Numero
97
- Settembre 2012
Mensile a diffusione gratuita di AttualitĂ e Cultura
Buon dànno scolastico!
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Incendi
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Aperto per ferie
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TECNO OFFICE
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Quando la cicogna passa al centro commerciale
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I N T ER PA N
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La Chiesa prossima ventura
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CAFFÈVILLAGLORI - CAFFÈBECCARIA
10 - 11
Lo specchio urbano
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ALFIO
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SARA ASSICURAZIONI
14 - 15
A b i s s i n i a Wa t e r F e s t i v a l
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La piramide alimentare mediterranea
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T E R N I V E R N I C I AT U R A
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Incontro con Claire Arnot
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L A B O R AT O R I S A LVAT I
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A Z I E N D A O S P E D A L I E R A S A N TA M A R I A D I T E R N I
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CONSORZIO DI BONIFICA TEVERE NERA
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N U O VA G A L E N O
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A l l a s c o p e r t a d i . . . O RV I E T O O U N D E R G R O U N D
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AMARCORD TERNANA - M
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CENTRO MEDICO DEMETRA - ERREMEDICA
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LICEO CLASSICO
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LE FOTO di Marco Ilari
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BIODENTAL
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ASTRONOMIA -
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F O N D A Z I O N E C A S S A D I R I S PA R M I O
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ALLEANZA TORO
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La spedizione di Pescecotto
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GLOBAL SERVICE
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SUPERCONTI
LA
- P Fabbri - A Melasecche
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- V Grechi - L F Bianconi
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Ba rca ro tti
T Scacciafratte, E Costantini, P Casali, M Pasqualetti , TS
PA G I N A
- F Neri
Mensile di attualità e cultura
Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni
DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta di Raspetti Giampiero
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Direttore editoriale Giampiero Raspetti
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Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. E’ vietata la riproduzione anche parziale dei testi.
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Da tempo diminuiscono, in Italia, le iscrizioni alle facoltà scientifiche, poiché dominano dogma, retorica e comunicazioni massmediali ad usum malandrini! Solo uno sparuto gruppo di paesi definiti sottosviluppati è ormai (dati provenienti dalle apposite Organizzazioni Mondiali sull’educazione) conciato peggio di noi per quanto attiene la lettura critica di un testo e la comprensione logico-matematica. Saremo costretti ad importare insegnanti di matematica dall’Ungheria, dall’Albania, dall’India! E dire che affondiamo le radici nei mondi babilonese, etrusco, egiziano, greco... latino! Amo il popolo dell’Ellade, per la sua fantasia e per il suo spirito poetico, ma anche per aver dato inizio, soprattutto nelle colonie della Magna Grecia, alla scienza moderna. Amo gli antichi romani, ma per la loro positività e concretezza, per essere stati così poco disposti ad abbandonarsi ai sogni e alle illusioni della fantasia. Due grandi popoli, l’uno creatore di miti, l’altro ben lontano dal sogno hanno generato civiltà e cultura ci hanno forgiato. A loro la modernità deve tantissimo, anche se oggi alcuni barbari, belligeranti o ladroni, fanno, ignominosamente, finta di non sapere. Abbiamo consegnato al mondo intero un patrimonio eccezionale di opere d’arte (in tutte le arti) e di scienziati (in tutte le scienze). Le menti degli italiani sono molto, molto mature per meriti di nascita, potendo beneficiare della massima concentrazione di stimoli paesaggistici, ambientali, storici e culturali possibile in un’unica terra. Oltre alla radiosità delle condizioni atmosferico-ambientali, nel nostro Bel Paese sono presenti quasi tutti gli habitat naturali conosciuti, in un alternarsi prodigioso. Chi vive l’intera sua esistenza solo nel deserto o tra i ghiacciai assorbe stimoli monotòni e le conseguenze intellettive sono del tutto conseguenziali e note. Il nostro è il Paese più bello del mondo, troppi beduini però pretendono, da noi, di insegnare agli eskimesi come pescare e come mangiar pesce e troppi eskimesi nostrani si affannano unicamente per il loro igloo, frodando impunemente il pescato degli altri. Troppi politicanti si servono delle Istituzioni per placare i propri bassi istinti o per evitare la galera. Ignobili traditori di un Paese nobilissimo. Troppi Ministri alla Pubblica Distruzione hanno imperversato con la loro ignoranza, troppi sono intervenuti ed intervengono con le solite bagatelle. I Concorsi per il passaggio in ruolo, ad esempio, non servono se coniati di nuovo sul pappagallaggio di presunti candidati insegnanti che hanno studiato tutto a memoria! Troppi istruttori ripetono ancora ad alta voce, di pomeriggio e a casa, quello che all’indomani spargeranno sulle teste dei loro discenti, pretendendo poi che, nelle loro repetita (che in tali casi non iuvant), non sgarrino di una sola virgola! Quando realizzeremo che l’insegnante non può poter contare su di un tranquillo e perenne impiego solo in base alla graduatoria d’anzianità, ma in virtù di un libero contratto con gli Istituti scolastici, contratto che deve, di necessità, tener conto del successo dell’insegnante con i suoi discenti. A grande successo, quindi a molta utilità sociale, dovrà corrispondere, come in altri settori della vita non contaminati dalla dilagante corruzione, emolumenti adeguati. Gli incapaci, anche se hanno superato a pieni voti il Concorso di ammissione, dovranno organizzarsi, ad esempio nella cura della abitazione, la loro o di altri. Giampiero Raspetti
INCENDI
Il Canadair giallo e rosso è al suo quarto passaggio nel giro di mezz’ora. Mezz’ora che, passata su una sedia a sdraio a bordo piscina con vista sul Lago di Piediluco e sulla collina di Labro, è davvero un attimo, una frazione pigra di tempo riempita di niente, se non della voglia di combattere un po’ i quaranta gradi dei giorni più caldi dell’estate; ma che è indubbiamente più intensa per chi pilota quel gigantesco samaritano dell’aria.
Nei primi passaggi, l’aereo sembrava seguire una rotta fissa e stabile: veniva da ovest, quasi radente alle colline d’Arrone, poi faceva un largo giro per allinearsi longitudinalmente al lago mentre perdeva quota: arrivava a toccare la superficie dell’acqua, tale e quale ad un germano in fase di ammaraggio, lasciava una lunga scia schiumosa mentre riempiva a pelo d’acqua i serbatoi, e poi riprendeva quota. Le fiamme da spegnere sono poco distanti, soprattutto considerando la distanza in linea d’aria: bruciano i boschi della Valnerina e della Somma, verso Spoleto.
Questo quarto passaggio è un po’ diverso dal solito: forse per urgenza, forse per un pizzico di vanità, o magari forse solo per desiderio di variare una routine, il pilota stringe il semicerchio di avvicinamento, cabrando in maniera decisa e più verticale, accorciando lo spazio e il tempo della discesa verso il lago. Una manovra spettacolare, quasi acrobatica, da far invida alle Frecce Tricolori: e forse ancora più mozzafiato, se si considera che un bimotore turboelica anfibio è decisamente meno adatto di un caccia a reazione, per fare simili evoluzioni in aria. Quasi una picchiata verso l’acqua, seguita dall’abbeverata veloce e senza sosta, poi di nuovo in alto, verso l’incendio da spegnere. Il Canadair riesce a riempire i suoi serbatoi con più di seimila litri d’acqua in dodici secondi, accarezzando la superficie dell’acqua per poco meno di un chilometro e mezzo. Poi riprende quota, e non deve essere manovra semplice, visto che a quel punto l’aereo pesa sei tonnellate più di prima. Eppure lo fa, innalzandosi con un angolo ben più ripido di quello dei normali aerei di linea in fase di decollo, e nel giro di pochi istanti deve di nuovo rituffarsi in picchiata: stavolta non verso la superficie piatta e liscia d’un lago, ma contro quella solida, rugosa e inquieta delle colline ricoperte di boschi in fiamme. Chi lo guida deve scegliere l’angolo giusto per dare la maggiore efficacia possibile al suo carico d’acqua: deve volare radente alle fiamme, tuffarsi nel fumo denso e acre d’un fuoco di dimensioni spaventose, in una zona in cui la temperatura dell’aria è verosimilmente infernale. Col terreno a pochi metri dalle ali, col fumo che non fa vedere niente, senza radar o torri di controllo, col fuoco imprevedibile che lambisce l’aereo, col caldo che toglie il respiro: eppure qualcuno riesce ugualmente a muoversi, a volare veloce in queste condizioni, bombardando il terreno con il salvifico carico d’acqua. E poi di nuovo verso il lago, per un altro giro di giostra. Ci sono uomini in grado di fare questo, e altri in grado solo di starsene seduti a bordo piscina, al massimo commentando entusiasti il lavoro e l’abnegazione altrui. A parziale consolazione di quest’ultimi, che sono indubbiamente la maggioranza, resta la constatazione che esistono anche minoranze che distano dalla gente comune almeno tanto quanto i piloti di Canadair, ma nel senso opposto della scala etica dei valori. Sono quegli idioti che danno inizio a tutto, quelli che si aggirano di nascosto per i boschi con benzina e fiammiferi, e danno inizio agli incendi. La quasi totalità degli incendi è dolosa, provocata con intenzione da qualcuno: quelli accidentali, dovuti a distrazioni o cattivi comportamenti (mozziconi o fuochi di campeggio mal spenti) sono una piccola parte, e quelli causati dall’autocombustione sono più leggenda che realtà. Quasi sempre, quando una foresta si trasforma in cenere e da una collina s’alzano fumo e fiamme, è perché qualcuno ha voluto esplicitamente che questo accadesse. Le cause sono difficili da capire: le aree devastate da incendi non diventano per questo edificabili, come succedeva anni fa, quindi non può essere questa la ragione. Qualcuno pare che abbia dato fuoco ad un bosco solo per potersi poi vantare di segnalare l’incendio per primo, e recitare la parte dell’eroico salvatore, ma non dovrebbero esserci troppi casi di questa che è evidentemente una patologia. Eppure ogni anno qualcuno gioca col fuoco, e uccide alberi e animali: devastando un patrimonio che non solo è di tutti, ma in ultima analisi non è neanche nostro, del genere umano, ma del pianeta. Motivazione misteriosa, incomprensibile: ma il meno che si possa dire è che è una ragione criminale. Peggio ancora: è del tutto idiota. P i e ro F a b b r i
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Aperto per ferie L’estate è arrivata e come sempre, per chi è andato in vacanza, rapidamente trascorsa. Quest’anno più che mai, i dispositivi portatili come smartphone, netbook, tablet e simili, si sono rivelati irrinunciabili compagni di viaggio. Le immancabili statistiche di inizio estate hanno preventivamente sentenziato che il 78% degli italiani si sarebbe portato il lavoro in vacanza, grazie o per colpa, di smartphone e netbook, complice la crisi economica. Sembra inoltre che il 14 % degli intervistati abbia dichiarato che avrebbe lavorato addirittura a pieno regime durante la propria vacanza, il 16% più di tre ore al giorno e il 49% circa 3 ore al giorno. La domanda che sorge quindi spontanea è: con tutta questa tecnologia sotto l’ombrellone la vacanza sarà stata veramente rilassante? La possibilità di essere sempre connessi ha modificato anche il nostro modo di “staccare la spina”? Il risultato? L’incapacità di rilassarsi anche in quelli che dovrebbero essere i momenti dedicati al risposo. Quindi, c’è chi si stressa anche sotto l’ombrellone, ma c’è anche chi, dello stress altrui, ne ha fatto un business. La necessità di disintossicarsi, si è già trasformata in un affare da milioni di dollari. Sono così nate le strutture ricettive destinate appunto al “digital detox”. Si tratta di resort che aiutano a staccare mentalmente e fisicamente dalla routine di tutti giorni. Smartphone, tablet, computer, etc. vengono consegnati all’arrivo.
E le stanze non hanno né televisione, né connessione wireless. L’idea arriva dagli Stati Uniti, e ne è un collaudato fruitore addirittura Bill Gates che si prende una settimana all’anno, l’ormai famosa “think week”, solo per pensare. Si nuota, si prende il sole, si fanno lunghe passeggiate, si seguono corsi di meditazione, yoga e pilates ed è impossibile trovare uno schermo, di qualunque dimensione, su cui posare gli occhi. Negli States o nei Caraibi, in luoghi da sogno, vengono offerti appositi programmi di disintossicazione digitale, alla modica cifra di circa 3mila dollari a settimana. Il fenomeno in Italia è ancora poco diffuso, ma non mancano le offerte sul genere, come in Sardegna, sull’isola di San Pietro a Carloforte, circondato da mirto e macchia mediterranea c’é un resort che non ha tv, telefono, internet, frigobar, aria condizionata in camera proprio per godersi la pace e l’energia del paesaggio senza interferenze hi-tech. Ma la presenza in vacanza di smartphone, netbook, etc. non va solo demonizzata. Esistono ormai tantissime applicazioni, per ogni tipo di supporto informatico e digitale, che consentono di viaggiare più sicuri, di essere informati su eventi ed accadimenti in tempo reale, di fare prenotazioni particolarmente convenienti e disdire senza costi, di avere recensioni e feedback evitando così delusioni e truffe, di confrontare i prezzi di benzina e carburanti vari, di fare check-in per voli aerei saltando le noiose e stressanti file ai banconi delle compagnie aeree. Solo per citarne alcune, ci sono le varie applicazioni di Google, tra Maps e Earth; TripAdvisor, per hotel, voli e ristoranti in punta di dita; Trivago permette ai viaggiatori di poter prenotare direttamente in movimento, e migliaia di altre. La tecnologia informatica, in questi casi, è solo uno strumento al nostro servizio, che serva per prenotare la vacanza o per rispondere alle email di lavoro in vacanza, sta ad ognuno di noi trovare nel suo uso il giusto equilibrio e capire quando pigiare il pulsante OFF e magari costruire un castello di sabbia in riva alla spiaggia, come si faceva una volta, con i propri figli! a l e s s i a .m e l a s e c c h e @ l i b e ro .i t
- Assistenza Ospedaliera - Assistenza Domiciliare - Baby Sitter - Istituzioni pubbliche e private - Ausiliare per case di riposo - Infermieri professionali - Assistenza a disabili e non autosufficienti
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Quando la cicogna passa al centro commerciale Come reagireste se veniste a sapere da un centro commerciale che vostra figlia è incinta? È quello che è successo a un uomo di Minneapolis, il quale riceveva da qualche giorno delle lettere indirizzate alla figlia contenenti dei buoni per l’acquisto di ciucci e pannolini. Alquanto infuriato, il padre si è recato al centro commerciale per spiegare che sua figlia ha solo quindici anni ed ha ancora tempo per pensare a certe cose. Ottenute le scuse del direttore, l’uomo è tornato a casa, dove la figlia lo aspettava per comunicargli che era tutto vero, era in dolce attesa. Ma non l’aveva detto a nessuno, neanche alla sua miglior amica. Come era possibile che quel centro commerciale lo sapesse? O si trattava di una casualità? La quindicenne si recava abitualmente al negozio sotto casa ed usava la sua tessera fedeltà, ignara che i suoi acquisti venivano monitorati e raccolti da un servizio di guest marketing analytics (GMA) specializzato in “analisi predittive sulle abitudini d’acquisto”, un settore d’avanguardia di cui non si sente mai parlare... Si sa che le strategie di vendita si basano sulle abitudini del cliente, dalle quali dipende poi la disposizione della merce, l’organizzazione degli scaffali, la segnaletica e così via, perché il cliente va invogliato
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a comperare soprattutto quello di cui non ha bisogno, anzi “quello che non sa ancora di desiderare” come recitano gli esperti del settore. Il servizio di GMA però non si occupa di questo, ma fa analisi predittive, cioè indovina cosa il cliente comprerà in futuro. Niente di fantascientifico (o forse un po’ sì…). Il cliente comune è un soggetto abitudinario, acquista nel negozio più vicino all’abitazione o al posto di lavoro, condurlo laddove non andrebbe mai è un’impresa, ma è proprio qui che intervengono le “analisi predittive” perché il cliente si recherà in un posto nuovo quando avrà bisogno di prodotti nuovi. Ci sono dei momenti nella vita in cui una persona si trova a cambiare abitudini ed è quando gli accade un evento straordinario (matrimonio, separazione, nascita, trasloco...). Per esempio, una coppia in attesa di un figlio si reca in posti dove non è mai stata, scopre nuovi prodotti e adotta nuove abitudini d’acquisto. Il problema è reperire i nominativi prima che nasca il bambino e offrire ai futuri genitori quello di cui avranno presto bisogno. Gli studi medici non si vanno certo a vendere la lista delle pazienti (almeno si spera…), per questo è stato elaborato un sistema in grado di ricavare la notizia dallo shopping. Per esempio, quando una donna in età fertile inizia a comperare più prodotti per l’igiene, saponi inodori o disinfettanti per le mani, entra nella lista sensibile. Ed è esattamente quello che è accaduto all’ignara ragazzina di Minneapolis. Resta il fatto che a nessuno fa piacere che ad annunciare il lieto evento sia un buono acquisto. In quel caso, l’errore del centro commerciale è stato di aver inviato una brochure pubblicitaria troppo esplicita, ma, dopo questo piccolo scandalo, gli esperti hanno aggiustato il tiro, basta infatti mimetizzare i buoni prémaman mescolandoli insieme ad altri del tutto inutili. Così l’ignaro futuro nonno non viene a sapere niente prima del dovuto e la futura mamma si ritrova a passeggiare con un carrello in un posto nuovo che con il tempo le diverrà familiare. F r a n c e s c o P a tr i z i
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La c h i e s a p ro s s i m a v en tu r a In questo momento, tanto difficile per il nostro Paese, occorrerà tener d'occhio la Chiesa cattolica, perché non sorprenderebbe che la soluzione di un rebus che appare, al momento attuale, quasi insolubile, potesse venire proprio da lei. Chi scrive non è un politico e nemmeno un ecclesiastico. Ma uno psicologo sì; e come tale attento non a ciò che comunemente si dice o scrive, ma a ciò che la gente comune sente, se ne renda conto o no. E la gente è insofferente da un bel po', della responsabilità insita nella democrazia. Se allo Stato devo pensare io, chi penserà a me? Io delego, altri provvede, io non sono responsabile. La Fuga dalla libertà, come la chiamò Fromm, si rivelò (oltre che col fascismo) con l'inesplicabile favore che incontrò, ai suoi tempi, Craxi che era un uomo volutamente arrogante e antipatico che non manteneva i patti (come quello di alternarsi coi Dc di De Mita) e in più rubava. Non lo si poteva scrivere, ma tutti lo sapevano. Ma erano proprio quei difetti ad accattivargli il favore e la fiducia di chi, rifiutando il peso dell'essere responsabile, sentiva di quel chiaro messaggio Zitto tu, ci penso io il fascino della seconda parte, che gli faceva accettare la prima senza batter ciglio, beato di aver trovato chi gli togliesse il fardello democratico dalle spalle e ignorando totalmente il prezzo che ciò gli sarebbe costato. D'altronde il Ghe pensi mi era stato in tutta evidenza essenziale anche al delfino di Craxi che, con grande astuzia, aveva saputo capire tanto la chiave d'accesso al consenso, quanto il modo di soppiantare chi gliel'aveva consegnata. Anche il successo della Lega ha origini analoghe: del presunto marasma “romano” i cittadini erano stufi e volevano ordine (oltre che, poveracci, onestà e correttezza). Giusta aspirazione, purché si tenga sempre presente quanto delicato sia l'equilibrio tra ordine e libertà e quanto sia più facile tenere ordine a uno Stalin o un Hitler che a un Gladstone o un Einaudi. Ma il Bossi, nella sua rozzezza, aveva intuito una cosa che a Craxi e a Berlusconi era sfuggita: la Lega, almeno al principio, cercava di apparire portatrice di una fede: il dio Po, gli elmi cornuti e tutte quelle baggianate, in fondo servivano a dare una verniciata di fede e tradizione a un movimento improvvisato e spiritualmente plebeo. Con la crisi invece l'ordine è necessità, imposta oggi, in una, dall'impostazione contabile che la politica deve adottare e parallelamente dalla sordità umana dell'egemone Governo tedesco, portatore di ordine sì, ma a prezzo tale da far appassire il grande favor popolare che l'aver aiutato a togliere di mezzo i cialtroni, buffoni e drogati che caratterizzavano l'habitat politico, gli aveva procurato. Come un tempo a Varsavia, quell'ordine cerca ora di abbattersi prima su Atene e poi... Ed ecco il punto. Oggi il Governo tecnico, così ferreo, ordinato e inflessibile comincia a pesarci, perché nessuno dei popoli del Mediterraneo europeo -sia detto a loro merito- fu, nei tempi, mai inflessibile. Ciò anche in quanto i popoli del Mediterraneo europeo erano cristiani; e a differenza dal Vecchio testamento, dove l'inflessibilità di Jahvè lascia alle volte attoniti, nel nuovo, il perdono implorato dal Cristo morente sulla croce per i suoi carnefici è scuola e base per l'intera cultura europea. Coerentemente, la Chiesa annovera tra i suoi Sacramenti la confessione, vale a dire il perdono, condizionato solo al pentimento.
