La pagina settembre 2008

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Fiore di pesco

Giampiero Raspetti

N° 7 - Settembre 2008 (57°)

Sì! Un nuovo partito, figlio del tempo, perché virtuale, e di una intrepida speranza, perché avverso al dilagante tornaconto personale. E figlio dei fiori, naturalmente. Non interessato a fede ideologica, ma a ragione e a cultura. Sentimenti di solidarietà, non di carità. Fiore di pesco il nome del partito che non avrà mai iscritti, presidenti, segretari, candidati imposti in lista, solo e sempre, per il bene - c’è da dirlo? - degli altri. Un partito i cui simpatizzanti non fanno gruppo, non si accatastano come pecore per pietire privilegi, non si conoscono, ma si riconoscono dal comportamento, quello di tutti i giorni, non quello dei dì di festa. Molte regole nello statuto, che saranno di volta in volta enunciate. Stilate anche dai simpatizzanti, per ragionare insieme, per non sentirsi soli. Giunte in redazione, firmate solo con la lettera iniziale del nome, saranno pubblicate così, in semplicità, poiché nessun fiore è interessato alle liste di iscrizione, care agli arraffoni che, con un gruzzoletto di clientes, con qualche soldo distribuito qua e là o sfruttando la parte ingenua del loro partito, campano alla grande, incuranti delle loro incapacità. Noi del Fiore di pesco non amiamo chi amministra alle spalle dei lavoratori, quelli cioè che dicono di difenderli, ma non hanno mai lavorato o, se lo hanno fatto, è stato solo per incarico di partito. Disprezziamo coloro che si servono della politica per non andare in galera né saremo mai, ipocritamente, loro compagni di viaggio sol perché favoriscono macigni ideologici visceralmente incarnati. Inesistente la vocazione ad esser servi, vogliamo essere e siamo uomini liberi. L’ombra non ci appartiene, viviamo solarmente. Non raccogliamo firme insignificanti. Siamo per il rispetto assoluto della democrazia, alla quale crediamo ancora, ostinatamente. Lottiamo quindi per la meritocrazia e la responsabilità personale. Per noi la legge è uguale per tutti. Identicamente uguale. Se qualche sua piega consentisse favori o privilegi a ricchi e potenti, e non a tutti, allora tale orpello non sarà da noi considerato giusto, ma solo violenta prevaricazione. La nostra politica è assiologia, dei valori, e reca con sé la presunzione che molti di questi siano condivisibili e che alcune nostre idee possano essere utili a futuri amministratori, qualsiasi sia la loro bandiera. Siamo dunque degli illusi, ma... ... Vi deve pur essere gioco e innocenza e dovizia di fiori, altrimenti per noi sarebbe troppo piccolo il mondo e la vita non un piacere.

Si erge carico di fiori il pesco, non tutti diventeranno frutto. Risplendono chiari come spuma rosata attraverso l’azzurro e la fuga di nuvole. Simili a fiori si schiudono i pensieri, centinaia ogni giorno, lasciali fiorire! Lascia a ogni cosa il suo corso! Non chiedere qual è il guadagno! Vi deve pur essere gioco e innocenza e dovizia di fiori, altrimenti per noi sarebbe troppo piccolo il mondo e la vita non un piacere. Piena fioritura, Hermann Hesse

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Scuola fa rima con pistola , P F a b b ri Senso di appartenenza , B R a t i n i Federalismo fiscale Sì... No? , A Mel a secch e Addio all’estate... , F P a t ri zi Il Piacere , C C a rd i n a l i Una mobilità sostenibile , J D ’ A n d ri a SUPERCONTI

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Pr o n t o

Medicina superata , G G i o rg et t i , V P o l i cret i Dal mondo dell’energia , J D a n i el i Gruppo Salvati Laboratori AMERIGO BARTOLI Liceo Tacito, Liceo Donatelli ITC Cesi

OSPEDALE DI TERNI ,

E R u ff i n el l i , D G h i o n e

Astronomia , T Scacciafratte, G Cozzari, F Guerri, P Casali Astronomia , P C , S Va l en t i n i Banca delle tesi di laurea, M. A . B a rt o l i n i Dal fascismo alla Repubblica , P L i b era t i Arcipelago SC€C , A R a t i n i La sicurezza innanzitutto..., G Ta l a m o n t i

Non prendere scorciatoie illusorie. Se vuoi emozioni, assumi cultura.


Scuola fa rima con pistola

Settembre: almeno in Italia, riaprono le scuole. E, almeno in Italia, i prof potranno rientrare nelle aule anche senza revolver nascosti nelle tasche interne delle giacche o stipati nelle borsette. Dovranno probabilmente affrontare scolaresche svogliate o iperattive, indisciplinate o intorpidite, ma ancora non armate di AK47 o di Uzi. Non accade lo stesso negli Stati Uniti, invece: le placide cronache di Ferragosto hanno registrato che in una cittadina del Texas, Harrold, il programma Guns for Teachers è stato approvato dalla locale Associazione Genitori & Insegnanti, ricevuto il placet dagli studenti e, naturalmente, dal locale sceriffo e dal Provveditorato agli Studi. E’ un programma che consentirà agli insegnanti di portare armi a scuola, per difendersi dagli studenti; ed è quasi inevitabile immaginarsi la scena: il prof che scruta il registro, fa scorrere l’indice e infine chiama alla lavagna lo studente Smith (o forse lo studente Wesson): questi non ha studiato la lezione e non vuole essere interrogato, quindi si alza in piedi, stringe gli occhi a fessura, sposta la giacca e mostra la colt infilata nel cinturone. Da dietro la cattedra, il

professore (prof Wild Bill Hickock, docente di balistica) accarezza la fondina di cuoio e mostra all’ingenuo studentello tutto il bagliore della canna d’argento della sua 44 magnum. Si sentono in sottofondo le note drammatiche d’una colonna sonora alla Ennio Morricone, e neanche una mosca volare… Forse è ingiusto scherzare su argomenti così seri: e forse è ingiusto anche saltare subito a conclusioni, condannando come selvagge le istituzioni del paesino texano. In fondo, la strage di Columbine ha dato il pessimo esempio, e sono frequenti i casi in cui giovani impazziti seminano morte e terrore nei licei e nei campus. Un solo studente, appena l’anno scorso, è riuscito ad uccidere 33 persone nella sua scuola: forse, un prof coraggioso e dotato di una buona mira avrebbe potuto salvare qualcuno di quei trentatré innocenti, devono aver pensato ad Harrold. Poi, a sentire il provveditore, quella scuola è particolarmente a rischio, a causa della sua posizione e della natura della sua popolazione studentesca. Poi, a sentire lo sceriffo, quella scuola è troppo fuori mano, ci vuole almeno mezz’ora

Dove trovare

per portare lì una macchina della polizia, in caso di allarme. Poi… poi, insomma, a voler cercare ragioni e paure, se ne trovano a bizzeffe, tutt’altro che campate per aria. E forse sì, hanno ragione gli studenti e i professori e il sindaco e lo sceriffo e il provveditore: qualche pistola in buone mani, in quella zona, non può fare che bene. Forse. Sembrano crederlo in molti, anche in Italia. Il tema della sicurezza ha fatto vincere le elezioni alla parte che meglio lo ha cavalcato, e l’approccio è stato lo stesso di Harrold: non serve rimuovere le cause che originano i crimini, basta avere pallottole e armi contro i criminali. Cinquanta pistole per cinquanta professori nel paesino del Texas, e tremila soldati per le strade d’Italia: stessa logica. Con la differenza che gli americani conoscono meglio l’aritmetica: in un liceo, cinquanta professori sono un numero di tutto rispetto; in una nazione come la nostra, tremila soldati servono solo per i titoli dei telegiornali. Sono più o meno centocinquanta soldati per regione, meno di venti militi per provincia. Ognuno di loro dovrebbe presidiare tre comuni, più o meno. Ma forse bastano a rassicurare chi era spaventato dal problema sicurezza, in primavera. Tremila divise, tremila paia d’anfibi che scuotono il terreno, tremila fucili in giro per le strade e le piazze d’Italia, e cinquanta pistole cariche texane nei cassetti delle cattedre. E’ davvero singolare come le cose che dovrebbero far rizzare i capelli in testa dalla paura vengano invece usate per tranquillizzare la gente. E’ singolare il rimedio; o forse è molto strana Piero Fabbri la gente.

La Pagina

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Senso di appartenenza

Sono in macchina. Sto percorrendo una rotonda, ma un uomo al cellulare mi sfreccia davanti con la sua auto rischiando il botto per me e per lui. Ride al telefono, non si è accorto di niente, e io ho quasi inchiodato per non coglierlo in pieno. Deja-vu oppure ho già vissuto questa scena anche ieri? Evito di avvicinarmi al centro per non innervosirmi: c’è chi parcheggia sugli alberi e chi lancia la nonna dal finestrino per occupare un posto. Trovo un parcheggio quasi sotto casa e vado a piedi. Finalmente sono per strada, o meglio vado per la mia strada. Ho una meta e sedici minuti di ritardo. Sbadatamente gli occhi mi si posano su un signore con i baffi, appoggiato a un muro, che mi fa un sorriso, e in quel momento banale, ma chissà perché illuminante, mi accorgo che ognuno ha una gran fretta. Il mondo e il suo senso si riducono alla combinazione presente di ore e minuti sulle lancette e le persone intorno non fanno che da sfondo. Palpitante, rumoroso, ma pur sempre sfondo. La città non la sento mia anche se la percorro in largo e in lungo, come tutte le persone che la popolano. Il senso di appartenenza non nasce così, per motivi ideologici, viene dalle viscere. Cerco di trovarle allora, quelle viscere. Sono cittadina, penso, d’accordo… ma di cosa? Di Terni ok, abito qui. Italiana, non c’è dubbio. Europea, mmmh… stiamo andando sull’astratto. Prima di tutto abito questo mondo; perché non ci ho pensato prima!? Allora come mai tutta questa indifferenza verso ciò che mi circonda? Il mio presente, il mio pomeriggio mi assorbe completamente. Posso mettermi a pensare alla questione della cittadinanza ché devo andare alle poste e poi comprare il pane? Di certo dovrei tenerla presente. Come il post-it sul frigorifero che ricorda di spegnere le luci in casa. Non lo guardo tutti i giorni, mi dimentico quasi che ci sia, ma se sto seduta in cucina e alzo un attimo gli occhi lo vedo. Senza leggerlo. E spengo le luci. Ecco, dovrebbe essere spontaneo salutare le persone per strada come buttare, nell’apposito cestino, il bicchierone dei pop-corn uscendo dal cinema, non perché lo impone una legge o un divieto, ma per semplice senso di Beatrice Ratini appartenenza. Quello più autentico.

LA

PA G I N A

Mensile di attualità e cultura Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 Tipografia: Umbriagraf - Terni In collaborazione con l’Associazione Culturale Free Words

DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Direttore Giampiero Raspetti Vicedirettore Eleonora Stentella R E D A Z I O N E Elettra Bertini, Angelo Ceccoli, Pia Giani, Alessia Melasecche, Francesco Patrizi, Alberto Ratini, Beatrice Ratini, Adelaide Roscini, Valeria Rossi, Emanuela Ruffinelli, Albano Scalise.

Editrice

Projecta s.a.s. di Martino Raspetti e C.

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Federalismo fiscale Sì, federalismo fiscale No?

