La pagina ottobre 2013

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Numero 1 0 8 ottobre 2013

Mensile a diffusione gratuita di attualitĂ e cultura

IMMOBILIARE

B AT T I S T E L L I

Piediluco - Foto di Alberto Mirimao


Il tempo del riposo Fa già freddo, e il Nera lascia alzare qualche filo di nebbia. Un uomo esce dal lavoro, vede che diventa buio presto, specie se cade anche questa pioggerellina maledetta e irritante. Entra in macchina, e dall’autoradio escono voci accalorate sull’ultima crisi di governo: è difficile pure tenere il conto, in questo paese i governi si rinnovano molto più frequentemente dei modelli delle automobili. Lungo i giardini già nota un paio di prostitute, una bianca, l’altra scura, quasi certamente nigeriana. Tra pozzanghere e nebbia salta fuori all’improvviso un gatto proiettato alla caccia d’una nottola: il balzo non ha successo, e il micio si rintana in un portone. Finito il lavoro, domani si ricomincia. Ma dopodomani sarà lo stesso, con la noia del lavoro noiosamente alternata alla noia del weekend. Meglio non pensarci. A casa una cena distratta, poi si siederà sul divano per un po’ di televisione; infine a letto. Riuscirà a prendere sonno? Ma sì, poi alla fine si addormenta sempre. Se non altro per noia. C’è una strana maledizione, nell’età adulta. Strani meccanismi di sopravvivenza, convivenza sociale, economia nazionale e domestica congiurano per rendere, da una certa età in poi, i giorni più o meno tutti uguali, e quindi noiosi. Questo è vero ancor oggi, ma lo è stato ancora di più nel passato: anzi, per gran parte della storia dell’umanità la ripetitività dei giorni era scandita soprattutto dalla fatica e dalla fame, più che dalla noia. Alcuni ricercatori hanno calcolato che due ore passate in un cinema danno allo spettatore circa la stessa quantità di piacevoli emozioni che un servo della gleba medievale provava in un anno. Eppure il mondo sta lì, pieno di cose da scoprire, da leggere. Il cambio di stagione è ritmato da regole astronomiche esattissime, e il variare della durata del giorno, il cambio della temperatura sono conseguenze inevitabili di questi meccanismi. La nebbia del Nera è parente stretta delle nuvole che oscurano la luna, ed è curioso scoprire in che misura varia la loro consistenza, la forma, la quota in cui si formano. Un’autoradio è una meraviglia della tecnica, per quanto

si sia abituati ad usarla: e basta provare ad accendere una radiolina portatile dentro un’auto per scoprire quanto sia difficile avere una buona ricezione, e magari a scoprire per esperienza diretta cosa sia una gabbia di Faraday. Le crisi di governo hanno logiche perverse ma seguono regole precise, e conoscerle è importante; anche se spesso la conoscenza aumenta l’irritazione anziché mitigarla. L’automobile è un capolavoro di ingegneria con migliaia di dispositivi complicati e complessi, tutti alimentati da una singola fonte d’energia chimica, alla quale pensiamo solo quando malediciamo il tabellone dei prezzi dei distributori. Le tristi signorine che passeggiano di notte senza gonna hanno ognuna una storia drammatica individuale, scaturita da qualche tragedia di spessore più ampio e storico, che ha travagliato i loro paesi d’origine: e la nera, per quanto possa sembrare incredibile, potrebbe aver addirittura perso la verginità proprio su quella strada, tanto è drammatico, incredibile e scandaloso il percorso che la ha portata fin qua. Il salto del micio descrive una curva particolare, che però è parente stretta della curva che fa la Terra attorno al Sole, e che è la ragione ultima del fatto che un mese fa portavamo ancora magliette a maniche corte, e adesso siamo già coperti da maglie e giubbotti. La nottola evita il gatto anche se cieca, grazie ad un sistema di radar acustico che lascia a bocca aperta: facile dire che emette dei suoni e rileva gli echi grazie al suo acutissimo senso dell’udito, ma come fa, con un udito del genere, a non rimanere assordato dagli stessi stridii che emette per guidarsi con l’eco? Il mondo è leggibile, ed è spaventosamente ricco di storie e di misteri. La noia è tutt’altro che inevitabile: certo, prima di tutto bisogna possedere i giusti strumenti di lettura; ma per questo c’è una soluzione vecchia quasi quanto l’uomo. Bisogna conoscere un po’ di astronomia per capire le stagioni, un po’ di diritto ed educazione civica per leggere le regole che reggono gli stati, un po’ di fisica e di chimica per provare a capire gli elementi alla base dei misteri dell’ingegneria, un po’ di storia, di geografia e di lingue per non rifiutare di capire gli stranieri, un po’ di biologia per indagare sulle performance dei felini e sui misteri dell’evoluzione. E un po’ di matematica per seguire i mille linguaggi della scienza, e molto, molto italiano per imparare a comunicare. La soluzione vecchia, antica quanto il mondo, è quella di prendere i ragazzi nei momenti dell’ozio, del riposo, e cominciare a raccontar loro queste cose. Il riposo attivo, costruttivo, dagli antichi greci veniva chiamato “skolè”: è da questa parola che arriva la nostra scuola. Più ancora che per imparare a lavorare e a sopravvivere, la scuola serve a darci gli strumenti per leggere il mondo. Dovrebbero saperlo bene sia gli insegnanti che gli studenti.

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È autunno, la scuola è iniziata. Buona scuola a tutti. P i e ro F a b b r i


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Il tempo del riposo - P F a b b r i MEDIOAREA E luce sia! - G R a s p e t t i IMMOBILIARE BATTISTELLI Smart cities, le città di domani - A M e l a s e c c h e F O N D A Z I O N E C A S S A D I R I S PA R M I O Le nozze di sangue della sposa bambina - F Patrizi ALBERGO DUOMO - ANTICA CARSULAE Lettera a Napolitano - M B a t t i s t e l l i C O O P E R AT I VA M O B I L I T À T R A S P O R T I I l v i n o c o t t o - V Grechi V i v a V. E . R . D . I . - V P o l i c r e t i WITHA GROUP Jazzit fest: yes we can... change the world! - C Colasanti TERNI: ASSESSORATO CULTURA SCUOLA E POLITICHE GIOVANILI TERNI: ASSESSORATO AI LAVORI PUBBLICI D o l o r e o d e p r e s s i o n e ? - V Policreti La medicalizzazione: flagello dei nostri tempi - G G i o r g e t t i STUDIO ODONTOIATRICO Dr. Alberto Novelli CONSORZIO TEVERE NERA Il Cavaliere come metafora - PL Seri ALFIO Il Gioco prima dello Sport - A Zerbini L A B O R AT O R I S A L VAT I A Z I E N D A O S P E D A L I E R A S A N TA M A R I A D I T E R N I M y k o n o s , l ’ i s o l a d e i s o g n i - L Be l l u c c i N U O VA G A L E N O LICEO CLASSICO - A B r e g l i o z z i , B Tu z i , B M a r t e l l i La spedizione dei mille: il secondo sbarco - F N eri Siamo quello che mangiamo - L Paoluzzi FA B U L A E - M V P e t r i o l i CENTRO MEDICO DEMETRA - ERREMEDICA AMICI DEL TEATRO - A s s o c i a z i o n e C G S T a c i t o T E R N I R I C O R D I D E L PA S S AT O - L S a n t i n i Alla scoperta di... antiche pietre, antichi popoli - L Santini SPOLETO - A C e s a r e t t i , S R a u s S T U D I O M E D I C O D r. A l d o T r a c c h e g i a n i L o s p o r t è e d u c a z i o n e - G Ta l a m o n t i HUMOR - C Brunetti ACQUALIMPIDA CIDAT La scoliosi - V Buompadre L’ a l i m e n t a z i o n e d e l l ’ a n z i a n o - L F a l c i B i a n c o n i Conoscere, tutelare, valorizzare - D Fagioli GIUSEPPE CAPOGROSSI, ROBERTO MELLO - R B e l l u c c i ALLEANZA TORO Lo sproverbia’ ... co’ lu tempu... s’attacca! - P C a s a l i Una soffitta sull’universo - M P a s q u a l e t t i Parliamo delLA LUNA - E Co s t a n t i n i AMARCORD TERNANA - M Ba rc a ro t t i G L O B A L S E RV I C E SUPERCONTI

PA G I N A

Mensile di attualità e cultura

Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni

DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta di Giampiero Raspetti

i n f o @ l a p a g i n a . i n f o

E luce sia! La Pagina nasce a Terni, nel febbraio 2002, con l’intento di offrire ai cittadini la possibilità di presentare, discutere, analizzare argomenti di attualità, arte, scienza, economia, cultura in generale e di mostrare le ingenti risorse, umane, paesaggistiche, storiche di cui il nostro territorio è dotato. Nel dare voce a moltissimi concittadini, nell’accogliere e nel creare dibattito intorno ad interventi specialistici, d’opinione o progettuali, La Pagina cerca di disegnare un possibile futuro per il territorio, in stretta osservanza con le risorse culturali ed ambientali presenti nella nostra terra. Possibile futuro che offriamo a tutta la cittadinanza, cercando di non attardarci nelle ideologie o nelle visioni di parte delle problematiche, convinti che chi si impegna in progetti intelligenti non necessariamente debba avere una sua connotazione partitica. La grande tiratura del Magazine (da 10 a 15mila copie mensili) è possibile perché sorretta da sponsor illuminati, che sentitamente ringraziamo. Sponsor che sanno di trarne un’immagine decorosissima, ma, soprattutto, di essere visti da circa 50mila lettori al mese e da più di duemila contatti da tutto il mondo (www.lapagina.info), con numeri sempre crescenti. L’Associazione Culturale La Pagina nasce, nell’aprile del 2012, per offrire alla intera cittadinanza un luogo di elaborazione e di esposizione culturale a larghissimo raggio, far conoscere le bellezze del nostro territorio, collaborare alla loro promozione in modo da poter attrarre visitatori e turisti. Si organizzano Mostre (d’arte, d’artigianato, di collezioni), conferenze, dibattiti, incontri teatrali e conviviali e spettacoli di cabaret culturale. Pubblicammo, 2 anni fa, Senatori della città, un opuscoletto, ormai introvabile, in cui si invitano tutti coloro che hanno concluso degnamente il loro impegno lavorativo o amministrativo, se così bravi come pensano di essere, a mettersi a disposizione gratuita dei giovani, autoeleggendosi Senatori della città, senza ricercare, magari con affanno e con un po’ di protervia, altri impegni, altri incarichi, altri mandati retribuiti. L’Associazione Culturale La Pagina nasce con questi presupposti, che cerchiamo sempre di onorare. Nel Magazine invece giovani e giovanissimi espongono le loro idee e il loro sapere al grande pubblico (grande almeno rispetto ai benemeriti giornali d’Istituto che non raggiungono, però, la tiratura de La Pagina). Nella Associazione corsi scientifici per giovanissimi, gruppi di lavoro con giovani. Ma, soprattutto, facciamo cimentare alcuni giovanissimi di talento in conferenze pubbliche. Ed ora l’Ateneo, incontri e discussioni per tutte le età, per il quale abbiamo già diverse iscrizioni, comunicazione questa che facciamo con soddisfazione, la stessa provata quando circa 20 professionisti della cultura hanno entusiasticamente aderito al progetto, contribuendo alla sua formalizzazione definitiva. Stiamo preparando un opuscolo esplicativo che esporrà anche il calendario degli incontri. Essendo impegnati ad immaginare e a cercare di descrivere insieme una storia di almeno 5 miliardi di anni (formazione del sistema solare e luce irradiata che origina vita), non potremo dar luogo a lezioni cattedratiche, ma sapremo procurare stimoli per la discussione, cercando di generare nuovi paradigmi nello stile delle lezioni e delle conferenze. Ed è nuova luce, quella che illumina il nostro impegno verso i giovani e rende chiari i rapporti culturali ed educativi tra la gente. Una maniera diversa per fare, per capire e per sentire, soprattutto per vedere. Giampiero Raspetti

Direttore editoriale Giampiero Raspetti

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Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.

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Smart cities, le città di domani Oltre metà della popolazione mondiale vive nelle città e, secondo recenti statistiche, nel 2050 la percentuale salirà al 75%. Con questo tasso di crescita, non sorprende che il termine smart city (ovvero città intelligente) sia divenuto così di moda e che sostenibilità e uso efficiente delle risorse siano temi così sentiti. Smart city: un ambiente urbano proattivo nel migliorare la qualità della vita dei propri cittadini, che riesce a conciliare e soddisfare le esigenze di tutti i suoi fruitori, grazie anche all’impiego diffuso delle nuove tecnologie, con particolare riferimento a mobilità integrata, ambiente ed efficienza energetica. Tuttavia, le smart cities sono qualcosa di più di sofisticate infrastrutture create ed organizzate per ottimizzare le risorse spendendo meno e moltiplicando i servizi. Si tratta di veri e propri “organismi viventi” che vanno ben oltre le reti tecnologiche e le infrastrutture che le compongono. Soprattutto, per essere veramente smart, una città ha bisogno che l’intera popolazione diventi smart, a cominciare da chi ha istituzionalmente la responsabilità di definire politiche, strategie e azioni per la comunità di riferimento. Il concetto, originario da Rio de Janeiro, ha cominciato a diffondersi in Europa solo nel 2010, tanto che l’Unione Europea, per stimolare i progetti delle città che vi ambiscono, prevede una spesa totale tra i 10 e i 12 miliardi di Euro, nell’arco di circa un decennio. Al momento sembra essere Bologna la città più smart d’Italia. Questo il risultato di Smart City Index Report 2013, la classifica di 116 Comuni capoluoghi primari di provincia italiani, sul tema dello sviluppo smart. L’indice evidenzia 9 macro-aree tematiche (broad band: reti wi-fi, fibra ottica e servizi mobile; smart health: sanità elettronica, multimediale e servizi web; smart education: scuola digitale

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e servizi multimediali nelle scuole; smart mobility: nel trasporto pubblico e privato; smart government: pagamenti elettronici di tributi, open data e servizi online; mobilità alternativa: auto elettriche, car sharing e car pooling, piste ciclabili; efficienza energetica: consumo di gas ed energia elettrica, il teleriscaldamento, le politiche locali per l’illuminazione pubblica e le tecnologie installate; risorse naturali: gestione rifiuti, qualità dell’aria e risparmio idrico; energie rinnovabili: fotovoltaico, idroelettrico ed eolico) a loro volta associate ad altrettanti indicatori, per un totale di 153 indici. Occorre sottolineare che le soluzioni smart per eccellenza, necessitano della combinazione di piattaforme su larga scala, sfruttando anche sistemi di cloud computing, con grandi innovazioni guidate dal basso e non varate e imposte dall’alto. C’è da precisare che lo Smart City Index, frutto della collaborazione di Enti ed Associazioni di assoluto livello (Agenzia nazionale per l’Italia Digitale, Poste, Telecom, Associazione Nazionale dei Direttori Generali degli Enti Locali, ecc), incorona Bologna come leader nel percorso di trasformazione in città intelligente, perché presenta innovazioni molto superiori alla media in quasi tutte le aree. Reggio Emilia è invece la prima delle città smart di media dimensione (superiori a 80mila abitanti) raggiungendo il quarto posto nella classifica generale dietro a Bologna, Milano e Roma. Sotto gli 80mila abitanti, sono stati presi in considerazione 54 comuni, e la Lombardia pare possedere il più alto numero di cittadine che veleggiano verso un approccio smart. Come sono stati valutati i due capoluoghi umbri? Perugia non se la cava per niente bene, risulta al 62esimo posto, quindi a metà classifica, mentre Terni è sprofondata letteralmente con la sua 101esima posizione su 116, con performance pessime su tre parametri: efficienza energetica, smart health e broadband. Non è simpatico pensare di essere nel Centro Italia e poi svegliarsi e constatare di ritrovarsi in posizione peggiore di quasi tutte le città del Sud. Chi di dovere deve decisamente darsi una mossa, perché di sollecitazioni in tal senso nel corso di questi anni ne sono venute moltissime da imprese, famiglie e singoli cittadini e il 2020 non è più così lontano! Pensare che una volta eravamo la città del Centro Multimediale e dovevamo diventare la Silicon Valle. a l es s i a . m e l a s e c c h e @ l i b e ro . i t

O G R A T U I T O D E L L A V I S T A C O M P U T E R I Z Z N A I M M E D I A T A D E G L I O C C H I A L I D A V I S T C E N T R O L E N T I A C O N T A T T O C O N C E S S I O N A R I O L E N T I Z E I S S E R O D E N S T O C K D E A L E R D E L L E M I G L I O R I G R I F F E

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La Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni ha organizzato, a palazzo Montani Leoni, nella sala “Paolo Candelori”, il convegno dal titolo “Fondazioni bancarie e sviluppo locale”, che si è tenuto lo scorso 19 settembre. Al convegno è intervenuto Mario Fornaci, Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni e Giorgio Righetti, Direttore Generale ACRI- Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa. Vincenzo Fumi, Presidente della Consulta Fondazioni delle Casse di Risparmio Umbre-Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto, ha portato i saluti della Consulta. Oltre cento persone hanno partecipato al convegno, tra cui autorità locali, esponenti delle Fondazioni umbre, rappresentanti di Confindustria, della Camera di Commercio di Terni, di Acciai Speciali Terni e delle sigle sindacali. Il convegno ha affrontato il tema della grave crisi economica che sta attraversando il Paese, con particolare attenzione al nostro territorio, e ha colto l’occasione per spiegare il ruolo delle Fondazioni di origine bancaria nell’ambito dello sviluppo economico locale. Il Presidente Fornaci, nel suo discorso che si riporta di seguito a grandi linee -dopo aver illustrato la situazione economica locale in base ai dati forniti dalla Camera di Commercio di Terni- ha tenuto a ricordare che le Fondazioni bancarie si distinguono in modo netto dalle altre tipologie di Fondazioni, in quanto regolamentate da una apposita normativa di settore, peraltro assai articolata e complessa. In tale contesto ha evidenziato due fasi istituzionali e cioè quella primaria dell’investimento e quella successiva dell’attività erogativa. La loro natura giuridica di Enti di diritto privato esclude la possibilità di perseguire attività di lucro mentre le obbliga di contro alla conservazione del patrimonio da cui trarre l’adeguata redditività necessaria per alimentare il processo erogativo per far fronte ai propri fabbisogni. Fatta questa breve premessa, che è stata poi ampliata e ulteriormente sviluppata dal Dr. Righetti, Fornaci ha sottolineato come la Fondazione Carit sia fortemente radicata nel comprensorio di riferimento ove contribuisce in modo determinante al sostegno dell’economia locale; in special modo nella fase contingente contraddistinta da una crisi senza precedenti dal dopoguerra, attraverso i settori di intervento specificatamente previsti dalla legge. Cinque di essi sono classificati dalla nostra Fondazione, e sempre per legge, come rilevanti in quanto accolgono la gran parte delle risorse disponibili. Si tratta della Ricerca scientifica e tecnologica, dell’Arte attività e beni culturali, della Salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa, dell’Istruzione e del Volontariato. E proprio in riferimento a tale ultimo comparto sta sovvenendo con ogni possibile sforzo le fasce di popolazione meno abbienti che stanno scontando pesantemente gli effetti della crisi in atto. Vi è poi il settore ammesso dello sviluppo locale. Fornaci ha quindi precisato come i predetti interventi, sempre strettamente legati ai fabbisogni del territorio, vengano disposti in regime prevalente di sussidiarietà, non essendo consentita alcuna forma sostitutiva delle attività di competenza della pubblica Amministrazione. Ciò ovviamente non esclude la capacità di deliberare interventi propri totalmente finanziati a fronte di

progettualità specifiche della Fondazione e resi pienamente fruibili dalla comunità cittadina. Non vi è dubbio che l’attività istituzionale, considerata nel suo complesso, comporta sempre un significativo impatto sul territorio e sulle sue connotazioni socio economiche al punto che essa stessa si può considerare quale elemento propulsivo di crescita e sviluppo a vantaggio della comunità. Ne è testimonianza la numerosa serie di interventi deliberati in favore del territorio dalla Fondazione Carit negli ultimi tre anni per un ammontare complessivo di Euro 11.611.516,37. A solo titolo di esempio, la nostra Fondazione ha disposto nell’esercizio 2012 interventi per oltre 3.500.000 di Euro, distribuiti nei seguenti settori: Ricerca scientifica e tecnologica 450.450,00; Arte, attività e beni culturali 849.316,50; Salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa 723.000,00; Educazione, istruzione e formazione, incluso l’acquisto di prodotti editoriali per la scuola 724.000,00; Volontariato filantropia e beneficenza 680.375,80; Sviluppo Locale 126.000,00. Il Presidente Fornaci ha poi voluto evidenziare anche la proficua attività della Consulta delle Fondazioni delle casse di risparmio umbre. L’importanza di tale Associazione è ampiamente riconosciuta per il sostegno che apporta all’economia regionale con interventi di largo respiro e significative contribuzioni economiche. Anche in questo caso l’analisi aiuta a meglio comprendere l’importante ruolo svolto. Le Fondazioni umbre hanno deliberato nel triennio 20102012 complessivi Euro 70.606.033,49, esclusi gli accantonamenti di legge per il volontariato. Nel solo esercizio 2012 sono stati disposti interventi per oltre 20.700.000 Euro, così ripartiti: Educazione, istruzione e formazione, incluso l’acquisto di prodotti editoriali per la scuola 2.919.525,69; Volontariato, filantropia e beneficenza 2.399.257,80; Assistenza agli anziani 517.871,00; Prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica 120.000,00; Sviluppo locale ed edilizia popolare locale 1.670.437,50; Salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa 3.977.637,80; Prevenzione e recupero delle tossicodipendenze 23.000,00; Ricerca scientifica e tecnologica 3.568.237,00; Arte, attività e beni culturali 5.576.559,05. In conclusione il Presidente ha informato che la Fondazione Carit sta studiando e vagliando, insieme all’ACRI e alle altre Fondazioni umbre, tutte le possibili soluzioni per sostenere in modo tangibile e rapido, nel rispetto dei propri statuti e della normativa vigente, lo sviluppo locale e la ripresa economica del nostro territorio.

