della Società Terni. 1937

Terni. Visita allo stabilimento siderurgico dei congressisti del I Congresso degli Italiani all’estero. 1908

Panoramica dell’acciaieria Martin 1, dei gassogeni e del reparto piccoli profilati. 1925

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Il paradiso esplosivo di Sadiq

Dopo aver sparato con un lanciamissili e aver lanciato bombe a mano, per Sadiq era arrivato il momento fatidico: era stato prescelto per il paradiso. La scala per il cielo partiva da un imambara, un luogo di culto sciita, dove Sadiq avrebbe lanciato una granata, sarebbe poi fuggito all’aperto e si sarebbe fatto esplodere tra la folla del mercato. Quel pomeriggio appiccicoso Sadiq si aggirava guardingo con il suo giubbotto imbottito di esplosivo. Aveva paura. Gli avevano detto che suo padre lo stava cercando da settimane, non gli sarebbe dispiaciuto rivederlo per dirgli addio. Sadiq ha quindici anni ed è un soldato del Ttp (Tehereek e-taliban pakistan), come molti suoi coetanei non ama andare a scuola, passa i pomeriggi ad ascoltare rapito i discorsi dei ragazzi più grandi esperti di armi e di religione. Poi un giorno decide di abbandonare la sua casa di fango a Dara per entrare nell’esercito clandestino. Nei campi di addestramento impara a sparare, ad uccidere, a mescolarsi tra la folla, a diventare invisibile. Quel pomeriggio Sadiq resta in piedi immobile, non riesce a decidersi, pensa al paradiso dove lo attendono le vergini (e chi le ha mai viste, le donne!), pensa al padre che lo cerca disperatamente, pensa al dolore dell’esplosione, pensa troppo... così le guardie si accorgono di lui, la

A che serve la scuola? Una delle più tragiche sciocchezze, tra le molte che ci appestano, è che la scuola serva a preparare al lavoro. È un’assurdità, dalla scuola materna a tutti i gradi successivi fino all’ultimo anno delle superiori. Per l’università il discorso, naturalmente, è diverso. La scuola ha invece ben altra funzione: produrre cultura, nel senso più ampio, ma anche più classico del termine. Su cosa sia la cultura si può discettare a lungo, ma almeno due dei suoi elementi sono ovvi: sapere e capire. Dalla cui somma nasce, importantissimo, il saper ragionare. Non si può capire ciò che non si sa, né sapere ciò che non si è capito. Né tanto meno ragionare su ciò che non si sa o non s’è capito. E già dicendo questo si spazza via tutta una serie di equivoci che negli ultimi quarant’anni hanno afflitto la nostra scuola che solo grazie alla sua grande tradizione ne è sopravvissuta, pur perdendo non poco in qualità. Si è creduto, come ormai ben si sa, che dare l’accesso anche ai diseredati -cosa sacrosanta- si risolvesse abbassando semplicemente la qualità dello studio al loro livello e non si è mai riusciti a conciliare -cosa peraltro non facile- l’obbligatorietà dei corsi di studi, con una buona qualità degli stessi. Ma niente mai di buono si potrà fare nel campo scolastico se non si avrà ben chiara la funzione della scuola: portare i giovani dalla loro naturale ignoranza - che si traduce, ovviamente in minore intelligentia (da intelligere = capire) alla cultura, che tra le tante qualità, ha anche

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folla lo circonda e comincia a picchiarlo selvaggiamente. Per poco non ci lascia la pelle. Viene arrestato e rimane per circa un anno in cella nella regione dello Swat, poi viene trasferito in un centro di recupero dove viene affidato alla scuola di Saboon. Qui impara a leggere e a scrivere. Il Corano è scritto in arabo, che non è la sua lingua, e oggi sa che in quel versetto che aveva imparato a memoria non c’è scritto “combatti l’esercito pakistano”, come gli era stato insegnato. I membri del Ttp non sono gente povera e disperata, hanno studiato, molti sono avvocati, studiosi di religione, professionisti, ma hanno bisogno di carne da immolare, di ragazzini a cui promettere il paradiso in cambio di una strage e li vanno a reclutare nelle zone più remote del Pakistan, dove non ci sono le scuole e non c’è prospettiva di un futuro migliore. Secondo il rapporto Unicef 2012, il sistema educativo in Pakistan è tra i più carenti al mondo e i bambini vengono mandati dalle famiglie nelle madrase, le scuole religiose, che richiedono una retta bassissima; il problema non è l’insegnamento religioso in sé, ma l’assenza di sviluppo di un pensiero critico nei bambini. In queste remote regioni dove si combatte da anni una guerra che non vede fine, l’intervento prioritario non è quello che proviene dal cielo con i droni, ma quello sulla scuola. Il Pakistan ha bisogno di educare i suoi figli e di dare loro una cultura e una coscienza critica. Altrimenti milioni di bambini continueranno ad essere mantenuti in uno stato di ignoranza per essere meglio plagiati e utilizzati come armi di distruzione di massa ambulanti. Francesco Patrizi

quella di preparare la persona ad acquisire più facilmente altra cultura. Cultura la cui mancanza, in un mondo privo di trascendenza come il nostro, lascia campo libero al solo consumismo materialistico, che giustamente Pasolini considerava la tragedia, vero e proprio genocidio culturale, della nostra civiltà. Esistono soltanto due attività, talvolta assai redditizie, che prescindono totalmente dalla cultura: la delinquenza (ivi compresa una certa finanza) e la politica, nel modo in cui oggi la si concepisce. Ma, anche a volerli considerare lavori, non è questione che la scuola debba mai preparare ad essi. Obiezione: ma, posto che davvero ci diventino, come se la caveranno poi tutti questi giovani coltissimi quando dovranno affrontare il lavoro, che è tutt’altra cosa? Risponderò indirettamente, ricordando un fenomeno avvenuto anche a Terni, qualche decennio fa. All’inizio della globalizzazione si riversarono da noi molti diseredati da paesi in cui studiava solo un’elite privilegiata. I poveri immigranti, che certo di privilegiato nulla avevano, fecero una serie di mestieri umili, tra cui il lavare i vetri delle macchine ai semafori. Però i vetri erano molto più puliti prima che ci mettessero le mani loro. Ma la ruota della storia continuava a girare e, caduto il Muro, arrivò un’ondata di polacchi, altrettanto disperati. Solo che in Polonia si studiava. I vetri lavati dai polacchi erano pulitissimi e in breve tempo ai semafori non se ne vide più nemmeno uno: tutti furono assorbiti dal mondo del lavoro (che allora si trovava). Qualunque sia il suo lavoro, chi è colto e intelligente lavorerà sempre e comunque meglio di chi è ignorante e cretino. La miglior preparazione al lavoro che la scuola può dare è dunque lo sfornare giovani con cultura e sapere solidi. Una salvaguardia per chi è in difficoltà è eticamente giusta. Ma il mondo del lavoro domani non concederà salvaguardie: i migliori andranno avanti, i peggiori verranno dolorosamente falciati. A meno che, si capisce, non siano solidamente raccomandati da Vincenzo Policreti qualche politicante più bue di loro.


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Pico e la burocrazia Il piccolo Pico, cucciolo di cane, avevo eluso il controllo di mamma e papà setter e, incuriosito da case, strade e rumori, era arrivato in città senza nemmeno rendersene conto. Quando si trovò in mezzo al traffico era ormai troppo tardi ed un po’ per inesperienza, un po’ per paura non fu più in grado di trovare una via sicura per continuare la sua escursione e nemmeno per tornare verso la sua calda cuccia. Fu un attimo e l’ultima distrazione gli costò un grande colpo in testa, un gran dolore e poi il silenzio quasi totale; era convinto di stare per morire e mentre cercava di ricordare le preghiere che mamma setter gli aveva insegnato, notò che alcuni umani stavano cercando di capire se era veramente morto. Con le gambe all’aria e gli occhi chiusi, sentì la voce decisa di uno di loro che si faceva largo fra la folla e cominciava a dare ordini. Qui finisce il ricordo di Pico e inizia il resoconto giornalistico. Il veterinario della vicina ASL fu tra i primi ad accorrere e fu pronto a fermare alcuni volenterosi che volevano prestare le prime cure al piccolo cucciolo ferito: calma, occorre innanzi tutto valutare se il cane ha effettuato tutte le prescritte vaccinazioni, se è in regola con la tassa sanitaria, se è regolarmente iscritto all’anagrafe comunale canina, se ha mai avuto malattie infettive e quant’altro occorra per dare inizio alla pratica di soccorso e cura. Attirato da queste dotte considerazioni si fece largo fra la folla un alto funzionario dell’Arpa Provinciale che notò immediatamente, anche perché la puzza era tremenda, che il ferito, forse per la paura dell’incidente (o del veterinario) aveva irregolarmente defecato sull’asfalto. Rivolgendosi al collega gli fece notare la cosa e lo convinse che prima di ogni accertamento sanitario andava espletata la pratica Arpa per evitare che la rimozione del ferito comportasse anche la rimozione dei rifiuti dallo stesso prodotti, configurandosi nel caso il reato di smaltimento illegale di rifiuti solidi urbani. Fu così convincente e decisa l’esposizione della problematica che un funzionario della polizia ambientale Provinciale, presente anche lui all’incidente, non poté fare a meno di osservare che quanto aveva ascoltato dagli esimi colleghi corrispondeva a verità, ma era altrettanto vero che, trattandosi di un cane da caccia, vista la razza setter, era necessario, oltre a tutto quanto sopra, dimostrare con esattezza la provenienza venatoria del cucciolo, per valutare la regolarità dei pagamenti degli ambiti territoriali ed eventuali sconfinamenti, rispetto alle zone di caccia autorizzate nella licenza del proprietario del cane.

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Un Funzionario tecnico del Comune, che nel frattempo era giunto sul luogo dell’incidente, si sentì in dovere di intervenire per puntualizzare la posizione dell’Amministrazione Comunale che prevedeva il controllo sistematico della regolarità urbanistica ed edilizia del patrimonio immobiliare esistente e pertanto, prima di decidere se, alla fine della eventuale cura, il cucciolo fosse potuto ritornare ad occupare l’immobile di residenza (la cuccia) si doveva valutarne la rispondenza alle norme ed al regolamento comunale salvo eventuali pratiche edilizie in sanatoria e dietro pagamento degli oneri richiesti. Nessuno potè contestare tale precisa affermazione, ma, anzi, un alto dirigente Regionale che si trovava lì per caso, viste le tante e giuste problematiche sollevate dai colleghi consigliò di predisporre una immediata convocazione di una conferenza di servizi per poter valutare il complesso delle criticità riscontrate, onde poter rispondere in maniera esaustiva a tutti i punti. A tale scopo consigliò di estendere la convocazione all’ENPA ( Ente Nazionale Protezione Animali), al WWF, alla Lega Ambiente, alla Sovrintendenza archeologica, al SII, al consorzio di bonifica, all’Enel… Mentre continuava l’elencazione degli Enti da invitare a questa decisiva conferenza, il piccolo Pico ormai convinto di dover morire, se non per l’incidente, sicuramente per quanto stavano decidendo sulla sua pelle tutti quegli umani così importanti, sentì una mano leggera posarsi sulla sua testolina. Aprì un occhio e vide un bambino che si era chinato su di lui e lo stava accarezzando. Il cucciolo mosse la coda in segno di gratitudine e di vitalità ed il bambino noncurante dei rischi che correva lo prese in braccio e lentamente si allontanò dal luogo dell’incidente. Era giovane, ma già sapeva che quello che stava facendo era molto pericoloso perché poteva incorrere nel reato di complicità per clandestinità canina, ed anche per protezione di un potenziale inquinatore e forse abusivo edilizio, ma non si fermò, anche perché, nel frattempo tutti quei grandi funzionari pubblici, presi come erano a controllare la correttezza dell’itinerario amministrativo che stavano predisponendo, non si resero minimamente conto che stava scomparendo il corpo del ferit… del reato. Riflessione finale: quando la burocrazia avrà completato la sua opera di soffocamento dell’attività umana ed il buon senso e la pietas non avranno più spazio nella vita di tutti i giorni, diventerà concreto il detto: chi vuole fare del bene dovrà essere pronto a pagarne le conseguenze. Maurizio Battistelli


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A caccia coi Capi O gni riferim ento a pe rsone e a fatti re alme nte ac c aduti è p u r a m e n te c a s u a le

Remo Rompietti aveva un collega che, già ricco di suo, aveva sposato la figliola unica di un grossista di frutta e verdura. Il suocero grossista possedeva una bella villa da caccia con annessa riserva, più un’altra villa del ‘300 con cantina e case coloniche, contadini e vignaiuoli. Stimolato dalle forti pressioni dei capi aziendali, cacciatori e non, il povero collega -si fa per dire, aveva anche una bella Ferrari rossa fiammantefu costretto a farsi prestare dal suocero, per un giorno, villa e riserva di caccia per far divertire capi e colleghi. La cosa fu organizzata in modo perfetto, come sapeva farlo una multinazionale: - riunione di zona il giovedì e venerdì a spese dell’Azienda - trasloco il venerdì sera nell’alberghetto del Cacciatore, sito nei pressi della zona di caccia. Alla riunione di zona non poteva mancare il Direttore di Propaganda Dott. Netti (grande manager e lodato cacciatore) e il suo fido scudiero, il Vicedirettore di Propaganda Dott. Beppinelli (toscano e lodato mangiatore). Ovviamente la cordata di comando terminava col Direttore della Zona Dott. Crosta che, pur aspirando a salire nella scala gerarchica, non vantando pedigree da cacciatore e nemmeno da mangiatore, sarebbe venuto a esercitarsi al tiro al bersaglio con la sua 347 Magnum. Il giovedì mattina il dott. Rompietti e il collega confinante con la sua zona, arrivarono in Hotel in giacca e cravatta, tipico abbigliamento da riunione. Nelle capaci valigie era però contenuto tutto l’occorrente per la caccia, comprensivo di cartucce e fucili e nel sedile posteriore dell’auto aziendale, opportunamente ribaltato, la sua pointer Sippa e il setter Lilly del collega.

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Sistemati i cani nel parcheggio-giardino dell’Hotel, iniziarono la riunione. La sera, dopo aver cenato e aver fatto mangiare i cani, i due colleghi cacciatori li portarono in camera di nascosto, perché era il mese di novembre e iniziava a fare freddo all’aperto. Li sistemarono nel bagno, riempirono il bidet d’acqua, chiusero la porta e andarono a dormire: camera doppia perché l’Azienda, con la scusa della socializzazione, risparmiava un sacco di soldi. Dopo qualche minuto di silenzio il primo cane iniziò a bofonchiare, seguito subito dal secondo in un crescendo che stava diventando pericoloso. Balzarono giù dal letto, aprirono il bagno e subito le bestiole vennero loro incontro scodinzolando e mugolando per la contentezza. Dopo qualche carezza per farle calmare, iniziarono a redarguirle a dovere intimando loro di stare a cuccia e di fare silenzio indi, chiusa di nuovo la porta del bagno, se ne tornarono a letto. Dopo pochi minuti il sonno cominciò a fare il suo effetto e proprio mentre stavano per sprofondare nelle braccia di Morfeo, i cani cominciarono di nuovo a bofonchiare. A questo punto non fecero altro che aprire la porta del bagno permettendo così a ciascun cane di coricarsi sulla moquette (!) accanto al letto del padrone per evitare, insieme ai latrati, di essere cacciati dall’Hotel. Il giorno dopo, terminata la riunione verso le 18, partirono con armi, bagagli e cani alla volta dell’Albergo del Cacciatore. Dal nome che aveva si può dedurre che non fosse un granché e infatti lasciava molto a desiderare. Le porte erano di legno verniciato e non chiudevano bene, mentre i letti cigolavano a causa dell’età. L’illuminazione era fioca sia in camera sia in sala da pranzo. Insomma, per dirla tutta, era un alberghetto molto spartano, ma adatto ai cacciatori e alle coppiette più o meno regolari che lo frequentavano. Un vantaggio lo aveva rispetto agli Hotel delle riunioni, costava sicuramente molto meno! Dopo essersi rinfrescati e vestiti sportivi scesero a cena con i cani al guinzaglio. L’ambiente era tipicamente contadino: grande tavolo apparecchiato con tovaglia a quadrettoni bianchi e rossi, due fiaschi di vino, caraffe d’acqua, pane e posate. Rompietti, sistemato il cappio del guinzaglio sotto il piede della sedia -Sippa a cuccia!- intimò al cane che fece finta di non capire, perché aveva avvertito il profumo della cena imminente e scodinzolava felice. Si accomodò allora sulla sedia di legno impagliata a mano, nel momento in cui arrivava vociando il dott. Netti con un bell’esemplare di breton al fianco. Ovviamente tutti quelli in carriera o che ci speravano, si precipitarono a fare i complimenti al cane del Grande Capo ...Che sguardo intelligente! - Guarda che bel pelo - Si vede che è stato allevato in un canile superbo - Con quello che l’ ha pagato - Ehi Kriss, sei stupendo! Tutti questi complimenti erano sì per il cane ma detti a “nuora perché suocera intenda”! Dopo tutti questi convenevoli, ai quali avevano partecipato anche gli animali, annusandosi a vicenda per fare conoscenza, il Dott. Netti si sedette col suo cane vicino al Rompietti. Come mai? Un Capo non fa mai una cosa senza uno scopo e la ragione c’era: voleva fare coppia con lui e Sippa il giorno dopo. Si era, infatti, sparsa la voce, alimentata dal Dott. Rompietti in modo indegno, che come cacciatore se la poteva battere con chiunque, ma anche come rivendicatore dei diritti sul lavoro si era fatto un certo nome, ovviamente non apprezzato dai Capi. Quel giorno però contava solo la caccia e lo scopo del Grande Capo era quello di fare coppia con lui, in modo da prendere più selvaggina degli altri. (continua) vittorio.grechi@gmail.com


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...e poi ci troveremo, come le star, a chiacchierare con Red Ronnie al Roxy Bar! Ottobre ha portato con sé un bellissimo (e attesissimo, almeno per quello che mi riguarda!) ritorno: il Roxy Bar è tornato e con lui, ovviamente, il suo presentatore, storico giornalista musicale, Red Ronnie. Ciò che più affascina di questo ritorno è il coraggio di rimettersi in gioco con un format rodato e intrigante come quello del “Roxy Bar” (ormai leggendario per più di un motivo) su un canale estremamente moderno, nuovo e al passo con i tempi quali lo streaming online. Perché è inutile ostinarsi a voler comunicare sempre nello stesso modo quando ormai i mezzi di comunicazione si sono belli che trasformati e continuano a farlo ogni giorno che passa. Ormai da qualche anno esiste Roxy Bar Tv, canale tematico su cui vengono trasmessi programmi dedicati alla musica, tra cui anche “La Grande Onda” per il quale si richiede agli artisti emergenti di mandare un loro videoclip e una presentazione della band, che verranno mandati in onda. Per Red Ronnie “è di vitale importanza questo aspetto perché già il periodo non è dei più semplici per via della disoccupazione, se poi i giovani non hanno neanche più la possibilità di esprimere la propria arte siamo arrivati alla frutta!”. Le difficoltà sono grandi e sempre molto ben presenti, specie in questo periodo che, anche se molto stimolante (come tutti i periodi di crisi, del resto), sicuramente non è facile per nessuno. Facendo qualche domanda a Red Ronnie ci imbattiamo infatti nell’argomento topico, sempre più sulla bocca di tutti, specie in questo periodo: “Roxy Bar Tv è un’impresa straordinaria, un’esperienza che mi ha riportato alle prime radio libere, però amplificate: il raggio d’azione non è più la zona di Bologna, ma tutto il mondo, che è qualcosa di fantastico! Il sogno adesso, purtroppo, è molto reale: che i media e le aziende pubblicitarie si accorgano del grande boom di Roxy Bar e ci permettano di pagare i soldi che stiamo investendo. Può sembrare banale ma è molto reale!”. Se c’è poi un messaggio che mi ha affascinato particolarmente nella chiacchierata che ho avuto l’opportunità di fare con lui, vero e proprio mostro sacro del giornalismo musicale, è quello riguardo il mestiere che svolge e che è il sogno nel cassetto della sottoscritta.

