Mensile gratuito
N째 8 - Ottobre 2010 (78째)
Preferisco... Assioma, nelle matematiche dimostrazioni, significa verità degna. Acioj (axios) è: degno di onore, valore condiviso. Verità degna, ma fino a quando? Fin quando, dopo aver correttamente applicato le regole della deduzione logica, non si giunga a conclusioni lampantemente errate! In tali casi non è più degna, ma, niente paura, non dà luogo ad eresie o a tradimenti; semplicemente viene cambiata, non esiste più! Si trova, nella vita ordinaria, l’analogo: si crede in un partito (concezione, idea...) fin quando tutto risulti adamantino. Non appena però si è certi della presenza, tra i militanti, di un disonesto, anche uno solo, la coerenza morale (alter ego della deduzione logica) dovrebbe cancellare quel partito, senza se e senza ma. Altrimenti si è complici e si fa parte, consapevolmente, della cricca. Oggi penso che molti siano i complici, molte le cricche, poche le condanne e allora sento di preferire la politica assiologica a quella assiale, dell’asse o retta cartesiana cioè (per intenderci: destra, sinistra, centro con i più moderni centro-destra e centro-sinistra). Antepongo alle ideologie, ormai di comodo, alcuni valori condivisi e, dunque, il confronto su tematiche concrete: la scuola, l’arte, la cultura, la ricerca scientifica, il lavoro, la disoccupazione. Poi la giustizia, l’economia, le infrastrutture... non ho trasporto per la casetta in Canada. Una diade ci sovrasta: quella tra moderati ed estremisti. La politica assiale colloca i moderati al centro e gli estremisti, appunto, alle estremità, ma niente è più falso. Trovi moderati ed estremisti a destra, al centro, a sinistra. Gli estremisti riempono le scene, sono soverchiatori. Parlano ai ventri. I moderati sono meno appariscenti. Il loro compito è arduo: parlano alla mente. Solo nella politica assiologica stanno uno da una parte, l’altro da parte opposta. Virtù tipiche del moderato sono quelle della tolleranza, della ragione calcolatrice, della paziente ricerca della mediazione: virtù necessarie nel mercato delle cose come nella dialettica delle opinioni, delle idee, degli interessi conflittuali. Il moderato affronta la discussione esponendo con chiarezza le sue opinioni, senza dileggiare quelle degli altri e attenendosi sempre al tema in discussione. L’estremista decide da solo o, se costretto a discutere, cerca di arroventare la discussione parlando d’altro, portando paragoni senza senso, punzecchiando con battutine miserrime, cercando di irretire l’avversario politico, dimostrando però così di avere torto marcio. E’ catastrofico e si ispira emblematicamente alle virtù guerriere dell'ardimento. Ordine è la sua parola d’ordine. Ma il suo coraggio non lo porta mai a combattere da solo. Agisce sempre in combutta con altri estremisti, meglio se tanti contro pochi, meglio se con le spalle coperte da potere occulto. La diade più importante, perché in essa basilare è il dato genetico, riguarda l’uomo libero e il cultore di privilegi. Anche questa trova seguaci a destra come a sinistra. Io non amo gli estremisti, né i cultori di privilegi. Prediligo l’uomo libero, che si batte perché tutti abbiano le stesse opportunità per far emergere le diversità. Preferisco: la matematica alla superstizione; combattere uno contro dieci, piuttosto che dieci contro uno; i rigori della legge al sopruso dell’arrogante; servire gli umili piuttosto che i potenti; l'inferno del caos al paradiso dell'ordine. Non so evitare le passioni. Arrossisco anche per una marachella compiuta da altri, per cui temo l’imperturbabilità del falsario. Mi piace inseguire i sogni, ma sto con la mente. Scelgo di vivere. Giampiero Raspetti
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Il viaggio dop del ciliegino - F P a t ri zi Duecento anni di scuola - P F a b b ri Terni, dove vai? - A Mel a secch e Servizi? Ma di che?!? oh?! - V P o l i cret i INTERPAN A Terni svolta per le politiche sociali - B R a t in i Professioni - R Ma st o d o n t i ARREDO FAMIGLIA Cara Italia... - D K o u t n á Gemellaggi - S P a sca rel l i MAGICA CARSULAE - A N est ero va La leggenda del GOLEM - A P i era l l i CARSULAE Una città romana - P B ru sch et ti Il vecchio e il fascista (2) - A P Liceo Classico - S M F a n t i n i In nome dei bambini - E B ert i n i Attimi - C C o l a sa n t i La classe dirigente del domani - A L i b erati SValentino... Nonostante Chavez - A L PAZZAGLIA In libreria a Novembre - G E R MO G L I Diritti umani - M R i cci Magica Olimpia - G R Astronomia - T S ca cci a f ra t t e, G C o zza ri Astronomia - P C a sa l i , F Va l en t i n i Inquinamento luminoso - F C a p i t o l i Corsi di matematica - G R Quanto vale lo “0”? - E L u cci AUTOPLUS SUPERCONTI
LA
PA G I N A
La considerazione del mondo cominciò dallo spettacolo più bello che i sensi umani possano mai presentare, e che il nostro intelletto possa mai sostenere di perseguire nella sua grande estensione, e finì - con l’astrologia. La morale cominciò con la proprietà più nobile della natura umana, il cui sviluppo e la cui cultura mirano ad una utilità infinita, e finì - col fanatismo o con la superstizione. I. Kant Critica della ragion pratica Conclusione
Mensile di attualità e cultura
Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni
DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta s.a.s. di Giampiero Raspetti e C.
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Duecento anni di scuola
La pasta condita con i pomodori ciliegino è una prelibatezza che sprigiona in tavola un profumo inconfondibile d’estate, di basilico… e di camorra. Quest’ultimo afrore non è roba da gourmet, si intende, ma è un ingrediente costante della nostra cucina che, per quanto camuffato da spezie ed etichette bio, per certi stomaci è difficile da mandar giù. Un giornalista dotato di fiuto ha provato a seguire le peripezie dei ciliegini del signor Antonio dal mercato ortofrutticolo di Fondi (Latina) al negozio Da Enzo a Sperlonga, una distanza di 14 km appena che il ciliegino coprirà in 3 giorni dopo un viaggio di 1.398 km. Antonio porta i suoi pomodori al mercato dove tutto è già deciso: acquirenti, prezzo, pizzo e viaggio; vende il ciliegino a 85 centesimi al chilo a un grossista di Milano. Giunta sul mercato lombardo-veneto, la merce non viene neanche scaricata dal camion e riparte per Roma insieme a un carico di banane, perché l’acquirente interessato ai ciliegini, il signor Enzo di Sperlonga, è gentilmente obbligato a comperare anche la partita di banane del grossista milanese. Il ciliegino intanto ha percorso 689 km e il prezzo è lievitato a 2,20 euro al chilo. Le banane, invece, vengono da Rotterdam, hanno viaggiato per circa 1.000 km, ma il rincaro vero lo avranno nella capitale. A Roma, il camion si ferma ad una frontiera invisibile: da qui inizia la terra della camorra e bisogna pagare il dazio. La merce viene scaricata dal camion di origine e caricata sul camion dei camorristi, che la porterà al mercato di Fondi (neanche 100 km) per la modica cifra di 250 euro. A questo punto Enzo può acquistare i pomodori che ha coltivato il suo vicino Antonio nelle serre che distano 3 km da Sperlonga, ma li paga 2,58 euro al chilo; tariffa su cui va calcolato il pizzo del 2% dovuto alla camorra per poterli vendere al supermercato. Alla fine di questo viaggio, il ciliegino viene venduto a 2,60 euro al chilo. Se poi da Sperlonga Enzo riporta i ciliegini a Roma, in un altro supermercato della catena, dovrà ripagare camion e dazio al Sistema e il prezzo della merce salirà a 3,50 euro. Stesse peripezie per il ciliegino di Vittoria, in Sicilia. Racconta un anonimo coltivatore che cosa deve fare per vendere i suoi pomodori nella vicina Catania. Parte la merce per la città etnea, da qui si imbarca per Napoli, arriva al mercato ortofrutticolo di Fondi, dove viene prelevata dai camorristi e rivenduta al produttore stesso, che se la fa rispedire a Vittoria; ora finalmente, dopo un viaggio di 1.840 km, potrà partire per i mercati catanesi, che distano 97 km dalle serre di Vittoria. È così che ci ritroviamo in tavola gli spaghetti con i ciliegini al profumo tipico italiano: basilico e camorra. Un piatto veramente dop (denominazione d’origine protettissima)! Francesco Patrizi
Ottobre: difficile non parlare di scuola. Specialmente per chi è abbastanza vecchio da associare ancora l’inizio delle lezioni al primo di giorno d’Ottobre, san Remigio: associazione talmente forte, un tempo, che i bambini delle prime classi elementari venivano chiamati remigini. Parola ormai del tutto in disuso, fortunatamente, anche se i dizionari più diligenti ancora la riportano. Ma anche senza la scusa dell’Ottobre incipiente, è davvero difficile non parlare di scuola: se ne parla in Francia, dove nonostante la crisi il governo ha destinato alla ricerca e all’istruzione una decina di miliardi di euro per il prossimo quinquennio; se ne parla in Germania, dove i programmi del cancelliere Angela Merkel, già ad inizio anno diretti al risparmio più ferreo, pianificavano ovunque i tagli più rigorosi, “tranne che alla Scuola, alla Ricerca e alla Sanità, naturalmente”. Naturalmente, già; impressionante quanta distanza civica e politica possa nascondersi dentro un semplice avverbio di modo. E se ne parla anche in Italia. Se ne parla per i tagli qui invece attuati ripetutamente, anche se quasi sempre travestiti da riforme. Se ne parla perché la scuola pubblica sempre più spesso chiede contributi diretti alle famiglie: e non per attuare programmi sperimentali o virtuosismi didattici, ma solo per garantire la presenza della carta igienica nei bagni. Gran parte dei remigini ternani dei primi Anni Sessanta la carta igienica a casa non l’avevano, e si arrangiavano con fogli di giornale o peggio: ma a scuola la carta igienica non mancava mai, in quegli anni che pure erano ancora anni di povertà. Se ne parla perché sui giornali rimbalzano dichiarazioni e commenti sulla necessità di tagliare le spese degli insegnanti di sostegno: i portatori di handicap sono diversi, bisogna farsene una ragione, e bisogna soprattutto che se la facciano loro: quindi, niente speranza di integrazione, meglio tagliare: e con i soldi risparmiati si può provare a portare avanti magari un programma paramilitare, d’intesa col Ministero della Difesa: i liceali che vorranno giocare a fare per un po’ i soldati potrebbero così anche guadagnare dei crediti. Accade in Lombardia, Italia. Sempre in Lombardia, Italia, i proverbiali fiumi di inchiostro sono stati versati all’inaugurazione della splendida scuola di Adro. E’ splendida davvero: moderna, nuova, con ogni servizio immaginabile: siamo certi che non ci saranno mai problemi di carta igienica, lì. Scuola pubblica, ma edificata grazie anche ai contributi diretti e volontari dei cittadini: il primo dei quali, per orgoglio locale e politico, l’ha fatta dipingere col colore del suo partito, intitolata ad un personaggio del suo partito, e infarcita di settecento simboli del suo partito. E’ diventata così la scuola più famosa d’Italia; una scuola pubblica più politicizzata d’una scheda elettorale, e tutto sommato lo scandalo sollevato non è stato neanche troppo grosso. L’Italia, pubblica o privata che sia, è ormai abituata agli scandali: assuefatta, forse. Si parla di scuola e di università, insomma, ma non della scuola e dell’università che vorremmo. E si invidiano i paesi vicini, quelli in cui gli insegnanti non devono fare vent’anni di precariato per giungere infine alla strabiliante sicurezza economica di milletrecento euro al mese; quelli in cui per ogni ricercatore scientifico che se ne va all’estero ne arrivano venti, come accade in Inghilterra, mentre da noi per ogni ricercatore straniero che arriva ne partono dieci. Eppure esiste una scuola, in Italia, che ha prodotto un Presidente della Repubblica ogni 2700 studenti, un Premio Nobel ogni 1800; per fare un confronto immediato, considerate che la popolazione universitaria attuale è di circa 1.800.000 studenti: se tutta l’università italiana avesse le stesse caratteristiche di questa piccola scuola, dovremmo avere nel prossimo futuro quasi settecento presidenti della repubblica e un migliaio di premi Nobel. E’ una scuola a cui si accede solo per merito, per esame: e una volta superato l’esame non ci sono rette da pagare, né tasse, e vitto e alloggio sono gratuiti. Da questa scuola sono usciti i presidenti Gronchi e Ciampi, i premi Nobel Carducci, Fermi e Rubbia. E’ la Scuola Normale Superiore di Pisa. Il 18 di questo mese compie duecento anni, e merita tutti i nostri auguri di continuare a resistere per almeno altri due secoli. Piero Fabbri
laboratori
Il viaggio dop del ciliegino
Lab
P.zza del Mercato Nuovo, 61 - 05100 TERNI www.salvatidiagnostica.it - Dir. Dr. Luciana Salvati
Unità Operative
Settore Medicina di laboratorio Tel. 0744.409341 Patologia Clinica (Ematologia, Chimico-Clinica, Immunochimica, Coagulazione) Microbiologia e Parassitologia Clinica Riproduzione (dosaggi ormonali, valutazione fertilità maschile) Infettivologia - Allergologia - Biologia Molecolare Tossicologica umana e ambientale - Citologia Intolleranze alimentari - Malattie Autoimmuni
Settore AcquAriAlimenti Tel. 0744.406722 Microbiologica e chimica degli alimenti e delle acque Consulenza ed assistenza tecnico-legislativa in aziende alimentari Valutazione, progettazione, implementazione piani HACCP Corsi di formazione ed aggiornamento
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Te r n i , d o v e v a i ?
