La Pagina Umbria dicembre14

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Numero 6 dicembre 2014

Mensile a diffusione gratuita di attualitĂ e cultura

Fot o M arco I lar i


Itinerari del gusto: le Quattro P Il moderno concetto di turismo non si basa più soltanto sulla conoscenza e la visita di monumenti e musei, ma comprende un insieme di fattori che rappresentano la cultura del territorio. Una frase ormai abusata titola questo connubio “saperi e sapori”. Eppure essa esprime in pieno lo stretto legame che unisce i vari aspetti di un luogo, poiché tutto concorre a rendere unica una città, a delinearne la storia e l’identità. Ecco perché in questi saperi entrano a pieno titolo la gastronomia e i prodotti tipici, cioè i sapori. Allora conosciamo Terni anche sotto questo aspetto e dobbiamo subito dire che essa ci sorprende per ricchezza e qualità dei prodotti. Ma ci sorprende soprattutto perché in essi ritroviamo i sapori di un tempo. La cucina ternana è l’esaltazione della tradizione ove si coniugano tipicità, bontà, semplicità, gusto. Facciamo ora una specie di gioco, quello che si fa con i bambini che devono imparare a leggere. Giochiamo con la lettera “P” e troviamo immediatamente le Quattro eccellenze della città: pane, pasticceria, pasta, pampepato. Il pane, pane il famoso pane sciapo tanto apprezzato anche fuori della regione. La sua lavorazione è esattamente quella delle nostre nonne. Prodotto di altissima qualità, lavorato con lievito naturale, cotto nei forni a legna, con la crosta croccante e la mollica soffice e friabile. La sua poca sapidità permette di esaltare qualunque pietanza poiché non ne altera il sapore. Perché senza sale? Si è soliti attribuire il suo mancato uso alla ribellione della popolazione alla tassa sul sale messa dallo Stato Pontificio (la guerra del sale è del 1540); in realtà il sale era talmente prezioso per conservare le carni e fare gli insaccati, che fin da tempi ben più lontani non lo si usava per la panificazione. Pasticceria: Pasticceria dolcezze dolcezze dolcezze. Basta un nome: Spartaco Pazzaglia, l’uomo che agli inizi del ‘900 ha creato laboratori per la produzione di paste. Si diceva: andiamo a far colazione da Pazzaglia! E ci venivano anche da Roma. Dopo di lui tanti pasticceri hanno dato lustro a questa leccornia che si distingue per friabilità, morbidezza, equilibrio di sapori. Insomma: solo da gustare. E andiamo alla pasta: pasta parliamo di quella più semplice, diciamo povera: le ciriole. Un impasto di acqua e farina che tuttora viene fatta a mano, a forza di braccia e condita in maniera altrettanto semplice: aglio, olio e peperoncino, oppure con asparagi di campo o con funghetti. Ancora una volta è la tradizione contadina quella vincente, quella che si affidava ai prodotti spontanei della natura. Ed ora il pampepato, pampepato dolce antichissimo. Le feste di Natale fin dai tempi remoti richiedevano qualcosa di speciale da gustare. La stagione invernale metteva a disposizione delle donne soprattutto frutta secca come noci, mandorle, nocciole, pinoli. Bastava mettere insieme questi ingredienti e insaporirli con quanto si aveva a disposizione: miele, mosto cotto, spezie varie, succo di melangole (allora le arance non c’erano o erano un lusso). Fin qui un dolce non dissimile da altri presenti in varie parti d’Italia, dal panforte di Siena alle pinoccate di Perugia o al pampepato di Ferrara. A Terni però le nostre donne hanno aggiunto un elemento speciale: il pepe, poco, il giusto per dare quel non so che in più che lo rende unico. Dopo questa carrellata di sapori, dobbiamo ricordare che c’è un elemento fondamentale che concorre a renderli eccellenti, un elemento che rappresenta l’altra grande ricchezza di Terni: l’acqua. acqua Chiamata fin dall’antichità “città tra i fiumi” (Interamna), essa è la “terra dell’acqua” non solo per i suoi corsi d’acqua, ma per la serie di canali che hanno reso fertile il suolo e hanno poi contribuito in maniera importante all’industrializzazione della città. Si dice che sia la bontà dell’acqua a rendere fragrante il pane di Terni. Noi ci crediamo e ne siamo orgogliosi. È opportuno ricordare altri prodotti di eccellenza del territorio: l’olio eccellente per le condizioni climatiche, per l’esposizione dei terreni e per le tecniche di spremitura a freddo che ne esaltano il gusto; il vino, le carni, i salumi, il tartufo e tutti i prodotti della terra, oppure certe ricette tradizionali come la faraona alla leccarda o le carni alla brace. Ci auguriamo che il progetto di Terni pasticciona prenda avvio e dia la giusta risonanza a tanta ricchezza. Ma smettiamo di parlare e cominciamo a gustare questi Loretta Santini sapori. Buon appetito!

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COSP TECNO SERVICE POMODORO - F C a l z a v a c c a Premiazione MARCO ILARI ASSOCIAZIONE CULTURALE LA PAGINA Riqualificazione P.zza San Francesco - P Leonelli, M Struzzi, T Malvetani CONSORZIO DI BONIFICA TEVERE NERA ALESSANDRA LA CHIOMA LICEO CLASSICO - M D ’ U l i zi a , E C o n t i , C Ber nardinangeli, R Tes s itore Vo i s i e t e l o s p o r t ! - G R a s p e t t i Memorial Paolo D’Aloja - B Montesi La (s)fortunata vita di Amina - F Lelli PROGETTO MANDELA Alla scoperta di... - L Santini PA S T I C C E R I A C A R L E T T I

LA PAGINA UMBRIA

Mensile di attualità e cultura

Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni

DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta di Giampiero Raspetti

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Direttore editoriale Giampiero Raspetti

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P OMODOR PO MODOR O Viale Campofregoso 98 Terni