Nel mondo della comunicazione il potere di convinzione dei media è immenso. Ogni parola, a seconda dell’accezione che le si attribuisce, assume, in automatico, connotati di positività o negatività. Il federalismo, soprattutto se abbinato all’aggettivo fiscale, ha assunto, da quando il dibattito si è concentrato sulla richiesta della Lega, un significato analogo all’egoismo territoriale, quello delle regioni ricche a scapito di quelle più povere e sfortunate. Per non farsi ingannare dal potere magico che le parole assumono in determinati momenti storici, può aiutarci a riflettere la loro etimologia. L’aggettivo federale deriva dal latino foedus, foederis, ovvero patto, alleanza, accordo. Alcuni princìpi di federalismo sono stati introdotti in passato dal centro sinistra con la variazione del Titolo V della Costituzione ed oggi soprattutto la Lega intende accelerare su quella strada per invertire un assunto che da un secolo e mezzo ha determinato le scelte di politica economica del Paese, quello di una spesso malcompresa solidarietà che è degenerata talvolta nell’irresponsabilità. In ogni famiglia è giusto che i genitori diano a tutti i figli lo stesso amore e le stesse possibilità di crescere e formarsi, ma se, poi, ben oltre la maggiore età, ognuno di loro dovesse percepire che l’impegno non conta, la capacità di intraprendere una vita autonoma diventa solo rischio e non maturazione ed orgoglio del contribuire al miglioramento dei destini comuni, c’è il rischio che si adagino nella certezza che comunque altri provvederanno per loro conto. Subentra l’apatia, l’ignavia ed alla condivisa solidarietà subentra l’arrogante pretesa dell’assistenzialismo. Dopo 150 anni dall’Unità d’Italia possiamo considerare maggiorenni e responsabili le varie Regioni? Ognuna di queste, nella certezza che da Roma arriveranno in eterno fondi per coprire i buchi di bilancio, continuerà a vivere ben al di sopra delle proprie possibilità e difficilmente maturerà, ad esempio, meccanismi virtuosi di razionalizzazione della macchina pubblica che, dopo anni di baldoria, diventerà pletorica, fonte di spreco e di gravi ingiustizie. In Umbria siamo proprio convinti che oltre alle due Province, oltre ai novantadue Comuni, siano indispensabili quattro ASL, nove Comunità Montane, quattro ATO per la gestione dei rifiuti, ed un numero imprecisato di Circoscrizioni all’interno delle città più grandi? Tutte queste strutture a loro volta generano una miriade di società partecipate, di agenzie, di consorzi, che comportano sedi, spese, consigli di amministrazione, spesso auto blu che fanno status, ma anche privilegi e sprechi indecorosi. Si passa così dalla democrazia alla degenerazione della stessa. Sfogliando il Sole 24 Ore dei primi di agosto si rileva una mappa molto interessante dalla quale risulta che 32 milioni di italiani vivono a carico dell’altra metà del Paese. Ad ogni umbro ad esempio viene erogato in servizi dal Governo 1000 euro all’anno in più di quanto paghi in imposte e tasse. Ma basta restringere lo sguardo alla realtà comunale di Terni. Quando le Aziende di famiglia, come le ex municipalizzate, invece di creare nuova ricchezza producono perdite o utili irrisori, alla lunga la città s’impoverisce e non ha più la capacità di realizzare infrastrutture per la qualità della vita e lo sviluppo. Per tenere il passo con le promesse elettorali ci si indebita sempre di più, con scadenze lontane per illudere che tutto vada alla grande. Si giunge persino a vendere pezzi di patrimonio per pagare le rate dei BOC. E in futuro? Con i tassi che salgono le città virtuose si consolidano, quelle che hanno puntato sul facile turboindebitamento perdono quota e terreno. Non bastano più tasse ridicole, come quella sulle bocche di lupo, a far quadrare il bilancio. Occorre allora una presa di coscienza generale affinché cambi questa logica perversa, la classe dirigente torni alle precedenti attività che aveva dimostrato di saper fare. alessia.melasecche@libero.it Prima che sia troppo tardi.

Addio all’estate con l’ultimo botto! Se lo champagne sostituisce lo sputtanemento Spenti i barbecue di Ceppaloni, sopiti i vulcani sardi, l’estate padronale è sfumata in un clima di austerity. Arrotolata la bandana, il premier ha preferito i nipotini a Putin (niente starlettes del Bagaglino immolate per la glasnost…), solo una fujtina alle Maldive del Ministro (teso in un braccio di ferro tra le ferie e la guerra), qualche dito alzato alla bandiera, più per spot che per spirito… e soltanto un’intercettazione ad infiammare i giornali che pubblicano criticando chi pubblica tali infamie. Chi ha studiato De Martino sa bene che ogni estate (contadina, neo-cafona o radical-chic che sia) consuma il suo rito di chiusura immolando una vittima sacrificale: l’alta finanza, la gnocca, il re sono stati i feticci degli anni passati. Quest’anno il falò della Seconda Repubblica ha provato a bruciacchiare una vittima già trapassata; hanno spinto sul focaraccio niente meno che l’opinione pubblica. Nanni Moretti, Scalfari, De Rita hanno lanciato il sasso: esiste ancora in Italia un’opinione pubblica, un comune sentire che si rispecchia nello stile di vita e nell’indirizzo politico del paese? L’analisi intellettual-livorosa covata all’ombra delle colline di sinistra è la seguente: qualsiasi cosa pensi un comune cittadino riguardo al bene comune e ai valori fondativi del vi-

vere sociale, se la tiene per sé, manca il passaggio tra l’idea e la pratica, ovvero il giudizio. Pensi male di un politico e poi lo voti (Moretti dixit), sei contrario ad una legge e poi ti schieri con chi la sostiene (per praticità politica, chiosa Scalfari), gridi allo scandalo e te ne dimentichi il giorno dopo (De Rita conclude). Lo sputtanamento, come cantavano Cochi e Renato, è ormai un fiore all’occhiello, un po’ di carcere dona lustro, un arresto conferisce nobiltà d’animo, avere la giustizia alle calcagna garantisce sostegno popolare incondizionato. Come ne Il Pescatore di De André, tra l’assassino e i gendarmi, l’italiano medio si fida istintivamente più del primo… e più in là dell’istinto non va, aggiungiamo noi. Le intercettazioni, i baci in fronte all’alta finanza, le divette sulle ginocchia governative… erano solo dispe-

rati tentativi di rianimare un’opinione pubblica sopita, di aizzare una morale morente, ma a niente sono valsi. Più che di opinione pubblica, si può parlare oggi di sospensione pubblica di opinione. Insieme alla casalinga di Voghero e all’operaio della Fiat, sono scomparsi dal panorama dei sondaggi quelli che ci credono e quelli che rivendicano; sono rimasti quelli che aspettano e quelli che stanno a guardare (senza criticare, please). L’estate è terminata e sul focaraccio, alla fine, è salito un vecchio feticcio: la bottiglia di champagne, il cui volume è stato lievemente ridotto a discapito del botto. Parafrasando Kraus (niente è più insondabile della superficialità di una donna), si può dire che l’opinione pubblica italiana è talmente scivolosa e volatile che non vale neanche la pena di sondarla. Francesco Patrizi

L’IPSIA PORTA BENE … auguri Luca. Desidero porgere i più vivi rallegramenti a Luca Agamennoni, componente del team di canottaggio che, insieme a Simone Venier, Rossano Galtarossa e Simone Raineri, si è fregiato a Pechino della medaglia d’argento nel quattro di coppia. L’ex allievo Agamennoni ha confermato con questo bellissimo risultato i successi che ebbero, negli scenari mondiali e olimpici, altri studenti dell’Ipsia, da Alessandro Corona ad Alessio Sartori, ed è la riprova dell’eccellenza della preparazione ricevuta dagli atleti ospiti del Centro remiero di Piediluco. Lo ricordo con piacere, quando, come studente del percorso scolastico che si è concluso con il conseguimento del diploma di Tecnico delle Industrie Meccaniche nell’a.s. 2000/2001, poteva solo aspirare e sognare tali allori; oggi sono felice di complimentarmi con lui e, come sono solito fare, ripeto, ancora una volta, che frequentare l’Ipsia porta bene. Il Dirigente Scolastico Ing. Giocondo Talamonti

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Il piacere... Per ogni cosa che si affaccia ai nostri sensi esiste un livello descrittivo ed uno connotativo di/per raccontarla. Spesso si dà più importanza al secondo, dimenticando che l’altro è la base: aiuta a decifrare meglio i contenuti, allenando il pensiero ed il linguaggio a descrivere la/e sensazione/i e depositando così con maggiore efficacia la traccia mnestica che serve a recuperare l‘esperienza. Possiamo connotare come piacevoli elementi per noi diversi: una cosa tonda oppure una quadrata, un biscotto oppure un altro, una cosa ruvida o una liscia, ecc. Mentre possiamo trovarci per lo più d’accordo su è tonda/quadrata, liscia/ruvida... è variabilissimo il giudizio soggettivo che ne diamo. Ciò apre il terreno allo studio di come e perché la persona arrivi alla formulazione del proprio (soggettivo) concetto del piacere. Stoicamente privi del giudizio e del pregiudizio, è possibile studiare anche la costruzione del piacere deviante o perverso, che può costituire un elemento importante nella terapeutica sostituzione di un percorso più opportuno e normale - se e quando possibile. Un atto perverso diventa una procedura fissata e ritualizzata, sola strada per il raggiungimento dell’orgasmo genitale. In tale visione (Fenichel, 1945) le perversioni hanno la funzione di negare la castrazione - visto che l’angoscia di castrazione è ciò che impedisce l’orgasmo genitale. C’è anche chi sostiene (Stoller, 1975,1985) che la perversione vendica umilianti traumi infantili causati dai genitori. In molti casi persone che soffrono di parafilie trovano solo nella sessualità deviante l’affermazione della propria indipendenza dalla figura materna internalizzata. La Mc Dougall (1986) ha notato come certe pratiche od oggetti sessuali diventano una droga che il paziente usa per curare un senso di morte interno ed una paura di disintegrazione del sé. Le perversioni conosciute e clinicamente studiate e classificate sono per lo più maschili. Negli ultimi anni si è però dimostrato come le fantasie perverse siano di fatto comuni anche nelle donne, con dinamiche più sottili. Di seguito una brevissima rassegna delle perversioni maggiori che sono, appunto, per lo più maschili. Nell’esporre pubblicamente i propri genitali a donne sconosciute (esibizionismo), il soggetto si rassicura di non essere castrato. L’effetto sorpresa e la reazione di shock dell’altra gli danno un senso di potere sul sesso opposto. Il voyeurismo agisce la violazione del privato di una donna sconosciuta, anche qui come un trionfo aggressivo, ma segreto sul sesso opposto. Le persone che hanno bisogno di fantasie o comportamenti sadici per avere un piacere sessuale stanno inconsciamente cercando di capovolgere (in attivo, da padroni) degli scenari infantili nei quali sono state vittime di abuso fisico o sessuale. Anche i soggetti masochisti, che hanno bisogno di umiliazioni e/o di dolore per raggiungere il piacere sessuale, possono stare rivivendo degli abusi infantili. Essi possono essere convinti di meritare delle punizioni per i loro desideri sadici conflittuali. Nel feticismo, l’uomo ha bisogno di usare un oggetto inanimato, per lo più biancheria intima femminile o una scarpa o i piedi. Essi rappresenterebbero il pene femminile, che serve al feticista per superare l’angoscia di castrazione (similmente alla madre fallica nel travestito). Ma pare che l’eziopatogenesi sia più precoce: sembra risalga ad interazioni traumatiche croniche nella relazione madre-bambino, per cui il secondo ha bisogno di qualcosa di duro ed immutabile nella forma che sia rassicurante per lui. La maggior parte delle perversioni (compresa la pedofilia) sono egosintoniche; …del resto, perché una persona dovrebbe voler interrompere una pratica che gli procura grande piacere? Per questo i pazienti con parafilie sono notoriamente difficili da trattare. Dott.ssa Claudia Cardinali Psicologa Psicoterapeuta - Esperta in Sessuologia Clinica