“Io considero questo mestiere una missione: nel momento stesso in cui tu sei un tramite tra l’artista e il pubblico o tra una situazione come quella di Chico Forti e il pubblico stai lasciando passare un flusso di energia. Quindi chi desidera fare il giornalista o il conduttore non lo deve voler fare per diventare famoso, per fare soldi o per altro, ma perché sente dentro la necessità di amplificare un messaggio, dare voce a chi non ce l’ha! Se tu fai questo perché sei egocentrico o perché devi diventare famoso o perché vuoi dimostrare qualcosa a qualcuno in maniera sterile, fallirai o anche se riuscirai ad ottenere successo, sarà un successo maledetto.”. Perché il rischio dei deliri di onnipotenza e di egocentrismo malato è sempre dietro l’angolo, specie se si è piccoli ma nel proprio piccolo si è abbastanza affermati. Perché la tentazione di crogiolarsi nell’autocommiserazione è sempre più forte del bisogno di studiare, di approfondire, di documentarsi per poi essere preparati a sufficienza da sbaragliare tutti gli altri o comunque affermarsi grazie al proprio talento e al proprio impegno. Perché questo discorso si può applicare a qualsiasi ambito della vita di ognuno di noi, chi più, chi meno: non può esserci sempre e solo il pronome coniugato alla prima persona singolare al centro del nostro mondo. Dovremmo riuscire a riappropriarci della spontaneità dei bambini e della loro contagiosa sensibilità verso l’altro: non è poi così vergognoso consolare qualcuno che piange per strada con un sorriso e una pacca sulle spalle o un abbraccio. Molte volte sono proprio questi piccoli gesti di solidarietà inattesi e insperati, da qualcuno che non conosciamo o che non ci aspettiamo ci dedichi il suo tempo, che riescono a darci la forza necessaria, con la giusta empatia, per continuare sulla nostra strada. “...e poi ci troveremo, come le star, a bere del whisky al Roxy Bar”, Chiara Colasanti ma almeno non saremo soli. Errata corrige: la foto del Chiostro di Santa Cecilia che corredava il pezzo sul Jazzit Fest, pubblicata sullo scorso numero è stata scattata da Fabrizio Giammarco, per C Jam Shots. Chiedo scusa per la svista e ringrazio il fotografo per la comprensione e la gentilezza.

L’orientamento, l’occupazione e la TV Che l’orientamento scolastico si imponga più come operazione indispensabile, prima che utile, è testimoniato dalle informazioni che ‘a braccio’ infestano le TV a proposito delle professioni del futuro prossimo. Chi si diletta nello zapping non avrà fatto a meno di notare che ogni canale, in qualsiasi ora della giornata, presenta un’offerta di cucina: maestri dei fornelli impegnati in ricette improbabili, piatti fantastici a base di qualcosa che manca sempre nelle case comuni, studiosi della culinaria e ricercatori a caccia di composizioni che a nessun altro verrebbero in mente. Dunque, tutti a fare i cuochi, come se le attese del Paese e le aspirazioni dei cittadini fossero tutte concentrate a soddisfare quel pezzetto anatomico che va dalla bocca alla trachea. Poco male se tutto questo si limitasse alla sfera dello spettacolo. Il guaio è che sulle medesime basi si orienta anche l’istruzione professionale. La TV ci avverte che le scuole alberghiere vanno alla grande, e che l’offerta di lavoratori della cucina non soddisfa la richiesta del mondo del lavoro. Ma il sospetto della bufala è a portata di mano: dove andranno tutti questi cuochi se i ristoranti chiudono e le imprese non nascono? Il mistero non è neppure tanto glorioso. Il gradimento è dettato dal fatto che preparare polpettoni in TV costa poco alla produzione e prepararsi a fare i cuochi è molto meno oneroso

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che addestrarsi a fare il saldatore o il metallurgico. A breve c’è da attendersi una montagna di risorse finanziarie per riconvertire gli specialisti della tavola in addetti all’industria, con buona pace di cannelloni e pentoloni a vantaggio di cannelli ossiacetilenici e siviere. Sapere con un anticipo di tre-cinque anni cosa potrà servire allo sviluppo economico del Paese non è materia di maghi e fattucchiere, come vorrebbero farci credere, ma semplice programmazione, alla quale deve fare da supporto un orientamento scolastico che fornisca personale capace e preparato. Da noi, in Italia intendo, sembra che questa ovvia previsione contrasti con la libertà dei singoli di scegliersi l’indirizzo professionale che più li sodddisfi e viene letta come una privazione demagogica di stampo stalinista. Ogni Paese evoluto progetta, nel delineare i settori di sviluppo economico, il ricorso a professionalità che il mondo della scuola deve preoccuparsi di creare. Questo semplice connubio ha, come comune denominatore, l’orientamento e finché ne ignoreremo i vantaggi dovremo accontentarci di avere cuochi per fondere metalli, cuochi per costruire case, cuochi per assistenza medica, cuochi per insegnare, cuochi per i tribunali, cuochi… cuochi…cuochi. Giocondo Talamonti


A s s e s s o r a t o I n n o v a z i o n e P. A .

S M A RT C I T Y L’Assessore comunale all’innovazione e all’ICT, Renato Bartolini, promotore e coordinatore del progetto Smart City, parla di una città dove i cittadini utilizzano le tecnologie in maniera consapevole: una città intelligente è una città capace di coniugare innovazione tecnologica e servizi ai cittadini, di produrre Re nato Bartolin i Assessore Innovazione P.A. sviluppo per le imprese e avere insieme attenzione per le fasce più deboli della popolazione; è una città in contatto costante con il cittadino, capace di comprenderne e metterne a frutto i suggerimenti e le esigenze. Una città intelligente, una Smartcity, si può avere quando un’intera comunità beneficia di progresso e crescita. Terni come Smart-city rappresenta una nuova e avanzata prospettiva per la gestione e l’ottimizzazione dei servizi, una opportunità di crescita per tutta una comunità, per i singoli come per le imprese. Terni Smart-city è un laboratorio a dimensione di città, un grande contenitore in cui sviluppare idee, proposte, nuove tecnologie al servizio di tutti e con il contributo di tutti. Terni si presenta come la città con caratteristiche ideali per lo sviluppo della Smart-city. Infatti, tra le città aderenti all’Osservatorio Nazionale sulla Smart-City, costituito per volontà dell’ANCI – Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, Terni è stata indicata come “città pilota” per la sperimentazione di questo tipo di progetto. L’obiettivo dell’Osservatorio è quello di arrivare ad un modello italiano di Smart City, che si adatti e sia in grado di valorizzare gli assets caratterizzanti le nostre città, puntando con decisione alla dimensione dell’inclusione, sia fra i territori che all’interno delle città; il comune di Terni in qualità di promotore parteciperà alle attività dell’Osservatorio condividendone obiettivi e finalità. Il progetto Terni Smart-City sviluppa il Piano Strategico di crescita per la città, forte di alcune specificità che rendono Terni ideale per uno sviluppo omogeneo e all’avanguardia: la suddivisione in quartieri di facile mappatura, la proprietà pubblica delle reti elettriche, dell’acqua e del gas, la diffusione delle fibre ottiche su tutto il territorio, la presenza di zone industriali in via di ridefinizione nel tessuto cittadino. Nella creazione di un sistema di città modulabile e applicabile anche a differenti realtà urbanistiche e sociali, alcuni ambiti sono individuati come prioritari e già in via di sviluppo: • smart grid: evoluzione attraverso sistemi digitali della rete elettrica di Terni, sperimentazioni con partnership pubblico/ privato; • efficientamento energetico: realizzazione di un centro di ricerca, sviluppo, test, prove, certificazione nel campo dell’efficientamento energetico, in partnership con soggetti interessati e collegato in rete con i laboratori dell’Università e delle imprese; • energie rinnovabili: attività rivolte allo sviluppo nell’utilizzo di fonti rinnovabili, per la produzione di energia per le aziende e all’utenza; • mobilità sostenibile: sviluppo della e-mobility, attraverso sperimentazione sulle colonnine di ricarica veloce, individuazione di forme alternative di trasporto e organizzazione di un diverso sistema di distribuzione delle merci in ambito urbano, coerentemente con alcune delle funzioni assegnate alla realizzanda piattaforma logistica di Terni; • accesso all’energia: autonomia energetica e gestionale dell’utenza e dell’industria, sistemi di ottimizzazione dei consumi, domotica; • sistema acqua: telecontrollo, analisi e gestione della qualità delle acque, Smart meetering; • tecnologie innovative nello smaltimento dei rifiuti: polo del

riciclo e del riuso, gestione e analisi chimica del rifiuto, movimentazione rifiuti su piattaforma logistica e rotaia; • telecomunicazioni, banda larga e fibre ottiche: catasto delle reti, creazione e gestione delle infrastrutture di rete (fibra, wireless), servizi a privati e aziende. L’Assessore Renato Bartolini ricorda che l’obiettivo è quello di arrivare a gestire la città in maniera intelligente e consapevole, con politiche che fanno risparmiare energia e soldi ai cittadini, oltre che favorire iniziative che puntano al rispetto dell’ambiente.

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Assessorato Cultura Scuola e Politiche Giovanili Si m o n e Gu erra Assessore alla Cultura

Per questa edizione, Umbrialibri propone come tema La Cultura che… e ne declina alcune relazioni, quali resiste, occupa, collabora, muore, cambia, libera, imprende, connette. Se ne potrebbero aggiungere altre o sottrarne alcune, a seconda della propria percezione ed esperienza, ma non si può discutere il fatto che senza vita culturale molte riflessioni verrebbero meno e saremmo tutti un po’ più poveri, non solo di spirito. Una manifestazione culturale che sente il bisogno di darsi un titolo autoreferenziale, piuttosto che indicare un tema specifico, come è accaduto per tutte le edizioni precedenti di Umbrialibri, denuncia certamente una crisi di identità che ci riguarda come amministratori e come cittadini che non vogliono rinunciare alle proprie abitudini e attitudini culturali e soffrono come tutti di una possibile riduzione dell’offerta culturale. Umbrialibri torna anche quest’anno ad accendere un riflettore sulla contemporaneità: lo fa attraverso le molteplici narrazioni che il panorama editoriale ci offre, con la partecipazione di autori, editori, critici letterari, commentatori, lettori, donne e uomini appassionati di storie da leggere. Per quanto riguarda la cultura sarà molto importante la nuova programmazione comunitaria 2014-2020, perché crediamo nella cultura come fattore di sviluppo economico in Italia e in Europa e sulla sua capacità di innescare processi che si riverberano sulle prospettive generali, ma crediamo altrettanto importante sottolineare il suo valore intrinseco, che quanto più si sviluppa liberamente, tanto più esprime la sua forza vivificante in altri ambiti e comparti produttivi. Umbrialibri è una manifestazione che si è caratterizzata nel mantenere una forte correlazione tra la produzione culturale nazionale e quella regionale e tale peculiarità corrisponde ad una visione che vuole tenere insieme il radicamento territoriale con la tensione all’universale che è propria della cultura. In questo senso la Libreria degli editori umbri diventa nei giorni di Umbrialibri una importante vetrina delle produzioni editoriali regionali, ma anche una occasione di approfondimento e riflessione sui temi al centro della produzione libraria nel nostro Paese. Anche per mettere in evidenza la valorizzazione dei centri storici e dei luoghi della fruizione culturale quest’anno Umbrialibri si svolgerà principalmente in due strutture progettate e pensate per la promozione, la diffusione e la partecipazione culturale, Palazzo della Penna-Centro di Cultura Contemporanea a Perugia e CAOS-Centro Arti Opificio Siri a Terni. Al centro delle iniziative c’è la mostra-mercato degli editori umbri, con incontri e presentazioni delle principali novità editoriali. Il nostro auspicio, in questa difficile situazione, è di ritrovarci insieme, ad Umbrialibri, per discutere, ascoltare e riflettere, con quanti continuano ad amare la cultura e a comprare e leggere libri. La cultura che… ci spinge a volare verso orizzonti lontani.

PER INFO E AGGIORNAMENTI w w w. u m b r i a l i b r i . c o m 16


Le città possono disporre di strumenti straordinari per il controllo in tempo reale delle funzioni vitali del territorio, a patto che siano equipaggiate dei corretti supporti decisionali – in particolare di forme evolute di rappresentazione dei dati e delle informazioni – e che si attui una profonda trasformazione delle modalità organizzative, oggi ancora troppo legate a processi analogici. La Smart City diviene così una città intesa prioritariamente come insieme di reti funzionali in grado di decodificare i dati che le nuove tecnologie mettono a disposizione per interpretare la sua vocazione e scegliere il suo ruolo nella relazione con i propri cittadini. Non esistono infatti Comuni intelligenti, ma Città intelligenti che si realizzano grazie allo sforzo congiunto dell’amministrazione pubblica, dei partner privati, dei protagonisti del terzo settore, delle università, dei centri di ricerca e naturalmente di quella cittadinanza che, se messa nelle condizioni di esprimersi, si è sempre dimostrata attiva. È altresì vero che gli obiettivi che si pone una Smart City sono normalmente così ampi da rendere impensabile un'azione solitaria dell’amministrazione comunale. Serve il coinvolgimento delle utilities, che sono i reali erogatori di molti dei servizi essenziali per il cittadino e che possono incidere in misura significativa sulle performance ambientali di un territorio. In questo contesto riveste un ruolo determinante proprio l'Asm. La proposta è dunque quella di promuovere e sviluppare la Smart city partendo da una integrazione tra le progettualità già in essere di Comune di Terni e ASM Terni SpA per poi coinvolgere ulteriori progettualità, sia pubbliche che private, sviluppate con attori locali e nazionali, nella strutturazione di una serie di contenitori per lo sviluppo della Smart city, un sistema in grado di integrare servizi all’utenza, innovazione tecnologica e produzione di energia in molteplici campi. In tal senso, sono stati promossi in città gli Smarter Days, una manifestazione che dal 14 al 17 ottobre scorsi ha promosso convegni ed incontri pubblici per presentare i progetti in essere ed in divenire che permetteranno a Terni di fare un balzo nel futuro. Una manifestazione iniziata con la firma di un accordo tra Regione Umbria, Comune di Terni, Asm ed Enel per lo sviluppo della mobilità elettrica in città e terminato con il convegno sul progetto europeo Finesce (Future Internet Smart Utility Services) che vede Terni inserita come unica rappresentante italiana nel campo delle sperimentazioni nel settore “Demand Response” A fronte di queste progettualità, è stata così individuata una serie di settori e attività nei quali, a partire dalla realizzazione della base hardware necessaria al funzionamento efficiente della smart grid, si possano sviluppare una serie di progetti e servizi all’utenza in grado di realizzare una vera Smart city: smart grid: l’efficientamento e l’evoluzione della rete elettrica del Comune di Terni rappresentano la premessa di sviluppo per tutte le aree di intervento successivamente individuate. Un'operazione già messa in essere da Asm Terni. L’evoluzione della rete avviene attraverso l’utilizzo di sistemi digitali che permettono una gestione intelligente e ottimizzata dei flussi, il telecontrollo della rete e l’immediata individuazione di problematiche. Soprattutto, una maggiore caricabilità della rete permette la trasmissione di una maggiore quantità di dati attraverso di essa, sia elettrici che digitali. È in atto un processo di sostituzione delle cabine elettriche e il completamento dell’installazione, presso tutte le utenze, dei contatori digitali, in grado di permettere una gestione diretta dei consumi e dell’utenza da parte del cliente, ed un monitoraggio continuo delle stesse da parte dell’Azienda; hotspots: l'Asm propone lo sviluppo di hotspots presso alcune isole ecologiche digitalizzate sui

quali convogliare anche le reti wi-fi e in fibra ottica, nonché colonnine di monitoraggio e di ricarica elettriche. In tal modo, la città risulterà suddivisa in differenti zone che potranno essere individuate come quartieri eco-sostenibili, ognuna con il proprio centro in cui convogliare reti e servizi, nonché le operazioni di monitoraggio e sicurezza, in maniera di suddividere il territorio in una serie di isole, anche autonome dal punto di vista energetico, in grado di ordinare il traffico dei flussi e monitorarne costantemente il funzionamento. Ciò potrà essere ulteriormente implementato con i servizi dedicati alla Raccolta Differenziata; produzione energetica: la dotazione energetica del Comune di Terni può essere implementata sia con investimenti e incentivazioni sulle energie rinnovabili anche verso privati, sia con la realizzazione di alcune centrali di cogenerazione e micro-cogenerazione. Sotto questo auspicio, il Comune di Terni potrà essere così sempre più indipendente riguardo alla generazione e acquisizione di energia; bioedilizia: la progettazione sia di nuovi complessi abitativi che il recupero e l’evoluzione degli esistenti con materiali ecosostenibili e soluzioni efficienti dal punto di vista dei consumi sarà integrata da una serie di campagne d’informazione e progetti legati all’efficientamento energetico dei singoli appartamenti come degli edifici, sia pubblici che privati. Tutte le operazioni di efficientamento prevedono anche la digitalizzazione dei servizi all’utenza e operazioni di riduzione dei consumi e implementazione delle tecnologie utilizzate in grado di accedere a incentivazione; mobilità sostenibile: la micromobilità con veicoli ibridi elettrici a ricarica veloce è la soluzione per una maggiore vivibilità e integrazione negli spostamenti del centro cittadino e delle periferie. Posizionate in punti strategici, le colonnine di ricarica dei veicoli elettrici distribuiranno la possibilità di utilizzare tali mezzi su un tessuto cittadino esteso, una griglia di ricarica formata da centri in cui convergono anche gli altri servizi, dalla raccolta dei rifiuti alle isole wireless gratuite. A tal proposito è stato sancito un protocollo, come detto precedentemente, sulla mobilità elettrica che prevede l’installazione di colonnine di ricarica per veicoli elettrici. ricerca: in collaborazione con Istituti di Ricerca e Università, i prodotti e i servizi generati dalla Smart City possono essere brevettati e sviluppati all’interno di percorsi di ricerca in grado di incentivare anche il Polo Universitario locale. Si prevede la realizzazione di uno o più poli di di eccellenza per lo svluppo della Smart City legate principalmente al settore energetico e digitale. In conclusione, lo sviluppo della Smart City è sicuramente un'opportunità per l'intera città; un'opportunità che intendiamo cogliere, insieme agli altri soggetti interessati. Il processo è iniziato e la sua fase progettuale, come si è potuto leggere, è a buon punto. Insomma, si tratta di lavorare in sinergia per proiettare Terni nel futuro ed aggiungere prospettive alla nostra città. Dott. Carlo Ottone Presidente Asm Terni SpA

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Assessorato ai La riqualificazione di Piazza dell’Olmo... diventa realtà! Si l van o Ricci Assessore ai Lavori pubblici

La riqualificazione della piazza era già una delle priorità del comune. In tempi di crisi, sembrava impossibile trovare i fondi necessari per realizzare l’idea e sembrava dover così tramontare la speranza di ridare un tono nuovo a quella piazza, luogo di ritrovo giovanile e cuore popolare della città storica di Terni. Finalmente il progetto di riqualificazione ha trovato i suoi sponsor e la sua realizzazione è imminente. Il costo totale dei lavori della piazza è stato coperto dagli sponsor privati per quasi l’80%, mentre il restante 20-25% viene coperto dal Comune che, quindi, si impegna per una cifra pari a 89.000 euro. È interessante capire come si è sviluppato il progetto. Tutto è cominciato nel 2009, la piazza aveva bisogno di essere risistemata ed il Comune non aveva disponibilità di fondi per la sua riqualificazione. L’Architetto Alessio Patalocco propone all’Amministrazione Comunale l’idea di riqualificare la piazza tramite un bando di finanziamento che regolarizzasse il contributo dei privati. L’assessore ai Lavori Pubblici, Silvano Ricci, raccoglie subito la proposta e la sostiene fino in fondo sia dal punto di vista finanziario che progettuale, presentandola alla prima conferenza stampa nel Novembre 2010. Il progetto architettonico utilizza gli strumenti dell’arte e dell’architettura contemporanea per evocare la Tradizione storica. Si prevede la pedonalizzazione di quello spazio, mettendo a terra un grande “cielo stellato” (in led a basso consumo, di colore rosa), una pavimentazione in lastre di porfido, orientate di 40° rispetto al Nord in direzione di Carsulae (per ricordare le origini antiche delle nostre tradizioni popolari) e una pensilina, con sedute integrate, che si

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sviluppa come un nastro sospeso lasciando porzioni di cielo visibili dal basso e conservando gli alberi. L’aiuola centrale con le due piante rimane il simbolo della piazza e dei vecchi focaracci che i nostri nonni solevano accendere per festeggiare il giorno dell’Ascensione. Incastonate nella pavimentazione, oltre alle luci, ci saranno anche delle targhe in acciaio inox che ricordano l’impresa effettuata con i nomi degli sponsor partecipanti e dei privati cittadini che hanno voluto apporvi una dedica. Per il finanziamento il discorso è stato più complesso: alla fine sono 27 gli sponsor che hanno aderito al bando, dietro sollecitazione della società “WyGroup” di William Petrelli, una società di marketing e comunicazione, che si è occupata dei rapporti con i finanziatori. È grazie a quest’ultima che il bando ha potuto toccare le giuste corde dei finanziatori privati locali. Il loro contributo, infine, è stato versato sia in termini di fondi economici, che in termini di prestazioni di servizio, a fronte di un efficace piano pubblicitario dedicato all’azienda-sponsor. Durante questo lavoro di dialogo è emersa la realtà delle imprese ternane: pratiche, operative e spinte dal desiderio di lavorare per la propria città. Una realtà che a Terni è una vera e propria tradizione. Il progetto ha avuto riconoscimenti a livello internazionale: è stato presentato alla Biennale dello Spazio Pubblico di Roma (Maggio 2011), alla conferenza mondiale dell’Architettura svoltasi a Tokyo (Settembre 2011, insieme ad altre opere), ed è stata pubblicata in diverse riviste del settore. Quello che ha colpito di più, oltre all’impatto estetico del progetto, è stato proprio il processo basato sullo scambio tra imprese e territorio.