Di solito descrivo la bellezza, la diversità e le contraddizioni di luoghi lontani in cui mi reco per lavoro o per passione, ma al termine di ogni viaggio è a Terni che torno, Terni è la mia città, dove ho scelto di vivere, città che amo anche perché ha sicuramente nel suo DNA la cultura dell’accoglienza. Che questa, poi, nel tempo, possa essere confusa con la trascuratezza è però cosa ben diversa. Non è infrequente assistere a situazioni di abbandono del centro storico in mano a soggetti che, per scelta o per necessità, bivaccano a gruppi con i propri cani utilizzati per chiedere l’elemosina. Alcuni si ubriacano a tutte le ore, abbandonano le bottiglie un po’ ovunque, danno in escandescenze, sdraiati anche sotto il Municipio per giorni e giorni senza che nessuno chieda loro se hanno bisogno di qualcosa. Da quando il Comune ha eliminato i bagnotti pubblici il fetore dell’orina sotto le volte nobilissime risveglia dal sonno eterno persino Michelangelo Spada che lo fece costruire! Quando si radunano in Corso Tacito e prelevano la merce dai supermercati senza pagarla, magari con grida e gesti inconsulti si capisce che non si tratta solo di alcol. Si assiste anche a scene in cui importunano donne con carrozzine e future madri in attesa. I gestori dei punti vendita, rassegnati, non chiamano neanche più le forze dell’ordine. Da settimane quei poveri sbandati si radunano anche nei giardini di Via I Maggio, in cui i cani inconsapevoli (o forse gli stessi padroni) lasciano montagne di escrementi, forse per concimare le aiuole abbandonate a se stesse. Terni è una città tollerante, ma è giusto arrivare fino a dover considerare normali fenomeni che dovrebbero avere solo il carattere dell’eccezionalità? La libertà di un individuo finisce dove inizia la libertà dell’altro e in quei giardini di certo le mamme non sono più libere di far giocare i propri bambini. Non solo per ragioni igieniche e olfattive. Possibile che non ci sia nessuno preposto istituzionalmente allo scopo, che possa proporre loro un aiuto, se veramente in difficoltà, oppure richiamarli al rispetto dei luoghi e, soprattutto, delle persone? Non si comprende se questo laissez faire sia frutto della noncuranza di chi dovrebbe intervenire o di un certo snobismo culturale che confonde il cosmopolitismo, l’apertura e l’accoglienza con l’accettazione acritica di situazioni e comportamenti incivili o prepotenti. Che la città sia in difficoltà è palpabile, che perda il rispetto di se stessa alessia.melasecche@libero.it è ben altra cosa….
Bene ha fatto la Gelmini a licenziare i precari, tutti li doveva mandar via. Bene faranno le Poste (ma perché si chiamano ancora così?) a non recapitare più le lettere. Bene fanno gli ospedali a non curare i pazienti che non rendono. Bene fanno i governanti a portare la mano alla rivoltella appena sentono la parola cultura. E fanno bene perché sarebbe ora di ficcarci in testa che la società contemporanea (per definizione la migliore) ha un unico metro di utilità: il danaro immediato. Se una cosa rende, è utile e se non rende (cioè è inutile) non si deve fare e non si fa. Non sfugge a noi del popolo che questo principio elimina fatalmente il concetto di servizio pubblico. Anzi, lo rende addirittura inintelligibile, in quanto antitetico a quello di utilità economica immediata. Per l’utilità a lungo termine ci sarebbe il concetto di investimento. Ma noi oggi siamo qui, domani chissà. Dopo di noi, il diluvio e chi ci affoga, peggio per lui. Purtroppo la società non ha ancora del tutto compiuto questo passo in avanti; vi sono ancora sacche, ancorché obsolete, di servizi che vanno eliminati e prima lo si fa, meglio è. Per cominciare, proprio la cultura: vi sono ancora, nonostante i lodevoli sforzi del Governo, istituzioni che, utilissime se mai la cultura fosse un valore, diventano palle al piede se non lo è: musei, orchestre, teatri, enti lirici e tante altre. Qualcuno mi sa dire a che mai servano Mozart, Michelangelo, Socrate? Per eseguire il primo occorre pagare un’orchestra, mentre con una tastiera e casse da 40.000 si può fare molto più rumore a prezzi incomparabilmente più bassi. Per restaurare la Sistina sono state spese somme enormi, mentre vi sono oggi ottime vernici sintetiche che con il computer
S E R V I Z I ?!? Ma di che, oh?!
possono ottenere sfumature che Michelangelo nemmeno si sognava e possono essere date a macchina su tutta la volta. Un attimo: per vedere la Sistina si pagano un sacco di soldi (lo Stato Vaticano è più moderno e coerente di quello italiano) e questo c’induce a ripensarci: per la Sistina -se rende- il discorso potrebbe essere diverso. Non così per tutte le chiese in cui si entra gratis. Salvo la simonia, la religione è improduttiva. Quanto a Socrate e la filosofia: ma andiamo! Un’intelligenza astratta! Ma s’è mai sentito niente di più assurdo? Mille volte meglio il Corriere dello sport, che diffonde chiacchiere altrettanto inutili, ma almeno promuove iniziative ad assai più alto reddito. Tuttavia il punto sul quale non si batterà mai abbastanza è quello dell’educazione che i genitori ancora praticano senza rientro economico. Si può immaginare niente di peggio? L’impartire un’educazione ai figli è un lavoro difficilissimo, qualificatissimo (tanto che in esso gli errori sono fisiologici anziché patologici), che dura decenni. Tradotto in euro esso corrisponderebbe ad una cifra a sei zeri. E invece i genitori che fanno? Non solo sperperano gratis tutte queste
energie, ma addirittura pagano, mantenendo i bamboccioni, vestendoli, nutrendoli e spesso foraggiandone anche i vizi. A meno che non lo si faccia al fine di avviare in tempi brevi i propri figli alla prostituzione o alla pedofilia passiva, attività redditizie che remunerano l’investimento, la formazione dei giovani non si giustifica con niente. Si obietterà che il giovane, lasciato a se stesso, svilupperà grande infelicità, quindi rabbia e ciò ne farà un tossicodipendente o un paziente, presumibilmente psichiatrico ma non solo, un delinquente o un relitto umano. Ma è proprio questo il vantaggio: tossicodipendenti e delinquenti infatti causano grande circolazione di denaro, malati e relitti umani in genere, sono i presupposti di enormi strutture che raramente giovano a loro (che per lo più vi peggiorano), ma procurano immani profitti a case farmaceutiche e strutture ospedaliere o assistenziali: per ogni malato che arriva, vi sono dieci sani che fanno soldi. E siccome, per definizione, il denaro è benessere, la società diventa sempre più felice e il popolo sempre più allegro. O no? Vincenzo Policreti
Analisi della postura Ipertermia Onde d’urto focalizzate Rieducazione ortopedica Rieducazione posturale globale Tecarterapia Test di valutazione e rieducazione isocinetica
Fisioterapia e Riabilitazione Dir. San. Dr. Michele A. Martella - Aut. Reg. n. 8385 del 19/09/01
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A Terni una svolta per le politiche sociali
Il Piano regolatore sociale dovrebbe essere presentato a gennaio 2012. Terni è la prima città di medie dimensioni che sperimenta un modello per le politiche sociali già applicato in grandi metropoli, come Roma e Torino; l’obiettivo, anche da noi, è quello di fornire servizi realmente adeguati ai diritti dei cittadini. Le politiche sociali dovrebbero essere preposte a questo scopo, ma fino ad oggi la gestione non è riuscita a raggiungerlo. Tale esigenza è più che mai urgente ora, dati i recenti, pesanti tagli del governo nazionale. Sono iniziati a Terni, proprio nel mese di settembre, i lavori sul Piano regolatore sociale riguardanti la disabilità: il 24 settembre si è tenuto il primo incontro, cui hanno partecipato l’assessore comunale alle politiche sociali, rappresentanti della FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap) nazionale e regionale e della FAND (Federazione Associazioni Nazionali Disabili) e la vicepresidente della regione Umbria. Il metodo di lavoro utilizzato è quello di Agenda 22, nato in Svezia nel 1999 con lo scopo di implementare le Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità delle persone con disabilità stabilite dall’ONU, nei Piani relativi alle politiche sulla disabilità. La svolta nelle politiche riguardanti la disabilità parte dall’approccio alla disabilità stessa, intesa come il risultato di un’interazione. Infatti, nella Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità (ratificata dall’Italia con la legge n. 18 del 3 marzo 2009), all’art. 2 è scritto che Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri. Tanto che si potrebbe parlare di disabilità in riferimento alla società, quando essa non è in grado di garantire a tutti i cittadini gli stessi diritti: alla mobilità e accessibilità, all’istruzione, allo sport ecc. Il passaggio dall’ottica dei bisogni a quella dei diritti è fondamentale, per superare quella concezione per cui la persona con disabilità deve accontentarsi di quello che passa casa, e per ogni servizio che le spetterebbe deve stare a bussare, elemosinare, e inchinarsi all’autorità preposta se, alla fine della lotta (e dei pellegrinaggi presso i vari uffici e sportelli), le viene concesso qualcosa. Per maggiori informazioni consultare il sito Beatrice Ratini www.cpaonline.it
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P r o f e s s i o n i Non so bene da dove mi sia giunta tanta passione per il tema del viaggio. O, meglio, so che fare autocoscienza intorno a questa materia implicherebbe un percorso di autoanalisi lungo, complicato, doloroso persino. Chi non ha paura di tuffarsi dentro le viscere del proprio inconscio, nelle tracce e nelle ferite che il passato ci occulta, perpetuando, nostro malgrado, i suoi miasmi? Ho sempre amato visceralmente il mio lavoro di insegnante, che ho scelto e che arricchisco occupandomi intensamente di progettualità europea: ciò mi obbliga ad un superlavoro comprensibile da chiunque abbia dimestichezza con le logiche dei protocolli dell’Unione - che mi consente tuttavia di vivere, con i miei studenti e per diretta ricaduta con le loro famiglie, esperienze di partenariato interculturale incredibilmente interessanti, delle quali il viaggio appunto è strumento di lavoro imprescindibile, strutturalmente fondante. La UE, attraverso le Agenzie LLP decentrate a livello nazionale, supporta progetti di partenariato fra istituzioni educative europee, esercitando rigidissime procedure di filtro meritocratico e di controllo sia della qualità sostanziale sia della correttezza formale dei processi attivati da scuole dislocate nei più differenti angoli del continente, poche e molto selezionate, per la verità, vista la oggettiva complessità dei vari segmenti dell’iter progettuale. Vincolo rigorosissimo di utilizzo dei budgets erogati dalla Commissione, a seguito della articolatissima selezione di merito dei progetti elaborati nelle scuole, è la loro destinazione d’uso esclusivo per il finanziamento di mobilità dei soggetti implicati nelle attività di partenariato. Siamo dunque piacevolmente obbligati a viaggiare, viaggiare, viaggiare… per tener fede alla mission fondante la UE, semplificabile nella formula: …fatta l’Europa (processo, in verità, purtroppo ancora molto in fieri!) occorre fare gli europei, al fine di favorire il cammino comune dei popoli d’Europa, tanto vicini per radici storico-culturali, eppure ancora lontani per lingua, tradizioni identitarie, radicamenti etnici, appartenenze religiose… barriere il cui superamento può essere avviato solo dalla creazione di concrete ed operative condizioni di relationships umane, dirette, face to face in tutti i settori della vita sociale del vecchio continente. Di questa mission sento, immodestamente, di aver condiviso precocemente lo spirito, come altri europei, colleghi sconosciuti - appassionati del loro lavoro e solidi nella scelta di campo dell’impegno europeista - con i quali ho avuto la fortuna e l’onore di lavorare e per i quali so di costituire un punto di riferimento in una comunità transnazionale alla quale adoro appartenere. L’archetipo del cammino occupa, del resto, prepotentemente la struttura della mia personalità da sempre o, meglio, da quando di me ho memoria e con pari sicurezza so che questa affezione dell’anima attraversa innumerevoli altre menti, molte delle quali femminili. La faccenda in me tende ad assumere persino contorni grotteschi: mi avviluppo perennemente nella pratica e nel sogno di percorsi attraverso lo spazio geografico, con una propensione esterofila, non priva, riconosco, di provincialismo. Il fatto è che adoro percepire il suono di altre lingue, immergermi in flussi di suoni incomprensibili, assaporare il gusto segreto di fonemi sconosciuti ed impossibili, perdermi in conversazioni stentate, difficili, in cui le parole poco aiutano la comprensione: perché lì, credo, la comunicazione è più vera. Con la parola nascondiamo molto di noi, possiamo mentire, bluffare, fingere, recitare, omettere. Il resto di noi, invece, ci svela veritieramente, senza infingimenti: la pragmatica della comunicazione, lo sguardo, il gesto, l’espressione del viso, la mimica, il tono della voce, la postura del corpo, la prossemica, il riflesso della sudorazione, il rossore del volto comunicano senza ombra di equivoci, genuinamente, talora pericolosamente, sinceri. Peccato che negli anni io abbia dovuto imparare a biascicare quella sorta di terribile esperanto che gli appartenenti alla comunità dei contemporanei argonauti continua a definire presuntuosamente English, ma che tutti sappiamo bene inglese non è. Si tratta invece del primitivo, semplificato, balbettante simulacro di una lingua viva: è un codice di relazione fra persone la cui interazione è formale, legata al mondo del lavoro, con tutto quel che di estraneo e stereotipato ciò inevitabilmente può implicare. Fortunatamente, tuttavia, per chi - come me ha scelto di vivere perennemente appeso ad un universo comunicativo in larga misura virtuale, tra mirabolanti application forms e terrificanti final reports (i protocolli ufficiali della UE sono sicuramente opera di sadici incalliti, superbamente remunerati per incrudelire contro inermi lavoratori mal pagati e peggio considerati!) la gratificante ricaduta è nella possibilità di navigare non in una second life, ma in innumerevoli altre vite, altri luoghi, altri interlocutori, altre culture, altri cibi, altri odori, altre sensibilità complici nel cammino progettuale pur se lontane geograficamente. Scegliere di collocare il focus del proprio baricentro in una dimensione culturale extraterritoriale, in una terra di mezzo definita da confini telematici, implica, ovvio ed ineludibile corollario, la continua comunicazione virtuale con chi condivide la mia passione per questo lavoro arduo, ostico, ermetico, imprudentemente scelto! Passione operosa mista, tuttavia, a sentimenti, emozioni, voglia di gossip e di autocoscienza femminile che solo noi donne riusciamo a desiderare e praticare tanto ardentemente sempre e dovunque, a tutte le latitudini, con qualsiasi tempo ed a qualunque ora! Il fatto è che le passioni culturali ed i progetti di ricerca che condividiamo ci rendono complici, azzerano lo spazio, galoppano dentro le miracolose vie tecnologiche, ci fanno sentire vicinissime come solo le donne sanno essere, ma resta pur sempre vero che io vivo a Terni e loro ad Heraklion, Oslo, Antalya, Istanbul, Costanza, Helsinki, Vilnius, Martinica, Cipro, Siviglia, Braunschweig, Edinburgo… Quando finalmente riusciamo - fuori dalla solita sarabanda di concitate emails - ad incontrarci da qualche parte in Europa, prima o poi, lasciato un poco in ombra il duro lavoro, messi in sicurezza gli studenti spesso al seguito, posta la sordina al terribile, ostrogoto lessico tecnico condiviso, finiamo per inscenare un balletto di abbracci, risate, contorsioni delle mani, del viso, del corpo, grugniti, gorgheggi… tutto per far passare tra noi davvero la comunicazione. L’esperanto pseudo British va bene per le pesantissime work sessions, per gli spheecs, i meetings, i seminars, gli agreements … and so on… la vita però, per fortuna, è altra cosa. Rosella Mastodonti
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Cara Italia...