Una mobilità sostenibi l e Come si è visto nell’articolo di giugno, una delle direttrici di ricerca verso l’automobile ad emissioni zero è da tempo quella di ottimizzare i propulsori tradizionali, ovvero i motori a combustione interna alimentati con carburanti derivati dal petrolio. Tra i motivi principali: la conoscenza assai approfondita di tali propulsori, in uso da oltre un secolo, ma anche la loro scarsa efficienza energetica, visto che l’85% dell’energia contenuta in un litro di carburante bruciato all’interno di un motore a combustione interna viene dissipata tra perdite termiche, attriti interni, resistenze aerodinamiche, attriti di rotolamento dei pneumatici. Insomma, gli inossidabili motori a benzina e a gasolio, basati sui cicli termodinamici scoperti da Otto e Diesel nel XIX secolo, hanno iniziato ad accusare il peso degli anni sotto i colpi delle moderne normative anti-inquinamento, e sono state sviluppate nuove soluzioni per migliorarne il rendimento. L’obiettivo dei costruttori non è più tanto quello di proporre propulsori capaci di prestazioni strabilianti, ma in primis di ottemperare alla normativa vigente (ora la Euro IV, dal 2009 la Euro V nel mercato europeo). Dunque non più motori sportivi ma propulsori parchi nei consumi ed efficienti, interi segmenti di mercato (berline di grandi dimensioni, coupè) stanno conoscendo un declino inesorabile, mentre le city car e le vetture di segmento B (come la Fiat Grande Punto e la Toyota Yaris) costituiscono in Italia oltre il 50% del mercato. Da una parte la benzina ed il gasolio oltre 1,5 Euro al litro (con il petrolio stabilmente oltre i 100 dollari al barile), dall’altra l’impegno dei costruttori a ridurre entro pochi anni in maniera consistente il valore medio di emissioni di gas serra al km del proprio parco vetture in vendita sul mercato. E così per i propulsori a combustione interna è iniziata una nuova fase di sviluppo ed innovazione. Ma i costruttori sono impegnati anche in altre assai importanti direttrici di ricerca verso una mobilità sostenibile: lo sviluppo e l’introduzione di carburanti alternativi (di derivazione vegetale come il bio-etanolo e bio-diesel, di tipo sintetico o l’idrogeno), lo sviluppo di vetture a trazione elettrica e lo sviluppo di vetture con sistemi di trazione ibrida. L’idea comune è che al momento nessuno abbia in mano la soluzione del problema, ma che sia ineludibile la necessità di cambiare completamente l’automobile per renderla compatibile con l’ambiente e usufruibile con un costo di gestione contenuto. Nel prossimo articolo sarà offerta una panoramica dei principali carburanti alternativi oggi disponibili per l’autotrazione, con i margini di crescita di ciascuno, i vantaggi e le barriere più rilevanti per la loro diffusione su larga scala. Il bio-etanolo viene prodotto per la gran parte fuori dall’Europa (soprattutto nelle Americhe), mentre il bio-diesel ha una produzione concentrata in Europa. Le previsioni attuali indicano comunque che i bio-carburanti non potranno nel medio termine soddisfare oltre il 5-10% del fabbisogno: la direttiva europea 2003/30/EC fissa per la UE un obiettivo del 5,75% entro il 2010. Nel prossimo articolo si approfondirà un altro carburante alternativo, quello da molti indicato come alla base dell’economia del futuro: l’idrogeno. Ing. Jacopo D’Andria

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P i a z z a B r u n o B u o z z i Terni 5


Dal mondo dell’energia: Signori, si cambia! Il gigante energetico tedesco E.ON subentra a Endesa Italia nella gestione degli impianti del Ternano. In quasi ottant’anni di vita, con questo nuovo cambio di proprietà molte nostre centrali hanno cambiato per sei volte il nome Aveva visto lontano l’Ammiraglio Brin quando nel 1883 scelse il sito di Terni come centro siderurgico per la produzione di corazze per navi da guerra. Con la SAFFAT (Società degli Alti Forni e Fonderie di Terni) nacquero altiforni e laminatoi e, contestualmente, centrali idroelettriche per la produzione dell’energia necessaria agli impianti. Poi, tra alterne vicende, nel 1922 cambiò nome in Terni Società per l’Industria e l’Elettricità, fino ai primi anni ’60, quando con la nazionalizzazione, gli impianti idroelettrici passarono all’Enel (Ente Nazionale per l’Energia Elettrica). Ma si sa, il mondo va avanti e, a fine ’99, con la liberalizzazione dei mercati dell’energia elettrica, 15.000 megawatt dell’Enel furono scorporati e divennero tre società autonome e in concorrenza. Così gli impianti ternani passarono a Elettrogen, società poi acquisita, nel settembre 2001, dal gruppo spagnolo Endesa, in società con Asm Brescia (ora A2A). Fu, per molti lavoratori, un travaglio interiore e, quando si chiedeva loro della società dove lavoravano, tagliavano corto rispondendo: l’Enel spagnola. Se nell’immaginario collettivo nulla era mutato, i cambiamenti ci furono, a cominciare dal numero dei dipendenti, sceso di molte unità. Oggi nuovo cambio di casacca a Vocabolo Valle, sede del Nucleo idroelettrico. Esce Endesa, entra E.ON, il più grande gruppo energetico a capitale completamente privato al mondo e quarto operatore in Italia. Il gruppo tedesco è presente in 30 paesi con circa 95.500 dipendenti e nel 2007 ha fatturato 68,7 miliardi d’euro. Il suo quartiere generale si trova a Düsseldorf, in Germania, mentre in Italia sono state confermate le sedi di Roma e Terni, che si aggiungono a quelle già presenti di Milano e Verona.

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GRUPPO SALVATI LABORATORI

Il Laboratorio di Patologia Clinica Salvati è tra quelli con maggior esperienza in Italia, avendo iniziato la sua attività nel 1947. Da allora la struttura operativa del Laboratorio è stata ampliata progressivamente: una dimensione logistica di oltre 300 mq e oltre 100 metri lineari di banchi lavoro (tre piani nell’ambito dello stesso palazzo ed un magazzino in altra sede) ed una struttura professionale di altissima specializzazione. Il Laboratorio è suddiviso in unità operative, da quelle di riscontro più comune, come le Unità di Ematologia, Chimica-Clinica, Immunochimica, Microbiologia umana, ecc. ad altre più innovative o di recente acquisizione tecnologica come Tossicologica umana e ambientale, Allergologia, Microbiologia e Chimica Alimentare. Fino a due di più recente sviluppo, quali quella delle Intolleranze Alimentari e, prima in Umbria nel privato, quella della PCR (Polymerase Chain Reaction) che, con la individuazione di sequenze specifiche di DNA o RNA, permette una diagnosi di certezza e sensibilità insuperabili in microbiologia e diagnosi di malattie genetiche. Da sottolineare le qualità tecnologiche della struttura: tre apparecchi per la Chimica clinica; due Contaglobuli; quattro per la Immunochimica; HPLC; Assorbimento atomico; Gascromatografo; più di 10 incubatori per la microbiologia e più di 15 unità refrigeranti tutti sotto controllo continuo termostatico, sorvegliati da una unità di controllo dotata di teleallarme 24 ore su 24, collegata agli operatori di turno. Oltre 7 microscopi, di cui due in fluorescenza e uno con telecamera per la registrazione statica e dinamica delle immagini. Il gruppo aderisce ai programmi di qualità intra e interlaboratorio ed ha varie certificazioni in corso. Il Laboratorio si avvale di: 6 medici (di cui due specializzati in medicina di laboratorio), 3 Biologi, 3 Medici Veterinari per il settore Alimenti (di cui uno specializzato in Igiene degli Alimenti di Origine Animale), una specialista in qualità, 7 tecnici, 2 amministrativi. laboratori

I medici di un prossimo domani saranno sinceramente stupiti nel constatare come, in pieno 2000, noi praticassimo ancora una medicina non diversa nella sostanza da quella dei secoli precedenti; o, se non si vuol essere troppo severi, del secolo XIX. La medicina che ancora si insegna e che coerentemente si pratica, conosce tutto dell’anatomia, quasi tutto della fisiologia, molto sul funzionamento cerebrale. Psichiatri e psicologi lavorano sugli output del cervello. Conoscono i circuiti neuronali e la chimica delle cellule. Ma qua si fermano. Ci si chiede: E che altro c’è? Domanda che ci dice quanto ancora lontani siamo dal coraggio di accettare il nuovo. La medicina infatti manca ancora oggi delle informazioni su un elemento portante e fondamentale della persona umana (e non solo): l’energia. Non essendo in grado di misurarla noi, occidentali e cartesiani, non la consideriamo. Intendiamoci: il rigore del metodo scientifico e il non andare dietro a fanfaluche e mitologie è un indubbio merito della nostra scienza. Ma l’avere un metodo valido non deve, se davvero si è persone di cultura, far pensare che quel metodo sia l’unico possibile e tutte le altre esperienze del genere umano, da cestinare in blocco. In particolare, sul concetto di energia e del suo equilibrio si basano medicine millenarie, come quella ayurvedica indiana e quella tradizionale cinese. Tutti visionari, quei milioni di persone che da esse hanno tratto e traggono giovamento? Vediamo di non ripetere ciò che accadde con l’agopuntura; e non solo. In particolare il misconoscere il concetto di energia è alla base dell’equivoco (tutt’altro che innocente) che sottende le polemiche sull’omeopatia, che non funzionando su base chimica, viene considerata inesistente appunto da chi alla chimica riduce il funzionamento della macchina uomo. Come voler capire l’automobile conoscendo tutto sulle trasmissioni, i metalli e gl’ingranaggi e niente sul potere energetico del carburante. Il concetto di energia (Qi, Kundalini…) rende obsoleta la nostra pratica di non considerare la persona nel suo insieme e quindi curare i singoli organi, quasi non fossero parti di qualcuno, facendo grande uso di tecnologie meccaniche necessarie sì, ma che, se non integrate da una visione globale, spersonalizzano il rapporto umano (quindi psichico, quindi ancora energetico) tra il medico e il suo paziente, dove suo non allude al lato economico (ho tot mutuati), ma a quello affettivo ed empatico tra professionista e cliente. La parcellizzazione della persona in organi finisce così col far dimenticare che nell’essere umano, comunque lo si consideri, il tutto non è mai uguale alla somma delle parti; e il dimenticare questo è foriero di grandi inconvenienti, non ultimo il privare il medico di quella grande risorsa che fu ed è l’occhio clinico. Gli studi sull’energia umana sono agli albori; quando ne sapremo di più capiremo meglio certe guarigioni che la medicina di oggi non spiega e certi fenomeni, come l’ipnosi, la telepatia e lo stesso effetto placebo, tanto spregiato, quanto importante per la grande utilità terapeutica che oggi la medicina stessa è costretta ad attribuirgli. Naturalmente per spostare la nostra ottica dalla visione tradizionale ad una più ampia che, pure integrandola, potrebbe tuttavia stravolgerne il significato, occorre essere disposti a mettere in gioco se stessi e ciò che si sa (o si crede di sapere). Ma non è proprio questa, l’energia che sta alla base della scienza? Giovanna Giorgetti ggiovanna@tiscali.it Vincenzo Policreti policreti@tin.it

Medicina superata

Lab

P.zza del Mercato Nuovo, 61 - 05100 TERNI www.salvatidiagnostica.it - Dir. Dr. Roberto Salvati

Unità Operative

Settore Medicina di laboratorio Tel. 0744.409341 Patologia Clinica (Ematologia, Chimico-Clinica, Immunochimica, Coagulazione) Microbiologia e Parassitologia Clinica Riproduzione (dosaggi ormonali, valutazione fertilità maschile) Infettivologia - Allergologia - Biologia Molecolare Tossicologica umana e ambientale - Citologia Intolleranze alimentari - Malattie Autoimmuni