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w w w. l a p i a z z e t t a r i s t o r a n t e . i t lapiazzetta.terni@libero.it
Ecco perché in questo momento di travaglio e di sbandamento civile e morale, la Chiesa va considerata con grande attenzione. Perché essa è in grado di dare risposta tanto alla richiesta d'ordine, quanto a quella di protezione, quanto ancora all'esigenza di un minimo di correttivo all'inflessibilità dei ragionieri di Stato. Con in più la cultura del perdono (totalmente estranea alla filosofia di Equitalia) e quella di gestire ininterrottamente e con discreto successo il potere da oltre 17 secoli. Ma poi essa, che a poveri, infelici, calpestati seppe dare una parola se non di spiegazione, almeno di speranza in epoche ben più buie che la nostra, è in grado di colmare la lacuna -vero peccato mortale dei Governi attuali- di non considerare e nemmeno prevedere una risposta al dolore umano e alle difficoltà, che non sia meramente materialistica. Facile, il rispondere che non sarà la Madonna a far tornare i conti, ma il problema non è questo: è che il farli quadrare ad ogni costo costringe a considerare come una macchina calcolatrice (magari guasta) l'essere umano e ciò cozza irrimediabilmente con il senso della persona insito sia in chi ha una fede religiosa, sia anche in chi non crede in niente; ma al fatto di essere dotato di sofferenza e di un minimo di dignità, sì. I cristiani lo chiamano essere fatti a immagine e somiglianza di Dio. La grande obiezione all'intervento diretto di una struttura come la Chiesa cattolica nell'universo politico è la mancanza di democrazia che vi si riscontra; né d'altronde si può pretendere che un organismo che sostiene parlare a nome della Divinità voglia dare uno spazio paritetico a chi non parla che in nome proprio. Ma ormai il cittadino medio, alla mancanza di democrazia in chi lo governa è più che rassegnato e ne fanno fede quello striminzito 6% di fiducia che la classe politica (quella che appunto dovrebbe assicurare la democrazia) gode nella considerazione popolare e la rovinosa frattura che s'è creata tra la gente e la Casta. Per liberarsi della quale la stessa gente ha accolto a braccia aperte Monti, proprio come nel '44, pur di liberarsi dal nazifascismo, accolse a braccia aperte un esercito straniero e, in quanto tale, invasore: il minore tra i due mali. In politica e non solo, dove c'è uno spazio libero qualcuno l'occupa. Lo spazio umanistico lasciato vuoto dal rifiuto di considerare la persona umana, quello spazio lasciato vuoto dal tentativo, fallito persino in Unione sovietica, di cancellare 18 secoli di pensiero umanista cristiano e 5 di pensiero umanista laico, non attende altro che di essere occupato da chi a quella richiesta sappia dare risposta. Vi n c e n z o P o l i c re ti
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Lo specchio urbano L a p i a z z a c o m e p o rt a u rb a n a ( 1 8 6 9 )
La piazza come vuoto urbano (1887-1935)
Piazza Tacito nasce come plàtea nel senso letterale del termine latino che indica una strada larga: la strada in questione è la via Tacito di cui la nuova piazza omonima costituisce un’articolazione dimensionale. Tale asse stradale, con i relativi contermini lotti edificatori, costituirà il primo e felice progetto urbano, opera di Benedetto Faustini nel 1869, della città di Terni subito dopo l’unità d’Italia. Parte di esso si innesta nel tessuto vivo della città storica, parte, con la sua griglia di strade, occupa gli spazi liberi, costituiti da orti e giardini, tra quella e la cinta muraria medievale. La nuova piazza, come emerge dal disegno del 1877, testimonia chiaramente l’intento di salvaguardare le mura urbiche che l’attraversano indisturbate. Queste la dividono in due parti: quella intra moenia, più ampia, di forma rettangolare (delle proporzioni di un rettangolo aureo), quella extra moenia, meno ampia, di forma semicircolare (con il diametro che misura il lato minore dell’altra). Le due parti sono collegate da una porta urbica da realizzare, come unica discontinuità, nelle mura medievali. Il modello preso a riferimento è, forse, quello della porta del Popolo a Roma che separa l’omonima piazza (realizzata dal Valadier alcuni decenni prima) dal piazzale Flaminio. Il progetto assegna alla piazza il ruolo di accoglienza per chi arriva da Nord, dal nuovo scalo ferroviario servito da una strada suburbana (l’attuale viale della stazione). Questa con la sua quinta alberata, che perimetra anche l’emiciclo e la stessa piazza, accentua l’importanza dell’asse, Nord-Sud, di collegamento tra il centro urbano e la stazione ferroviaria.
La piazza, a cavallo dei secoli XIX e XX, è solo un ordito che delimita un perimetro da edificare con quinte edilizie che la definiscano nella terza dimensione. Lo spazio racchiuso da tale perimetro rimane tutto da inventare. Il processo di definizione formale e funzionale richiederà mezzo secolo per giungere ad un esito. Dapprima si realizzano tre edifici di cui due sulla testata del corso Tacito e uno sulla metà della testata di via Battisti. Di foggia neorinascimentale, la relativa altezza (tre piani) non conferisce loro la forza per competere con le grandi dimensioni del nudo invaso spaziale. La presenza del monumento ai caduti della prima guerra mondiale al centro della piazza (alla fine degli anni venti) pur temperandolo, lascia inalterato l’horror vacui di questo spazio che è “pura figura prospettica, profondità senza capienza, impraticabile e inabitabile”. Così è definito lo spazio metafisico-surreale della pittura di De Chirico da G.C. Argan. Il carattere che va assumendo la piazza infatti evoca subito tale riferimento. Piazza Tacito come piazza metafisica preterintenzionale, specie di serendipity urbanistica.
L a p i a z z a c o m e o rd it o u rb a n o ( 1 8 8 6) Un secondo progetto del 1884 prevede, nello stesso sedime della precedente, una piazza quadrata di smisurate dimensioni, circa 150 metri di lato, come fulcro di un duplice asse: il primo recepisce l’orientamento della nuova via Tacito (determinato dal progetto del 1869); il secondo ortogonale al primo collega la città ai nuovi costituiti e costituendi insediamenti industriali. Su tale cardo e decumano ottocentesco si dipana il tessuto urbano delle nuove espansioni edilizie di Terni. Queste, insieme all’abnorme piazza, cancellano inesorabilmente un lungo tratto della cinta muraria medievale. Due anni dopo (1886) un altro piano riduce le sue dimensioni ricalibrando anche forme e contenuti del precedente. In questo stesso anno viene elaborata “una minuta” di piano che, pur prevedendo addizioni edilizie quantitativamente significative, salvaguarda le mura urbiche e ribadisce il ruolo di porta urbana alla piazza come concepito dal Faustini nel 1869. Tale contrapposizione di scelte urbanistiche, alle soglie dell’incipiente industrializzazione del territorio ternano, testimonia l’esistenza di un dibattito aspro nella città o almeno all’interno della sua classe dirigente. Tant’è che nessuno di detti piani sarà approvato; ciò nonostante nella prassi gestionale passerà la linea urbanistica della demolizione delle mura medievali e della riduzione dimensionale della piazza, ridotta ad un ruolo meramente ordinativo del nuovo assetto urbano.
La pi az z a me tafi si c a (1936) Se tale era la sua vocazione, così verrà interpretata la piazza sia dal Bazzani (con il suo progetto del 1933) sia dai Ridolfi-Fagiolo con il progetto vincitore del concorso per la sistemazione della stessa bandito nel 1932. Pur appartenendo a due ismi figurativi contrapposti, al Novecentismo il primo ed al Razionalismo i secondi, risolvono l’unità prospettica della piazza con simboli spaziali quali sono le forme geometriche pure. Per il Bazzani cinque stele luminose di cui quattro in forma di obelisco che punteggiano gli angoli della piazza; la quinta al centro, più alta, in forma di parallelepipedo, a base quadrata, composto con due semicilindri orientati secondo l’asse maggiore. Per i Ridolfi-Fagiolo (la cui opera sarà inaugurata nel 1936) una grande vasca articolata su tre corone circolari di piani e forme diversi. La prima, sottile, costituita da un ampio marciapiede, la seconda, più stretta ma più alta, costituita da un basso parapetto-seduta. La terza, la più ampia e senza spessore apparente, costituisce il catino della raccolta dell’acqua; una cascata d’acqua, che sgorga da un anello d’acciaio posto ad una quota di circa quattro metri, in forma di cilindro leggermente svasato; un’asta altissima e sottilissima in forma anch’essa di cilindro impercettibilmente rastremato.
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Fenomenologia e trasfigurazione di una piazza Comune ai due progetti sono i filari di lecci (singoli per il Bazzani e doppi per Ridolfi) con le chiome geometrizzate in forma di parallelepipedi. Elementi naturali, acqua e flora, sono coniugati in forme geometriche come quelli artificiali, pietra cemento e acciaio Mentre il primo progetto interpreta le forme geometriche solo come simboli spaziali, il secondo estende la simbologia oltre la pura rappresentazione spaziale per alludere anche alla cascata delle Marmore ed all’industria, entrambe, secondo l’accezione futurista, compendio di bellezza ed energia.
La piazza come seducente rotatoria (1937-1989) La piazza si defnisce, al suo nascere, come fulcro di snodo di due strade ortogonali tra di loro e convergenti al suo centro geometrico. Dal punto di vista funzionale, resta una tipica piazza ottocentesca, specchio delle necessità di un agile movimento di uomini e mezzi connesso con il processo di industrializzazione diffusa in atto. Nel primo mezzo secolo di vita, nonostante sia coeva allo slancio futurista
La pi az z a de ne gata (oggi ) Alla fine degli anni Ottanta (gli anni dell’”Italia da bere”) del secolo scorso l’ex sindaco di Milano Tognoli, novello ministro dei lavori pubblici, dà, informalmente, il proprio nome ad una legge (n.122 /1989) che all’art.9, comma 4 consente che i “comuni… possano prevedere nell’ambito del programma urbano dei parcheggi, la realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse”. Detto articolo, inserito all’interno di una legge “Zibaldone”, ripropone la triste abitudine italiana di legiferare solo in termini emergenziali, parziali e generici lasciando la responsabilità ai singoli comuni sull’opportunità delle scelte. Nel caso del comune di Terni tale norma è stata usata per ricavare parcheggi nel sottosuolo di strade e piazze del centro urbano. Ciò è stato fatto indiscriminatamente, senza distinzione, come ad esempio tra la via della Rinascita e la piazza Tacito. Va da sé che la differenza storico-simbolica tra i due luoghi urbani è palese: si è visto quanto lungo e dibattuto sia stato il processo di definizione formale e funzionale della piazza a fronte dell’anonima via. In quest’ultimo caso, che ha pur richiesto un confronto (positivo) con alcuni resti delle mura medievali, la realizzazione del parcheggio interrato ha liberato ad un uso pedonale l’intera via, nell’altro ha dimezzato la piazza, metà ad uso carrabile e metà ad uso pedonale, annichilendo l’unità formale e funzionale. Un luogo simbolico della Terni moderna, che ha visto intelligenze politiche ed intellettuali misurarsi nel corso del tempo per definirlo, è stato inopinatamente sfigurato. La metà pedonalizzata è uno spazio di risulta che oscilla, a tempi alterni, tra un insignificante e scomodo luogo di sosta per i pedoni e un “attendamento di saraceni”. Meraviglia come tale scempio urbanistico si sia consumato senza che associazioni culturali storicoambientaliste, ordini professionali e opinione pubblica abbiano eccepito alcunché. di Boccioni della “città che sale”, conserva un tono spaesante e spaesato più assonante a certa poetica di Sironi o di De Chirico. Solo con l’incipiente motorizzazione degli anni Trenta, recepita prontamente dal progetto di Ridolfi-Fagiolo, e soprattutto con la sua diffusione di massa del secondo dopoguerra acquista una compiuta identità. Spazi e manufatti edilizi che la definiscono rispondono adeguatamente alle esigenze funzionali e formali in un raggiunto equilibrio: le strade ombreggiate, tra le completate quinte edilizie ed i verdi e puri volumi dei lecci, lungo i lati lunghi della piazza, sono calibrate per un piacevole uso pedonale. Il suo spazio interno, destinato esclusivamente al carosello delle autovetture che smista agevolmente il traffico urbano, è centrato sulla rotonda della fontana; questa assolve sia un compito di mera rotatoria che di rappresentazione dei simboli della città. La loro icastica forma consente un’immediata percezione anche alla vista distratta dei passeggeri dalle automobili in movimento, Il mosaico dello zodiaco sul fondo del catino, l’impetuoso e sorprendente scroscio dell’acqua che richiama quello più grande delle Marmore, sono riservati al pedone meno distratto e libero dall’abitacolo rumoroso della vettura.