Foto Alberto Mirimao

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Le nozze di sangue della sposa bambina

Rawan non ha superato la sua prima notte di nozze e ad appena 8 anni è morta per le lesioni interne provocate dal suo primo rapporto sessuale con l’uomo di 40 anni che era stata costretta a sposare. La piccola viveva in una remota zona tribale dello Yemen, al confine con l’Arabia Saudita; il suo patrigno l’aveva data in sposa a un uomo di origine saudita dietro pagamento dell’equivalente di 2.000 euro. Altre minori come Rawan non superano la fatidica prova del talamo nuziale e altre non sopravvivono all’esperienza del parto, si calcola che ogni anno le gravidanze precoci provochino 70.000 morti nei paesi cosiddetti in via di sviluppo; secondo il rapporto l’UNICEF, circa 70 milioni di ragazze di età compresa tra i 19 e i 24 anni si sono sposate in età minorile e le zone di maggiore diffusione si concentrano nell’Asia meridionale e nell’Africa subsahariana. I matrimoni precoci contravvengono ai princìpi della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che sancisce il diritto per ogni minore ad esprimere liberamente la propria opinione (art. 12) e il diritto a essere protetti da violenze e sfruttamento (art. 19). Tali princìpi non influenzano però l’operato del capo della polizia della regione che, in questa occasione, ha applicato la legge yemenita approvata alla fine degli anni ’90 che abolisce il limite dei 15 anni di età per il matrimonio; anzi, il gendarme ha dichiarato alla stampa

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internazionale che Rawan è viva e sta bene, nonostante la denuncia documentata della sua morte sia partita da un giornalista del posto che lavora per il Centro dei diritti umani yemenita e che conosce molto bene la regione. Un’altra bambina conterranea di Rawan, l’anno scorso, aveva destato scalpore con un videomessaggio in cui raccontava di essere fuggita di casa per non dover subire un matrimonio con un adulto e aveva spiegato che altre bambine del suo villaggio si erano uccise gettandosi in mare per sfuggire a un medesimo destino. Dare in sposa una bambina, in una società tribale, significa sancire un patto con un’altra famiglia e soprattutto consente di liberarsi di una presenza improduttiva che grava sull’economia domestica, ma in queste regioni le bambine così piccole non rientrano nella stipula di legami tra clan, sono semplicemente merce venduta a ricchi arabi che cercano di rimpinguare il loro harem infantile. Non bisogna confondere infatti la tradizione dei matrimoni combinati, che appartiene a tante culture arretrate di popoli anche a noi vicini, con la tradizione di svendere la prole a danarosi pedofili. Perché qui non si tratta solo di usanze tribali che sviliscono e umiliano la donna, ma di una violenza che va sotto il nome di pedofilia e che è possibile praticare legalmente solo perché la cultura radicata nel paese ha posto la donna nel punto più basso della catena della vita. Rawan ha vissuto nell’ignoranza e nella povertà, tra le capre e la polvere del deserto, ma ha concluso la sua breve esistenza nella lussuosa stanza di un albergo dove il marito l’aveva condotta per consumare il suo vizio con tutti i comfort. Francesco Patrizi


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Lettera a Napolitano Mentre stavo scrivendo questa riflessione “politica” il governo delle “larghe intese” stava traballando e rischiava di cadere da un momento all’altro. Disperati i commenti del Dio Mercato, del Sotto Dio Euro e dei vari sotto ... banche, Borse, potentati vari ecc. Gran parte del popolo Italiano, probabilmente invece, se ciò avverrà, non se ne accorgerebbe neppure, preso come era e come è a cercare di sbarcare il lunario e mettere insieme il pane con un po’ di companatico. Mentre i nostri politici stanno cercando, infatti, di trovare soluzioni condivise sul come non tagliare il finanziamento ai partiti, sul come non riformare la legge elettorale, sul come non modificare la burocrazia che soffoca ogni tipo di iniziativa produttiva, sul come non disturbare il potere bancario (che oltre ad essere stato una delle prime cause dell’attuale crisi ne ha fatto anche pagare le conseguenze esclusivamente alle imprese, alle famiglie, ai cittadini), sul come non incidere sulla pesantezza asfissiante del carico fiscale, sul come non diminuire minimamente la spesa pubblica improduttiva, mentre i nostri politici sono così concentrati in tutto questo non fare, le televisioni, i giornali, tutti i media e soprattutto Dio Mercato, Dio Euro ecc. sono tutti impegnati a convincerci che senza questo governo (lettera minuscola) andremo sicuramente a ramengo. Il governo delle “larghe intese” e, aggiungo io, delle strette vedute, praticamente cieco. Questi poveri Cristi dei nostri governanti, solo per fare un esempio, non sapendo dove recuperare un miliardo di Euro per non aumentare l’IVA, con una intuizione geniale come mai era prima avvenuto nella storia della nostra Repubblica, si sono inventati di aumentare

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le accise sui carburanti. Ca...spita che geni... e chi avrebbe mai pensato ad una soluzione così intelligente se non un governo delle “larghe intese” pieno di così tanti esperti di alta finanza?!... È anche per scelte così importanti che è corretto continuare a super pagare questi nostri politici, gli alti burocrati statali e tutti i loro consiglieri economici (chi dice il contrario è qualunquista e disfattista). Da soluzioni come queste si capisce perché non riescono mai a pensare che invece di aumentare le entrate dello Stato di un miliardo basterebbe diminuire le spese di un pari importo Un miliardo su oltre 800 miliardi di bilancio dello stato è pari a circa lo 0,12%...praticamente niente (forse il costo della sola carta igienica degli uffici pubblici). Chi legge deve sapere che in questi ultimi tre anni, le aziende private piccole, medie e grandi, i commercianti, i liberi professionisti, gli artigiani, le famiglie, hanno dovuto tagliare le loro spese del 20, 30, 40%. Lo stato (anzi il governo delle “larghe intese” e per la verità anche tutti i precedenti) non sa risparmiare lo 0,12% del proprio bilancio. Caro Presidente Napolitano in Lei riponevamo e riponiamo ancora molta fiducia, ma se anche Lei invece di prendere a calci questi suoi sottoposti per la loro totale incapacità di incidere sulle spese folli che non possiamo più permetterci, dà degli esempi come la nomina di quattro “nuovi” senatori a vita, (per un costo annuo di oltre un milione di Euro), e la nomina a Giudice della Corte Costituzionale del pluripensionato On. Giuliano Amato (non aggiungo altre referenze), ci fa pensare che stiamo veramente arrivando alla canna del gas. Maurizio Battistelli


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Il vino cotto Nel mese di ottobre s’incominciava a vendemmiare categoricamente dopo la festa della Madonna del Rosario. Era uno spettacolo vedere le donne col fazzoletto variopinto a coprire i capelli, gli uomini in maniche di camicia rigorosamente rimboccate e frotte di ragazzini vocianti -se era di domenica- tutti intenti a tagliare i grappoli e a metterli nelle bigonce. Ora invece i tecnici del ramo decidono la raccolta delle uve sulla base di altri parametri, quali gradi zuccherini, aspetto dei grappoli e altro, infischiandosene del giorno e anche del mese. I vecchi dicevano che a fare il vino rosso buono erano capaci tutti, perché difficilmente andava a male prendendo di spunto. Il problema era il vino bianco. Per quanta accortezza fosse dispiegata, facendolo fermentare solo un paio di giorni nella vasca o tino dove era stato pigiato e poi subito torchiato e messo nella sua botte, il vino bianco reggeva in genere fino ad aprilemaggio. Ai primi caldi o prendeva di agro-dolce oppure, quando lo versavi nel bicchiere, poteva scendere filando come fosse olio. Allora i contadini, per evitare questo rischio, calcolavano la quantità necessaria per arrivare a Pasqua, o giù di lì e col rimanente facevano il vino cotto, che rimaneva stabile per anni. A tale incombenza si dedicava il più vecchio di famiglia, in genere il patriarca, perché l’operazione richiedeva accortezza e pazienza. Si prendeva una parte delle uve appena pigiate con i piedi e si torchiavano per spremere il mosto. Con esso si riempiva un grande caldaio di rame posto sopra un robusto treppiede, circondato da sassi e lamiere per non disperdere il calore del fuoco. All’inizio la fiamma doveva essere molto vivace fino a che il liquido non incominciava a evaporare. A questo punto, con la fiamma bassa, bisognava rimestare in continuazione il mosto sia per facilitare la sua concentrazione che per impedire che bollisse. A tale uopo si usava un recipiente di rame con un lungo manico, detto rammella, con il quale si travasava il mosto caldo dal caldaio allo stesso, arieggiandolo. Quest’operazione, iniziata alle prime luci dell’alba, andava avanti senza sosta e terminava in genere la sera tardi, quando il volume del liquido nel paiolo si era sufficientemente ridotto. In tutto questo tempo, specialmente di pomeriggio, i bambini -che non erano mai pochi- facevano la fila

per fare merenda con una bella fetta di pane intinta nel dolce liquido della rammella. Il procedimento usato per fare il mosto cotto, necessario per i pampepati natalizi, era analogo, solo che il riscaldamento del mosto si continuava fin quando l’evaporazione spinta non produceva un addensamento sufficiente a far assumere al liquido una maggiore consistenza. Il mosto concentrato per fare il vino cotto si versava nelle bigonce di legno di castagno affinché si raffreddasse. Nel frattempo si prendevano le uve bianche che avevano già iniziato a fermentare, si torchiavano e il loro mosto si versava nella botte, usata sempre per questo tipo di vino, riempiendola per due terzi. Quando il mosto concentrato si era raffreddato, si aggiungeva nella stessa botte coprendo poi il foro superiore con un mattone, per permettere la fuoriuscita dei gas di fermentazione e impedire ai topi di caderci dentro. Controllando giornalmente la fermentazione, appena accennava a diminuire, si colmava la botte con altro mosto tenuto a fermentare nelle damigiane e si tappava il foro con un grande sughero. A luglio, finito il vino bianco crudo, s’iniziava a spillare il vino cotto. Si assaggiava, si guardava il suo colore dorato controluce commentandone l’aroma e si serviva, freddo di ruscello, ai trebbiatori. Spesso si beveva mescolandolo con l’acqua per evitare sonore sbornie, visto il grado alcolico elevato. Ai matrimoni e ai compleanni si stappavano bottiglioni vecchi decine di anni, perché di ogni annata se ne imbottigliava una parte per questi avvenimenti futuri previsti e non. Alcuni raccontavano storie e leggende sul vino cotto, usato come disinfettante sulle ferite o come medicina per “curare” le più varie malattie. Si narrava che un uomo, tornato a casa dai campi, trovasse il vecchio padre steso per terra svenuto. Dopo averlo rialzato e messo sul letto incominciò a somministrargli piccoli sorsi di un vino cotto stagionato da oltre dieci anni. Al terzo bicchiere il vecchio tornò in sé, anche se un po’ brillo e si mise a raccontare, farfugliando, di non ricordare più nulla. Anche se gli enologi storcono il naso, non è possibile negare che il vino cotto faceva parte della tradizione e della vittorio.grechi@gmail.com cultura delle nostre genti.

VIVA V.E.R.D.I. Che ogni tanto anche a Terni si faccia un po' di buona cultura, non guasta affatto. Così in occasione del bicentenario verdiano, Francesco Giordanelli ci propone un arguto spettacolo, totalmente pensato e realizzato da lui, che ripercorre, con un taglio sorridente che non deve ingannare sulla sostanziale serietà del testo, la lunga carriera del Cigno di Busseto. Il suo lavoro va così a ripescare le tappe salienti nella biografia del Maestro in un gustoso inseguirsi di musica, battute di testo, allusioni in grado di soddisfare i palati più esigenti che, proprio in quanto tali, sono rimasti abbastanza delusi dalla qualità delle ultime stagioni liriche estive. Assai opportuno viene quindi questo spettacolino che alla mancanza di reboanti pretese unisce il pregio di un sottile ma deciso buon gusto e di una regia originale e raffinata. I bravi Stefano De Majo e Costanza Farroni prestano le loro voci per la parte recitata. I cantanti, di veramente ottimo livello, sono invece: Chiara Margariti, soprano, Giada Frasconi mezzo soprano, Corrado Milletti tenore e il baritono Tiziano Antonelli ed è un vero piacere potere finalmente ascoltare qualcuno che, per quanto riguarda il canto, abbia le carte in regola. Originale ed audace scelta dell'autore è stata infine quella di sostituire gli scelti elementi solisti di un quartetto di solisti alla grande orchestra che, come abbiamo potuto tutti constatare, a meno di non affrontare costi eccessivi, non è facile da trovar buona e conseguentemente da dirigere bene. Un'ultima considerazione: perché il Comune di Terni, pur avendo a portata di mano persone assai competenti, in grado di organizzare così bene le iniziative culturali nel proprio ambito, se ne serve così poco, per non dire nulla? Non vorrà certo mischiare l'arte con qualcosa che con l'arte nulla ha a che fare. O no? Vincenzo Policreti

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ANCORA MANGOSTANO

VITHA GROUP SPA TERNI HA NOTATO CON PIACERE L’ARTICOLO DEL DOTT. PAOLUZZI NEL NUMERO DI SETTEMBRE DE LA PAGINA

Il Mangostano I primi studi su questo frutto risalgono al 1932 e proseguirono poi nei decenni successivi, fino a quando i ricercatori riuscirono ad isolare gli xantoni, dei quali vennero studiate le proprietà. Gli xantoni rappresentano una classe di composti biologicamente attivi. Sono presenti in natura solo circa 200 tipi di xantoni, nel mangostano, incredibilmente, ne sono stati identificati ben 40. Nel frutto sono inoltre presenti numerosi altri composti, tra i quali polifenoli, vitamine Bl, B2, B6, C, POTASSIO, CALCIO, FERRO, FOSFORO. Ben 50 volte più potente della vitamina E come antiossidante, contiene catechina come il tè verde per il metabolismo, normalizza il livello dei grassi nel sangue, mantiene sano il sistema immunitario, abbassa i trigliceridi, contiene proantocianidine ben venti volte più potenti della vitamina C, nonché polisaccaridi come 1’albe. Inoltre ogni porzione di mangostano contiene fino a 5 grammi di fibra. Incredibile per le tante applicazioni e per quanto possa migliorare la nostra quotidianità.

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Jazzit Fest: yes we can... change the world! Cronaca di un festival che ha cambiato i paradigmi del fare cultura in Italia

Dal 5 all’8 settembre Collescipoli ha preso vita, nel senso più stretto dell’espressione. Quello che rimane un bellissimo borgo medievale, è diventato, per quattro intensissimi giorni, una vera e propria Cittadella del Jazz, con la maiuscola iniziale, perché il jazz era in ogni piazza, in ogni vicolo, in ogni palazzo... ma soprattutto in ogni cuore. Non importava quale genere musicale fosse il tuo preferito: in quei quattro giorni, appena varcata la soglia di una delle due porte di accesso, tutti diventavano amanti del jazz, in quanto amanti della musica in generale. Musica che l’ha davvero fatta da padrona, come si suol dire, lasciando però lo spazio necessario al cosiddetto companatico, preparato e offerto dalla Pro Loco di Collescipoli che ha affiancato Luciano Vanni e la Vanni Editore in questa missione che sembrava impossibile e che invece ha lasciato tutti a bocca aperta e, soprattutto, con il cuore conquistato. La novità, rispetto a numerosissimi altri festival (jazz nello specifico e festival in generale), è stata quella di rifiutare i contributi pubblici creando un evento ad ingresso gratuito (o a donazione, a seconda della sensibilità del visitatore e dell’indice di gradimento dell’evento, ovviamente!), per cercare di sottolineare l’importanza dell’investimento nell’educazione alla cultura, più che nella creazione di eventi che, senza una adeguata preparazione, lasciano davvero il tempo che trovano. Altra importantissima caratteristica del Jazzit Fest, sempre per rientrare nella filosofia dell’impatto zero, è stata quella dell’utilizzo di stoviglie biodegradabili, affiancata alla presenza di bidoncini dell’ASM (che, con Umbria Energy, ha sostenuto il festival con passione) in ogni location dove ci sarebbero stati i concerti, per far sì che avvenisse, nel modo più corretto possibile, una giusta raccolta differenziata. Come descrivere poi la girandola di colori, suoni, sorrisi e persone che hanno animato questi quattro giorni di eventi che si succedevano freneticamente, ma solo sulla carta? La vera e propria magia è stata proprio questa: sebbene fossero programmati, in contemporanea, ben 26 concerti al giorno, dalle 17 alle 01 di notte, l’atmosfera che regnava a Collescipoli era un’atmosfera rilassata, tranquilla e, soprattutto, nonostante tutto, felice. I volontari (con il cui termine si abbracciano, oltre allo staff della Vanni Editore, anche tutte le persone della Pro Loco Collescipoli che hanno davvero dato il massimo e senza le

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quali il Jazzit Fest non sarebbe stato possibile!), provenienti da tutta Italia, si sono davvero fatti in quattro per far sì che tutto andasse nel migliore dei modi; i 450 artisti che hanno partecipato, dando vita a 104 concerti in 4 giorni sono stati disponibili e contagiosamente entusiasti; tutte le persone della STAS che hanno lavorato affinché i 104 concerti potessero essere goduti nel migliore dei modi si sono fatti carico (e non solo in senso figurato!) in ogni momento di situazioni delicate che si sono risolte sempre egregiamente; i paesani che hanno accolto a braccia e sorrisi aperti i musicisti e tutti coloro che hanno visitato il Jazzit Fest... insomma, in quei quattro giorni, a Collescipoli, è successo davvero qualcosa di unico, che si sognava da tempo ma che non si aveva ancora avuto il coraggio di mettere in atto. Luciano Vanni è riuscito a dimostrare, non solo all’industria musicale italiana del jazz, ma in generale a tutti gli operatori del settore culturale (non solo a livello nazionale, ma anche internazionale: il progetto europeo Green IT Net, che sorveglia l’attività culturale e sociale di tutta Europa, ha segnalato il Jazzit Fest come esempio di “good practice”) che si possono davvero cambiare le cose. Si è dimostrato così che, avendo delle idee valide e innovative e appoggiandosi a punti di riferimento aperti al dialogo che collaborano con il progetto mettendo a disposizione gli spazi (come ha fatto il Comune di Terni, in questo caso specifico, attraverso l’Assessorato


alla Cultura), si può davvero sperare di portare quel vento di cambiamento tanto atteso e tanto sperato (che sembrava destinato a soffiare moderatamente e solo “sulla carta”) a soffiare prepotentemente nella direzione del nostro beneamato vecchio stivale. Chiara Colasanti Se ho dimenticato di nominare qualcuno non ve ne abbiate a male: nel caleidoscopio di eventi, volti e impegni di quei quattro giorni ho perso anche un po’ della forza neuronale che mi rimaneva! Ma ci tengo a ringraziare dal profondo del mio cuore le amiche

che ho coinvolto in questa impresa con un “Ci dai una mano?” che poi non si è preso solo tutto il braccio ma tutto il corpo e la mente: sanno chi sono, come sanno che se non hanno troncato la nostra amicizia dopo quei giorni... nulla ci potrà spaventare in futuro! Così come tengo a ringraziare tutte le nuove amicizie che il Jazzit Fest ha contribuito a farmi stringere e con cui ho condiviso non solo quei quattro giorni di corse su e giù per il paese, ma qualcosa di ben più profondo e ben più importante: mi sento parte di una nuova, enorme famiglia... sparsa per l’Italia, ma che avrà sempre il suo cuore a Collescipoli!