Conclusa a Montecarlo l’importante personale di Arnaldo Pomodoro allestita in ottobre a Palazzo Barclays in occasione del mese della cultura italiana nel Principato di Monaco che aveva come simbolo della manifestazione la Sfera dedicata agli italiani nel mondo, a Terni prosegue la rassegna su questo autore dedicata agli “spazi scenici ed altre architetture” dovuti all’estro del Maestro, molto legato alla nostra città. Nel 1995 aveva realizzato la Lancia di luce in acciaio, cromo e rame che simboleggia l’evoluzione tecnologica delle Acciaierie messe oggi a dura prova da contrasti sociali dopo oltre cento anni di storia industriale e cittadina. Lo stesso artista ha ricordato come la creazione dell’obelisco ternano sia stata mossa da un invito di Sandro Pertini che lo aveva sollecitato a realizzare un’opera che fosse un simbolo per la città anche allora provata da una crisi aziendale di pesanti proporzioni assimilabile a quella di oggi. Ed accanto a Pertini che amava il lavoro di Pomodoro un giovane assessore ternano, Walter Mazzilli si prodigò in ogni modo perché il progetto fosse attuato. Contemporaneamente Pomodoro aveva creato una scultura per il comune di Rimini in memoria di Federico Fellini, il regista che ha dato anima e fantasia ai suoi luoghi del cuore. Forte quindi l’attrattiva dello scultore per l’azione scenica del teatro, in ogni sua accezione. A dimostrazione di questo aspetto della sua creatività fino al 18 gennaio il CAOS ospita una rassegna sugli spazi teatrali e su altri interventi architettonici realizzati dall’artista offrendo la possibilità di avvicinare questa particolare dimensione del suo lavoro che lo trasforma in inventore di luoghi destinati alla danza, alla musica, alla drammaturgia. Curata dal direttore del Teatro di Roma, Antonio Calbi, la mostra ci permette di penetrare nella matrice stessa della sua arte lungo l’arco di cinquant’anni di impegno e volontà. Lo stesso autore ha scritto nel catalogo che accompagna l’esposizione come l’esperienza teatrale gli abbia aperto “nuovi orizzonti” invitandolo a sperimentare inediti approcci

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ed ulteriori idee per le sculture di grandi dimensioni perché proprio il concetto stesso di teatro gli ha dato un senso di libertà creativa e gli ha permesso di materializzare la visionarietà. Sono le sue parole a confermarci un’attenzione estremamente vigile e raffinata verso la fantasia insita nella creazione teatrale. Dalla tragedia greca al melodramma, dal teatro contemporaneo alla musica attraverso sculture, scenografie, modellini e disegni ma anche costumi e oggetti di scena in un lungo percorso che va dalla Caterina Heilbronn di Kleist sul lago di Zurigo nel 1972 per la regia di Luca Ronconi alla trilogia dell’Orestea di Emilio Isgrò da Eschilo sulle rovine di Gibellina messa in scena fra il 1983 ed il 1985 con la regia di Filippo Crivelli, sino alle rappresentazioni classiche del centenario dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico al Teatro Greco di Siracusa nel maggio 2014. Questo per quanto riguarda l’impegno di Arnaldo Pomodoro sul tessuto teatrale a complemento e a definizione della vicenda che si dipana sul palcoscenico. La seconda parte della mostra ospitata al CAOS illustra i più significativi progetti di opere architettoniche quali la sala d’armi del Museo Poldi Pezzoli a Milano sino al più recente intervento in Umbria. Si tratta del Carapace, la cantina -scultura commissionata dalla famiglia Lunelli per la tenuta Castelnuovo di Bevagna datata 2012, in perfetta sintonia con l’ambiente umbro dove ha preso forma e sostanza. L’iniziativa promossa a Terni diventa anche un atto doveroso verso lo scultore che per la nostra regione ha sempre manifestato particolare predilezione sin dai suoi contatti iniziali con l’Umbria. Risale al 1962 il suo primo intervento con la realizzazione della Colonna del viaggiatore per la mostra curata da Giovanni Carandente nota come Sculture in città in occasione della quinta edizione del Festival dei Due


Mondi, recentemente ricollocata all’inizio del viale che conduce alla stazione spoletina, vis a vis con il Teodelapio di Calder dopo un’operazione di restauro. E sino all’ultima creazione architettonica di cui abbiamo già fatto cenno, in simbiosi con il territorio leggero di collina, domicilio per uve in fermentazione in quel di Bevagna. Risulta perciò quanto mai giustificata la rassegna ternana che coniuga i trionfi felici del teatro e dell’ambiente che lo crea con opere direttamente concepite per gli spazi di destinazione, senza confusioni di storia e di cultura. Già negli anni ‘70 lo storico dell’arte Renato Barilli poneva attenzione ai grandi ritmi delle sculture di Pomodoro, ai suoi intriganti spazi interni e alla valenza delle superfici esterne come schermo di contenimento. Poi queste superfici si sono affrancate da secondarie situazioni, squadernandosi secondo l’estro ed offrendosi generosamente quali sensibili pagine ad ospitare inserimenti di grande impatto emotivo, come ci indica proprio la Lancia di luce nell’accostamento di metalli strutturalmente diversi ma concettualmente uniti dalla stessa matrice: il fuoco delle Acciaierie. A corredo della mostra un catalogo di pregio curato da Antonio Calbi sullo spazio visionario di Arnaldo Pomodoro introdotto dallo stesso artista con riproduzioni delle opere esposte ed un ricco apparato scientifico che non si esaurisce nel testo conclusivo ma si arricchisce di informazioni e citazioni nello svolgersi delle immagini importanti per numero e qualità. Franca Calzavacca