Gemellaggi
Forse rimarrete stupiti nell’apprendere che io, oggi responsabile della filiale praghese dell’Associazione Amici dell’Italia in Repubblica Ceca, ho incontrato per la prima volta gli italiani non troppo tempo fa, quando ero già una donna adulta. Fino a quel momento avevo vissuto nell’allora Cecoslovacchia, al di là della Cortina di Ferro, sotto un regime che non permetteva a nessuno di viaggiare, di conoscere le persone che vivevano nell’Occidente, i loro paesi, le loro culture. Vivevo nella convinzione che ciò mi sarebbe stato proibito per tutta la vita. Eppure dopo la caduta del Muro di Berlino il mondo è tornato ad aprirsi per noi. Conobbi i primi italiani nel 1996, insegnavano nel Liceo Ceco-Italiano a Praga 8, proprio quel Liceo con il quale oggi Terni ha rapporti così vivaci. In quel periodo la qualità dell’istruzione scolastica ceca era molto bassa e così volevo trovare per mio figlio una chance per una istruzione migliore. Fu un caso a indirizzare la mia scelta per il vicino Liceo Italo-Ceco, da poco fondato dal governo italiano, dove, dopo un’introduzione in forma di lezioni intensive della lingua, l’insegnamento di tutte le materie è in italiano. Durante la prima riunione con i genitori i docenti italiani discussero con noi e in quel momento sapevo che la decisione era presa non solo per mio figlio, ma anche per me e per tutta la vita. Non avevo mai sentito nessuno prima parlare così. Ci conquistarono subito con la loro passione e il loro entusiasmo e ci convinsero che la scuola sarebbe stata per i nostri figli appassionante e che l’Italia sarebbe diventata per loro un amore. Poi tutto è proseguito velocemente. I giovani italiani cominciarono a viaggiare per gli scambi scolastici, io non li capivo, non ero in grado di cucinare i cibi che amavano... E così cominciai a studiare l’italiano, cominciai a interessarmi a questa terra bellissima piena di storia e di bellezze naturali e cominciai anche a conoscere il suo splendido popolo pieno di ottimismo e di cortese gioia, cosa che a noi qui Praga manca così tanto. In quel periodo diventai membro dell’Associazione degli Amici dell’Italia. L’Associazione mi ha dato la possibilità di attingere a nuove energie vitali dall’Italia e dai suoi fantastici abitanti. In cambio ho aiutato l’Associazione nei momenti più difficili, quando nel 2004 si è trovata in situazioni complicate e tutti le voltarono le spalle, addirittura gli amici più vicini. Capii che davvero non c’era più nessuno su cui fare affidamento e che avrei dovuto provare da sola, con le mie deboli forze. Ci siamo riusciti e oggi l’Associazione è nuovamente al centro dei rapporti Italo-Cechi ed è bella e forte come lo era prima. Quest’anno festeggia il 20° compleanno. Vanta più di 2300 associati in tutta la Repubblica Ceca e filiali in quasi tutte le maggiori città. Il suo compito principale è sostenere lo sviluppo dei rapporti Italo-Cechi a livello di associazionismo e di avvicinare l’Italia, dal punto di vista culturale e civico, ai nostri concittadini. Facciamo tutto questo soprattutto grazie al volontariato, usufruendo solo di un piccolo aiuto da parte del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Ceca. L’associazione collabora con tutte le organizzazioni statali italiani attive sul nostro territorio (Ambasciata, Istituto Italiano di Cultura, Camera di Commercio Italo-Ceca, ICE, ENIT), con le scuole e con molti soggetti non statali e privati. L’Associazione pubblica una Gazzetta trimestrale che mappa la storia e l’attualità dei rapporti tra i due paesi, avvicina l’Italia ai lettori e li informa sulle attualità. Inoltre organizza vari seminari, viaggi, concerti, esposizioni, scambi culturali etc. Programma portante dell’Associazione è costituito, comunque, dai corsi di italiano per adulti organizzati in tutto il paese. I più numerosi sono i corsi realizzati a Praga, paragonabili per grandezza a quelli organizzati dall’Istituto di Cultura. Quest’anno abbiamo avviato l’insegnamento in 21 corsi e questo per tutti i livelli. Per il semestre autunnale abbiamo 160 studenti iscritti. Saranno 10 gli esperti universitari tra insegnanti madre-lingua e cechi. Ai nostri lettori chiediamo sempre di prendersi a cuore non solo l’insegnamento della lingua, ma anche di far conoscere agli studenti l’Italia e le tematiche ad essa legate. I nostri studenti, così come i membri dell’Associazione, sono degli ASSOCIAZIONE AMICI DELL´ ITALIA appassionati per i quali l’Italia, la sua Brixiho 21, 162 00 Praha 6 bellissima lingua, il sole e le persone Tel/fax 00420 235 362 939 606 648 317 favolose sono, come mi piace dire, una e-mail prateleitalie@seznam.cz MEDICINA per tutte le tristezze e le www.prateleitalie.eu depressioni che la vita porta con sé in questo buio nord. Cara ITALIA, a SPOLEČNOST PŘÁTEL ITÁLIE nome di tutti noi Ti ringrazio con tutto Brixiho 21, 162 00 Praha 6 Dagmar Koutná il cuore. Tel/fax 00420 235 362 939 606 648 317 e-mail prateleitalie@seznam.cz responsabile della filiale praghese dell’Associazione Amici dell‘Italia www.prateleitalie.eu
La scelta di portare avanti un progetto incentrato sul circuito dei gemellaggi in Europa, è stata il frutto della riflessione avviata, con il gruppo di lavoro dedicato, per il rilancio degli itinerari europei e per una nuova strategia sull’attività turistica-culturale che la nostra Associazione ha deciso di intraprendere. In tal modo si è messo al centro uno dei settori più consistenti del turismo europeo sul quale investire con un approccio integrato e multilivello, come previsto dal Trattato di Lisbona. È importante aver individuato le iniziative, le destinazioni, la forma e i temi per il rilancio degli itinerari culturali europei, sia verso le città estere che verso le nostre città. I gemellaggi sono un prodotto transnazionale per eccellenza e possono aprire la strada a future iniziative per la promozione dei territori e dei loro prodotti (culturali, turistici, enogastronomici, commerciali, sociali). L’obiettivo è fare dell’esperienza dei gemellaggi un’occasione di collaborazione più organica con i vari parteners esteri (Associazioni, Enti, Imprese) ma anche di sostenere la messa a regime dell’offerta territoriale attraverso il sostegno alle piccole e medie attività ricettive e degli operatori turistici. Si tratta di dare, al sistema del turismo sociale e culturale, il segnale che esiste qualcuno che intende investire tempo e competenze in questo settore, nell’ambito della strategia di valorizzazione delle competenze e vocazioni territoriali, dello sviluppo rurale e dei piccoli centri, del patrimonio culturale e naturale, della produzione artistica, delle tradizioni enogastronomiche. I nostri contatti all’estero diventeranno uno straordinario patrimonio da valorizzare e costituiranno degli esempi di un nuovo modo di concepire il gemellaggio con l’intento di essere una nuova risposta in tema di politica turisticaculturale integrata. In un articolo Turismo, l’Europa si rimette in cammino di Silvia Costa del 5 ottobre 2010, si legge: Infatti molte analisi ci dicono che - nella attuale crisi - i consumi culturali sono gli unici a non essersi ridotti. Eppure la voce cultura è una delle prime ad essere tagliata da diversi governi, a partire da quello italiano. È un paradosso, se si considera come sia soprattutto la cultura oggi a motivare e ad ampliare una nuova domanda di turismo e come l’offerta culturale possa costituire lo stimolo di una nuova fase dello sviluppo sostenibile e di qualità. Certo, il turismo culturale nella Ue è ancora orientato in gran parte sui centri storici o i grandi eventi e facilitato dall’offerta low cost, ma è in atto una profonda trasformazione che vede una ricerca di esperienze culturali e ambientali più dinamiche. E il suo articolo finisce con una riflessione che potremmo fare nostra: Insomma, potremmo dire che alla cultura dell’evento si sta sostituendo quella di un’esperienza da vivere, alla fretta si contrappone la riscoperta della lentezza. In tale contesto, si collocano crescenti realtà di giovani e meno giovani, di associazioni amatoriali, spirituali o sportive che rendono vivi gli itinerari culturali, accanto alla ricerca di un’identità europea fatta di dialogo interculturale e conoscenza dell’altro. Questo è quello che noi vogliamo, quello che cercheremo di portare avanti sin dalla nostra prossima meta. Molto probabilmente Berlino. Sandro Pascarelli
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La leggenda del Golem nella Praga d’autunno L’autunno è ormai arrivato. Forse in Italia si può ancora godere degli ultimi sprazzi di tepore e di bel tempo, ma qui a Praga il sole è già un ricordo e l’aria pungente del mattino mi ricorda che stanno per arrivare lunghi mesi bui. Eppure resto un amante dell’autunno e Praga, proprio come una bella donna, non perde il suo fascino in nessun momento dell’anno. Quando la natura si adagia e si prepara al grande riposo autunnale adoro passeggiare per le vie del centro. Se avrò fortuna un po’ di fresco cielo azzurro filtrerà tra le fosche nuvole d’autunno, magari lasciandosi sfuggire ancora qualche raggio di sole che illuminerà la fantasia di mille colori della collina di Petřiny sopra l’antico quartiere di Malá Strana. E anche quando il vespro dovesse sorprendere il mio vagare sarà bello sentire l’odore dolce delle prime bancarelle e lasciarsi avvolgere da questa profumata aria nebbiosa tra i vicoli in pietra della Città Vecchia. Se l’inverno è la stagione del sonno quella dell’autunno è la stagione della sera e delle fiabe della buona notte mentre fuori cala la notte e le gelide stelle vegliano sulla terra addormentata. Tempo di storie antiche, tempo di leggende. Una in particolare, tra le mie preferite, è legata a Praga e al cuore più antico della città: la leggenda del Golem. Si narra che nel XVI secolo, nel quartiere ebraico della città il mago e rabbino Jehuda Low Ben Bezalel creasse dei giganti di argilla chiamati Golem, creature potenti ed obbedienti ma silenti e del tutto prive della capacità di giudizio. Grazie all’incantesimo questi enormi Golem proteggevano gli ebrei dell’Europa Orientale dalle persecuzioni dei cristiani. La vicenda narra che uno di questi giganti sfuggì al controllo del rabbino cominciando a seminare morte e distruzioni intorno a sé. In quel momento il rabbino stregone comprese l’errore e decise di smettere di servirsene nascondendo i Golem nella soffitta dell’antica sinagoga Staronova del quartiere ebraico di Praga dove, secondo la leggenda, si troverebbero ancora adesso.
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Ho sempre trovato affascinante questa storia ma, al di là dell’abuso a fini turistici del nome Golem nel quale ci si imbatte ovunque nella capitale boema, penso valga la pena soffermarsi sul suo contenuto. Come tutte le leggende anche questa ha un messaggio sul quale riflettere. Il Golem altro non è che ciò che l’uomo, grazie alla sua arte e alla sua conoscenza, riesce a creare per proteggersi dai pericoli fino a quando non perde il controllo del suo stesso strumento che si volge contro il suo creatore. Anche questa novella ha un lieto fine: il rabbino comprende l’errore e decide di non usare più i Golem: strumenti tanto potenti quanto pericolosi. Merita provare a fare un paragone con tutto quello che l’uomo moderno è riuscito a creare dall’argilla in questi ultimi secoli di trafelato progresso: i computer, le armi, le automobili, la televisione, Internet, i cellulari, il cibo... non sono forse a volte i nostri Golem? Tutte cose che abbiamo creato, migliorato, sviluppato per il nostro bene ma che, in mancanza di una stabilità morale ed etica, rischiano continuamente di ritorcersi contro di noi, e spesso lo fanno o, meglio, lasciamo che ciò accada. Allora, da umile appassionato delle leggende della bella ed antica Praga, invito tutti coloro che avranno il piacere di passeggiare con curiosità tra i vecchi vicoli del centro ad interrogarsi, di tanto in tanto, su quale siano i Golem della propria vita, quali siano le creature di argilla che abbiamo creato con la nostra mente per la nostra comodità ma sui quali, più o meno inconsciamente, rischiamo di perdere il controllo. Proprio come il Golem esse non hanno giudizio e non possono essere incolpate di nulla. Sta a noi, loro coscienti e consapevoli demiurghi, capirne i limiti e imparare a farne buon uso. Andreas Pieralli - Redattore capo CamiC Magazine Camera di Commercio e dell´Industria Italo-Ceca
CARSULAE
Una città romana dell’Umbria meridionale La città romana di Carsulae è uno dei siti archeologici più importanti dell’Umbria; la sua sostanziale integrità, non alterata da sovrapposizioni di culture successive o da continuità di vita, consente una lettura chiara dei vari aspetti della cultura e della società in epoca antica certamente in misura maggiore anche rispetto a centri più importanti storicamente, ma trasformati dall’uomo nel corso dei secoli e nei quali il riconoscimento e l’interpretazione dei momenti più remoti si presenta sempre frammentario e molto difficoltoso, quando non addirittura impossibile. La via Flaminia, che attraversa da nord a sud la città, mantenendo ancora intatta la sua pavimentazione, e ai suoi lati i vari edifici pubblici, gli isolati residenziali, i luoghi di ritrovo e di spettacolo illustrano in modo chiaro il tipo di vita che si è formato, si è sviluppato ed è decaduto nella città, consentendo di valutare correttamente quale fosse l’influsso della cultura romana nel tessuto sociale ed artistico del territorio. A questo aspetto, più strettamente scientifico, deve aggiungersi quello ambientale, con un paesaggio fortunatamente ancora intatto, che invita alla sosta e predispone alla serenità. Non vi sono dati certi sulla fondazione della città, il cui attuale aspetto deriva dalle profonde ristrutturazioni di epoca augustea, quando ricevette un aspetto monumentale e un’organizzazione urbanistica complessa; è da ritenersi tuttavia che la frequentazione sia iniziata già nel periodo repubblicano, allorché fu realizzata la via Flaminia, che univa e regolarizzava itinerari stradali preesistenti. Verso la strada infatti gradualmente confluivano le popolazioni delle colline circostanti, attratte dal benessere legato ad un’infrastruttura che consentiva contatti sia con Roma che con il mare Adriatico, attraverso la catena appenninica.