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Assessorato Cultura Scu Ta n t i p r o t a g o n i s t i p e r u n Si m o n e Gu erra Assessore alla Cultura

La Quarta edizione di Terni On ha raggiunto un risultato straordinario. Un grande successo che dimostra ancora una volta come Terni, quando riesce a “fare squadra”, può raggiungere risultati rilevanti ed esprimere al meglio le sue potenzialità in termini di attrattività, di vitalità e di offerta culturale, commerciale e per il tempo libero. Quando quattro anni fa come assessorato alla cultura, insieme al commercio e allo sviluppo economico, pensammo che Terni fosse in grado di organizzare una manifestazione del genere pochi ci credevano. Le quattro edizioni e le 130.000 mila presenze nei tre giorni di quest'anno ci hanno dato ragione. Tutto ciò è stato possibile grazie alla forte innovazione nella formula, voluta dall'amministrazione, che ha prodotto una strettissima sinergia ed una forte collaborazione tra i diversi soggetti: il Comune, la Camera di Commercio, le associazioni di categoria dei commercianti e degli artigiani, operatori del commercio e dei servizi, delle associazioni cittadine che operano nel campo della cultura e del tempo libero. E, naturalmente, grazie alla Società Eventi srl che, vincitrice del bando, si è occupata nelle ultime due edizioni dell'organizzazione, senza usufruire di contributi economici da parte del comune. Si è trattato di una manifestazione che ha coinvolto e avvicinato generazioni diverse, dai bambini agli anziani, dai giovanissimi alle famiglie, molti provenienti da fuori provincia, che hanno condiviso un'esperienza di aggregazione, vivendo pienamente la città. La formula vincente, dal punto di vista culturale, è stata scommettere sull'identità di Terni, una città contemporanea, dinamica, in grado di offrire il meglio quando riesce a restituire un’immagine di sé attenta ai linguaggi dell'oggi. Tanti gli spazi trasformati in palcoscenico per eventi di grandi qualità, dalle piazze ai cortili dei palazzi storici. Una grande festa che riesce a comunicare una idea di città europea, attrattiva verso l'esterno, attenta alle trasformazioni della modernità e che guarda al futuro, riuscendo a coniugare promozione del territorio e cultura. Il Lavoro in questi anni è stato molto difficile e complesso, a volte anche accompagnato da alcune polemiche strumentali, ma dimostra ancora una volta come attraverso una sinergia di rete sia possibile raggiungere risultati importanti. Assessore Simone Guerra

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ola e Politiche Giovanili successo di tutta la cittĂ

Fotoservizio di Alberto Mirimao

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Assessorato ai Lavori Pubblici

Piediluco Si l van o Ricci Assessore ai Lavori pubblici

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I l v a l ore dell’identità di un te rritorio

Gli Enti Regione dell’Umbria, Provincia di Terni, Comune di Terni e la Federazione Italiana di Canottaggio hanno stipulato un accordo di programma “di scopo” per sviluppare il Piano di potenziamento, adeguamento funzionale e messa a norma del Centro di Canottaggio di Piediluco (Paolo D’Aloja) attraverso un partenariato pubblico-privato per ricercare di attuare fattori di sviluppo attraverso il turismo sportivo. Un programma di intervento stimato in € 1.300.000,00. Il turismo sportivo a Piediluco può sviluppare grazie ad una

Piediluco punta ad inquadrare lo sport del canottaggio come lo strumento del marketing territoriale. Il marketing, infatti, è quel processo di affari che si incrementa con lo sviluppo e la crescita del business. I princìpi base della filosofia del marketing sono: esaminare i desideri e i bisogni consumatori/utenti, scegliere la strada migliore per incrociarne i bisogni, raggiungere i migliori obiettivi attraverso la soddisfazione degli stessi. In un’ottica di distretto sportivo d’eccellenza è impensabile non attivare il marketing territoriale per una logica di sviluppo locale.

serie di servizi complementari, che siano in grado di offrire una valida alternativa alla tradizionale vacanza “spiaggia, sole, lago” e che consenta di sfruttare alcuni fattori attrattivi del territorio per tutto l’anno in chiave di destagionalizzazione dei flussi turistici. Dal lato del turista sportivo professionale (gli atleti, i tecnici e i giornalisti), il turismo sportivo deve farsi portatore di un sistema di servizi dedicati, con poche interferenze dovute ad altri clienti e alla popolazione locale, che condizionano inevitabilmente la scelta della meta, della destinazione del proprio viaggio, sia dal punto di vista delle strutture ricettive (presenza o meno degli impianti sportivi) che dei servizi offerti (trasporti, servizi medici, flessibilità nella qualità e negli orari dell’alimentazione, strutture ricettive, etc.). Le basi del progetto di sviluppo dell’economia del territorio a

In tempi di riduzione delle distanze, i territori (intesi come popolazioni, abitudini, culture, reti relazionali, economie) con le loro caratteristiche, diventano soggetti produttori di valore/ ricchezza e, quando riescono a fare sistema o distretto, trovano la strada per gestire efficacemente lo scarto tra l’essere localizzato e il globale. Per raggiungere questo obiettivo, in questa circostanza il sistema territoriale si è attrezzato. Un programma condiviso dei più importanti attori istituzionali rappresenta la forza del progetto di marketing e può diventare per l’Umbria e per la Nazione l’esempio di uno strumento attraverso il quale si sta cercando di individuare le condizioni per creare circuiti di cooperazione e comunicazione a livello locale. Avviare un processo di diffusione di pratiche sportive in grado di destagionalizzare e promuovere il territorio attraverso la


commercializzazione di eventi sportivi a tutti i livelli, innesca dinamiche distrettuali che coinvolgono una pluralità di attori, cittadini, associazioni, imprese e rappresenta il nuovo trend di sviluppo. Questo trend funge da “effetto volano” sensibilmente positivo per lo sviluppo di un sistema; lo dimostrano le risorse in misura sempre maggiore che vengono destinate allo sport dai Piani Comunitari, Nazionali e Regionali. È un’ottima opportunità intorno alla quale i soggetti pubblici (Regione Umbria, Provincia di Terni e Comune di Terni), in sinergia con quelli privati (Federazione Italiana di Canottaggio), possono e devono costruire un progetto a medio – lungo termine che coinvolga in maniera responsabile e consapevole tutti i soggetti interessati. L’esistenza nell’area interessata di una tradizione e di un patrimonio sportivo come è Piediluco, pone delle buone premesse per l’attivazione di un processo distrettuale che rientra in una più ampia strategia di riqualificazione culturale e territoriale, le cui implicazioni hanno la capacità di coinvolgere diversi settori quali il turismo, i trasporti, l’offerta alberghiera ma anche quella commerciale. Ecco perché il potenziamento e l’adeguamento del Centro Internazionale di Canottaggio Paolo D’Aloja, rappresenta un elemento fondamentale per valorizzare ed incrementare la pratica sportiva e per costituire un “Patto Territoriale” che auspica lo sviluppo integrato. Dunque, il programma quadro di scopo messo a punto con un grande impegno economico e tecnico organizzativo, vuole attuare una strategia di sistema per lo sviluppo della destinazione, che sperimenti un più avanzato modello di relazioni tra enti locali territoriali, all’interno delle quali ciascuno è chiamato a giocare un ruolo chiaro senza contrapposizioni e sovrapposizioni. All’interno del programma quadro, si svilupperà l’attività di progettazione integrata tra Provincia di Terni e Comune di Terni denominato “Piano

Integrato d’Area: Piediluco” per sviluppare reti di sinergie ed interventi in un ottica di valorizzazione e riqualificazione condivisa, al fine di sfruttare tutte le risorse possibili ed invidiare strategie a medio e lungo termine. Dunque, le strategie d’intervento hanno definito il seguente obiettivo generale: Promuovere una nuova fase di sviluppo sostenibile dell’area del Lago di Piediluco, valorizzando e mobilizzando in maniera integrata tutte le risorse e le opportunità del territorio attorno alla fruizione trainante svolta dal turismo sportivo. Silvano Ricci Assessore LL.PP. – Piano Integrato Marmore, Piediluco

Fotoservizio di Alberto Mirimao

I N T E RV E N T I S VO LT I A P I E D I L U C O Denominazione lavori Importo Intervento presso Cimitero di Piediluco realizzazione nuovi loculi 220.000 Lavori di consolidamento delle sponde del Lago di Piediluco 1.600.000 Manutenzione ordinaria dotazioni infrastrutturali all'interno del borgo di Piediluco 95.000 Consolidamento e recupero muro di sostegno del Cimitero storico di Piediluco 320.000 Interventi di cosolidamento rupe dell'ex strada panoramica a difesa dell'abitato di Piediluco 320.000 Realizzazione percorso ciclopedonale di Via Noceta 175.000 Manutenzione ed adeguamento Centro Nautico D'Aloja - 1° Stalcio (abbattimento barriere architettoniche) 165.000 Rifacimento nuovo campo di regata di Piediluco 140.000 Illuminazione strada panoramica di Piediluco 80.000 Ristrutturazione del Centro educazione ambientale "Vivere il Lago" 55.000 Restauro della scalinata Chiesa S. Francesco a Piediluco 177.000 Monumento ai Partigiani 18.000 Totale 3.365.000 19


Dolore o depressione? Mi viene in terapia un giovane; ma viene non rende affatto l’idea. In realtà, mi portano. Nel senso che il ragazzo cammina a stento, sembra uno di quegli zombi che si vedono nei film di quart’ordine, traballa, sbanda, biascica. Quando vede qualcuno ridotto tanto male, lo psicologo pensa anzitutto a una psicosi. Ma, con voce d’oltretomba, il paziente mi dice che sta così in quanto piantato dalla ragazza. Quando però aggiunge che la cosa era avvenuta ben quattro anni prima, mi rinforzo nel dubbio di un disturbo mentale. Ma non è così. Al contrario: quando l’evento doloroso avviene, il ragazzo, com’è naturale, soffre, si dispera e sta malissimo, come tutti noi quando piantati dal nostro partner (salvo magari a ringraziarne, ma più tardi, il cielo). Qui invece le cose prendono tutt’altra piega: i genitori, allarmati, definiscono malattia il dolore del figlio. Coerentemente, vanno dal medico che (primo errore) accetta la definizione e poi (secondo errore) li invia allo specialista il quale, proprio come il noto personaggio manzoniano, con aria grave e sussiegosa, sentenzia: Caso grave, figliolo, caso contemplato! imbottendolo immediatamente di farmaci, in questo caso micidiali. Ovviamente il mal d’amore non passa con le medicine. In compenso si alterano le funzioni nervose, mentali e quindi caratteriali. Sicché il poveretto anziché limitarsi a soffrire, acquisisce tutta una serie di altri disturbi -più gravi- tutti dovuti ai farmaci che gli propinano. Vedendo che anziché migliorare il paziente peggiora, al luminare non viene il sospetto che la cura sia sbagliata o meglio inutile, bensì la convinzione che debbano essere somministrate dosi da cavallo di farmaci ancor più micidiali. Per farla breve, quando i genitori disperati portano il ragazzo da me, il poveretto è, a poco più di vent’anni, un vero e proprio rudere.

Lavorare sul dolore, per chi faccia il mio mestiere, non è difficile; quello che è davvero arduo è fare entrare nella testa del giovane prima e dei genitori poi, che qui non c’è traccia di malattia e che se non fosse stato letteralmente intossicato (e qui mi astengo dai commenti, ma con fatica) dalle sostanze chimiche ingurgitate, il ragazzo starebbe ormai benone. Il che puntualmente avviene quando finalmente le medicine vengono ridotte e infine eliminate. Scandaloso? Fino a un certo punto. La vera domanda è: come sono possibili assurdità simili? Domanda più che legittima, dato che casi del genere, anche se meno estremi, non sono affatto rari. Perché -si badila semplice insipienza del medico non basta a giustificare aberrazioni così macroscopiche. Il vero nodo del problema è nella nostra incapacità, sempre più diffusa, non solo di sostenere il dolore, ma anche di accettarne il concetto. Nella società, detta “del benessere” e colma di malessere, non si concepisce che il dolore possa esistere. Ma siccome invece esiste alla faccia anche dei P.i.l. più alti, allora viene qualificato come una fallanza nell’ordito della perenne felicità occidentale. Quindi, una malattia. E le malattie si curano con i farmaci. Farmaci che -sia ben chiaro- sono la mano santa quando ci si trovi di fronte a vere malattie, ma, con gli effetti collaterali che spesso comportano, vanno dati, sempre e solo, quando servono, cioè anzitutto quando la vis sanatrix naturae non sia in alcun modo sufficiente a riportare corpo o mente (che sono poi la stessa cosa) in condizioni accettabili. La Depressione purtroppo esiste, è un disturbo pesantissimo e chi fa il mio lavoro lo sa fin troppo bene. Tuttavia diagnosticarla ogni volta vi sia un motivo reale di sofferenza non solo è aberrante ma, cosa assai più grave, impedisce, specie se si tratti di giovani, di “farsi le ossa” a quel dolore cui nella vita non potranno sottrarsi. Pare all’origine ci fossero una mela e un serpe; di sicuro oggi è così. Tutto questo tende a portare chi è sano a sentirsi -a divenire- malato: pura perdita. E qualcuno ci guadagna? Provate un po’ a indovinare... Vincenzo Policreti

policreti@libero.it

La medicalizzazione: flagello dei nostri tempi Uno spettro s'aggira per l'Europa. E forse per tutto il mondo civilizzato. E non si tratta della rivoluzione (magari!) ma di qualcosa di peggio, in quanto unicamente dannoso: la medicalizzazione. Con tale termine s'intende la tendenza, tanto diffusa da divenire ormai quasi un'abitudine, di considerare ogni minimo disturbo (colpo di tosse, mal di gola, dolor di schiena, male al ginocchio, brucior di stomaco, ecc. ecc. ecc.) quali vere malattie, da curarsi pertanto con appositi farmaci, garanzia di miracolosa guarigione ed eterno benessere. Intendiamoci: è proprio il diffondersi di farmaci sempre più efficaci, assieme ad altre concause, la causa dell'allungarsi progressivo della vita umana e della scomparsa di malattie che solo un secolo fa rappresentavano ancora un flagello. Ma nessuno parla di medicalizzazione quando, davanti a vere malattie, si assumono i necessari rimedi. Medicalizzazione è invece l'assumere sistematicamente farmaci -i quali, in quanto sostanze chimiche che, attraverso il sangue, circolano un po' in tutti gli organi e non solo in quelli malati- anche quando la vis sanatrix naturae che esiste e funziona alla grande nella stragrande maggioranza di tutti noi, sarebbe più che sufficiente. A lasciarla fare, sarebbe essa a risistemare le cose uscendone, tra l'altro, anche rinforzata. Tanto per fare un esempio attuale: si pensi a tutte le cure, le vaccinazioni, al vero e proprio terrorismo sanitario che si erge contro innocue influenzette

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stagionali che passerebbero comunque, come sempre sono passate, da sole. Vi sono due principali motivi perché questo accada. Uno, ma nemmeno il più importante, è la funesta abitudine, quando in una terapia qualcosa vada storto (può capitare anche ai migliori), di portare il medico davanti al giudice penale; abitudine, come tante altre parimenti mefitiche, importata dagli Stati uniti. Il giudice non può se non mettere il naso nella terapia fatta, guardando se i protocolli in uso per quella data malattia sono stati rispettati. Né altro potrebbe fare. Il guaio è che i protocolli -ed ecco la seconda, più grave causa di medicalizzazione- vengono fatti dalle università che sono finanziate dalle case farmaceutiche, le quali, essendo enti commerciali, perseguono, com'è logico, il proprio profitto e per l'effetto cercano di vendere il maggior numero di farmaci al maggior numero di persone. E i medici, per essere sicuri di non avere rogne penali seguite da rovinosi risarcimenti civili, tendono a dare tutte le medicine possibili anche quando non servono. Così il giudice non dirà nulla. E le case farmaceutiche? È illuminante, a questo proposito, quanto disse alla rivista Fortune (1976) il direttore della Merk, Gadsgen, quando affermò che il suo sogno era vendere farmaci a tutti, anche alle persone sane! È sensato attribuire a questo il fatto che le cure mediche, che negli USA erano nel 2000 la terza causa di morte, che comunque non è poco, oggi ne sono la prima. Vale a dire: oggi in quel paese si muore più per le pratiche mediche che per ogni altra malattia! I numeri relativi all'anno 2012: morti per pratiche mediche 783.936; per malattie cardiovascolari 699.697; per tumori 553.251. Serve altro? Dr.ssa Giovanna Giorgetti ggiovanna@tiscalinet.it


Prot e si f i ss e in a rc a te e de nt ul e Nella moderna odontoiatria una della branche che ha conosciuto maggiore interesse è l’implantologia. In questo ambito una buona parte della ricerca e dell’innovazione tecnologica si è orientata verso la realizzazione di sistemi implanto-protesici che rispondessero a requisiti quali l’ottenimento di protesi fisse quindi non rimovibili e con una buona estetica e funzionalità, la possibilità di inserire gli impianti anche in pazienti dove l’osso non fosse abbondante come volumi e morfologia, avere soluzioni protesiche applicabili nella bocca dei pazienti dopo poco tempo dall’inserimento degli impianti, la semplificazione delle procedure per la realizzazione delle protesi e la riduzione dei costi finali per i pazienti. Alcune di queste tecniche implantari sono state concepite per essere applicate nelle bocche edentule cioè in arcate mascellari prive di denti o in cui i denti residui devono essere estratti. Tra queste soluzioni troviamo la toronto bridge che è appunto una protesi di tipo fisso che viene realizzata in arcate edentule su impianti dentali inseriti nella regione anteriore del mascellare superiore o della mandibola. Nella tecnica toronto il numero di impianti da inserire è cinque nella mandibola inferiore e sei nel

mascellare superiore; su questi impianti verrà poi applicata e bloccata con delle viti una protesi di tipo fisso, non rimovibile dal paziente. Una successiva evoluzione, sviluppata dal dott. Paulo Malò di Lisbona, che ha destato molto interesse, è la protesi all on 4, così definita perché il trattamento è stato sviluppato per fornire ai pazienti edentuli una protesi efficiente sostenuta e fissata a soli quattro impianti per ciascuna arcata. La chiave di volta di tale tecnica sta nell’inclinazione degli impianti che, inseriti nelle sedi idonee, possono consentire la realizzazione di una protesi fissa provvisoria anche nel giro di 24-48 ore. In sostanza tali metodiche consentono a pazienti che non hanno più i loro denti o che stanno per perderli di avere, possibilmente in breve tempo, delle protesi fisse inserendo un numero limitato di impianti e anche con una decisa riduzione dei costi rispetto A lb ert o N ovelli alle tecniche protesiche tradizionali.