Settore AcquAriAlimenti Tel. 0744.406722 Microbiologica e chimica degli alimenti e delle acque Consulenza ed assistenza tecnico-legislativa in aziende alimentari Valutazione, progettazione, implementazione piani HACCP Corsi di formazione ed aggiornamento


Una mostra per conoscere Bartoli e il nostro territorio La Fondazione della Cassa di Risparmio di Terni e Narni, in attuazione dei suoi fini statutari promuove iniziative dirette a valorizzare l’arte e la cultura del territorio in cui essa opera. In quest’ambito programmatico, e con particolare riferimento agli artisti legati a Terni, si è voluta realizzare questa mostra delle opere pittoriche di Amerigo Bartoli, nato in questa città il 24 dicembre 1890 ed al quale forse non è stata finora riservata adeguata memoria ed il dovuto omaggio. Ciò può in parte spiegarsi con il fatto che egli appena sedicenne si trasferì a Roma per potersi dedicare ai prediletti studi artistici ed anche perché la sua famiglia era originaria delle Marche trasferitasi a Terni temporaneamente per motivi di lavoro. CASCATA DELLE MARMORE - 1966 Terni, collezione Fondazione Carit

Tuttavia il legame con la città e con l’Umbria si è fortemente radicato con gli anni. Ci sia perciò consentito di ricordare che la Cassa di Risparmio di Terni è stata sempre accorta estimatrice di questo grande pittore, acquistando e commissionando numerose sue opere, che possono essere ammirate in questa mostra. Del significato e del valore dell’opera pittorica di Amerigo Bartoli ne è il migliore interprete in questo volume il prof Giuseppe Appella, curatore di questa mostra al quale va riconoscente apprezzamento. Sarebbe più riduttivo ricordare Amerigo Bartoli soltanto quale insigne pittore. Egli infatti fu dotato di un vivacissimo ed indipendente spirito di osservazione critica della società del suo tempo, che LAGO DI PIEDILUCO - 1958 ca espresse con i suoi numerosissimi Terni, collezione Fondazione Carit disegni, pubblicati nei più prestigiosi giornali, così efficaci da far dire a Montanelli che “un album di Bartoli basterà a ricostruire la vita romana del Novecento”, soprattutto degli ambienti culturali di cui fu partecipe ed animatore. Presentando questa panoramica delle sue opere legate alla nostra Regione, si intende promuovere, specie fra le nuove generazioni, la migliore conoscenza dell’artista e dell’uomo. Paolo Candelori Presidente Fondazione CARIT

Autocaricatura, 1928

Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni La mostra, a cura di Giuseppe Appella, è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, in collaborazione con la FIDAPA (sezione di Terni). Accoglie, oltre a un ricco apparato di immagini e documenti che ripercorrono la vita di Amerigo Bartoli, 55 dipinti e 67 tra disegni e acquarelli datati 19031970, strettamente legati alla terra d’origine dell’artista, ma utili per sviluppare integralmente il suo percorso espressivo. La mostra inizia con un Taccuino del 1903, ricco di ben 42 acquarelli che aprono molti spiragli sugli interessi di Bartoli tredicenne, ma già dotato di talento, di cultura e di un perspicace spirito di osservazione che, se da un lato lo porta a fermare con istintiva rapidità le proprie impressioni attente agli effetti luminosi e alla resa delle ombre, dall’altro pone le basi di quella storia di ogni giorno raccontata attraverso le ipocrisie, le meschinità, le vanità e i falsi valori di intere generazioni. Accanto al lato umoristico-caricaturale, il pittore di scene di una non dimenticata vita di provincia (Cacciata di casa, 1921), di monumentali paesaggi en plein air (Campagna umbra, 1956) e di sontuose umilissime nature morte (Selvaggina, 1923; Il pane e l’uovo, 1957), esercita un personalissimo linguaggio nell’ambito dell’arte del Novecento. Bartoli pubblica su: Pasquino, Cronache d’Attualità, Il Fronte Interno, La Giberna, Il Primato Artistico Italiano, Il Travaso delle Idee, Index, Corriere Italiano, Galleria, Guerin Meschino, Terza Pagina, La Lettura, La Tribuna, Il Selvaggio, Gazzetta del Popolo, L’Italiano, Omnibus, Primato, Domenica, Stampa Sera, Cosmopolita, Europeo, Epoca, Il Mondo. Attraverso le sue pubblicazioni è possibile tracciare la sua storia d’Italia della prima metà del secolo appena trascorso. Illustra libri di Giuseppe Zucca, Alceste Trionfi, G. C. Croce, Giuseppe Ungaretti, Ercole Patti, Corrado Alvaro, Bino Sanminiatelli, Antonio Baldini, Francesco Guicciardini, Paul Verlaine, Vitaliano Brancati, Bruno Barilli, Paolo Monelli, 1952 - Studio per RITRATTO DI Marziale, Vincenzo Cardarelli. VINCENZO CARDARELLI

In partenza, 1941

Amerigo Bartoli e l’Umbria Terni, Palazzo Montani Leoni - Sede Fondazione Carit 27 giugno - 25 ottobre 2008 Orario 10.30 - 13.00 17.30 - 19.30 Aperto le domeniche di settembre ed ottobre

Ingresso gratuito

In attesa, 1941

CACCIATA DI CASA - 1921 Roma, collezione Bartoli-Brai

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POLITICA E SOCIETÀ... un dialogo interrotto? LICEO CLASSICO Quell’utopia che atterra e suscita, che affanna e che consola E’ augurabile che la politica si ispiri all’utopia? Ma cos’è un’utopia? A causa dell’ambigua etimologia del termine, la concepiamo in due modi: il luogo del bene (eu-topos) o il luogo che non c’è (ou-topos). Il primo utopista della storia è stato senza dubbio Platone, che ha costruito la sua Repubblica su solide basi utopiche. Qualcuno sostiene che egli stesso sapesse che il suo sogno non si sarebbe mai realizzato. Non tutti sono però d’accordo. La questione si risolve tornando alla dottrina delle idee, perché in fondo la Repubblica è l’idea di uno Stato perfetto. È il famoso modello che sta nell’Iperuranio, l’archetipo a cui dovremmo costantemente guardare, tentando di attuarlo su questa terra. È chiaro che nella concretezza della storia i vari Stati sono sempre imperfetti, e questo lo riconosce anche Platone. Certo, la concezione platonica di Stato come organismo o famiglia allargata, in cui la sessualità non è libera ma controllata secondo criteri eugenetici e nella quale i governanti possono servirsi anche della menzogna per tenere a bada il popolo, non è affatto rassicurante, come non lo è lo Stato descritto da G . C . T A C I T O George Orwell nel suo romanzo “1984”, inquietante nella descrizione dell’arroganza del potere che penetra ovunque, anche perché, in entrambi i casi, il pensiero corre all’asfissiante invadenza dei mass media nel mondo attuale. La pressione mediatica è ormai divenuta una tempesta senza precedenti. Veline, tronisti e cantanti impazzano nelle menti degli adolescenti, senza lasciare spazio alla riflessione e all’emozione profonda. Si è così arrivati alla negazione degli ideali che infiammavano gli anni ’60 e si è diventati vittime consapevolmente passive. Un pizzico di utopia è allora indispensabile, soprattutto nell’attuale clima di assottigliamento cerebrale e ideologico. Fin quando l’uomo avrà coscienza della propria condizione limitata e irrimediabilmente imperfetta, l’utopia non potrà che far bene. Solo nel momento in cui egli si arrogasse il diritto e la capacità di incarnarla, con la convinzione di poter diventare perfetto, allora produrrebbe le catastrofi manifestatesi nei regimi totalitari del Novecento, di destra come di sinistra. Insomma, c’è nell’uomo il desiderio, legittimo ma inevitabilmente frustrato, di voler completare il puzzle dell’esistenza o, secondo l’immagine di Kant, l’inclinazione insuperabile a lasciare l’isoletta del fenomeno per veleggiare verso l’Oceano del noumeno. L’utopia appare così come la scia di una nave. Da seguire? Forse. Una cosa certa è che va cercata nell’immensità dell’Oceano. Chiara Colasanti II IF Demiurghi insicuri di false verità La società attuale è stata spesso definita relativista. Come tale, è incline a non ammettere verità assolute nel campo della conoscenza o principi immutabili in sede morale. E’ in virtù del relativismo che possono coesistere inesauribili opinioni, tante quante sono le menti che possono concepirle e tutte fornite di consistenza e di valore. Ma la domanda sorge spontanea: tale concezione può essere accolta da chi condivide la stessa terra e respira la stessa aria? E’ compatibile con la stabilità dello Stato? E’ conciliabile con l’ordine e la sicurezza della comunità? Platone non avrebbe dubbi. In polemica con il relativismo dei Sofisti, accusati di aver causato ad Atene corruzione e disordine, è convinto dell’esistenza di modelli universali, le idee. Per lui il Bene, la Giustizia, la Bellezza sono cose necessariamente uniche e univoche. Manifestano una perfezione che tutti sono tenuti a riconoscere. Nel mondo attuale, però, in cui risuonano parole come multiculturalismo e globalizzazione, la concezione platonica appare davvero anacronistica. C’è ancora spazio per valori assoluti? E’ ancora legittima la battaglia contro il relativismo? Interrogativi che lascerebbero Platone alquanto spiazzato, domande amare, quasi come un sorso di cicuta. Eppure, forse per un’inclinazione naturale, l’uomo si ritrova a disagio di fronte a questa frammentazione della realtà, questa pluralità di punti di vista, questa moltiplicazione delle prospettive che si possono assumere indistintamente come giuste o sbagliate. Il clima culturale è soffocante. Tra le maglie del relativismo, del resto, si nasconde insidioso il consumismo, di cui, più o meno consapevolmente, siamo tutti vittime e artefici. La ragione a questo punto rischia di venir meno, senza punti saldi ai quali ancorarsi, e l’aggressività gioca un ruolo primario nella “aiuola che ci fa tanto feroci”, ormai campo di battaglie da cui non si esce né vincitori né vinti. Forse Platone ha ragione. Forse l’uomo ha veramente bisogno di essere governato o, perlomeno, di affidarsi a modelli stabili e universalmente validi, per non perdersi nel labirinto delle false verità. D’altro canto, anche eliminare il confronto dialettico delle idee ci farebbe più poveri. Un po’ di dialogo costruttivo è sintomo di una intelligenza attiva, tesa a rendere il mondo un’aiuola che ci fa sereni. E allora? E’ vero, guardiamo tutti lo stesso cielo, nel quale brilla lo stesso sole… ma c’è chi lo guarda al riparo di un bosco, chi nell’esposizione di un campo, chi nel pallore dell’alba, chi nello splendore del mezzogiorno. Silvia Pierini II IF