Lavori Pubblici Il restyling d i P i a z z a Ta c i t o Il restyling della piazza, simbolo della città di Terni, prosegue con successo. Il progetto prevede il completo rifacimento delle pavimentazioni pedonali, dei percorsi carrabili e delle reti di smaltimento delle acque piovane. Opere che riguarderanno direttamente anche l’arredo urbano, dalla sistemazione delle aiuole esistenti e delle panchine, alla creazione di un nuovo impianto di illuminazione. Il tutto, inserendo alcuni accorgimenti che permetteranno di rendere la piazza completamente accessibile alle persone non vedenti. Il progetto esecutivo per la riqualificazione riguarda la parte sud della piazza, per gran parte già pedonalizzata, che collega la fontana dell’architetto Mario Ridolfi con Corso Tacito. La superficie complessiva dell’intera piazza è di circa 7.800 mq, mentre la parte interessata dai lavori è di circa 3.500 mq. Parte della piazza è già stata sistemata a seguito della realizzazione di un parcheggio interrato privato su suolo pubblico, mentre la restante parte necessita di interventi fortemente influenzati dagli ingenti flussi di traffico presenti. La piazza è destinata per circa la metà a viabilità e parcheggi, mentre la seconda metà è per gran parte pedonalizzata tranne il lato ovest dove transitano i mezzi pubblici e il traffico veicolare che entra nella zona a traffico limitato; è caratterizzata dalla presenza di quattro aiuole rettangolari occupate da filari di lecci ed elementi di arredo urbano. Al centro della piazza si trova la più importante fontana di Terni impreziosita dai mosaici realizzati su disegno dell’artista Corrado Cagli. La fontana fu distrutta dai bombardamenti anglo americani e la sua ricostruzione iniziò nel 1951 per terminare dieci anni dopo, con l’inserimento di nuovi mosaici realizzati dallo stesso Cagli; oggi sia la fontana che i mosaici hanno bisogno di interventi di restauro, in parte in corso d’esecuzione. Si è conclusa senza problemi la prima fase per il montaggio dell’ago della fontana di Piazza Tacito. Soddisfatto l’assessore ai lavori pubblici del Comune di Terni, Silvano Ricci: Sono orgoglioso di questo intervento. L’operazione più complicata è riuscita alla perfezione. Parte della piazza è caratterizzata da un degrado generalizzato e quindi necessita di una riqualificazione complessiva che tenga conto delle esigenze funzionali legate alla viabilità che non può essere eliminata, ma solamente organizzata e strutturata in maniera più razionale. Per quanto riguarda la metà piazza per gran parte dedicata al traffico veicolare privato e pubblico, i lavori di riqualificazione vengono rimandati successivamente alla definizione di un percorso partecipativo e concorsuale che riguarderà una parte più ampia di territorio, quello che si estende a nord della piazza, in stretta relazione con quanto previsto e già in corso nell’ambito del P.I.T. e che affronterà in particolare i temi legati alla mobilità in ambito urbano. Vi è inoltre la necessità di intervenire urgentemente anche nella parte già sistemata in quanto devono migliorarsi alcuni aspetti non sufficientemente risolti, quali la pavimentazione pedonale e stradale ed

elementi di arredo urbano; il progetto stralcio si occupa di quest’ultima parte. La riqualificazione complessiva della piazza risponde alla duplice esigenza di migliorare gli aspetti architettonici ed ambientali attraverso il completamento degli interventi già iniziati in concomitanza con la realizzazione del parcheggio interrato. Inoltre gli interventi previsti si configurano come una valorizzazione del patrimonio comunale in quanto Piazza Tacito rappresenta una significativa testimonianza dell’espressione architettonica del secolo scorso.

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F r a n

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c e s c o

A s s i s i 2013

Foto Alberto Mirimao

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Cons or zio di B on Piazza E. Fermi 5 - 05100 Terni Tel. 0744. 545711 Fax 0744.545790 consorzioteverenera@pec.it teverenera@teverenera.it - www.teverenera.it

Al servizio dell’amb

Il Consorzio di Bonifica Tevere Nera è un ente di diritto pubblico costituito con D.P.R. del 31 marzo 1972. Opera sotto il controllo della Regione dell’Umbria, secondo le attribuzioni affidategli con legge regionale n. 30/04, e della Regione Lazio per la sua caratteristica di interregionalità. Il Consorzio, come ricorda il Commissario Vittorio Contessa, nell’adempimento dei compiti e delle attività assegnate, conformi alle normative nazionali ed alle linee guida dell’autorità di bacino, ha sviluppato negli anni: piani di manutenzione, progetti di sviluppo per la difesa idrogeologica del territorio, studi di miglioramento, lavori di interesse collettivo per la sicurezza dei cittadini in termini di rischi idrogeologici, opere per la disponibilità di acqua irrigua. Il Consorzio di Bonifica Tevere Nera, agendo con finanziamenti regionali, statali e propri, in tutti questi anni si è distinto per una costante ed intensa attività volta alla conservazione e tutela ambientale, in particolare: per la difesa idrogeologica del territorio (mantenimento dell’efficienza idraulica dei corsi d’acqua di pertinenza); per la disponibilità di acqua irrigua (opere indispensabili in agricoltura). Sulla base della conoscenza specifica del territorio in cui opera e delle proprie competenze, afferma Vittorio Contessa, il Consorzio collabora da anni con gli altri Enti Locali della Regione Umbria, in linea con quanto previsto dall’intesa nazionale ANCI ed Enti di Bonifica. È stato stipulato un Protocollo di Intesa con la Provincia di Terni ed Accordi di Programma con diversi Comuni del Comprensorio Consortile. Abbiamo quindi un Ente dinamico e concreto, sottolinea il Direttore Dott.ssa Carla Pagliari, espressione di un virtuoso modello consortile di utilizzo di fondi pubblici e privati. Stante la situazione della finanza pubblica, prosegue la Dott.ssa Pagliari, ci consideriamo punto di riferimento istituzionale e strumento di azione moderno ed innovativo, per l’espletamento dei servizi al cittadino. Il Consorzio Tevere Nera fa parte dell’A.N.B.I. (Associazione Nazionale Bonifiche ed Irrigazioni), insieme ad altri 125 Consorzi presenti sul territorio nazionale. Questa associazione svolge un’intensa attività di coordinamento, finalizzata al consolidamento ed allo sviluppo della cultura della bonifica e della salvaguardia del territorio. Il Commissario Contessa, nel suo intervento ad un recente convegno nazionale, ha rilanciato la necessaria collaborazione sul territorio con gli altri Enti Locali, auspicando la realizzazione di quel federalismo cooperativo, inteso come forte concertazione istituzionale tra i diversi soggetti, ciascuno per le proprie competenze. Anche per l’anno 2014 è prevista una intensa programmazione che richiederà il massimo sforzo di tutti settori dell’Ente, come ricorda la Dott.ssa Pagliari, che di seguito ne delinea il profilo organizzativo: Settore Ragioneria, Bilancio ed Economato La struttura è coordinata da un Capo Settore coadiuvato dai Vice e dai collaboratori; si occupa del controllo amministrativo-contabile dell’Ente. Il Bilancio del Consorzio è strutturato con i princìpi della contabilità finanziaria: approvato il nuovo piano di classifica dalla Regione dell’Umbria, si definisce un bilancio per centri di costo, in base alle divisioni per bacini di utenza. Il Consorzio è dotato di moderni strumenti tecnologici hardware e software per l’espletamento corretto e puntuale delle mansioni svolte. Le principali competenze del Settore quali: bilanci, tenuta del personale, contabilità, atti amministrativi, archivio, rapporti con il tesoriere, economato, ne evidenziano la strategicità in riferimento al controllo di gestione dell’Ente, comprese le verifiche per il confronto tra la spesa assegnata ed il servizio reso all’utenza. Tali processi sono finalizzati all’ottenimento della massima economicità della spesa. Settore Legale Si occupa dei contributi consortili, delle gare d’appalto, dei contratti e affari generali del Consorzio. Attualmente il maggiore impegno è per le gare d’appalto. Si è appena conclusa la gara mediante appalto integrato per l’affidamento dei lavoriper il Progetto esecutivo ed esecuzione di tutte le opere e forniture necessarie per i lavori di sistemazione idraulica del fiume Nera per la messa in sicurezza delle aree a rischio di inondazione

Vittor io C ontessa , C ommissario

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C arl a P ag l i ari , Di ret t r i ce

Barbara Leli, C


ifi c a Te v e re N er a

bi e n t e e d e i c i t t a d i n i

Orario di apertura al Pubblico Lunedì – Venerdì dalle ore 9,00 alle 13,00 Mercoledì dalle ore 15,30 alle 17,00

della conca ternana Tratto Ponte Allende - linea ferroviaria Terni-L’Aquila, III stralcio I lotto. L’importo complessivo del lavoro è pari a € 3.500.000,00. Sono in corso altre due importanti gare d’appalto: - Lavori di sistemazione idraulica del fosso di Stroncone in Comune di Terni, tratto compreso tra il ponte di Via Di Vittorio e la confluenza con il fiume Nera. 1° STRALCIO ESECUTIVO l’importo complessivo dell’appalto ammonta ad € 1.000.000,00; - Lavori di costruzione impianto di irrigazione a pioggia in destra e sinistra del fiume Tevere. Aggiornamento e completamento delle opere di adduzione di competenza statale - Lotto B. L’importo, a corpo, complessivo dell’appalto ammonta ad € 2.100.000,00. Dall’inizio dell’anno sono stati effettuati 60 affidamenti diretti in economia, riguardanti le manutenzioni: sui corsi d’acqua, agli invasi, alle strade di servizio e canali di irrigazione. Lo stesso settore si occupa delle pratiche patrimoniale e coperture assicurative. Di grande rilievo è l’attività relativa ai contributi consortili. Con professionalità e competenza il personale dell’ufficio si relaziona quotidianamente con le numerose richieste dei contribuenti. Da quest’anno il ruolo di contribuenza si effettua in house, con un risparmio di circa € 170.000. Tale importo è stato interamente utilizzato per l’esecuzione di lavori. Di rilievo è stata l’attività svolta per fronteggiare gli oltre 4.500 ricorsi presentati in Commissione Tributaria di Terni. Tutti vinti dal Consorzio. Settore Progettazione ed Esecuzione Lavori Pubblici Si occupa di progettazione ed esecuzione degli interventi di manutenzione dei corsi d’acqua demaniali; interventi realizzati con mezzi e personale consortili od in appalto. Il Settore cura tutto l’iter procedurale dal sopralluogo fino alla realizzazione del lavoro. Dopo l’emanazione della legge sulla difesa del suolo n.183/89, con l’approvazione nel 2000 dell’Autorità di Bacino del fiume Tevere della necessità di documentazione quale: Piani Straordinari e di Assetto Idrogeologico, volti al vincolo urbanistico delle aree a rischio idraulico, il Settore si è specializzato sugli studi riguardanti il rischio dei maggiori corsi d’acqua del comprensorio e nella realizzazione dei lavori di messa in sicurezza idraulica. Ciò ha reso il Consorzio un valido ed insostituibile punto di riferimento per gli altri Enti Locali (Comuni e Province). Di grande rilevanza per la collettività sono gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di strade vicinali ed interpoderali ad uso pubblico, a seguito degli accordi di programma sottoscritti con molti Comuni. Settore Irrigazione e Lavori in a.d. Le funzioni riguardano la gestione del servizio irriguo. Ciò avviene attraverso: a) la supervisione degli impianti dal punto di vista idraulico-meccanico ed elettrico. Vengono eseguite verifiche giornaliere per accertarsi del corretto funzionamento degli impianti irrigui (a scorrimento ed a pioggia), con interventi continui h 24, per rispondere alle esigenze dei cittadini. b) la progettazione, la direzione lavori ed il collaudo degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sugli impianti irrigui. Gli interventi sono realizzati in appalto anche se, per talune attività (sfalcio delle pertinenze consortili, riparazioni e realizzazione di tratti di condotte, montaggio di nuove recinzioni), si interviene direttamente con mezzi ed operai consortili. Per i lavori in amministrazione diretta, il Settore si occupa degli interventi di bonifica dei corsi d’acqua ricadenti nel comprensorio consortile. Da segnalare la progettazione di una centralina mini idro per il recupero di energia elettrica. Il Consorzio è impegnato nel piano di Protezione Civile in caso di calamità naturali per rischio idrogeologico. Per allerta meteo, tutti gli operatori consortili sono pronti h 24 per intervenire, come già accaduto nella alluvione del novembre 2005. Un Ente da sempre al servizio dell’ambiente e dei cittadini!

Ca po se t t o re lavor i

Danilo P erì, C apo s et t o re r a g i o n er i a

Vi n cen zo M arro n e, C a p o s e t t o re i r r i g a z i o n e

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Olocausto: una testimonianza inedita Premessa: Il giorno 11.10.2013 si spegneva a Roma nell’appartamento dove era agli arresti domiciliari, alla rispettabile età di cento anni, Erich Priebke responsabile insieme al suo diretto superiore Kappler dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Condannato all’ergastolo nel 1998, pena commutata nei domiciliari, causa l’età avanzata. In questi anni ha potuto circolare per Roma indisturbato, tanto da sembrare, smilzo e stempiato, uno dei tanti nonnetti che arrancano nel caos della capitale. In realtà era uno spietato assassino di una freddezza feroce e determinata. Durante la sua lunga vita non ha mai accennato al minimo pentimento dei suoi crimini, con l’unica giustificazione di essere esecutore di ordini che venivano da Hitler in persona. Freddezza ostentata durante il processo tenuto a Roma nel 1998. Tutti in questi anni sembravano essersi dimenticati di lui. Poi la morte, le polemiche sui funerali e sul luogo di sepoltura. Le vecchie ferite mai rimarginate tornano a sanguinare. Priebke rievoca il sinistro passato del Nazismo e, soprattutto, come non pensare alla Shoà. Non dimentichiamo che dei 335 martiri delle Fosse Ardeatine 75 erano ebrei romani. Sono ormai passati 70 anni da quei tragici giorni, gran parte dei sopravvissuti alle deportazioni è morta, le nuove generazioni sono nate nel dopoguerra, nel benessere. Per loro è un mondo lontano, troppo lontano, col rischio concreto che la memoria di tali eventi si perda definitivamente. Ricordare non vuol dire odiare. Proprio in questa situazione ha posto le sue basi un movimento chiamato Negazionismo che consiste o nel negare del tutto o nel ridimensionare eventi drammatici come la Shoà. Proprio per evitare tali clamorose mistificazioni voglio proporre un articolo da me pubblicato nel maggio 1994 su Murales, giornale scolastico del liceo scientifico R. Donatelli in cui insegnavo, scritto in occasione dell’uscita del celebre film Schindler’s list del bravo regista S. Spielberg. La testimonianza che propongo ai lettori ha come protagonista una persona a me cara scomparsa da più di trenta anni. Si tratta di mio padre Francesco Seri all’epoca dei fatti S.ten. del Regio esercito italiano. Testimonianza: Francesco Seri classe 1918, proveniva da una famiglia modesta originaria delle campagne del reatino. Padre ferroviere, invalido di guerra, madre esercente di un piccolo negozio di paese, aveva studiato quanto basta riuscendo a diplomarsi maestro elementare. Giovane di 22 anni gli eventi bellici lo costrinsero a maturare prima del tempo, portandone il segno per tutta la vita. Francesco fu inviato sul fronte russo prima del previsto perché, stando a quanto mi raccontò, un suo superiore non aveva gradito alcune giuste osservazioni di carattere tecnico che il tenentino gli aveva rivolto. Nel Regio esercito tali osservazioni non erano ammesse, nemmeno se giuste, così l’impudente ufficiale fu in quattro e quattr’otto impacchettato per la Russia con solo 48 ore di tempo per salutare i suoi. Tempo molto breve considerato che egli era in servizio ad Alessandria in Piemonte. Riuscito, nonostante il lungo viaggio e le ferrovie non certo ad alta velocità, a salutare i genitori che risiedevano a Cottanello (prov. Rieti), il s.ten., l’11.06.1942 partì dalla stazione di Alessandria al seguito della Divisione Ravenna, destinazione: fronte russo. Nell’album di famiglia conservo una foto scattata alla stazione con una scritta in matita sul retro: Alessandria mezz’ora prima della partenza per la Russia. Ritrae un gruppo di giovani in divisa sorridenti e all’apparenza spensierati, con tanto di fisarmonica, sullo sfondo la tradotta con i carri carichi di mezzi militari. Molti di loro non torneranno. Mentre la tradotta divorava centinaia di chilometri di strada ferrata, iniziava per il giovane un’esperienza che gli avrebbe cambiato completamente la vita. Il convoglio, dopo un viaggio lungo e scomodissimo (i soldati dovevano dividere il poco spazio disponibile con i mezzi militari caricati sui carri) arrivò nella città tedesca di Nurberg che quattro anni dopo sarebbe divenuta famosa per il celebre processo che condannò i crimini del Nazismo. La tradotta fu costretta per motivi logistici a sostare qualche giorno. Francesco colse l’occasione per fare una visita alla città, trovando il tempo di spedire una cartolina e una lettera (da me conservate nelle carte di famiglia) in cui dice che Norimberga gli sembra una metropoli, ma non sarà solo questo il motivo per cui gli rimarrà impressa nella memoria. Egli aveva già durante la notte sentiti degli spari isolati di cui non sapeva spiegare il motivo visto che la zona di guerra era ancora lontana. Durante il secondo giorno di sosta notò vicino al treno la presenza di due ragazze giovanissime, vestite di rozzo panno grigio con strisce bianche su cui erano stampati un numero e la stella di David evidenziati da una pezza

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di colore giallo. Erano juden senza ombra di dubbio. Le ragazze erano addette alla rimozione di rifiuti di ogni genere che i treni carichi di soldati lasciavano lungo la linea ferroviaria. Erano affamate. Francesco le vide frugare tra le immondizie e gli escrementi per cacciarsi in bocca chissà quale luridume, allora di istinto prese l’intera razione e la dette loro. Le ragazze accennarono ad un ringraziamento, guardandosi bene dallo smettere di spalare i rifiuti. Passò un’altra notte… altri spari isolati… perché? Il giorno seguente Francesco tentò di dialogare con le ragazze, conosceva abbastanza il tedesco, imparato in un corso di elettrotecnica frequentato dopo il diploma. Seppe dalle ragazze che erano ebree, che da mesi non avevano notizie dei genitori, che avevano rispettivamente 14 e 16 anni e che si erano conosciute nel lager. Francesco provò un senso di pietà solo a sentire queste scarne informazioni. Gli occhi delle giovani erano sbarrati, si capiva da un miglio che erano terrorizzate. Notò che le due non smettevano di lavorare nemmeno durante lo scarno colloquio e alla domanda di fermarsi un attimo risposero con un laconico ed eloquente Kaputt (parola che in lingua Yiddish, non in tedesco, significa morte) indicando con gli occhi una passerella di ferro su cui passeggiavano due sentinelle S.S. armate fino ai denti. Ecco chiarito il motivo dei colpi isolati sparati durante la notte. Se qualche deportato si fermava durante il lavoro oppure a puro capriccio delle guardie aguzzine diventava un bersaglio per esercitarsi al tiro. Macabro gioco evidenziato anche nel film di Spielberg. Un velo si è squarciato all’improvviso nell’animo di Francesco: la guerra non era più la bella avventura esaltata dalla propaganda del regime fascista, ma qualcosa di terribile, di disumano. Nei due giorni successivi continuarono i colloqui a distanza accompagnati da qualche scatola di carne e da gallette e le ragazze cercavano in tutti i modi di lavorare vicino al treno italiano. Arrivò poi il giorno della partenza. La tradotta si mise in movimento sferragliando, Francesco saluta le ragazze poi… un fatto imprevedibile… una locomotiva, incrociando il convoglio italiano, coprì con una densa colonna di fumo nero il ponte delle guardie, sottraendo le deportate allo sguardo degli aguzzini: Francesco di istinto scende, le prende per mano e le spinge sul treno. Ormai la decisione è presa, le ragazze erano a bordo del treno italiano. Mentre la tradotta lasciava la stazione di Norimberga, si sentì il rauco suono di una sirena. Le guardie si erano accorte, nonostante il fumo, della fuga, ma ormai bisognava agire. Le ragazze accolte senza difficoltà da tutti i soldati vengono rifocillate, rivestite alla meglio, rassicurate. Sono inizialmente impaurite, diffidenti per le violenze di ogni tipo subite, ma subito capirono di trovarsi tra amici. Se l’iniziativa di caricarle sul treno fu di Francesco, il resto fu opera della collaborazione e del buon cuore degli altri soldati. La ben nota efficienza tedesca non poteva lasciarsi ingannare così facilmente e di lì a poco la risposta. Dopo sette ore il treno venne fermato, sale a bordo un ufficiale delle SS, vuole un’ispezione subito… niente da fare, nessuna ispezione senza l’ordine scritto del comando italiano, ribatte deciso il s.ten. Francesco Seri… segue un aspro diverbio nel quale l’ufficiale tedesco viene spedito a quel paese nella sua madrelingua dal parigrado italiano. Un ufficiale della Wermacht assiste alla scena senza intervenire e abbozza un sorrisetto di malcelata soddisfazione. Non correva buon sangue tra le SS e la Wermacht. L’efficienza germanica non si arrende e con un aereo arriva anche l’autorizzazione del comando italiano. La tradotta venne fermata una seconda volta in territorio polacco e stavolta non si può fare nulla che ubbidire agli ordini, ma ancora una volta il “genio italico” firma il suo ennesimo capolavoro. Le due ragazze vengono nascoste non so come sotto il motore di un camion e coperte da due casse di attrezzi. Il piccolo drappello delle SS sceso baldanzoso dall’aereo, passa al setaccio il treno… ma niente da fare… delle fuggitive nessuna traccia. L’inventiva ha trionfato sulla tecnologia! La tradotta proseguì il suo viaggio verso il fronte, le fuggitive non possono più stare sul treno, è ormai il momento di separarsi. Vengono fatte scendere in territorio russo occupato in una stazione vicina a Minsk, ora capitale della Bielorussia. Sono salve, hanno imparato a sorridere e soprattutto convinte che la guerra non fa solo affiorare i lati peggiori dell’uomo. Il treno fermo nella pianura russa, due ragazze che sbracciano felici verso i militari italiani, poi una corsa per i campi… un fischio, uno strattone, il treno riprende la sua corsa portando Francesco e i suoi commilitoni verso il fronte. Questo è l’ultima immagine che mio padre ricordava delle due giovani ebree, le cui vite si incrociarono per caso con la sua, lasciando una traccia indelebile. Non ricordo il nome delle due, non so se siano sopravvissute…io preferisco pensare di sì…. Pierluigi Seri


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Mentre i laboratori teatrali di Progetto Mandela rimangono chiusi in attesa di trovare una soluzione ai tanti problemi che ne impediscono il funzionamento (logistici, finanziari e di disinteresse istituzionale), l'Associazione “Progetto...” continua a proporre iniziative, corsi e collaborazioni all'insegna dell'impegno e dell'innovazione.