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Consorzio di Bon Piazza E. Fermi 5 - 05100 Terni Tel. 0744. 545711 Fax 0744.545790 consorzioteverenera@pec.it teverenera@teverenera.it - www.teverenera.it

Custodi d

La preziosa attività del Consorzio di Bonifica Tevere Nera si caratterizza nel gestire e garantire l’irrigazione per uso agricolo. Durante la stagione appena conclusa, l’azione del Consorzio è stata costante ed ininterrotta, costituendo un indispensabile sostegno per le coltivazioni e le aziende agricole del territorio. I comprensori irrigui di competenza del Consorzio sono due: - lungo il fiume Nera nei comuni di Terni, Narni e San Gemini, coprendo una superficie di irrigazione a scorrimento estesa per circa 750 ha e di irrigazione a pioggia per circa 1.070 ha; - sul fiume Tevere nei Comuni di Alviano, Guardea e Montecchio. Ogni anno, prima dell’avvio della stagione irrigua (periodo maggio - settembre), il Consorzio effettua la manutenzione di circa 30 km di canali adduttori a scorrimento, presenti nella città di Terni. I più importanti e conosciuti sono: - Sersimone, Cervino e San Rocco, che hanno una portata complessiva, da concessione provinciale, di circa 9.000 l/sec di acqua; - il canale Sersimone, che adduce acqua per circa 4.500 l/sec nel comprensorio in destra del fiume Nera, con sistema sia a scorrimento che a pressione; - il canale Cervino ed il suo derivato S. Rocco, che ridistribuiscono acqua con sistema di irrigazione a scorrimento, in sinistra del fiume Nera, nel solo Comune di Terni. La manutenzione ordinaria e straordinaria della stagione appena conclusa, ha interessato anche i canali di irrigazione secondari e terziari della zona urbana di Terni. Questa attività è di estrema importanza ai fini della sicurezza idraulica, in quanto tali canali ricevono le acque superficiali provenienti dagli insediamenti abitativi e dalle infrastrutture stradali. Da segnalare inoltre che il Consorzio ha eseguito, in tre fasi successive, la disinfestazione dalle zanzare, nelle zone limitrofe i canali di irrigazione della zona urbana di Terni.

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Gli impianti di irrigazione a pioggia sono alimentati da tr 11.400 mc. La distribuzione di acqua avviene a gravità previo sollevamento dalla cabina Le Sore (alimentata d La distribuzione di acqua sollevata agli idranti a press Comune di Narni (Zona di Maratta), avviene tutti i gior fermo pompe di un’ora per consentire la ripulitura dell sgrigliatori automatici ed è gestito da sistemi di telecont Gli operatori del Consorzio assicurano una continua r costantemente il flusso irriguo. L’irrigazione a scorrimento è attiva ininterrottamente per 24


nifica Tevere Nera ell’acqua

re serbatoi di compenso aventi una capienza totale di ca. à tutti i giorni della settimana (h 24) compresi i festivi, dal canale Sersimone) di ca. 200 l/sec. sione (cabine di Camminate e Campo del Duca) nel rni della settimana compresi i festivi, 23 ore su 24, con le vasche e dei gruppi aspiranti. L’impianto è dotato di trollo per la segnalazione di eventuali anomalie. reperibilità ed un tempestivo intervento, per garantire

4 ore durante l’anno, tranne nei mesi di gennaio e febbraio.

Orario di apertura al Pubblico Lunedì – Venerdì dalle ore 9,00 alle 13,00 Mercoledì dalle ore 15,30 alle 17,00

In questo periodo, tutti i canali vengono posti in asciutta per consentire lo svolgimento delle necessarie manutenzioni. Nel comprensorio di irrigazione del fiume Tevere esiste una concessione per derivare dal Lago di Corbara una portata di acqua per ca. 700 l/sec. Dalla cabina di sollevamento posta in zona Canneti nel Comune di Baschi, l’acqua viene convogliata in un invaso di compenso di ca. 15.000 mc. in zona Cordigliano di Montecchio, per essere ridistribuita a gravità nel comprensorio dei Comuni di Alviano, Guardea e Montecchio. Anche per questo impianto è stato realizzato un sistema automatico per l’avviamento delle pompe in caso di abbassamento del livello dell’invaso. La superficie irrigabile è di ca. 500 ha di cui un 10% effettivamente irrigati nel corrente anno. Il Settore Irrigazione ha recentemente ricevuto dall’Amministrazione Consortile l’autorizzazione per redigere il catasto irriguo, necessario alla relativa tassazione. Entro il 2015 si auspica possa attivarsi il comprensorio irriguo appartenente al territorio della Regione Lazio, dopo aver ultimato i lavori per la linea di adduzione e ripristinato l’impianto di distribuzione. Manifestiamo una grande soddisfazione nell’aver contribuito al buon andamento della stagione irrigua 2013, frutto dell’impegno e della professionalità degli operatori del Consorzio, unico Ente veramente impegnato per lo sviluppo e la difesa del comparto agricolo della Conca Ternana. Il Consorzio non solo garantisce il servizio irriguo, ma svolge contemporaneamente una continua azione in termini di sicurezza idraulica e vigilanza igienico sanitaria. La ripresa economica deve riguardare anche e soprattutto l’agricoltura! In questa prospettiva il Consorzio di Bonifica Tevere Nera assolve ad un ruolo di prioritaria e strategica importanza per tutto il territorio.

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Il Cavaliere com e metaf ora metafo I lettori che ci seguono (se mai ve ne sono) si chiederanno sbalorditi il significato di tale titolo che si ispira al famoso scritto di L. Sciascia, La Sicilia come metafora, con il quale egli sosteneva (i fatti poi gli hanno dato ragione) che la mafia non era un problema regionale, siculo, ma riguardava per la sua complessità l’intera nazione. A tal proposito si rendono subito necessarie due importanti premesse. Uno: non vogliamo certo fare concorrenza con uno dei big della letteratura moderna; sarebbe da sciocchi presuntuosi in quanto verremmo superati di migliaia di lunghezze. Due: il significato del titolo verrà spiegato verso la fine del presente articolo. Quindi chi ha deciso di proseguire la lettura fa ancora in tempo a scegliere una pagina più rilassante o a cestinare il tutto nel riciclo (così avremo fatto qualcosa di utile almeno per l’ambiente), altrimenti ci dovrà sopportare per qualche decina di righe. È di scena per l’ennesima volta il Cavaliere, dato per politicamente morto decine di volte, ma sempre resuscitato. Il miracolo si è ripetuto la sera del 18.09.13, quando, dopo una serie di rinvii, è finalmente apparso in tv in doppiopetto scuro, faccino levigato color pastello, chioma più fluente di 20 anni fa, sul tavolo le foto dei figli (assente Veronica) esposte di proposito verso l’esterno, per lanciare il suo tanto atteso proclama. Dopo aver tenuto in una suspence studiata milioni di Italiani che, nel mezzo di tanti problemi quotidiani, si interrogavano su cosa avrebbe detto, quali stupefacenti rivelazioni avrebbe fatto, su come i mercati e il diabolico spread avrebbero reagito, il Silvio nazionale ha annunciato la rinascita di Forza Italia, riproponendo con qualche ritocco necessario il copione del 1994, anno di fondazione del movimento. Circa le differenze dal ’94 ad oggi, a parte i segni del tempo più per noi che per lui, complici i lifting ormai stratificati, ciò che più stupisce è la sua progredita capacità a mentire, presentandosi come vittima e non come responsabile, indossando l’abito del martire con tanto di aureola e di palma in mano. Durante il quarto d’ora, tanto è durato il suo show minuto più minuto meno, ha infilato una serie di balle, 20 per l’esattezza ne hanno elencate giornalisti più esperti dello scrivente. Noi vogliamo essere generosi con lui e ne elencheremo soltanto quattro che bastano ed avanzano. Uno: “il bombardamento fiscale che mette in ginocchio aziende e famiglie” non riguarda le sue, vista la condanna per frode fiscale e condoni vari. Due: gli alleati avrebbero “bloccato le riforme” sabotando la sua azione di governo, ma non gli hanno impedito di approvare la legge sulle rogatorie del 2001 (93 gg), la Cirami del 2002 (119 gg), il lodo Schifani del 2003 (69 gg), il lodo Alfano (25 gg)! Tre: Non è la Magistratura democratica che ha trasformato le toghe “da impiegati pubblici non eletti in potere dello stato”, è l’art.104 della Costituzione che definisce la Magistratura “autonoma e indipendente da ogni altro potere” cioè anch’essa un potere dello stato. Quattro: “Da allora ho subito 50 processi”, veramente sono

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28… uno scarto di 22 fa una bella differenza! Che il leggendario Caballero tutt’altro che stanco, non sia nuovo alle balle spaziali puntualmente seguite dal mi smentisco di routine, è cosa arcinota, ma stavolta ha superato se stesso! Soprattutto il fatto che il protagonista, dopo 20 anni, nonostante processi, scandali, maneggi vari sia ancora in giro a pontificare e a proporre la sua immagine da perfetto showman (quanto a comunicazione, il signore sì che se ne intende!) costituisce il vero miracolo italiano. Ma la cosa ancora più sorprendente è che, in barba a tali trascorsi, con il suo sorriso gommoso e con la voce pacata e suadente, riesce ad ottenere ampio consenso facendo presa su una generazione vissuta nel benessere, condizionata dai media e convinta che l’apparire è quello che in fin dei conti conta, una generazione che non ha conosciuto le ristrettezze del Dopoguerra, la lenta fatica della Ricostruzione, gli anni ruggenti del boom economico. Che dire poi dei suoi seguaci, a lui legati dagli interessi più vari e non solo di carattere economico, tipo “Silvio non ci lasciare”, sempre pronti a scattare sugli attenti come tanti soldatini di piombo e a fare quadrato in sua difesa, non appena c’è aria di burrasca. Non ci vuole molta fantasia per immaginare che continuerà a far politica anche qualora dovesse decadere da parlamentare. Tuttavia non è né giusto né realistico addossare tutti i mali d’Italia al Cavaliere solitario, perché è proprio qui che si appunta il senso del nostro articolo. Infatti nello schieramento opposto, quello dei moralizzatori o supposti tali, quelli che gridano allo scandalo, all’abominio, cosa si fa? Poco o nulla, anche perché poco o nulla si è fatto in passato e… 20 anni non sono pochi! Il PD appare più impegnato in una serie di dispute interne tra renziani, bersaniani e quant’altro che occuparsi seriamente dei problemi del Paese che non sono pochi né facili da risolvere. Un partito che viene trascinato da correnti che rischiano di risucchiarlo in vortice senza fine, dove l’unico accordo sembra l’essere il disaccordo su tutto o quasi, visto che si stenta a trovare un’intesa su questo benedetto congresso che dovrebbe rinnovare il partito, mentre il segretario Epifani fatica non poco a definire una linea comune… staremo a vedere. A rendere la situazione più ingarbugliata è piombato come una tegola in casa PD l’arresto per corruzione della ex presidente della Regione Umbria M. Rita Lorenzetti, la zarina da anni militante nelle file del partito. Ulteriore dimostrazione che la corruzione, la concussione sono entrate nel dna della classe politica italiana, come un virus subdolo ed insidioso. La corruzione non è né di destra né di sinistra, non esiste una corruzione dannosa e un’altra meno dannosa, è un reato, punto e basta e come tale va perseguito senza guardare in faccia schieramenti, colore e partito! Che dire poi dei Pentastelluti grillini i quali, tranne proteste verbali, ingiurie e folkloristiche esibizioni, non danno alcun contributo costruttivo al risanamento del Paese? Il tutto avviene sotto lo sguardo esterrefatto ed impotente dei cittadini italiani, gran parte dei quali, specie i giovani, o è senza lavoro o lo ha perso, mentre il tasso di povertà sta aumentando paurosamente e la produzione e i consumi diminuiscono progressivamente. Pertanto il Cavaliere è la metafora di una intera classe politica multicolore e trasversale, tutta volta ai propri interessi politici e personali, ormai avvezza alle mene politiche come si gioca a Risiko, la quale, barricata dietro privilegi assurdi, benefit, leggi di comodo, compensi scandalosi ed ingiusti, è completamente avulsa dalla realtà politicosociale di un Paese in cui la maggior parte delle famiglie stenta ad arrivare a fine mese. È ora che questi signori della politica capiscano una volta per tutte che bisogna farla finita di gestire la res publica come una res privata, che far politica non significa arricchirsi, tutelando i propri interessi, ma agire per il bene della collettività. Che la smettano una buona volta di riempirci la testa di vuoti proclami di cui abbiamo piene le tasche! Pierluigi Seri


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Il Gioco prima dello Sport Apriamo io, firmatario, e l’amico Giampiero Raspetti una nuova Rubrica (troveremo un titolo) ne La Pagina, già fornitissima per le tante tematiche che nel tempo ha affrontato. Lo facciamo in completa condivisione di finalità. L’antenna che si va a sistemare sulla casa comunicante di questo Magazine è orientata verso il pianeta “Giovani”, una categoria ampia in cui includeremo i piccoli delle materne fino ai grandi delle superiori. I contenuti che verranno trattati saranno quelli che emergeranno (o già evidenti) dalla realtà, primariamente riguardanti le attività del Gioco e quelle Sportive locali, praticati dai due generi fin dai primi passi. Naturalmente secondo il mio pensiero il divertimento e l’agonismo avranno un valore relativo visto che tutti, protagonisti e educatori, ne parlano lungamente. Gli interventi in breve sintesi, su tali ambiti, avranno un taglio diverso dal solito perché parte dai seguenti presupposti. Il Gioco prima dello Sport. I Giardini prima dei Campo Sportivi. Formazione di base pluriesperenziale per tutti, dai giochi tradizionali ai vari gioco-sport, unitamente ad attività di laboratorio delle arti e dei mestieri, fino all’età in cui i soggetti possono decidere per propria libera scelta cosa fare in futuro e con continuità. Nel Gioco sono direttamente chiamati in causa i Genitori, nello Sport Educatori ben preparati. Il Gioco, se ben eseguito, mette in azione alcune funzioni fondamentali: la socializzazione, la prevenzione psicologica di base e l’integrazione con i “diversi”. Fa dire di NO alla violenza, a tutte le forme di violenza. Che giocare o fare sport si possono svolgere insieme agli impegni scolastici e sono pratiche che si rinforzano reciprocamente. Che ottenere buoni voti e buoni risultati sportivi contemporaneamente è possibile perché la volontà (la nostra) che li sostiene è unica. Chi ha acquisito un buon bagaglio culturale fa meglio anche le prestazioni agonistiche. La lealtà sportiva e il rispetto delle Regole, rafforzano i sentimenti di onestà sociale. La Sportività che si può assimilare in ambienti sani vuol dire maturare il senso delle democraticità, di un corretto vivere civile duraturo nel tempo. Aldo Zerbini

I nostri PROGETTI, così come previsto dal nostro Statuto, hanno finalità: educative, di sostegno alla crescita ed alle disabilità, di prevenzione del disagio giovanile. Essi sono inoltre orientati alla formazione degli educatori e degli operatori per un miglioramento della “cultura” didattica e psico-sociale attraverso la metodologia del gioco e dello sport. Progetto: La nascita psicologica del bambino. Incontri di formazione e confronto con coppie sposate e non, con o senza figli. (tematica d’interesse anche per gli operatori dei nidi d’infanzia, per le insegnanti delle scuole materne e delle primarie). Per le scuole materne: giochi psicomotori spontanei e socializzanti. Intervento-prevenzione: sullo stile di vita delle famiglie, educazione alimentare ed al movimento dei bambini di età 3-5 anni. Progetto denominato: Impegno Salute. Progetto: Prevenzione incidenti dei bambini: domestici, scolastici ed ambienti esterni. Per le scuole primarie: giochi didattici e gioco-sport. Gioco-formazione: Saper giocare con i bambini. Corsi di preparazione per quanti, insegnanti ed altri, organizzano e svolgono le attività ludiche ed educative con i bambini. Progetto CUROMI: Laboratorio di movimento creativo, pittura e linguistica per bambini e ragazzi. L’importanza del gioco nella crescita del bambino. Incontri con le scuole. Il gioco facilita l’integrazione tra persone di culture diverse. Idem cs Scuola-sport-società e salute. Lo sport nella crescita psicofisica del bambino. Per gli istituti secondari: Gli studenti incontrano la psicologia dello sport. Le emozioni e le relazioni interpersonali e gruppali che si attivano nel mondo dello sport. (antibullismo). Campus estivi. Progetto Scuola aperta: giochi ed attività culturali negli impianti scolastici durante le vacanze e/o nei parchi-giardini cittadini. Sport e doping (droghe, alcool, altre devianze) prevenzione. I valori del gioco e dello sport. Progetto: Una classe una canzone. Concorso tra gruppi di studenti per la migliore canzone (anche poesia) dedicata alla scuola di appartenenza (incentivare le attività gruppali). Giochi tradizionali: le Olimpiadi dei giochi di strada, quelli dei “nonni”. Progetto: Lo sportello dello studente: ascolto, consulenze e sostegno. Il Presidente Dr. Aldo Zerbini

Terni, Strada di Vagoti 4 0744-241626 zerbinialdo@virgilio.it www.giocontatto.tk

Questa pubblicazione vuole costituire un piccolo contributo per tenere viva la memoria di quanti hanno portato in alto e fatto conoscere il nome della città di Terni attraverso le loro imprese sportive. Il valore che lo sport ha assunto e tutt’ora riveste, nonostante tutte le prevaricazioni di questi ultimi anni, è servito da motivo conduttore per ricostruire la storia di tanti protagonisti ternani nelle più disparate sfide agonistiche. Al tempo stesso si è cercato di collocare i numerosi successi nei contesti storici che Terni attraversava in modo che riemergesse contemporaneamente la storia, sebbene fugacemente, della stessa nostra città dal 1861 ai giorni nostri. Questo ampio arco di tempo e gli innumerevoli eventi accaduti, è stato sottoposto a inevitabile sintesi al fine di lasciare una significativa traccia, un breve messaggio innanzitutto per i nostri giovani. Ad essi vengono consegnate le tante bandiere sventolate nel tempo, quelle dei singoli sport, quelle delle Olimpiadi, i colori delle società sportive e i vessilli della nostra città.