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Il vecchio e il fascista - 2 L’uomo lo raggiunse, era leggermente abbronzato e ben rasato, i suoi vestiti profumavano di fresco. Con un gran sorriso gli rivolse la parola: Buongiorno! Le dispiace se mi siedo accanto a lei? - chiese già sedendosi di fatto. No, certo. Si sieda pure - rispose il vecchio rassegnato alla presenza di quell’intruso. Si confortò pensando che nella peggiore delle ipotese sarebbe sempre potuto fuggire inventandosi un qualche impegno. Mi sembra che anche oggi farà parecchio caldo, vero? - disse l’anziano signore che aveva evidente voglia di parlare. Sì, ho paura che abbia ragione - rispose neutro il vecchio. Sa, io e mia moglie ci siamo da poco trasferiti da queste parti, abbiamo deciso di trovarci un appartamento in una zona tranquilla, vicino ad un parco, per trascorrere insieme la vecchiaia. Vede - e girandosi alla sua destra indicò una bella palazzina in stile neorinascimentale con veduta sul parco - abitiamo proprio in quella casa, all’ultimo piano. Il vecchio si voltò per osservare l’elegante palazzina, poi osservò con più attenzione il signore e tutto gli sembrò chiaro: era una persona agiata, lo si vedeva dall’abbigliamento e, soprattutto, dal fatto che per potersi comprare un appartamento con vista sul parco in quella zona servivano molti soldi. Il distinto signore forse intuì i pensieri del vecchio e quasi come per scusarsi proseguì dicendo: Sa, sono i risparmi miei e di mia moglie: una vita di lavoro onesto. Purtroppo oggi i giovani non hanno le stesse opportunità che avevamo noi a nostri tempi. Tutta colpa di questa sinistra che lascia entrare nel paese tutti gli scansafatiche di questo mondo che poi rubano il lavoro ai nostri figli! Il vecchio, che aveva capito subito che probabilmente non sarebbe andato molto d’accordo con quel signore, alle sue prime parole ebbe la conferma di quell’iniziale impressione negativa. Preferì, allora, non ribattere e tornò a guardare i bambini chiassosi che si stavano rincorrendo davanti a loro. Rimasero in silenzio per un paio di minuti, ma il signore non si arrese e continuò a cercare pretesti per intavolare una discussione, evidentemente si era seduto lì con il preciso intento di fare conversazione, nonostante gli dovesse ormai esser chiaro che il vecchio non ne aveva assolutamente voglia. Proseguì, dunque, a parlare ricorrendo ai più svariati luoghi comuni: il troppo caldo, le stagioni impazzite, gli autobus che non girano in orario, il traffico bloccato, la microcriminalità. Di quando in quando si lasciava andare a considerazioni di tipo politico che, comunque, erano abbastanza primitive: alla base di tutto c’era la sinistra che, secondo lui, oggi ormai comandava tutti i livelli dell’amministrazione comunale e rendeva la città invivibile. Quei discorsi gli suonavano fastidiosi, vi sentiva rieccheggiare quel populismo che negli ultimi anni aveva contagiato il paese come un morbo inarrestabile. Eppure continuava a rimanere seduto accanto a lui ad ascoltarlo perché c’era qualcosa in quella persona che lo incuriosiva, come una specie di rompicapo irrisolto. Di fatto, senza saperne il motivo, provava una sensazione simile a quella di chi non riesce a ricordarsi di una parola pur sapendo benissimo di conoscerla e più si sforza per trovarla, meno ci riesce. Forse, si diceva, lo aveva già visto da qualche parte, ma gli pareva strano dato che non era certo il tipo di persone che lui frequentava e, quindi, continuava a chiedersi cosa in lui gli fosse così vagamente familiare. Dopo un po’ decise di lasciar perdere e di rinunciare. Rimase seduto lì ad ascoltarlo passivamente, evidentemente al signore non interessava avere un dialogo con qualcuno, ma gli bastava avere una persona che ascoltasse il suo soliloquio, e così resistettero seduti insieme ancora per una mezz’ora legati da questo debole patto comunicativo. Il distinto signore era particolarmente loquace e in pochi minuti il vecchio aveva già scoperto molte cose sul suo conto. Aveva una moglie che, per l’età che aveva era ancora molto piacente, almeno così sosteneva lui. Aveva due figli maschi di cui uno lavorava come dirigente in una piccola azienda di riciclaggio di rifiuti mentre l’altro, più giovane di quattro anni,
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lavorava in una grande multinazionale americana come manager della logistica. Sembrava essere molto fiero di entrambi i figli e ne parlava con grande orgoglio. Aveva poi tre nipoti, due dal figlio primogenito, un maschio e una femmina, e una nipotina appena nata dal secondogenito. Lui, invece, era da poco andato in pensione ed era stato carabiniere semplice prima fino ad arrivare, poi, a diventare maresciallo. Anche su se stesso e sulla sua carriera all’interno dell’arma non risparmiava le lodi e al vecchio la sua compagnia diventava sempre più fastidiosa, ma continuava a rimanere lì attratto da quel mistero irrisolto. Sentirono dei ragazzi che parlavano a voce alta e, un attimo dopo, videro tre giovani arrivare dal vialetto alla loro sinistra. Erano vestiti in maniera trasandata, due di loro avevano i capelli lunghi, uno aveva i dread, il terzo aveva una maglietta di Che Guevara e portava il kefia, dietro di loro arrancava un grosso cane nero visibilmente emaciato. Come li vide il signore si zittì e cominciò a fissarli con aperto disprezzo. Nemmeno al vecchio piaceva tanto questa loro sfacciata trascuratezza, ma era evidente, per lui, che erano solo dei giovani ragazzi in cerca di ideali per i quali combattere, ideali nei quali identificarsi. Uno di loro, quello meno trascurato, gli ricordava suo figlio: gli stessi occhi fieri e intelligenti, la stessa camminata sicura e flemmatica di chi pensi di aver capito da che parte stia la ragione. Una volta che i tre ragazzi si furono allontanati il signore lasciò libero sfogo alla sua rabbia e sibilò pieno di disprezzo: Sporchi comunisti! - lo disse con voce roca e quasi rotta dall’odio. Sia la esse di sporchi che quella di comunisti fischiarono leggermente in un modo particolare per un lieve difetto di pronuncia. Non appena sentì quel suono al vecchio si gelò il sangue nelle vene. Sbiancò come se avesse visto un fantasma, e forse ne aveva visto davvero uno, tanto che il distinto signore, visto il colorito cenereo, quasi cadaverico, sul suo volto, gli chiese preoccupato: Si sente bene? È diventato più bianco di un lenzuolo! - disse con un mezzo sorriso tra il divertito e il curioso. Il vecchio lo stava fissando impietrito, ma in realtà non era lui che vedeva. Tutto balenò veloce come un lampo, lo scoppio violento e rumoroso di un tuono estivo. Adesso vedeva se stesso davanti a un giovane gerarca fascista in divisa nera, un bel ragazzo alto e aitante che, mentre altri due repubblichini lo reggevano e un terzo lo colpiva al volto e allo stomaco, lo insultava e lo minacciava di uccidere i suoi genitori se non avesse detto dove si nascondeva il fratello. Con orrore stava rivivendo la scena come se stesse accadendo in quel momento. Paradossalmente non si ricordava neanche più tanto del dolore fisico quanto di quei piccoli dettagli che gli erano impressi nella memoria: l’alito alla liquirizia del fascista, le sue scarpe ben lucidate, il suo sorriso soddisfatto, le guance ben rasate, il caldo nella stanza dove lo stavano interrogando e l’azzurro del cielo attraverso le grate della cella, quel senso di impotenza e di frustrazione e, soprattutto, quella esse. Sì, non c’erano dubbi: era lui. Quella esse debole e strascicata era il tassello che mancava per completare il mosaico nascosto del volto di quell’uomo. Sentì dentro di sé un gran gelo, come se una voragine buia e fredda si fosse spalancata dentro di lui. Un profondo senso di rabbia e di disgusto lo invase al punto da fargli salire velocemente la pressione e il battito cardiaco. Il signore lo osservava incuriosito mentre il vecchio volse lo sguardo verso i bambini che giocavano e tornò a chiedergli: Si sente bene? Il vecchio senza guardarlo rispose con un filo di voce: Sì, è solo il calore che non mi fa bene. Il distinto signore si accontentò della risposta e non si interrogò oltre sullo stato di salute del vecchio. In realtà aveva già dimenticato tutto, compresi i ragazzi di prima, e stava guardando soddisfatto una bella ragazza che passeggiava davanti a loro commentandone l’ancheggiamento vistoso e sensuale. Andreas Pieralli 2 di 3
La maggior parte degli edifici costituenti il nucleo urbano di Carsulae esistevano già alla fine dell’età giulio-claudia, alla quale riportano anche i materiali e le decorazioni architettoniche rinvenuti durante gli scavi; fra il I sec. a.C. e il I d.C. furono costruiti il foro con i templi gemini e gli edifici absidati, la basilica forense, il teatro, anteriore di poco all’anfiteatro; ad età giulio-claudia risalgono anche le grandi tombe all’esterno dell’arco di San Damiano, monumentale delimitazione e scenografico accesso alla città, appartenente all’originario impianto augusteo; nei secoli successivi il nucleo urbano si ampliò e si arricchì di altre costruzioni, come ad esempio l’edificio di II sec. d.C. trasformato successivamente in chiesa cristiana dedicata ai santi Cosma e Damiano, i quali per primi fecero conoscere in queste zone la nuova religione. La vita della città è stata sempre legata alla via Flaminia, di cui costituiva una importante statio; nel momento in cui l’arteria decadde, soprattutto per la concomitante decadenza delle strutture imperiali romane, e divenne insicura per il sempre più massiccio afflusso di popolazioni ed eserciti stranieri (i cosiddetti “barbari”), anche la città cominciò un lento ma inesorabile declino, culminato nel definitivo abbandono attorno al V sec.d.C. Solo nei secoli successivi alcuni edifici, probabilmente quelli ancora in condizioni accettabili, furono riutilizzati per l’insediamento di comunità religiose, le cui tracce è ancora possibile identificare. Dott. Paolo Bruschetti - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Umbria
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C l a m o r Va l i d u s PERSONAGGI
°Clio/°Publio Terenzio Afro °Roswitha, monaca di Gandersheim °Gerberga II, badessa di Gandersheim °una novizia/°un pellegrino
PROLOGO Clio Gli uomini sono tutti uguali, in fondo, in ogni tempo e in ogni luogo. E a volte capita che le loro vite si intreccino, o che i loro nomi si ritrovino l’uno accanto all’altro a distanza di secoli, come se il passato e il futuro non fossero mai esistiti, come se io, signora della Storia, avessi improvvisamente smesso di scrivere, lasciando che la Terra girasse com’è insito nella sua natura. E allora accadono fatti fuori dal comune, e succede che un commediografo latino e una monaca medievale si scoprano animati dalla stessa fiamma, sebbene in modi -e in mondi- diversi... SCENA I 159 aC - un’isola greca nell’Egeo (Terenzio si trascina a fatica sulla sabbia, con le vesti lacere, in seguito ad un naufragio) Terenzio Terra... Terra, finalmente! Eppure mi chiamano le tenebre... Non riesco... a muovermi... Giunge l’ora, lo sento. Menandro... maestro mio, l’avido mare ha rubato le tue carte, la mia vita... e io sono perduto... (cade a terra, esausto, e rimane supino) Ridente Talia coronata d’alloro, se mai la mia misera mente mortale seppe plasmare vicende a te gradite... ti prego... fa’ che il mio nome possa vivere una vita più lunga e gloriosa della mia... 965 dC - monastero di Gandersheim Gerberga Figlia mia, sei pallida! E non ho ancora sentito la tua voce, oggi... Roswitha Sto bene, madre.... Gerberga Avanti, dimmi quale dubbio tormenta il tuo cuore. Puoi mentire a parole, ma sai bene che la Vergine vede la tua anima... e io vedo i tuoi occhi. Roswitha E’ la mia coscienza! Non mi lascia dormire di notte, di giorno mi tormenta, ma non riesce ad impedirmi di scrivere! Ah, se solo la penna bevesse il mio sangue, e non semplice inchiostro, potrei sperare di ricongiungermi a Dio prima che le fiamme eterne mi divorino! Gerberga Ma il fine che persegui è santo e gradito al Signore. Dio ti ha affidato la missione di mettere in scene storie di martiri vittoriose e meretrici redente, affinché tutti possano riconoscere la Sua gloria! Non c’è nulla di sbagliato nel descrivere scene turpi, se il fine è esaltare per contrasto la purezza divina! (entra una novizia, trafelata) Novizia Madre, Sorella Rikkardis mi manda a dirvi che è arrivato un uomo in foresteria. Dice di chiamarsi Teresio, o Terezio, non ho ben capito, parla latino con uno strano accento ed è vestito di stracci! Gerberga Conducimi da lui. Figlia mia... (rivolta a Roswitha) Smetti di pentirti di una colpa che non hai commesso, ti prego! (Gerberga e la novizia escono) Roswitha (con la testa fra le mani) Potessi rallegrarmi davvero della mia innocenza! Forse madre Gerberga ha ragione, devo essere lieta di poter lodare Dio... ma lei non vede la mia superbia!... Ed è davvero superbia, in fondo? Perché ho cercato il tuo volume, sommo Terenzio, perché? Hai instillato in me la smania di raggiungere la tua fama, addirittura superarla, contrapponendo alle tue peccatrici la purezza delle mie vergini... Ma l’ho fatto davvero per la gloria divina? O per la mia? (la campana suona l’Angelus. Roswitha esce) SCENA II Mensa della foresteria di Gandersheim (Terenzio mangia in compagnia di un pellegrino.) Pellegrino Sei silenzioso, straniero. Come ti chiami? Io sono Jorio, vengo da Roma. Terenzio (tremante) R- Roma... è molto lontana da qui? Pellegrino (lo guarda incredulo) Ti prendi gioco di me? Sono... tre settimane di viaggio, più o meno! Terenzio (tra sé) Non è possibile... povero me! Pellegrino Comunque ne vale la pena, sai? Sono giunte fino a Roma voci bizarre... Pare che una delle monache di questo convento, che si fa chiamare “la squillante voce di Gandersheim”, abbia l’ardire di scrivere drammi nello stile del grande Terenzio! (Terenzio tossisce con violenza) Pellegrino Tutto bene? Mangia con calma, non vorrai farti uccidere da una zuppa di rape!... Comunque, dicevo, questa monaca ha addirittura offerto la sua opera ad Ottone imperatore! Una donna fuori dal comune, non c’è dubbio... Terenzio E tu credi che ci sia un modo per conoscere questi drammi? Pellegrino Naturalmente! Anzi, mi è giunta voce che questa sera la monaca leggerà il suo ultimo lavoro alle consorelle, nel chiostro... Conosco un posto perfetto per ascoltare senza essere visti! Chiostro (Le monache sono disposte in semicerchio, su sedili di pietra. Roswitha è in piedi, al centro. Terenzio e il pellegrino ascoltano nascosti dietro una colonna) Roswitha (leggendo) ... E il soffio della vita penetri di nuovo queste membra, e questa stessa Taide risorga creatura completa qual era e possa esser collocata tra le bianche pecorelle ed entrare nei gaudi eterni... Terenzio (sottovoce) ... Taide! La mia Taide ridotta in