La piazza come Foro (una nuova identità) Forse è opportuna una riflessione collettiva su tale tema ed aprire un dibattito (sì, il dibattito sì) sul che fare. Queste brevi note conclusive insieme a quelle che le precedono vogliono essere un primo contributo. Un pretesto funzionale, la necessità di reperire autorimesse interrate a beneficio degli abitanti e degli operatori professionali e commerciali della zona, ha suggerito la pedonalizzazione della superficie soprastante: perché non estendere tale destinazione d’uso all’intera piazza? E con un po’ più di coraggio raggiungere, a Sud il corso del popolo ed a Nord la stazione ferroviaria, pedonalizzando sia il corso, il viale e gran parte del piazzale della stazione? Ciò comporterebbe di ripensare, da un lato la mobilità dell’intera area centrale della città e privilegiare i mezzi pubblici all’interno di una consistente rete ciclo-pedonale, dall’altro una possibile nuova identità della piazza, un’ulteriore trasfigurazione Questa in prima ipotesi può essere definita come un Foro della contemporaneità che partecipa, insieme al sistema delle tre piazze a Sud e alla nuova piazza della stazione a Nord, di una struttura articolata di luoghi urbani, armatura urbana unitaria a scala dell’intera città, come era per le città ellenistico–romane di Palmira e Gerasa. Va l te r To c c h i
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Previdenza PENSIONE INTEGRATIVA : COME , PERCHÉ , DOVE E QUANDO Riflessioni di un Agente
Le pensioni dello Stato sono già oggi miserabili per molti di noi. E lo saranno ancor più tra qualche anno. Allora, che si fa? Una questione (anche) di fiducia Su internet e sulla stampa specializzata troverete decine di pareri sull’inutilità e la bassa convenienza dei Fondi Pensione delle Assicurazioni … il tutto a vantaggio di una strategia fai-da-te che punta tutto sugli investimenti in Borsa. Avete il tempo, la conoscenza tecnica, le capacità, la costanza e la voglia di provarci da soli per un periodo che può durare anche 35 anni? Per la Previdenza Complementare dobbiamo poter contare sull’assistenza di un addetto del settore, di cui ci si possa fidare. vi offre questo ... ... l’esperienza, l’onestà e la consulenza di qualcuno che possa consigliarvi e dirvi le cose come stanno. Il risparmio fiscale e la flessibilità dei PIP Oggi i PIP (Piani Individuali di Previdenza) ci permettono di dedurre fino a 5.164,57 euro l’anno, realizzando un risparmio fiscale pari alla nostra aliquota IRPEF applicata al versamento annuale: La
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Contributo annuo versato e dedotto Reddito Aliquota imponibile marginale 2.000 5.165 (max deducibile) IRPEF Risparmio Esborso Risparmio Esborso 2011 fiscale effettivo fiscale effettivo 15.000 35.000 62.000 82.000
23% 38% 41% 43%
460 760 820 860
1.540 1.240 1.180 1.140
1.183 1.963 2.117 2.221
3.977 3.202 3.047 2.944
Esempio di risparmio fiscale a seconda del reddito imponibile del Cliente con due ipotesi di contribuzione annua: 2000 euro e 5.165 euro.
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saprà già delle nostre qualità ...
… chi non ci conosce, che ci metta alla prova, risponderemo con un sorriso … e con i numeri. Chiedere informazioni significa sapere, sapere vuol dire scegliere bene, e scegliere bene vorrà dire guadagnare bene. Dr.ssa Sabrina Guiducci Agente Capo Dr. Stefano Costantini Responsabile Vita di Agenzia
SARA ASSICU R A ZIO N I S PA AGENZIA CAPO DI TERNI AGENTE CAPO Dr.ssa Sabrina Guiducci Via C. Battisti 121/C - 05100 Terni Tel/Fax 0744/401057 mail ag6020@saraagenzie.it ORARIO Da Lunedì a Venerdì 8.30 - 12.30 15.30 - 18.00
Il 12 ottobre, dalle ore 18 alle ore 20, nella Sala G dell’Associazione Culturale La Pagina, in Terni, Via De Filis 7a, si terrà, a cura della SARA ASSICURAZIONI, ASSICURAZIONI un incontro pubblico sul tema: La Previdenza. Previdenza La cittadinanza è invitata ad intervenire.
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Abissinia Water Festival Nel 1935 il contadino Aspromonte, geniere dell’8° Reggimento Genio, sbarcò in Eritrea per fare la guerra al Negus Neghesti, Hailè Selassiè. Aveva lasciato i campi di famiglia in località La Mojia (dal latino mollia, polla d’acqua sorgiva in un terreno acquitrinoso),nei pressi del lago di Piediluco, dove ogni quattro passi c’era un ruscello con acqua freschissima. La paura della guerra, il viaggio in nave verso una terra sconosciuta e l’acqua che sapeva di nafta avevano contribuito a portare il tono dell’umore del ventiduenne militare a livelli molto bassi. Dopo qualche giorno di sosta al porto, tutti furono caricati su alcuni autocarri e dopo un lungo e polveroso tragitto giunsero a destinazione: un accampamento militare posto sopra una collinetta, dominante una pianura che sembrava non finisse mai. Mentre cenavano -alla luce del sole al tramonto- con i commilitoni che avevano trovato sul posto, i nuovi arrivati cercavano di fare qualche domanda per capire un po’ la situazione, senza dare nell’occhio, sperando di non essere presi in giro e soprattutto di non far vedere che erano preoccupati. Dove sta il nemico?, chiese uno di loro. A questa domanda gli anziani scoppiarono tutti a ridere, ma con un riso nervoso che nascondeva la paura che tutti avevano e che nessuno voleva far vedere agli altri. Tra poco li vedrete da dove vengono… Vengono da tutte le parti, sono qui intorno a noi… E proprio in quel momento echeggiò il primo colpo di fucile. E allora fu un susseguirsi di grida e di ordini concitati: mitraglieri a postooo… Tutti ai posti di combattimentoooo… Fare fuoco solo al mio ordineeee… non sprecare le munizioniiiii… Aspromonte raccontava di aver infilato il moschetto tra due sacchetti di sabbia e di aver fatto fuoco a casaccio tenendo la testa ben riparata. Si udiva un rumore sordo, indistinto, di centinaia di persone che si muovevano nella incerta luce del crepuscolo e tra una raffica e l’altra si sentivano alcuni asini ragliare disperatamente. L’aria puzzava di polvere da sparo e di terra e si sentiva l’odore caldo del sangue. Qualcuno gridava invocazioni alla Madonna e qualcun altro invocava la propria madre, mentre le grida che salivano dal piano sottostante erano incomprensibili ai più, fuorché agli ascari. Dopo un tempo che ad Aspromonte sembrò eterno, il campo di battaglia fu sorvolato da alcuni aerei italiani, che misero in fuga il nemico mitragliando a bassa quota e buttando bombe di ogni tipo. Quando sorse l’alba furono visibili i terrificanti risultati dell’azione notturna: una carneficina di centinaia e centinaia di uomini ed animali. Furono tutti seppelliti nella sabbia e l’odore della morte aleggiò per giorni e giorni nella zona. Mentre il fronte avanzava, il Reggimento del Genio di Aspromonte rimaneva nelle retrovie per costruire le strade. Retrovie per modo di dire: qualunque pastore o contadino indigeno poteva tenere un fucile nascosto da qualche parte e sparare a un soldato che si era allontanato dal plotone per soddisfare un bisogno corporale. E fu proprio per soddisfare tale bisogno che Aspromonte si allontanò dal suo gruppo, dirigendosi con circospezione verso alcune rocce poco lontano, imbracciando il fucile col colpo in canna.
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Girò intorno alle rocce per uscire dalla visuale dei commilitoni, si inoltrò per alcune decine di metri dentro uno stretto canalone e, trovato il posto giusto, fece quello che doveva fare e poi si mise a dare un’occhiata in giro. Il canalone a un certo punto si biforcava in due canaloni ancora più stretti, uno dei quali era quasi completamente in ombra. Il militare allora, per sentire un po’ di refrigerio e perché non aveva tanta voglia di tornare a spalare la terra sotto il sole rovente, si infilò nello stretto cunicolo. Per poco non gli venne un colpo quando, superando una curva, alcuni uccelli si alzarono in volo fragorosamente, spaventati dalla sua intrusione. Come mai quei volatili -si trattava di tortore, rigogoli e passeracei vari- si trovavano lì? Il contadino-cacciatore non poteva non porsi questa domanda. L’esperienza gli diceva che quegli uccelli erano lì per bere o per mangiare ma, per quanto aguzzasse la vista, non riusciva a vedere niente di commestibile intorno a lui. Si appoggiò allora alla fresca parete del cunicolo e si mise ad osservare attentamente la terra ricoperta dagli escrementi secchi di molti volatili. All’improvviso un frullo d’ali ed ecco una tortora infilarsi nello stretto spazio e posarsi sopra un cespuglio spinoso poco più in alto. L’uccello, appena infastidito dalla presenza dell’uomo, stette un po’ a guardare poi, convintosi che non aveva nulla da temere o spinto da qualche urgente necessità fisiologica -fame, sete, accoppiamento?- si alzò in volo e planò dolcemente a terra dentro il cunicolo, poco più avanti. La tortora camminando si avvicinò alla parete rocciosa tenendo sempre sotto controllo quell’individuo che stava appoggiato alla parete dell’altro versante dello stretto canalone. L’uomo non muoveva nessuna articolazione mentre seguiva con lo sguardo l’uccello che avanzava con circospezione verso una meta ben precisa. Ad un tratto la tortora, senza perdere di vista lo strano spettatore, immerse il becco in un buco della roccia e bevve avidamente senza alcuna interruzione. A quel punto il soldato si fece avanti -la tortora spaventata dal movimento volò subito via- e vide che dalla parete di roccia e fango cadeva ogni tanto una grossa goccia d’acqua che si raccoglieva più in basso in una specie di catino naturale. L’assetato protese le mani a coppa e aspettò che la goccia cadesse: flop… e poi un’altra e un’altra ancora… Sorseggiò e assaporò quel meraviglioso liquido terroso e si commosse mentre gli occhi gli brillavano come fosse un bambino. Allora si mise a modellare quel pezzo di terra cretosa in modo da aumentare il numero delle gocce e l’intensità della loro caduta.
Bevve ancora e poi a malincuore tornò indietro temendo che qualcuno venisse a cercarlo e scoprisse il suo meraviglioso segreto. La notte non poté chiudere occhio al pensiero di avere una sorgente a portata di bocca. Lui, abituato a tracannare litri di freschissima acqua, non sopportava la scarsa razione giornaliera puzzolente di nafta. Inoltre la sete era aggravata dal fatto che il cibo che consumavano era particolarmente salato in modo da impedire che si disidratassero. Ricordava anche che per Natale avevano avuto come regalo ben cinque litri di acqua ogni tre soldati per fare la doccia: la doccia consistette nel bagnare un fazzoletto e strofinarselo su tutto il corpo. Non potendo quindi dormire si alzò, si vestì, si infilò sotto la camicia un barattolo vuoto di conserva di pomodoro, prese borraccia e fucile e, con la scusa della diarrea e la complicità della guardia, riuscì ad allontanarsi dal campo in direzione della mitica fontana. La spinta della sete era più forte della paura di camminare di notte, da solo, lontano dall’accampamento. Nonostante il chiarore di uno spicchio di luna, sbagliò strada più volte: orientarsi nel mondo notturno con le sue ombre che cambiano la fisionomia al panorama, rendendolo diverso da quello del giorno, non è affatto facile. Tornò indietro, si corresse ed infine ritrovò quello che cercava. Mise subito il barattolo in posizione e quando fu pieno a metà non riuscì ad aspettare oltre e bevve avidamente. Saziatosi, riempì la borraccia e lasciò il barattolo sul posto. La notte dopo il rito fu ripetuto tale e quale, sempre con la scusa d e l l a diarrea. Questa manfrina andò avanti per un certo tempo nella segretezza più assoluta, con qualche modifica per impedire alle tortore di rovesciare il prezioso barattolo. Esso fu fissato al suolo con dei bastoni e coperto ai lati con rami spinosi per impedire ai volatili di salirci sopra e di lordarlo con i loro escrementi. L’acqua che fuorusciva dal barattolo, una volta pieno, si raccoglieva in una piccola pozza dove gli uccelli potevano bere e anche sguazzarci dentro. Intanto però la strada si spostava in avanti, allontanandosi dalla fonte e con essa si spostava tutto l’accampamento. Aspromonte, costretto ad impiegare più tempo per raggiungere quell’Eden, escogitò un ingegnoso sistema: aiutandosi con alcune pietre, mise più barattoli uno sull’altro, un po’ sfalsati in modo che, riempito il primo, l’acqua che tracimava cadesse su quello sottostante e così via… in questo modo, visto che l’accampamento si era allontanato di molto, utilizzava il tempo solo per arrivare alla fonte, non dovendo attendere ore per bere e per riempire la borraccia di alluminio foderata di tela color cachi. Col procedere dei lavori stradali non gli fu più possibile raggiungere di notte l’abbeveratoio, perché troppo lontano dal campo e dovette contentarsi della razione di acqua alla nafta che passava il convento. La sera si addormentava a fatica sognando spesso di essere accanto a un ruscello e si svegliava con la gola
riarsa per il cibo salato e per il troppo russare. Dopo alcuni mesi di lavoro la strada fu terminata e tutta la truppa fu fatta tornare indietro, proprio nella zona della sorgente segreta. Aspromonte si fregava le mani pregustando nuove pantagrueliche bevute. Arrivato sul posto ebbe invece una sgraditissima sorpresa: la sua fontana privata era stata scoperta! Scoperta e violentata: il viottolo allargato, la zona circostante spianata fino a creare una grossa piazza; nulla era più riconoscibile e al posto della parete di rocce e fango troneggiava un muro di cemento armato, parte posteriore della grande fontana, con tanto di aquila e fascio littorio in bronzo, con scritte e date e due soldati di guardia, giorno e notte, a tutela del prezioso liquido. Anche oggi c’è chi soffre la sete: pensaci… e non sprecare l’acqua. Vittorio Grechi
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La piramide a lime ntare mediterranea Circa 50 anni fa l’equipe del Prof Ancel Keys effettuò uno studio minuzioso confrontando le abitudini alimentari di USA, Giappone, Italia, Grecia, Jugoslavia, Olanda e Finlandia su 12000 persone di età compresa fra 40 e 59 anni suddivise in 14 campioni. Dallo studio emerse come la mortalità per cardiopatia ischemica era nettamente inferiore tra le popolazioni situate intorno al mediterraneo. La mortalità inferiore fu attribuita alla dieta con una quota ridotta di grassi saturi (quali strutto, burro, carne rossa) e con una quota maggiore di grassi polinsaturi, verdura fresca e frutta fresca e cereali. Oggi a questo tipo di dieta si attribuisce la presenza di grassi indispensabili come i polinsaturi, proteine vegetali e animali di buona qualità, fibre solubili ed insolubili con sali minerali e vitamine, carboidrati a basso indice glicemico e acqua. Nel 1992 il USDA ha introdotto il concetto di piramide alimentare come metodo grafico per illustrare la composizione ottimale dei macronutrienti nella dieta mediterranea. Ciò consente di ripartire in modo ottimale l’apporto calorico quotidiano sui differenti nutrienti per prevenire l’insorgenza delle così dette “malattie da benessere” come: arteriosclerosi, infarto, diabete, ipertensione, obesità... La quantità standard di alimento espressa in grammi che si assume come unità di misura da utilizzare per un’alimentazione equilibrata è detta PORZIONE. Nel 2004 W. Willet e M. Stampfer hanno proposto una revisione della piramide originale introducendo il concetto di porzione dipendente dalle caratteristiche del soggetto e dall’attività fisica svolta.