Cassa di Risparmio di Terni e Narni S.p.A. Gruppo Intesa Sanpaolo

Cassa di Risparmio di Terni e Narni S.p.A. Gruppo Intesa Sanpaolo

AUSCHWITZ: LA VOCE DEL SILENZIO Abbandono, sconforto, vuoto interiore, malinconia: quell’interminabile filo spinato, quella nebbia che si faceva sempre più fitta, quel gelo che ci trafiggeva le vene.Che effetto fa pensare a quegli esseri innocenti ammassati in quelle baracche, coperti da una leggera veste di cotone e con zoccoli ai piedi.. in bilico tra la vita e la morte! Non un nome, non un’identità, trattati come oggetti, privati della libertà di pensiero, della libertà d’opinione, della loro stessa dignità. Non esistevano più le esigenze dell’individuo, ma tutti avevano gli stessi orari, lo stesso trattamento. Niente pietà per i malati, per i disabili.. individui imperfetti, non utili alla società e che in quanto tali dovevano essere immediatamente eliminati. I letti, i forni, le zone in cui venivano fucilati hanno provocato in me sensazioni di vergogna, di dolore e allo stesso tempo mi hanno resa impotente, con vuoti incolmabili che non potevano essere saziati, con una grande sete di giustizia. Cosa posso fare IO? Davanti a quei campi che non avevano né un inizio né una fine mi sentivo piccola, senza risposte. Soltanto facendone esperienza ci si può realmente accorgere della gravità dei fatti, ci si può rendere conto che quello che viene scritto nei libri, che studiamo a scuola, non sono invenzioni, ma fatti reali che NOI, testimoni della seconda generazione, abbiamo il compito di ricordare e tramandare. Non si può restare indifferenti davanti ad una tale disumanità, a una tale ingiustizia. Ricordiamoci che è stato eliminato un intero popolo, rendiamoci conto di quello che significa e diamoci da fare perché questi fatti non vengano dimenticati. Lucia Magarini VC G L I A N N I PA S S A N O , M A Q U E S T I C I N Q U E A N N I N O N C I L A S C E R A N N O M A I ! Settembre 2003: periodo strano il liceo. Forse a tanti di voi non dice niente o forse dice tutto. Strano… sì! Perché è difficile racchiudere in un solo aggettivo cinque anni di emozioni, delusioni, momenti di crescita, illusioni, prese di coscienza, speranze. Ogni mattina 900 persone si ritrovano tutte insieme nello stesso edificio. Con alcune di queste abbiamo trascorso cinque ore tutte le mattine per ben cinque anni, altre le abbiamo incontrate e non le abbiamo perse più di vista, altre ancora, forse, non le incroceremo più. Tutti abbiamo trascorso qui quelli che rimarranno per noi i migliori anni della nostra vita. Intendiamoci, non vogliamo essere melodrammatici o scadere nel patetico, ma comprendeteci, siamo per lasciare per sempre (speriamo!!!)… cosa?... il liceo?... No. La parola liceo è troppo piccola, non riesce a contenere tutti i giorni passati, tutti i compagni che hanno viaggiato con noi nel buono e nel cattivo tempo. I nostri compagni, infimi nemici durante le discussioni per trovare la malcapitata vittima sacrificale per le interrogazioni, ma soprattutto compagni che sono stati sempre con noi, ed è grazie a loro se questi anni sono trascorsi in allegria, spensieratezza e bighellonaggine. Come non parlare di loro: i burattinai che tengono tutti i fili: loro Mangiafuoco e noi poveri Pinocchio. S L No, non è così: noi alunni e loro maestri di sapere e di vita. Tante volte ci hanno fatto arrabbiare, tante volte abbiamo mandato loro C I I qualche piccolo, ma piccolo, accidente, tante volte le loro scelte ci sono sembrate ingiuste… ma tante e tante volte si sono comportati E come genitori affettuosi. Ci hanno insegnato le declinazioni di latino che forse non useremo mai, il metodo di Ruffini senza il quale C N potevamo vivere benissimo, ma di sicuro ci hanno insegnato cose più importanti che vanno oltre le solite nozioni. Ora le loro parole E T ci suonano lontane, ma siamo sicuri che in futuro le sentiremo nostre. E non dimentichiamoci di tutte le altre persone che abbiamo O I incontrato in questi anni, con le quali non avremmo mai pensato di stringere amicizia e che hanno segnato in modo unico e speciale F la nostra vita. Sono state le nostre ciambelle di salvataggio che non ci hanno fatto affondare nei momenti difficili. I Abbiamo detto tutto? Probabilmente No. Abbiamo trascurato tanti ricordi, ma i nostri veri sentimenti ci sono tutti. C Quale parola può sostituire quella di fine in questo articolo? L’abbiamo trovata. Grazie. Pierpaolo Bigini VA Chiara Rossi VC NARNI O

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Cassa di Risparmio di Terni e Narni S.p.A. Gruppo Intesa Sanpaolo

I.T.C. Federico Cesi

Gli alunni della classe VCp, con la supervisione dell’insegnante di Matematica, hanno svolto nel mese di Luglio un’indagine statistica volta a valutare Cosa pensano le persone del proprio stato di salute. Si è cercato, più precisamente, di comprendere quale percezione avessero i soggetti intervistati relativamente al proprio stato di salute e quale fosse la capacità di quest’ultima di interferire o meno nello svolgimento delle attività abituali, come il lavorare o la gestione del tempo libero. Il sondaggio ha coinvolto 300 cittadini ternani, casualmente scelti tra uomini e donne di età compresa tra i 35 e i 69 anni; le donne sono risultate in numero di 160 unità e gli uomini di 140.

Lo strumento di misura utilizzato, ovvero l’elemento attraverso il quale sono stati raccolti i dati, è stato un questionario cartaceo autocompilato (QSA); le domande e le risposte sono state quindi sempre espresse per iscritto con l’opportunità della lettura poten-

zialmente contemporanea delle domande da parte del soggetto intervistato. Alcune domande si riferivano a dati oggettivi: età, genere sessuale, titolo di studio, occupazione; le altre si riferivano a dati soggettivi quali: percezioni, sensazioni, intenzioni, stati emotivi, umore, comportamenti messi in atto, tutti riferibili alla salute fisica o allo stato emotivo dell’intervistato. Possiamo ritenere che nelle domande, o meglio nel dare risposte, potessero influire tre elementi: la salienza soggettiva dell’oggetto della domanda (sono, infatti, importanti per il soggetto la propria salute, il proprio lavoro e la propria vita sociale), il grado di intrusività della domanda (erano infatti piuttosto personali), la dimensione temporale (non essendo i fenomeni analizzati immutabili nel tempo, nell’intervista si faceva esplicitamente riferimento agli ultimi sei mesi). Alla luce delle premesse sopra esposte, i dati sono stati sottoposti ad una opportuna elaborazione statistica (ivi compreso lo studio di correlazione, effettuato con il coefficiente rs di Spearman e il calcolo del CHI2TEST) per esprimere in modo sintetico i risultati dell’indagine e poterne effettuare una lettura analitica. Premesso che l’età media degli intervistati è risultata essere di 48 anni, con una scolarizzazione di

livello medio (solo 80 hanno dichiarato di essere laureati), il livello occupazionale si è attestato intorno al 77% con occupazioni ritenute non precarie dagli intervistati. Il 50% degli intervistati ritiene di godere di buona salute e, pertanto, viene limitato solo parzialmente (43,33% per le donne e 36,67% per gli uomini) o per nulla (50%) dalla propria salute nello svolgimento di attività fisiche.

Il 66,67% del campione totale si è sentito per lo più calmo e sereno negli ultimi mesi e il 46,67% significativamente pieno di energie.

Non mancano però coloro che si sono sentiti scoraggiati e tristi (un totale del 16,67% tra sempre e quasi sempre)

L’attività lavorativa evidenzia invece un rendimento inferiore alle attese per il 33,33% degli intervistati che, per il 30%, ritengono di aver dovuto limitare alcuni tipi di lavoro o di altre attività a causa della salute fisica espressa negli ultimi mesi. Tale dato, confrontato con gli altri elementi del questionario, ci induce a fare due ipotesi: o che uno stato fisico non soddisfacente può essere più limitante in qualche settore lavorativo piuttosto che in altri o che i soggetti intervistati non sono pienamente soddisfatti del proprio rendimento. Lo stato emotivo comporta un calo di concentrazione per il 36,67% degli intervistati che, però, ritiene di essere comunque riuscito a rendere quanto avrebbe voluto nel lavoro nel 76,67% dei casi.

e che a causa del proprio stato emotivo non hanno avuto una soddisfacente vita di relazione.

Dal confronto dei dati suddivisi per genere si evince che la percezione della propria salute, sia fisica che psichica, è leggermente più positiva per gli uomini; quest’ultimi sembrano ritenersi più calmi e sereni e scoraggiati e tristi meno frequentemente delle donne. Per il resto non si sono evidenziate differenze significative tra i due sessi. Nell’analisi correlata item/età

Iintervista i ternani

Gli studenti sono scesi in piazza per cercare di capire quale sia la percezione del proprio stato di salute da parte dei ternani

si nota una debole tendenza a valutare meno positivamente la propria salute fisica con l’aumentare dell’età e, in particolare, si evince che uno stato di salute generale non positivo comporta nei soggetti meno giovani una maggiore tendenza ad una limitazione delle proprie attività fisiche e sociali. La fascia più giovane risulta invece più sensibile agli stati emotivi; questi influenzerebbero maggiormente le attività dei soggetti appartenenti alla prima fascia di età (35-41) più di quanto non influenzino coloro che sono inseriti nelle altre fasce. I più giovani sono anche meno spesso calmi e sereni e più spesso scoraggiati e tristi (per tali sensazioni risultano un poco vicini alla prima fascia anche quelli di terza fascia (40-55)). L’analisi del CHI2-TEST, effettuata per verificare ipotesi sulla diversa percezione del proprio stato di salute tra maschi e femmine, ha evidenziato differenze apprezzabili solo in relazione allo stato emotivo; le donne risulterebbero più soggette a cambiamenti di umore, a stati di ansia e di stress (Lo stato emotivo è influenzato dal genere? Sembrerebbe proprio di sì e Freud sarebbe forse d’accordo).

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Il nuovo Ospedale Civile S a n t a M a r i a d i Te r n i

Fino al 1943 la città di Terni disponeva di un Ospedale sito presso il quartiere di S. Andrea, nella via tuttora ad esso intitolata. Era un modesto nosocomio allocato in un edificio adatto allo scopo che, pur avendo una capienza di soli 250 letti, inferiore alle necessità, disponeva di servizi abbastanza organizzati e di sufficienti attrezzature. I bombardamenti aerei del 1943 distrussero lo stabile e buona parte dell’arredamento, tanto che l’Amministrazione del tempo dovette traslocare i pochi arredi recuperati ad Acquasparta, presso i locali dell’Albergo Amerino, concessi da quel Comune. Qui fu organizzato un Ospedale di circostanza, che assolse alle necessità della zona di Terni fino al 1946. In tale anno, resosi indispensabile il ritorno dell’Ospedale a Terni, ove, intanto, ferveva il lavoro di ricostruzione della città, non si reperirono locali migliori di quelli di un antico convento dedicato all’Annunziata. Il Convento dell’Annunziata sorgeva nel rione di sotto, nell’area compresa tra il fiume Nera e l’attuale Corso del Popolo; la sua edificazione è documentata nei Protocolli delle Riformanze alla data 30 gennaio 1542 e ospitò le suore Francescane o Clarisse. Dopo l’Unità d’Italia il Monastero passò di proprietà del Comune e fu adibito a caserma militare dell’VIII autocentro del R. Esercito fino al termine del conflitto 1940/1945. L’Ufficio del Genio Civile spese per adattamenti a sede ospedaliera 14 milioni di Lire che furono addebitati all’Ospedale; l’Amministrazione, successivamente, per ulteriori adattamenti e per manutenzione, spese circa altri 14 milioni di Lire. Ma la vetustà della costruzione, la non rispondenza ai più elementari concetti tecnico-sanitari (numerose corsie trovavano posto al piano terreno in passato adibito a stalle), resero vano ogni sforzo e ogni ulteriore spesa per raggiungere il minimo dei requisiti necessari ad assicurare una idonea forma di assistenza, sia dal punto di vista igienico che sociale. L’Amministrazione, in quegli anni compì ogni sforzo per dotare l’ospedale di apparecchiature e di arredamenti tendenti ad integrare quelli distrutti dagli eventi bellici e per sopperire alle esigenze della zona, anche in precarietà di ambienti. Il nuovo Ospedale Civile “Santa Maria” di Terni (denominato dalla popolazione come “Ospedale Nuovo”) fu previsto a Colle Obito dal Piano Regolatore Generale di Lattes Staderini del 1934, per eliminare la vergogna dell’edificio lungo la sponda del fiume Nera. Per la prematura scomparsa dell’architetto Enrico Lattes, incaricato di redigere il Piano Regolatore, il progetto fu portato a termine dall’architetto Alberto Staderini, che nel 1934 completò la proposta di piano che fu definitivamente approvata nel 1937.