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Atto unico
clausura per espiare le sue colpe! Numi... Pellegrino Come dici? Terenzio Nulla, riflettevo... Roswitha “... Tu, che solo sei ciò che sei, che regni nell’unità della Trinità e sei glorificato nei secoli dei secoli!” Terenzio (tra sé) Ella dona al suo dio ciò che è stato già donato da me alle sacre Muse? Gerberga (raggiunge Roswitha al centro e la abbraccia) Sorella Roswitha, ti rendiamo grazie per aver nutrito le nostre anime con arte ispirata da Dio. di Terni Questa sera sei dispensata dalla Compieta, sarai stanca... Roswitha Grazie La Provincia per la cultura Madre, e grazie anche a voi, sorelle. Con il vostro permesso, mi ritiro. (Roswitha esce) Pellegrino E con il tuo permesso, fratello, mi ritiro anch’io. (sbadiglia) In ogni caso faresti bene a riposare anche tu... sei pallido e teso come se avessi visto un fantasma! (il pellegrino esce) Terenzio (al centro del chiostro) Dunque così ti chiami... Roswitha... e io voglio sapere, per Ercole, come puoi conoscere la mia Taide, e perché l’hai trasformata a tal punto da renderla irriconoscibile! Riuscirò a parlarti, Roswitha, dovessi consacrarmi al tuo dio pur di incontrarti! (esce di scena)
SCENA III Cella di Roswitha (Terenzio siede allo scrittoio, sul quale è poggiato, aperto, un volume dall’aspetto antico. La porta è socchiusa.) (entra Roswitha e vede Terenzio) Roswitha (gridando) Dio mi aiuti! Madre! Sorelle! Accorrete! (corre verso la porta, ma Terenzio è più veloce e si appoggia contro l’uscio, bloccandolo) Terenzio Calmati, ora. Non voglio farti del male, non sono certo il tipo di uomo di cui sei avvezza a scrivere! Roswitha Che impudenza! Terenzio Non è impudenza, è la realtà! Realtà che tu evidentemente non conosci! Roswitha (lo interrompe, con voce rotta) Ma insomma! Chi siete voi per dire questo? Terenzio Publio Terenzio Afro... E avresti dovuto riconoscermi, visto che c’è la mia effigie, in quel volume... Roswitha (si volta, coprendosi gli occhi con la mano. Respira affannosamente) (tra sé) Quegli occhi... è lui... eppure non può essere... Santa Vergine, è questa la punizione che merito per aver concepito illeciti pensieri?... Oppure la follia si è impadronita per me, quei testi peccaminosi mi hanno lacerato la mente?... Ma non è il fuoco dell’inferno, Signore... sono fiamme nella neve, non bruciano... Terenzio (le poggia una mano sulla spalla. Roswitha si ritrae, spaventata) Roswitha, guardami. Roswitha Cosa cerchi, qui? Terenzio Io cerco soltanto di capire. Tu, invece, cosa cercavi di fare? (afferra alcune pagine manoscritte, e legge ad alta voce) “Vi son poi altri che, sebbene si attengano alle Sacre Scritture e disprezzino le altre opere pagane, leggono nondimeno abbastanza di frequente le favole di Terenzio...”. Roswitha “...E, conquistati dall’incanto del suo stile, macchiano l’anima loro con la conoscenza di cose nefande”. C’è qualcosa di oscuro nelle mie parole? E perché quest’espressione adirata? Terenzio (adirato) Ti domando: se tra mille anni venisse al mondo un individuo deciso a sfidare la tua opera in nome di un dio -che sia il tuo oppure un altro non ha importanza- e trasformasse la tua Maria in una meretrice “senza speranza di redenzione”, come dici tu, e permettesse a Callimaco di violentare Drusiana, rendendola impura, come reagiresti? Roswitha Io...ti chiedo perdono... per Taide... ma dovevo salvarla! Ho amato troppo la sua bontà per permettere che continuasse a vivere senza espiare i suoi peccati, come tu hai scritto! Sono soltanto una penna devota a Dio Padre, ed Egli proteggerà ciò che ho scritto. Terenzio Mi ricordi le sacre sacerdotesse del tempio di Vesta... Quindi probabilmente è giusto, per i tuoi princìpi, ciò che dici. Ma al di là di queste mura c’è il mondo, c’è l’umanità, e per quanto mi riguarda, sono un uomo, perciò nulla di ciò che è umano mi è estraneo. E c’è una tale varietà di individui, sulla Terra, tutti assolutamente meritevoli di essere messi in scena, se hanno qualcosa da dire! Roswitha Ah, se solo sapessi quante notti insonni gravano sul mio spirito, a causa della tua amata realtà! E non nego -Signore, perdonami!- che mille e più volte ho tentato di spingere la penna ove nessuna creatura consacrata a Dio dovrebbe avere la sfrontatezza di avventurarsi... Ho descritto gli atroci supplizi inferti a giovani martiri dalla pelle candida, ho condotto Callimaco ad un passo dal profanare il cadavere dell’innocente Drusiana... ma, sebbene la mia mano tremasse, il mio cuore era saldo: possa il peccato essere più nero della notte, se ciò permette agli uomini di distinguere meglio la luce divina! Terenzio Così facendo, però, hai reso tutte le tue donne un’unica figura dai tratti lievi come orme sulla riva del mare, come... Roswitha ...come un angelo. (sorride) E’ questo il punto, è questo il mio scopo. A volte il pensiero vorrebbe veleggiare altrove, seguendo i venti dell’Ovest, ma il mio compito è tentare di condurre le anime verso il sole che sorge: la voce di Gandersheim è destinata ad intrecciarsi all’armonia delle sfere celesti, non può cantare dissonanze. Terenzio Ma tu sei una donna, per Giove! Lasciala agli dèi e a Pitagora, la musica celeste! Credi che non possa esserci bellezza nelle imperfette vicende umane, nell’amore imperfetto che lega marito e moglie, nell’imperfezione del rapporto tra un padre e suo figlio? Roswitha (triste) Inseguiamo due diverse bellezze... Guardati intorno: questa è la mia vita. Ho scelto la purezza, ho scelto il Bene. E, in ogni caso, non potrei dipingere tutta la realtà, la realtà che scorre sotto gli occhi dei contadini, dei vasai, dei maniscalchi e delle meretrici neanche se lo volessi, forse neppure se a suggerirmelo fosse Dio: nessuno capirebbe, tra queste mura. Terenzio Fai sanguinare una ferita non ancora risanata... Quante volte sono rimasto solo sulla scena, abbandonato prima dal pubblico e poi persino dagli attori, chiedendomi che senso avesse ostinarmi a rappresentare qualcosa di nuovo, che fosse veramente espressione del mio pensiero! Avrei potuto imitare le acrobazie verbali di Plauto e le sue multicolori trame intricate, ma non l’ho fatto, ho abbandonato la via lastricata per graffiarmi le caviglie tra i rovi di un sentiero mai percorso. Roswitha La mia mente dispiega le ali al solo pensiero di potersi librare oltre l’orizzonte... Ma il mio cuore freme d’amore per l’Essere che non hai ancora incontrato. Cerca di comprendermi, se puoi. Terenzio Io... (scuote la testa) Non sono sicuro di aver capito, forse capirò, o forse non è importante che io capisca. Ma ti aspetterò fino al plenilunio, se vorrai seguirmi, poi ripartirò in cerca di storie... Non so cosa sia giusto e cosa sbagliato, la scelta è tua. (sfiora la mano di Roswitha ed esce di scena) Roswitha (in piedi, fissando l’uscio) Addio... Maestro.... EPILOGO Clio E’ tempo di riprendere in mano la penna, affinché ognuno ritorni a casa, nella propria dimensione e nel proprio secolo; ma il tempo non può nulla contro Mnemosine. Terenzio, chissà, ora è sabbia dispersa nell’Egeo, Roswitha probabilmente è cenere in un’austera cripta di pietra. Ma pensate ad uno solo dei personaggi che hanno attraversato le loro storie... Pensate a Taide, o Thais, e a quanto è stato scritto, dipinto, cantato su di lei. Ora ditemi se un’idea, un pensiero, una storia, possono veramente morire. Sara Maria Fantini II IT
Di Anna Mattorre infermiera narnese, impegnata in Uganda hanno già parlato Il Messaggero nel mese di luglio e Il Corriere dell’Umbria in vari articoli, annunciando 1’apertura di un pozzo da lei voluto per portare acqua potabile in un orfanotrofio di bambini quasi tutti sieropositivi nella Missione di Moyo, confine tra Sudan e Congo. Il comune di Narni ha donato 3000 euro, e un euro è stato chiesto agli alunni delle scuole elementari e medie a cui Anna ha raccontato la storia di altri bambini meno fortunati di loro. Oltre al pozzo e ad una farmacia dotata di tutto il necessario per curare AIDS, malaria, dissenteria e altro, è stato aperto anche un piccolo ambulatorio e si sta provvedendo a dare una copertura stabile a tutta la missione per evitare che l’esposizione alle piogge e alle zanzare crei ulteriori occasioni di malattia. Sarà quindi necessario reperire altri fondi, ma ad Anna non mancano né il coraggio, ne la fantasia (cene a tema, incontri con persone importanti che possono sollecitare la generosità di altri, ecc). Non è questa la prima missione di Anna. Ha cominciato 30 anni fa quando si è offerta volontaria durante il terremoto in Irpinia. Da allora il pensiero della sofferenza, soprattutto di quella dei bambini, l’ha spinta ad intervenire in Kossovo, in Bosnia in Albania, ma poteva farlo solo nei periodi di ferie dal suo lavoro di infermiera, prima pediatrica in ospedale, poi psichiatrica al Sim di Temi. Da qualche anno è in pensione, ha più tempo, ed è 1’Africa la terra che 1’attira di più e in cui ha visto situazioni più drammatiche: l’Etiopia nel 2000 (vedi La Pagina dicembre 2005) e, da quattro anni, l’Uganda. Questa volta Anna non racconta. Mi viene a trovare portandomi pacchi di foto scattate ai bambini della missione di Moyo, orfani e malati: sfoglio l’album che parla da solo. Bambini, suore e volontarie locali sono colti nei vari momenti della giornata: il gioco, la scuola, i pasti. Un bambino piange, un altro dorme con atteggiamento di abbandono, un altro acciambellato su se stesso. Altri bambini giocano, nudi, in girotondo, con semplicità e naturalezza (abiti e scarpe servono solo nei giorni di festa e in occasioni speciali). La foto di un’alba di fuoco, simile ad un tramonto, suggella le storie descritte nell’album. Nell’ultima pagina è inserito uno strano arnese: un pallottoliere fatto di sezioni di bastoncini che scorrono lungo un filo da pesca fissato ad una specie di arco. Si può imparare a contare anche così. Un DVD mi permette di sentire anche le voci, o i silenzi, durante la distribuzione di una merenda fuori dell’ordinario: pane e nutella, guardata con curiosità e diffidenza, prima di essere assaggiata e finalmente gustata. Probabilmente si tratta di sapori e odori sconosciuti, poco graditi anche a bambini che sanno cos’è la fame. Anna è felice in mezzo ai bambini e comunica con loro con gli occhi e con i gesti, dato che non ha ancora imparato la lingua locale. Forse un corso di inglese le sarà prezioso, ma per ora la sua competenza di infermiera, la sua generosità e il suo amore per i bambini suppliscono a tutto. Elettra Bertini
In nome dei bambini
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A t t i m i
Già ottobre? Come ottobre? No, fermi tutti. Fino a ieri era luglio. O ero rimasta a giugno? Ma agosto che fine ha fatto? Incredibile come il tempo passi alla velocità della luce e ritrovarsi per le prime volte a non dover fare i conti con i mesi scolastici, ma con semplici esami e corsi da seguire ormai come abitudine… non è normale, e forse ci vorrà un po’ per disabituarsi a 13 anni di routine. Mi fa strano ancora pensarci e mentre le prime piogge cominciano a lavare via il caldo dalle strade cerco di trovare un attimo in questa frenesia per fare il punto. Cosa ho fatto? Cosa mi rimane da fare? Cosa non voglio più fare? Cosa invece devo assolutamente vivere? Le riposte si accavallano insistenti davanti ai miei occhi, facendosi largo a spintoni per farsi vedere, eppure non ce n’è una che riesca a farsi notare più di sei letterine particolari. Vivere. So che potrà sembrare banale e poco ricercato, ma penso sia il concetto più delicato che ci sia stato mai affidato. So anche altrettanto bene che detto da una ventenne può sembrare scontato se non poco adatto, vista la mia giovane età, ma… è sentito. Incredibilmente sentito. Esami, voti, libri, amici, concerti, gioie, dolori, momenti che passano veloci senza darti nemmeno il tempo di assaporarli… una girandola di colori, suoni, volti e profumi è quello che ci circonda. Le tonalità possono cambiare, i soggetti variano in continuazione e la velocità è direttamente proporzionale alla nostra salute psicofisica, ma la giostra non si ferma (e meno male!). Siamo di nuovo qui, immersi nel tran tran di tutti i giorni, con i nostri problemi, le nostre gatte da pelare e i nostri momenti di vacanza personale e quotidiana, fosse anche la lettura di un giornale. Ci ritroviamo sempre qui, magari diversi, magari cambiati, magari cresciuti o più abbattuti del solito, ma ci siamo sempre e comunque e da qualche tempo a questa parte sto cercando di applicare a questa vita una massima che avrei dovuto apprezzare prima. Amare se stessi è l’inizio di un idillio che durerà per tutta la vita diceva Oscar Wilde. Non sto inneggiando all’egoismo puro e semplice o al menefreghismo totale. Semplicemente sto accettando l’invito a coccolarmi un po’ di più, a lasciarmi stare in momenti in cui so che non potrei dare il mio meglio, a non prendermi troppo sul serio e a volermi un po’ più bene nonostante non mi vada affatto a genio. Non perché penso di essere il meglio che ci sia sulla piazza, ma perché mi sto rendendo conto che se sei pronto a dare una chance a tutti, perché non dovresti darla anche a te stesso? Cosa ti sei fatto di male oltre che conviverti accanto anche quando non ti sopporti? Cosa non ti perdoni? Accettati. L’accettazione è anche il primo passo verso quella meravigliosa emozione e predisposizione d’animo chiamata perdono di cui un po’ troppo spesso dimentichiamo l’importanza. Perdoniamoci un po’ di più e sentiamoci davvero un po’ più vicini a noi stessi: solo così anche gli altri potranno vedere chi siamo veramente, solo così potremo arrivare a conoscerci un po’ meglio. Non lasciamoci prendere dall’angoscia del nichilismo, continuiamo a combattere in questa quotidiana battaglia tenendoci accanto la certezza della speranza. Non facciamo del male a nessuno se tentiamo di vivere meglio la nostra opportunità di riscatto. Chiara Colasanti