Ad oggi nel nostro paese la piramide prevede quanto segue: Cereali
6-11 porzioni al giorno in quantità diversa a seconda delle caratteristiche del soggetto (età, sesso, attività lavorativa e sportiva) 1 porzione = 30 gr di pasta, pane o riso o cereali da colazione o fette biscottate, 120 gr di patate o legumi freschi
Verdure
3-5 porzioni al giorno 1 porzione = 100 grammi di verdura fresca o surgelata
Frutta
2-3 porzioni al giorno 1 porzione = 150 grammi di agrumi, fragole, albicocche, pera e mela,100 gr di ananas, ciliege, 70 di banana, fichi, uva
Latte yogurt
2-3 porzioni al giorno, Formaggio solo 1-2 volte a settimana 1 porzione = 130 gr di latte scremato o yogurt magro, 60 gr di formaggio fresco, 40 gr di formaggio stagionato
Carne pesce 2-3 porzioni al giorno uova 1 porzione = 60 gr di carne magra, 80 gr di pesce, 1 uovo più 30 salumi magri g di carne, 40 gr di prosciutto magro o bresaola, 30 gr di legumi legumi secchi secchi più 30 gr di carne magra Grassi
1-4 porzioni al giorno 1 porzione = un cucchiaio da minestra, preferire olio extra vergine d’oliva a crudo
Dolci alcol
meglio evitare. Eventualmente per i dolci una volta a settimana a pasto. Il vino a pasto mezzo bicchiere, meglio se rosso. Non utilizzare i superalcolici.
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La Terni Verniciatura nasce nel 2007. Si trova nella zona industriale di Vascigliano di Stroncone e si occupa di sabbiatura e verniciatura dei metalli. La sua produzione varia da cancelli, ringhiere, persiane, termosifoni fino alla carpenteria più pesante tipo serbatoi, travi, tralicci e macchinari industriali. Il processo di lavorazione comincia con la preparazione dei manufatti tramite la sabbiatura che consiste nell’investire il pezzo in questione con aria ad alta pressione e granuli abrasivi. Essa viene svolta in una cabina apposita e come materiale abrasivo viene usato il Garnet, una roccia australiana che è tra i minerali più duri al mondo e inoltre, al contrario della sabbia, non è pericoloso per l’ambiente e la salute delle persone. Il risultato del processo è l’assenza totale di impurità come grasso o vecchie vernici. Inoltre la superficie del metallo diventa ruvida e idonea per la migliore aderenza delle pitture. La verniciatura viene fatta con metodo air-mix per piccoli manufatti e con metodo air-less per le grandi produzioni. Essa viene svolta su un grigliato aspirante dotato di filtri a carboni attivi i quali trattengono i solventi evitando emissioni nocive nell’atmosfera.Una volta pronti i manufatti vengono accuratamente controllati e imballati con il massimo della cura per evitare così che si rovinino durante il trasporto. La Terni Verniciatura annovera nel suo portfolio clienti aziende importanti del ternano e non, come la Co.Re.In. srl, la Sider Zinco srl, la Ondulit Italiana spa, la Vivard impianti srl, la Coimont sas, la SO.IM.I. s.r.l., la CCM spa e molte altre, oltre a clienti privati e piccole officine meccaniche. L’obiettivo finale dell’azienda è il conseguimento di una sempre maggiore qualità nel massimo rispetto dell’ambiente e della tutela della salute.
• Sabbiatura, fino al grado SA3, e verniciatura a liquido di manufatti metallici (travi, serbatoi, ringhiere, cancelli, ponteggi e gru edili) • Sabbiatura di marmi, mattoni, pianelle e legno • Preparazione, a mezzo sabbiatura, di materiale già verniciato da zincare a caldo • Sabbiatura e verniciatura in opera di impianti industriali • Imballaggio accurato • Capacità massima di sollevamento 10 tonnellate
TERNIVERNICIATURA di Tarquini Riccardo Sede Legale Via del falco, 49 05100 Terni - Tel. 0744/304099 Sede Operativa Via F. Malvetani snc - 05039 Vascigliano di Stroncone(TR) Tel/Fax 0744/608156 cell. 347/3567123 tarquiniriccardo@hotmail.it
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Incontro con Claire Arnot una francese innamorata dell’Umbria A molti di voi il nome “Claire Arnot” non dirà molto, ma forse Claire Boutonnet suonerà familiare a qualcuno. Sto parlando di una professoressa francese madrelingua che, innamorata dell’Italia, si è stabilita in Umbria e vive ormai da molti anni a Terni, dove insegna e da dove parte per andare a insegnare a Roma ogni giorno, come tanti pendolari della nostra realtà urbana. La sua peculiarità e la sua bravura sono nella scrittura: dopo l’autopubblicazione di due libri in francese ha partecipato a diversi concorsi letterari, in molti casi vincendoli e in altri aggiudicandosi le primissime posizioni. Un vero e proprio talento che si può gustare a pieno (masticando il francese, ovviamente!) nei primi due libri di quella che è una quadrilogia dedicata alle avventure tinte di giallo di Hélène Fontayne, ambientati tra la Francia e l’Umbria, ovvero Piège en Ombrie e Le Sourire du Vautour. Dopo un percorso un po’ tortuoso in madrepatria tra il mondo del giornalismo, del teatro e dell’istruzione, nel settembre 1989 arriva a Terni come lettrice madrelingua e da quel momento l’Italia si è trasformata nella sua seconda patria grazie anche al matrimonio e alla nascita dei suoi ragazzi e al legame sempre più stretto che ha creato con la realtà ternana grazie alla radio (per un periodo si è occupata di una trasmissione bilingue), al teatro (dove ha creato degli spettacoli per ragazzi in lingua francese) e, soprattutto, alla scuola. La passione per la scrittura l’ha sempre avuta e traduce la sua infaticabile voglia di comunicare con gli altri in storie fermate su pagine stampate o meno: i vari concorsi a cui partecipa con i suoi scritti sono dei veri e propri esercizi di stile, ma anche dei modi per incanalare tutte le avventure che vive o a cui assiste. Osservando le persone che incontra in treno o in città dice spesso che sarebbero dei personaggi perfetti in un romanzo e il suo divorare romanzi polizieschi ha fatto il resto: un giorno si è messa davanti al suo computer ed è diventato tutto semplice e
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tutto concreto. Leggendo i suoi romanzi le somiglianze con la protagonista, Hélène, si fanno sempre più nette, ma non si tratta di un personaggio autobiografico, anche se per alcuni versi è ovvio che la professoressa di francese in Italia nei suoi libri si è liberamente ispirata alle sue esperienze: non potrebbe essere altrimenti! La passione per la cucina (in generale e italiana nello specifico!) l’ha spinta poi ad aggiungere ben quindici ricette alla fine del primo romanzo (Piège en Ombrie, in cui due strane morti scuotono la monotona vita di una cittadina umbra), prendendo spunto dalla presenza di un cuoco tra i suoi protagonisti principali. Mentre nel secondo romanzo (Le Sourire du Vautour) la golosità continua a caratterizzare la protagonista (affetta da cioccolatomania!) ma la storia ruota attorno alla misteriosa (e cruenta!) morte di uno dei suoi vecchi compagni di liceo, avvenuta proprio durante la rimpatriata che Hélène ha organizzato in Provenza. L’idea che frulla nella testa di Claire adesso è quella di pubblicare altri due romanzi, andando così a creare una quadrilogia con un libro per ogni stagione dell’anno, in cui Hélène si ritroverà ad affrontare ogni volta un caso diverso. Mentre è alle prese con la stesura di questi altri due romanzi continua però a scrivere anche altre storie, magari tra un treno e l’altro, un compito da correggere e l’incontro con una persona che potrebbe benissimo diventare il (o la!) protagonista della sua prossima storia! C h i a r a C o l a s a n ti Per tutte le informazioni sui suoi libri: www.thebookedition.com Si possono trovare i due gialli presso la libreria Alterocca e, su Internet, due libri in cui compaiono dei suoi scritti: Repas de famille e L'antre des sorciers. A settembre uscirà Ritorno a Piazza Clai, un ebook in francese e in italiano (tradotto ovviamente dalla stessa autrice) sul sito Le texte vivant, ispirato a Terni, un vero omaggio alla sua città d'adozione.
INTOLLERANZA AL LATTOSIO B re a t h t e s t o te s t d e l re s p i ro I Breath tests (o test del respiro), utilizzati ormai da più anni, sono indicati per la diagnosi di patologie gastro-intestinali quali infezioni da Helicobacter pylori o per evidenziare un malassorbimento del lattosio, del fruttosio, glucosio e sorbitolo. Sono tests non invasivi, facili da eseguire, efficaci, sicuri, altamente sensibili. Si effettuano mediante la raccolta di aria espirata bevendo, dopo una espirazione basale, una soluzione contenente una sostanza diversa a seconda del Breath test da eseguire. La più comune intolleranza enzimatica è quella al lattosio, generalmente ereditaria e molto diffusa in Asia e in alcune regioni dell’America. In Europa, è più frequente nelle aree mediterranee, comprendendo anche l’Italia. L’intolleranza al lattosio è legata all’assenza o scarsa capacità dell’organismo di produrre l’enzima lattasi che “digerisce” il lattosio stesso. Fra questi tests diagnostici non invasivi, particolare importanza assume quindi il Breath test al lattosio. Il meccanismo su cui si basa il “test del respiro” è semplice: il malassorbimento del lattosio porta alla fermentazione dello zucchero stesso da parte della flora batterica intestinale con produzione di idrogeno che viene assorbito nel sangue ed eliminato attraverso i polmoni. L’intolleranza al lattosio può quindi essere dimostrata dall’aumento della quantità di idrogeno espirato dopo un carico orale di soli 20 g di lattosio. Il Breath Test al lattosio viene eseguito generalmente al mattino e, comunque, dopo un digiuno di almeno 8 ore. Per sottoporsi al test, inoltre, è necessario non assumere antibiotici, fermenti lattici e lassativi nei 7 giorni prima dell’esame e cenare la sera prima con riso bollito e carne o pesce ai ferri o bolliti con solo olio come condimento. Possono essere sottoposti all’esame sia bambini che donne in gravidanza. Una volta accertata l’intolleranza al lattosio, è opportuno eliminare gradualmente gli alimenti in cui esso è presente iniziando da quelli a più alto contenuto in lattosio (latte, yogurt, formaggi freschi) in modo da valutare la soglia di tolleranza del paziente. Tali alimenti possono essere sostituiti con alimenti analoghi privi di lattosio, alimenti che attualmente si trovano in commercio con facilità. Poiché i cibi contenenti grandi quantità di lattosio contengono anche grandi quantità di calcio, è consigliabile una supplementazione di calcio in tutti i pazienti sottoposti ad una stretta dieta di eliminazione ed in particolare nei bambini che ne richiedono grandi quantità per lo sviluppo osseo.
A cura del Settore Medicina di Laboratorio: U.O. Intolleranze Alimentari. Per informazioni su come prenotare un Breath test al lattosio presso Salvati Diagnostica telefonare allo 0744/409341 dal lunedì al sabato. 19
AZIEND A OSPEDA LI E RA
S. C.
di
Ch i r u rg ia D ig e
Un reparto all’avanguardia nella chirurgia de
Dr. Amilcare Parisi Direttore Struttura Complessa Chirurgia Digestiva
Azienda Ospedaliera “S. Maria” di Terni
La ragione sociale di questo reparto, diretto dal Dr. Amilcare Parisi, che con altre denominazioni esiste ormai da almeno 12 anni è ed è sempre stata soprattutto la chirurgia oncologica. La chirugia oncologica affronta i tumori ed il suo scopo è quello di eradicarli o almeno di renderli aggredibili dalle sempre più moderne terapie oncologiche mediche. In questi ultimi venti anni la chirurgia dei tumori ha compiuto enormi passi in avanti ed ormai affronta condizioni neoplastiche impensabili a quel tempo. È insomma avvenuto un enorme progresso nel trattamento di queste malattie. È stata quindi sempre posta in questo reparto una enorme attenzione ai protocolli che si sono affermati nel corso del tempo sulla terapia chirurgica delle neoplasie e contemporaneamente si è posta attenzione alla nuova frontiera della chirurgia che è rappresentata dalla chirurgia mini invasiva laparoscopica e ora robotica attivamente praticate in questa struttura complessa. Questo approccio chirurgico si fonda sul fatto che esso è enormemente meno traumatico per il paziente: non ha bisogno di una grande ferita laparotomica per l’ingresso nel suo addome. Non si liberano così una grande quantità di mediatori chimici ed ormonali che condizionano la risposta allo stress che il malato sarebbe poi costretto a recuperare nel periodo postoperatorio. È sufficiente pensare poi alla prolungata esposizione dei visceri ed organi all’ambiente esterno che avviene nella chirurgia tradizionale contro tutto l’intervento che al contrario in mini invasiva avviene all’interno dell’ambiente anatomo-fisiologico dell’addome chiuso in cui si è penetrati, con le ottiche e gli strumenti operatori, attraverso e mediante i quali si svolge la procedura, praticando solo piccole incisioni e fori nella parete. Tutto ciò permette una rapidissima ripresa postoperatoria, con alimentazione precoce mai praticata prima nella seconda o terza giornata in resezioni anteriori del retto per cancro ad esempio, una dimissione rapida dall’ospedale nella quarta o quinta giornata dopo resezione del colon o del retto, addirittura in prima giornata postoperatoria come in asportazione robotica di neoplasia del surrene. È da notare che tutto questo avviene nel perfetto rispetto dei moderni dettami della chirurgia oncologica, ovvero ad esempio la asportazione precisa dei linfonodi prescritta dalla moderna oncologia. Le regole oncologiche sono anzi anche più strettamente osservate in mini invasiva per il preciso percorso di procedura che essa impone. La chirurgia robotica aggiunge alla laparoscopia un forte aumento di efficacia poiché permette una visione tridimensionale fortemente ingrandita e movimenti ultraprecisi con assenza assoluta di qualsiasi tremore umano: ad esempio eccellente è il risultato nella linfoadenectomia del tumore dello stomaco. La chirurgia robotica presenta inoltre un percorso di apprendimento più rapido rispetto alla chirurgia laparoscopica. Naturalmente non la sostituisce completamente e spesso si integrano e completano a vicenda. La maggior parte degli interventi della Struttura Complessa di Chirurgia Digestiva vengono svolti con approccio robotico e laparoscopico. Questo è il risultato di un lungo periodo di applicazione e di un forte sforzo intellettuale ed organizzativo: è stato infatti necessario formare non solo il personale medico chirurgico ed anestesiologico ma anche il team di sala operatoria ed il personale di corsia poiché è necessaria una complessa organizzazione del materiale per l’intervento e della sala operatoria ed inoltre l’assistenza durante le operazioni chirurgiche ed il controllo dei pazienti nel periodo postoperatorio richiedono una differente attenzione ed applicazione. La fiducia e la vicinanza della direzione della Azienda ospedaliera in tutto questo periodo sono state un fattore essenziale per lo sviluppo di questa attività. In effetti è stato compreso che l’assenza o il mancato sviluppo di questo settore avrebbe tagliato fuori questo ospedale dal più fecondo settore di progresso della chirurgia. Solo una percentuale molto ridotta di ospedali italiani utilizza infatti
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tecnologia laparoscopica in chirurgia oncologica e ancor di meno tecnologia robotica. Questo fatto pone la nostra azienda in una posizione di avanguardia nello sviluppo della chirurgia moderna. L’assistenza della direzione ospedaliera si è resa evidente nella possibilità di organizzazione del personale e nella sua formazione, nonché nell’affrontare gli investimenti in tecnologia consci del ritorno di questi sottoforma di un più rapido turn-over dei pazienti e di un forte afflusso di innovazione e modernità. Forte è stata altresì la risposta di tutto il personale coinvolto in termini di entusiasmo ed abnegazione. Un segnale di maturità nell’uso di questa metodica raggiunto dalla equipe del reparto è stata la asportazione di tumore della testa del pancreas e di resezione di tumori del fegato con tecnologia robotica. La chirurgia robotica aggiunge sicuramente un notevole plusvalore alla chirurgia oncologica del pancreas. La possibilità offerta da questa nuova metodica, aldilà degli enormi vantaggi tecnici constatati dagli operatori durante l’intervento, è quella constatata dallo stesso paziente nel periodo postoperatorio: i pazienti operati ad addome aperto secondo l’uso classico hanno una ripresa generale dopo un periodo di circa dodici-quattordici giorni con rialimentazione per os dopo in media otto giorni; al contrario dopo chirurgia robotica si possono constatare condizioni generali molto migliori già in prima giornata postoperatoria con ripresa della regolare alimentazione dopo appena quattro giorni e
A S ANTA A NTA MARIA D I TER NI
est i va
ed
Unità F e g a t o
dei tumori del pancreas e degli itteri ostruttivi
D i r e t t o r e : D r. A m i l c a r e P a r i s i Équipe Medica Dr. R. Pasquale (Dir. I livello); Dr. F. Farinacci (Dir. I livello); Dr. F. Ricci (Dir. I livello); Dr. S. Mazzetti (Dir. I livello); Dr. V. Scalercio (Dir. I livello); Dr. G. Giovannelli (Dir. I livello); Dr. A. Massoli (Dir. I livello); Dr. L. Guerci (Dir. I livello); Dr.ssa E. Pressi (Borsista); Dr.ssa A. Minicucci; Dr. J. Desiderio (Specializzando); Dr. S. Trastulli (Specializzando) Équipe infermieristica di reparto Capo Sala: Rossella Cresta F. Nicolini; A. Salvi; A. Andreani; R. Di Geraci; G. Palombi; A. Trombetti; F. Catani; M. Martellucci; G. Massoli; M. Arcangeli; S. Giuliani; M. Armeni; S. Chieruzzi Operatori Sociosanitari: D. Cacciamani; A. Marchegiani Équipe infermieristica di SO - team di chirurgia robotica Responsabile infermieristico di Sala Operatoria: Lucia Mugnari R. Burrini; E. Taizzani; I. Monti; C. Gubiotti; M. Mosella; M. Carenza; L. Marzocco; V. Lucidi; R. Monti
dimissione ospedaliera di conseguenza molto più precoce. L’attività chirurgica della S. C. di Chirurgia Digestiva riguarda quindi tutti i tumori dell’apparato digestivo con particolare riguardo a quelli del colon e del retto, dello stomaco, delle vie biliari e della colecisti, del pancreas in tutte le sue porzioni, le malattie della milza di interesse chirurgico, del surrene. Un settore in cui si è pure consolidata l’attività chirurgica del reparto in questi anni è quello della citoriduzione associata alla chemioipertermia, una tecnica avanzata che però non può essere eseguita in approccio miniinvasivo ma molto importante perché affronta pazienti con malattia metastatica estesa alle superfici peritoneali ed agli organi intraddominali che soffrono di una ripresa del tumore dopo altre terapie. Essa consiste in asportazioni estese di peritoneo ed organi ammalati seguite da lavaggio con chemioterapico ad alta temperatura fatto circolare nell’addome del paziente durante l’intervento chirurgico da un circuito extracorporeo. Tradizionalmente il reparto si prende cura dei pazienti con sequele chirurgiche della malattia cirrotica del fegato come i tumori primitivi del fegato e le varici esofagee sanguinanti trattate spesso con tips (endoprotesi transepatica portosistemica con approccio transgiugulare). Infine, naturalmente, viene sottoposta a trattamento tutta la patologia infiammatoria e litiasica della colecisti e della via biliare nonché le patologie funzionali del giunto esofagogastrico. Anche in questo campo le tecniche miniinvasive ricoprono un ruolo fondamentale.