Terni fu così dotata del primo Piano Regolatore che affrontava complessivamente i problemi della città: dalle zone produttive a quelle residenziali, dai servizi generali a quelli di quartiere, dalla ristrutturazione del centro storico al nuovo assetto viario. La vasta area di Colle Obito fu ritenuta la più idonea per la costruzione dell’ospedale grazie alla sua posizione salubre e per il facile accesso, oltre che appartata da quartieri rumorosi e da strade di grande traffico. Nella seduta del 23 gennaio 1936 l’Amm.ne Comunale di Terni deliberava di acquistare dal Marchese Mariano Cittadini di Cesi il terreno sito in Vocabolo Colle Obito, scelto a sede del nuovo Ospedale Civile. Con contratto datato 7 marzo 1936 registrato a Terni il 27 aprile successivo al n° 1077, vol. 141 si procedeva al regolare acquisto del terreno in oggetto e si dava seguito a quanto stabilito a livello Municipale: “di cedere gratuitamente all’Ente Ospedale Civile l’area di cui alle premesse, appositamente acquistata dal Comune con l’atto surrichiamato e da servire per la costruzione del nuovo ospedale…omissis…. la cessione dovrà formare oggetto di regolare contratto da stipularsi dopo l’approvazione della presente delibera. Le spese dell’atto saranno ad esclusivo carico dell’Ente Ospedale…omissis….”. Nel frattempo, il terreno oggetto di importanti progetti fu ceduto in affitto al Sig. Vincenzoni Quinto di Ottavio per il pascolo del proprio gregge: “Il sig. Vincenzoni Quinto si dichiara disposto ad offrire anticipatamente la somma di £ 30.000, inoltre si impegna di allontanare il gregge dal campo qualora l’impresa costruttrice lo richieda per le sue ragioni tecniche e per il tratto necessario”. Il progetto di massima venne approvato dal Consiglio Superiore dei LL. PP. con decisione del 18 gennaio 1955 e, nel contempo, si concedette l’autorizzazione alla costruzione di un primo lotto di lavori, consistente nel reparto infettivi e stazione di disinfezione. Il progetto venne approvato il 22 novembre 1956. Erano previsti 564 posti letto e una spesa di 1 miliardo e 345 milioni di lire. (segue…)

A c u r a di E manue la R uffine lli e D anie la G hione

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Adesso so perché mi trovo qui. Non per dare un'occhiata da vicino alla Luna, ma per voltarmi a guardare la nostra patria, la Terra.

Il notevole afflusso di visitatori nei mesi di giugno, luglio e agosto ha ripagato ampiamente il nostro impegno per le tante serate di apertura dell’Osservatorio di S. Erasmo così come concordato con le IV, V e VI Circoscrizioni comunali nell’ambito del progetto La montagna Ternana. Occorre puntualizzare comunque che spesso, in occasione di un elevato afflusso di macchine, il tratto di strada che dall’abitato di Cesi conduce all’Osservatorio va completamente in tilt. Se vogliamo rilanciare La montagna Ternana, sarà forse il caso, signori amministratori (senza essere troppo invasivi, nel pieno rispetto dei vincoli paesaggistici) rifare perlomeno il manto superficiale e realizzare alcuni slarghi di disimpegno? Una strada più agibile permetterà anche il passaggio di pulmini per le scolaresche! Al numero sempre crescente dei nostri concittadini, molti dei quali sono diventati degli abituè, si sono alternati turisti italiani e stranieri in giro per l’Umbria: senz’altro un’esperienza positiva! Anche se finite son le ferie e si ritorna mestamente alle faccende usuali, l’estate astronomica dura ancora un po’: approfittate quindi delle serate miti per andare in montagna e, seguendo i suggerimenti di Giovanna qui a lato, soffermarvi ancora un po’ sulla costellazione del Sagittario, sulla Via Lattea ben visibile allo Zenit e sul pianeta Giove. Iniziamo a parlare di Supernovae! Alcune stelle, allo stadio finale della loro vita, esplodono liberando enormi energie. Sono eventi molto rari che abbisognano di un continuo, costante, paziente lavoro per essere scoperti, fotografando e controllando migliaia di galassie, distanti centinaia di anni luce da noi. La nostra associazione può vantare due scoperte, effettuate con il telescopio di 500 mm dell’Osservatorio di S. Lucia di Stroncone. A parlarci delle supernovae in diverse puntate, una new-entry: il nostro amico e socio Stefano Valentini di Mentana (Roma) che collabora con noi da diversi anni. Per finire un consiglio: non fatevi trarre in inganno dall’apparente simpatica vena umoristica delle poesie e racconti in vernacolo di Paolo, sotto sotto c’è una base squisitamente scientifica! Tonino Scacciafratte Presidente A.T.A.M.B. - tonisca@gmail.com

ASTROrime… Mercurio E’ piccolo… roccioso (d= 4878 Km) al Sole il più vicino… (57.900.000 Km) di giorno assai focoso (+350°) di notte assai freddino. (-150°) Son quelli degli artisti (Michelangelo, Giotto...) i nomi di pianure… crateri e tratti misti (Shakespeare, Beethoven...) con zone chiare e scure. I giorni in rotazione diciamo son sessanta ma in rivoluzione due meno di novanta. paolo.casali48@alice.it

costellazione

al mese

Vi avevo promesso di riparlare della costellazione del Sagittario e di Giove, che splende nella parte orientale della costellazione, ed eccomi pronta. Non è certamente il mese migliore per osservarli perché sono entrambi molto bassi sull’orizzonte Sud, ma cieli bui e senza inquinamento luminoso vi aiuteranno. Per rintracciare il Sagittario si può partire da Deneb del Cigno (vi ricordate, è una delle stelle del Triangolo estivo) attraversare il triangolo estivo appunto, alla destra di Altair dell’Aquila ed arrivare fino all’orizzonte meridionale. Il Sagittario rappresenta Chirone, il più celebre e saggio dei Centauri, le creature dal busto umano e il corpo cavallino. Le stelle principali della costellazione sembrano formare una teiera: nel mondo anglosassone la costellazione è proprio chiamata così. Se questa estate avete osservato il cielo con più attenzione e soprattutto un cielo buio (in aperta campagna e senza Luna) non vi sarà sfuggita la visione spettacolare della Via Lattea. Guardando da nord-est a sud-ovest, attraverso le costellazioni del Cigno, dell’Aquila fino al Sagittario, essa si presenta come un nastro poco definito dato che non siamo in grado di definire la singole stelle ad occhio nudo. Ma se la osservate con un binocolo vi apparirà come un fiume scintillante costituito da migliaia e migliaia di stelle. In realtà stiamo guardando verso la parte interna della nostra Galassia: il centro è molto vicino al becco della teiera che raffigura il Sagittario (in un prossimo numero della rivista tornerò sulla Via Lattea più dettagliatamente). In prima serata è visibile, sempre nel Sagittario (vi rimarrà per tutto il 2008), il pianeta gigante Giove. È il più grande pianeta del sistema solare, la sua massa è 300 volte quella della Terra, il suo diametro 11 volte maggiore e la sua distanza dalla Terra è di circa 600 milioni di chilometri. Si ritiene sia costituito da un nucleo solido di rocce e metalli pesanti circondato da una sfera liquida (H allo stato liquido) e da un involucro gassoso, il cui spessore è di circa 1000 km, costituito da H (85%), He (15%) e da piccole quantità di metano, ammoniaca, acqua e zolfo. Attorno a Giove ruotano almeno 16 satelliti: i quattro più grandi (Io, Europa, Ganimede e Callisto) sono detti galileani perché scoperti da Galileo nel 1610, subito dopo aver rivolto i suoi primi telescopi verso il cielo. Il fatto che un oggetto potesse orbitare intorno ad un pianeta fu una scoperta rivoluzionaria, che aiutò a superare l’idea che la Terra dovesse essere il centro di tutti i moti celesti. Pensate che alcune persone dalla vista acuta riescono a scorgere Callisto e Ganimede (i più grandi e i più lontani da Giove), senza alcun aiuto ottico, naturalmente in condizioni particolari (Giove più vicino alla Terra, il satellite più lontano da Giove) e nascondendo la luce abbagliante di Giove dietro un filo d’erba o un cartoncino. Giovanna Cozzari

A sso c i a z i o n e Ternan a A strofili Ma ssi m iliano B eltram e

Pillole di astronomia

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La Terra dista dalla Luna 380.000 km: una distanza ragguardevole ma ancora abbastanza familiare (55 volte il percorso Roma-NewYork). Per raggiungere il Sole dobbiamo percorrere quasi 150 milioni di km: milioni di km! Per semplificare gli astronomi hanno creato l’Unità Astronomica (UA) che è uguale appunto alla distanza Terra-Sole. Le UA funzionano bene fino ai limiti del Sistema Solare: Plutone dista dal Sole 39 UA. Ma già la stella più vicina, Proxima Centauri, dista ben 271.210 UA. Ed è solo la stella più vicina! Per praticità gli astronomi hanno introdotto un’altra unità di lunghezza l’Anno Luce (a.l.) che è il percorso che la luce, alla velocità di circa 300.000 km al secondo, compie in un anno (corrisponde a circa 63.000 UA e a 9500 miliardi di km). Proxima Centauri è a 4,3 a.l. cioè la sua luce ha impiegato oltre 4 anni per arrivare sulla Terra (non vediamo la stella come è adesso, ma come era 4 anni fa!). Ma l’Universo è vasto e per spingersi al di fuori della Nostra Galassia non basta più l’a.l.; ci vuole il parsec (3,26 a.l.) e i suoi multipli. Ma fermiamoci qui per ora! GC

www.mpc589.com L’osservatorio astronomico di S. Erasmo è aperto gratuitamen te per i cittadini l’ultimo venerdì di ogni mese dalle ore 21,30.

Osservatorio Astronomico di S. Erasmo Osservazioni per il giorno 26 settembre 2008 La Luna sta terminando il suo ciclo: la sua assenza va tutta a favore dell’osservazione del cielo profondo. L’autunno è entrato da pochi giorni e Giove cala lentamente verso ovest lasciando la scena serale al meno noto pianeta Urano, visibile solo con telescopi. Il grande quadrato di Pegaso domina il cielo insieme alle costellazioni di Andromeda, Capricorno, Acquario e Pesci. La Via Lattea è ancora alta ben visibile allo zenit. Con i telescopi punteremo l’ammasso globulare M2, il doppio Ammasso del Perseo NGC869- 884 e la Galassia di Andromeda M31. Gli astrofili dell’A.T.A. saranno a vostra disposizione per le spiegazioni di tutte le costellazioni visibili ed i relativi modi per orientarsi nella volta celeste, nonché simulazioni al computer tramite sofisticati software astronomici. Federico Guerri