Il Wiki Loves Momuments è il concorso fotografico più grande del mondo, giunto alla sua quarta edizione, la terza italiana e Marco Ilari con la foto Lancia di Luce di Arnaldo Pomodoro si è classificato secondo. Si tratta di una bella soddisfazione per Terni -dichiara l'assessore alla Cultura Giorgio Armillei- ma soprattutto l'utilizzo di uno straordinario mezzo di comunicazione e divulgazione dei monumenti cittadini. Lo scopo del concorso è quello di svincolare i monumenti, dato che ogni foto è in licenza Creative Commons, riutilizzabile e diffondibile a patto di citare l’autore. Questa terza edizione è stata un successo: l’Italia è stata il primo Paese per numero di partecipanti -oltre mille- tra i quaranta che hanno aderito alla competizione. In totale le foto inviate sono state circa 20 mila, per 4.500 diversi monumenti. Selezionate tra 500 finaliste, le dieci foto vincitrici rappresenteranno l’Italia nella fase globale del concorso. Faccio ancora i complimenti -ha concluso l'assessore- a Marco Ilari che ha conquistato il podio, il piazzamento è motivo di vanto ed orgoglio per la nostra città, è un contributo alla consapevolezza che a Terni ci sono monumenti di indubbio valore artistico. La Lancia di Luce è uno di questi, non a caso è diventato uno dei maggiori simboli di una città moderna, che sa realizzare opere di alto contenuto non solo estetico. A D N C R ON OS

Potete trovare stupende foto di Marco Ilari relative al nostro territorio, divulgate, ammirate ed amate in tantissime ed importantissime parti del mondo, grazie al magazine La Pagina Europa. Altre sono ammirabili sui magazine La Pagina e La Pagina Umbria e in proiezione continua nella redazione de La Pagina stessa. 5


Associazione Culturale La Pagina - Terni, Via De Filis 7 07441963037 - 3936504183 - 3465880767 - 3482401774

4 dicembre 2014 - G r a n d i d o n i . . . C o n f e r e n z a d e i p r o g e t t i - ... Noi per Terni

Giornata importantissima per la città di Terni Esplosione di progetti fondamentali per la nostra città. Implosione, more solito, della presenza dei sedicenti addetti al lavoro, con esclusione di tre consiglieri comunali, da noi stimatissimi, due presenti fisicamente, l’altro spiritualmente. Grande è stata la presenza di pubblico, come la risonanza che ha avuto l’incontro-conferenza; entusiasmo da parte di diversi presenti. Sono molte le persone che per servire la città percepiscono prebende (= soldi dei cittadini) al presunto scopo. Noi siamo e vogliamo essere diversi, sicuramente esempi da non seguire. Infatti, siamo da sempre schivati e raggirati dalle persone incaricate a pagamento. Forse è giusto così! Noi continueremo a pagare di tasca nostra, a produrre idee, progetti, a tenere corsi gratuiti, a intessere relazioni, a livelli altissimi, con tutto il mondo civilizzato per fare il bene della nostra città. Ma la città deve saper fare a meno dei politicanti da strapazzo. Da oggi, 4 dicembre 2014, la cittadinnza deve riferirsi, tutta, solo verso chi agisce con spirito adamantino e con eccellente preparazione culturale. Aborriamo ormai la pletora dei nullafacenti e degli insignificanti. GR

Conferenza dei ricordi - ...Florio per noi

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Via Anastasio De Filis La famiglia de Filiis, un tempo appartenente alla stessa casata dei Cesi, se ne era divisa verso la metà del XV secolo, quando Carlo de Filiis de Caesis, conte palatino, si era trasferito da Cesi a Terni ottenendo dall'imperatore, per sé e la sua discendenza maschile, il diritto di essere notari e sindaci ordinari. Anastasio de Filiis nasce a Terni nel 1577. Il padre, Paolo de Filiis, è gonfaloniere della città. Nel 1603 è a Roma, ospite di Federico Cesi, in occasione della fondazione dell'Accademia. In virtù dei suoi interessi per l'astronomia e la sua attitudine alla costruzione di congegni meccanici, Cesi gli chiede di fabbricare un astrolabio, terminato il 22 ottobre 1603, e andato poi perduto. Nello strumento, come riferisce l'Odescalchi, sono “descritti tutti i corpi celesti colle loro dipendenze secondo i più moderni non men che antichi sistemi di filosofia”. Oltre a essere l'esperto del sodalizio in materia di storia, de Filiis è anche Lynceorum secretarius. Anche lui, come gli altri primi soci, è costretto ad allontanarsi da Roma negli anni immediatamente successivi alla fondazione dei Lincei a causa delle persecuzioni del duca di Acquasparta, padre di Federico, che sospetta i quattro giovani di pratiche magiche e di comportamenti immorali. Tra tutti, Anastasio è il meno osteggiato e lo stesso duca lo incarica di rintracciare il figlio scomparso. Il carteggio tra i quattro giovani rivela che in quegli anni (1603-1606), il de Filiis si sposta spesso, dimorando alternativamente a Terni e a Roma. Anche quando è lontano dalla sede romana Anastasio continua a svolgere le funzioni di segretario dell'Accademia. Dopo il 1606, forse perché richiamato dalle lezioni di Giovambattista della Porta, parte alla volta di Napoli, dove muore nel 1608. Delle sue opere, che figuravano fra i manoscritti perduti della Biblioteca Albani, sono rimasti solo due titoli: De arcanis naturalibus e Novae saecundorum notuum tabulae ab Eclipsato Lyncaeo delineatae.

Associazione Culturale La Pagina

Via De Filis 7A

TERNI Unione Sportiva Acli di Terni Via De Filis 7C Tel. 0744 422095 FAX 0744 430959 L'Unione Sportiva Acli promuove lo sport per tutti ed è riconosciuta come Ente di Promozione Sportiva e fa parte del Comitato Olimpico Nazionale Italiano - CONI. Costituita a livello nazionale nel 1966, inizia l'attività nella provincia di Terni nel 1974. Associazione specifica delle Acli nazionali ha 350.000 iscritti a livello nazionale e 1992 soci a livello provinciale con 23 società sportive affiliate. 7


L’autore è un Senatore della Città autentico. Andato in pensione dopo un serissimo impegno lavorativo, si dedica totalmente ad educare se stesso e gli altri. Poiché sa di non sapere e per lui la ricerca non ha mai fine, legge e studia in continuazione, cercando di trasmettere il suo sapere agli altri, nell’Ateneo giovani e nell’Ateneo per tutte le età. Si impegna alacremente nella Associazione Culturale La Pagina , negli incontri relativi alla chimica e negli scritti sulla tradizione contadina, nei quali rivela grandi capacità comunicative e uno stile personalissimo ed apprezzabilissimo. Presenta oggi un libro, per regalare un po’ di buon umore ad amici e lettori.