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Fisioterapia e Riabilitazione
NUOVA SEDE Zona Fiori, 1 05100 Terni – Tel. 0744 421523 0744 401882 D i r. S a n . D r. M i c h e l e A . M a r t e l l a - A u t . R e g . U m b r i a D D 7 3 4 8 d e l 1 2 / 1 0 / 2 0 11
La riabilitazione in acqua è una metodica sicuramente molto utile per garantire un moderno e valido recupero funzionale sia in campo neurologico che ortopedico
Uniche infatti sono le possibilità offerte dallo “strumento acqua”, che agisce contro la forza di gravità (principio di
Archimede), e consente al corpo di muoversi in assenza di peso: questo determina una maggiore facilità a muoversi quando per esiti traumatici, per deficit neurologici o dopo chirurgia ortopedica sarebbe impossibile o dannoso caricare il peso reale sui propri arti. Il risultato è una diminuzione dello stress e del carico sull’apparato muscolo scheletrico che facilita l’esecuzione di movimenti in assenza di dolore. La resistenza offerta dall’acqua è graduale, non traumatica, distribuita su tutta la superficie sottoposta a movimento, proporzionale alla velocità di spinta e quindi rapportata alle capacità individuali di ogni persona. L’effetto pressorio dell’acqua, che aumenta con la profondità, esercita un benefico effetto compressivo centripeto sul sistema vascolare, normalizzando la funzione circolatoria e riducendo eventuali edemi distali. Tale effetto è ampliato nel Percorso Vascolare Kneipp dove si alterna ciclicamente il cammino in acqua calda e fredda.
Con la riabilitazione in acqua è possibile non solo ristabilire le migliori funzionalità articolari e muscolari dopo un incidente, ma anche eseguire delle forme di esercizio specifiche per prevenire la malattia o per curare sintomatologie croniche come la lombalgia. Tali esercitazioni sono particolarmente indicate per quei soggetti in forte sovrappeso con difficoltà di movimento legate ad obesità, ad artriti, a recenti fratture o distorsioni. Nella maggior parte di questi casi si registra un netto miglioramento del tono muscolare e dei movimenti articolari dopo un adeguato programma terapeutico. Il paziente, se anziano, acquisisce in tal modo un maggiore controllo motorio che, migliorando l’equilibrio, allontana il rischio di cadute e rallenta il declino funzionale legato all’invecchiamento. La riabilitazione in acqua è particolarmente indicata in: - esiti di fratture - distorsioni, lussazioni - patologie alla cuffia dei rotatori della spalla - artrosi dell’anca e delle ginocchia - tonificazione muscolare in preparazione all’intervento chirurgico - mal di schiena (lombalgia, sciatalgia, ernia ecc.) - para paresi spastiche - esiti di interventi neurochirurgici - esiti di ictus - esiti di lesione midollare - disturbi della circolazione venosa
Inoltre la temperatura dell’acqua, più elevata (32° - 33°) rispetto alle vasche non terapeutiche, permette la riduzione dello spasmo muscolare e induce al rilassamento. Per questo il paziente si muove meglio e la muscolatura appare più elastica. La riabilitazione in acqua è utile e proponibile a tutti, dai bambini agli anziani; per potervi accedere non occorre essere esperti nuotatori è sufficiente un minimo di acquaticità.
Terni Zona Fiori, 1 Tel. 0744 421523 401882
- Riabilitazione in acqua - Rieducazione ortopedica - Riabilitazione neurologica - Rieducazione Posturale Globale - Onde d’urto focalizzate ecoguidate - Pompa diamagnetica - Tecarterapia
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n o s t r A e g re g i e c o s e i l f o r t e a n i m o
La memoria degli uomini è troppo labile, un nulla rispetto al tempo che fugge, portando con sé, nel buio della notte, dove un oblio freddo lo fascia, il ricordo di uomini esemplari che hanno impiegato la loro vita al servizio della collettività, realizzando res gestae degne degli eroi iliadici, fornendo insegnamenti universali, o ancora, cimentandosi in scoperte e studi di rilevanza tale da cambiare per sempre il corso della storia dell’umanità. La morte non può annullare il loro sacrificio; la loro esistenza ha un valore raro: è necessario che tutta la comunità onori i sepolcri dei grandi, poiché “a egregie cose il forte animo accendono/l’urne dei forti”. Nei Sepolcri, infatti, Foscolo asserisce che la costruzione di tombe, insieme alle istituzioni della famiglia, della giustizia e della religione, ha segnato il passaggio da un’età primitiva a una più civile, imperniata sul rispetto dell’uomo, anche dopo la morte.
Carlo Alberto Dalla Chiesa A nostro parere, un uomo degno di essere ricordato e di essere sepolto a Santa Croce è l'ex generale e prefetto italiano Carlo Alberto Dalla Chiesa. Nato a Saluzzo il 27 Settembre 1920, Carlo Alberto entra nell'esercito nel 1941, nella guerra in Montenegro, con il grado di sottotenente. Nel 1942 passa all'Arma dei Carabinieri e si laurea in Giurisprudenza. Si schiera contro la caccia ai partigiani e per questo viene annotato nella lista nera delle S.S. che fortunatamente, passato alla Resistenza, non riescono a individuarlo. Dopo la guerra ottiene la tenenza a Bari, quindi viene inviato prima a Casoria, presso Napoli, e poi in Sicilia, ove si impegna con efficacia nella lotta al banditismo. Arresta criminali del calibro di Salvatore Giuliano e il boss della mafia Luciano Liggio. Ovunque vada, Carlo Alberto ottiene successi: dà inizio alla battaglia contro Cosa Nostra, indaga sulla scomparsa di Mauro de Mauro e sulla morte del procuratore Pietro Scaglione, utilizzando l'espediente degli infiltrati. Dal 1973 opera in Piemonte contro le Brigate Rosse e nello stesso anno viene promosso Generale di Brigata. Anche in questa battaglia Dalla Chiesa eccelle e nel 1981 diviene Vice Comandante Generale dell'Arma, il massimo grado per un carabiniere del tempo, poiché il Comandante Generale doveva necessariamente provenire dalle file dell'esercito. Il valore del Generale, sia come uomo sia come militare, piace al Capo del Governo, che gli propone di divenire Prefetto di Palermo. Carlo Alberto, dopo un'iniziale titubanza, accetta. Sebbene i suoi poteri siano limitati, il nuovo Prefetto riesce ad ammanettare vari boss della mala. Ciò non piace a Cosa Nostra, che, come ogni clan che si puntualmente il 3 Settembre 1982, portandosi via l'ufficiale, la seconda moglie Emanuela Setti Carraro e l'agente di scorta Domenico Russo. Dalla Chiesa è morto come uno dei tanti che cercarono di fare la differenza, rimanendo fedeli ai propri princìpi e lottando tanto per la famiglia quanto per la bandiera, senza chiedere nulla in cambio poiché, come diceva lo stesso Dalla Chiesa: Ci sono cose che non si fanno per coraggio. Si fanno per poter continuare e guardare serenamente negli occhi i propri figli ed i figli dei propri figli. Edoardo Giocondi, Chiara Stefanelli
Tra gli eroi di questo Paese deve essere annoverato anche Giuseppe Mazzini, per quanto controversa possa essere la valutazione sulla sua azione politica. Nato nel 1805 a Genova, sin dalla sua gioventù Mazzini dimostra di avere grandi ideali e soprattutto ambiziosi progetti. Nel 1827 è iniziato da un amico alla Carboneria, di cui ben presto condanna la segretezza impropria, poiché non dichiara esplicitamente i propri obiettivi. Fonda allora la Giovine Italia, il cui compito è promuovere un'Italia unitaria e repubblicana attraverso l'educazione e l'insurrezione. Poi, nel 1853, quando il processo di unificazione sta entrando nel vivo, Mazzini, ormai convinto che sia conclusa l'ora dell'educazione e si debba passare alla “propaganda del fatto”, rifonda il suo movimento chiamandolo Partito d’Azione. Sebbene abbia compiuto, a volte, gesti sconsiderati e molte vite umane siano andate perse nei suoi progetti, io credo che vada ricordato. E non tanto per l'efficacia, dubbia, della sua azione politica ma perché, grazie alla sua forza d’animo, è stato come un grido, un urlo di risveglio per la nostra nazione. I suoi progetti sono spesso falliti ma sono serviti a scuotere gli animi. Infatti, in una situazione come quella in cui si trovava l’Italia nella prima metà del secolo XIX, non sarebbe stato sufficiente l’intervento di uomini come Cavour, diplomatico notevolissimo, o di Garibaldi, soldato instancabile. Mazzini, che ha infiammato lo spirito delle genti, ha suscitato l'entusiasmo di moltissimi giovani, ha fomentato il popolo, ci ha dato l’esempio per reagire e risorgere. Per questo Mazzini dovrebbe essere ricordato come un eroe, al fianco di Garibaldi, Cavour e tutti gli altri che hanno contribuito alla nostra unità. A l e s s a n d ro P i e ro n i
Gi us ep p e G ar ib a ld i
Un leader, per alcuni perfino un messia, che audacemente sa fare dell'accozzaglia di volontari riuniti a Genova al momento della partenza per la Sicilia una forza coerente e disciplinata, in grado di essere la protagonista di un’impresa la cui tappa ultima è la proclamazione di Vittorio Emanuele II, il 17 Marzo del 1861, “re d’Italia per grazia di Dio e volontà della nazione”. Dapprima sostenitore di Mazzini, Garibaldi abbandona poi il postulato repubblicano ma conserva la fede nell'unità della nazione, che concorre potentemente a formare consegnando al monarca sabaudo, a Teano, il 25 ottobre del 1860, il Mezzogiorno appena liberato ed evitando così il rischio di una sanguinosa guerra civile. E dopo ogni vittoria, il ritorno Caprera, “ammantata di macchia selvaggia e avvolta dagli odori acri e dai suoni secchi di zoccoli caprini e suini”. Umiltà, modestia, semplicità... ecco i segni della sua grandezza. Desirée Bosi
Uno dei primi attori nel palcoscenico del teatro del Risorgimento, Giuseppe Garibaldi, dovrebbe a mio parere fungere da stimolo per coloro che oggi vorrebbero farsi portavoce di valori importanti, primo fra tutti l’umiltà, alla base di ogni grande ascesa. Per quale ragione proporlo come modello? È un uomo che si batte per la libertà, in nome della giustizia, senza scendere a compromessi con se stesso, obbedendo fino in fondo solo ai princìpi che vuole incarnare. La solidarietà nei confronti dei popoli che cercano di emanciparsi da una dominazione straniera che li opprime è alla base di molte sue imprese, tra cui quella disperata dei Mille. Non dobbiamo forse a lui l’affermazione a gran voce dell’esistenza dell’Italia anche da parte di Cavour? Non è anche merito suo se oggi possiamo chiamarci con orgoglio Italiani?
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È per questo che abbiamo voluto costruire, idealmente, una nostra Santa Croce dove ricordare e proporre alla comune memoria alcuni grandi di ieri e di oggi: innanzitutto, i padri della patria come Mazzini e Garibaldi, ma anche un martire del nazismo come Salvo D’Acquisto. A rappresentare il mondo della scienza, come non ricordare Galileo Galilei, ma anche il più recente Tesla? Grande spazio abbiamo voluto dare a coloro che hanno lottato contro la mafia, come i magistrati Falcone e Borsellino, o il generale Della Chiesa, ma anche, nel mondo dell’informazione, Peppino Impastato. Per i diritti umani, due nomi per tutti: Martin Luther King e Nelson Mandela. Scegliere un rappresentante del mondo dell’arte e della cultura sarebbe stato impossibile, per eccesso di candidati, e dunque, con una scelta forse un po’ originale, abbiamo voluto concludere con Roberto Benigni. Sono loro i nostri eroi. I ragazzi della II IF
Nik ola Te sla
Giovanni Falcone
La scienza non è nient’altro che una perversione, se non ha come suo fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell’umanità. È questa una celebre frase dello scienziato serbo Nikola Tesla, vissuto tra Ottocento e Novecento, che pochi conoscono, ma che in realtà è uno dei progenitori dell’attuale modernità e del nostro modus vivendi. Il suo genio è stato avversato da personaggi invidiosi come Edison, perché troppo innovativo rispetto al periodo in cui è vissuto. Tesla, non per screditare l’italiano Guglielmo Marconi, ma per rendere onore al vero, è il reale inventore della radio: infatti, la proprietà intellettuale di tale apparecchio è stata dimostrata dinanzi alla Corte del Tribunale degli Stati Uniti dallo stesso scienziato serbo, il quale ha ottenuto una sentenza che confermava l’attribuzione dell'invenzione. Perché è un personaggio da ricordare? Perché ha inventato la radio, perché ha predetto il Wireless, perché è stato l'artefice della corrente alternata, che consente di ricevere elettricità a migliaia di chilometri di distanza dalla sorgente, perché ha inventato la lampada al plasma, perché ha ideato la prima centrale idroelettrica progettando la turbina elettrica, che ancora oggi risulta essere la più efficace, perché ha inventato il motore elettromagnetico ed è stato uno dei primi a lavorare sui raggi x, di cui ha intuito anche la pericolosità. La sua mente, dal potenziale enorme, lo ha reso però anche impopolare per certe idee eccentriche. Era un uomo molto solo, “fuori dal tempo”, una sorta di “scienziato pazzo”. Indubbiamente la sua intelligenza ha anticipato scoperte sensazionali, tant’è vero che dopo la sua morte tutti i suoi appunti e brevetti sono stati confiscati dall’FBI e che il suo lavoro perdura tutt’oggi, senza aver trovato soluzioni più avanzate. A giudizio di molti, Tesla è l’inventore che più ha forgiato il XX secolo. Nicol e t t a M a z z o c c h i
La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni. Giovanni Falcone, nato a Palermo nel 1939, dopo la laurea in giurisprudenza e il concorso in magistratura, nel 1964 diviene sostituto procuratore al tribunale di Trapani. La sua partecipazione alla lotta contro la mafia è particolarmente intensa. A tal proposito si ricorda il maxi-processo di Palermo, che costituisce il primo atto concreto contro Cosa Nostra: 400 procedimenti giudiziari per crimini legati alla criminalità organizzata. Nel 1989 Falcone riesce a scampare all’attentato perpetrato dai sicari di Totò Riina, ma il 23 maggio del 1992 il magistrato italiano è colpito da un secondo attentato, in cui trova la morte (l'episodio è noto con il nome di “Strage di Capaci”). A venti anni dalla sua morte restano le idee, resta il pensiero e il ricordo di un uomo che ha lottato contro la mafia e che non deve cadere nella dimenticanza e nell’oblio in quanto ha perso la vita difendendo lo Stato italiano. Chi, se non lui, è destinato ad essere sepolto nella Basilica di Santa Croce a Firenze, accanto ai grandi come Machiavelli, Michelangelo e Galileo? La sua tomba ha il compito di vincere l’opera distruttrice della natura e del tempo, di stimolare all’agire eroico, creando un legame tra passato, presente e futuro. L'unico modo per commemorare e rendere davvero onore a un eroe è quello di emularlo e dunque ispiriamo le nostre azioni al suo principio: Chi tace e piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi Va n e s s a N o v e l l i cammina a testa alta muore una volta sola.