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A Z I EN DA O S P EDA LI ERA

Struttura Complessa di Chirurgia Urologi

Prof. Ettore Mearini Direttore Struttura Complessa di Chirurgia Urologica, Andrologica e Tecniche Mini-invasive A z ien d a O s p e dalie r a “S. Mar ia” di Te r ni

La Struttura Complessa Inter-aziendale di Chirurgia Urologica, Andrologica e Tecniche Mini-invasive è parte integrante del Dipartimento di Chirurgia Generale e Specialità chirurgiche, diretto dal Prof. Ettore Mearini. La dizione di chirurgia urologica mini-invasiva è unica nel panorama urologico italiano, in quanto particolarmente attiva nella ricerca scientifica e nello sviluppo di nuove tecnologie diagnostiche e terapeutiche, direttamente collegate ad una nuova filosofia chirurgica. Nell’ultimo decennio si è registrata, infatti, prima con la laparoscopia e poi con la chirurgia robotica, una vera e propria rivoluzione in ambito chirurgico, dove si è sostituita all’affermazione “grande taglio, grande chirurgo”, quella di “piccolo buco, migliori risultati funzionali ed oncologici con minore invasività sul paziente”. La struttura complessa consta di un reparto di degenza di 18 posti letto, di un ambulatorio per esami diagnostico-strumentali quali uretrocistoscopie, biopsie, ecografie, esami urodinamici ed uroflussometrie, di un centro per la litotrissia extracorporea, di ambulatori specialistici per visite ambulatoriali urologiche, uro-oncologiche, andrologiche ed uro-ginecologiche, queste ultime all’interno del Centro Salute Donna. L’attività chirurgica si sviluppa prevalentemente nell’ambito dell’urologia oncologica, della uro-ginecologia, e delle patologie benigne del basso e dell’alto apparato urinario. Dall’aprile 2011 il sistema robotico “DaVinci” acquisito dall’azienda ospedaliera ternana viene impiegato di routine per gli interventi di chirurgia sulla prostata e sulla vescica. Tramite il robot, gli interventi vengono eseguiti con enorme precisione ed accuratezza, fornite sia dalla visione tridimensionale in alta definizione sia dalla possibilità di riprodurre all’interno del corpo umano gli stessi gesti chirurgici eseguiti dalle nostre mani, mantenendo i vantaggi di un accesso mini-invasivo. Per l’esperienza maturata in questi 2 anni, è stata messa a punto una serie di tecniche personali ed innovative riguardanti l’approccio chirurgico robotico per l’asportazione radicale della prostata e della vescica nel caso di malattie maligne. Interventi complessi, altamente specialistici e sofisticati che permettono il risparmio dei fasci neurovascolari deputati all’erezione e delle strutture deputate alla continenza urinaria al fine di ridurre al minimo le possibili complicanze postoperatorie di questo intervento, ormai così frequente nella popolazione maschile. L’utilizzo del robot ha permesso, altresì, di ridurre al minimo le complicanze postoperatorie, le perdite ematiche intraoperatorie e conseguentemente il tasso di trasfusione dei pazienti sottoposti a tale intervento. La convalescenza è decisamente breve, ancor più sorprendente risulta la possibilità per il paziente di tornare rapidamente alla normale attività quotidiana. Anche gli interventi per l’asportazione radicale della vescica e per la successiva ricostruzione delle vie urinarie possono essere eseguiti con l’ausilio del robot, evitando al paziente una grossa incisione cutanea e minimizzando le perdite ematiche. Entrambe queste tecniche sono state presentate ed apprezzate in congressi nazionali ed internazionali per confrontarsi con quanto di meglio viene proposto dai colleghi che trattano tali patologie. Nell’ambito di soluzione mini-invasive, vengono correntemente eseguiti interventi di chirurgia laparoscopica sul rene per l’asportazione radicale dell’organo o, come sempre più spesso accade, per l’asportazione della sola

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malattia ivi presente. La preservazione del parenchima renale sano è infatti ritenuta sempre più importante per poter garantire al paziente una buona qualità di vita negli anni a venire. Tale obiettivo può essere ottenuto nella maggioranza dei casi con un approccio laparoscopico mini-invasivo che consente al paziente di essere dimesso e di tornare alle proprie attività quotidiane già 4 giorni dopo l’intervento. Attualmente vengono eseguiti presso la struttura più di 250 interventi di chirurgia robotica e/o laparoscopica, ogni anno. La gran parte delle patologie benigne vengono trattate presso la nostra struttura con un approccio mini-invasivo endoscopico. Interventi innovativi per l’ipertrofia prostatica benigna che contemplino l’utilizzo delle più moderne tecnologie, quali strumenti bipolari e elettrovaporizzazione della prostata, trovano largo utilizzo presso il nostro reparto. La bontà di tali tecniche è confermata dal loro impiego in pazienti anziani con gravi patologie correlate, che per le loro condizioni generali di salute presenterebbero un rischio operatorio elevato. Il fine ultimo è sempre quello di offrire al paziente il massimo del risultato, il minimo del dolore e del discomfort postoperatorio, restituendolo nel più breve tempo possibile alla vita quotidiana ed al proprio lavoro. Quanto sopra affermato rappresenta anche un’evoluzione filosofica per ridurre complessivamente i costi per la spesa sanitaria. Infatti, se apparentemente l’acquisizione di nuove e costose strumentazioni sembra determinare un aumento di spesa a livello sanitario, una ridotta ospedalizzazione ed un più precoce ritorno all’ attività lavorativa, rappresentano certamente un risparmio complessivo per la società. Esistono anche strumentazioni impiegate per il trattamento


S A N TA M A R I A D I T E R N I

ica, Andrologica e Tecniche Mini-invasive

Équipe Direttore Prof. Ettore Mearini Medici Dr. E. Cottini, Dr. F. D’Amico, Dr.ssa K. Ioannidou, Dr. A. Pansadoro Ricercatore Dr. G. Cochetti Specializzandi Dr. F. Barillaro, Dr. A. Boni, Dr. S. Pohja Medici Interni Frequentatori Dr.ssa R. Mancuso, Dr.ssa E. Silvi Caposala M. Donati Infermieri di Reparto V. Anasetti, L. Anselmicchio, F. Fidenzi, E. Fornari, MR. Petrucci, M. Quadrini, D. Rosatelli, A. Sodi, G. Vannozzi, S. Zaimi, D. Zene Ferriste di Sala operatoria F. Ceccarelli, I. Monti, S. Silverio, E. Taizzani Infermieri di Sala Operatoria M. Carenza, D. Fratoni, N. Marzocco, M. Mughetti Infermieri di Ambulatorio L. Cupidi, M. Dell’Unto, M. Martelli, S. Natalini, M. Natalizi Fotoservizio di Alberto Mirimao

endoscopico della litiasi delle alte e delle basse vie urinarie in maniera tale da poter trattare ogni tipo di calcolo urinario. A livello ambulatoriale grossa attenzione viene dedicata anche alla prevenzione e diagnosi delle patologie urologiche. L’impiego di cistoscopi flessibili, con l’eventuale utilizzo combinato di tecniche che utilizzano sostanze che si concentrano specificatamente su cellule neoplastiche, atte a visualizzare neoplasie maligne della vescica, che con le tecniche tradizionali, non potrebbero essere visualizzate. Biopsie prostatiche in anestesia locale vengono eseguite quotidianamente in via ambulatoriale, con un disagio minimo per il paziente. È presente infine anche un ambulatorio di uro-ginecologia integrato all’interno del Centro Salute Donna, il quale si occupa di tutte le problematiche inerenti alle patologie urinarie femminili. Un’ equipe di specialisti, che si sono dedicati interamente a questo tipo di disturbi, quali il prolasso dei genitali e l’incontinenza urinaria, svolge la sua attività presso questo centro, realizzando percorsi diagnostici e terapeutici innovativi. La Struttura Complessa Inter-aziendale di Chirurgia Urologica, Andrologica e Tecniche Mini-invasive è inoltre integrata nel Polo Universitario di Perugia, proponendosi come capofila per progetti di ricerca, di base e clinica con altri gruppi. I risultati di tale attività scientifica trovano spazio sulle più prestigiose riviste internazionali. La connotazione universitaria di tale reparto trova la sua massima espressione nella presenza di studenti della facoltà di Medicina e Chirurgia, che quotidianamente frequentano il reparto per apprendere i primi discernimenti dell’urologia e per imparare l’approccio adeguato al paziente.

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Diario di viaggio

M Y KO NOS

l’isola de i sogni

Sono pochi i luoghi nel mondo che non passano mai di moda e Mykonos è uno di questi. Isola più grande delle Cicladi, deve il suo fascino all’accoglienza dei propri abitanti, al mare cristallino, alla natura selvaggia, oltre che al fascino del mito e della storia. Mykonos custodisce un ambiente affascinante, un luogo perfetto per riposarsi e allo stesso tempo per divertirsi se cercate una vacanza all’insegna di movida e adrenalina pura. I locali più in voga sono il richiamo dell’isola, il popolo della notte e della tintarella impazza per le spiagge e per le discoteche. Spiagge famosissime e gay friendly assicurano divertimento fin dalle prime ore del mattino, acque limpidissime bagnano le coste sormontate da promontori stepposi di grande suggestione, attraversati dal Meltemi, un vento caldo e impetuoso, quasi magico. medievale e la spiaggia di Alefkandra, realizzato nella prima metà del Settecento dai ricchi commercianti dell’isola. A sud-ovest sul promontorio che governa il porto, si stagliano i mulini a vento per cui Mykonos è famosa. I muretti di pietra e le viuzze urbane di lastricato, incorniciate dal bianco delle abitazioni, insieme al blu cobalto delle finestre e alle numerose piante di buganvillea, sono l’emblema del paesaggio isolano. L’altro centro principale è la città di Ano Mera, distante 8 km da Chora e benché sia un’importante meta turistica, preserva ancora uno stile di vita locale tranquillo. Si tratta, infatti, di uno dei più vecchi villaggi di Mykonos, fondato prima del XVII secolo dai coloni provenienti dall’isola di Creta, con la sua bella piazza principale e le taverne molto caratteristiche. La costa meridionale dell’isola è quella più turistica, essendo la più protetta dai venti. La spiaggia di Platys Gialos, la più famosa e la più organizzata, estesa lungo la baia che prende il nome dall’omonimo villaggio alle sue spalle, è composta di sabbia finissima e vi sorgono hotel, negozi, bar e ristoranti, ideale per le famiglie. Il paesaggio circostante della baia è punteggiato da elementi tipicamente rurali, come fattorie e tipiche case isolane. La specialità culinaria dell’isola è il pesce, soprattutto i calamari alla griglia e la zuppa di pesce condita con olio di oliva, cipolle e patate. Il kafeneio, una vera istituzione della Grecia, è il luogo dove si degustano in prevalenza caffè e liquori, il posto perfetto per riposarsi dopo una giornata di mare o dopo aver visitato le antiche rovine dell’isola di Delo. Mykonos è l’isola dei sogni, dal fascino antico e mitologico, dove le serate trascorse con gli amici diventano indimenticabili, dove il mare turchese bagna un paesaggio meraviglioso e dove l’estate è la stagione perfetta per immergersi nel suo sfrenato lorenzobellucci.lb@gmail.com entusiasmo. Il capoluogo dell’isola è la città di Chora; sorge su un piccolo promontorio, perfettamente incastrato tra le baie dei pescatori e la spiaggia di Aghios Stefanos a nord. Principale punto di approdo di Mykonos è il suo porto, che collega l’isola al Pireo e ad altre città della Grecia continentale, oltre alle più importanti isole delle Cicladi. Particolarità di questa città è il brulicare di gente e attività, un fermento di venditori ambulanti, bancarelle, pescatori di ritorno dal mare, caffetterie e ristoranti. Lungo il porto, bar e discoteche iniziano ad affollarsi fin dalle prime ore del tramonto, qui la musica e i cocktail sono i due protagonisti della notte. Chora è anche storia e folclore: imperdibile il Museo Archeologico più importante dell’isola, collocato in un bell’edificio neoclassico realizzato agli inizi del secolo scorso, ricco di oggetti in ceramica e manufatti provenienti dalla necropoli di Delo. La chiesa della Panaghia Paraportiani, un esempio mirabile di architettura religiosa cicladica, è ubicata nella parte occidentale della città. Particolare è poi la Piccola Venezia, un quartiere situato tra il castro

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Fisioterapia e Riabilitazione

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La riabilitazione in acqua è una metodica sicuramente molto utile per garantire un moderno e valido recupero funzionale sia in campo neurologico che ortopedico

Uniche infatti sono le possibilità offerte dallo “strumento acqua”, che agisce contro la forza di gravità (principio di

Archimede), e consente al corpo di muoversi in assenza di peso: questo determina una maggiore facilità a muoversi quando per esiti traumatici, per deficit neurologici o dopo chirurgia ortopedica sarebbe impossibile o dannoso caricare il peso reale sui propri arti. Il risultato è una diminuzione dello stress e del carico sull’apparato muscolo scheletrico che facilita l’esecuzione di movimenti in assenza di dolore. La resistenza offerta dall’acqua è graduale, non traumatica, distribuita su tutta la superficie sottoposta a movimento, proporzionale alla velocità di spinta e quindi rapportata alle capacità individuali di ogni persona. L’effetto pressorio dell’acqua, che aumenta con la profondità, esercita un benefico effetto compressivo centripeto sul sistema vascolare, normalizzando la funzione circolatoria e riducendo eventuali edemi distali. Tale effetto è ampliato nel Percorso Vascolare Kneipp dove si alterna ciclicamente il cammino in acqua calda e fredda.

Con la riabilitazione in acqua è possibile non solo ristabilire le migliori funzionalità articolari e muscolari dopo un incidente, ma anche eseguire delle forme di esercizio specifiche per prevenire la malattia o per curare sintomatologie croniche come la lombalgia. Tali esercitazioni sono particolarmente indicate per quei soggetti in forte sovrappeso con difficoltà di movimento legate ad obesità, ad artriti, a recenti fratture o distorsioni. Nella maggior parte di questi casi si registra un netto miglioramento del tono muscolare e dei movimenti articolari dopo un adeguato programma terapeutico. Il paziente, se anziano, acquisisce in tal modo un maggiore controllo motorio che, migliorando l’equilibrio, allontana il rischio di cadute e rallenta il declino funzionale legato all’invecchiamento. La riabilitazione in acqua è particolarmente indicata in: - esiti di fratture - distorsioni, lussazioni - patologie alla cuffia dei rotatori della spalla - artrosi dell’anca e delle ginocchia - tonificazione muscolare in preparazione all’intervento chirurgico - mal di schiena (lombalgia, sciatalgia, ernia ecc.) - para paresi spastiche - esiti di interventi neurochirurgici - esiti di ictus - esiti di lesione midollare - disturbi della circolazione venosa

Inoltre la temperatura dell’acqua, più elevata (32° - 33°) rispetto alle vasche non terapeutiche, permette la riduzione dello spasmo muscolare e induce al rilassamento. Per questo il paziente si muove meglio e la muscolatura appare più elastica. La riabilitazione in acqua è utile e proponibile a tutti, dai bambini agli anziani; per potervi accedere non occorre essere esperti nuotatori è sufficiente un minimo di acquaticità.

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- Riabilitazione in acqua - Rieducazione ortopedica - Riabilitazione neurologica - Rieducazione Posturale Globale - Onde d’urto focalizzate ecoguidate - Pompa diamagnetica - Tecarterapia

- Visite specialistiche - Analisi del passo e della postura - Elettromiografia - EEG - Ecografia apparato locomotore - Idoneità sportiva ... e molto altro

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Le Vite Parallele tra scrit Il concorso letterario per le scuole secondarie di primo e secondo grado della Provincia di Terni Vite parallele: personaggi a confronto è giunto alla sua quarta edizione, raccogliendo l’eredità dell’Intervista a… proposto per circa un decennio dalla delegazione di Terni dell’Associazione Italiana di Cultura Classica. Quest’anno, l’ormai tradizionale appuntamento per gli studenti ternani si è arricchito di una nuova sezione, quella grafica, in cui i giovani artisti sono stati invitati ad esprimere, attraverso un disegno, una fotografia o un’altra forma di espressione grafica, l’attualità del mondo classico. Un ringraziamento particolare va al Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni dott. Mario Fornaci che, come ogni anno, ha contribuito alla realizzazione dell’intero progetto, finanziando i premi del concorso, e al Dirigente Scolastico dell’Istituto di Istruzione

Secondaria Classico e Artistico, sede dell’associazione, Prof.ssa Maria Rita Chiassai, così come a tutti i componenti le due Commissioni di valutazione. Come di consueto, pubblichiamo il testo degli alunni che hanno ottenuto il primo premio, cominciando con l’elaborato di Benedetta Tuzi, frequentante la classe II B del Liceo Classico, che ha immaginato l’incontro, in un aldilà indefinito, fra le anime di Endimione, amato da Selene, e del poeta Petrarca, i quali si confrontano sulla loro vita passata e presente. Segue l’elaborato di Beatrice Martelli, frequentante la classe V B del Liceo Classico, che ha interpretato con sensibilità ecologica il mito greco, immaginando una vivace conversazione tra gli dèi, sdegnati per i guasti che, irresponsabilmente, gli uomini stanno producendo nell’ambiente. Prof. Annarita Bregliozzi - Presidente AICC di Terni

Endimione e Petrarca Sonno eterno, abbraccia l’infinito l’oscurità dell’aldilà. Spazio e tempo sono indefiniti e le anime smaterializzate corrono, si scontrano, si lamentano, vittime del ricordo, il bel ricordo della gloria terrena. Endimione invoca i suoi lamenti, invaghito della sua stessa condizione di eterna giovinezza, si dispera, rantola nel buio, smaterializzato, perso nell’infinito che si porta dietro, privo di carne e ossessionato dal ricordo, unico tratto rimasto. Allo stesso modo corre e si dispera un’altra anima, dissociata tra quella che è la natura attuale e quello che è stata, un tempo, in vita, urla un nome, la sta cercando. Ma non la trova. Anime invaghite di condizioni che non son più le loro, si scontrano. Come se, in quel frangente, entrambi riacquistassero le loro forme corporee, si fermano. «Mi sono perso, ho perso il tempo, se mai in questo luogo sospeso ce ne fu uno, io…io l’ho perso. Sto cercando una donna, si chiama Laura, io lo so, lei mi sta cercando, abbandonammo le nostre spoglie mortali, prima lei poi io ed è qui, è qui che dobbiamo incontrarci ed amarci. Proiettammo qui il nostro amore. La sto cercando». «Non conosco le anime di questo luogo, sono stato proiettato qui dalla mia stessa condizione terrena. E dormivo e sognavo nel mio corpo, giovane, bello ed eterno. Ed ora sono qualcosa, non so cosa. Entità che vive di ricordo, ricordo di Selene, che una sera sul Latmo mi prese, rapì il candore della mia pelle, la lucentezza dei miei occhi e la forza del mio corpo. Non conobbi le condizioni della vecchiaia ma l’eterna, o quasi, giovinezza. E io il mio amore lo persi, nello stesso momento in cui lo trovai e così anche io me ne andai, avvolto dalla bellezza del suo corpo, delle sue forme che ora rimpiango, desidero ardentemente. Eppure sono rinchiuso in un carcere fatto della mia stessa libertà, tenuto in vita da un solo ricordo e dannato perché mai riprenderò una forma concreta».

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«Nel tuo stesso modo un tempo mi lacerai, diviso tra gioie futili e materiali e la pace del mio animo, oscillante tra speranza e dolore, disperdendomi tra la vanità. Vergogna, pentimento e consapevolezza, sono queste le sensazioni che provai in vita, sono questi i processi che portarono, me, Petrarca, ad innalzarmi a Dio, ma una cosa non mi abbandonò: la continua idealizzazione di Laura. Sempre l’amai, anche se mi degradò e ne fui consapevole, ma non riuscii a fare altrimenti. Ora ho perso il mio corpo e se è questo posto, questo luogo senza spazio e senza tempo, la realtà in cui noi dobbiamo vivere, io l’accetterò. Ma dimmi, perché ti danni tanto per una forma così assoggettata al tempo come quella della carne? Dimmi, anima dannata, perché non idealizzi il tuo corpo giovane e il tuo amore e non vivi nella totale beltà del tuo stesso pensiero? Tu stesso ammetti che è questo ciò che ti è rimasto». «Tu non sai e non puoi sapere del mio amore divino con Selene, che si è consumato nella mia stessa inconsapevolezza. Che iniziò e terminò nel momento in cui io la guardai. Questo mi rimane: il ricordo dei suoi occhi, del suo pallore e della sua totale ed ammaliante bellezza. Persi tutto quella notte. Persi tutto prima ancora di assaporarlo. Lasciai il mio corpo, che ancora vive la sua eterna e dormiente giovinezza, per ritrovarmi così. Privo di amore, e di un corpo se pur conservato. Non è vero, cara anima amica, che possiamo vivere così, non possiamo vivere idealizzando ciò che non c’è stato, non possiamo durare in un mondo che passa. E ora guardami, guardaci. Ecco cosa ci aspetta: l’eterna dannazione». Al suono di quell’ultima parola, Petrarca ed Endimione ritornarono a correre come essenze, perdettero nuovamente la loro forma e continuarono a lamentarsi, a correre in mezzo ad altri spiriti, destinati forse a quello che Endimione aveva definito “l’eterna dannazione’’, Benedetta Tuzi o alla pace di una trovata idealizzazione.