Carissimi lettori... era mia intenzione, in questo libro, parlare poeticamente di alcuni argomenti astronomici inserendoci come contorno le foto di galassie... nebulose... ammassi... stelle... pianeti... comete. Risultato finale! A parlare veramente di astronomia non sono le mie poesie ma quei meravigliosi scatti realizzati, con passione e maestrìa, dai miei amici astrofili. Avrei dovuto scriverlo solo con le loro fotografie... sarebbe stato senz’altro migliore... troppo tardi! Cercate... allora... di deliziarvi con le foto del cielo... il più profondo... e considerate le mie poesiole solo un contorno non molto sfizioso di questi bellissimi ed entusiasmanti scatti. Grazie agli astrofotografi... Antonio, Danilo, Federico, Jacopo, Luca, Marco C., Marco P., Silvano, Vairo. Un pensiero per Luca, ora lassù, vicino alle stelle che ha tanto amato e che ci ha fatto amare ancora di più con le sue meravigliose foto. Paolo Casali

Distribuzione gratuita in Via De Filis 7

Per chi non si accontenta dell’orto del vicino, ma vuol essere giardino fiorito. Il nostro territorio, unico al mondo per mistura di terre emerse e di terre laviche, contiene, ad ogni pié sospinto, sali minerali diversi, quindi sapori e gusti diversi. Per tal motivo è l’unica regione al mondo in cui i luoghi di ristorazione presentano tutti dei sapori diversi. Le stesse sagre presenti nel territorio rappresentano davvero una grande festa dei sapori diversi. Da noi le acque. Acque buonissime, con le quali caffè, pane, pasticceria diventano eccellenti. Nella produzione di olio e di vino cominciamo a conquistare ottimi livelli di qualità, mentre il pane e la pasticceria costituiscono l’eccellenza ternana. La città di Terni è anche la città di Spartaco Pazzaglia, Gran Maestro della Corona d’Italia, ed anche la città delle pizze di Pasqua, del pampepato, del Pane di Terni. Ed allora Terni Pasticciona esporrà a tutti i golosi del mondo i prodotti ternani, pasta e pasticceria in primo luogo. Da qui l’evento Terni Pasticciona. Verranno i pasticceri con i loro pasticci, ripieni di cioccolato o di altre dolcezze. Fungeranno da cornice i tanti prodotti di cui il nostro territorio è generosamente dotato: acqua, vino, olio, formaggi, salumi, tartufi… tutto e solo del nostro prezioso territorio.

Il corso è dedicato allo studio della lingua cinese moderna (普通话 Pǔtōnghuà), attraverso esercitazioni di conversazione, lettura, scrittura e traduzione. Lʼobiettivo principale del corso è quello di fornire ai cittadini una conoscenza di base della lingua e della cultura cinese e di destare in loro curiosità e interesse verso culture e popoli diversi, coerentemente con le esigenze dellʼattuale contesto internazionale. Le lezioni saranno strutturate come un percorso di graduale avvicinamento alla lingua e alla cultura cinese, fino allo sviluppo delle capacità comunicative basilari (comprensione e produzione orale e scritta). Al termine del corso si sarà in grado di sostenere brevi ma essenziali conversazioni in lingua cinese, leggere e scrivere un certo numero di caratteri (100 ca.) e tradurre brevi frasi da e in lingua cinese. Di pari passo con lʼapprendimento della lingua, saranno organizzati momenti di approfondimento sulla cultura e la società cinese. Le capacità linguistiche (scritte e orali) apprese durante il corso permetteranno di salutare, presentarsi, fornire e chiedere informazioni basilari su se stessi e altre persone (nome, nazionalità, occupazione), saper utilizzare espressioni di cortesia (scusarsi, chiedere attenzione, ringraziare), intrattenere brevi ma essenziali dialoghi sui propri interessi e sulle proprie attività e formulare richieste ed espressioni utili alla vita di tutti i giorni. Il corso si articolerà in 13 lezioni da 90 minuti ciascuna, per un totale di 20 ore. Le lezioni si terranno presso i locali dell’Associazione Culturale La Pagina (via De Filis 7, Terni), ogni mercoledì dalle ore 16:30 alle 18:00. Gennaio: 14, 21, 28 Febbraio: 4, 11, 18, 25 Marzo: 4, 11, 18, 25 Aprile: 1, 8 Il corso è totalmente gratuito per tutti gli iscritti all’Associazione. Il costo dell’iscrizione all’Associazione è di 30€ l’anno e dà accesso a tutti i corsi e a tutte le attività organizzate.

Sono aperte le iscrizioni ai corsi gratuiti di ARABO CINESE INGLESE PORTOGHESE 8


Redazione

Terni, Via De Filis 12

EDIL CONSTRUCT di Jonut Dobrogeanu Via Ugo Tognazzi Narni Scalo 05035 Narni TR 3895184054