Paolo Borsellino
Che cosa rappresenta Borsellino per noi oggi? Siamo convinti che sia un simbolo di fedeltà all’alto senso dello Stato e alla giustizia, un uomo dotato di una forte personalità, di carisma, consapevolezza del proprio valore, ma allo stesso tempo, un uomo che non ha mai conosciuto la rassegnazione, nel tentativo di far crollare quel muro di omertà che da sempre circonda la mafia, nonostante le avversità e la corruzione. È degno di ricordo in quanto magistrato di spiccata professionalità che, pur sapendo di pagare sul piano del privato la scelta della lotta alla criminalità organizzata, ha saputo andare avanti affinché la vita della gente comune non venisse più messa in pericolo. Borsellino non si è fermato davanti a niente e a nessuno, neppure di fronte alla morte, poiché spinto sempre dalla sua ostinata volontà di imporre la legge e la giustizia. Nemmeno la morte sembra aver fatto calare un velo su questa straordinaria figura. Infatti, ancora oggi, a distanza di vent’anni, c’è chi lo ricorda e lo ammira; è stata uccisa la sua persona, ma non i suoi ideali che sono ancora qui, negli animi delle persone che lo hanno seguito e incoraggiato. È questo che lo rende un esempio, un eroe da emulare e da ricordare, per far sì che le sue azioni non cadano nell’oblio. Elena Germani, Lorenzo Maria Felicini, Giulia Petruccioli, Lucia Silvestrelli
La paura è normale che ci sia, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, sennò diventa un ostacolo che ti impedisce di andare avanti. Paolo Borsellino nasce a Palermo nel 1940 e a soli ventitré anni vince il concorso in magistratura, diventando il più giovane magistrato d’Italia. Nel 1980 viene istituito il Pool Antimafia di cui entrano a far parte Borsellino ed il suo amico e collega Giovanni Falcone con l’obiettivo di combattere Cosa Nostra con metodi nuovi e più efficaci. Tuttavia, dopo la strage di Capaci del 23 maggio 1992, in cui perse la vita Falcone, la speranza di vedere finalmente soccombere la mafia inizia a vacillare. Ciononostante, Borsellino continua a lottare per ottenere giustizia, ma anch’egli, essendo ormai diventato una minaccia per l’organizzazione mafiosa, perde la vita il 19 luglio 1992 nell’attentato di via D’Amelio.
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Martin Luther King Restituire violenza alla violenza moltiplica la violenza, aggiungendo una più profonda oscurità a una notte ch’è già priva di stelle. L’oscurità non può allontanare l’odio; solo l’amore può farlo. Martin Luther King nasce il 15 gennaio 1929 ad Atlanta (Georgia), nel Profondo sud degli States, dove il problema razziale è sentito con particolare urgenza ed angoscia. Fin da piccolo è costretto a patire i traumi dei bambini diversi e dunque discriminati e chiamati spregiativamente negri. Le ingiustizie subite dalla sua gente lo indirizzano verso gli studi di giurisprudenza. Nel 1948 Martin Luther si trasferisce a Chester (Pennsylvania), dove studia teologia e vince una borsa di studio che gli consente di conseguire il dottorato di filosofia a Boston. Negli anni tra il 1955 e il 1960, è l'ispiratore e l'organizzatore delle iniziative per il diritto di voto ai neri e per la parità nei diritti civili e sociali, oltre che per l'abolizione delle forme legali di discriminazione ancora attive negli Stati Uniti. Nel 1957 fonda la Southern Christian Leadership Conference (SCLC), un movimento che si batte per i diritti di tutte le minoranze e che si fonda su ferrei precetti legati alla nonviolenza di impostazione gandhiana. Il culmine del movimento si ha il 28 agosto 1963, durante la marcia su Washington, quando King pronuncia il suo discorso più famoso I have a dream... (Ho un sogno). Nel 1964 riceve ad Oslo il premio Nobel per la pace. Durante gli anni della lotta, King viene più volte arrestato e molte manifestazioni da lui organizzate finiscono con violenze da parte della polizia e arresti di massa. Egli tuttavia, pur subendo minacce e attentati, continua a predicare la non violenza. Nel 1966 si trasferisce a Chicago, dove si dichiara pubblicamente contrario alla guerra del Vietnam. Entra così in conflitto con la Casa Bianca. Nel mese di aprile dell'anno 1968, King si reca a Memphis, per partecipare ad una marcia a favore degli spazzini della città (bianchi e neri), che erano in sciopero. Mentre si intrattiene a parlare con i suoi collaboratori, vengono sparati alcuni colpi di fucile, che lo colpiscono mortalmente. Approfittando dei momenti di panico che seguono, l'assassino si allontana. Viene catturato James Earl Ray, che sostiene di non aver ucciso King ma di sapere chi è il vero colpevole. Non ha tempo però di rivelarlo perché viene accoltellato la notte seguente, nella cella in cui è rinchiuso. Ancora oggi, la morte del leader nero rimane un grosso enigma. Ci siamo sentiti in dovere di inserire questo personaggio nella lista dei grandi uomini che si sono battuti per i diritti umani, in quanto Martin Luther King incarna dei valori eterni e davvero indiscutibili. Apostolo instancabile della resistenza non violenta, eroe e paladino degli emarginati e degli esclusi, "redentore dalla faccia nera”, King si è sempre esposto in prima linea perché fosse abbattuto nella società americana degli anni Cinquanta e Sessanta ogni pregiudizio su base etnica. Egli ha scelto l'ottimismo dell'amore e della resistenza non violenta alla reazione violenta preferita da altri gruppi di attivisti. Un uomo che ha avuto il coraggio di seguire il suo cuore contro tutto e tutti, di battersi animosamente per i diritti dei suoi simili, di portare avanti i propri ideali, nonostante le avversità incontrate. Non sono bastate la violenza, le offese, le difficoltà a fermarlo: aveva un sogno da realizzare. Dilet t a Tarani, Jes s ic a A r u
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N e lso n M a n d e la Nessuno è nato per odiare un’altra persona a causa del colore della sua pelle, o del suo background, o della sua religione. La gente impara a odiare e, se si può imparare a odiare, si può insegnare ad amare, perché l’amore è più naturale per il cuore umano che il suo contrario. Nelson Mandela nasce il 18 Luglio 1918 nella famiglia reale dei Thembu, una tribù di etnia Xhosa, che vive nella Valle del Capo Orientale. Il suo nome, in lingua Xhosa, suona Rolihlahla ma è chiamato Nelson quando inizia a frequentare il collegio coloniale britannico di Healdtown. Un nome affibbiatogli dall’insegnante, che sceglie nomi inglesi a caso per i ragazzini sudafricani, al posto degli impronunciabili appellativi tribali. Gli anni ’30 per il Sudafrica sono anni difficili: leggi restrittive per gli spostamenti interni, deportazioni e altri provvedimenti di segregazione. Mandela frequenta l’Università di Fort Hare quando comincia a esprimere con forza la sua indignazione per l’ingiustizia: viene espulso dall’università nel 1940, per aver organizzato una manifestazione studentesca. Nel lavoro che svolge alle Miniere della Corona di Johannesburg, sperimenta la cruda realtà dello sfruttamento dei suoi compagni. Con ambizione e determinazione, completa i suoi studi di legge all’Università del Witwatersrand e avvia il primo studio legale per i neri. Così comincia la sua pericolosa e appassionata lotta contro i mali dell’apartheid. Egli promuove una campagna disobbedienza civile, organizzando scioperi, marce di protesta e manifestazioni, per incoraggiare la gente a rifiutarsi di obbedire alle leggi discriminatorie. Arrestato per la prima volta nel 1952, è assolto, ma seguono successive detenzioni, culminate nel Processo di Treason del 1958, al termine del quale è però giudicato non colpevole e scarcerato. Dopo il processo, di fronte alle crescenti e violente repressioni, la lotta armata sembra essere l’unica soluzione. Arrestato di nuovo nel 1962, nel 1964 è giudicato colpevole di sabotaggio e alto tradimento e condannato con i suoi compagni alla punizione suprema: ergastolo. All’età di 46 anni, entra nella cella della Sezione B, nel luogo più duro e spietato del sistema penale dell’apartheid sudafricano. La vita è tremendamente dura ma questo gli dà l’opportunità di cominciare una nuova e diversa battaglia, quella per migliorare le condizioni di prigionia. A metà degli anni Ottanta, la crescente condanna internazionale porta a colloqui segreti tra il governo e Mandela e finalmente, l’11 Febbraio 1990, egli è definitivamente liberato. Nonostante ventisette anni lunghi e bui di privazioni, pur avendo assistito a casi estremi di crudeltà, dolore, sofferenza e disperazione, in qualche modo questo uomo meraviglioso esce nobilitato, indomito e ostinato, rafforzato nella sua volontà di combattere sempre di più contro l’apartheid. Nel 1990 l’ANC sospende la lotta armata dopo circa trent’anni e l’anno successivo Mandela ne diventa Presidente e si unisce al governo e agli altri partiti politici nei negoziati che debbono ridefinire le norme della convivenza civile postapartheid. Nel 1993 ricevee il Premio Nobel per la Pace e nel 1994 è eletto Presidente della Repubblica Sudafricana: era l’inizio del suo nuovo ruolo di negoziatore e intermediario per la pace e la riconciliazione. Lungi dal cercare vendetta, il suo desiderio di libertà lo induce a battersi per garantire la libertà di tutti, neri e bianchi. Grazie a questo impegno, la nuova Costituzione sudafricana bandisce la discriminazione nei confronti di tutte le minoranze. Nelson Mandela si è ritirato ufficialmente dalla vita pubblica nel 1999, ma non ha mai interrotto la sua misericordiosa azione umanitaria, portando la sua instancabile battaglia per la pace e la comprensione umana oltre i confini del Sudafrica. Questo personaggio deve esser ricordato come un eroe in quanto ha segnato nella storia mondiale una svolta decisiva nel cammino per la pace e la fratellanza. Per chi crede nel valore dell’uomo e ha speranza nel bene che ha da offrire, Mandela offre una conferma preziosa: è l’eroe non solo della lotta all’apartheid per il riconoscimento di fondamentali diritti d’eguaglianza ma anche della libertà, della pace, della mediazione, della speranza! D i l e tta Ta r a n i
G alile o G alile i La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. Galilei nasce a Pisa il 15 febbraio 1564. Fin da giovanissimo comincia ad interessarsi agli studi scientifici, in particolare a quelli astronomici. Costruisce nel 1609 il telescopio e con esso individua la Via Lattea, rivela la montuosità della Luna, le macchie lunari, le fasi di Venere e di Mercurio, i quattro satelliti di Giove, l’anello di Saturno: novità astronomiche che, un anno dopo, annuncia in un opuscolo in latino, il Sidereus Nuncius. Padre della scienza moderna, Galileo Galilei è una persona degna di essere ricordata, una sorta di eroe, portatore di saldi valori, tra cui il coraggio ed il buon senso: egli aveva intuito che l’autonomia della scienza doveva esser difesa da ogni sorta di ingerenza esterna e scelse di sfidare tutte le autorità costituite, a differenza di altri dotti del tempo. Le sue imprese in campo scientifico non debbono essere dimenticate: non solo si trovano alla base della scienza moderna, ma costituiscono parte del fondamento della nostra civiltà. S a r a D i P a tr i z i
S a lvo D’ A c q u ist o Nella chiesa fiorentina di Santa Croce, dove riposano le spoglie di Machiavelli, Michelangelo, Galilei e altri personaggi che hanno lasciato il marchio della loro virtù, io mi sento di collocare anche le spoglie di Salvo D’Acquisto che, alla stregua di un martire cristiano, ha immolato se stesso per salvare dall’arbitraria fucilazione ventidue anime innocenti. Quando il 22 Settembre 1943 alcuni soldati tedeschi, ispezionando incautamente casse di munizioni abbandonate presso Torre Palidoro, muoiono investiti dall’esplosione di una bomba a mano, il comandante del reparto tedesco attribuisce la responsabilità dell’accaduto ad anonimi attentatori e richiede la collaborazione dei carabinieri della stazione locale, comandata dal vicebrigadiere Salvo D’Acquisto. Le condizioni sono irrevocabili: i tedeschi avrebbero eseguito una rappresaglia se non fossero stati immediatamente individuati i colpevoli. Sebbene D’Acquisto ribatta che l’accaduto è da considerarsi un caso fortuito, il 23 Settembre sono catturate ventidue persone, fra cui lo stesso Salvo e un tale Angelo Amadio, che, testimone diretto, riferisce poi: All’ultimo momento siamo stati tutti rilasciati,
Gi u se p p e Im p a st a t o Arrivai alla politica su basi puramente passionali, a partire cioè da una mia esigenza di reagire a una condizione familiare divenuta ormai insostenibile. Un personaggio senza dubbio degno di ricordo è Giuseppe Impastato, meglio noto come Peppino. È un caso unico: un figlio di mafioso che condanna la mafia. Giovanissimo fonda il giornale Idea Socialista, con cui mette in evidenza i rapporti tra gli amministratori locali di Cinisi e la mafia. Il prezzo da pagare è subito alto: il padre lo caccia di casa. Peppino non si lascia intimorire e aderisce al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria e alle attività dei gruppi di Nuova Sinistra. Ad animarlo sono gli ideali di uguaglianza, riscatto ed emancipazione dei poveri e degli sfruttati. Il suo impegno contro la mafia è tanto contagioso che, intorno a lui, si raduna un gruppo di ragazzi animati dallo stesso spirito di ribellione e nasce così il circolo Musica e Cultura, dove ci si diverte ma al contempo si discute su come combattere le ingiustizie della società. Inoltre, per far sentire ancor di più la voce dei giovani, fonda Radio Aut, una radio libera autofinanziata, in cui denuncia i delitti e gli affari di Cosa Nostra, usando la satira per sbeffeggiare il padrino Gaetano Badalamenti e i politici locali collusi. Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali.