ttura ed espressione artistica Zeus & Co. La terra non è vostra, voi siete della terra È il mio passatempo preferito uscire dal palazzo tra le nubi e andare in giro, più o meno vicino alla terra, curiosare nella vita degli uomini, guardare, ahimè, come distruggono il pianeta. Ah, ai miei tempi non avrei mica visto questa coltre di nubi grigie e puzzolenti, che occultano i profumi del mondo. Ma… madre Rea, sto precipitando! Da cosa sono caduto? Sembrerebbe una specie di botola… l’avevo detto a Ermes di chiudere tutti i contatti col mondo degli uomini! Per Dioniso, sono caduto in mare, vicino all’Antartide. Sento Poseidone, mio fratello, che mi chiama: «Zeus, cosa ci fai qui?». «Sapessi, non sono più i cieli di una volta…». «Dai, vieni nel mio palazzo sommerso, c’è anche Pan, beviamo un po’ d’ambrosia e mi racconti». Ed eccomi nel meraviglioso palazzo di mio fratello, il viaggio è stato breve a bordo del suo carro trainato da delfini e circondato dalle nereidi (che, vi dirò, non erano niente male…). «Ho capito in cosa ti sei imbattuto, fratello. Lo chiamano buco dell’ozono, una delle ultime “furbate” degli uomini. L’ho scoperto perché il livello dei mari si è alzato molto ultimamente e mi sono reso conto che la causa è lo scioglimento eccessivo dei ghiacci dell’Antartide, che a sua volta è causato da questo buco nell’atmosfera». «Ci mancava solo questa. I cieli sono inquinatissimi, la situazione sarà presto fuori controllo», rispondo. «Per fortuna ci sono ancora i veri polmoni della Terra: le foreste equatoriali. Ma gli uomini continuano a disboscare, tagliare e bruciare; andando avanti così finiranno assai male». «E sinceramente, rimanere con un mondo morto sarebbe un’ottima punizione per loro: stanno diventando una specie di epidemia planetaria. La cosa è più grave di quanto pensino, o forse fanno finta di non rendersene conto: per loro il denaro è al primo posto», replica indignato Pan, signore delle foreste. «Questa deforestazione è quanto di peggio io abbia visto in tanti anni di onorata carriera». «Non pensare che la situazione sia migliore nei mari… spazzatura ovunque. Gli insulti degli umani arrivano persino nelle aree protette, tu ne sai qualcosa Pan. Come qualche anno fa, quando, nuotando tranquillamente nel golfo del Messico, mi sono trovato coperto da una marea nera di petrolio. Un disastro da poco!», interviene lo “scuotitore di terre”. Pan gli risponde: «L’inquinamento peggiora la qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo, ed è da qualche tempo che la questione ambientale sta assumendo una crescente importanza». Allora osservo: «Questi mortali credono di poter usare tutto come e quando vogliono loro. Ma si sbagliano. E pensare che sono stati avvertiti più volte, anche da parecchio tempo! Quel tale che viveva duemila anni fa (oh, lieta rimembranza dei tempi d’oro…) come si chiamava… ah, ecco, Plinio il Vecchio, anche se poi tanto vecchio non era. Era un tipo scaltro lui, un lungimirante: metteva già in guardia dai pericoli provocati dall’eccessivo sfruttamento delle miniere. Per ottenere metalli, diceva, si infliggono gravi ferite alla terra e si deviano i fiumi. E poi quei tipi rossi con le piume in testa, gli indiani d’America si fanno chiamare; nel 1855 avevano un capo, Seathl, che intelligentemente disse che non è la terra che appartiene all’uomo, ma l’uomo che appartiene alla terra. Bisogna che i mortali considerino più spesso le cose da questa prospettiva». «Sì, l’ho sentito dire. Affermava inoltre che lo stolto appetito dell’uomo bianco lo divorerà e lascerà dietro di sé solo un deserto. Starebbe loro bene, ribadisco», ripete Pan, irato. «Non dire sciocchezze, Pan. Se non ci arriva da solo, il genere umano deve essere educato. In fondo, io a questi mortali, dopo millenni che seguo le loro vicende, sono un sacco affezionato. Non mi va di vederli finire così. Se finisce male, mi toccherà di nuotare in una pozza sporca e tiepida, e tu, caro il mio

saettatore, dovrai dire addio alle tue passeggiate in cerca di amori e sarai costretto a inviare piogge acide. E vogliamo parlare di te, Pan, senza i tuoi boschetti? Che ne sarebbe della melodia del tuo flauto senza la cornice e l’atmosfera adatte?» «Davvero Pan, Poseidone ha ragione. Intanto ci stanno provando con quell’accordo, il protocollo di Kyoto lo chiamano, ma la strada è tutta in salita. Con questo patto la maggior parte degli Stati si impegna a cercare di ridurre l’inquinamento, ma ognuno nel suo piccolo potrebbe fare qualcosa. Sarebbe solo una goccia nel mare, ma senza ci sarebbe una goccia in meno». «Già, come per esempio spostarsi di più con biciclette e mezzi pubblici, invece di quelle scatole rombanti che chiamano automobili. Oppure effettuare la raccolta differenziata, che con pochi gesti e due buste in più, già sarebbe un notevole passo avanti». «Oppure iniziare a basarsi veramente sulle fonti di energia rinnovabile, ci sono tanti modi, pensate, uno che sfrutta anche la forza delle maree…». «Tutto questo è davvero giusto, bisognerebbe solo trovare un modo per farglielo capire», osserva Pan. «Ho io la soluzione», dico. «Il nostro caro Ermes avrà di nuovo occasione di indossare i suoi sandali alati; so per certo che ha ancora qualche buona conoscenza nel mondo dell’informazione. Se si potesse diffondere questo messaggio per sollecitare i mortali…» «Ben detto!», approva Poseidone. Il progetto dei Superi per salvare il pianeta è appena Beatrice Martelli cominciato.

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La spedizione dei Mille: il secondo sbarco Uno spirito semplice, uno spirito contrastato: questa la natura di Re Vittorio, costretto dalla gravosa ragion di stato a rimanere impotente spettatore a quella ch’oramai si prospettava una marcia trionfale che anzi doveva ufficialmente biasimare, oramai imbrigliato nella tela diplomatica di Cavour. Come testimoniano le lettere inviate da Biagio Caranti e da Candido Augusto Vecchi al Generale, il sovrano cercava d’ottenere in ogni modo le nuove della spedizione in uno stato di continua e febbrile attesa, che sfociò nello sfogo di cui solo un vero piemontese sarebbe capace: E mi sto sì -‘ntant che ‘l mi amis Garibaldi se batte- a far la ciulla. Amico. Anche potendo solo immaginare in bocca a colui che chiamava Maestà tale parola riferita al brigante che lo faceva dannare, immagino che il Primo Ministro avrebbe minacciato le dimissioni. Negare, negare sino allo stremo anche la più spudorata evidenza del coinvolgimento del rispettabile Regno di Sardegna in quella disonorevole campagna: questo il suo disegno. Una sola la via per renderlo realtà: l’immediata annessione della Sicilia, nella quale era stata creata una rete di municìpi liberati soggetti alle generali direttive della Dittatura, il cui operato fu poco soddisfacente per chi sperava d’ottenere alte cariche in modo gratuito grazie all’avvento del nuovo corso. Facendo leva su tale basso malcontento di arrampicatori sociali senza bandiera né patria, Cavour pensò d’inviare nell’isola lo stesso uomo che aveva reso nulla la sottoscrizione del Milione di fucili calpestando la volontà di migliaia d’italiani per volontà del Governo sabaudo, La Farina. Quest’ultimo s’adoperò anche attraverso pesanti ingiurie

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personali per screditare Garibaldi e chi assieme a lui rischiava la vita nella speranza d’ottenere la podestà sulla Trinacria dopo l’agognato plebiscito: fermo il Generale lo espulse assieme a Griscelli, una fra le tante spie del secolo XIX che dopo aver attentato alla sua vita era passato al servizio della monarchia. Ravvisata la momentanea impossibilità di porre sotto la sua tutela l’isola e compresa l’intenzione dell’eroe dei due mondi di sbarcare in Calabria per proseguire almeno sino a Napoli, il marchese tentò la carta di provocare un moto nazionale nella città partenopea prima dell’arrivo del Duce dei Mille, inviando in essa il gen. Farini e dirottando sulla Sicilia la spedizione del mazziniano Pianciani, inizialmente pensata da Garibaldi come supporto per prossime operazioni nello Stato Pontificio. Inutilmente, come un avvoltoio che attende la morte di una preda troppo forte, la nave dell’ammiraglio piemontese Persano volteggia minacciosa nelle acque tirreniche in attesa della sollevazione adottando come pretesto la protezione della principessa di Carignano: è troppo difficile, quasi impossibile far scoppiare la rivoluzione con l’ausilio della sola diplomazia. Successivo al carteggio con Bertani, è arrivato ora il momento di trattare il famoso, ed in molti tratti oscuro, scambio epistolare che vi fu fra Garibaldi ed il Re, discusso per molti decenni da studiosi quali Guerzoni e Sacerdote. Costretto dai propri obblighi di capo di stato europeo ad inviare con una lettera, da far poi pubblicare nei giornali conservatori e non del continente, il Generale a desistere da ulteriori ostilità contro il potere borbonico, Vittorio Emanuele affidò al messaggero Litta-Modignani anche un altro messaggio in cui gli suggeriva la risposta, una risposta in cui, dopo essersi professato suo fedele suddito, si sarebbe dovuto dichiarare costretto a rispondere all’appello delle popolazioni meridionali: questo l’epilogo del contrasto che lacerò il monarca, soddisfatto dal vedere Cavour costretto a far buon viso a cattivo gioco. Avendo ormai la certezza d’avere mano libera sino in Umbria grazie ai messaggi pervenutigli da Trecchi, l’eroe dei due mondi spostò il proprio quartier generale a Torre di Faro, punta estrema dell’isola, carica, assieme allo Stretto, di significati mitologici. Incaricato il capitano calabrese Musolino di sondare gli animi fra la popolazione ed i militari regi, il Generale ottenne l’assicurazione che il forte di Torre Cavallo sarebbe stato aperto dai disertori all’arrivo d’una prima avanguardia che, guidata da Missori, venne invece accolta dagli spari di fucile così da essere costretta a trovar rifugio fra le montagne. Spira un’aria di mistero, che pare venga fuori da non so quale antro: così Abba commentava l’atmosfera di sospetto che si era venuta a creare, nella quale iniziava a prender piede l’ipotesi che Garibaldi fosse fuggito lasciando il comando a Sirtori. In realtà egli si era recato nel Golfo degli Aranci per chiamare a raccolta i volontari di Bertani ivi dirottati per mezzo di Farini da Cavour, i quali ingrossarono le file dell’Esercito Meridionale nonostante il loro originario arruolatore sperasse di farne i liberatori dei domini del Papa. Nuova dimostrazione delle abilità militari del duce dei Mille, egli intuì che i borbonici si aspettavano il suo sbarco presso la punta estrema della Calabria ovvero che egli percorresse la rotta più breve, quando invece fece in modo che i vapori Franklin e Torino comandati ancora una volta da lui e da Bixio, approfittando del favore delle tenebre, giungessero presso Melito di Porto Salvo, non senza un piccolo incidente. Interpretato dai più scaramantici come un segno propiziatorio, nuovamente Bixio mise troppa foga nelle manovre facendo così incagliare il vascello da lui guidato come era già suceesso al Piemonte, del quale condivise anche la fine, ovvero un incendio che fece esclamare al Dittatore: E due! Anche a Marsala accadde lo stesso! Ricongiuntosi con i soldati di Musolino e con i volontari calabresi dei fratelli Plutino, Garibaldi concordò con i suoi ufficiali la strada che avrebbero dovuto percorrere per occupare Reggio Calabria, ove il generale borbonico comandante di piazza si sentiva al sicuro credendo i briganti sui monti nonostante fosse consapevole della dispersione in quella regione dei regi, in seguito dimostratasi per loro fatale. L’intenzione del capo delle Camice Rosse era quella di liberare l’intera costa calabra in modo da consentire lo sbarco della totalità degli oltre 20.000 uomini al suo comando, obiettivo che, seppur con nuovi sacrifici, poté essere raggiunto. Folle: non trovo altro sinonimo del termine eroe che si possa utilizzare in riferimento a Bixio, che infatti assieme ai suoi caricò a testa bassa le linee del nemico Briganti, che, colte quasi di sorpresa, dopo l’arrivo di nuovi garibaldini guidati da Chiassi, furono costrette a ritirarsi nel castello della città non senza aver ucciso sparando a vista dalle case oltre duecento volontari. Finalmente l’Esercito Meridionale nella propria interezza poteva sbarcare a Favazzina condotto da Cosenz, che incontrò Garibaldi il 22. Quest’ultimo invitò l’indomamani alla diserzione i regolari dei generali Melendez e Briganti, che, contrario, venne costretto alla resa dai propri uomini per poi essere da questi brutalmente ucciso quando oramai avevano già seguito il consiglio dell’eroe dei due mondi, pagina buia del Risorgimento che forse nasconde personali dissidi fra quegli uomini. Laddove erano passati Odisseo ed Eracle era l’Italia.

F rances co Neri

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Siamo quello che mangiamo Così si esprimeva il filosofo tedesco Feuerbach, all’inizio dell’800, sottolineando il concetto che siamo parte integrante della natura e di ciò che essa ci propone. Forse l’affermazione è esagerata, ma porsi al di fuori delle regole che governano il mondo e quindi la natura, significa favorire la malattia. Solo rispettando le regole generali che la governano, rimanendo aderenti ai suoi ritmi stagionali e ai suoi metodi di sviluppo, possiamo rispettare noi stessi e vivere correttamente e tutto ciò si può tradurre in salute. In termini pratici vuol dire che tutto è regolato e ritmato in maniera prestabilita dall’evoluzione e intervenire su ciò è molto pericoloso. Vedasi ogm, raffinazione dei cibi, colture fuori stagione, concimi innaturali, polluzione e inquinamento dell’ambiente, uso indiscriminato di pesticidi o erbicidi e così via. Il problema del cibo è sempre stato particolarmente sentito non solo in occidente, ma anche dall’altra parte del globo. Più di mille anni prima del filosofo bavarese, il medico cinese Sun Si Miao, vissuto nel 600 dC diceva: Colui che non sa mangiare non sa vivere e ancora 400 anni aC Ippocrate affermava: Fai che il cibo sia tutta la tua medicina e che la tua medicina sia il cibo. Galeno di Pergamo, medico dell’antica Roma (129-216), il cui pensiero ha influenzato la medicina europea per tredici secoli e di cui ancora oggi, attraverso “le preparazioni galeniche” sentiamo l’eco, sosteneva che neppure il medico avrebbe dovuto essere del tutto ignaro delle arti di cucina, poiché molte volte il successo di una dieta, a fini terapeutici, dipende proprio da una buona preparazione del cibo. Infine Orazio, poeta latino antecedente a Galeno, affermava “modus est in rebus” ovvero che ci deve essere moderazione, equilibrio e saggezza nelle cose. Il cibo ha certamente un valore materiale e di sostegno ma anche, e forse di più ai giorni nostri, simbolico: il cibo per il corpo, il cibo per l’anima, il cibo come sostituto del

nutrimento dell’anima, il cibo come riempitivo di un vuoto, il cibo come gratificazione, il cibo come soluzione facile, il cibo come status e come stile di vita, il cibo e la sessualità... L’alimento non serve solo per nutrire e sostentare il corpo, esso porta con sé dei segnali e una finalità, è contemporaneamente forma, colore, odore, sapore, psichismo e quindi energia. Studi su numerose specie viventi hanno mostrato che la restrizione calorica può ridurre l’incidenza e rallentare l’insorgenza di patologie legate all’età, migliorare la resistenza allo stress, ridurre l’incidenza del cancro, decelerare il declino funzionale organico e anche aumentare il lifespan, cioè la durata della vita”. Un contributo notevole a far funzionare meglio il nostro sistema vita, è dato da un uso abbondante di frutta, verdura ed ortaggi, con grande riduzione di carne e prodotti derivati dagli animali. Non bisogna diventare vegetariani o vegani, ma certamente rifarsi ad Orazio, in quanto l’equilibrio rappresenta la condizione fondamentale per essere in salute. Un discorso a parte merita il latte che, se assunto nel periodo dell’allattamento (quello materno naturalmente), è un alimento eccellente, mentre non lo è più quando viene assunto dopo e in quantità esagerata. Lo svezzamento è di tutti i mammiferi meno che dell’uomo (?!). La dieta, al di là delle calorie, deve essere basificante e non il contrario, in quanto l’acido nutre il cancro. Dr. Leonardo Paoluzzi - Medico chirurgo SIFIT Coordinatore della Commissione sulle medicine non convenzionali Ordine dei Medici di Terni - Referente regionale SIROE

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FABU LA E L AE Non è cosa più appetitosa del mondo, femmine mie rispettabili, che il sentire fatti altrui né senza ragion veduta un gran filosofo (Aristotele) mise l’ultima comicità dell’uomo nell’ascoltar racconti piacevoli. Perché porgendo l’orecchio a cose di gusto, svaporano gli affanni, si dà lo strappo a pensieri fastidiosi e si prolunga la vita. Giovan Battista Basile Lo c u n t o d e l i c u n t i

Fabula, in latino, indica ogni tipo di racconto, sia orale che scritto. Deriva dal verbo fari, parlare, radice indoeuropea presente anche in altre lingue. Oggi dicendo favola indichiamo un solo tipo di racconto: vediamo invece cosa significhi propriamente la parola fabula. Si sente il bisogno di raccontare. Una canzone siberiana dice che un popolo che non racconta più fiabe è destinato a morire di freddo. La fiaba è infatti il racconto più vicino ad un popolo: ne narra i problemi e le aspirazioni. Prendiamo ad esempio l’Europa dei secoli passati. Quale ragazza, maltrattata da una matrigna (come spesso poteva accadere, dal momento che, se le morti avvenute a causa del parto erano nel passato molto frequenti, certo non erano rari i bambini orfani di madre) non avrebbe voluto sposare un principe? Quale giovane, lasciata la casa, non avrebbe desiderato tornarvi ricco e con una splendida sposa? Da questo punto di vista, inventare sembra quasi una consolazione. Ma il racconto, se non consideriamo esclusivamente la fiaba, non è solo questo: è educazione, per grandi e piccoli, dalle favole con quella chiara morale in fondo (o

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all’inizio, rare ma ne esistono) ai poemi greci in cui si può imparare come accogliere gli ospiti, come offrire un sacrificio o magari a costruire una zattera o un talamo. È spiegazione ai misteri prima di inventare la scienza, e i miti ne sono un chiaro esempio. È intrattenimento, e cosa rappresenta lo svago più delle novelle? E vi sono addirittura popolazioni che attribuiscono ai racconti poteri sovrannaturali; ad esempio nell’isola di Bali è usanza raccontare delle fiabe per alcuni giorni in prossimità dei funerali, al fine di allontanare gli spiriti maligni, che si perdono nell’intreccio dei racconti. Ma cerchiamo di chiarire cosa sia un mito, cosa una fiaba e così via. Il più antico tipo di narrazione, nato come orale, è il mito. Presente anche presso i popoli primitivi, nasce prima di tutto, come si è detto, per dare una spiegazione all’inspiegabile. Abbiamo dunque infiniti miti sulla creazione del mondo, dell’uomo, delle stelle e dei fenomeni naturali. Partendo dai miti, vi sono studiosi che addirittura ipotizzano eventi del passato. Celebre è il caso del diluvio, certamente ingigantito dai racconti, ma probabilmente avvenuto, narrato nella Bibbia con l’episodio dell’arca di Noè, nell’epopea di Gilgamesh come conseguenza dell’ira del dio Enlil, nel testo sacro induista Matsya Purana, in cui il saggio Manu viene avvertito da un pesciolino che egli si impegna a proteggere dai pesci più grandi e si salva su una nave, e presente nel mito greco come storia di Deucalione e Pirra. Più le civiltà si sviluppano, più i miti diventano complessi. I miti sono parte integrante delle religioni (tutti i miti portati come esempi di racconti sul diluvio universale lo sono, e non vi è religione che non ne abbia). Presto vengono cantati in versi: dal mythos (racconto) nasce l’epos. Ma questo non riguarda esclusivamente il mondo greco. Se si osservano le tradizioni dei popoli che ancora oggi vivono allo stato neolitico si nota che spesso i racconti sono cantati, se non addirittura accompagnati da strumenti e danze. Certamente il ritmo aiuta a memorizzare le parole, che non devono essere alterate per non rischiare di modificare il contenuto dei racconti, ma la musica dà anche una certa ritualità e, perché no, sacralità, che sembra voler proteggere il mito dal tempo e da chi cerchi di negarne l’autenticità. Ma torniamo all’epos greco, certamente una delle basi della cultura occidentale. Ascoltando i rapsodi, cucitori di canti, più conosciuti sotto il nome di aedi, si sentivano storie note, magari cantate in modo diverso, ma appartenenti esclusivamente al vasto ma non certo infinito repertorio della mitologia. Non c’erano Greci che ignorassero le vicende della guerra di Troia, di quella di Tebe o degli Argonauti. I Greci, ma anche gli altri popoli, consideravano bello ascoltare, ben narrate, storie che già conoscevano. Sottolineando che il tutto sia ben narrato: molti erano i canti del ciclo troiano, altrettanti i nostoi (poemi epici aventi come tema il ritorno, avventuroso e colmo di peripezie, degli eroi dopo una guerra), ma solo l’Iliade e l’Odissea erano tanto belle da meritare di essere studiate ad Atene per legge. E di essere scritte: infatti, circa due secoli dopo la loro probabile composizione, il tiranno Pisistrato aveva ordinato che questi poemi venissero messi per iscritto. Il mito, come si è detto quasi di sfuggita, non tratta solo di dèi: compaiono anche personaggi semidivini o addirittura umani, ovvero gli eroi. L’eroe è colui che rappresenta il modello di un popolo. Un Mesopotamico aspirava ad essere come Gilgamesh, un ebreo avrebbe desiderato essere pari a Davide, un Germano imitava Sigfrido ed un Greco sognava di diventare Teseo. Ma perché un mito sia tale deve esservi del sovrannaturale. Le gesta di uomini, anche se non realmente esistiti, anche se ingigantite, ma comunque abbastanza realistiche, sono leggenda. Non a caso, con il termine leggenda, letteralmente “fatti degni di essere letti”, si indicavano inizialmente i racconti delle vite dei santi, sebbene la leggenda intesa come narrazione di imprese di grandi uomini esista da quando l’uomo è stato in grado di parlare, essendo nata contemporaneamente al mito. Maria Vittoria Petrioli