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La classe dirigente del domani A che punto è l’internazionalizzazione della Scuola Secondaria in Italia? Sappiamo che solo l’anno scorso è stato varato uno strumento di analisi per iniziare a capire meglio un fenomeno che, unitamente ad altri, è assai indicativo del grado di avanzamento culturale del Paese. Sì, perché gli scambi internazionali a livello scolastico rappresentano un elemento di ricchezza unico, un’esperienza formativa irripetibile e un valore cruciale atto a conferire ai giovani l’attitudine a non giudicare senza conoscere, portando lo studente a riflettere sull’utilità dell’apporto delle diverse culture nella costruzione del mondo, abbattendo il pregiudizio. L’Osservatorio sull’Internazionalizzazione delle Scuole e la mobilità studentesca, istituito lo scorso anno, verifica dunque quantità e qualità degli scambi esistenti, i gemellaggi avviati, la partecipazione o meno a taluni progetti, elencando il numero dei partecipanti a scambi individuali di media e lunga durata, con l’indicazione dei Paesi di destinazione o provenienza. Lo scorso anno sono stati circa 2.600 gli studenti stranieri che hanno frequentato le scuole italiane in base a programmi di scambio individuale. Il 26% di costoro proveniva dalla Germania, il 20% dagli Stati Uniti, il 17% dall’Australia, il 15% dalla Cina e un altro 15% dagli Paesi asiatici. Il 78% di queste ragazze e ragazzi stranieri ha registrato come sia stata abbastanza facile e molto facile l’integrazione culturale nelle scuole italiane, grazie pure alla presenza di tutores (94% dei casi). E gli italiani? In 3.800 hanno partecipato nel 2009 a soggiorni di studio individuali all’estero, ma questo vuol dire che si è verificato un saldo negativo di circa 1.200 studenti stranieri. Ben il 65% dei giovani italiani si sono recati negli Stati Uniti, il 25% in Australia, il 18% in Inghilterra, il 17% in Germania, l’11% in Canada. Il Ministero dell’Istruzione dovrebbe sollecitare un riequilibrio complessivo della popolazione studentesca in entrata e in uscita dall’Italia. E considerando che gli studenti USA vengono in misura ridotta in Italia, forse sarebbe il caso di promuovere -anche tramite il più vasto rassemblement del mondo della Scuola- un esteso programma di gemellaggi/sister schools da e verso istituti degli Stati Uniti e del Nord America in genere. Non è certo difficile, l’Italia è avvertita Oltreoceano come un brand fortemente attrattivo e la stessa nostra lingua è la quarta più studiata in America. Il lavoro di Ambasciate, Consolati, Uffici di Promozione e Istituti di Cultura potrebbe poi rappresentare quel final push in grado di rafforzare lo scambio in vista di una proficua contaminazione interculturale, fatta di rispetto e di profonda comprensione per le logiche che agitano comunità anche molto diverse dalla nostra. Un positivo contagio che sarà alla base di una nuova classe dirigente, quella di domani, finalmente adeguata rispetto alla portata delle sfide mondiali. AL
SValentino, una rivoluzione che dura da 1800 anni Nonostante Chavez Grazie alla Diocesi di Terni, al Vescovo Paglia e ai Padri Carmelitani Scalzi della Provincia Romana, ho avuto l’eccezionale privilegio di realizzare una particolare ricerca nella mia città natale. I risultati più ampi ed attuali degli approfondimenti agiografici relativi alla figura di San Valentino -primo vescovo di Terni, martire e Santo mondiale degli innamorati- saranno diffusamente pubblicati nel corso di un apposito convegno, che si terrà in dicembre in città, cui interverranno numerosi studiosi. Per parte mia posso introdurre qualche dato interessante. Ho avuto la possibilità di analizzare alcune migliaia di lettere, note, messaggi che, segnatamente, negli ultimi 50 anni, sono pervenuti in Basilica da tutto il mondo. E’ stato questo probabilmente uno dei momenti più emozionanti della mia vita, una stagione che dura tuttora e si alimenta di pura poesia. Pur essendo un lavoro scientifico -è stata catalogata provenienza e genere di ogni letterasarebbe stato impossibile per chiunque non introiettare la forza della spiritualità che ne è alla base - o al vertice, se preferite. Ma di questo torneremo a parlare tra meno di due mesi nelle sedi ufficiali. Interessa qui rilevare come, anche alla luce della ri-scoperta di questo enorme patrimonio religioso, morale e civile, i palazzi della politica a Terni restino prigionieri di vecchie gabbie, per lo più ignari di quale ricchezza -mistica e materiale- la città possegga grazie al suo patrono. Occorre convincersi a cambiare approccio su questo argomento, che non può essere ridotto e mantenuto come fiera da strapaese. Si avverte la necessità di una programmazione amministrativa consapevole, di carattere solido e non episodico, che tenga conto del potenziale insito nella vicenda religiosa e umana del Santo, così come della sua sterminata devozione che attraversa i paesi dell’Estremo Oriente e quelli del Vicino Oriente, passando per il Subcontinente indiano. E vola dai Paesi NordEuropei sino a quelli Sud Americani. Ed è proprio qui, in Sud America -e pochi se ne accorsero- che il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, due anni or sono, giunse a posticipare coercitivamente di qualche giorno la festa di San Valentino per mere pretese di potere personale, incontrando la ovvia e recisa opposizione degli innamorati che hanno continuato incuranti a celebrare la loro festa il 14 febbraio. Chavez, con questo gesto, ricorda in qualche modo Furius Placidus, quel prefetto imperiale che, condannando a morte Valentino, si era illuso di poter così rimuovere l’unica rivoluzione possibile, quella dell’amore: 1800 anni dopo, un caudillo sudamericano ci riprova. Come ternani stiamo facendo abbastanza per difendere il nostro Santo o, da troppo tempo, ce ne stiamo lavando le mani? andrealiberatius@gmail.com
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In libreria a Novembre Il program m a di E rf ur t ( 1891) L’Italia è, da sempre, al centro di fondamentali eventi storici e culturali, patria di intellettuali e di scienziati, riccamente dotata di risorse naturali e paesaggistiche. L'Umbria ne Germogli è il cuore, non solo verde, e presenta inestimabili valori in questo ventaglio di risorse. Risorse riguardanti l'ambiente, l’arte, la storia, il lavoro, la spiritualità emanata dai nostri Santi, il folklore e le tradizioni contadine, la gastronomia, la peculiarità di molti suoi prodotti alimentari. Il turismo si caratterizza oggi anche come ambientalistico, sportivo, artistico, storico, scientifico. Suoi aspetti salienti il tempo breve (una settimana o un week end), l’organizzazione totale, la sicurezza e il confort dell’ospitalità, il desiderio di immergersi in amene e tranquille oasi naturali e quindi la ricerca di una rigenerazione psicologica. Risulta oggi determinante anche il momento dell’informazione culturale intorno a quanto si osserva e la possibilità di visitare strutture scientifiche, poiché la scienza rappresenta, oltre ad una sentita esigenza di tutti i visitatori, la più forte e moderna espansione della mente dell'uomo. Poniamo analisi ed esaltazione delle risorse territoriali, costruzione e divulgazione della scienza, occupazione nel settore turistico, come momenti salienti per creare nuove opportunità lavorative. Germogli - Progetti per Terni - è compendio di idee e progetti per il territorio che negli anni hanno disegnato (e, in parte, realizzato) Giampiero Raspetti e Paolo Leonelli, da soli o insieme ai loro amici di sempre: Albano Scalise, Sergio Bacci, Pietro Rinaldi, Mario Struzzi. Lo scopo: favorire, attraverso la sua lettura, sogni e suggestioni per una città più bella. I progetti e gli eventi delineati sono raggruppati in: Giampiero
Raspetti
P ro g e t t i p e r Te r n i
EDUCAZIONE SCIENTIFICA Laboratori scientifici e musei; Il Cielo e la Terra; Centro Educazione Ambientale Valnerina. UMBRIA EVENTI Albero delle adozioni; Piazza dei popoli; Il cammino di San Francesco. RECUPERO Recupero cave: Cesi, Papigno; Riambientazione della cava ex Asfalto Sangemini; Piazza della Repubblica; Palazzo Spada. TERNI EVENTI Natale di Stelle; Carnevale nelle piazze; Festa della Primavera (Cantamaggio). SAN VALENTINO San Valentino; Tempio di carpini; Terni pasticciona. ARCHITETTURE Parcheggi Silos: Ospedale; Pedalare nel Tevere; Pista ciclabile Terni-Cascata Marmore; Parco Rambaldi.
La dottrina marxista ispira direttamente il partito socialdemocratico tedesco che, nel 1891, espone il suo programma nel Congresso di Erfurt. Esso è il frutto per la parte teorica di Karl Kautsky e per quella rivendicativa di Eduard Bernstein. In quel momento si confrontavano due diverse concezioni teoriche all’interno del marxismo, una, quella classica rivoluzionaria ortodossa, secondo cui si doveva rifiutare qualsiasi compromesso con lo Stato parlamentare borghese, che andava solo abbattuto per realizzare la società comunista, l’altra, quella cosiddetta riformista, secondo la quale alla società comunista si poteva arrivare gradualmente attraverso la conquista dello Stato borghese dal suo interno, partecipando alla vita democratica e parlamentare per ottenere un graduale miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori. Il programma segna un compromesso tra le due tesi, come scrive lo storico Collotti, si “offrivano al proletariato tedesco gli strumenti concreti per inserirsi nella lotta politica immediata, sul terreno quindi della democrazia parlamentare”, ma si ribadiva nello stesso tempo il comunismo come meta finale: Il Partito socialdemocratico tedesco lotta non per nuovi privilegi di classe e nuovi diritti, ma per l’abolizione del dominio di classe e delle classi stesse e per eguali diritti e doveri di tutti senza discriminazione di sesso o di origine sociale. Venivano ribaditi quelli che ormai erano considerati una conquista per tutti, proletari e non, e cioè i diritti civili e politici della tradizione liberale, ma con accentuazione decisamente più democratica: si prevedeva il suffragio universale maschile e femminile a venti anni con votazione segreta, l’abolizione di tutte le leggi che limitano la libertà di espressione, riunione e associazione, l’abolizione di tutte le leggi che danneggiano le donne nei rapporti di diritto pubblico e privato nei confronti dell’uomo, la dichiarazione della religione come questione privata e la abolizione di ogni impiego di mezzi pubblici per scopi ecclesiastici e religiosi. Le comunità ecclesiastiche e religiose devono essere considerate associazioni private che risolvono in modo completamente indipendente le loro questioni. Queste ultime affermazioni sulla religione sono tra le più laiche ed esplicite trovate finora in documenti ufficiali sulla netta separazione tra Stato e Chiesa, la quale per esistere deve autofinanziarsi. Ma accanto a questi diritti spiccano in modo particolare quelli economici, sociali e culturali, tipici della tradizione socialista, che vengono estesi e potenziati: Universalità della scuola. Frequenza obbligatoria delle scuole popolari pubbliche. Gratuità dell’insegnamento, dei mezzi didattici e del vitto nelle scuole popolari pubbliche. Gratuità delle prestazioni mediche inclusi l’assistenza al parto e i medicinali. Gratuità dei funerali. Gratuità dell’amministrazione della giustizia e della assistenza legale... Abolizione della pena di morte, abolizione delle imposte indirette sostituite da tasse progressive sul reddito e sulla proprietà (non si parla quindi per ora di sua abolizione), giornata lavorativa al massimo di 8 ore, divieto di lavoro notturno, riposo settimanale di 36 ore, divieto di lavoro ai bambini al di sotto dei 14 anni, gestione pubblica delle assicurazioni sociali. Come si vede la gamma dei diritti sociali è molto più estesa rispetto a rivendicazioni precedenti, le prestazioni mediche e l’assistenza legale gratuita sono novità assolute. Come una novità assoluta è il suffragio anche femminile, del resto Bebel ne La donna e il socialismo (1889) aveva già teorizzato l’uguaglianza di diritti: La donna deve avere parità e pienezza di diritti. Colpisce anche che il diritto alla vita sia finalmente legato alla abolizione Marcello Ricci della pena di morte che viene esplicitamente condannata.