YES - TR, Young European Students - Terni Radio Grazie a un finanziamento della Commissione Europea nell'ambito del Progetto “Youth in action” si stanno svolgendo i laboratori di formazione alla realizzazione di una Web Radio che si occuperà di dare spazio alle tematiche dei giovani. I laboratori attivati sono: - Speakeraggio - Registrazione, montaggio e post-produzione audio - Palinsesto, redazione e produzione

I laboratori si svolgono in Via Camporeali 1 (retro del Liceo Scientifico Galilei) nei giorni mercoledì dalle 15.30 alle 17.00 e venerdì dalle ore 15.00 alle i17.00. Sono gratuiti ed aperti a tutti i giovani dai 16 ai 30 anni.

Partecipazione a Umbrialibri dal 15 al 17 novembre al CAOS Terni

Lungo cammino verso la libertà

La c u l t u ra c h e c o n d i v i d e

Inizia il 19 novembre, alle ore 15.15, all'Auditorium di Palazzo Primavera di Terni, per il 14° anno consecutivo, il corso che il Centro per i Diritti Umani propone alla cittadinanza e in particolare agli studenti delle classi 5° degli istituti superiori della Provincia. Perché educare ai diritti umani? Perché educare significa proporre dei valori e i diritti umani sono i valori fondamentali di ogni convivenza democratica e unica garanzia di pace. Solo se essi vengono conosciuti si può sperare che vengano rispettati. Non è certo un caso che l’educazione ai diritti umani è raccomandata dall’Art. 26 della Dichiarazione universale: L’educazione deve essere rivolta al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. In questa ottica il corso Lungo cammino verso la libertà affronta in 22 incontri la nascita e lo sviluppo dei Diritti Umani nel mondo occidentale a partire dalla civiltà greca fino ad oggi. Vengono esaminati tutti i documenti fondamentali quali carte, dichiarazioni, patti internazionali e ricostruiti con l’aiuto di filmati storici e di fiction le principali violazioni dei Diritti Umani nella storia.

Ogni giorno, dal 15 al 17 novembre, fino alle ore 18.00, al Caos, nell'ambito di Umbrialibri, il Progetto organizza una staffetta di scrittura collettiva di corti teatrali. Dati un tema, una situazione ed alcuni oggetti, tutti possono contribuire direttamente, dalla postazione del Progetto e

anche on-line, a sviluppare un corto teatrale che verrà rappresentato in forma di lettura al termine della giornata dalle ore 19.00 alle ore 20.00 al FAT. I corti saranno inoltre pubblicati sul sito de “il Progetto” e verranno successivamente registrati e trasmessi dalla Web-Radio YES–TR Young European–Terni Radio che, grazie al finanziamento del Programma Youth in action, è in fase di preparazione e andrà in rete a partire da gennaio 2014.

Corso introduttivo sui diritti umani e le loro violazioni

Primi incontri: 1° MODULO I Diritti Umani: definizioni e storia 19 novembre 2013 - 1° Incontro CHE COSA SONO E QUALI SONO I DIRITTI UMANI. IL DIBATTITO TEORICO SULLA LORO UNIVERSALITÀ: Un imperialismo dei diritti umani? 26 novembre 2013 - 2° Incontro I DIRITTI UMANI NELLA STORIA, PARTE I: Dall'antichità al 1600, da Socrate al Bill of Rights (1689). 3 dicembre 2013 - 3° Incontro I DIRITTI UMANI NELLA STORIA, PARTE II: Dal 1700 al 1800, dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e del cittadino (1789) al Programma di Erfurt e alla Rerum Novarum (1891). 10 dicembre 2013 - 4° Incontro I DIRITTI UMANI NELLA STORIA, PARTE III: Il '900, dai 14 punti di Wilson (1918) alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948).

V i a N a r n i 5 4 Te r n i 0744 074 4 / 8 1 3 6 5 5 - w w. s i m a c a f f e . i t 26

17 dicembre 2013 - 5° Incontro I DIRITTI UMANI NELLA STORIA, PARTE IV: Il Patto su diritti civili e politici e il Patto sui diritti economici, sociali e culturali (1966), la Convenzione europea (1950), la Carta africana (1981), la Dichiarazione del Cairo dei diritti dell'uomo nell'Islam (1990) e la Carta araba dei diritti dell'uomo (1994).


Lettera sulla tolleranza John Locke (1632-1704) I parte Composta durante l’esilio per motivi politici in Olanda nel 1685, pubblicata anonima nel 1690, la Lettera sulla tolleranza rappresenta un punto di riferimento indispensabile per chiunque, anche oggi, consideri la libertà di coscienza e la separazione tra stato e chiesa il fondamento di una società laica e democratica. Già all’inizio dell’opera Locke tiene a precisare che ...la tolleranza reciproca tra cristiani... la ritengo il principale distintivo della vera chiesa... se dobbiamo prestar fede al Vangelo e agli Apostoli, nessuno può essere cristiano senza carità e senza fede che agisce con l’amore e non con la forza... che qualcuno voglia che un’anima, la cui salvezza egli intensamente desidera, spiri tra i tormenti, quando per giunta non è ancora convertita, mi stupisce davvero... nessuno può pensare che un tale comportamento derivi dall’amore, dalla benevolenza, dalla carità. E, a proposito, fa notare anche una contraddizione: coloro che col pretesto della religione bruciano, torturano e perseguitano, perché non puniscono i loro parenti e amici che peccano continuamente contro il Vangelo? La convinzione che sta alla base della sua trattazione la esprime in una frase che sintetizza tutta l’essenza della tolleranza: ognuno è ortodosso a se stesso, cioè ognuno crede di possedere la vera religione, ma proprio per questo non è autorizzato ad imporla agli altri con la forza e la violenza. Per evitare ogni forma di intolleranza Locke cerca di mettere a punto i diversi compiti della chiesa e dello stato: Ritengo che si debba innanzi tutto fare distinzione tra materia civile e religiosa e che si debbano fissare convenientemente i confini tra chiesa e stato. E cerca di definire le due entità con le rispettive caratteristiche: Lo stato è, a mio modo di vedere, una società umana costituita unicamente al fine della conservazione e della promozione dei beni civili. Chiamo beni civili la vita, la libertà, l’integrità fisica, l’assenza di dolore e la proprietà degli oggetti esterni come terre, denaro, mobili ecc. C’è dietro questa definizione la dottrina giusnaturalistica dei diritti che spettano per natura ad ogni individuo e l’origine contrattualistica dello stato, che sono a fondamento dell’ideologia liberale, secondo la quale il magistrato, cioè il rappresentante del potere politico, deve: conservare sana e salva una giusta proprietà di questi beni, che riguardano questa vita, per tutto il popolo in generale e per ogni singolo suddito in particolare, mediante leggi valide ugualmente per tutti e se qualcuno vuole violarle, contro il giusto e il lecito, la sua audacia deve essere frenata dal timore della pena, che consiste nella sottrazione o nella diminuzione di quei beni, di cui altrimenti egli avrebbe potuto e dovuto fruire. Dunque il magistrato civile deve occuparsi di questi beni e solo di essi, non della salvezza delle anime per due precisi motivi: né Dio, né gli altri uomini hanno affidato al magistrato civile l’autorità di costringere altri ad abbracciare una religione e inoltre, visto che l’autorità del magistrato consiste interamente nella costrizione, essendo la fede una libera scelta interiore, essa non può essere costretta da nessuno: Questo dunque è ciò che affermo: che l’autorità civile non deve prescrivere con legge civile articoli di fede o dogmi o forme del culto divino. Per misurare la distanza tra questa concezione liberale della funzione dell’autorità civile e quella interventista teorizzata dalla Chiesa cattolica e da Lutero vorrei riportare alcuni passi non tanto dei rappresentanti dell’Inquisizione cattolica ormai ben conosciuti, ma quelli, forse meno conosciuti ma ugualmente intolleranti, di Lutero: Un principe secolare non deve sopportare che i suoi sudditi siano indotti alla discordia da predicatori rivali, discordia dalla quale si potrebbero temere tumulti e fazioni, ma in una località deve esservi una sola specie di predicazione ... I principi e le autorità civili hanno il potere e il dovere di abolire i culti illegittimi e di stabilire invece l’insegnamento e il culto ortodosso e ancora Chi bestemmia Dio deve essere messo a morte... i principi non devono soltanto proteggere i loro sudditi nei loro beni e nella vita corporale, ma la loro funzione più essenziale è di favorire l’onore di Dio e di reprimere la bestemmia e l’idolatria. Fissati questi punti essenziali sulla concezione dello stato, Locke si chiede che cosa sia la chiesa: La chiesa è una libera società di uomini che si uniscono volontariamente per adorare pubblicamente Dio nel modo che credono gradito alla divinità al fine della salvezza delle anime. Dico che è una società libera e volontaria. Nessuno nasce membro di una chiesa; altrimenti ciascuno erediterebbe, insieme alle terre, la religione dei padri e degli antenati e ciascuno sarebbe debitore della fede ai suoi natali: che è la cosa più assurda

Nella storia dei diritti umani ci sono due opere che hanno segnato in maniera indelebile il progresso dell’umanità: la Lettera sulla tolleranza di John Locke e il Trattato sulla tolleranza di Voltaire. Consapevole che, purtroppo, le nuove generazioni non hanno molta dimestichezza con questi due testi, ho approfittato dello spazio che La Pagina mi mette a disposizione per esporre in modo chiaro e semplice i contenuti di queste due opere che ci accompagneranno per varie puntate. Spero che la loro conoscenza sia un efficace antidoto rispetto ad un’attualità nella quale sono tornati tutti i fantasmi del secolo passato sotto forma di fanatismi, fondamentalismi, integralismi, soprattutto religiosi e politici, con il corollario di violenza che si trascinano dietro. che si possa immaginare, in quanto la fede religiosa è una libera scelta di ogni individuo. Dal momento però che nessuna società può sussistere se è priva di regole, anche la chiesa deve darsene di proprie e occorre perciò definire ora quali leggi reggono una chiesa. La risposta di Locke è che ciascuna chiesa si dà liberamente le regole che stabiliscono i suoi adepti. C’è qui una critica esplicita sia all’anglicanesino, religione di stato, che si reggeva sulla autorità dei vescovi sia alla chiesa calvinista presbiteriana che prevedeva l’autorità del presbiterio o Consiglio degli anziani, in quanto fanno entrambe risalire la loro autorità non ai loro adepti ma agli Apostoli, da cui discenderebbe per continuità ininterrotta. A questo punto Locke si rifà anche lui alla storia e afferma: ...chiedo che mi si mostri l’editto in cui Cristo ha fissato alla sua chiesa questa legge, editto che naturalmente non c’è. Allora la soluzione è solo una dal momento che i dissensi su chi deve reggere la chiesa sono molti, che ci sia libertà nello scegliere i reggitori. In tal modo Locke passa da una concezione sacrale e teologica della chiesa a una concezione pluralista, che vede coesistere più chiese liberamente costituitesi. Tuttavia egli è convinto che invece di voler imporre le proprie interpretazioni da parte delle singole chiese, sancendole con leggi ecclesiastiche, occorre trovare nel Cristianesimo un nucleo di verità che sono nella Scrittura necessarie assolutamente alla professione del Cristianesimo ad es. il carattere di messia di Cristo e l’amore per il prossimo: chi richiede per la comunità ecclesiale condizioni che Cristo non ha richiesto per la vita eterna, costituisce forse per sua comodità una società adatta alle sue opinioni e al suo utile. L’utile comprende le regole e i dogmi che spesso giustificano la violenza contro chi non li condivide, vedi Calvino che nel Defensio ortodoxae fidei sosteneva, prendendo spunto dalla esecuzione di Michele Serveto, la necessità di difendere la retta fede, la sua, dagli eretici con la pena di morte. Ma questo, fa notare Locke, non è scritto nel Vangelo che: attesta in vari passi che i veri discepoli di Cristo devono aspettarsi e subire le persecuzioni; mentre che la vera chiesa di Cristo debba perseguitare o non dar tregua ad altri, o costringerli con la violenza, col ferro e con le fiamme ad abbracciare la sua fede ed i suoi dogmi, non ricordo di averlo letto in alcun luogo del Nuovo Testamento. È questo della coerenza al Vangelo l’argomento principe di tutti coloro che hanno lottato contro l’intolleranza e la violenza della chiesa cristiana. Dunque nessuna intolleranza da parte delle chiese? Non è proprio così, infatti, essendo le chiese associazioni private secondo Locke: nessuna chiesa è tenuta a mantenere nel suo seno in nome della tolleranza uno che, nonostante le ammonizioni continua ostinatamente a peccare contro le leggi stabilite in quella società. Questo è però possibile se si rispettano due condizioni: in primo luogo ...bisogna fare attenzione a non aggiungere al decreto di scomunica un’offesa verbale o un’azione violenta..., in secondo luogo ...la scomunica non toglie, né può togliere allo scomunicato niente dei suoi beni civili, o dei beni che possedeva in privato. Qui Locke conferma la sua opinione che nello stato liberale la diversità di opinioni religiose non può intaccare il diritto alla proprietà e specifica che: nessun privato deve danneggiare o diminuire in alcun modo i beni di un altro per il fatto che quello si professa estraneo alla sua religione e ai suoi riti. Tutti i diritti che gli appartengono come uomo e come cittadino devono essergli conservati come sacrosanti. Quindi tolleranza civile ma non tolleranza ecclesiastica ed è questa una posizione comune a molti sostenitori della tolleranza di del Cinque-seicento, vedi Bayle.

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Paolo Campanella : la sua personalità, il suo pensiero

Nel corso dell’evento dedicato a Paolo Campanella del 12 ottobre scorso, invitato a parlare da Nicoletta, figlia di Paolo, ho ritenuto opportuno soffermarmi su tre aspetti, che a mio avviso caratterizzano la sua personalità e che, in qualche modo, si inseriscono compiutamente nel quadro che di lui è emerso nel corso del Convegno. Il primo elemento di riflessione riguarda la sua formazione intellettuale. È importante soffermarsi su questo aspetto, poiché, se di Paolo Campanella viene spesso messa in evidenza la sua azione politica, le sue capacità strategiche, imprenditoriali ed anche perché, in un momento storico in cui la dimensione intellettuale e culturale di un politico cattolico era poco considerata, se non addirittura ostacolata, non deve sfuggire l’insistenza di Paolo sulla importanza della formazione intellettuale. Laureato in Economia e Commercio con una tesi in storia dell’economia, impiantata con il professor Amintore Fanfani, Paolo intese da una parte rafforzare e perfezionare la sua formazione economica e dall’altra quella di acquisire su solide basi una conoscenza della “dottrina sociale cristiana”, esigenza questa che ha soddisfatto non solo studiando personalmente ma riferendosi anche a studiosi di primo piano, come è il caso del gesuita padre Gian Paolo Salvini direttore della “Civiltà Cattolica”, che rimarrà poi un amico per tutta la vita: Campanella aveva ben compreso che in un momento storico in cui nella cultura di sinistra era in atto l’ampio dibattito sul gramscismo e su vie nuove della riflessione politologica di sinistra, era di somma importanza individuare le strutture fondamentali di una azione politica ispirata ai fondamenti del pensiero cristiano e ampiamente sostenuta da ragioni anche teoriche. Chi scrive ricorda bene le tante discussioni su questi temi, che si evidenziavano poi nel modo di impostare un intervento in Consiglio Comunale a Narni o altrove. Il secondo aspetto della personalità di Paolo che mi preme sottolineare è lo spessore umano e la capacità di ascolto che egli esprimeva; sia come uomo politico che come imprenditore e come presidente dell’ AGEMOS egli aveva modo di intrattenere vari rapporti e confronti; il suo stile era sempre quello del dialogo e dalla individuazione di argomenti che portassero alla convergenza delle intenzioni. Un problema apparentemente irrisolvibile si risolveva, alla fine, dopo aver visto tutti gli aspetti di cui si componeva; era faticoso, e Paolo lo capiva benissimo, intrattenere la via del dialogo ma egli la praticava con una coerenza rimasta proverbiale. L’avversario politico non era mai il nemico da abbattere o da indebolire con ragioni estranee ai contenuti dei problemi; era sul piano delle ragioni che doveva essere tenuto il tenore del confronto, tenendo sempre presente che la politica ha come scopo -glielo insegnava la dottrina sociale della Chiesail bene comune, il rispetto della persona quale valore anteriore ad ogni altra possibile formazione a partire dallo Stato stesso. Infine, come terza riflessione desidero avanzare la proposta di una definizione della sua personalità: l’indole di Paolo era quella di un gentiluomo proprietario di campagna. Questa formula non vuole avere nulla di riduttivo né tanto meno la volontà di incasellarlo in un “tipo ideale” come la sociologia o l’antropologia sono solite fare; per me l’accento batte sul temine campagna ed in modo più esteso sulla terra. Intendo dire che Paolo incarnava i comportamenti di tante generazioni passate (esemplari per lui gli uomini della sua famiglia di origine), che si erano formate alla luce di un’etica che era quella del rispetto dei valori fondamentali del rapporto dell’uomo con la natura, con i suoi tempi, con le sue dimensioni, con quanto di sempre pericoloso comporta il confronto con essa, con la consapevolezza che l’uomo costruisce ma che, alla fine, non dipende solo da lui raggiungere il risultato, perché c’è sempre l’apporto di tante persone che collaborano, che si confrontano e da ultimo è la volontà di Dio quella che trionfa. Da questo punto di vista Paolo Campanella è stato un politico cristiano che ha ancora tanto da insegnarci. Roberto Stopponi