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Una

Alfred Worden - Apollo 15


Lo Sole Nostru Noi ternani stemo in Umbria… fino a qquanno non se sa! L’Umbria sta in Italia... l’Italia sta in ‘Uropa... l’Uropa sta su lu pianeta Terra... la Terra sta su la terza orbita de lo Sole... lo Sole sta su ‘na galassia... sta galassia è ‘n compagnia de andre galassie... che stanno... porca vacca! Mo’ che mme so’ mmessu ‘n testa de scrive a qquarcunu sparsu pe’ ll’Universu... me tocca fa’ ‘na lettera a pparte solu pe’ ll’indirizzu cosmicu! Da quanno ho saputu da voci sicure che lo Sole nostru farà ‘na finaccia... dapprima se gonvierà e cce ‘bbrustolirà a ttutti e ppo’... se rimpicculirà e sse spegnerà... so’ ‘n bo’ preoccupatu!? Devo trova’ lu modu de scasa’ su cch’andru sole... però prima de parti’ a ccasacciu... vojo metteme ‘n contattu co’ qquarche alienu pe’ ffamme di’ se vvado a mmejo... sennò no’ mme sposto neanche! So’ ssicuru de trovallu! Zzichicchiu m’ha dittu che nnojandri stemo giranno, almeno per mo’… ‘nzieme a andri sett’otto pianeti… attorno a ‘na stella che cchiamamo Sole e ‘sta stella... assieme ad andri mijardi de soli che ccianno po’ darsi andri pianeti... forma ‘na galassia de nome via Lattea e... dde galassie come essa, co’ mmijardi de soli e mmettemo mijoni de pianeti ce ne stanno andri mijardi! ‘Mbe’... a ‘stu puntu li cunti se fanno prestu... se fa pe’ ddi’! Te pare che ttra ‘sti stramijardi de soli e dde pianeti non se ne trova quarcun andru abbitatu ‘n modu de scambiacce quattro chiacchiere!? Li pianeti che conoscemo me sà che sso’ dda scarta’... perché la posizzione più ccommoda ‘ttornu a lo Sole ce la semo scerda noi. No’ stemo né ttroppu a ccallu... né ttroppu a ffriddu... stemo su lu postu giustu a lu momendu ggiustu! ‘Na vorda tantu semo nati co’ la camicia!? Allora me tocca anna’ fòri da lu sistema solare pe’ ttrovà quarcunu! Ma lo sapete che se ddevo trasferimme co’ la macchina mia a 100 chilometri all’ora, co’ lu rischiu de ‘na murda, ce metto... solu p’arriva’su la Luna... più dde cinque mesi? E sse vojo usci’ fòri come ho dittu prima... me cce vojono... sessantottu o sessantanove seculi?! Me sa troppu! Però m’hanno dittu che sse su la macchina mia ce metto lu reattore che mme la manna a vvelocità de la luce... faccio prima! Quasi trecentomila chilometri a lu secondu... so’ sett’otto ggiri de la Terra... ’n so’ ppochi! In un annettu posso fa’ la bbellezza de... fammece penza’... novemilaquattrocentosessantadumijardi e... ottocentomijoni de chilometri! P’arriva’ su la Luna ce metterò pocu più de ’n secondu e... pp’arriva’ su lo sole più vvicinu a lu nostru... posso ‘mpiegà quattro o cinqu’anni... se po’ anche fa’! Basta però... che no’ mm’allontano troppu... perché p’attraversa’ la Lattea... me cce vole tantu lo stessu… 100.000 anni! Io a scrive ce provo... me capiranno? ‘Mbe’... se sso’ ‘ntelliggenti... anche se non decifrono lu messaggiu possono penza’... quistu ‘n se sa quillu che scrive... è annatu fòri orbita e ccià bisognu d’aiutu... risponnemoje ‘n bo’! A ppropositu... nel 1972 ‘n ente spazziale ha mannatu ‘n giro pe’ lu spazziu... ‘n bo’ de messaggi co’ ffotografie de fiji... de scimpanzè... de foje che ccascono... de strade piene de automobbili... de persone che stanno a ffa’ l’amore... e ppo’ co’ ssòni de voci... de rumori ...de saluti ‘n cinquanta lingue diverse... de musiche... de tutte le cose più strambalate pe’ ccerca’ de faje capi’ che cciavemo voja de scambiacce l’idee... se cce l’hanno mejo de noi! Ripenzanno a lo Sole che sse smorza... e cche è ssolu questione de tembu... ma fra quanno!? Cinque mijardi d’anni? E qquantu vojo campa’!? Aho…mesà che se mme ‘mpiccio ’n bo’ più de l’affari mii quarche speranza ‘n più ce l’ho! PC

Le Supernovae

Definire una supernova è abbastanza semplice: si tratta di una stella che, ad un certo punto della sua vita esplode in maniera violenta, liberando in pochi attimi un’energia corrispondente a molto più di quella rilasciata dal nostro Sole nell’intero corso della sua esistenza. Per noi abitanti del pianeta Terra questo fenomeno è osservabile come l’apparizione in cielo di una nuova stella molto luminosa, laddove prima non appariva nulla: dopo un breve periodo di fulgido splendore, la luminosità di questa stella intraprende una lenta ma inesorabile discesa, che la porta a sparire nuovamente dalla nostra vista nel volgere di alcuni mesi. L’apparizione di una supernova visibile a occhio nudo è, tuttavia, un evento assai raro e solo sette casi sono stati finora osservati negli ultimi 2000 anni: si tratta delle cosiddette supernovae galattiche, ovvero di stelle a noi relativamente vicine, poiché sono esplose tutte in seno alla Via Lattea, la galassia di cui anche noi facciamo parte. Più frequenti, invece, sono i casi delle cosiddette supernovae extragalattiche, ovvero le esplosioni di stelle che si verificano nell’ambito di galassie più o meno lontane dalla nostra, ma tali fenomeni sono ovviamente osservabili solo con l’aiuto di un telescopio, viste le notevoli distanze che ci separano da quelle remote isole cosmiche. Tutte le conoscenze relative alle supernovae galattiche si devono alle testimonianze di quei popoli che, in passato, ebbero un particolare interesse per le osservazioni celesti. In questo campo eccelsero sicuramente i popoli dell’Estremo Oriente, tra i quali meritano una particolare menzione i Cinesi, che iniziarono a registrare gli eventi astronomici fin dal 1100 aC: l’apparizione di una nuova stella era per essi un fenomeno ben conosciuto e veniva annotato sotto la voce stella ospite. La prima citazione storica di una stella ospite molto luminosa si riferisce ad un astro comparso nel 185 dC nella costellazione del Centauro; ne seguirono poi una nello Scorpione (393) ed una luminosissima nella costellazione del Lupo (1006). Nel 1054 apparve una nuova stella ospite nella costellazione del Toro ed i resti della sua esplosione sono oggi chiaramente identificabili con la nota Nebulosa del Granchio (M1), nella costellazione del Toro (vedi foto). Nel 1181 le fonti orientali citano la comparsa di un altro astro raggiante nella costellazione di Cassiopea, cui seguì, nel 1572, l’apparizione di un’altra stella ospite molto brillante, sempre nell’ambito della stessa costellazione. L’ultima apparizione di una supernova storicamente nota risale al 1604, ovvero a pochi anni prima che Galilei cominciasse ad utilizzare il cannocchiale come strumento di indagine astronomica: fu il famoso astronomo Keplero a seguire l’evoluzione di questa stella nella costellazione di Ofiuco. Dopo la comparsa dell’astro del 1604, nessun altra stella ospite si è resa visibile ad occhio nudo nei nostri cieli e solo nel 1885, grazie all’aiuto del telescopio, venne scoperta la prima supernova extragalattica, nella galassia di Andromeda. Da allora gli astronomi ne hanno scoperte a migliaia e l’Unione Astronomica Internazionale (UAI) ha deciso di indicarle con l’anno della scoperta seguito da una lettera maiuscola dell’alfabeto latino, a partire dalla A e fino alla Z. Qualora le singole lettere non fossero sufficienti per coprire tutti gli eventi di un anno, dopo la Z si continua allora con le serie aa..az, ba..bz, ca..cz e così via fino a za..zz. Astronomicamente parlando, gli astronomi sono soliti suddividere le supernovae in due classi principali: quelle di Tipo Ia, stelle piccole e compatte la cui esplosione è innescata dal risucchio di gas da una stella molto vicina, e quelle di Tipo II, stelle giovani e massicce che divorano in poco tempo i loro combustibili nucleari e concludono catastroficamente la loro breve vita. Stefano Valentini

Asteroidi scoperti dall’Oss. di S. Lucia di Stroncone Nominati dal Minor Planet Center, Cambridge, USA Albe rto Molf ino

Ale ss a nd r o Ca s a g r a nd e

N° 6835 MPC 30799

N° 7356 MPC 33386

Discovered 1994 April 30 at Stroncone. Named in memory of Alberto Molfino (1906-1977), italian wrestler. He took part in the 1936 Berlin Olympics and won the Italian title in the 62 kg category six time, the last time being at the age of 43.

Discovered 1995 Sept. 27 at Stroncone. Named in memory of Alessandro Casagrande (1922-1964). Composer and orchestra conductor, heskillfully headed the music school in Terni and served as artistic manager of the city’s symphonic bureau S. Falchi. He was also a painter. In 1965 an international piano competition was named for him.

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Ba n ca delle Te s i d i L a u r e a La Provincia di Terni per la cultura

Il CE.ST.R.E.S. e l’Assessorato all’Università della Provincia di Terni, con il patrocinio della Regione Umbria, del Comune di Terni, del Consorzio Sviluppo Polo Universitario Provincia di Terni, del Polo scientifico didattico di Terni, dell’A.Di.S.U. (Agenzia per il Diritto allo Studio Universitario) e in collaborazione con la Fondazione Carit, hanno istituito la Banca delle tesi di laurea per i neolaureati residenti nella Provincia di Terni, qualunque sia il tema della tesi stessa e qualunque sia la loro Università, e per gli studenti non residenti nella Provincia di Terni a condizione che la loro tesi abbia attinenza con la realtà ternana. Le tesi conferite al CESTRES saranno poi rese disponibili per tutti coloro che intendessero consultarle e verranno inserite in un apposito sito internet. Tre gli scopi della Banca: 1 - valorizzare il lavoro degli studenti; 2 - far sì che la comunità possa disporre di tale patrimonio culturale, anche in virtù della sua utilità per affrontare, eventualmente, le problematiche trattate nelle tesi; 3 - rendere sempre più funzionale e più profondo il rapporto tra università e società civile in genere.

Per sostenere ed assicurare il successo alla Banca è stato indetto un bando per l’assegnazione, ogni anno, di due premi per le migliori tesi di laurea, scelte naturalmente tra quelle conferite alla Banca. Le tesi premiate verranno poi pubblicate e messe a disposizione dell’opinioni pubblica sulla rivista INDAGINI del CESTRES. Nel panorama italiano non esistono esperienze del genere. Desidero aggiungere che i primi riscontri, dai giovani interessati e dagli ambienti universitari, sono particolarmente incoraggian- ti: l’iniziativa è considerata molto valida e sono già diverse le persone del mondo della cultura dichiaratesi disponibili a collaborare per la gestione della Banca. Il CESTRES ha anche l’obiettivo di far diventare questo servizio una struttura inserita organicamente ed ufficialmente nel tessuto delle istituzioni pubbliche mirando a far sì che possa agire anche nel contesto della biblioteca comunale. Le tesi di laurea che ho consultato già trattano diversi argomenti tra cui vari momenti della realtà economica, sociale, culturale della Provincia di Terni. E’ chiaro allora che secondo la qualità della tesi, occorrerà promuovere ed organizzare qualcosa di collaterale che utilizzi appunto tale patrimonio culturale. Porto ad esempio la tesi di

CE.ST.R.E.S. Centro Studi e Ricerche Economiche e Sociali Ass. di volontariato senza fini di lucro che ha lo scopo di: - promuovere, realizzare e pubblicizzare studi e ricerche nei settori economici, sociali, culturali e civili della comunità ternana; - organizzare seminari, convegni e dibattiti; - attuare iniziative nel campo dell’informazione, tutela, promozione e valorizzazione delle opere di interesse artistico e storico. Fondato nel 1977 dall’On. Mario Andrea Bartolini.