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Magica OLIMPIA La Provincia di Terni per la cultura
I Giochi Olimpici iniziarono nel 776 aC. Nel 393 dC - si erano già svolte 293 olimpiadi - un editto dell’imperatore Teodosio, che proibiva qualsiasi manifestazione dell’antica religione, decretò la loro fine. Gli ideali originari erano però talmente forti che le Olimpiadi sono risorte in epoca moderna, costituendo oggi una istituzione importante quanto nell’antichità. Ingresso allo stadio
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Uscita dall’ingresso
I Giochi venivano celebrati ad Olimpia in onore di Zeus, padre degli dèi e degli uomini. Si gareggiava ogni quatto anni, all’interno di manifestazioni di carattere religioso come processioni, sacrifici, preghiere, inni, offerte di ex voto da parte dei fedeli. Si credeva infatti che la vittoria di un atleta fosse una manifestazione del favore divino. Erano ammessi a partecipare esclusivamente i Greci liberi, con preclusione per barbari, schiavi e donne.
di MASSIMO TIPOGRAFIA
Tra gli obblighi degli atleti era compresa anche una dieta comune, che fino al V sec aC consisteva di pane d’orzo, pappa d’avena, formaggio fresco, fichi essiccati e frutta secca. In seguito venne aggiunto anche filetto di carne. Insieme all’insegnamento delle regole delle gare, agli atleti venivano ricordati anche i princìpi etici della buona gara (euagwnizomai, eu-agonizomai), dal momento che senza modestia (aidwj, aidos) non esisteva rispetto dell’avversario né accettazione delle decisioni dei giudici. La gara (agwn, agon, da cui agone, sfida, tenzone) era giudicata degna solo quando contribuiva a migliorare il carattere degli uomini, degli atleti e degli spettatori. Spirito alquanto diluito, nel tempo! Nella prima Olimpiade ci fu una sola gara, la corsa dello stadio (stadion, stadion), corsa di velocità di circa 192 m, che fu poi ripetuta nelle dodici olimpiadi successive. Nel 724 aC si aggiunse la corsa di due stadi (diauloj, diaulos) e nel 720 la corsa di 24 stadi (dolikoj, dolicos). La lotta e il pentathlon vennero introdotti nel 708; il pugilato nel 688, la corsa dei carri con quattro cavalli nel 680, le gare ippiche e il pancrazio nel 648. Dal 632 fino al 616 vennero introdotte le gare dei ragazzi, nel 520 la corsa di uomini armati, nel 500 e nel 408 altre due corse coi carri, quelle con muli e con due cavalli. Infine dal 396, con le gare dei trombettieri e degli araldi, si eleggevano i migliori affinché suonassero le trombe e annunciassero i nomi degli atleti per la durata dei giochi. Fino alla 24a Olimpiade nel 684 tutti i giochi si completavano in una giornata. Dal 680, quando le gare divennero sei, i giorni aumentarono a due, mentre dal 632 divennero tre. Con le innovazioni decise durante la 76a Olimpiade nel 476, il gran numero delle gare impose l’aumento della durata dei giochi, che raggiunse i cinque giorni. In epoca romana sei, numero che rimase stabile fino alla fine dell’antichità. Il primo giorno dei giochi comprendeva anche il giuramento davanti alla statua di Zeuj orkioj (Zeus dio della veridicità dei giuramenti). Seguiva la registrazione degli atleti e il sorteggio degli abbinamentì degli avversari o dell’ordine in cui avrebbero gareggiato. Il pomeriggio si svolgevano le gare dei trombettieri e degli araldi e poi i sacrifici sugli altari degli déi. Il secondo giorno si tenevano le gare dei ragazzi, il terzo le gare ippiche e il pentathlon e la sera, alla luce del plenilunio d’estate, l’offerta di sacrifici a Pelope. Il quarto giorno, il più spettacolare della festa, cominciava con il grande sacrificio di cento buoi, l’ecatombe, sul grande Altare dì Zeus. Tutti i fedeli ricevevano pezzi della carne sacra di questi animali, in una sorta di comunione divina che era indispensabile in ogni espressione di culto dell’antica religione. Subito dopo tutti i presenti andavano allo Stadio per seguire le importantissime gare di corsa, pugilato, pancrazio, e di corsa in armi. Il quinto e ultimo giorno era dedicato alla gloriosa coronazione dei vincitori, al banchetto ufficiale in loro onore che si teneva nel Pritaneo, a nuovi sacrifici di ringraziamento agli dèi e finiva con le feste, le cene e le celebrazioni dei vincitori con i loro parenti, amici e compatrioti. Grazie agli elementi che ci forniscono le fonti scritte e ai dati archeologici, possiamo dedurre con una certa sicurezza il numero degli atleti che prendevano parte alle finali delle diverse gare. Nelle gare di corsa (stadion, diaulos, dolicos e corsa in armi) correvano fino a venti atleti, nelle gare pesanti (lotta, pugilato e pancrazio) si battevano da quattro a dodici concorrenti, mentre nelle gare ippiche e nelle corse dei carri potevano partecipare addirittura 40-50 cavalli o carri a quattro cavalli!
Scena di corsa da un’anfora panatenaica
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Filolao mette il fuoco nel mezzo, intorno al centro, che chiama focolare del tutto e casa di Zeus e madre degli dèi e altare e congiungimento e misura della natura. E poi un altro fuoco alla sommità, quello che circonda il tutto. Aëtius, II 7, 7 [Doxographi graeci 336]
Andiamo in orbita: La velocità di fuga Il grande Jules Verne, nel 1865, con il suo fantascientifico racconto Dalla Terra alla Luna, ipotizzava un proiettile gigantesco contenente tre astronauti, che per andare sul nostro satellite veniva sparato da un potentissimo cannone. Un secolo dopo l’uomo ha davvero messo il piede sul nostro satellite ma ci è arrivato tramite un missile a tre stadi, il Saturn V alto 110 metri. E’ cambiato il mezzo, ma il concetto di base è lo stesso: occorre sviluppare una velocità formidabile per sfuggire all’attrazione terrestre, pena la ricaduta in basso. Nella seconda foto è schematizzata una teoria del grande Newton che mostra il comportamento di diversi proiettili sparati da un ipotetico cannone a velocità crescenti. I proiettili A e B ricadono a terra, il proiettile C percorre un’orbita circolare, D, invece, una ellittica ed infine il proiettile E si allontana dal pianeta. Questa velocità, in gergo tecnico chiamata Velocità di fuga, dipende dalla massa del pianeta e nel caso della Terra, equivale a 11.2 Km. al secondo, ovvero 40320 km orari! Per sfuggire all’attrazione gravitazionale del pianeta maggiore del Sistema Solare, Giove, occorre una velocità di fuga di 60 Km al secondo, mentre dalla Luna si ritorna indietro con un mezzo che viaggia a soli 2.3 Km al secondo. Naturalmente il razzo vettore non raggiunge queste velocità in un sol colpo, ma in modo accelerato sfugge a questa forza attrattiva accendendo gli stadi uno dopo l’altro mano a mano che sale in alto. La velocità di fuga diminuisce con l’altezza e, per fare un esempio, a 9000 mt. si riduce già a 7 Km al secondo. Sfuggendo all’attrazione terrestre, e superando gli strati alti della nostra atmosfera*, in assenza di attrito, la velocità della navicella rimane costante. Tutto quanto detto fino a questo momento vale per vincere l’attrazione gravitazionale terrestre ed immettere navicelle in orbite bassa, media, polare, equatoriale e geostazionaria, ma se vogliamo inviare delle sonde per esplorare i pianeti più esterni del sistema solare o addirittura uscire dal sistema solare stesso, allora bisogna fare i conti con la Velocità di fuga dal Sole. In questo caso occorre una spintarella aggiuntiva e guarda caso ci si avvale di una fionda: la fionda gravitazionale, ma di questo ne parleremo nel prossimo numero. Tonino Scacciafratte - Presidente A.T.A.M.B. - tonisca@gmail.com * Lo spessore dell’atmosfera è di circa 2500 km, ma il 99% dell’intera massa si trova al di sotto dei 30 km dalla superficie e circa il 75% è concentrata tra gli 8 e i 17 km dalla superficie terrestre.
Pillole di Astronomia In un certo luogo, di giorno, di notte, d’estate, d’inverno, esistono solo due riferimenti sulla volta celeste che sono immutabili: la posizione della stella Polare e la posizione dell’Equatore Celeste. L’altezza della Stella Polare sull’orizzonte è uguale alla latitudine del luogo di osservazione: nel caso di Terni la latitudine è 42° circa e quindi la stella Polare si trova a 42° sopra l’orizzonte. L’equatore è un arco di cerchio, intersezione del piano passante per l’equatore terrestre con la sfera celeste, posto a cavallo del meridiano locale. Guardando verso sud l’equatore si trova ad un altezza dall’orizzonte che è uguale al complemento della latitudine (90 – L). GC Nel caso di Terni questo valore è uguale a 90° - 42° = 48° circa.
Osservatorio Astronomico di S. Erasmo Osservazioni per il giorno venerdì 29 Ottobre 2010 Approfittando che la Luna è in fase calante e non disturberà la visione di oggetti deboli, punteremo M33, la famosa Galassia del Triangolo, molto estesa, ma bisognosa di un cielo particolarmente buio per essere apprezzata a dovere. Giove, perfettamente a meridione, si osserverà in prima serata con tutti e quattro i satelliti Galileiani allineati alla sua sinistra. Non può mancare un ammasso globulare e sarà la volta di M15 in Pegaso a mostrarsi compatto, distante 33.600 anni luce da noi. Come di consueto, e a completamento della serata, l’osservazione del cielo ad occhio nudo con le indicazioni di tutte le costellazioni visibili. TS
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Una
costellazione
al mese
Acq u ario e Scultore L’Acquario, costellazione poco cospicua, ma grande e significativa, in quanto zodiacale, occupa l’area a sud di Pegaso e ad est del Capricorno. Le sue stelle sono molto sparse e piccoli gruppi di queste formano raggruppamenti distinti. L’asterismo più facile da individuare è la brocca d’acqua che l’Acquario trasporta, una forma trilobata ad Y formata dalle stelle pi, eta e gamma e al centro zeta. Alcuni più che una Y, ci vedono un triangolo quasi equilatero con una quarta stella che ne marca il centro. In ogni caso l’asterismo è facilmente individuabile prolungando tre volte l’allineamento tra le stelle che formano le ali del Cigno. Spostandoci alla sua destra, incontriamo Sadalmelik (il fortunato del re), l’Alfa Acquarii, che si trova molto vicina all’equatore celeste e che dista da noi 758 a.l. L’Acquario, il Portatore d’Acqua, è una delle costellazioni legate in qualche modo all’acqua, e i Babilonesi chiamavano questa zona del cielo il mare celeste e la popolarono di creature dell’oceano come la Balena, i Pesci, il Capricorno e il Delfino, tutti sotto il controllo dell’Acquario. Secondo il mito greco, il giovinetto che versa acqua da una brocca rappresenta Ganimede, il coppiere degli dei: Giove, invaghitosi del bellissimo figlio del re Troo, lo fece rapire da un’aquila e lo volle come coppiere dell’Olimpo per mescere acqua e nettare, la bevanda preferita degli dei. A sud della coda della Balena e dell’Acquario, in una zona estremamente povera di stelle, dall’Italia sempre piuttosto bassa sull’orizzonte, troviamo la costellazione dello Scultore (in origine il Laboratorio dello Scultore), inventata di sana pianta nel 1752 dall’astronomo francese Lacaille durante la sua permanenza nell’emisfero australe. Per rintracciare la stella più brillante della costellazione (mag. 4,3) si prolunga la linea che unisce Deneb e le due stelle che segnano la coda della Balena, mentre le altre stelle si trovano partendo dalla alfa e spostandosi a destra e poi a sud. Nello Scultore è situato il Polo Sud Galattico, ovvero il punto che è la proiezione sulla sfera celeste della linea retta che passa per il centro della nostra Galassia e perpendicolare al disco galattico. Il Polo Nord galattico Giovanna Cozzari cade nella Chioma di Berenice.
L’ ecl i s se d e S o l e
Accadde ad ottobre... I Via g g i d i G u llive r e le Lune di Mar te
Quarche tembu fa co’ Zzichicchiu stavamo a pparla’ de l’eclisse de Sole e... me steva spieganno che quanno la Luna... che cce ròta ‘ntorno ‘gni mese... se cumbina a passa’ tra noi e lo Sole ce lu po’ nasconne anche tuttu. Sentennulu m’ero ‘n bo’ ‘ncuriusitu e... co’ ll’occhi birbi m’è vvinutu spontaneu da di’... Allora ‘gni ggiru c’emo l’eclisse?... Me tt’ha rispostu... Guarda che Essa... spessu e volentieri... ce passa davanti ‘n bo’ più arda e a vvorde ‘n bo’ più bbassa... e cce copre lo Sole sulu quanno se cumbina a passacce propiu davanti... su lu stessu pianu. J’ho ‘rseguitatu come pe’ ccerca’ de smentillu... Ma ppo’ se è ccucì ppiccola... come fa a nnasconnece tuttu lo Sole che è ccucì grossu?... E issu... A Lunardi’... ma è pperché ce sta tantu più vvicina... è ccome se io te mittissi ‘na mano davanti a ll’occhi e tte cciàrparassi lu palazzu davanti a tte ch’è tantu più ggrossu!... Sta ‘n bo’ attentu!... Pe’ ppocu no’ mme dai ‘n fruntinu... però me pare d’ave’ ccapitu che ccucì avvène l’eclisse totale!?... Senti ‘n bo’... e qquanno la Luna t’arpara lo Sole llà mmezzu e tte fa vede’ sulu lu contornu?... ‘Mbè... stai a pparla’ de quillu anulare... è ccome se t’allontanassi ‘sta mano ‘n tantinu de più dall’occhi... arguarda ‘n bo’ mo’ ‘llu palazzu!?... Lu vidi che tte lu copro sulu llà mmezzu?... Zichicchiu vedennome ccucì concentratu e penzierosu e credenno che ‘nn’évo capitu t’ha ‘ncuminciatu a ffamme ‘llu muvimentu avanti e ‘ndietro co’ la mano... propiu davanti a la faccia mia... Lo vidi?... Guarda ‘n bo’... e mmo’?... E mmo’?... A ‘n certu puntu... c’evo raggione a èsse prioccupatu... me tt’ha schiaffatu ‘n ditu dentro a ‘n occhiu... a ‘llu puntu ho sbottatu... Che tte pozzi guastatte!... Mo’ de palazzu ne vedo mezzu... no’ mme di’ che mme stevi a spiega’ l’eclisse parziale!?