Poco dopo un anno dalla scomparsa di Paolo Campanella, lo scorso 12 ottobre a Narni, nella Chiesa di San Francesco, si è tenuta una commemorazione pubblica in sua memoria, seguita da un Convegno a Palazzo Eroli, con il quale si è voluto ricordare il personaggio narnese stimato ed amato per il suo spessore morale ed intellettuale, le sue capacità di uomo politico libero e di manager illuminato che tanto ha dato al nostro territorio e al Paese, realizzando progetti e facendo del bene alla gente, per più di quaranta anni di vita attiva a cominciare dai primi del Settanta, quando iniziò a militare nella Democrazia Cristiana. La Chiesa di San Francesco, dove Monsignor Giorgio Brodoloni ha celebrato la Santa Messa, e le sale di Palazzo Eroli erano gremite di persone e di personalità locali e giunte da ogni regione, in quanto Paolo Campanella, per trenta anni, ha svolto attività sindacale nel settore della distribuzione del tabacco in Italia, diventando il leader maximo dell’Associazione Gestori dei Generi del Monopolio di Stato di cui è stato il Presidente e l’artefice di tanti successi, per ventitré anni. Come al funerale, anche in questa circostanza siamo rimasti ammirati dalla partecipazione sentita e commossa di tanti amici, tra loro diversi per ambiente, estrazione sociale e geografica, che erano lì per unirsi amorevolmente “intorno a Paolo”. Sui loro volti c’era l’espressione del sentimento di chi vive ancora la presenza di quell’uomo che gli è stato amico e di chi si appella a lui con gratitudine perché lo resti oltre il tempo. Hanno presenziato, l’ex Presidente della Carit, Terenzio Malvetani, intervenuto con fervore trascinante per dare di Paolo Campanella il ritratto dell’uomo dai mille talenti, il Presidente della Fondazione Carit, Mario Fornaci, l’Avv. Renzo Nicolini, Alberto Cari, Franco Novelli, Maurizio Battistelli, Carlo Capotosti, Edoardo Mazzocchi, Carla Pagliari, esponenti del mondo del tabacco, tra questi il Segretario generale dell’Ecomap, Marcello Carfagna, l’amico fraterno e il compagno ideale nel lungo percorso coronato da iniziative costruttive e imprese vincenti, sino alla fine. A Paolo, che nell’intera esistenza ha operato per il bene comune e con il sorriso e la capacità di “attendere il momento favorevole” è quasi sempre riuscito a tessere conciliazioni nelle situazioni più aspre e contrastanti, non si poteva dedicare dono più giusto di quella atmosfera piena d’armonia, informale ma composta, semplice, niente affatto celebrativa e molto accogliente, amplificatasi con entusiasmo emotivo nel corso del Convegno. A presiederlo Valentino Benedetti che, dopo un saluto carico di emozioni, ha parlato dell’amico attraverso sketches evocativi e poi ha ceduto la parola a Gabriele Benedetti. Sono seguiti gli interventi di Francesco Bussetti, l’avversario sul campo nei venti anni di Consiglio Comunale a Narni, dell’On. Maurizio Ronconi che ha ricordato il sostegno tecnico e pubblicistico ricevuto da Campanella, quando nel 2001 era al Senato come Presidente della Commissione agricoltura, quindi dell’On. Renzo Patria e dell’On. Franco Tolotti, rispettivamente Presidente Comm. VI Finanze nella XIV legislatura e Vice presidente Comm. VI Finanze nella XV legislatura che, con un messaggio congiunto, inviato in loro vece a causa di sopraggiunti contrattempi personali, hanno sottolineato il ruolo di Campanella quale membro attivo della Federazione europea della Categoria distributori tabacco lavorato e cioè quando ebbe l’opportunità di svolgere una incisiva azione, sempre rispettosa della legalità, in sede di Commissione e di Parlamento europeo. Dopo il saluto molto partecipato del Sindaco Francesco De Rebotti -alla presenza in sala di tre ex sindaci: Luciano Costantini, Giulio Cesare Proietti e Luigi Annesi-, il Professor Roberto Stopponi ha presentato l’Archivio storico di Paolo Campanella che la figlia Nicoletta, raccogliendone l’eredità, ha deciso di aprire al pubblico perché venga visitato, consultato e reso vivo con iniziative di studio. Un filmato, appositamente realizzato dalla Nicla Edizioni, ne ha mostrato i contenuti simbolici. Sul perché dell’iniziativa Nicoletta Campanella si è espressa in questi termini: Ho voluto mantenere la promessa fatta a mio padre, in tempi non sospetti, di dedicarmi a dare un ordine al suo archivio, quando negli ultimi anni si crucciava per non avere il tempo di farlo lui stesso come avrebbe voluto. Coltivare la memoria è un valore edificante che lui mi ha trasmesso attraverso l’esempio ed io desidero onorarlo. Nel corso di oltre quaranta anni di vita pubblica Paolo Campanella ha creato il suo archivio particolare e ricco, che adesso la neonata associazione “Gli Amici di Paolo” avrà cura di valorizzare. L’associazione “Gli Amici di Paolo” è l’ultima sfida di impegno civile lanciata dagli amici in nome di Paolo. Qui sotto i contatti per ricevere informazioni in merito all’Archivio Paolo Campanella e per aderire all’Associazione “Gli Amici di Paolo”: Cellulare: 335 66 99 313 e-mail: paolocampanella@nicamsrl.com

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FA B U L AE BU Parte seconda

C’era una volta una regina, tanto bella da sostenere di essere più bella di tutte le fate del mare. Esse, offese, si rivolsero al loro sovrano per chiedere vendetta. Costui inviò allora un ferocissimo mostro nelle città della regina perché ne tormentasse gli abitanti. Il mostro sarebbe andato via solo se gli fosse stata offerta la figlia della regina, una principessa bella come la madre ma assai più modesta. Venne legata ad una roccia e, proprio quando il mostro stava per sopraggiungere, arrivò uno splendido principe. Egli credette inizialmente che la fanciulla fosse una statua di marmo, tanto era bella, ma poi, vedendola piangere, si rese conto di trovarsi davanti ad una donna. Quando il principe ebbe conosciuto la sua storia, corse nel palazzo a chiedere ai genitori della fanciulla la sua mano, quindi tornò da lei, uccise il mostro, la liberò e la fece sua sposa. Questa è una fiaba? No, è il mito di Andromeda e Perseo. La fiaba, infatti, è la “figlia” del mito. Vi sono addirittura studiosi che non esitano a definire fiabe alcuni racconti de “L’asino d’oro” di Apuleio quale quello di Amore e Psiche, che fa certamente parte della mitologia classica. D’altra parte, c’è anche chi preferisce definire novelle queste storie. Nasce come racconto popolare; si noti che i personaggi sono spesso di bassa estrazione sociale.

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Nelle fiabe possiamo individuare i problemi della società ed i desideri degli uomini dell’epoca. Basti pensare che i protagonisti sono spesso fratelli minori, orfani o poveri, ovvero i più disagiati. E questo non solo in Europa: anche nelle fiabe, ad esempio, africane i personaggi principali sono persone in difficoltà: cito il caso della fiaba “Le due gobbe”, una delle tante selezionate da padre Lino Ballarin, missionario in Senegal, all’inizio del secolo scorso. Le protagoniste sono le due mogli di un uomo, entrambe gobbe ma l’una dolce e buona e l’altra sgarbata e maldicente. Degli spiriti allora consigliarono alla prima come eliminare il suo difetto fisico e la seconda, cercando di imitarla, si trovò ad avere addirittura due gobbe. Infatti, nelle fiabe sono sempre i buoni sentimenti ad essere premiati, non la ricchezza o la bellezza (utile solo se accompagnata dalla gentilezza). Tutto il contrario del mito, in cui a trionfare è sempre il calòs kai agathòs, bello e, di conseguenza, buono. E ci sono miti in cui i protagonisti non siano di nobili origini? Persino Eumeo, il fedele porcaio di Odisseo, è figlio di un uomo illustre! Gli “eroi” della fiaba, invece, hanno spesso difetti e, a differenza del mito, che ha frequentemente una conclusione tragica, la fiaba vanta quasi sempre un lieto fine (con le dovute eccezioni: escludendo i racconti di Andersen, relativamente moderni e ispirati dalle amare esperienze dell’autore, si possono citare le fiabe del Trentino-Alto Adige, che trattano degli infelici amori tra gli umani e le Selvane, creature dei boschi inizialmente rapite dagli umani e poi destinate ad abbandonare dopo pochi anni di felice convivenza i loro mariti per tornare a casa). La fiaba è caratterizzata inoltre dalla presenza di elementi magici: dalla fata ai frutti magici, tutto concorre ad aiutare o a sfavorire il protagonista, il quale è generalmente un giovane. Propp, studioso russo del ‘900, analizzando varie fiabe ha individuato quelle che vengono chiamate funzioni della fiaba. Fra esse spiccano ad esempio l’allontanamento, il divieto, l’infrazione, il danneggiamento, il tranello e tante varie peripezie che portano ad uno scontro finale al seguito del quale si verifica l’inserimento nella società del protagonista, ormai maturato, mediante il matrimonio, la conquista del potere o comunque il raggiungimento dei propri obiettivi. Per questo la fiaba è spesso definita un racconto di formazione. La fiaba oggi è vista frequentemente come un genere adatto ai bambini, ma non è nata per questo scopo. Prima di tutto, infatti, bisogna ricordare che le fiabe che oggi leggiamo sono ampiamente rielaborate e adattate all’infanzia, eliminando ad esempio dettagli macabri presenti nelle versioni originali. Se ascoltiamo ad esempio una qualunque fiaba tradizionale (senza dunque rielaborazioni come possono essere ad esempio quelle dei fratelli Grimm) si rimane colpiti dalle atroci punizioni che spettano agli antagonisti. Addirittura, leggendo “Sole, Luna e Talia” nel Pentamerone, raccolta di fiabe di Giambattista Basile, troviamo una Bella addormentata che anziché essere baciata dal principe viene da lui violentata nel sonno e svegliata solo da uno dei bambini nati in seguito a tale fatto. Attualmente, grazie all’interesse per le tradizioni popolari nato nel periodo romantico ed in seguito ai lavori effettuati da studiosi e missionari in tutti i continenti, si può notare non solo che le funzioni individuate da Propp sono presenti in tutti i tipi di fiaba, ma anche che, nei vari Paesi, troviamo racconti praticamente identici. Fiabe come Cenerentola sono raccontate in tutto il mondo, magari sostituendo una scarpetta di cristallo con una pantofola. Per questo molti studiosi suppongono che tali racconti abbiano avuto un’unica origine geografica, probabilmente l’India, e che solo in seguito si siano diffusi nei vari continenti. Secondo altri le fiabe sono ispirate dai pericolosi riti di passaggio che i giovani delle civiltà preistoriche dovevano (e presso alcune popolazioni devono ancora) affrontare, mentre per alcuni psicoanalisti, fra i quali spicca Sigmund Freud, esse nascono dalla rielaborazione dei sogni: ipotesi che sottolinea quanto questo genere di racconti rifletta le angosce, i disagi e i problemi di una certa popolazione. Maria Vittoria Petrioli


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A Z I EN DA O S P EDA LI ERA

S.S. ENDOSCOP

Dr. Anselmo Della Spoletina Responsabile S. S. Endoscopia Digestiva A z ien d a O s p e d a lie r a “S. Mar ia” di Te r ni

La struttura di Endoscopia Digestiva inizia la sua attività in area chirurgica nel 1977 con una chiara vocazione di servizio di secondo livello ad alta specialità. Dal 1980 attiva la reperibilità 24 ore su 24 notturna e festiva per le urgenze e negli anni compresi tra il 1985 il 1990 amplia la sua attività di diagnostica gastroenterologia con l’apertura dell’ambulatorio di fisiopatologia digestiva (ecografia - manometria esofago e retto - pH-metria esofagea - ecoendoscopia). Nel 1987, primo in Umbria e tra i primi in Italia, passa all’utilizzo esclusivo della tecnologia elettronica di videoendoscopia orientandosi verso uno sviluppo tecnologico che è passato dall’utilizzo di aggiornati software gestionali (1994) fino all’innovativo sistema di sterilizzazione degli strumenti del 1997. In generale nell’ambito dell’attività diagnostica svolta dal servizio di Endoscopia Digestiva, oltre ad esami di primo livello come gastroscopia e colonscopia, vengono regolarmente effettuati alcuni esami di tipo prettamente ospedaliero con tecniche di secondo livello. Oltre all’attività diagnostica di particolare interesse è l’attività clinica rivolta a pazienti con particolari patologie intestinali, intolleranze e malassorbimenti alimentari tra cui la celiachia. L’attività 2012 registra circa 9.000 esami di cui circa 1.300 di chirurgia endoscopica (asportazione polipi, asportazione calcoli vie biliari, dilatazione stenosi, trattamenti Laser, apposizione protesi per alimentazione, trattamento emorragie digestive…). In fase di grande sviluppo è l’attività superspecialistica di ecoendoscopia per lo studio dei tumori in fase pre e postoperatoria. Oggi gli esami diagnostici comunemente più richiesti sono la gastroscopia e la colonscopia (esami visivi rispettivamente di esofago, stomaco e duodeno e del coon o intestino crasso, con possibilità di prelievo o biopsia e trattamenti terapeutici); la colangio-pancreatografia retrograda perendoscopica o ERCP, una procedura utilizzata nella diagnosi e nella cura di alcune malattie dei dotti biliari, della cistifellea e del pancreas; l’Ecografia Endoscopica (EUS), una metodica mini-invasiva che unisce in sé i vantaggi dell'ecografia e dell'endoscopia, con la possibilità di visualizzare in dettaglio la parete del tratto gastroenterico e la capacità di evidenziare lesioni extra-luminali o delle strutture circostanti. Inoltre, tra le attività svolte del servizio di Endoscopia Digestiva, riveste un ruolo determinante il posizionamento mediante tecnica endoscopica della Gastrostomia Percutanea Endoscopica (PEG) un dispositivo per collegare la cavità gastrica con l’esterno, mediante un tubicino di 5-7 mm di diametro, per permettere l’immissione di cibi e liquidi (nutrizione enterale) e di farmaci, in soggetti che hanno difficoltà o impedimento a deglutire. La tecnica è universalmente riconosciuta come il metodo più semplice ed efficace, in alternativa al sondino naso-gastrico, per pazienti impossibilitati ad alimentarsi o che non riescono ad ingerire una quantità sufficiente di alimenti per via naturale per un periodo superiore a 30 giorni per varie cause come patologie neoplastiche, neurologiche acute o croniche, accidenti cerebrovascolari o stati di grave denutrizione. Una procedura svolta da pochi centri di Endoscopia Digestiva è il posizionamento del Bioenteric Intragastric Ballon (BIB), dispositivo in silicone, posizionato per via endoscopica all’interno dello stomaco. Il meccanismo di azione del dispositivo BIB è quello di permettere al paziente

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di dimagrire seguendo un regime alimentare ipocalorico grazie ad un rallentamento dello svuotamento gastrico e alla stimolazione del centro cerebrale della sazietà. Il BIB rappresenta una tecnica temporanea (bridge) per il trattamento dell’obesità patologica o delle sue complicanze, per la riduzione del rischio operatorio nei pazienti candidati alla chirurgia bariatrica. Tra le ultime acquisizioni in ambito tecnologico, oltre all’implementazione del modulo di prenotazione e consultazione archivio immagini e referti dai reparti, vanno segnalati l’Enteroscopio Operativo; l’Argon-Plasma Coagulation o APC (una tecnica elettrochirurgia oggi largamente utilizzata non solo in gastroenterologia, che ha la possibilità di tagliare e coagulare al tempo stesso, automaticamente, ad intervalli precisi, ottenendo così il miglior risultato in maggior sicurezza, e che è indicata nel trattamento dei sanguinamenti gastrointestinali e nella devitalizzazione dei tessuti abnormi come l’esofago di Barrett e neoplasie); l’Impedenziometria esofagea (un esame che studia in tutte le sue componenti qualitative e quantitative la malattia da reflusso gastroesofageo o MRGE, una condizione morbosa assai comune nel mondo occidentale, che affligge dal 20 al 36% della popolazione e che è caratterizzata da un ampio complesso di sintomi e alterazioni tessutali dell’epitelio esofageo, determinata da un cronico reflusso di contenuto gastrico in esofago); l’Ecografia Transrettale Ecografia Transrettale (ETR) e Carcinoma del retto (una sonda a scansione radiale ad alta risoluzione di nuova generazione, con analisi bi-, ma soprattutto tri-dimensionale delle lesioni e degli organi


S A N TA M A R I A D I T E R N I

P I A D I G E S T I VA

Équipe Direttore Dr. Anselmo Della Spoletina Resp. Fisiopatologia ed Ecografie App. Digerente Dr. Vladimiro Nicolao Resp. Endoscopia Operativa Dr. Lando Terribili Resp. Malattie del Piccolo Intestino Dr. Gabriele Marinozzi Resp. Diagnostica endoscopica App. Digerente Dr. Fabrizio Taborchi Capo Sala Marina Terribili Modalità di accesso, orari e numeri telefonici utili - Il servizio eroga prestazioni dal Lunedì al Sabato dalle ore 8 alle ore 20 con reperibilità notturna e festiva per urgenze. - Gli appuntamenti vengono erogati direttamente da sportello CUP per gli esami diagnostici di base e presso la segreteria da personale tecnico in grado di dare informazioni, consigli e raccomandazioni sulla preparazioni agli esami per le prestazioni di secondo livello.

visualizzati, ad ampissimo campo di vista di 360°, che si caratterizza per l’assenza di radiazioni ionizzanti, la scarsa invasività, il costo contenuto, una maggiore accuratezza). Presso la Struttura Complessa di Endoscopia Digestiva è attiva una sezione dedicata allo studio delle patologie del piccolo intestino. Tale valutazione viene effettuata a seconda della patologia con metodiche di studio dirette (endoscopiche) od indirette volte allo studio delle intolleranze alimentari (Test del respiro – Breath Test). Con la nuova metodica definita “Videoenteroscopia con Doppio pallone”, è possibile visualizzare l’intestino tenue, effettuare biopsie, eseguire degli interventi quali l’asportazione di polipi, la dilatazione di restringimenti, il trattamento dei sanguinamenti, la rimozione di corpi estranei, il posizionamento di endoprotesi, ecc., altrimenti di competenza chirurgica. Nell’ambito delle intolleranze e dei malassorbimenti alimentari gli H2-Breath test o Test del respiro rappresentano il metodo di riferimento, semplice, veloce e non invasivo per indagare le capacità digestive di un soggetto nei confronti di alcuni componenti della nostra dieta, la cui cattiva digestione è causa di disturbi addominali spesso di difficile riconoscimento. Tra i malassorbimenti da danno a carico del tenue, ricordiamo il malassorbimento di lattosio, di fruttosio, ecc. Discorso a parte va invece fatto per la celiachia per l’elevata prevalenza nella popolazione generale (circa l’1%). La struttura ternana è dotata di strumentazione in grado diagnosticare la malattia celiaca in soggetti adulti e in età pediatrica e di un servizio di Day-Service dedicato alla malattia celiaca dell’adulto.

- La risposta (referto) dell’esame verrà consegnata immediatamente al paziente. Nel caso di biopsie o polipectomie il referto istologico sarà ritirato successivamente, in quanto occorre tempo per la preparazione e lettura dei campioni prelevati. Il risultato istologico sarà disponibile circa 10 giorni dopo e potrà essere ritirato presso l’Ufficio Consegna Referti. - La Segreteria è aperta per appuntamenti dal Lunedì al Venerdì dalle ore 11 alle ore 12 (direttamente allo sportello) e dalle 12 alle 13 (al telefono) – tel. 0744/205014.

Fotoservizio di Alberto Mirimao

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Diario di viaggio

M A R RAKECH L’esotica città dai mille c olori In passato fu un’oasi berbera, poi divenne città moderna dai colori caldi e accoglienti, gli stessi che oggi rispecchiano la gente che la abita. Marrakech, la più seduttiva delle città imperiali del Marocco, conserva un esotismo antico e allo stesso tempo uno spirito cosmopolita. Le sue mura sono di un colore rosso fuoco e la gente veste con i tipici abiti tradizionali, colorati e vivaci. Non hanno niente eppure vivono la giornata come se avessero tutto. I marocchini riservano un sorriso a tutti, sono cordiali e non hanno paura di perdere il loro tempo se gli chiedi qualcosa. La città è piena di botteghe, l’artigianato locale è la maggiore fonte di guadagno per la popolazione. I muezzin richiamano dall’alto dei loro minareti i mussulmani alla preghiera, la loro cantilena ferma per qualche minuto il brusio movimentato degli abitanti mentre le moschee si riempiono di fedeli. Jemaa el Fna, una delle piazze maggiori della città, è sede di un vero mercato orientale, dove è possibile trovare spezie, ceramiche, lampade arabeggianti, frutta, tè e ogni altro prodotto tipico. Di sera la piazza diventa un ammaliante palcoscenico a cielo aperto, pieno di saltimbanchi, incantatori di serpenti, ristoranti con i loro menù variegati e molti giovani a spasso con le loro biciclette. Cous cous e tajine, gli stufati di agnello e di vitello con verdure e legumi, sono i piatti forte della gastronomia locale, accompagnati dall’acre e tradizionale succo di melograno. Dalla piazza è possibile vedere il minareto della Moschea di Koutubia, detta “dei librai” (accessibile solo ai mussulmani). Il Museo di Marrakech è un vero tesoro nel cuore della città, con magnifiche sale di arte contemporanea marocchina, ceramiche e gioielli antichi. A pochi metri si trova la Medersa Ben Youssef, una scuola coranica decorata con opere del ‘300. Le stradine del centro sono strette e polverose, in molti vicoli è possibile scoprire gli Hammam, veri e propri centri di benessere in stile antico, ideali per rigenerasi ed eliminare ogni forma di stress. Un formidabile profumo di aromi accoglie i turisti, entrando in uno dei tanti suq, mercati dove è possibile trovare di tutto, soprattutto spezie, stoffe, oro e il pregiato olio d’argan. Il suq è un luogo di incontro, dove è possibile trattare il prezzo delle merci, riuscendo qualche volta ad acquistare oggetti di grande valore a un prezzo veramente conveniente. Tappeti, caftani e babbucce sono in perfetta linea con la tradizione, ma allo stesso tempo, seguono le

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tendenze del design. Imperdibili sono le Tombe Saadiane del XVI secolo, dell’omonima famiglia imperiale, con i mausolei che le conservano, posti all’interno di un bel giardino, capolavoro di arte ispano-moresca. Particolare per la struttura è il Palazzo della Bahia, uno dei più grandi palazzi principeschi di Marrakech, costruito nel 1880 dalla famiglia Ba Ahmed su un’area di otto ettari, comprende giardini e fontane. A Marrakech i divertimenti sono un vero spettacolo, qui c’è la più sensazionale discoteca d’Africa: il Pacha, gemello del locale di Ibiza. Ballerine del ventre e dj star, animano le notti marocchine, mentre lounge bar e sfavillanti ristoranti offrono cocktail e ricche pietanze. Non manca poi il lusso di importanti boutique e dei campi da golf, come quello del Royal Golf Club, aperto negli anni Venti e ristrutturato di recente. Per chi ama l’avventura è possibile fare delle meravigliose escursioni nel deserto, scegliendo la velocità della jeep o lasciandosi trasportare dal passo calmo del cammello. La città ha una luce eccezionale in ogni stagione dell’anno. Il colore dei muri e delle case la rende avvolta in un’atmosfera magica e orientale. Marrakech è una città ancestrale, circondata dalla sabbia dorata del Sahara, che schiude una misteriosa pace e il vento disegna dune dalle forme armoniche. Qui i pensieri si perdono nella luce ambrata di un tramonto e tutti almeno per il tempo di una vacanza possono sentirsi nomadi nell’anima. lorenzobellucci.lb@gmail.com


Fisioterapia e Riabilitazione

NUOVA SEDE Zona Fiori, 1 05100 Terni – Tel. 0744 421523 0744 401882 D i r. S a n . D r. M i c h e l e A . M a r t e l l a - A u t . R e g . U m b r i a D D 7 3 4 8 d e l 1 2 / 1 0 / 2 0 11

La riabilitazione in acqua è una metodica sicuramente molto utile per garantire un moderno e valido recupero funzionale sia in campo neurologico che ortopedico

Uniche infatti sono le possibilità offerte dallo “strumento acqua”, che agisce contro la forza di gravità (principio di

Archimede), e consente al corpo di muoversi in assenza di peso: questo determina una maggiore facilità a muoversi quando per esiti traumatici, per deficit neurologici o dopo chirurgia ortopedica sarebbe impossibile o dannoso caricare il peso reale sui propri arti. Il risultato è una diminuzione dello stress e del carico sull’apparato muscolo scheletrico che facilita l’esecuzione di movimenti in assenza di dolore. La resistenza offerta dall’acqua è graduale, non traumatica, distribuita su tutta la superficie sottoposta a movimento, proporzionale alla velocità di spinta e quindi rapportata alle capacità individuali di ogni persona. L’effetto pressorio dell’acqua, che aumenta con la profondità, esercita un benefico effetto compressivo centripeto sul sistema vascolare, normalizzando la funzione circolatoria e riducendo eventuali edemi distali. Tale effetto è ampliato nel Percorso Vascolare Kneipp dove si alterna ciclicamente il cammino in acqua calda e fredda.