eccetto il vicebrigadiere Salvo d’ Acquisto, che ha parlamentato con l'ufficiale tedesco per mezzo dell’interprete. Salvo si è accusato dell’attentato, addossandosi la responsabilità dell’accaduto, e ha chiesto l’immediata liberazione dei rastrellati. Amadio si dà alla fuga ma fa in tempo a udire, mentre corre, il grido Viva l’Italia lanciato dal carabiniere, mentre risuona il crepitio dell'arma automatica che lo uccide. Il comportamento del militare colpisce anche le SS che commentano: Il vostro brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte. Sarebbe ignominioso da parte nostra lasciar piombare nella dimenticanza questo esempio luminoso di altruismo: Salvo D’Acquisto affrontò da solo, impavido, la morte, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella gloriosa storia dell’Arma dei Carabinieri. Ricordiamolo inoltre come Servo di Dio, che ha raggiunto la vetta della santità nell’adempimento fedele e generoso dei doveri del proprio stato. Va l e n ti n a A m o r u s o Nello stesso anno è fatto esplodere, nella notte tra l'8 e il 9 maggio lungo i binari della ferrovia, con una bomba di tritolo. Nonostante ciò, pochi giorni dopo, gli elettori di Cinisi lo votano, riuscendo ad eleggerlo, simbolicamente, al Consiglio comunale. Sono convinta che in questo Paese, dove passiamo la gran parte del tempo a vergognarci o alzare le spalle, Peppino sia stato un cittadino-eroe, capace di distinguersi dalla massa e di combattere per i valori in cui credeva, senza lasciarsi condizionare dal fatto di provenire da una famiglia mafiosa e soprattutto senza arrendersi di fronte alle tante avversità che si presentarono sulla sua strada. Egli ha saputo unire la politica e la lotta contro la mafia all’arte e alla cultura, fabbricando un’arma così potente da turbare anche il più intoccabile dei mafiosi di Cinisi. Peppino, un giovane come tanti, è una figura dal profilo umano esemplare per i ragazzi che credono nell'impegno civile e nella legalità. La determinazione della sua lotta appassiona chiunque serbi in sé ideali di giustizia e libertà, di azione e pensiero. La sua voglia di dissenso lo portò a sfidare la paura e l'ignoranza dei suoi concittadini, sollecitando nuove idee, manifestazioni, progetti culturali. Cose rivoluzionarie per l'epoca e per il tipo di territorio in cui viveva, ma che ancora oggi ci ispirano a lottare contro la mafia. M i c h e l a B i a n c i fi o r i
R ob e r t o B e n ig n i L’Italia non è il Paese del Risorgimento o del Rinascimento, ma della Resurrezione […] Siamo il Paese del miracolo permanente. Voi non potete sapere cosa può fare questo Paese. Questo è un momento straordinario per l’Italia, perché la speranza si manifesta nella disperazione compiuta. Tanti sono gli esempi di uomini e donne valorosi, ma se io potessi scegliere un personaggio degno di essere sepolto in Santa Croce insieme agli altri grandi del passato, designerei il fiorentino Roberto Benigni. Egli, nato da un’umile famiglia di contadini di Castiglion Fiorentino, esprime un forte sentire unito a vivacità di spirito e di intelletto ma soprattutto comunica il suo profondo apprezzamento per la bellezza eterna e sempre vitale del nostro Paese. Un esempio illustre può essere considerato l’elogio all’Italia, che ha pronunciato dinanzi al Parlamento Europeo in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità. Parole di speranza, che si inseriscono all’interno di un lungo excursus storico su ciò che l’Italia ha rappresentato nel mondo: la grandezza irraggiungibile dell’impero romano, con le sue strade, i suoi codici, le sue terme; l'operosità di San Benedetto, artefice del precetto Ora et labora, che, insieme ai suoi monaci, raccolse e catalogò gli scritti di filosofia, agricoltura, scienza e poesia del mondo antico, che altrimenti sarebbero stati inghiottiti dall’oblio; la genialità di intellettuali e artisti del Rinascimento, dai quali l'umanità ha ricevuto doni inestimabili, e tutti quegli uomini che, senza uno Stato e senza una lingua nazionale, hanno saputo combattere per l’Italia. Ma, sopra tutti, il grande Dante, il “Ghibellin fuggiasco” venerato da Benigni. Come dimenticare il tour TuttoDante, presentato nelle piazze di mezzo mondo e in televisione, che gli è valso nel 2007 la candidatura al Premio Nobel per la letteratura? La poesia libera e profetica di Dante rivela appieno il suo carattere universale, grazie alla voce penetrante di Benigni, che sa renderla fortemente attuale e più accessibile al pubblico. Come Omero, anche lui cerca di stimolare una reazione in noi e destare passioni e sentimenti troppo spesso dimenticati, quali l’humanitas e la pietas, che sarebbero essenziali nella ricostruzione della nostra identità di italiani. Chiara Troiani
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Strategie contro l’invecchiamento cutaneo La biorivitalizzazione perfezionare i risultati o mantenerli nel tempo. Già nei primi giorni successivi all’infiltrazione sarà possibile notare un miglioramento nel grado di idratazione e di turgore della pelle. In genere non rimangono segni evidenti e chi si sottopone al trattamento può riprendere immediatamente la sua vita sociale; sono tuttavia possibili dei piccoli inconvenienti, in genere di lieve entità e di durata assai fugace, quali arrossamenti nelle sedi di iniezione, formazione di piccole ecchimosi riconducibili a traumi dell’ago che si risolvono spontaneamente nell’arco di qualche giorno. Per ottenere e mantenere una discreta tonicità della zona trattata, sarà necessario praticare un ciclo di 4-5 sedute a distanza di un mese circa l’una dall’altra. I risultati saranno progressivi e duraturi nel corso dei mesi. I punti maggiormente interessati da un evidente invecchiamento cutaneo sono chiaramente quelli più esposti alle radiazioni solari o ai raggi ultravioletti artificiali (lampade abbronzanti), come il viso, il collo, il decolleté (segnato molto spesso da profondi e antiestetici solchi) e, non da ultime, mani e braccia. Oltre all’acido ialuronico altri prodotti usati come rivitalizzanti sono le miscele di aminoacidi da soli o in associazione all’acido ialuronico. Si combinano quindi due azioni, quella idratante dell’acido ialuronico, alla quale si aggiunge il potere stimolante degli aminoacidi, che portano substrato nutritivo ai D o t t .s s a R o m i n a Te s ta fibroblasti.
Il 26 ottobre, dalle ore 21 alle ore 23, nella Sala G dell’Associazione Culturale La Pagina, in Terni, Via De Filis 7a, si terrà, a cura della Clinica BIODENTAL, un incontro pubblico sul tema: Estetica. Estetica La cittadinanza è invitata ad intervenire.
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Con il passare degli anni, la nostra pelle va incontro a modificazioni a livello cellulare e strutturale che si traducono in un progressivo e lento mutamento dell’aspetto esteriore. La cute, più di altri organi, risente dell’effetto del tempo: l’esposizione solare, l’inquinamento, gli sbalzi di temperatura, lo stress, le variazioni ormonali, ecc. sono tutti fattori che ne influenzano il cambiamento. Il progressivo mutamento dell’aspetto ha origine in profondità, a livello del derma, dove si assiste ad una graduale degenerazione della matrice di sostegno del tessuto connettivo, mentre in superficie si manifestano dapprima problemi estetici come secchezza, disidratazione e comparsa di rughe per arrivare infine a rilassamento cutaneo con alterazione dell’architettura del viso. La cute di un individuo giovane è nettamente diversa da quella di uno anziano e tra le varie cause dell’invecchiamento dermico, una delle maggiori è la privazione progressiva di alcune sostanze che donano elasticità e tensione alla pelle. Ruolo fondamentale nel mantenimento del turgore cutaneo è svolto dall’acido ialuronico, un polisaccaride (uno zucchero) tra i principali costituenti del tessuto connettivo dell’uomo, in grado di attrarre e trattenere l’acqua idratando la pelle e dandole volume. Questa molecola è la responsabile dell’aspetto turgido tipico della pelle giovane e la sua presenza è indispensabile per la corretta vitalità delle cellule. Questa sostanza svolge una profonda azione di ristrutturazione dermica, idrata profondamente e, fatto essenziale, stimola la produzione di altri componenti del derma, quali collagene ed elastina da parte dei fibroblasti che con l’età rallentano l’attività. La finalità del trattamento biorivitalizzante è provocare la rigenerazione del derma mediante micro infiltrazioni cutanee di acido ialuronico. Le micro infiltrazioni di acido ialuronico non rappresentano un intralcio alle normali attività quotidiane, né richiedono tempi di ripresa post trattamento e perciò sono l’ideale per chi cerca una soluzione non chirurgica che offra molto più che un semplice trattamento cosmetico. La seduta è di breve durata e consiste nell’iniettare mediante aghi molto sottili (e quindi con dolore scarso o nullo) le sostanze a livello del derma superficiale. Le micro iniezioni vengono praticate a distanza di un centimetro circa l’una dall’altra, in modo da formare una sorta di reticolo. La sostanza poi si distribuirà uniformemente nel derma superficiale attirando l’acqua quasi come una spugna. Essendo completamente biocompatibile e riassorbibile, il materiale iniettato non darà luogo a reazioni allergiche e il trattamento potrà essere ripetuto per
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Andiamo in orbita: Reportage dalle basi missilistiche Spesso attraverso notizie propinate dai telegiornali veniamo a conoscenza di invii di sonde nello spazio, astronauti che vanno e vengono dalla Stazione Spaziale PER SCOPO SCOPO STAZ. SPAZIALE LANCI NAZIONE ALTRO TOTALI Internazionale, robot inviati verso Marte e satelliti per MILITARE SCIENT. TELECOM. INTERNAZIONALE FALLITI GPS e telecomunicazioni che vanno a sostituire altri obsoleti... ma vi siete mai chiesti ogni anno quanti N. UOMINI missili vengono accesi dopo il consueto ed emozionante RIFORN. conto alla rovescia? Quante sono le nazioni a possedere RUSSIA 32 proprie rampe di lancio? Quali gli scopi a cui vengono 3 17 3 4 3 2 destinate queste sonde? di dare una risposta a questi interrogativi, ho U.S.A. 15 Cercando 4 2 3 2 1 ripreso tutti i fascicoli della rivista mensile di astronomia “Le Stelle” e, in maniera dettagliata, dalla rubrica EUROPA 6 5 1 “Liftoff-Notizie dallo Spazio”, ho riassunto i dati (solo per l’anno 2011) che riporto nella tabella a lato. CINA 16 I numeri riportati danno già un’idea di questo intenso 2 3 8 1 2 traffico dalla Terra verso lo spazio, ma dobbiamo fare INDIA delle doverose precisazioni. 2 1 1 Il numero 76 che rappresenta il totale di tutti i missili è veritiero, mentre poco attendibili sono i lanci a scopo GIAPPONE 4 2 1 1 militare, in quanto sono coperti da stretto segreto e sicuramente alcuni camuffati come sonde per IRAN 1 1 telecomunicazioni o scientifiche. Il più delle volte i T O TA L E C O M P L E S S I V O 76 lanci sono multipli, ovvero ogni lanciatore (missile) porta con sé e posiziona in orbita più di un satellite per volta. E ancora, non traggano in errore i 32 lanci effettuati dalla Russia, in quanto la maggior parte sono stati per mettere in orbita sonde delle nazioni che non possiedono propri lanciatori; gli U.S.A stessi si appoggiano alla Russia per il traffico alla ISS (Stazione Spaziale Internazionale) dal momento che gli Shuttle sono andati in pensione e che i nuovi lanciatori non sono stati ancora messi in cantiere. Esiste un consistente business per chi possiede lanciatori affidabili che portano in orbita sonde di tutte le nazioni del mondo e fra questi gli Ariane europei (vedi foto a lato) e i Proton russi fanno la parte del leone. Sullo scenario mondiale si stanno affacciando altri lanciatori finanziati da privati che stanno dando vita ad una nuova corsa nello spazio a carattere commerciale, turistico e di esplorazione, ma di questi ne parleremo più in dettaglio in altra data. Voglio infine riportare la notizia di un lancio avvenuto il 13 di aprile di quest’anno da una base della Corea del Nord (fallito per l’esplosione del primo stadio). Ufficialmente trasportava un satellite per finalità pacifica, ma il fatto ha suscitato reazioni molto negative nel mondo, compresa una risoluzione avversa da parte delle Nazioni Unite. Paesi come la Russia e il Giappone non hanno accettato l’invito ad assistere al lancio. C’è di che preoccuparsi? Direi un pochino sì. Vi terrò informati su sviluppi futuri! Tonino Scac c i a f r a t t e P re s i de nt e A . T. A . M . B . - t oni s c a@ gm ai l . c om
L ANCI MISSI LI STI CI EFFE TTUATI NE L 2011
Parliamo delLA LUNA Influenze tra Terra e Luna (Prima parte) Tutto è cambiato dal momento in cui comparve sulla Terra una mente pensante, capace di valutare e collegare gli avvenimenti, di connotarli emotivamente, cercando di dare a essi una spiegazione logica. Fino a quel momento furono le circostanze naturali e i progressi biologici a regolare l’evoluzione; ogni essere vivente viveva alla giornata, adattandosi a quanto la natura gli dava, nel bene e nel male. Lo sviluppo raffinato dell’intelligenza determinò il bisogno di attribuire ad ogni evento un perché. Inizialmente, le capacità intellettive umane erano rudimentali, ma destinate a evolvere mirabilmente, arricchite con l’esperienza. L’uomo conobbe e dominò nel tempo gli elementi ed imparò ad usarli a suo favore; sottomise gli animali e la terra stessa traendone sostentamento. Egli, con il supporto intellettivo, non si accontentò di risolvere ciò che il quotidiano gli riservava ed estese il suo orizzonte sempre più in là e sempre più in alto. Vide le nuvole, il fulmine, il Sole, la Luna e il firmamento che certamente provocarono in lui emozioni e sentimenti di smarrimento. Scaturì l’esigenza di capire quei fenomeni, ma a quell’uomo mancava ancora la scienza, cioè il connubio essenziale tra esperienza ed intelligenza. La mancanza di conoscenza, la fantasia e l’emozione spinsero l’uomo a dare a quei fenomeni valori sovrannaturali e in special modo furono il Sole e la Luna ad attirare la maggiore l’attenzione. Essi, oltre a rappresentare le figure dominanti del giorno e della notte, costituivano le entità che provocavano le stagioni, i raccolti ma anche le carestie, le tempeste la alluvioni e le siccità. Il Sole e la Luna furono ben presto deificati e tributati di riverente rispetto; quegli uomini credettero che fosse il loro potere a determinare gli avvenimenti naturali e personali. Al Sole, portatore di calore e luce, supporti essenziali per la vita, venne subito conferita una posizione gerarchica prioritaria. Intorno alla Luna, invece, si creò subito un alone di mistero a causa della propria mutevolezza, presentandosi essa, nitida di notte e spesso schiva durante il giorno. I suoi cambiamenti di aspetto e di luminosità, la sua eccentricità, indussero quell’uomo a ritenere la Luna un’entità poco affidabile e ambigua. Nacquero su di essa i preconcetti più disparati che ben presto sfociarono nella superstizione, purtroppo, ancora oggi non dimenticati e E n r i c o C o s ta n ti n i capaci di influenzare il comportamento di molte persone. In seguito affronteremo anche questo argomento.