Te r n i - Vi a C a s s i a n B o n 1 / a ( P i a z z a Ta c i t o ) Te l . 0 7 4 4 . 4 2 5 9 4 5 - 0 7 4 4 . 4 2 4 9 8 9 w w w. i s t i t u t o i t a l i a n o a n d r o l o g i a . c o m erremedica@tiscali.it info@istitutoitalianoandrologia.com ORARIO d a l L u n e d ĂŹ a l Ve n e r d ĂŹ dalle ore 08.30 alle 12.30 dalle ore 15.00 alle 19.00

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Am ic i d e l Te a t ro Associazione CGS Tacito Laboratori teatrali per bambini, ragazzi e adulti Il CGS -Cinecircolo giovanile socioculturale- è un’associazione nazionale che opera nel settore del cinema, teatro e musica secondo l’ispirazione e il carisma di Don Bosco. La proposta ha una netta connotazione educativa ed è posta al centro di un processo di crescita in cui il bambino e il ragazzo sono protagonisti attivi a cui fornire strumenti e competenze per un percorso creativo di crescita nel campo della cultura teatrale e musicale. Gli Amici del Teatro dal 1988 promuovono attività di teatro e musica mettendo in scena ogni anno rappresentazioni di vario genere, coniugando molto spesso le tre discipline e dando vita a musical interamente interpretati da ragazzi e bambini di tutte le fasce d’età: Raccontando Pinocchio, La Galassia delle fate, La gabbianella e il gatto sono solo alcuni dei titoli degli spettacoli messi in scena anno dopo anno. I nostri laboratori sono un momento di apprendimento attivo. Le ragioni della didattica sono sempre privilegiate rispetto alle ragioni dello spettacolo: non abbiamo interesse a formare attori, quanto a fornire a bambini e ragazzi la preziosa possibilità di esprimersi, di aprirsi, di conoscersi, di sperimentare nuove forme di apprendimento che passano per il corpo, il respiro, il lavoro di gruppo. Anche e soprattutto gli allievi più chiusi vengono stimolati e motivati fortemente; chi invece è particolarmente portato trova spazi per esprimersi e perfezionarsi senza soverchiare gli altri, ma lavorando con loro.

P ro p o s ta p e r l’anno 2013-2014 Laboratorio di teatro ed educazione al movimento per bambini e ragazzi dai 6 anni in poi. Laboratorio di teatro per Adulti, Corso di dizione e voice training a cura del regista e attore Mario Villani. Laboratorio musicale con: Corsi individuali di Canto-Laboratorio Vocale e Canto Corale-Registrazioni.

T u t t i

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Te a t r o

Tutti a Teatro, è una rassegna teatrale al suo terzo anno di vita, con spettacoli dedicati ai bambini e ai ragazzi. Nata in collaborazione tra il CGS Tacito Terni e il regista Mario Villani, fondatore della Compagnia Il Draghetto dell’Aquila e poi, nel 2008, di Il Teatro di Oz. Per questo anno scolastico vengono proposti i seguenti spettacoli: Il piffe ra io magic o La storia del pifferaio di Hamelin proposta con attori, pupazzi e burattini in una nuova versione, divertente e coinvolgente. I temi trattati sono soprattutto legalità, onestà, creatività e crescita. Due versioni per scuola dell’infanzia e per la scuola primaria. La b izzar r a s tor ia del mio frigorife ro È uno spettacolo basato su tecniche di narrazione e manipolazione di oggetti, in cui vengono utilizzati anche alcuni giochi di prestigio assolutamente affascinanti. Le magie non sono fini a se stesse, ma perfettamente integrate nella storia e nella trama teatrale e aggiungono alle narrazioni una ulteriore dimensione di meraviglia e divertimento. M is ter Gulliver Uno spettacolo teatrale con quattro attori in scena che interpretano gli abitanti dell’isola di Lilliput alle prese con il gigantesco (per loro) Gulliver: i soldati devono pulire la sua enorme pistola, le sarte devono ricucirgli un gigantesco calzino, i poveri cuochi devono preparare una pizza di dimensioni mai viste. Gulliver con la sua saggezza saprà colmare le diversità e aiutare i lillipuziani a fare pace con i loro nemici.

L’In fern o d i D a n t e Teatro d’attore basato su alcuni canti dell’Inferno di Dante Alighieri recitati a memoria con accompagnamento musicale. L’interpretazione è coinvolgente e collegata alla vita dei ragazzi di oggi. Per scuole secondarie. L e L ab o raSt o r i e (Percorsi interattivi di lettura creativa) Nelle LaboraStorie gli attori propongono letture interpretate di alcuni testi opportunamente scelti in base alle età dei partecipanti e alle richieste degli insegnanti, animandole e rendendole vive attraverso la recitazione, l’uso della voce e degli oggetti. Al centro dell’attenzione non c’è una generica “lettura” ma il libro come oggetto e come “baule di parole, immagini, sogni, sentimenti, idee” vissuto in modo interattivo: i partecipanti sono coinvolti e stimolati attraverso giochi, attività, domande, movimenti. Ecco un parziale elenco di storie che abbiamo in repertorio, ma è possibile organizzare una LaboraStoria con qualsiasi testo vogliate lavorare antico o moderno. Basta comunicarcelo almeno un mese prima. Pinocchio (Collodi); L’arca di Noè; Tante storie per giocare (Rodari); La gabbianella e il gatto (Sepulveda); Favole al telefono (Rodari); Le favole di Esopo; Le fiabe dei Fratelli Grimm; Il Pifferaio di Hamelin; Peter Pan (Barrie); Le avventure di Pokonaso (Grant); Bambini di tutti i colori (Montanari); Favole di Roberto Piumini; Il fantasma di Canterville (Wilde); I viaggi di Gulliver (Swift); Harry Potter (Rowling); I cavalieri della Tavola Rotonda; L’Odissea (Omero); La storia di Gilgamesh; Miti Greci; Classici italiani.

Informazioni generali Da Settembre 2013 riaprono le iscrizioni ai laboratori di teatro e educazione al movimento, ai corsi di dizione e voice training, canto corale e canto individuale. Per informazioni contattare il 339 2275401 o il 346 8019051, mail: cgstacito@libero.it. Per agevolare la partecipazione ai corsi di ragazzi in condizioni economiche e socioculturali sfavorevoli, l’Associazione ha previsto l’inserimento gratuito ai corsi.

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Spoleto SPOLETO: ARABA FENICE?

Le leggende antiche ci narrano la storia di un uccello mitologico, esemplare unico della sua specie, dal piumaggio splendidamente colorato, che dopo aver vissuto cinquecento anni, sentendo prossima la propria fine, si costruiva un nido sopra un albero d’Arabia e qui allo spuntar del giorno, con i nuovi raggi solari, si uccideva sopra un rogo di legni odorosi per poi risorgere dalle proprie ceneri ancor più bella e vigorosa. Questo essere unico, meraviglioso, pronto a rinascere esiste davvero: è la nostra amata Spoleto. Conosciamo bene i tempi difficili che il nostro paese sta attraversando, ma queste colline e queste vallate hanno vissuto storie incredibili, conosciuto personaggi famosi, dato aiuto e riparo a chi lo cercava, facendo sentire forte la propria storia, le proprie usanze, le proprie tradizioni. Tempi luminosi in cui il solo nominarla “Spoleto” fa emergere nell’animo un sentimento d’amore dei suoi abitanti che non è mutato nel corso dei secoli fino ad oggi. Proprio oggi, dove il mondo ci schiaccia e ci calpesta col suo via vai frenetico, alla ricerca di soluzioni a problemi che esso stesso ha creato, ci sentiamo più fragili che mai e abbiamo bisogno di rinvigorire le nostre energie fiaccate da una caccia alle streghe che ha prodotto soltanto una voragine vorace che ha inghiottito tutto e tutti. Allora che fare? Quali sono le soluzioni al problema? Una piccola idea ce l’avrei: smettiamola di farci del male tra di noi, rimbocchiamoci le maniche e aiutiamo che già si sta prodigando per il bene della nostra città. Valorizziamo meglio il nostro territorio e le migliaia di persone che lo abitano; facciamo sentire la voce di Spoleto, risorgiamo come l’Araba Fenice! Onesti lavoratori, instancabili ottimisti, noi tutti cittadini della terra Spoletana continuiamo a credere nella nostra unicità, nella nostra rarità, al nostro “piumaggio” splendidamente colorato e non arrendiamoci alle difficoltà. Sosteniamoci a vicenda affinché si possa edificare un futuro ancora migliore per le nuove generazioni. Noi del Magazine La Pagina vogliamo accettare questo progetto, ed è per questo che sentiamo il bisogno di creare una redazione Spoletina con il vostro aiuto e sostegno. Non vogliamo riempire le nostre pagine di lamentele, di bassi gossip o cronaca nefasta, ma solo proposte concrete per il bene della città e del suo territorio. Anche io che vi scrivo, figlio di questa città, sono pronto a puntare su Spoleto. Una rinascita è possibile con l’aiuto di tutti e il mettersi in gioco fa capire che non siamo abbattuti o delusi ma che ancora crediamo, anche se non senza fatica, che la leggenda dell’Araba Fenice non è soltanto una storiella della buonanotte ma una realtà concreta. Tanti piccoli e grandi imprenditori che investono, tempo, energie, fatiche, esperienza e risorse per risorgere, ancor Andrea Cesaretti più belli e vigorosi, dalle ceneri di un mondo che sembra non avere altro da darci.

LA GENEROSITÁ NON CHIUDE I BATTENTI

Non è vero che la generosità in tempi di crisi chiuda i battenti. Lo hanno dimostrato, con sacrificio e semplicità, le poche decine di famiglie della frazione di Acquaiura. Arroccata su di un piccolo poggio, Acquaiura è un piccolo borgo sulla strada per Terni alle falde del monte Fionchi che domina la sottostante valle del Tessino, offrendo uno stupendo panorama in direzione Spoleto che si allunga verso la valle umbra. Nell’arco di due anni gli abitanti di questo borgo hanno devoluto, tra risparmi e piccoli sacrifici, ben metà della somma destinata al restauro della Chiesa del loro Paese, stimata in circa 40mila euro. L’intera struttura della chiesa è stata posta in solidità e si è provveduto in seguito a sistemare il giardino antistante il semplice portone d’ingresso e a pulire e restaurare gli affreschi che decorano la parte absidale dell’edificio. Questo piccolo ciclo pittorico cinquecentesco è stato riportato alla sua iniziale bellezza: raffigura una crocifissione tra la Vergine Maria, San Giovanni e due angeli, mentre nella volta cinque tondi racchiudono Cristo risorto al centro e i quattro evangelisti ai lati. Altri affreschi attendono una rinfrescata: si tratta di una piccola cappella ricavata nella parte iniziale della chiesa: una Madonna con bambino tra due santi e, nel lunotto, tre angeli citaredi, provvisti di violino, arpa e cetra. È la semplicità di questi dipinti che parla proprio del nostro territorio: pennellate e tratti delicati, paesaggi ameni tali e quali agli scorci della nostra terra e alla dolcezza dei suoi frutti. Non è dunque da stupirsi se proprio nella nostra città si sia stabilito fino alla morte lo Spagna, cui tanti emulatori, compresi i suoi stessi allievi, sono succeduti decorando molte delle nostre piccole chiese di campagna. Inaugurate insieme alla chiesa anche le antiche vasche lavatorie di Acquaiura: si tratta di tre vasche per l’abbeveramento del bestiame e per il lavaggio dei panni. La loro inaugurazione ha preceduto di una decina di giorni il taglio del nastro del restauro delle fonti di Mustaiole, località nei pressi di Spoleto, con struttura simile a quelle di Acquaiura. Il restauro e ripristino di queste vasche può sembrare di nulla utilità, specialmente in tempi economicamente così difficili e incerti, dove è giusto che anche le piccole somme della pubblica amministrazione possano essere utilizzate per la ricrescita del Paese; ma è anche ottima cosa che pochi spiccioli (se paragonati ai grandi numeri dell’economia nazionale e locale) possano servire a ridare vita a elementi che contraddistinguono il nostro territorio. È questo che ha convinto il BIM (Consorzio Bacino Imbrifero Montano) di Cascia, sollecitato dal consigliere Enzo Alleori, che ha promosso i restauri: è fondamentale, laddove possibile, non dimenticarci della tradizione agro-pastorale dalla quale tutto il nostro territorio deriva. Questo nonostante la posizione di Acquaiura: se il BIM si occupa prevalentemente del territorio norcino e delle valli del Corno, del Nera e del Velino, la somiglianza (se non uguaglianza) di tradizioni e paesi con lo spoletino è tale da giustificarne l’intervento. Lo stesso nome del borgo sottolinea la continuità storica. Acquaiura è probabilmente alterazione del dialettale acquaru spesso traslato in acquajju, cioè il bacino di pietra o vasca con scarico dell’acqua. La vita della famiglia, nel lavaggio dei panni o stoviglie o nel far bere i propri animali, è stata sempre, e deve restare, al centro Simone Raus della vita di un paese.

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A nche in Piazza Europa a Terni è nato un

Nel superiore la fa da padrone il botox che deve essere somministrato come se ad intervenire fosse uno scultore. Il terzo medio è di pertinenza dell’acido ialuronico, anche se poi ci sono indicazioni all’una o all’altra delle tecniche anche nei quadranti reciprochi. Nel terzo inferiore stanno entrando invece prepotentemente i fili di sutura sia di biostimolazione che di sostegno. Questa tecnica dà dei risultati bellissimi ed è altrettanto poco invasiva. Tra l’altro è ancora tutta da scoprire e i nostri protocolli si sono dimostrati eccellenti. Come ogni anno dopo la stagione estiva ci accingiamo ad effettuare il mese della prevenzione flebologica. Visti i tempi di attesa che ci sono nelle strutture pubbliche può essere un’opportunità per chi vuole conoscere lo stato di salute delle gambe. Le patologie venose sono molto frequenti, più nelle donne, e sono un’importante voce nella perdita di ore di lavoro, infatti anche se solo la flebotrombosi e l’embolia polmonare possono mettere in pericolo la vita del paziente, trascurare queste patologie significa poi cronicizzarle e non riuscire più a tenerle sotto controllo. Quindi un’accurata visita e un esame eco color doppler possono prevenire l’aggravamento della situazione.

nuovo centro di Medicina Estetica e Flebologia. Il responsabile, dott. Aldo Tracchegiani, ha un’esperienza ventennale nel settore e annuncia con soddisfazione il ritorno a Terni, città dove aveva cominciato l’attività professionale tanti Affrettatevi quindi a prenotare un appuntamento presso anni fa. Le tecniche utilizzate nel centro sono quelle i nostri studi che sono localizzati nelle più grandi città più moderne e codificate. dell’Umbria, ad Arezzo e Roma. Come specialista in angiologia il “core business” dell’attività è la scleroterapia delle varici e dei capillari e da alcune foto prima e dopo la terapia si può vedere come tale tecnica può essere risolutiva. Altro capitolo importante è il trattamento della cellulite e delle adiposità localizzate. È sempre necessaria una prima visita accurata con esame ecocolordoppler per inquadrare il paziente e pianificare il protocollo terapeutico. Quindi prima visita, esame ecocolordoppler per valutare l’insufficienza venosa e i punti di fuga e per misurare lo strato del pannicolo adiposo e per studiare il tipo di cellulite. Se il paziente è sovrappeso si dà una dieta iperproteica ipocalorica e se necessario un supporto farmacologico. Dopo una settimana il paziente torna in ambulatorio per la prima seduta di mesoterapia che generalmente poi viene effettuata ai controlli dietologici che nella media si effettuano ogni 30-40 giorni. I risultati sono eccellenti e il supporto farmacologico, quando necessario, serve ad alleviare lo stato d’ansia e la pulsione verso il cibo. Seguiamo il paziente durante tutto il percorso dietologico che a volte si protrae per mesi e con le terapie di supporto il paziente non subisce rilassamenti o cedimenti dei tessuti. Se comunque ci dovesse essere l’eccezione che per una particolare predisposizione subisce una riduzione della elasticità dei tessuti, oggi con i fili di sostegno e biostimolazione possiamo tonificare tessuti rilassati dalle braccia all’interno coscia e alla pancia con messa in forma eccezionale. Il nostro raggio di azione però comprende anche il viso, qui possiamo suddividere il viso in tre quadranti: superiore, medio e inferiore.

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Lo

Sp o r t

è

Lo sport insegna a far tesoro delle potenzialità del proprio corpo, a far conto con le sue funzioni e il suo benessere, educa ad una sana alimentazione alimentare. Inoltre, è una vera guida per i giovani perché consente di prendere contatto con i sacrifici, con il sapore amaro e dolce della fatica, con il sudore necessario a gustare la vittoria e il raggiungimento dei risultati. Lo sport ti fa riflettere su come vivere una sana attività fisica, ti fa pensare e ti educa al rispetto degli altri, degli adulti e dei veterani, ti insegna a riconoscersi nell’excursus storico di un gruppo, di una società, ti fa apprezzare l’acqua fresca che si attinge dal pozzo e ringraziare chi il pozzo ha costruito. Quando si sarà capito questo si sarà fatto un bel salto di qualità. Esempi negativi li trovo però nei comportamenti che alcuni aderenti alle società sportive amatoriali assumono nei confronti degli organizzatori delle manifestazioni podistiche e nei confronti dei dirigenti sportivi. Lo sport amatoriale vive sul volontariato e può succedere che qualcosa sfugga all’organizzazione; apriti cielo... subito ci si scaglia con improperi contro le persone che si sono impegnate per far trascorrere una giornata in compagnia di vecchi e nuovi amici. Ci si dimentica che lo spirito dell’Associazione si basa sulla collaborazione e se qualcosa non va, per esempio un difetto nella segnalazione del percorso, sarebbe buona norma adoperarsi, con i dovuti modi, per lenire il disagio generale allertando chi è addetto ai lavori. Ricordiamoci anche che il rigore che mettiamo nei confronti degli altri, lo dovremmo richiedere a noi stessi. Quando le difficoltà degli organizzatori aumentano, magari per effetto delle avverse condizioni atmosferiche, dovrebbe scattare in ciascuno lo spirito fiaspino, e cioè di fare, a livello individuale, il possibile per il buon proseguimento della manifestazione. La FIASP è una grande famiglia composta da tante società, gruppi sportivi, gruppi spontanei, amici del bar, frequentatori di parrocchie etc., ma la sua vera forza è rappresentata dalle manifestazioni sportive. Per la loro riuscita, la loro pubblicizzazione, la loro caratteristica ciascuno di noi deve dare il proprio contributo di partecipazione e

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e duc a zione fornire il proprio incoraggiamento a chi fra mille difficoltà mette in moto migliaia di camminatori, corridori, pantofolari. Le manifestazioni, infatti, rappresentano per molti lo stimolo ad iniziare e vincere quella pigrizia, per altri un modo per comunicare, per altri ancora la possibilità di visitare luoghi sconosciuti o che conoscono superficialmente. Non vanno poi dimenticati gli oneri che ricadono sugli organizzatori in tema di responsabilità di natura legale e sanitaria come ad esempio la necessità di verificare la validità dei certificati di chi cammina e delle tessere sanitarie per chi distribuisce le bevande o cibi vari ai ristori allestiti lungo i percorsi. È difficile far acquisire l’essenza della cultura della salute, in Italia quello che conta è la certificazione, il “pezzo di carta”, ma se questa non dovesse essere più necessaria bisogna far passare il concetto dell’adozione di personali modelli di comportamento sotto il profilo della salvaguardia della propria integrità fisica e non solo. Certo le società possono fare molto, ma credo che in questo campo la scuola può svolgere un ruolo fondamentale. Bisogna educare i giovani alla convivenza civile, al rispetto dei compagni e dell’insegnante, ad una sana alimentazione, alla vita sportiva e quindi anche a un uso attento o nullo di bevande gasate, di alcool, di fumo. Nei giovani bisogna far crescere la consapevolezza dei propri limiti, il rispetto delle regole che fortificano la libertà come capacità di scelta, la volontà come desiderio di una meta, la solidarietà come attenzione all’altro, l’affettività come capacità di amare, l’integralità come passione anche per ciò che non è sport. Ma educare non significa facilitare il percorso del perseguimento degli obiettivi. ... Quando un fiume deve andare al mare non è abbassando gli argini che gli si favorisce il suo fluire. Anzi si rischia di perderlo. È necessario rinforzare le sponde, alzarle… Educare al rispetto, alla diversità intesa come ricchezza, alla diversità di idee, di scelte di vita, di punti di vista, è il primo passo per raggiungere quella società inclusiva e umana che ci si augura di vedere realizzata. Ing. Giocondo Talamonti


AcquaLimpida

è un progetto creato dal cantautore e pittore Cosimo Brunetti e dal mezzosoprano Susanna Salustri. La musica degli Acqua Limpida vuole essere il naturale incontro tra canzone d’autore, folk/rock e musica classica. La voce della cantante dona alle composizioni un’impronta lirica di forte impatto emotivo e i testi dei brani musicali affrontano il tema dell’amore sotto ogni aspetto. Autore della musica e dei testi delle canzoni è Cosimo Brunetti. Al duo si è aggiunto il musicista Alessandro Sabatini, artefice di eleganti arrangiamenti per violino e viola. L’atmosfera di stampo acustico che si crea durante i loro live è rilassata e sognante.