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Progetto per la riqualificazione Il convento e la chiesa di San Francesco furono edificati a partire dall’anno 1265 in una zona marginale della città, libera da significative preesistenti costruzioni e prossima alle mura urbane. Nelle zone circostanti, sino all’inizio del XX secolo, vi permanevano ancora molte aree verdi nelle quali poi sorsero importanti edifici pubblici realizzati a seguito della costituzione della Provincia di Terni. Anche la viabilità era totalmente diversa dall’attuale, in particolare, vedi le varie mappe storiche, non esisteva l’attuale via Don Bosco e la piazza era delimitata verso Ovest da un alto muro; la nuova via fu realizzata negli anni ’30 del ventesimo secolo, unitamente ad altre trasversali, aperte con l’intento di permettere collegamenti est-ovest, precedentemente limitati al solo decumano “via Cavour – via Garibaldi”. La tipologia della chiesa, escludendo le navate laterali ampliate in simmetria nel XV secolo, è pressoché identica a quella della basilica superiore di San Francesco in Assisi ed a quella di Santa Chiara sempre in Assisi. Per questo la chiesa di Terni può, a ragione, essere considerata il terzo monumento francescano dell’Umbria. I problemi per la sistemazione della piazza, considerando lo stato attuale, che presenta uno spazio con limiti del tutto casuali ed informali; fronti degli edifici, esclusa naturalmente la facciata della chiesa, del tutto difformi ed anonimi, una viabilità che la invade tutta, sia nei percorsi che nelle soste, sono invero molti ed assai problematici. Si premette che il progetto, sul quale ci si augura si compia una reale e costruttiva partecipazione, ha contenuti improntati alla ricerca di una significativa realizzazione, nella piazza della città sulla quale è edificato uno dei maggiori nostri monumenti, ove quindi è doveroso proporre non solo un solido e duraturo intervento, ma anche un’opera con simboli universali che ne esaltino la storia ed i valori. Significati che, come ci ha insegnato Bruno Zevi, dovrebbero sempre essere considerati nelle varie opere di architettura “il garbo e la sottigliezza cromatica cancellano subito quel sospetto di intellettualismo che un intervento del genere potrebbe far sorgere. Quelle che si vedono sono tracce del passato che è assai utile far rivivere quando si riesce a sposarle con immagini rimaste integre. Delicato equilibrio da cui scaturisce quell’arricchimento che si richiede dall’arredo urbano inteso nella sua intera essenza”. Per la pavimentazione si propone pertanto, per il significato, per il valore estetico e per quello tangibile, la ripetizione dei materiali e degli abbinamenti con successo proposti nella piazza di San Francesco in Assisi; e cioè l’uso alternato di materiali di origine italiana: Trachite-Zovonite provenienti dai Colli Euganei; Pietra Mazzaro di Gravina proveniente dalla località Grotte Marallo; Pietra Rosa di Assisi cavata nelle cave locali, uniti a materiali di origine mondiale: Pietra di Gerusalemme della Cava di Betlemme (Palestina); Yang Shan Granite proveniente dalla città di Nang An – Provincia Fuijan – Cina; Quarzite proveniente dal Brasile; Granito “Damarian Plateau” provieniente dalla Namibia. Si rammenta che quelle pietre, essendo cavate da lontani luoghi di ogni continente del mondo, sono memoria di un positivo ecumenismo. Il disegno poi con i suoi colori e con il parallelismo rispetto alla chiesa costituisce ordine grafico ed un effetto scalare che induce ad un avvicinamento ed ad un accesso al luogo sacro. Come detto le preesistenze sono affatto negative per la convergenza nello spazio informe della piazza di ben quattro strade. Anche ove si riuscisse effettivamente a pedonalizzare tutta la piazza, obiettivo bello ed ambizioso, ma assai arduo, sempre si dovrebbero considerare alcuni flussi necessari per eventuali mezzi di soccorso, mezzi indispensabili per lavori e autoveicoli di servizio; pertanto non si può non considerare la proposta di una pavimentazione carrabile né la distinzione fra due zone la prima, quella del sacrato, nella quale limitare quasi totalmente l’accesso

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e della Piazza San Francesco a Terni (si pensi ai soli funerali, matrimoni, accessi disabili) ed una seconda zona nella quale il traffico si svolgerà. Si consideri che questo uso tra l’altro modificherà in poco tempo la facies della pavimentazione che in breve tempo risulterà pertanto diversa ed anche alterata. Ogni piazza italiana che si rispetti ha la sua fontana, e Terni, città delle acque, non dovrebbe derogare da tale positivo costume. Per valorizzare la nostra piazza si propone di porla in una leggera depressione della pavimentazione, nella quale far collocare una statua di San Francesco, e assieme a questa ulteriori rappresentazioni che possano richiamare il suo cantico di Frate Sole. La posizione della fontana è decentrata in considerazione della volontà di non creare un ostacolo alla visuale prospettica della facciata, la forma organica è completata, nei lati est e sud, da una sinuosa seduta al centro della quale appare l’ulteriore simbolo dell’ulivo. Altro significativo “arredo” da inserire potrebbe essere costituto da una torre realizzata, parte in acciaio corten e parte con formelle vetrate, nelle quali, a partire da un iniziale pax et bonum e da messaggi di pace fra i più noti, dovrebbero, nel tempo, aggiungersi i messaggi di pace di personalità viventi; vedi ad esempio i titolari del premio di San Valentino. Il messaggio originale potrebbe poi essere conservato nel museo diocesano, mentre copie dello stesso farebbero bella mostra nell’alto “segnale”. La posizione dell’obelisco, anch’essa decentrata per non impedire il godimento visuale della facciata è studiata con la relazione: portale centrale della chiesa, statua di San Francesco, obelisco secondo l’asse che idealmente li correla al colle della basilica di San Valentino. Dinanzi al fabbricato della parrocchia, al fine di rammentare l’antico spazio sub urbano e i retrostanti orti si prevede l’impianto di un filare alberato. Terni, 9 febbraio 2009 Studio LS Dott. Arch. Paolo Leonelli Dott. Arch. Mario Struzzi

All’inizio del 2009, quando ero ancora Presidente della Cassa di Risparmio di Terni e Narni, potendo disporre di un fondo autorizzato dagli Azionisti in considerazione degli ottimi risultati della gestione (per tre anni consecutivi la CARIT aveva occupato il primo posto per redditività nella graduatoria fra le 116 piccole banche d’Italia!), proposi al Consiglio di Amministrazione di accogliere la proposta del Comune di Terni per il finanziamento di un progetto di riqualificazione della Piazza S.Francesco. La proposta fu subito approvata e venne quindi dato incarico per la redazione del predetto progetto al noto Studio ternano degli Architetti Paolo Leonelli e Mario Struzzi, particolarmente qualificato avendo già progettato interventi simili in Assisi ed in altri siti nel centro Italia, ottenendo sempre prestigiosi riconoscimenti e premi internazionali. Il progetto fu approvato dal Comune ed ottenne anche pieno consenso da parte del Vescovo di Terni e dei Padri Salesiani. Lodevole oggi la disponibilità del magazine La Pagina a pubblicare uno stralcio del progetto che auspico possa costituire anche valido richiamo e sollecitazione per la sua concreta realizzazione. Terenzio Malvetani