Con la riabilitazione in acqua è possibile non solo ristabilire le migliori funzionalità articolari e muscolari dopo un incidente, ma anche eseguire delle forme di esercizio specifiche per prevenire la malattia o per curare sintomatologie croniche come la lombalgia. Tali esercitazioni sono particolarmente indicate per quei soggetti in forte sovrappeso con difficoltà di movimento legate ad obesità, ad artriti, a recenti fratture o distorsioni. Nella maggior parte di questi casi si registra un netto miglioramento del tono muscolare e dei movimenti articolari dopo un adeguato programma terapeutico. Il paziente, se anziano, acquisisce in tal modo un maggiore controllo motorio che, migliorando l’equilibrio, allontana il rischio di cadute e rallenta il declino funzionale legato all’invecchiamento. La riabilitazione in acqua è particolarmente indicata in: - esiti di fratture - distorsioni, lussazioni - patologie alla cuffia dei rotatori della spalla - artrosi dell’anca e delle ginocchia - tonificazione muscolare in preparazione all’intervento chirurgico - mal di schiena (lombalgia, sciatalgia, ernia ecc.) - para paresi spastiche - esiti di interventi neurochirurgici - esiti di ictus - esiti di lesione midollare - disturbi della circolazione venosa

Inoltre la temperatura dell’acqua, più elevata (32° - 33°) rispetto alle vasche non terapeutiche, permette la riduzione dello spasmo muscolare e induce al rilassamento. Per questo il paziente si muove meglio e la muscolatura appare più elastica. La riabilitazione in acqua è utile e proponibile a tutti, dai bambini agli anziani; per potervi accedere non occorre essere esperti nuotatori è sufficiente un minimo di acquaticità.

Terni Zona Fiori, 1 Tel. 0744 421523 401882

- Riabilitazione in acqua - Rieducazione ortopedica - Riabilitazione neurologica - Rieducazione Posturale Globale - Onde d’urto focalizzate ecoguidate - Pompa diamagnetica - Tecarterapia

- Visite specialistiche - Analisi del passo e della postura - Elettromiografia - EEG - Ecografia apparato locomotore - Idoneità sportiva ... e molto altro

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Vite Parallele Fondazione Carit, Associazione Italiana Cultura Classica di Terni, e il “neo-nato” Istituto di Istruzione Superiore Classico e Artistico premiano insieme i vincitori del concorso per le scuole ternane. L’Oratorio del Carmine all’interno del parco cittadino La Passeggiata ha fatto da elegante cornice all’evento che conclude le attività dell’anno 2012/2013 della delegazione di Terni dell’Associazione Italiana di Cultura Classica. Le architetture barocche hanno infatti accolto lo scorso 1 ottobre la premiazione del tradizionale concorso per le scuole ternane Vite parallele: personaggi a confronto, organizzato in collaborazione con il Liceo Ginnasio “G. C. Tacito” (recentemente rinominato, a seguito dell’accorpamento con il liceo artistico, “I.I.S. Classico e Artistico”) e con l’importante contributo della Fondazione Carit che finanzia da più di un decennio l’iniziativa. In un’atmosfera quasi onirica la manifestazione si è aperta con lo spettacolo “Vampa di fuoco. Scrittrici, scrittori: le parole dell’amore”, realizzato dai “Giovani amici dell’AICC” coordinati dalle docenti del liceo Tacito Giovanna Scuderi e Annarita Bregliozzi. Gli spettatori sono stati come incantati dalla magia di queste parole antiche, moderne, contemporanee. Parole di poetesse e di poeti -antichi e moderni- che hanno espresso i loro più intimi sentimenti in un modo che ancora oggi ci tocca, con parole resistenti, capaci di dire ciò che abbiamo bisogno di sentire ancora e ancora. Quale migliore introduzione al tema del concorso che stimola i giovani studenti ad interrogarsi su temi e questioni di oggi grazie al confronto con le parole resistenti dei classici? E, come sempre, il risultato è confortante. Dai numerosi testi a concorso sono emerse parole antiche che si legano alla sensibilità dei giovani di oggi in un proficuo intreccio di temi e toni, come si può vedere anche dall’ultimo elaborato della sezione letteraria che presentiamo, dell’alunna Marta Vernelli, della Scuola Media Statale “Leonardo Da Vinci– Orazio Nucula”: Un uomo, un padre, un re, in cui la scelta di un personaggio secondario della mitologia classica, Priamo, offre l’occasione per cogliere i suoi molteplici volti di uomo, padre, sovrano. Un suggestivo avvio per le attività dell’Associazione che promuove la conoscenza e l’approfondimento della cultura classica in Italia dal 1897, attività che proseguiranno, come di consueto, con un ciclo di conferenze sul tema “La persistenza del classico”, in collaborazione con la Biblioteca Comunale di Terni a partire dal mese di dicembre prossimo. Prof.ssa Annarita Bregliozzi

Un uomo, un padre, un re Caro diario, lo so, è da un po’ di tempo che la mia penna non sfiora queste pagine, ma tu mi conosci troppo bene per ignorarne il motivo: il mio problema, se così si può dire, è sempre lo stesso, la lettura. I libri mi attraggano al punto da farmi perdere la cognizione del tempo e della realtà, da farmi dimenticare di me stessa e, talvolta, purtroppo anche di te! Ti prometto che recupererò ampiamente nei prossimi giorni. A proposito di libri, vorrei raccontarti uno strano episodio al quale ho avuto il piacere di prendere parte qualche giorno fa. Proprio mercoledì sera, dopo cena, stavo tranquillamente attraversando il corridoio per dirigermi in camera mia, risoluta a non aprire più un libro fino al momento in cui non ti avessi riscritto almeno una pagina, quando, passando davanti ad uno scaffale zeppo di volumi di tutti i colori, generi e dimensioni, non ho resistito alla tentazione… Scrutando attentamente ogni singola copertina, il primo a colpire il mio sguardo è stato un vecchio libro blu, pesante e un po’ malandato. Così, incuriosita, con cautela l’ho estratto dal ripiano dove era riposto e l’ho poggiato delicatamente in terra. Con un forte soffio, ho cercato di eliminare quello spesso velo di polvere che lo ricopriva. Finalmente il titolo è apparso: Epica classica, L’Iliade. Non potevo essere più felice della sorprendente coincidenza, infatti, tra gli argomenti studiati a scuola, la cultura antica ha sempre suscitato il mio interesse in maniera particolare. Di nuovo per problemi di tempo, che, come ben sai, caratterizzano le mie giornate soprattutto in questo periodo, mi sono detta: Darò semplicemente un’occhiata! Ho scorso velocemente l’indice con lo sguardo fino a raggiungere uno dei sottotitoli finali: Priamo, il re di Troia. Subito ho sfogliato le pagine fino a raggiungere quella corrispondente alle parole che nel sommario avevano attratto la mia attenzione. Troppo incuriosita per riuscire a mantenere fede al mio proposito iniziale, ho iniziato a

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Presidente A.I.C.C. - Terni

leggere. In un primo momento non ricordavo assolutamente chi fosse il personaggio dal nome altisonante, ma poche righe sono state sufficienti a richiamare alla mia memoria una lezione di qualche anno fa: “Secondo la leggenda, la guerra di Troia fu causata da Paride, figlio di Priamo, re di Ilio, sovrano molto amato e rispettato...” A me sono sempre piaciute molto le vicende dei re: rivedo in loro figure non tanto autoritarie, quanto piuttosto autorevoli, desiderose del progresso e del benessere del proprio regno e dei suoi abitanti. Non ricordavo esattamente quali fossero le gesta del mitico monarca e ciò accresceva la mia curiosità. Immersa nella lettura, come di consueto senza rendermene conto, mi sono trovata catapultata nella storia. La guerra era stata scatenata da Paride a causa del suo grande amore per Elena che, sfortunatamente per lui, era moglie di Menelao, re di Sparta e, ben presto, acerrimo nemico dei Troiani. La passione causò il rapimento della regina e la conseguente furia del suo sposo, il quale convinse il fratello Agamennone, re di Micene, a lavare l’onta che aveva infangato la famiglia, assumendo il comando di una spedizione contro Ilio, per la riconquista della sposa perduta… Man mano che procedevo nella lettura, però, non riuscivo a capire quale ruolo avesse Priamo nella vicenda: per fortuna la mia fantasia aveva provveduto al superamento anche di questo ostacolo, conducendomi all’interno della reggia del potente sovrano. Non so come, mi sono ritrovata in una grande stanza tappezzata da tappeti colorati e dipinti che rappresentavano figure di cavalieri pronti a sostenere lunghi duelli. Poi mi sono avvicinata a quella che mi sembrava la figura di un anziano intento a scrutare dalla finestra il territorio circostante. “Si può?”, ho chiesto in italiano, non rendendomi conto di trovarmi nel 1200 aC circa. L’uomo, sorpreso, si è voltato di scatto, rispondendo: “Certo!”, nella stessa lingua in cui mi ero rivolta a lui. Mi sono avvicinata osservando anch’io quel regno distrutto da nove anni di dure battaglie. Poi, voltandomi verso l’anziano sire, ho domandato il motivo per cui io fossi lì. “Ti stavo aspettando in realtà. So che acquisire nuove conoscenze è una qualità che ti appartiene e così ho deciso che per una volta vedrai con i


personaggi a confronto tuoi occhi ciò che normalmente apprendi dai libri”, mi ha risposto. “Così lei è realmente il re Priamo? Ancora non mi sono ben resa conto: dove siamo?” “Sì, sono io e ci troviamo esattamente nel mio palazzo. Ciò che vedi qui sotto è, o almeno era, la mia adorata città. Forse è meglio che te ne racconti la storia, sempre che non tu la conosca già…”. “In realtà ho letto solo la parte iniziale del famoso poema, ma credo di aver più o meno capito le cause di una simile distruzione. La mia perplessità tuttavia è causata da un altro fattore: i versi che stavo leggendo la vedevano protagonista, ma non sono riuscita a capire in che punto la sua maestà sia intervenuta. So di certo che lei è un re apprezzato e amato dal proprio popolo e un padre che riesce ad essere sempre presente e affettuoso con tutti i suoi numerosi figli, è realmente così?”, ho replicato. “In effetti preferisco rimanere esterno alle guerre, che in realtà considero la via sempre meno corretta per risolvere una controversia ed è questo il motivo per cui nei libri vengo raffigurato entro le mura del mio palazzo: osservo dall’alto ciò che il mio popolo è in grado di fare da solo, per poi guidarlo verso la giusta direzione. Devi sapere che ci troviamo alla fine del conflitto (te ne sarai resa conto dallo scenario sottostante) e, come ti dispiacerà sapere, quasi alla conclusione del libro. Mio figlio Ettore si scontrerà con Achille fuori dalle mura tra breve ed io devo prendere la decisione più importante come re, ma soprattutto come padre”. “Lei rispecchia esattamente la figura descritta da uno scrittore… del futuro, Niccolò Machiavelli, il quale delinea i caratteri di un principe. Un sovrano, per definirsi tale, deve essere deciso e farsi rispettare dal suo popolo, ma non con la tirannia, bensì con la fermezza e l’amore che tutti i re dovrebbero provare verso i loro sudditi”. “Ti ringrazio di queste parole. Prendere le decisioni giuste è sempre un lavoro arduo per chi governa, ma quella che sto per assumere dilania profondamente il mio animo. So che mio figlio è pronto a dare la propria vita per la sua patria ed io voglio sostenerlo!”. “Leggendo i libri o guardando i film sono sempre stata affascinata dalla figura del sovrano per il suo ruolo di grande prestigio, ma solo ora mi sto rendendo conto di quali sacrifici comporti una posizione di simile responsabilità. Lei adesso deve dimostrare al suo popolo che è pronto a pagare l’errore di uno dei suoi figli, Paride, con il sangue di un altro, forse il più caro al suo cuore, il più valoroso, il più generoso, Ettore”. “Mio figlio, quello da sempre destinato a succedermi sul trono della gloriosa Ilio, dovrà sostenere un crudele scontro con Achille e, anche se purtroppo gli dèi, ossequiosi del fato, permetteranno che l’Acheo faccia scorrere il suo sangue, io sarò sempre orgoglioso di lui perché avrà anteposto alla sua stessa vita l’amore per la propria patria!”. Sono schiacciata da emozioni fortissime, che mi impediscono di trovare le parole per congedarmi da un padre pronto a sacrificare il proprio figlio, pur di non mancare ai suoi doveri ed alle sue responsabilità di sovrano. Lo guardo con profonda ammirazione e, chinando leggermente la testa, mi allontano da lui. Immediatamente mi sveglio da quello che è stato un breve, ma incredibile sogno e con grande foga scorro le pagine finali del poema. Il duello tra i due eroi si conclude con la morte di Ettore. “Vedo” lo scempio del suo cadavere trascinato nella polvere attorno alle mura di Troia. Ormai il Pelide, soddisfatto il suo desiderio di vendetta dell’amico Patroclo, può ritornare alle navi per organizzare la cerimonia funebre in sua memoria. Tiro un sospiro di sollievo per non aver dovuto vivere l’esperienza di assistere allo strazio del padre di fronte a tanta crudeltà. Continuo a leggere: il vecchio re di Ilio si inchina all’assassino di suo figlio per averne almeno il corpo, affinché sia fatto oggetto dei segni di amore, dolore e gratitudine dei suoi cari e di tutto il popolo. Delicatamente chiudo il libro pensando che neanche la morte è stata in grado di spezzare quel rapporto tanto profondo tra Priamo ed Ettore, nonostante l’estremo sacrificio che entrambi accettano, nella consapevolezza di una responsabilità maggiore alla quale non vengono meno. Non posso non pensare ai nostri tempi, alla situazione attuale… Quale padre, in circostanze simili, non avrebbe fatto in modo di risparmiare il proprio figlio? Nella nostra realtà contemporanea per molto meno gli interessi privati hanno la meglio sui doveri pubblici. E inoltre… quanti genitori sono in grado ancora di educare i propri figli a simili valori di coerenza e sacrificio? Quanti sono capaci di accettare che essi seguano le loro aspirazioni, i loro ideali fino in fondo e volino alto, qualunque sia il prezzo da pagare? Chi, come Priamo, riuscirebbe a rinunciare al desiderio sbagliato di plasmare un figlio a sua immagine e somiglianza, pur mantenendo il ruolo di padre? Forse, a giudicare da come si conclude la vicenda, la scelta del re non si è

dimostrata quella vincente, ma, quando si è sicuri di aver fatto ciò che è meglio per gli altri, rinunciando alla sola egoistica considerazione dei propri interessi, non si sbaglia mai. Per questo motivo considero Priamo come una figura a cui poter fare riferimento quando ne avrò bisogno e da prendere come esempio anche quando sarò più grande. Grazie a questa pagina, caro diario, penso che potrai perdonarmi per tutto il tempo che ho lasciato trascorrere ed essere d’accordo con me che l’averti un po’ trascurato per immergermi nella lettura non sia stata poi una cattiva idea. Conto di tornare a scriverti al più presto, se la mia curiosità lo permetterà. Tua affezionatissima Marta Marta Vernelli

III D SMS L. da Vinci – O. Nucula

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Cibo e Cancro Nell'ottica di una medicina predittiva, ovvero di un corretto stile di vita, congruo cioè alle caratteristiche psicologiche e culturali del soggetto, oltre che al suo assetto neuroendocrino, l'alimentazione riveste un ruolo fondamentale, in quanto lo stesso cibo e la stessa preparazione non sempre si adattano a soggetti diversi. Inoltre, alcuni alimenti sono, malgrado la pubblicità e i luoghi comuni, da sconsigliare alla maggior parte dei soggetti sani in quanto erroneamente ritenuti capaci di aiutare o addirittura spacciati per insostituibili. Il latte è uno di questi alimenti mitizzati ma che ormai di autentico ha soltanto il suo nome e non certo il suo contenuto. In realtà si tratta di una sostanza bianca alla quale è stata tolto o aggiunto qualcosa che la natura non aveva messo insieme e che noi con le nostre conoscenze scientiste abbiamo pensato bene di modificare a piacere. Vitamine, grassi, enzimi per la digeribilità, minerali in più o meno allo scopo di renderlo un veicolo di farmaci e non più di alimenti e nutrienti, senza considerare poi che quello che è rimasto sono le proteine animali potenzialmente pericolose, in quanto acidificanti del sangue. Certo il latte materno è altra cosa, certo il latte appena munto e altra cosa; noi qui parliamo di latte industriale di cui non conosciamo il pascolo e quindi di che cosa si è nutrito l'animale e su quale terreno si è alimentato: OGM? Terreni inquinati? A tale riguardo ci sarà una interessante comunicazione al prossimo congresso sul cancro che si terrà a Terni il 30 novembre p.v. da parte del Prof. Infascelli, veterinario dell'Università Federico II di Napoli, che parlerà di alimentazione animale e OGM, mettendo in evidenza il fatto che queste mutazioni genetiche vegetali si ritrovino in qualche modo negli alimenti che arrivano sulle nostre tavole. Il cancro si previene a tavola, le nostre scelte alimentari sono talmente importanti che spesso non ce ne rendiamo conto. Dr. Leonardo Paoluzzi - Medico chirurgo SIFIT Coordinatore della Commissione sulle medicine non convenzionali Ordine dei Medici di Terni - Referente regionale SIROE

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IL NUOVO CENTRO PER LA PRODUZIONE DI TERAPIE CELLULARI Sabato 12 ottobre, presso la nuova sede della Facoltà di Medicina a Terni, è stato presentato il progetto per la realizzazione di un impianto tecnologicamente all’avanguardia per la produzione di terapie cellulari avanzate. Tale struttura avrà sede a Terni e si inserisce nel contesto di una collaborazione tra una struttura privata, il Centro Demetra, e l’Università, all’interno del Polo di Genomica. In particolare, la finalità del progetto è quella di strutturare un percorso produttivo originale, conforme alle normative AIFA, ente ministeriale che presiede al controllo sui farmaci, per la produzione di terapie innovative nel settore delle biotecnologie. La neonata struttura viene definita cell factory e sarà denominata Demetra ML Cell Factory; grazie alla sinergia operativa con i laboratori di genomica del Polo Universitario, essa sarà in grado di garantire standard di qualità di eccellenza a tutela quindi dei pazienti che potranno fruire delle innovazioni terapeutiche ivi prodotte. Dal convegno inaugurativo è emerso anche l’enorme valore aggiunto che darà al buon esito del progetto la collaborazione con ricercatori di livello internazionale sia locali che esteri, i quali metteranno a punto programmi di ricerca in vari ambiti clinici quali l’endocrinologia, la reumatologia e l’oncologia.