Il 28 ottobre 1726 venne pubblicata un’opera di fantasia e satira intitolata I Viaggi di Gulliver, scritta dal religioso anglicano Jonathan Swift.
paolo.casali48@alice.it
ASTROrime... La Via Lattea Che bella... nella notte stellata quella scia luminosa nel cielo... da miliardi di astri è formata (200 mld di stelle) e par solo una striscia di velo. E’ la stessa galassia in cui siamo (Via Lattea) con gli astri di una notte serena... quel chiarore che in cielo vediamo... è la parte di stelle più piena. (parte centrale) Per i greci... un fiotto di latte ch’è uscito da Era... dal suo seno divino... per un morso di Eracle... il mito... mentre Lei lo allattava piccino. PC
Il dottor Gulliver, dopo essere stato prima sull’isola di Lilliput e poi su quella dei Giganti, finisce nell’isola di Laputa, una terra volante che fluttua nell’aria, popolata principalmente da bizzarri matematici, musicisti e astronomi. Nella descrizione delle avventure su quest’isola, viene narrato come gli astronomi di Laputa abbiano scoperto due lune di Marte: Loro [gli abitanti di Laputa] hanno anche scoperto due stelle minori, o satelliti, che girano intorno a Marte, dei quali il più vicino dista dal centro del pianeta principale esattamente tre volte il suo diametro e il più lontano cinque; il primo compie il suo giro in dieci ore, il secondo in ventuno e mezzo: così che i quadrati dei loro periodi di rivoluzione sono quasi nella stessa proporzione con i cubi delle loro distanze dal centro di Marte, cosa che mostra chiaramente come siano governati da quella stessa legge di gravitazione che agisce sugli altri corpi celesti.“ (Parte III, Capitolo 3). Fin qui non c’è nulla di strano nella descrizione, direte voi. E invece no, perché le due lune di Marte, Deimos e Phobos, furono scoperte dall’astronomo americano Asaph Hall soltanto nell’estate del 1877, ossia 150 anni dopo! Ma come è possibile? Ai tempi di Jonathan Swift gli strumenti ottici a disposizione non consentivano di poter osservare questi satelliti e gli stessi Newton ed Halley, suoi contemporanei, non sospettavano minimamente della
loro esistenza! Molto più realisticamente, si è ipotizzato che Swift fosse a conoscenza del pensiero di Keplero circa i satelliti dei pianeti. Quando Keplero venne a sapere che Galileo aveva scoperto i quattro satelliti di Giove, subito affermò che Marte I satelliti di Marte avrebbe dovuto averne due. Questo perché la cosa è davvero sorpren(sempre secondo Keplero) dente perché, considerando il pianeta rosso si trova, rii tempi e le conoscenze, spetto al Sole, ad una dipossiamo definirli molto stanza intermedia rispetto a vicini alla realtà. Infatti il quella della Terra e di satellite che nel racconto Giove, e quindi, anche il compie il suo giro in dieci numero dei satelliti doveva ore, in realtà è Phobos ed il seguire questa regola. suo periodo è di 7h e 39m, Dunque la Terra ne aveva mentre l’altro, a cui viene uno, Giove quattro, e attribuito un periodo di Marte, trovandosi nel ventuno ore e mezzo, è mezzo, ne doveva avere per Deimos, la cui rivoluzione forza due. E lo stesso radura 30h e 18m. gionamento deve averlo In effetti però i satelliti di fatto anche lo scrittore franSwift hanno una velocità di cese Voltaire, che nel 1752 rivoluzione eccessiva, ma parlò dell’esistenza di due questo è dovuto al fatto che satelliti di Marte nella suo egli attribuì alla massa di racconto filosofico MicroMarte un valore troppo mega, dove due giganti alto. Un errore che pospartiti da Sirio … si accosiamo senz’altro perdonarstarono al pianeta Marte, gli, se pensiamo che ai suoi scorgendo due lune sfugtempi non si conosceva gite alle osservazioni dei nemmeno la massa della nostri astronomi. Terra (lo scozzese Henry Poichè agli inizi del XVIII Cavendish la determinò secolo il diametro di Marte solo nel 1798, cioè 72 anni era considerato pari a crica dopo la pubblicazione dei 6400 km, secondo Swift, i Viaggi di Gulliver!). due satelliti dovevano diPhobos (Paura) e Deimos stare rispettivamente 19200 (Terrore), nella mitologia Km (in realtà sono 9380) e greca sono i due figli di 32000 Km (in realtà Marte, dio della Guerra, 23460) dal centro di Marte. che accompagnavano il Ma Swift nei Viaggi di padre in battaglia. Gulliver fornisce anche dati Fiorella Isoardi Valentini sui periodi di rivoluzione e
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Inquinamento luminoso e risparmio energetico Nella nostra città sono istallati centinaia di lampioni stradali analoghi a quelli per cui è sotto processo il responsabile dell’Ufficio Tecnico di Supino (FR) (vedi Il Messaggero di Roma di venerdì 25 Giugno 2010). Nella foto N. 1 è mostrato un tipico lampione luminoso istallato in V.le della Stazione. Come questo ce ne sono centinaia in tutta Terni. Come si vede dalla foto, il lampione è dotato nella parte sottostante, di un vetro sporgente, di forma prismatica, che determina una diffusione a ventaglio dei raggi luminosi indirizzandoli anche verso l’alto. La dispersione nel cielo è notevole, in alcuni casi supera il 30%. Per questo motivo molte case costruttrici hanno messo sul mercato vetri piani non sporgenti da sostituire a quelli prismatici. Questa è una soluzione pratica e poco costosa. Inoltre, per essere completamente conformi alle prescrizioni della Legge Regionale N. 20/2005 e al Regolamento Regionale N. 2/2007, della Regione Umbria, tutti i corpi luminosi montati in posizione inclinata, dovranno essere riposizionati in orizzontale. Bastano pochi gradi di inclinazione verso l’alto, per vanificare un buon progetto. La modifica è sintetizzata negli schemi in figura N. 2 e N. 3. Speriamo che anche a Terni si proceda quanto prima all’adeguamento di questi lampioni. Franco Capitoli
I martedì matematici a cura di Giampiero Raspetti luogo: sala videoconferenze BCT orario: 16,30 - 18,00 CORSO A per ragazzi dagli 11 ai 13 anni ottobre 2010: 19, 26 novembre 2010: 9, 16, 23, 30 dicembre 2010: 7 Corrispondenza biunivoca - Nascita del numero: Egitto, Grecia, Roma Sistemi di numerazione - Al-Khwarizmi e al-jabr - Le equazioni
CORSO B gennaio 2011: febbraio 2011:
per tutte le età 11, 18, 25 1, 8
Conquiste fondamentali del pensiero matematico e conseguenze nel campo sociale, politico, religioso.
CORSO C
per ragazzi dai 9 agli 11 anni febbraio 2011: 15, 22 marzo 2011: 1, 8, 15, 22, 29 aprile 2011: 5
Senso del numero negli animali, nell’uomo primitivo, nell’uomo civilizzato - Ampliamento del senso del numero - Astrazione - Contare
I corsi non sono paralleli ai programmi scolastici.
I mercoledì informatici
a cura di Paolo Lucci CORSO A
luogo: aula didattica BCT orario: 16,30 - 18,00 per ragazzi dagli 11 ai 13 anni ottobre 2010: 27 novembre 2010: 3, 10
Definizione di informatica, campo di utilizzo nella società moderna, limiti tecnologici ed aspetti educativi; Struttura fisica e logica di un elaboratore elettronico (esempi di hardware / software / firmware); La rete globale: Internet (navigazione, servizi web: email, chat, social network, ecc..)
CORSO B
per tutte le età gennaio 2011: febbraio 2011:
19, 26 2
PC, netbook, notebook, palmari, server, ...); Tipici applicativi software impiegati per uso professionale, educativo, ricreativo; internet.
CORSO C
per ragazzi dai 9 agli 11 anni febbraio 2011: 23 marzo 2011: 2, 9
Introduzione all'informatica; Il PC: la parte “corporea e materiale”; Il PC: la componente “soffice e duttile”; Strumenti elettronici moderni per l'elaborazione delle informazioni e dei dati (Personal Computer, netbook, notebook, palmari, server, ...)
I corsi di informatica sono per gruppi di 12 persone.
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Ad oggi si è formato il seguente gruppo di collaborazione per i corsi di matematica: Giampiero Raspetti, Ivano Argentini, Paolo Casali, Paolo Lucci, Daniele Di Lorenzi, Elena Lucci, Francesco Neri, Giovanni Massarelli. NB - I corsi sono completamente gratuiti - I moduli di iscrizione sono disponibili presso la Biblioteca Comunale di Terni e anche scaricabili dal sito www.bct.comune.terni.it
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Lampione stradale con guscio schermante e vetro prismatico sporgente, montato in posizione obliqua. Terni – V.le della Stazione e molte altre vie.
NON CONFORME Armatura inquinante installata in varie zone di Terni. Lampione stradale con vetro prismatico sporgente, montato in posizione obliqua.
NON CONFORME
Lampione stradale con vetro piano non sporgente, montato in orizzontale.
CONFORME
Quanto vale lo “0”? Lo zero, spartiacque mediano tra i numeri positivi e quelli negativi, ha il significato di niente o nullo. Ma è proprio così? Dipende dal contesto in cui è indicato all’interno di una frase o di una catena numerica… Faccio un esempio: se la differenza tra un numero x di oggetti contenuti in due insiemi equivale a zero, significa che i due insiemi raggruppano il medesimo numero di oggetti. Curiosa è anche la tabellina dello zero, tanto amata dai bambini, la quale dimostra che esso, moltiplicato per un qualsiasi numero, dà sempre se stesso. (nulla x nulla = nulla) La divisione con lo zero diventa addirittura impossibile: qual è quel numero che moltiplicato per zero da il dividendo? (n / 0 = ?). Impossibili sono anche le sottrazioni con il minuendo pari a zero (0 - n = ?), mentre nelle addizioni, un numero, aggiunto a zero, rimane uguale a se stesso (n + 0 = n). Ma allora, a cosa serve lo zero? Soltanto ad annullare, rendere impossibili o uguali a se stessi i risultati? Spesso questo numero, né positivo né negativo, né primo né composto, impropriamente considerato pari soltanto perché il numero che lo segue, 1, è dispari, viene sottovalutato e poco considerato, usato nelle frasi offensive o per indicare inefficienza e nullità: -Sei uno zero ! -Non vali uno zero ! -Sei più nullo di uno zero !
..... E via dicendo. Ma è davvero così? Proviamo a scrivere il numero 150 senza lo zero… Che diverrebbe? Un 15! Distinguiamo allora 150 da 105 senza utilizzare lo zero. E’ impossibile! ½ in forma decimale? Non potrebbe essere 0,5! E voi, preferireste vincere €100, €1000 o €10000? Ma allora, chi è la nullità? Senza questo numero, forse il più importante fra tutti, l’intera numerazione risulterebbe pressoché impossibile! Ma a chi dobbiamo la sua invenzione? L’uso dello zero come numero in sé, è un’introduzione piuttosto recente all’interno della matematica europea, che si deve agli scienziati indiani. Il primo a studiarlo, nel 628, fu Brahmagupta. In seguito gli arabi, i cui numeri sono oggi usati in tutto il mondo, appresero dagli indiani il sistema di numerazione decimale e lo trasmisero agli europei durante il Medioevo. Il nome zero, invece, deriva da sifr, il modo in cui gli arabi denominavano questa cifra. In latino venne tradotto come zephirum, cioè zefiro, figura mitologica e personificazione del vento di ponente. Ma questo nome venne affermato in Italia soltanto dal veneziano Leonardo Fibonacci che, nel 1202, tradusse nel suo Liber Abbaci sifr in zephirum, da cui zevero e, infine, zero. In seguito alla sua comparsa venne sviluppato il
concetto di cifra, anch’essa derivante dall’arabo sifr. L’invenzione dello zero fu una grande svolta all’interno dei campi scientifici: - nella teoria degli insiemi, lo zero è la cardinalità dell’insieme vuoto; - nelle potenze crea particolari risultati (0n = 0 e n0 = 1) escluso n = 0 il qual risultato, in tal caso, sarebbe un numero indefinito; - in geometria, la dimensione di un punto è 0; - nella geometria analitica, 0 è l’origine; - nella funzione zero, esso diventa l’unico valore possibile che deve essere attribuito all’incognita affinché il risultato sia nullo; - nella probabilità esso assume il concetto di impossibile… E in Informatica? Pensate un po’ che il computer non esisterebbe se non ci fosse lo zero?! Questa cifra sta infatti ad indicare un punto d’inizio, l’attivazione di un particolare programma (partendo dallo 0% si aumenta fino al 100%). E il sistema binario? Sarebbe annullato se non ci fosse lo zero, poiché quale cifra meglio di esso potrebbe indicare l’OFF, lo spento e il negativo? E allora, vi sembra che lo zero valga proprio…0 !? Elena Lucci Classe IIIG, Scuola media O. Nucula
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