Placate la vostra sete...

Cosimo Brunetti è pittore, disegnatore, vignettista e realizzatore di cartoni animati. Nel 2008 si laurea in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma producendo una tesi monografica sul pittore veneziano Emilio Vedova. Alla sua attività di artista visivo affianca, da più di dieci anni, quella di cantautore e musicista compositore. Si è esibito dal vivo in molte città italiane (Spoleto, Roma, Lecce, Firenze, Arezzo, Macerata, ecc) in locali o all’interno di eventi culturali di vario tipo. Nel 2007 è stato tra i semifinalisti del Musicultura Festival di Macerata. Tra i suoi punti di riferimento musicali ci sono Fabrizio De Andrè, Giorgio Gaber, Francesco Guccini e band come Jethro Tull, King Crimson e gli iraniani Axiom of a Choice. Nell’estate del 2013 fonda, insieme al mezzosoprano Susanna Salustri, l’ensemble Acqua Limpida. Vive e lavora a Spoleto. Sito web: www.wix.com/cosimobrunetti/cosbru

Alessandro Sabatini è violinista e ingegnere elettronico. Ha cominciato lo studio del violino all’età di nove anni, accostando alla formazione classica anche lo studio della musica moderna e contemporanea. Appassionato di composizione e opera lirica, come arrangiatore ha all’attivo numerose collaborazioni con associazioni, eventi culturali e diverse istituzioni, come il Liceo Scientifico Statale di Spoleto. Nel corso della sua attività si è dedicato anche alla musica elettronica, rock ed etnica, sempre cercando di integrare fuori maniera l’espressività e le potenzialità violinistiche anche in contesti nei quali al violino è affidato tradizionalmente un ruolo marginale. Attualmente è Direttore Artistico dell’Ensemble Musicale Sperimentale Note Libere e membro dell’Orchestra Giovanile dell’Umbria, con sede a Foligno, in qualità di violista e primo violino.

Associazione Culturale La Pagina Terni, Via De Filis 7 0744.1963037

Sabato 26 ottobre ore 21,15 Concerto degli Acqua Limpida

Solo su prenotazione

Susanna Salustri è mezzosoprano. Diplomata in canto al Briccialdi di Terni, riceve la borsa di studio “Wanda Zingarelli” che l’associazione Inner Wheel conferisce ai migliori allievi del conservatorio di Terni. Si é esibita presso il Duomo, Circolo il Drago e il Palazzo Primavera di Terni, il Teatro Mainini di Narni, l’auditorium S. Michele Arcangelo di Cesi. Si esibisce nei concerti tenutisi alla “Casa Menotti”durante il Festival dei due Mondi a Spoleto. Collabora con il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, Teatro Morlacchi di Perugia, Teatro Secci.

Per far suonare gli Acqua Limpida nel vostro locale o all'interno del vostro evento scrivi a diakla@hotmail.it Pagina Facebook: cerca Acqua Limpida Music.

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L’alimentazione dell’anziano: i nutrienti e ne rge tic i Per quanto detto nei precedenti articoli, l’alimentazione dell’anziano deve avere un contenuto energetico ridotto rispetto all’età adulta, pur apportando tutti i princìpi nutritivi in quantità adeguate. Considerando la diminuita capacità di assorbimento è bene tener conto di alcuni princìpi generali. Prendere l’abitudine di consumare ogni giorno una scodella o un bicchiere abbondante di latte (meglio se parzialmente scremato) e/o un vasetto di yogurt per assicurare l’apporto di calcio. Se il latte non piace o è mal tollerato, i formaggi molli (latticini, stracchino...) e la ricotta di mucca sono un’ottima sostituzione per l’apporto di calcio. Per i formaggi bisogna ricordare che vanno consumati con moderazione, soprattutto quelli a pasta dura, per il loro elevato contenuto di grasso. Sono proprio i grassi che, per il loro elevato contenuto calorico specifico rispetto alle proteine ed ai carboidrati, vanno ridotti e per questo è bene abituarsi ad un moderato uso di grassi da condimento. A questo proposito è bene preferire l’olio extravergine di oliva che gazie alla sua ricchezza di sapore riesce con piccole quantità a gratificare il nostro palato ed inoltre, rispetto agli altri grassi da condimento, ha la prerogativa di contenere piccole quantità di altri composti importanti come steroli vegetali, vitamine liposolubili e sostanze antiossidanti molto utili all’organismo. Va detto anche che deve essere contenuto il consumo di dolci cremosi e deve essere limitato il consumo di zucchero, o meglio del saccarosio, aggiunto alle bevande, dando preferenza a fette biscottate, biscotti secchi, gelatine di frutta, succhi e spremute. Gli zuccheri, detti anche carboidrati, contengono glucosio che è il combustibile preferito del nostro organismo; i carboidrati sono contenuti negli alimenti in due forme: zuccheri semplici (frutta e verdura) e zuccheri complessi (cereali, tuberi e leguminose). Mediante la digestione degli zuccheri semplici liberiamo rapidamente glucosio mentre gli zuccheri complessi rilasciano glucosio più lentamente quindi nell’unità di tempo una stessa quantità di zucchero produrrà un differente incremento di glucosio nel sangue.

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Ecco allora che l’amido (zucchero complesso) che rilascia lentamente glucosio è da preferire al saccarosio (zucchero semplice) ma purtoppo solo quest’ultimo ha sapore dolce che gratifica il nostro palato mentre l’amido è insapore. Non dimenticare di inserire in ogni pasto un alimento con un buon contenuto proteico: latte a colazione, carne o pesce a pranzo, formaggio o uovo a cena e che le proteine contenute nei cereali (pane, riso, pasta ecc...), se integrate con quelle delle leguminose (fagioli, piselli ecc...), possono sostituire le proteine di origine animale ed offrire una economica alternativa particolarmente apprezzata dagli anziani con problemi di masticazione. In questi casi i minestroni di legumi, passati di verdura, frullati di frutta sono gli accorgimenti da prendere anche per assicurare un buon apporto di fibra alimentare. La fibra è la parte non digeribile degli alimenti di origine vegetale che serve a trattenere acqua, a dare volume alla massa fecale e a favorire la progressione nell’intestino. Un problema comune negli anziani che vivono soli è la mancanza di interesse per il mangiare che porta all’assunzione abitudinaria e monotona di cibi facili da preparare (latte, uova) o già cotti e scelti per la loro morbidezza o/e per il loro sapore dolce. Questi alimenti contengono scarsi residui fibrosi o ne sono del tutto privi e unitamente a scarsa assunzione di liquidi e all’abuso di lassativi facilitano l’insorgere della stitichezza. È questo un problema frequente. La stitichezza è un sintomo, non una malattia ed è dovuta alla riduzione della periodicità delle evacuazioni con conseguente ristagno e difficoltà dell’evacuazione delle feci. Se si rispetta un’alimentazione ricca di vegetali che assicura un buon apporto di fibra, se si ha cura di assumere liquidi con le bevande, se si combatte l’inattività fisica si produrrà un buon volume di feci e l’evacuazione intestinale non sarà un problema. Il perdurare della stitichezza non va risolto con l’autoprescrizione dei lassativi o altre pratiche locali, è opportuno ricorrere ad un medico. Lorena Falci Bianconi


Conoscere, tutelare, valorizzare

L’articolo 3 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, D.lgs 42/2004, pone l’accento sull’importanza dell’attività conoscitiva volta all’individuazione del patrimonio culturale per garantire una appropriata protezione, conservazione e pubblica fruizione. Conseguenza di queste azioni, orientate alla tutela del bene, è la valorizzazione, che troviamo difatti nell’articolo 6 rivisitato con i D.lgs 156 e 157 del 2006, definita come quell’attività diretta a favorire la conoscenza e a sostenere la promozione nonché la conservazione del patrimonio. Per ragioni di spazio ho riportato solo una sintesi dei due articoli. La valorizzazione favorisce quindi la promozione, mentre la tutela consente di proteggere il patrimonio individuato. Alla base di entrambe le attività vi è la conoscenza, intesa sia come azione cognitiva che come presa di coscienza. Per questo motivo è importante sottolineare che il modo migliore per garantire al nostro petrolio un futuro florido è innanzi tutto una adeguata informazione. Non a caso ho utilizzato la parola petrolio, termine disarmonico ma che chiarisce bene le potenzialità economiche e formative dei nostri beni culturali e paesaggistici. Un ruolo fondamentale viene rivestito dalle istituzioni e dalla comunità che si dovranno impegnare, ognuno con i mezzi a propria disposizione, per la difesa del bene comune perché proprio di questo si tratta: il patrimonio dell’Italia è il nostro principale bene comune. Nella speranza di poter contribuire, anche solo in minima parte, a diffondere la conoscenza e quindi sostenere la tutela e la valorizzazione, illustrerò, attraverso una serie di articoli, alcuni siti presenti a Terni e nella sua provincia, spesso noti solo a livello superficiale o in altri casi del tutto ignorati. Il nostro territorio è ricco di innumerevoli testimonianze sia di carattere storico-artistico che archeologico, oltre a consistenti aree naturalistiche e bellezze paesaggistiche. Tra i più manifesti vi è sicuramente l’Anfiteatro di Terni, il principale edificio di epoca romana della città: sorge nello spazio compreso tra i Giardini Pubblici de La Passeggiata e via del Vescovado. M e n o nota è la Grotta Bella, una splendida cavità naturale situata nelle vicinanze di Santa Restituta, dall’indiscusso valore geologico oltre che ricca di testimonianze archeologiche. Altri due gioielli sono il Ponte di Augusto a Narni, opera dell’elevato ingegno degli architetti e tecnici romani e le Cisterne Romane di Amelia, localizzate nella parte superiore della città di fronte all’ospedale, considerate tra le più grandi d’Italia. Mi soffermerò inoltre sul Santuario di Monte Torre Maggiore, luogo di culto frequentato dalle popolazioni umbre e monumentalizzato dai romani. Concluderò infine con il Museo Archeologico di Terni, simbolico contenitore di storia e archeologia locale. Della Foresta Fossile di Dunarobba, sito unico al mondo, mi sono già occupato nel numero di settembre. Per quanto riguarda la scelta dei siti lo scopo è essenzialmente divulgativo. In alcuni casi si tratta di posti dove ho lavorato, come l’Anfiteatro; in altri ho scelto luoghi particolarmente suggestivi, come il Santuario di Monte Torre Maggiore, o monumenti che da sempre hanno la mia totale ammirazione, vedi il Ponte di Augusto, simbolo dell’altissimo livello raggiunto dall’ingegneria romana. Mi piace concludere con una citazione di Antonio Gramsci che riassume bene il significato di questo mio scritto esplicativo e degli altri che verranno: Il potere Denis Fagioli non è della forza, ma della conoscenza.

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Particolare omaggio a due grandi della Pittura Italiana: Giuseppe Capogrossi (1900 - 1972) e Roberto Melli (1895 - 1958) universalmente celebrati, Maestri indiscussi e Capiscuola della famosa “Scuola Romana”, ai quali debbo la mia formazione artistica. Ai miei due maestri, dunque, tutta la mia gratitudine, che ancora persiste nonostante i tanti anni trascorsi, perché oltre ad essermi stati maestri d’arte, lo sono stati anche di vita lasciandomi il cuore sempre giovane. Roberto Bellucci 50


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Lo sproverbia’ ... co’ lu tempu... s’attacca!

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Una soffitta sull’Universo

L’andra sera co’ Zzichicchiu e ‘n andru amicu ch’è ffissatu co’ li proverbi... stavamo annanno su ppe’ Ssantu Rasimu a vvede’ le stelle. Lu tempu era ‘n bo’ bbalordu e l’amicu nostru non vedéa l’ora d’artonnasse e… ggiustu pe’ mmettece quarche ccaricu s’è mmissu a ddi’... Quanno che Ccesi cià lu cappellu curri ternano e ppija l’ombrellu!... J’ho ribbattutu subbitu… Ma statte zzittu che pporti jella!... Doppo ‘n bo’ se sente a ttrona’... e issu… Se ttròna da che pparte piòe!... Scì e… sse llampa ce la scampa!... Aho… penza ‘n bo’ a gguida’ e sta ‘ttentu… non vidi ‘llu gattu?… Ma che sta a ffa’… sta a ggrattasse propiu llà mmezzu a la strada... se ‘n se scanza lu pijamo sotto!… E Issu… Quanno lu gattu se passa le recchie piòe!... Propiu ‘llu momentu… Crash… bum… coccodè.. chicchirichì… A Bbernacca… che tte pozzi guastatte… pe’ evitallu semo annati a ffini’ dentro a ‘n pollaru!... Issu ‘mperterritu… Quanno lu gallu canta a ppatullu… lu tempu non è ssatullu!... A ‘llu puntu Zzichicchiu che cce steva a ssinti’ t’ha sbottatu e… E smettetela!… M’éte rintuntitu… mo’ vistu che bbene o mmale ce semo fermati… arzàte ‘n bo’ l’occhi… s’è ‘rpulitu tuttu… se vedono ‘n saccu de stelle… guardate che ‘ncantu… che ddorgezza de Creatu… ggustamocela ‘n tantinu!... A ‘llu puntu… ‘mmagginanno quillu che l’amicu nostru steva pe’ ddi’ l’ho ‘nticipatu… Ciài raggione… sta’ dorgezza de celu ce l’aggustamo pe’ ppocu perché… lu tempu arfattu de notte dura quantu ‘na pigna de fàe cotte!... E Zzichicchiu… A Lunardi’… Dio li fa e ppo’ li accoppia… sa che vve dico…lu zzùccuru non è fattu pe’ li somari!… Rintornamoce ch’è mmejo!... ???

E invece l’alternarsi delle stagioni a cosa è dovuto? - chiese Margherita. Ti rispondo subito! Questo fenomeno è dovuto all’inclinazione dell’equatore sull’eclittica, che è di 23,5 gradi. Se il piano dell’equatore coincidesse con quello dell’eclittica non ci sarebbero stagioni e il clima sarebbe lo stesso tutto l’anno alle diverse latitudini. Questa inclinazione incide poiché va a cambiare l’incidenza dei raggi solari sulla superficie terrestre. Quando uno degli emisferi si trova nella stagione invernale significa che i raggi del Sole arrivano con una minore inclinazione rispetto all’orizzonte, la superficie e l’atmosfera trattengono meno calore e tutto l’emisfero risulta più freddo. Quando invece è estate, i raggi tendono ad essere più perpendicolari rispetto all’orizzonte: la superficie e l’atmosfera trattengono più calore e tutto risulta più caldo. Quindi non dipende dalla vicinanza o meno dal Sole? Giusto? Ma dall’inclinazione con cui arrivano i raggi. Proprio così, Leonardo. Le quattro stagioni, come le conosciamo noi, primavera, estate, autunno e inverno, possiamo dire che sono il tempo che trascorre tra un equinozio e un solstizio. Questa regola non è tanto valida invece per i poli dove, per via della posizione avremo solo due stagioni, estate e inverno, determinate dalla presenza o meno del Sole sopra l’orizzonte. Anche per le zone tropicali, ossia nei pressi dell’equatore, parliamo per lo più di stagione delle piogge o secca. Che cosa sono equinozi e solstizi? Abbiamo due equinozi e due solstizi durante l’anno: equinozio di primavera e d’autunno, solstizio d’estate e d’inverno. In poche parole: negli equinozi avremo la durata del dì e della notte uguali, considerando che l’alba inizia quando il sole ha superato metà orizzonte e il tramonto finisce quando il Sole è metà sotto l’orizzonte. Per solstizio si intende invece quando il Sole, nel suo moto apparente lungo l’eclittica, raggiunge il picco massimo, positivo in quello estivo, o minimo, negativo in quello invernale, di declinazione.

paolo.cas ali48@alice.it

Michela Pasqualetti mikypas78@virgilio.it


Parliamo delLA LUNA Noi abitanti di Terni, nel percorrere la Val Nerina, giunti nei pressi della cascata delle Marmore, spesso rivolgiamo ad essa solo un fugace sguardo superficiale, ma, appena superato il tunnel, ci accorgiamo che centinaia di persone provenienti da chissà dove, stanno lì in fila ad attendere il loro turno per visitare un dei siti di valore naturalistico e paesaggistico più interessanti della nostra penisola. Per noi la cascata è diventata un’entità abituale e non ci desta più grande interesse. L’esempio è calzante con lo spettacolo che ogni notte ci riserva la Luna; siamo tanto assuefatti alla sua presenza nel cielo che il più delle volte ci passa inosservata. La Luna, nella sua ciclica ripetitività, nella sua inerzia, non riesce a smuovere interesse in chi la guarda con superficialità, eppure sono moltissime le persone che dedicano alla sua osservazione, al suo studio una parte del loro tempo. Io, nel mio piccolo, da anni scrivo su questa rubrica cose riguardanti il nostro satellite e vi assicuro che ci sarebbe ancora molto da approfondire. Esistono settori appena aperti sullo studio della Luna che potrebbero offrire in futuro opportunità illimitate all’umanità. È stato poggiato appena il piede sul suolo lunare che già si pensa allo sfruttamento minerario, turistico, logistico del nostro satellite, persino usarlo come futura discarica. Bèh, penso che sia troppo poco per l’ispiratrice di tanta poesia, di tanta arte, di tanta fantasia! Ormai, anche la Luna è finita nel crudo tritacarne del progresso, riducendola ad un possibile supporto della Terra che non è più in grado di contenere un’umanità troppo ingombrante, esigente e antropocentrica. È accertato che la Terra nel corso della sua lunga storia, peraltro vissuta parallelamente a quella della Luna, è stata in grado di stabilizzare la propria orbita e i propri moti a causa dell’influsso gravitazionale esercitato dalla Luna stessa; questo è stato un effetto determinante per lo sviluppo della vita. Dobbiamo esserle riconoscenti !? Per conoscerla meglio, in seguito dedicherò la maggior parte di questo spazio all’osservazione visuale del nostro satellite naturale. L’osservazione ad occhio nudo è stata descritta implicitamente negli articoli precedenti, successivamente cercherò di guidare il lettore all’utilizzo di strumenti ottici amatoriali affinché si possa raggiungere la visione delle più importanti strutture panoramiche della Luna per migliorarne la conoscenza e chissà, forse ne potrebbe scaturire un amore!? ... La Luna lo sa fare! Enrico Costantini

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