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Cons or zio di B on Piazza E. Fermi 5 - 05100 Terni Tel. 0744. 545711 Fax 0744.545790 consorzioteverenera@pec.it teverenera@teverenera.it - www.teverenera.it

FUORI DA

A Roma gli stati generali con

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio ha aperto a Roma, l’11 Novembre scorso, presso la Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati, gli Stati generali contro il dissesto idrogeologico organizzati dalla Struttura di Missione #italiasicura. Al Convegno è stato presentato il “piano nazionale 2015-2020 per la prevenzione strutturale contro il dissesto idrogeologico e per la manutenzione ordinaria del territorio”. Tra i temi affrontati anche “il rischio e la difesa al tempo del Global Warning” con il Presidente dell’ISPRA, Bernardo de Bernardinis ed il Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, Gian Vito Graziano. I lavori sono stati coordinati da Mario Tozzi, geologo e divulgatore del CNR. Presenti anche i Presidenti delle Commissioni Ambiente della Camera dei Deputati e del Senato, On. Ermete Realacci e Sen. Giuseppe Marinello che, con Regioni, Anci, Ance e Anbi, FS e Federutility hanno definito il compito delle Istituzioni per la messa in sicurezza del territorio. Ai lavori hanno partecipato il Commissario Straordinario del Consorzio di Bonifica Tevere Nera, Vittorio Contessa ed il Direttore Dott.ssa Carla Pagliari. Franco Gabrielli, Capo del Dipartimento della protezione civile, nel suo intervento di apertura ha sottolineato: In un Paese che deve fare i conti con il dissesto idrogeologico e le continue alluvioni è necessario far crescere una vera cultura di Protezione civile. Dobbiamo far sì che tutti i Comuni, per salvare le vite umane, siano dotati di piani di protezione civile. Il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti ha confermato: In Italia non ci saranno mai più condoni edilizi, perché sono dei tentati omicidi alla tutela del territorio. Il governo mette a disposizione 7 miliardi in 7 anni per un piano di prevenzione riguardo la tutela del territorio, di cui 5 miliardi arriveranno dai fondi strutturali europei e 2 dal cofinanziamento delle Regioni. Nei primi mesi del 2015, inoltre, partiranno 659 cantieri per un totale di spesa di 1,96 miliardi. Il problema del dissesto -continua Galletti- non si risolve in poco tempo, il lavoro è lungo. La lotta al dissesto è una nostra grande priorità: stiamo semplificando le regole, abbiamo aperto 200 cantieri, contiamo di aprirne altri entro fine anno. In passato si è investito poco, permettendo lo scempio del territorio. Vi sono troppe norme:creano confusione, ritardano gli investimenti e non tutelano il territorio. Ci deve essere una corresponsabilità generale, anche dei cittadini. Non si costruisce negli alvei dei

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fiumi, non si deve consumare più suolo ma bonificare e riutilizzare quello che abbiamo già. Dobbiamo investire molto in prevenzione. Gli Stati Generali del dissesto idrogeologico con tutti gli enti e le categorie interessate, sono un appuntamento importante per presentare i dati ed ascoltare le proposte di chi è chiamato ad operare sul territorio. Il coordinatore di #italiasicura, Erasmo D’Angelis, ha detto: Anche la toponomastica indica le zone a rischio in cui non si doveva costruire. Da oggi ognuno si assume precise responsabilità a tutti livelli delle Pubbliche amministrazioni. Anche i cittadini devono essere sentinelle del territorio. Secondo D’Angelis... la situazione in Italia è molto pesante ma ridurre il rischio è possibile... anche perché il Giappone si è messo in sicurezza con le tecnologie made in Italy. Il capo di #italiasicura ha indicato con coraggio la strada: eliminare i progetti sbagliati, fare delocalizzazioni e piani di bacino. Fino ad oggi solo la Toscana ha una legge per rendere inedificabili le zone a rischio. D’Angelis è convinto che... Bisogna integrare le politiche, sensibilizzare e pianificare. Per evitare casi come quelli di Carrara... il monitoraggio delle opere in corso va visto come serio strumento di partecipazione del cittadino.


ific a Te v e re Ner a

A L FA N G O

n t ro i l d i s s e s t o i d ro g e o l o g i c o

Ai lavori ha partecipato anche Francesco Vincenzi, Presidente ANBI. Ha affermato: La volontà dimostrata con la creazione della Struttura di Missione #italiasicura e l’odierna organizzazione degli Stati Generali, è condivisa con il lavoro quotidiano che i Consorzi di bonifica svolgono silenziosamente sul territorio. Oggi chiediamo: a) La creazione di una cabina di regia per monitorare lo stato di avanzamento e l’effettiva realizzazione degli interventi necessari, b) una forte azione collettiva, affinché venga approvata la legge contro l’indiscriminato consumo di suolo, causa dell’aumentato rischio idrogeologico. Ad inizio del nuovo anno -continua il Presidente A.N.B.I.- presenteremo il 6° Piano per la Riduzione del Rischio Idrogeologico che, nel 2014, prevedeva oltre 3.300 interventi per quasi 8 miliardi di euro. Iniziare un grande piano di prevenzione significherebbe non solo risparmiare vite umane, ma spendere 5 volte meno di quanto necessita poi per riparare i danni. A questo piano di prevenzione i Consorzi di bonifica già oggi partecipano con circa 600 milioni di euro, spesi annualmente per la manutenzione ordinaria di oltre 180.000 chilometri di canali e migliaia di opere idrauliche. Queste risorse derivano dai tributi imposti a consorziati, unico esempio di federalismo fiscale applicato. Sicurezza idrogeologica significa preservare il