L’ortodonzia è la branca dell’odontoiatria che si occupa dell’occlusione cioè dell’allineamento, dei contatti e dei rapporti scheletrici tra le due arcate dentarie. Il trattamento di un disallineamento dei denti o malocclusione può essere fatto in due modi: con un’apparecchiatura fissa oppure con dispositivi mobili. Nell’ ortodonzia fissa (fig 1) vengono applicati direttamente sulla superficie dei denti degli attacchi che alla fine del trattamento vengono rimossi dal dentista. Il vantaggio di una terapia fissa è che lavora 24 ore su 24 anche senza la collaborazione del paziente ed è poco ingombrante, ma richiede una maggiore attenzione sia per l’igiene orale sia durante la masticazione per evitare la decementazione degli attacchi. Il trattamento ortodontico mobile (fig 2) si avvale invece di dispositivi rimovibili che vanno portati il maggior numero di ore possibile sia di giorno che di notte e vanno tolti soltanto per mangiare, per l’igiene orale e per eventuali attività sportive. Il successo della terapia rimovibile dipende anche dalla collaborazione del paziente. La scelta tra questi due possibili trattamenti è affidata alla valutazione dello specialista in base al tipo di malocclusione e alle varie sintomatologie eventualmente presenti. Nell’ortodonzia funzionale vengono sempre utilizzati apparecchi mobili al fine di perseguire una riabilitazione neuro-muscolare. Oggi è scientificamente dimostrato come ci sia una fig 1 stretta correlazione tra

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Ortodonzia l’occlusione dentale, l’articolazione temporo-mandibolare (cioè l’articolazione della mandibola che ci consente i movimenti della bocca) e la colonna cervicale, motivo per cui le malocclusioni presenti in bocca possono ripercuotersi sulle articolazioni temporo-mandibolari, successivamente diffondere alla colonna cervicale e da qui al resto della colonna vertebrale fino anche ad interessare il bacino, le gambe e i piedi provocando quindi problematiche posturali per via discendente (fig 3). Problemi di malocclusione possono causare ad esempio cefalea, dolori al collo o alla schiena. In conclusione, non ci si può limitare a trattare soltanto una malocclusione dentale tralasciando altri fattori poiché il corpo umano, avendo le sue varie parti interdipendenti tra loro, va visto in un’ottica globale. Gabriele Elise Olafsrud Si ringrazia per l’articolo la dott.ssa Olafsrud, consulente per l’ortodonzia dello studio odontoiatrico Novelli.

fig 3

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Te r n i - Vi a C a s s i a n B o n 1 / a ( P i a z z a Ta c i t o ) Te l . 0 7 4 4 . 4 2 5 9 4 5 - 0 7 4 4 . 4 2 4 9 8 9 w w w. i s t i t u t o i t a l i a n o a n d r o l o g i a . c o m erremedica@tiscali.it info@istitutoitalianoandrologia.com ORARIO d a l L u n e d ĂŹ a l Ve n e r d ĂŹ dalle ore 08.30 alle 12.30 dalle ore 15.00 alle 19.00

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G i o v e d ĂŹ 1 0 o t tobre AC La Pagina Terni, Via De Filis 7a

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A mico F r a g i l e


Il Santuario di Monte Maggiore Torre Maggiore è la montagna più alta della catena dei monti Martani: si innalza per 1.120 metri s.l.m. La cima, di forma tondeggiante, si trova qualche decina di metri sopra al monumento dedicato alla Brigata Gramsci che ricorda il sacrificio del partigiano Germinal Cimarelli. Gli scavi effettuati negli anni passati hanno ricostruito la storia del sito, di cui è possibile riconoscere diverse fasi ben distinte. La prima si può datare alla seconda metà del VI sec aC. A questo periodo risalgono due fosse: una con caratteristica forma a imbuto, forse un mundus, cioè un pozzo purificatore che simboleggia un utero rovesciato; l’altra pertinente a una fossa votiva, dove si gettavano le offerte per la divinità. Tempio A

Angolo interno Tempio B. Tempio A sullo sfondo

Tali offerte generalmente erano costituite da piccoli bronzi di forma stilizzata con scarsi dettagli anatomici, che rappresentavano figure umane prevalentemente maschili e, più raramente, femminili; non mancano testimonianze di animali, armi e fulmini. Alcuni dei bronzetti trovati a Torre Maggiore sono riconducibili alla tipologia del Marte italico: piccoli guerrieri dotati di elmo, scudo e lancia. Significativo è il ritrovamento di una saetta realizzata in bronzo dorato. In questa prima fase nasce quindi il luogo di culto, ancora privo di strutture monumentali e voluto dalle popolazioni locali: gli Umbri, più precisamente i Naharci. Torre Maggiore può essere considerato come il loro santuario federale, centro di aggregazione delle locali popolazioni e delle genti che per diversi motivi transitavano nella conca ternana. La seconda fase coincide con la romanizzazione: viene costruito un primo edificio templare intorno alla metà del III sec aC che gli archeologi classificano come tempio A, orientato est-ovest, costruito in opera quadrata con blocchi calcarei cavati in zona. Il lato lungo del tempio misura 11,80 m, quello corto è di 7,90 m. La cella è preceduta da un pronao, cioè un atrio d’ingresso. L’arrivo dei romani è testimoniato dai ritrovamenti di monete di età medio-repubblicana (IV-III sec aC) e di ex voto fittili, offerte in terracotta tipiche dell’area laziale. Intorno al tempio sorgono nove ambienti, alcuni dei quali adibiti alla produzione di ceramiche o di bronzetti, come

dimostrano gli scarti della lavorazione. Il complesso è circondato da un tèmenos, recinto sacro, sempre realizzato in opera quadrata. Nei pressi del tempio A è stato fatto un ritrovamento molto importante: si tratta di una testa femminile in travertino, di notevoli dimensioni, con leggera torsione del volto e un diadema che circonda il capo. Alcuni decenni dopo la costruzione del tempio A venne realizzato un altro edificio sacro, il tempio B: entriamo in questo modo in una terza fase che, prendendo di nuovo spunto dalle vicende della città di Roma, possiamo definire tardorepubblicana (II sec aC - 27 aC). Questa volta l’edificio è orientato nord-sud, forse anche per rispettare la posizione del tempio precedente. Misura 12,70 m x 8,40 m, poggia su un podio preceduto in origine da una rampa o da una scala, è costituito da un’anima in opera cementizia e rivestito con lastre di calcare. In questo periodo viene prolungato Testa femminile in travertino il recinto sacro e edificati alcuni ambienti di servizio simili a quelli che circondano il tempio A. L’ingresso monumentale dell’intera area sacra è stato riportato alla luce nella parte occidentale, ne è rimasta una grande soglia monolitica costituita da travertino di metri 2,70 x 0,50. La frequentazione del santuario prosegue per tutta l’età imperiale (27 aC - 476 dC); prova della continuità di vita sono: la ceramica sigillata tipica del primo impero e le monete tardo imperiali. Il culto verosimilmente si esaurisce in età tardo antica (IV-VII sec dC): a questo periodo risalgono alcune lucerne ritrovate sotto il podio del tempio B. Per quanto riguarda la divinità venerata nel santuario, o forse è meglio parlare di più divinità, una prova importante è rappresentata dalla testa femminile in travertino, databile ai primi decenni del II sec aC, magari parte di un acrolito, cioè una statua di culto le cui estremità -testa, mani e piedi- sono in pietra, il resto di legno o altro materiale deperibile. Possiamo inoltre annoverare il dio Marte, rappresentato in alcuni bronzetti, e Giove, simboleggiato dai fulmini. Oltre alla natura del culto, molti altri interrogativi restano ancora aperti. Questi potranno essere chiariti solo grazie a ulteriori campagne di scavo. Denis Fagioli

Locale climatizzato - Chiuso la domenica Terni Via Cavour 9 - tel. 0744 58188

w w w. l a p i a z z e t t a r i s t o r a n t e . i t lapiazzetta.terni@libero.it

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I gas idrati

A Terni è in corso una sperimentazione unica nel suo genere che potrebbe aprire a nuove prospettive nel mondo dell’energia e, in particolare, nel settore dell’accumulo dell’energia e della valorizzazione energetica dei gas ottenuti dai processi di conversione delle biomasse. Cuore della ricerca sono i gas idrati: strutture cristalline simili al ghiaccio, costituite da una gabbia di molecole d’acqua al cui interno è intrappolata una molecola di gas (metano, anidride carbonica). La formazione degli idrati, a differenza del ghiaccio, avviene a pressioni di qualche decina di bar e a temperature maggiori di 0 °C. Il nostro gruppo di ricerca studia ormai da più di 5 anni l’utilizzo dei gas idrati in applicazioni energetiche innovative, quali per esempio la filtrazione, lo stoccaggio, il trasporto e la distribuzione di gas di importanza energetica (biogas, syngas, gas naturale). Gli idrati infatti presentano ottime caratteristiche di stoccaggio: 1 m3 di idrati di metano può ad esempio contenere fino a 150-180 m3 di gas. Tale proprietà, congiuntamente alla capacità dei gas idrati di rimanere stabili, una volta formatisi, a pochi gradi sotto zero e a pressione atmosferica, fa dei gas idrati una tecnologia competitiva con i tradizionali sistemi di trasporto e stoccaggio. A questo va aggiunto l’ulteriore vantaggio che sono molto più sicuri dei sistemi di stoccaggio tradizionali in bombole ad alta pressione. Gli idrati infatti non sono esplosivi e tendono a bruciare lentamente anche quando investiti da una forte fiamma. La formazione di gas idrati inoltre è un processo chimico selettivo, che consente di intrappolare nelle gabbie solo determinati gas. Tale proprietà può quindi essere applicata alla purificazione, filtrazione e upgrading (valorizzazione energetica) di miscele di gas derivanti da processi di conversione delle biomasse quali biogas e syngas. Gli idrati consentono di separare facilmente e con notevole risparmio energetico dal biogas sia anidride carbonica che idrogeno solforato. In previsione, inoltre, della regolamentazione dell’immissione del biometano in rete, i gas idrati si presentano come tecnologia innovativa e vantaggiosa per il vettoriamento e la distribuzione di biometano. I siti di produzione di biogas infatti sono solitamente decentrati nelle zone rurali laddove la disponibilità di biomassa è maggiore e quindi differiti rispetto ai punti di immissione in rete. Per tali applicazioni di piccola taglia e per brevi/medie distanze, i gas idrati costituiscono una tecnologia competitiva rispetto ai metanodotti o trasporto su gomma in forma compressa. Un’ulteriore applicazione degli idrati in fase di studio infine è relativa al risparmio energetico in edilizia. Gli idrati di alcuni composti organici possono essere infatti utilizzati come materiali a cambiamento di fase: i materiali a cambiamento di fase hanno la capacità di immagazzinare molta energia termica mantenendo costante la propria temperatura (ad esempio di giorno), e di restituire calore all’esterno non appena la temperatura esterna si abbassa (ad esempio di notte). La loro capacità termoregolante, consente di ottenere benefici in termini di climatizzazione degli edifici, con riduzione dei picchi di calore e di conseguenza, con un significativo risparmio energetico. Nelle foto sono riportate un’immagine del reattore per la produzione di idrati presente presso i laboratori di Fisica Tecnica di Terni e un’immagine della combustione di idrati di metano. Questa ricerca costituisce solo una delle tante attività che si svolgono presso la Facoltà di Ingegneria di Terni. A Terni infatti sono presenti laboratori di comprovata eccellenza scientifica che da anni sono alla base di attività di ricerca innovativa nei principali ambiti dell’ingegneria peraltro in collaborazione con centri di ricerca e realtà industriali internazionali. Oltre al laboratorio di Fisica Tecnica abbiamo:

- il laboratorio di Scienza e Tecnologia dei Materiali che svolge attività di ricerca sperimentale nell’ambito dei materiali compositi, dei materiali polimerici, dei nano-materiali, dei bio-materiali e dei materiali per l’ambiente; - il laboratorio CEM che svolge attività di ricerca sperimentale sui sistemi di diagnostica non distruttiva, sulla compatibilità elettromagnetica e sulla caratterizzazione dei materiali magnetici. Queste ricerche trovano applicazione principalmente in ambito industriale ed aerospaziale; - il laboratorio di Macchine che svolge attività di simulazione, progettazione e sperimentazione di prototipi per le fonti rinnovabili su piccola scala, in particolare biomasse, di ottimizzazione della fluidodinamica interna ed esterna di macchine e strutture anche in galleria del vento e di coordinamento del Racing Team di Ateneo iscritto alla Formula Student; - il laboratorio SERMS che svolge test di qualifica ambientale su apparati e strutture che vengono esposti a condizioni ambientali estremi in termini di sollecitazioni meccaniche temperature e pressione; - il laboratorio LASTRU specializzato nella caratterizzazione meccanica, identificazione strutturale attraverso prove meccaniche in laboratorio ed in situ sia in campo statico che dinamico. La presenza di laboratori di eccellenza e la stretta collaborazione sia con le Istituzioni/Organizzazioni locali che con le realtà industriali sia nazionali che estere costituiscono i punti di forza della Facoltà di Ingegneria di Terni ed in particolare del Corso di Laurea in Ingegneria Industriale, che anche quest’anno ha riscosso un notevole successo in termini di iscrizioni. Ingegneria Industriale è l’unico Corso di Laurea in Ingegneria attualmente presente a Terni e costituisce il punto di arrivo del percorso di evoluzione iniziato 22 anni fa con Ingegneria dei Materiali. La scelta di cambiare Ingegneria dei Materiali prima in Ingegneria Energetica e poi in Ingegneria Industriale scaturisce dall’esigenza di orientare l’offerta formativa verso il mondo industriale, storica e autentica vocazione del territorio ternano. L’attuale Corso di Laurea in Ingegneria Industriale si presenta pertanto come un corso di studi fondato saldamente sulle migliori competenze del territorio, con una spiccata proiezione internazionale e capace di formare giovani con una preparazione fortemente connessa alle richieste di un mercato del lavoro ogni giorno più diversificato, più esigente ed in rapida evoluzione. A tale proposito, nell’ottica di una sempre maggiore integrazione con il territorio locale ed in particolare con le scuole, si ricorda la fortunata esperienza dei moduli didattici di approfondimento: lezioni teoriche su argomenti tecnologici di forte attualità tenute da docenti del Corso di Laurea di Ingegneria e rivolte agli studenti delle scuole superiori. È infine opportuno menzionare il programma di internazionalizzazione: una nuova iniziativa finalizzata a trasformare il Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Industriale in un corso con doppio titolo di laurea, italiano e straniero. Un’opportunità per il territorio con l’apertura a studenti ed Organizzazioni straniere ma, soprattutto, un’opportunità per i nostri futuri laureati per entrare preparati in un mondo del lavoro sempre più vocato all’internazionalizzazione. Prof. Federico Rossi

Riferimenti: Polo Scientifico Didattico di Terni - Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea in Ingegneria Industriale Sito web: http://terni.unipg.it/ Tel. 0744/492965 - Fax 0744/492966 e-mail: cdl-triennale.ingegneria.terni@unipg.it

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A m i c o Gli Amico Fragile – Omaggio a Fabrizio De Andrè è un progetto musicale ternano nato nel 2009 con lo scopo di ricordare e divulgare le parole e la musica di questo storico cantautore genovese. Il gruppo nasce in occasione del decennale della morte di Faber quando una sera Alessandro Acciaro (cantante del gruppo) decide di andare ad ascoltare un concerto dedicato a De Andrè in una piccola osteria a San Gemini. Dopo essersi accorto che il chitarrista che stava suonando era un suo amico, gli viene chiesto di cantare qualcosa. L’interpretazione e la somiglianza timbrica fa rimanere il pubblico notevolmente sorpreso e, nei giorni successivi, Emanuele ed Alessandro decidono di dare vita al progetto. Nel 2013 gli Amico Fragile sono: Alessandro Acciaro -voce, chitarre, bouzouki; Leonardo Marchetti -Chitarre; Marco Bobbi -Basso; Riccardo Poggiani -Batteria; Emanuele Ceccarelli -Tastiere, Cori, Fisarmonica; Ilaria Valentini -Flauto, Ottavino; Anna Rita Longaroni -Cori, Percussioni; Simona Sciarra -Cori, Voce Solista; Valeria Acciaro -Cori e Voce Solista in Geordie. Il gruppo, composto da 9 elementi, vuole omaggiare la figura di De Andrè, non solo dal punto di vista musicale, ma soprattutto per la sua persona. Parliamo di un personaggio che ha fatto la storia di questo paese, la sua coerenza è stata ed è di esempio per tutte le generazioni. Come scrisse Nicola Piovani: De André non è stato mai di moda. E infatti la moda, effimera per definizione, passa. Le canzoni di Fabrizio restano. Gli Amico Fragile sono proprio testimoni di questa frase. Nei numerosi concerti tenuti dal 2009 ad oggi hanno incontrato un pubblico eterogeneo, dai giovanissimi ai meno giovani, tutti partecipi alla

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stessa maniera del messaggio che il cantautore voleva trasmettere. Il gruppo, riproponendo principalmente gli arrangiamenti della PFM Premiata Forneria Marconi, si propone di coinvolgere all’ascolto il pubblico facendo sentire tutti componenti di una grande famiglia, accomunata dai valori e dalle idee che De Andrè ha voluto lasciarci. La scelta della PFM infatti non è casuale, l’incontro che il cantautore ebbe con questo storico gruppo fu determinante per la sua ascesa, Mussida, Premoli, Di Cioccio e Zjivas, con la collaborazione di Mauro Pagani, riuscirono a vestire “di nuovo” le canzoni di De Andrè non facendo perdere però la capacità comunicativa dei brani. Questo vestito è molto caro agli Amico Fragile che, oltre a riproporre gli arrangiamenti della PFM, fanno rivivere anche il De Andrè più recente con brani come Dolcenera Princesa o in dialetto genovese Megu Megun, A Dumenega, lasciando all’ascoltatore la curiosità di ascoltare esecuzione dopo esecuzione. La storia degli Amico Fragile è ricca di piacevoli soddisfazioni. L’esordio live avviene nel Maggio 2009 grazie ad una operazione benefica per i terremotati d’Abruzzo, occasione che dà anche la possibilità al gruppo di suonare insieme alla Tribute Band di Rino Gaetano capitanata dal figlio di Gianni Morandi. In Agosto poi gli Amico Fragile si trovano subito di fronte a un altro importante evento: I suoni di Villalba ad Orvieto dove hanno il piacere di suonare con i Khorakhanè, secondi a Sanremo, ricevendo dagli stessi un totale consenso positivo nell’interpretare sia musicalmente che vocalmente il compianto Fabrizio de Andrè. Il violinista dei Khorakhanè, durante il sound check del gruppo, propone agli Amico Fragile di suonare qualche pezzo di Faber insieme a loro. Numerosi concerti nelle piazze umbre, tenuti dopo questi 2 eventi, fanno ottenere un grande successo al gruppo che decide, ad inizio 2010, di sperimentare anche il teatro, così caro a Fabrizio, suonando presso il teatro comunale di Narni, il teatro di Magliano Sabina e presso il teatro, registrando il tutto esaurito. Il 2010 sarà un anno di piena soddisfazione. Oltre alle numerose serate in piazza, gli Amico Fragile registrano un demo di 6 pezzi ed iniziano a far ascoltare la propria musica anche in diverse radio locali, partecipando a svariate trasmissioni televisive.