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La miridiana e l’orologgiu
‘N pomeriggiu… pricisamente lu 18 de Lujo… co’ Zzichicchiu e ‘n amicu nostru… semo annati su ppe’ le Cimitelle e passeggianno tra mezzu li castagni s’emo passati vicinu a ‘na casetta tutta rosa… quanno te sintimo l’amicu nostru a sillabba’ a vvoce arda … ‘N… c’éssi… pre…scia... subbitu j’ho fattu… Ma co’ cchi cce l’hai?... e issu… A Lunardi’… stevo a llegge ‘lla scritta co’ ‘lli scarabbocchi su ppe’ lu muru de ‘lla casa... e io… Amicu miu… ‘n hai vistu mai ‘na miridiana?… Co’ lo Sole ce vidi l’ora!... Ma come se fa a vvede’ l’ora... Lunardi’?... Cerca d’apri’ l’occhi… non vidi ‘n do’ ‘rriva l’ombra de lu gnomone… quillu bastone cunficcatu su lu muru?… So’ le due pricise!… e issu… Aho… ciànno azzeccatu co’ ‘lla scritta… se la sta a ppija’ commoda… su l’orologgiu miu so’ le tre e ‘n quartu… ma è ssicuru che ‘lla miridiana cammina?... e io j’ho dittu… Finché ce sta lo Sole de sicuru!… Cumunque ce devi cunzidera’ l’ora legale… co’ ll’occhi bbirbi me tt’ha fattu…’mbe’ da le due annamo a ffini’ a le tre… e ll’andru quartu d’ora?... ??? ...Zzichicchiu vedennome ‘n bo’ ‘n difficorda’ è ‘ntervinutu e… Ce sta anche la correzzione de lu fusu… dovete sape’ che ppe’ l’orologgio se pija l’ora de quanno lo Sole passa su lu meridianu de l’Etna…qui dda noi ciàrriva nòve…dieci minuti doppo… e l’amicu nostru sembre più ppignolu… … Guarda che l’orologgio miu l’ho ‘rmissu stamadina… mancono sembre cinque minuti!?…e Zzichicchiu… che per me cià la pazzienza de Giobbe... Ce devi conta’ anche l’equazzione de lu tembu… cioè la Terra… anzi pe’ non cumplicatte le cose… lo Sole… a vvòrde accellera e a vvòrde rallenta… stavorda sta rallentanno de cinque minuti!… Mo’ però bbasta… stete ‘n bo’ zzitti e ‘ggustateve tutta ‘sta pace che cce sta… Ciài raggione Zzichi’… j’ho fattu mentre ‘n nuvolone passava propiu davanti a lo Sole… e rrivòrdu a l’amicu nostru… Ecco sì ccontentu mo’… la miridiana s’è ffermata armeno non jiacchieri più!... e issu... Aho… e sse qquella fa’ ccucì… mo’ è cchiaru che artarda! paolo.casali48@alice.it
LA SICUREZZA DEI TUOI INVESTIMENTI
Una soffitta sull’Universo Le calde giornate estive si susseguivano una dopo l’altra, il nostro Leonardo stava apprezzando sempre di più la natura e ciò che essa ci offre, così iniziò a sostituire il suo tempo, passato davanti ai videogiochi, con salutari e divertenti ore passate all’aria aperta con gli amici, trascinando pian piano anche loro in una sorta di riscoperta del mondo che ci circonda. Attendeva però sempre con ansia il tramonto… il sorgere delle prime stelle… rappresentavano l’antipasto delle belle serate di osservazione ed apprendimento. Un angolino tutto suo che al momento non era pronto a condividere con nessuno, tranne ovviamente che col suo maestro. Quella sera Leonardo si preparò un bel termos di tè caldo. Aveva scoperto infatti che anche avere una bevanda calda a portata di mano era utilissimo quando iniziava a fare fresco e poi Overlook gli aveva detto che l’argomento successivo sarebbe stato un po’ lungo dato che gli avrebbe parlato delle stelle e del Sole in particolare… quindi decise di porsi nelle migliori condizioni possibili. Ciao Leonardo! Vedo che questa sera ti sei attrezzato bene! - Ciao Overlook! Già… piano piano sto mettendo in pratica tutti i tuoi insegnamenti! Disse il ragazzo facendo l’occhiolino. Benissimo! Allora iniziamo subito! Avrai notato che vediamo tutte le stelle di notte, vero? Sì sì! E invece no!!! Ce n’è una davvero speciale che, pur essendo come tutte le altre, vediamo di giorno! Davvero? Ma sì! Hai ragione! Mi hai fatto una domanda a trabocchetto!! Il Sole!!! Bravissimo! Vedo che stai imparando in fretta! Ebbene, ci sembra molto più grande e luminosa rispetto a tutte le altre semplicemente perché è molto più vicina a noi. Lo vediamo sorgere, attraversare il cielo e tramontare, ma in realtà sta fermo, siamo noi che gli giriamo intorno insieme agli altri pianeti del sistema solare, satelliti, asteroidi, comete…ma per questa sera rimaniamo concentrati sul Sole! D’accordo! Sono tutto orecchie!! Ma di cosa è fatto il Sole? Fuoco? Prima di tutto dobbiamo dire che una stella è un corpo celeste che emette luce propria, composta da gas principali come idrogeno ed elio e da piccole quantità di altri elementi chimici come sodio e carbonio, mentre gli altri corpi brillano perché riflettono la luce delle stelle, del Sole nel nostro caso, formato da gas estremamente caldo e la sua temperatura, in superficie, è di circa seimila gradi, mentre nel suo interno sale a tredici milioni di gradi. M i c h e l a P a sq u a l e tti m i k y p a s 7 8 @v i rg i l i o .i t
Conferenze di Astronomia In collaborazione con la Biblioteca di Terni, dal mese di settembre la nostra associazione sarà presente con una serie di conferenze su temi astronomici, rivolte sia ai soci sia all’intera cittadinanza. Le conferenze si terranno presso la biblioteca comunale, al secondo piano, saletta adiacente il Caffè letterario, alle ore 17,00. Ca le n d a rio Martedì 4 - 9 Martedì 2 - 10 Martedì 6 - 11 Martedì 4 - 12
Orologi Solari: dal Sole all’ora dell’orologio. Paolo Casali A.T.A.M.B. La Grande Meridiana di S. Maria degli Angeli: un osservatorio astronomico in Basilica. Giovanna Cozzari A.T.A.M.B. Raggi Cosmici killers: una possibile spiegazione delle grandi estinzioni di massa. Tonino Scacciafratte A.T.A.M.B. L’universo oscuro: alla ricerca della materia invisibile Sergio Bacci A.T.A.M.B.
Osservatorio Astronomico di S. Erasmo Osservazioni per il giorno venerdì 28 settembre 2012 In prima serata, alta nel cielo, troviamo una Luna quasi piena (fase crescente di 13 giorni) che disturba non poco la visione di oggetti deboli; fra i pianeti il solo Giove, ma sorgerà ben oltre la mezzanotte. Punteremo due ammassi globulari (M13 e M5) composti da centinaia di migliaia di stelle e la famosa Galassia di Andromeda (M31) . Come solito, formeremo gruppetti di visitatori per la TS visualizzazione ad occhio nudo di tutto il cielo boreale.
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La Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, come ormai noto a tutta la cittadinanza, opera nei seguenti settori: Ricerca scientifica e tecnologica; Arte, attività e beni culturali; Salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; Educazione, istruzione e formazione, incluso l’acquisto di prodotti editoriali per la scuola; Volontariato, filantropia e beneficenza; Sviluppo locale. Entro questi ambiti funzionali e con riferimento al contesto territoriale, la Fondazione persegue gli obiettivi di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico e artistico, di diffusione della cultura locale, di sviluppo dell’istruzione scolastica, con particolare attenzione per quella universitaria, di miglioramento dell’assistenza sanitaria e di soccorso e solidarietà alle categorie sociali più bisognose. In questo articolo di settembre de La Pagina cogliamo l’occasione per ricordare l’attività nel settore dell’arte e, in particolare modo, nell’ambito dei restauri in cui la Fondazione opera direttamente scegliendo il bene da restaurare, di propria iniziativa o dietro segnalazione della proprietà. Nell’esercizio 2011 la Fondazione ha destinato ai restauri il 27% delle risorse disponibili nel settore, stanziando complessivamente 256.000,00 Euro. Attualmente sono tre i cantieri più importanti cui la Fondazione sta dedicando particolare impegno e attenzione: il restauro della facciata della chiesa di San Pietro di Terni, il restauro delle pareti esterne del prospetto laterale destro e dell’abside della chiesa di San Francesco di Terni e il restauro del prezioso “dossale” del Maestro di Cesi presente nella chiesa di Santa Maria Assunta di Cesi. Il restauro della facciata della chiesa di San Pietro è volto al recupero di una pregevole opera architettonica di un edificio risalente al XIV secolo di particolare valore storico e artistico. Il restauro interessa anche il bel portale e il rilievo con il Cristo Pantocrator completamente scuriti dagli effetti degli agenti atmosferici e dallo smog. I lavori sono iniziati nello scorso mese di luglio e saranno completati entro l’autunno 2012. La chiesa di San Francesco di Terni è stata interessata negli ultimi anni da diversi interventi di restauro curati e realizzati direttamente dalla Fondazione. Dopo aver restituito nel 2002 alla città la bella cappella della Croce Santa, con il sostegno anche della Fondazione CARIPLO, nel 2006 la Fondazione ha restaurato la facciata della chiesa e nel 2010 è intervenuta anche sul monumentale campanile. L’intervento in corso riguarda le pareti esterne del prospetto laterale destro e dell’abside: un lavoro ritenuto necessario per restituire alla chiesa un aspetto unitario e omogeneo a seguito dei precedenti restauri. I lavori sono iniziati lo scorso marzo e saranno portati a compimento entro la prossima primavera 2013. Un’opera di grande pregio attualmente in restauro è rappresentata dalla tavola raffigurante la Madonna in trono col Bambino tra angeli e santi del maestro di Cesi datata 1308. Secondo alcune testimonianze il paliotto proverrebbe dalla chiesa di Sant’Angelo di Cesi, secondo altre invece dalla chiesa di Santa Maria “de fori”, antica pieve del territorio di Cesi e Carsulae che probabilmente nel 1308, anno di esecuzione della tavola, subì un restauro; verso il 1860 venne portata nel palazzo comunale e poi nella chiesa di Santa Maria Assunta nella cui sacrestia è oggi conservata. Il paliotto rappresenta nella cornice a destra San Biagio, San Lorenzo, San Martino; a sinistra San Nicola, Santo Stefano, Sant’Agnese; in alto a destra San Paolo e San Giovanni Evangelista, a sinistra San Pietro e San Giovanni Battista; in basso a destra San Bartolomeo, San Luca, San Marco; a sinistra San Matteo, San Tommaso, Sant’Andrea; al di sotto corre l’iscrizione: IN NOMINE DOMINI AMEN. ANNO DOMINI MILLESIMO CCCVIII TEMPORE DOMINI CLEMENTIS PAPE V INDICTIONE V DOMINA ELENA FECIT FIERI HOC PUS. L’opera era stata purtroppo trafugata, ma fortunatamente è stata recuperata e restituita alla chiesa di Cesi per il giorno di Natale del 1968, come ricorda una recente scritta apposta sul verso della tavola. Il restauro è cominciato lo scorso mese di giugno e sarà completato nel prossimo autunno. Tutti gli interventi di restauro curati dalla Fondazione sono realizzati sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici e della Soprintendenza per i Beni Architettonici dell’Umbria.
Fig. 1 Terni, chiesa di San Pietro, restauro della facciata, foto del cantiere Fig. 2 Terni, chiesa di San Francesco, restauro delle pareti esterne del prospetto laterale destro e dell’abside, foto del cantiere Fig. 3 Terni, chiesa di San Francesco, facciata restaurata nel 2006 dalla Fondazione Fig. 4 Terni, fraz. Cesi, chiesa di Santa Maria Assunta, tavola raffigurante la Madonna in trono col Bambino tra angeli e santi del maestro di Cesi datata 1308, in corso di restauro Fig. 5 Particolare della tavola raffigurante la Madonna in trono col Bambino tra angeli e santi del maestro di Cesi, in corso di restauro
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I l t e n t a t i v o d i Te r n i ossia la spedizione di Pescecotto
È a volte singolare, consuetudine oramai consolidata da millenni, la predilezione della Storia per luoghi quasi sconosciuti, lontani dai centri del potere ma resi magici da una sorta di incantesimo fatato che li protegge dalla mano distruttrice dell’uomo celandoli agli occhi di quest’ultimo. Questi luoghi vengono spesso eletti a teatro di grandi avvenimenti in grado di determinare il destino di interi popoli, con battaglie, cospirazioni o martiri. Al vasto elenco di codeste contrade appartiene anche una località rurale situata nei pressi della nostra città, che lo storico Italo Ciaurro, nel proprio libro L’Umbria e il Risorgimento, così descrive: Poco lontana da Terni, nella proprietà dei Faustini che si stende a sinistra del Nera fra il territorio di Collescipoli e quello di Narni. Località isolata, nascosta da una ricca ed esuberante vegetazione, solitaria e lontana da rumori e da indiscrezioni, che ha qualche cosa di intimo e di riservato. Fu tuttavia proprio da tale luogo consacrato alla quiete ed alla meditazione che il patriota Pietro Faustini diede avvio ad uno dei molteplici tentativi garibaldini di liberare dal giogo francese e teocratico Roma, unica vera ed indiscussa degna capitale d’Italia. Correva allora l’anno 1867 ed il novello Regno italico, manchevole ancora del Lazio, aveva già compiuto i propri primi passi da Nazione una ed indipendente, trasferendo sin dal 1866 la sede del parlamento da Torino a Firenze in seguito alla stipulazione del Concordato di Settembre. Era stata combattuta a fianco del Regno di Prussia l’umiliante ma vittoriosa Terza Guerra di Indipendenza, che aveva donato il Veneto alla Monarchia Sabauda e già un tentativo per l’affrancamento della città capitolina guidato dall’Eroe dei Due Mondi era fallito con la disfatta dell’Aspromonte per mezzo dello stesso esercito regolare, ma ancora tutti gli sguardi d’Italia erano rivolti a Roma. Mazzini sognava in essa dei nuovi vespri repubblicani che gli avrebbero concesso di divenire nuovamente triumviro, come nel 1849, e di guidare da quella posizione la trattativa con il potere regio per la convocazione di un’assemblea costituente. Garibaldi la voleva ad ogni costo e con chiunque sottrarre a quello che definiva il dominio pretesco, mentre il governo moderato di Urbano Rattazzi considerava la sua liberazione come tappa fondamentale per il riconoscimento dell’Italia come grande potenza europea, ma aveva le mani legate a causa della protezione che ad essa assicurava Napoleone III Imperatore. Tale situazione costrinse il primo ministro ad un ambiguo comportamento sospeso tra la speranza che una sollevazione popolare avesse legittimato una spedizione armata e fra la formale condanna di ogni sorta di iniziativa volta a minare la sicurezza dei domìni pontifici, e fu a causa di ciò che a compiere la prima mossa fu il Generale. Nella mente di quest’ultimo, già nella prima metà del 1867, andava delineandosi quella che nell’Autunno seguente sarebbe divenuta la Campagna disastrosamente conclusasi a Mentana, ma ancor prima volle compiere il tentativo di far scoccare, grazie ad una spedizione militare di minore entità, una scintilla insurrezionale sulla quale avrebbe soffiato il vento della mobilitazione nazionale, in modo da risvegliare in tutti gli Italiani il grande fuoco del Patriottismo. Una volta aver tracciato tale disegno inviò da Firenze due suoi
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ufficiali, i garibaldini Galliano e Perelli, a Terni, scelta come base organizzativa del movimento. Qui entrarono in contatto con il già menzionato Pietro Faustini il quale, entusiasta, offrì senza esitazioni la propria spada all’iniziativa. Egli, una volta aver creato un gruppo di 105 volontari radunato presso il Convento di San Martino, allora fuori le mura della città, nottetempo e tentando di passare inosservato li guidò fino alla propria casa di campagna posta per l’appunto a Pescecotto, ove li sfamò a proprie spese e li equipaggiò con fucili dotati di baionetta già in quella località depositati sin dal 1862. Da li, il 18 giugno, intrapresero la strada che li avrebbe condotti alla capitale, attraversando dunque il Nera grazie all’imbarcazione del Faustini, ed oltrepassarono Lugnola, Configni, Vagone, Rocca Antica ed Aspra, fino a quando, intercettati sui Monti della Fara dai Carabinieri allertati dall’antidemocratico Pasquale de Mauro, vennero in gran parte arrestati, mentre solo un piccolo gruppo guidato dal Galliano, abbandonato perfino dal proprio compagno Perelli, che accusò di diserzione e tradimento in un proprio scritto del 1868, riuscì a giungere a Roma il 26 giugno grazie alla via del Tevere. Tali volontari, dopo 14 giorni di soggiorno segreto nella futura capitale d’Italia, esortati dallo stesso Garibaldi, desistettero dall’impresa e ritornarono nel patrio suolo, mentre coloro che erano stati arrestati come Pietro Faustini, Giuseppe Moscatelli o Ferdinando Escala vennero condotti presso il carcere delle Murate a Firenze, per far ritorno, successivamente, a Terni ove si sarebbe dovuto svolgere il processo, in seguito interrotto grazie ad una provvidenziale amnistia. Furono in molti a criticare l’organizzazione e la conduzione di codesto movimento soprattutto all’interno dell’ambiente garibaldino, del quale faceva parte Gustavo Frigyesi, il quale, nel proprio scritto L’Italia del 1867, attribuì la causa del fallimento della spedizione di Terni a molteplici fattori. Fra questi egli sottolinea le divergenze tra il Comitato Nazionale Romano avente posizioni monarchiche e quello di Firenze creato dal Generale, l’ingenuità con cui quest’ultimo affidò la direzione del movimento a degli inetti, la denuncia che di esso venne effettuata presso la polizia sabauda e a quella che egli definì l’infausta politica del Rattazzi, ma è chiaro che coloro che più vennero delusi dall’epilogo di tale insurrezione furono i patrioti ternani e, primo fra tutti, Pietro Faustini. Quest’ultimo, infatti, assieme ai propri amici e compagni, credette ciecamente in ogni battaglia che veniva combattuta in nome della grandezza e dell’indipendenza d’Italia, mantenendo inalterata la propria ardente fede nonostante prigionie e disfatte, soffrendo quando il giogo straniero piegava nuovamente la libertà della nostra nazione e gioendo quand’essa indomita fieramente si rialzava. Ad egli ed ai Ternani che consacrarono la propria vita all’italica causa al grido di Roma o Morte, presso l’oramai in rovina casa di Pescecotto, venne posta un’epigrafe per volere del deputato Edoardo Pantano. Essa recita: QUI SI RACCOLSE NEL 1867 INTORNO A PIETRO FAUSTINI IL PRIMO MANIPOLO DELLA GLORIOSA FALANGE CHE AL LAMPO FATIDICO DI GARIBALDI ATTRAVERSO LA GRANDE EPOPEA DI MENTANA APRI’ LA VIA ALLA CONQUISTA DI ROMA F r a n c e sc o N e r i Scuola Media Leonardo Da Vinci - Classe III Sez. A
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