Orario di apertura al Pubblico Lunedì – Venerdì dalle ore 8,30 alle 12,00 Mercoledì dalle ore 15,30 alle 17,00

territorio, le sue genti e le sue bellezze. Per far ciò -conclude Vincenzi- serve una nuova cultura, condizione prima per superare le pastoie burocratiche. Occorre approvare, in tempi rapidi, un provvedimento, che ostacoli la progressiva riduzione di suolo agricolo, aggravante di tutte le problematiche idrogeologiche. Oltre alla variabilità climatica, con il conseguente regime di piogge intense più concentrate nello spazio e nel tempo, la responsabilità di quanto sta subendo il territorio italiano è anche da attribuire all’impetuosa urbanizzazione ed al disordine nell’uso del suolo. Secondo l’ISPRA ogni secondo nel nostro Paese vengono occupati 8 metri quadrati di suolo (70 ettari al giorno). Secondo i dati del Ministero dell’Ambiente, sono 6.633 (82%) i comuni in pericolo per il dissesto idrogeologico; si tratta di una situazione di drammatica vulnerabilità. Ne deriva la necessità di costanti ed organiche azioni di manutenzione, volte a garantire l’adeguamento e l’efficienza delle reti di deflusso idraulico. Se è indispensabile intervenire in caso di emergenza, è altrettanto necessario agire preventivamente attraverso azioni e regole comportamentali, che determinino la riduzione del rischio idrogeologico. Il Consorzio Bonifica Tevere Nera ogni anno, sul proprio territorio, effettua la manutenzione di numerosi corsi d’acqua con particolare attenzione a quelli ricadenti nella conca ternana. Canali e fossi privi di vegetazione e di depositi alluvionali, consentono un normale deflusso delle acque, prevenendo allagamenti ed alluvioni. Dallo scorso agosto, il Consorzio Bonifica Tevere Nera ha avviato ben 44 cantieri, riguardanti la manutenzione ordinaria di corsi d’acqua ricadenti nei Comuni del comprensorio consortile. Ventidue gli interventi relativi a fossi che attraversano le zone più urbanizzate dei Comuni di Terni e Narni e sono: i fossi di Valenza e Vallecaprina, il fosso di Stroncone, i fossi di Collescipoli Morgnano e Carone della zona Polymer, i fossi Schiglie, Cesi, Tarquinio, Rivo, Calcinare, Brecciaiolo e Lagarello della zona Nord di Terni ed i fossi S. Lorenzo e Fiacchignano in località Narni. Si è intervenuto essenzialmente nel taglio della vegetazione e nella rimozione del materiale alluvionale. Il Consorzio Bonifica Tevere Nera è continuamente impegnato con propri mezzi e manodopera sul reticolo secondario del fiume Nera, vedi gli interventi sui torrenti Serra e Tescino, e quelli sul torrente Tarquinio in zona Maratta a Terni.

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Lale Le opere inserite nel Portfolio Web sono caratterizzate da un reticolo, ragnatela virtuale attraverso la quale i nostri stati d'animo, le nostre paure, sentimenti, emozioni, sono connessi ai punti focali del viso (occhi, bocca) e/o del corpo (seno, addome). Da qui emergono e si manifestano a chi li osserva. Anche per i ritratti di persone reali mi oriento nell'astratto informale; ciò che mi interessa non è la realizzazione di un ritratto inteso nel modo classico. Di solito ritraggo persone che conosco, che frequento per amicizia o per interessi culturali o professionali, di cui conosco sommariamente i gusti, le abitudini, pregi e difetti, aspirazioni e sogni. Lo studio, in questi casi, non è solo prettamente estetico anzi quasi per nulla, ma è assolutamente introspettivo. Quando non conosco i soggetti da ritrarre chiedo loro un aiuto biografico: che lavoro svolgono, i loro interessi, le loro passioni, cosa non sopportanto, insomma tutto ciò che mi può aiutare a catturare nella tela qualcosa di intimo e nello stesso tempo di forte, sia esso positivo che negativo.

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A


Alessandra La Chioma

Autodidatta. Inizia da giovanissima a disegnare. Poi gli studi, poi il lavoro. All’inizio del 2013, dopo che l’azienda dove era impiegata ha cessato la propria attività, ha ripreso a disegnare e dipingere. Cerca di acquisire le conoscenze e le informazioni tecniche necessarie per poter sperimentare materiali non usuali da incorporare nella pittura per dare forma e composizione alle proprie idee. L'arte contemporanea, nella sua vasta e complessa varietà di manifestazioni, ci presenta le sue diverse realtà, espresse da artisti con stili e personalità eterogenee. In questo quadro, dalle infinite e notevoli rivelazioni, si inserisce Alessandra La Chioma, che con la sua poetica fanciullesca e curiosa ne entra a far parte con delicatezza, quasi con timidezza. L'arte di Lale è la vita rivisitata e reinterpretata in chiave intima e personale dall'artista che vuole indagarla e svelarne a piccoli passi i più profondi e nascosti segreti.... ARAXI IPEKJIAN Critica e Storica dell' Arte estratto da Il contemporaneo nell'arte (ed. ARSEV Ars et Evolutio) www.lachiomaalessandra.com www.premioceleste.it/lale flashesoflale@gmail.com flashesoflale@virgilio.it

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Elogio dell Quindici novembre. Palazzo Gazzoli. I ragazzi del Liceo Classico hanno incontrato il Prof. Venanzio Nocchi, Senatore della Repubblica e già docente presso il Liceo Classico di Città di Castello, che ha presentato il proprio saggio “Sul materialismo debole. Ipotesi di una fondazione teorica”. Sono intervenuti, nel segno del più ampio pluralismo di vedute, il Prof. Mario Tronti, Senatore della Repubblica e già docente di Filosofia politica presso l’Università degli Studi di Siena, il Prof. Antonio Allegra, docente di Storia della filosofia italiana presso l’Università per Stranieri di Perugia e il Prof. Roberto Stopponi, già docente di Storia e Filosofia presso il Liceo Classico di Terni. Nel saggio l’autore s’è assunto il compito, indubbiamente arduo e complesso, di una revisione, anzi di una ridefinizione e di una rifondazione del materialismo, che lo sottragga all’ipoteca del meccanicismo e del determinismo, da cui è stato a lungo gravato, e, con una gnoseologia di tipo probabilistico, in cui la verità è meta alla quale approssimarsi nel tempo indeterminato, senza alcuna pretesa di esaustività e di assolutezza, contribuisca alla nascita di una democrazia capace di governare l’inedita complessità del mondo attuale. Condividendo con studenti e docenti i risultati della sua indagine, che incrocia alcuni degli snodi essenziali del percorso di formazione liceale, tanto nell’ambito delle discipline umanistiche che scientifiche, il Prof. Nocchi ha suscitato un intenso dibattito, a margine del quale i ragazzi hanno sviluppato un’ulteriore riflessione -assai variegata- sulla necessità di “tornare a pensare” e sul ruolo della filosofia oggi. Di questa riflessione vogliamo offrire, qui e nel prossimo numero, un campione significativo. Prof. Marisa D’Ulizia