F r a g i l e È nello stesso anno che ricevono il Patrocinio dalla Fondazione Fabrizio De Andrè ONLUS creata da Dori Ghezzi per numerose esibizioni live. Nel 2011 la crescita del gruppo non si ferma. Grazie alla partecipazione ad un festival umbro piuttosto importante ricevono il premio come miglior voce/interprete e come miglior bassista della manifestazione. Questi premi aumentano ulteriormente la popolarità del gruppo che viene chiamato a suonare in diverse piazze umbre, riscuotendo sempre maggiore successo. Sulla scia di questa aumentata popolarità il gruppo sperimenta ancor più i teatri e, uscendo dai confini umbri, scopre di avere un ampio consenso da parte del pubblico e degli organizzatori. Nel 2012 è il momento di affrontare le piazze estive fuori dall’ Umbria. Il gruppo viene chiamato a suonare in diverse zone del Centro e Sud Italia (LazioAbruzzo-Marche-Campania-Basilicata) ottenendo sempre più riscontri positivi. È in questo anno che registrano il loro primo video di presentazione girato all’Anfiteatro Fausto di Terni durante un concerto live. Ma tutto questo è solo l’inizio di un percorso che porterà il gruppo, nell’anno successivo, ad avere le maggiori soddisfazioni. È nel 2013 che gli Amico Fragile fanno il grande salto di qualità. Lo storico chitarrista di Fabrizio De Andrè, Michele Ascolese, viene informato dei loro progetti e, ascoltando il loro demo, decide di partecipare ad un concerto evento al Teatro Manini di Narni suonando insieme al gruppo. Inutile dire il successo che questa iniziativa ha portato, oltre a registrare il tutto esaurito per la prima serata, l’organizzazione è stata costretta a replicare la data per le numerose richieste pervenute. Questa nuova collaborazione dà al gruppo la forza di intraprendere una strada fino ad allora non percorsa, quella di scrivere brani inediti. È grazie all’incontro con Roberto Vallerignani, produttore e autore, che gli Amico Fragile iniziano a comporre musica e sull’onda del successo ottenuto al concerto di Narni, Michele Ascolese decide di arrangiare i pezzi inediti scritti dal gruppo e da Vallerignani. Confrontarsi con un musicista di tale livello ha fatto maturare notevolmente il progetto. Ascolese incarna perfettamente i suoni mediterranei cari a

Faber mescolando con maestria testi e musica, ed è grazie a lui che entro fine anno uscirà il primo album preceduto da un singolo Il Funambolo che si potrà ascoltare a breve su Itunes. L’uscita del primo brano inedito degli Amico Fragile sarà poi seguito dal primo videoclip che potrete visionare sulle maggiori piattaforme web - Youtube, Vimeo etc... - sulla pagina ufficiale facebook e direttamente sul sito www.amicofragile.com e chi volesse comunicare con loro potrà farlo anche tramite eMail: info@amicofragile.com. Nello stesso anno il gruppo ai trova di fronte ad un altro traguardo, partecipando ad un contest organizzato da Radio Capital chiamato Capitalent. Lo sforzo della radio è stato enorme, ascoltando oltre 3000 band sparse su tutto il territorio nazionale si è ritrovata a scegliere 16 gruppi che nel corso di 4 settimane sono stati votati dal pubblico sul sito della radio e, tramite passaggi radiofonici, vengono selezionati i 4 gruppi finalisti, tra cui Amico Fragile. L’essere arrivati fra i primi 4 ha portato il gruppo a suonare al palco Nr. 1 del Music Italy Show di Bologna, un’ importante manifestazione artistico musicale che vede la partecipazione di numerosi big italiani come Gianni Morandi, Gino Paoli, Dodi Battaglia (Pooh) e che ha dato alla band ternana il modo di confrontarsi su un palcoscenico di professionisti ricevendo consensi da parte del pubblico e dello staff della radio. Alessandro sottolinea: Amico Fragile è nato per omaggiare l’indiscussa figura del cantautore genovese. Noi di Amico Fregile non siamo un clone, siamo persone che con coraggio, umiltà e professionalità hanno voglia di dire la loro... ... di Fabrizio de Andrè ce n’è solo uno. uno

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I ns i em e per ché . . . Associazione Culturale La Pagina

Ateneo ... per t ut t e l e e t à

... è bello raccontarci favole vere... ... abbiamo bisogno di cultura, l’unica che può salvarci ... è bello capire la scienza e sentire l’arte senza immolarsi sull’altare del gossip ... è bello stare insieme a tutte le età ... amiamo essere Senatori della Città

Iscrizione gratuita

Ogni Lunedì 16 - 18,30

Associazione Culturale La Pagina Terni, Via De Filis 7 07441963037 - 3936504183 3465880767 - 3482401774 Il senso della storia - Sauro Mazzilli; Dal Sole alla Terra - Pietro Rinaldi; Il rischio idrogeologico - Vittorio Contessa; Domande e, forse, risposte - Vittorio Grechi; Storia e cultura del territorio - Loretta Santini; Origini Astrologia-Astronomia - Giampiero Raspetti; Pillole di Astronomia Paolo Casali; Il segno artistico - Gianna Tei; Dal segno al numero (e viceversa) - Piero Fabbri; Segni per far di conto, segni per scrivere Giampiero Raspetti; Dalla caverna alla metropoli - Paolo Leonelli; L’Ellade educatrice dell’Umanità - Pierluigi Seri; La medicina e la sua storia - Giovanna Giorgetti; Le emozioni che fecero la storia - Vincenzo Policreti; La nascita della religione politeista - Ludovica Bertolini; Filosofia, esercizio critico della ragione - Marcello Ricci; L’atomo da Democrito alla quantistica - Francesca Tini Brunozzi. Incontri con... lingua inglese, disegno artistico, lingua araba Gretchen Probst, Roberto Bellucci, Hassania Lakrad.

Sabato 26 ottobre - Conferenza

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Dott. Paoluzzi


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Ridisegna il tuo volto Perdita di bellezza? Invecchiamento del volto? Perdita dell’ equilibrio naturale? Un trattamento basato sull’uso combinato di tossina botulinica, acido ialuronico con formulazioni e tecniche diverse e fili di sutura sottocutanei può essere la soluzione ai vari quesiti. L’ invecchiamento della cute è un processo tridimensionale che coinvolge ossa, muscoli, tessuto adiposo e pelle. Le cause sono la lassità, riduzione di volume, effetti della forza di gravità, redistribuzione del tessuto adiposo e riassorbimento osseo. Tossina botulinica e acido ialuronico sono ormai una realtà datata ma i fili di sutura, ossia strutture riassorbibili, che si ancorano nel sottocute permettendo di ricreare i volumi ed ottenere un buon effetto lifting in modo non invasivo sono una novità. Si tratta di fili lunghi trenta centimetri e realizzati in materiale riassorbibile (acido polilattico ). L’ impianto del filo di sutura che traziona il sottocutaneo viene inserito sul volto attraverso un unico punto di entrata (Fig.1) in anestesia locale. Il trattamento ambulatoriale mini-invasivo mira ad ottenere un riposizionamento del volume e una trazione della pelle nelle aree in cui i fili vengono inseriti (Fig. 2). Il trattamento è semplice, veloce, sicuro ed efficace. Bastano trenta minuti per inserire da uno a tre fili di sutura su ciascun lato del volto. A oggi non sono stati riportati effetti collaterali degni di nota. Potrebbe verificarsi un ecchimosi nel foro di ingresso e uscita, che si riassorbe in una settimana e un lieve edema che scompare nei due giorni successivi al trattamento. I risultati sono ottimi e durano fino a diciotto mesi. Dr.ssa Aless a n dra C re s ce n z i Ebbene, si tratta di un lifting del volto non chirurgico. Medico estetico

Fig. 1

D r. s s a

Alessandra Crescenzi

Fig. 2

Medico Estetico

Serviz i Sa ni t a r i , V i a C e s a r e B a t t i s t i 3 6 - T e r n i

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Spoleto L’ uo m o è un lu p o p er l’u o m o Nel XVII secolo il filoso inglese Thomas Hobbes riutilizzava il concetto dell’Homo homini lupus con cui sottolineava la malvagità della natura umana, in quanto fondamentalmente egoistica: a determinare le azioni dell’uomo sarebbero soltanto l’istinto di sopravvivenza e di sopraffazione. Tuttavia, un’altra teoria, quella dell’evoluzione, ci racconta che da scimmia primitiva l’uomo è diventato un essere dotato di intelligenza, discernimento, dotato di abilità manuali superiori, in grado di intessere rapporti con i suoi simili e con l’ambiente che lo circonda, questo è il cosiddetto Homo Sapiens Sapiens. Ma allora perché quest’epoca è soggetta ad una forma di involuzione? Avanziamo nelle tecnologie, nelle scoperte scientifiche, nella ricerca, nell’arte e nella musica, ma regrediamo da un punto di vista etico e morale. È possibile che l’uomo di oggi non si senta spinto ad avvicinarsi al suo simile in virtù di un amore naturale? È sufficiente accendere la radio, la televisione o aprire i quotidiani per essere catapultati nel più profondo girone Dantesco; orrori e violenze, diritti umani ignorati e calpestati, il diritto alla vita che ogni essere umano dovrebbe avere. Come si è giunti a questo? Eppure abbiamo leggi che ci tutelano, viviamo una società civilizzata, godiamo di ogni genere di privilegio, ma allora come è possibile che quotidianamente assistiamo a scene apocalittiche di guerra, oppressione, violenza? L’istinto primordiale di sopraffazione, la legge del più forte, ecco la risposta. Un antico retaggio che fa dell’essere umano un perfetto cacciatore per i suoi simili. Non importa quale sia il prezzo da pagare, si è disposti a tutto per essere i primi, i migliori, i capobranco. Ma la coscienza dove è finita? La vocina del “grillo parlante” di Pinocchio che fine ha fatto? Essa è incatenata in una prigione di silenzio e grida forte ma nessuno la sente, perché la bestia è più forte, più vorace, più seducente, più appagante. Ma non è troppo tardi per liberarla! Ammansire il lupo è possibile. Non si può rimanere impassibili davanti al bisogno perché potremmo trovarci noi stessi in difficoltà e a chi chiederemo? Impariamo ad amare, accogliere, consolare, incoraggiare, consigliare; la nostra condizione di privilegiati non sia un piedistallo da cui sparare sentenze ma un solido appiglio per poter concretamente far valere i propri diritti e quelli degli altri, di qualunque razza, nazione, colore, sesso, religione essi siano. Andrea Cesaretti Esiste un solo genere umano e tutti siamo figli di questo mondo.

Avanguardia tecnologica nel settore dei trasporti: il PIROBUS Non è certo cosa nuova sapere che, prima del collegamento ferroviario, agli inizi del secolo scorso Spoleto e Norcia erano unite da servizi di trasporto pubblici, ma è singolare conoscere come la nostra città seppe portarsi all’avanguardia sul territorio nazionale nel miglioramento di tali servizi. Spoleto infatti fu la prima città in Italia a dotarsi di pirobus, più comunemente chiamati vaporiere, autobus a vapore che avrebbero dovuto sostituire le diligenze per il trasporto dei viaggiatori. Fu lo stesso sindaco di Spoleto a recarsi in Francia e ad ordinare tre esemplari presso la ditta De Dion-Bouton che li consegnò nell’anno 1902 per la modica cifra di circa 80.000 franchi (circa 35-40 milioni di lire degli anni ’50)! I tre mezzi fecero dunque rotta per l’Italia. Tanto fu l’interesse e lo scalpore che destarono che, passando per il Moncenisio e per Torino, l’allora re Vittorio Emanuele II volle personalmente salire e fare un giro sui nuovissimi mezzi. Ancora più grande fu l’entusiasmo degli umbri quando videro entrare i tre primi pirobus nella propria terra, dopo aver valicato il passo del Furlo lungo la Flaminia. Il 12 ottobre del 1902, “410 anni dopo la scoperta dell’America” (così come ricorda lo scrittore nobile perugino Uguccione Ranieri di Sorbello), la prima vaporiera in Italia partì da Spoleto e, dopo aver percorso i 48 chilometri di distanza ad una velocità di 12,5 km/h e consumato circa 4 chili di antracite, arrivò a Norcia in poco più di 4 ore (rispetto alle 6 e più della diligenza). L’arrivo fu un vero e proprio tripudio: segnava la fine di un secolare isolamento non solo della città di Norcia, ma dell’intera Valnerina. Ma le proteste fioccarono ben presto. I contadini del nursino non riuscivano ad abituare il bestiame al nuovo spettacolo di rumori e luci. Specialmente d’inverno, quando la vaporiera transitava a notte alta avvolgendo di sbuffi e scintille la zona circostante, e creando qualche problema per le carrozze e i cavalli lungo il percorso. Oltre a ciò subentrarono i problemi di tipo economico. Fin dal 1905 si pensò di sopprimere i cosiddetti “mostri spoletini” dato che il servizio era largamente passivo, ma l’utilità e soprattutto il pensiero di tutti quei soldi spesi per l’acquisto dei mezzi indussero a tener duro. Il servizio durò in tutto otto anni. Nel 1910 fu soppresso e le vaporiere mandate a “riposo” ad arrugginirsi. La fine dei primi pirobus in Italia avvenne con lo scoppio della prima guerra mondiale: i mezzi furono sequestrati dall’esercito che poi le smantellò per usarne Simone Raus i rottami presso le fonderie della vicina Terni.

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Associazione Culturale La Pagina Terni, Via De Filis 7 0744.1963037

Sabato 26 ottobre

Acqua Limpida

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Righettu l’emigratu

Hello... hello... ai so’ Rrighettu, the americanu okkey, doppo terty anni so’ ‘rvinutu da l’Ameriga, mo’... mai neimme isse Righy… A Righé te sì ‘nvecchiatu... ma ammappete come stai bbene e ccome te sì arcagnatu e mmo’ quaci quaci ciò lu panicu pe’ pparla’ co’ tte... Ai ho ffattu meny lacche... meny furtuna... E tte vedo... la camicia a ffiuri... le scarpe a ppunta... lu sigaru su ppe’ la bbocca... aho no’ scherzamo... eri jitu via co’ le toppe su li carzuni eh?... Ai evve fattu very welle... a ggo... a ‘nnammene da l’Italia, ‘n Ameriga ho fattu li dollar... li sghèi... ho dduutu all’inizziu meny worke... meny sgobba’... ma ppo’ okkey okkey... n’è vvarza la pena, ggiù è ttutta ‘n’andra cosa… Se ssapéo vinìo ggiù ‘ngh’io... però doppo ch’éi sgobbatu tu!... Ccucì c’éo la strada spianata e ffacéo subbitu li sòrdi... li sghèi... li dollar come dici tu... Che tte sì pperzu!? ‘N Ameriga è ttuttu very very bbiutifulle... li scioppe is very very large... li bbildinghe is very very hai... tutti stonno very very welle!... A Righé... se stéi ccucì vvery very bbene... che ssì ‘rtornatu a ffa’ qui ppe’ Tterni... no’ stéi vvery very mejo laggiù?... Ai evve nostàrgia... nostargìa de may sity... may Terni... de littole case... littole car... littola confusion... littoli scioppe o ccome se dice qui... nigozzitti... li cristiani very very gudde... l’aire very very gudde... gnente ‘nquinament!... A Righé l’hai cunusciutu Garibbardi?... Uai Garibbardi!?... Me pare che stai a pparla’ de li tembi de chicchennena... guarda che l’inquinamentu ce l’emo ‘nghe noi... guarda che cce semo scafati ‘nghe noi... guardete ‘n bo’ ‘ttornu!?... Uao!?... May old sity… ai non t’arconosco... Terni au are diversa... oh... e ttutte this cose... uott ar... cosa sono?... Aho... che ffai come qquillu che nn’arconoscéa lu rastrellu e ppo’ quanno j’ha sbattutu su lu musu l’ha ‘rcunusciutu? Quillu che vvidi... so’ li palazzi... li bbildinghe come li jiami tu... armessi a nnòu... so’ le strade... le uèi come le jiami tu... so’ li nigozzi grossi... li scioppe come li jiami tu... ma quisti so’ sciopponi, so’ mmunumenti e ppiazze pe’ rritròu... so’ le piante grosse ch’emo fattu cresce... è… ttuttu quillu verde e ll’aria pe’ ccunturnu che tt’embe li purmuni e tte fa sogna’. Qui ‘ttornu è ttuttu ‘nu splendore... perché semo ‘nnammorati de ‘sta gran città e la volemo sempre più bbella... più bbiutifulle come dici tu. Sa che tte dico?... Mo’ che ssì ‘rtornatu arfermete qui... ccucì artroi ‘n’andra vorda l’Ameriga. paolo.cas ali48@alice.it

Una soffitta sull’Universo Ma cos’è la declinazione? La declinazione è una delle coordinate che si usano in astronomia insieme all’ascensione retta. Un po’ come la latitudine e la longitudine che usiamo sulla Terra, solo che invece di essere proiettate sulla superficie terrestre, sono proiettate sulla sfera celeste. Ma rispolveriamo prima latitudine e longitudine così poi sarà più semplice spiegare declinazione ed ascensione retta. Benissimo Overlook! Almeno ripasso anche qualcosa prima di tornare a scuola oltre che imparare moltissime cose nuove! Allora: la Terra è divisa, immaginariamente, in una griglia composta da 360 meridiani e 180 paralleli. I meridiani sono linee verticali che uniscono il Polo Nord e il Polo Sud e come riferimento hanno il meridiano 0 che passa per Greenwich, in Inghilterra, quindi muovendoci ad est avremo i 180 positivi, mentre ad ovest i 180 negativi. I paralleli invece sono linee orizzontali parallele all’equatore, arrivano ai poli e sono 90 a nord di questo e 90 a sud. Questa griglia immaginaria ci permette di localizzare esattamente qualsiasi punto della superficie terrestre, conoscendo appunto il valore di latitudine e longitudine. E come si fa? Seguimi bene Leonardo, la Terra è una sfera, quasi, dato che è leggermente schiacciata ai poli, comunque, come sfera ha un suo centro, giusto? Giusto. Bene, da quel centro fai partire una linea retta verso l’equatore. Poi prendi un qualsiasi punto a nord o a sud rispetto all’equatore. L’angolo che si formerà tra il piano dell’equatore e il punto, sia a nord che a sud, è la latitudine. Per la longitudine è la stessa cosa, solo che invece di muoverti nord o sud, ti muoverai verso est od ovest, prendendo come riferimento il meridiano 0. Ho capito! Quindi la declinazione sarebbe come la latitudine ma proiettata nel cielo! E l’ascensione retta come la longitudine! Benissimo Leonardo! L’ascensione retta viene misurata in ore, minuti e secondi corrispondenti alla rotazione terrestre: 24 ore di ascensione retta sono un giro completo. Lo zero corrisponde al punto dell’equinozio primaverile, ovvero al Primo Punto d’Ariete. Wow! Quante cose ho imparato questa sera sul nostro pianeta! Grazie davvero Overlook! -disse Giovanni- Oltre ad aiutare a coltivare questa bella passione in Leonardo, stai insegnando moltissime cose anche a noi… Senza contare il fatto -aggiunse Margherita- che è un bellissimo momento da condividere e da passare in famiglia. Per cercare di accontentare nostro figlio ci siamo dedicati sempre di più al lavoro per potergli comprare questo o quello; invece mi rendo conto che bastava così poco… la natura ci offre così tante bellezze che noi neanche ce ne rendiamo conto fino a che qualcuno non ci apre gli occhi e ce le fa vedere e, soprattutto, adesso capiamo che Leonardo aveva bisogno di passare più tempo con noi. Quella sera andarono a letto tutti soddisfatti: Leonardo perché finalmente i suoi genitori, oltre che risvegliare un loro interesse, avrebbero passato più tempo con lui, Giovanni e Margherita perché avevano capito che il lavoro, portato all’eccesso, non è un bene e che ci sono altre cose nella vita, Overlook perché… bhè… modestamente era accaduto tutto grazie a lui. Michela Pasqualetti mikypas78@virgilio.it

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Parliamo delLA LUNA Settembre, Ottobre ed anche Novembre costituiscono un periodo ottimo per l’osservazione del cielo. Si fa notte presto ed ancora le temperature rimangono ben sopportabili. I leggeri venti che nei periodi in cui la pressione atmosferica è alta sopraggiungono dalle regioni nord-orientali e rendono il cielo terso e scuro, giusto per evidenziare gli oggetti e i panorami astronomici che la nottata ci presenta. Ovviamente questo è valido nei periodi di bel tempo ed in assenza dell’odiato inquinamento da luci artificiali eccessive. Il peggior guastafeste di noi astrofili! Anche la Luna, in queste condizioni, sa dare il meglio di sé e se l’osservazione ad occhio nudo ci sembra poco, anche l’utilizzo di un binocolo rende più appagante e nuova l’immagine. Certo, con un comune binocolo non avremo mai la possibilità di scrutare i piccoli particolari presenti sulla superficie lunare ma già poter individuare con maggior precisione i contorni dei cosiddetti mari, poter localizzare alcuni dei crateri maggiori, valutare le differenze morfologiche della faccia della luna regione per regione è interessante. Che tipo di binocolo si può usare? Generalmente questi strumenti portano stampigliati in qualche parte due numeri separati da una X ad esempio 8x40, 10x50 ecc. Il primo numero ci indica la quantità di ingrandimenti, il secondo il diametro delle lenti anteriori, gli obbiettivi. Questi ultimi rappresentano un elemento importante nella scelta dello strumento poiché ad un maggiore diametro corrisponde una maggiore captazione di luce che incide sulla qualità dell’immagine; purtroppo però, diametri maggiori sono proporzionali a costi superiori. Per poter osservare la Luna non è necessario avere dei grandi obbiettivi perché essa è molto luminosa ed anzi la troppa luminosità delle lenti potrebbero costituire un disturbo. Per quanto riguarda invece gli ingrandimenti va considerato che più sono e maggiori dettagli si scoprono, ma non è così semplice. Con l’aumentare del numero di ingrandimenti, se lo strumento viene usato senza supporti o appoggi fissi, aumenta il tremolio trasmesso dalle braccia col risultato di avere l’immagine assolutamente instabile e insignificante. Quindi al termine del ragionamento possiamo dire che per l’osservazione della Luna, già binocoli intorno a 10x50 danno risultati soddisfacenti, migliori risultati si hanno con valori da 10 a 20x50 e anche maggiori, ma vanno usati con il cavalletto. Nell’immagine sono indicati gli oggetti della superficie lunare meglio identificabili con l’aiuto di un normale binocolo. Enrico Costantini

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