una studentessa promossa con il massimo dei voti e lode che tratta il problema degli emigranti. Espone dati, considerazioni, analisi, proposte che rendono la tesi davvero interessante. Noi cercheremo allora di valutare l’opportunità di promuovere una iniziativa di grande interesse per la cittadinanza proprio utilizzando quel patrimonio culturale. Altre tesi sollevano problemi ugualmente di grande interesse. La Banca dunque non si limiterà a mettere a disposizione le tesi per chi le vuole consultare e ad inserirle nel sito internet, ma sarà un centro di promozione iniziative imperniato su tali tesi. Desideriamo poi valorizzare gli studi dei laureati che, di solito, non sono gratificati, anzi, cadono nell’oblio. La soddisfazione emerge invece dal riconoscimento di tale ricchezza culturale. Prendere atto che la loro tesi è messa a disposizione del pubblico perché è considerata un patrimonio culturale utile alla comunità, farà sentire tali giovani protagonisti di una azione seria ed utile, soprattutto riconosciuta. Quando fondammo il CESTRES fummo mossi dalla dolente costatazione che i cittadini ternani si sottovalutano molto mentre, a ben conoscerli, hai la certezza che la città possiede una notevole potenzialità culturale non espressa. E allora tutte le iniziative, a partire dal mensile La Pagina, che vengono promosse sul territorio e che hanno lo scopo, sostanzialmente, di far emergere tali potenzialità culturali, sono di estrema utilità. Sento di poter dire che la collaborazione tra CESTRES e La Pagina sia ben fondata anche in quanto entrambi pongono come loro meta il bene culturale del territorio senza attardarsi in considerazioni schierate o di parte. On. M. A. Bartolini Presidente del CESTRES

La Provincia di Terni per la cultura

Sergio Bellezza

DAL FASCISMO ALLA REPUBBLICA Appunti per una storia dell’antifascismo e della guerra di liberazione a Terni Nella pletora bibliografica che caratterizza questi primi anni del nuovo secolo alla ricerca di recuperi emozionali e testimonianze dirette, un posto particolare lo occupa senz’altro l’ultima fatica del professor Sergio Bellezza. Le sue ricerche attente e puntuali , ricche di quella passione contagiosa che pervade tutti coloro che si avvicinano allo studio del passato, ci offrono l’opportunità di recuperare preziosi e nascosti angoli di storia locale, di volgerci indietro per non dimenticare il percorso compiuto, essere ciò che siamo e cercare di comprendere meglio, affrontando con maggiori strumenti, una attualità che sempre più spesso ci appare difficile e impenetrabile. E’così che, grazie all’opera paziente e spesso certosina di studiosi e ricercatori, non importa se accademici o no, tornano presenti momenti ed eventi particolari che hanno determinato svolte epocali per il nostro paese ed in particolare per la nostra città. La splendida foto che troneggia sulla copertina di questa pubblicazione del Nostro richiama alla mente immagini vissute personalmente oppure attraverso i racconti di chi, come mia madre, quell’11 agosto del ‘43, correva verso il rifugio, con mia sorella di tre anni in braccio, le scarpe con la zeppa di sughero in mano, mentre mio padre rimaneva intrappolato sotto le macerie dell’ufficio disegni, per ben tre giorni, con il cadavere del suo collega accanto. Oppure di mio nonno, irriducibile antifascista il quale, per non aver voluto rivelare il nome dei suoi compagni, dopo manganellate e litri di olio di ricino, fu arrestato come sovversivo e condannato a passare le vacanze a Ventotene.

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Ognuno, credo, porta con sé tessere di un periodo che ha travagliato la propria famiglia lasciando i segni di storie indelebili ed una enorme responsabilità. E’ proprio grazie all’insieme di tanti episodi così detti minori, vissuti da piccoli e grandi uomini che noi oggi siamo qui a celebrare 62 anni di democrazia e 60 anni di una Carta Costituzionale ancor oggi perfetta (ha solo bisogno di un po’ di antirughe, ma non troppo), perfetta perché erede di quel processo storico che, partendo dalla Rivoluzione Francese e passando per uno statuto ottriato, porta alla Carta mazziniana della Repubblica Romana, essenziale, basata su 8 princìpi fondamentali, completa ed efficace nei suoi appena 69 articoli. In un terreno locale come il nostro dove la mitizzazione quarantennale ha spesso, non volendo, causato revisionismi strumentali falsando da una parte e dall’altra la visione obiettiva degli eventi storici, credo che l’intento, come asserisce lo stesso autore, di rivisitare umilmente, quasi da cronista, la Storia di Terni durante il ventennio attraverso l’illustrazione di eventi e bibliografie di politici e resistenti , quel periodo che va dall’inizio guerra attraverso la resistenza per giungere alla ricostruzione, per non perdere e non dimenticare anche le pillole di una storia fatta di piccoli episodi, sia stato pienamente raggiunto. Patrizia Liberati


Arcipelago SC€C Sol idarietà C h E C a m m i n a

L’impoverimento delle economie locali, dovuto alla crescente situazione di indebitamento, è sotto gli occhi di tutti. Le piccole attività industriali, artigianali, commerciali e contadine, una volta fulcro dell’economia del nostro paese, si stanno spegnendo. Una tra le cause principali del fenomeno è l’indebitamento generale del Sistema Italia: ogni Euro emesso dalla Banca Centrale o prestato dal sistema bancario crea un debito per la collettività. In pratica, quando lo Stato chiede banconote alla Banca d’Italia paga il costo del valore stampato, non il solo costo tipografico, come forse sarebbe logico supporre e come avviene per le monete, con titoli del debito pubblico, ossia impegnandosi a riscuotere crescenti tasse dai cittadini e dalle imprese. Un secondo fattore, connesso alla diffusione sempre più massiccia della grande distribuzione in mano a multinazionali estere, drena continuamente ricchezza dal nostro territorio perché non reinveste localmente, se non in minima parte, i proventi generati. Le associazioni Arcipelago SC€C si propongono di contrastare questi fenomeni, con l’introduzione nel mercato degli SC€C, che sta appunto per Solidarietà che cammina. I Buoni nascono dall’esperienza e dallo studio di oltre 4.000 monete complementari (che affiancano cioè la moneta ufficiale) presenti in tutto il mondo. Come moneta complementare non gravata dal peso dell’emissione della Banca centrale e quindi dal debito correlato, questi buoni

consitono in pratica in una percentuale pagata sul prezzo di un bene e possono essere riutilizzati da commercianti, professionisti, produttori ecc che aderiscono al circuito. La percentuale, generalmente tra il 10 e il 30%, viene corrisposta al negoziante presso il quale si acquista sotto forma di Buoni SC€C, inizialmente immessi nel circuito dalle Associazioni Arcipelago e conferiti gratuitamente agli associati in misura e tagli uguali. Fiscalmente, per chi vende il bene/servizio, lo SC€C è assimilabile ad un abbuono e come tale non concorre alla determinazione della base imponibile: in pratica il negoziante non deve pagare le tasse sull’importo che riceve in SC€C. Essendo solo una piccola percentuale del prezzo pagato in Euro, non si corre nemmeno il rischio di creare inflazione, poiché i Buoni acquisiscono valore insieme all’Euro e non ne sono indipendenti. Il meccanismo è simile alle fidelity card o ai buoni sconto della grande distribuzione, ma invece di essere validi solo all’interno di una catena di supermercati, gli SC€C circolano all’interno del territorio locale tra aziende che nulla hanno in comune ma che si fidano del sistema, dando così il valore al buono, cioè al pezzo di carta che si scambiano. Se ci pensiamo bene non è molto diverso dalla moneta tradizionale: 100 Euro sono solo un pezzo di carta, e valgono quello che valgono perché noi gli attribuiamo quel valore e siamo certi che, dovunque andremo, il nostro interlocutore li riterrà validi e li

valuterà alla stessa maniera. Per fare un esempio pratico, supponiamo che un macellaio sia affiliato e decida di applicare una percentuale del 10%. Un ipotetico cliente, acquistando carne per 30 Euro, pagherà 27 Euro più tre Buoni da 1 SC€C. Il macellaio, a sua volta, potrà spendere i 3 euro in Buoni SC€C in un altro esercizio convenzionato con la stessa modalità, magari per pagare proprio il suo fornitore di carni; questo indirettamente favorirebbe l’utilizzo di carni di produzione locale rispetto a prodotti di provenienza differente e acquistate da fornitori che non accettano SC€C. Per il negoziante i vantaggi sono significativi, in quanto l’appartenenza al circuito non garantisce solo una maggiore visibilità, ma gli consente di spendere a sua volta i Buoni SC€C per le proprie necessità presso gli altri aderenti. Come è possibile conoscere chi accetta pagamenti in SC€C? A tal fine esistono le Pagine Auree, una guida aggiornata continuamente che contiene i nomi di commercianti, professionisti e aziende che aderiscono. E’ disponibile presso le associazioni locali Arcipelago o al sito internet sotto riportato. I buoni locali si configurano come una vera ricchezza del territorio. Maggiore sarà la loro diffusione, maggiori saranno i benefici per tutti gli aderenti. Le città che attualmente stanno lavorando al progetto SC€C ed hanno iniziato la distribuzione dei buoni sono molte, e di tutte le dimensioni: Torino, Milano, Roma, Napoli, ma anche e soprattutto realtà più piccole quali Prato, Pistoia, Lucca, Viareggio, Pesaro e aumentano di giorno in giorno. Modalità di iscrizione così come ulteriori informazioni, potrete trovarle su internet al www.arcipelagoumbria.org, dal quale potrete raggiungere anche i siti nazionali e delle altre isole per rendervi conto dell’intero progetto SC€C, la Solidarietà Che Cammina. Alberto Ratini

La Sicurezza innanzitutto… Numeri equiparabili ad un bollettino di guerra: 626 morti - 626.344 infortuni - 15.658 invalidi

Sì, 626 persone hanno perso la vita nello svolgimento del loro lavoro, dall’inizio di quest’anno ad oggi. Nonostante le leggi di tutela, il trend continua a mantenersi su livelli inaccettabili per un paese civile. Occorre intensificare i controlli, monitorare le situazioni di rischio, incidere nella diffusione della sicurezza come cultura presso la pubblica opinione. Il Testo Unico in materia di salvaguardia e tutela dei lavoratori non ha dato risultati apprezzabili, a riprova che il primo passo per una efficace prevenzione si origina nella consapevolezza e valutazione individuale del rischio. Fare prevenzione costa, a qualsiasi livello: ai datori di lavoro nell’adottare le misure prescritte, agli addetti ai controlli in termini di risorse umane e finanziarie, alle vittime e alle famiglie eventualmente colpite da infortuni. Se non passerà l’idea che la vita di chiunque presti un servizio alla società vale molto di più, rispetto ad un mero calcolo o atteggiamento utilitaristico, le statistiche continueranno a registrare schiere di morti, di invalidi, di infortunati. Sicurezza come cultura, quindi, senza tralasciare verifiche sistematiche sui cantieri e formazione dei lavoratori. Muoversi in tal senso è il compito che ogni istituzione si deve prefissare, ma il suo esempio deve essere accolto a tutti i livelli della vita comunitaria. Il Comune di Terni collaborerà per la riuscita di tutte le iniziative tese a creare la cultura della sicurezza attraverso l’informazione e la formazione per: - rispondere concretamente all’atto di indirizzo n. 87 del 16.04.2008 del Consiglio Comunale; - mantenere gli impegni presi nel protocollo d’intesa, sottoscritto il 29.01.2008, per la pianificazione degli interventi in materia di sicurezza sul lavoro nell’ambito degli stabilimenti di Terni della Tk-Ast; - promuovere iniziative per trovare, insieme a tutti i soggetti interessati un approccio nuovo teso ad arginare il fenomeno degli incidenti negli ambienti lavorativi. Il Comune stesso pubblicherà, quanto prima, gli atti del convegno Cultura della legalità e sinergie per la sicurezza sui luoghi di lavoro, organizzato il 26 maggio 2008, per fornire punti di riferimento utili ad analizzare ed approfondire il problema, non solo con gli studenti, ma anche con i lavoratori. Ing. Giocondo Talamonti

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