Filosofia, orizzonte insuperabile Racchiudersi in se stessi, scandagliare le profondità del proprio animo, domandarsi e cercare il senso della propria esistenza, il senso dell’umanità. Questo è ciò che da sempre la filosofia ha cercato di fare. Ma noi siamo ancora capaci di seguire il socratico principio del gnwqi seauton? Siamo ancora in grado di conoscere noi stessi, i nostri pensieri e i nostri più sinceri sentimenti? Secondo Remo Bodei, seppur la filosofia, ma anche più semplicemente la capacità d’introspezione umana, abbia subito un periodo di offuscamento, di “fast food intellettuale”, l’uomo non sarebbe in grado di sottrarsi alla sua condizione, che lo spinge ad un incessante “bisogno personale di orientamento”. Questa irrefrenabile spinta primordiale trascende tempo e spazio, distruggendo ogni tentativo di nascondersi, di distrarsi, e nessuno tra i pascaliani divertissements può nulla di fronte alla forza del cuore, di fronte all’endemico desiderio dell'uomo di riacquistare quella sua posizione beata di signore, di re, dalla quale è ormai decaduto. La soluzione a questa irrequietezza, a questa insofferenza di sé, se ne esiste realmente una, sarebbe quella di affrontare la nostra vita, il nostro destino con la virtù del saggio stoico, con l’Amor Fati. Troveremmo la pace dell’animo solo quando, come dice Seneca, comprendessimo che il problema, la fonte della nostra sofferenza non ha le sue radici nel luogo in cui ci troviamo, ma in noi stessi. Del resto, tutta la vita ci spinge a questa meta, come se l’uomo fosse inserito in un campo elettromagnetico che lo porta inevitabilmente a gravitare verso la filosofia e a perdervisi definitivamente, per trovare la propria essenza. L’uomo ha in sé i paradossi della filosofia, perché, per essere davvero uomo, bisogna essere un po’ di più e un po’ di meno che uomo, dice Maurice MerleauPonty alludendo al movimento incessante che dal sapere riconduce all'ignoranza e dall'ignoranza al sapere e che mescola ambiguamente corpo e spirito. E per quanto oggi più che mai sembriamo posseduti dalla paura di intraprendere il viaggio che può portarci agli inferi della nostra coscienza e ci circondiamo perciò di rinnovati divertissements tecnologici, la filosofia rimane -insuperabilmente- nel nostro orizzonte. Elena Conti III D

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F ilosof ia o f Un’umanità in costante lotta contro la paura di filosofare. Il mondo ci invita sempre di più alla rapidità: ad essere pronti, scattanti, fulminei, fast. Gli sms, la spesa online, i fast-food, i servizi a domicilio, le casse automatiche dei supermercati, i forni a microonde, gli smartphone che navigano in rete alla velocità della luce, la televisione: tutto attorno a noi sembra tracciare il profilo di una realtà sempre più di corsa, sempre più affaccendata. Forse anche sempre più alienata. Perché il pericolo è proprio questo. Non che le innovazioni tecnologiche che donano velocità alla nostra vita siano chimere da condannare e respingere. Ma dobbiamo fare attenzione a non lasciarci trascinare da un mondo in moto accelerato verso un futuro incognito. Come palline che girano vorticosamente all’interno di un flipper fantasmagorico, rischiamo di farci sbalzar fuori dalla forza centrifuga in progressivo aumento. Swish. E diventiamo sempre meno nostri: ci adoperiamo, facciamo, corriamo verso il domani, ci allontaniamo dal centro, da quello che è veramente importante nella nostra vita. Da noi stessi. Swish. Siamo fuori. Come fare a non lasciarsi portare alla deriva da questa giostra supersonica in continua rotazione? Piantiamo i piedi. Per non perderci, ci fermiamo ad aspettare noi stessi. Riflettiamo. Filosofiamo. A che serve la filosofia? A niente, e a nessuno. Non serve, anzitutto perché non ha uno scopo cui essere asservita. E non serve a nessuno […] perché non conosce autorità -sostiene Giulio Giorello: la filosofia non conosce le ragioni dell’economia e della politica. E tutto quello che prescinde dai soldi e dal potere è molto spesso considerato di poco conto. Non dobbiamo sprecarci tempo. E invece è proprio lo strumento che ci permette di riscattare il nostro tempo in fuga precipitosa. Se infatti la filosofia non ha uno scopo pratico di immediata utilità, ed è dunque sapere disinteressato e gratuito, è anche la linfa vitale che può dare un senso al nostro essere qui ed ora. Dopo un breve ma stancante periodo di fast-food intellettuale -osserva Remo Bodei- emerge con chiarezza che, come esseri umani, non possiamo fare a meno di un bisogno personale di orientamento. Il mondo sta capendo, in altre parole, che non possiamo accontentarci di una filosofia di vita spicciola, basata su luoghi comuni e stereotipi: molto spesso, questo tipo di atteggiamento va per la maggiore, perché è meno impegnativo, più semplice, più veloce, per l’appunto. Ma non è vera filosofia, questa: è piuttosto paura del sapere, non desiderio profondo di comprendere il senso della vita.


la filosofia

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U g u a l i e unici

È filosofobia. Per essere veramente nostri, dobbiamo occuparci di Filosofia con la F maiuscola: quella che Bodei chiama “lievito straordinario per la vita comune” e, dunque, per il nostro essere uomini. Dobbiamo lottare contro la paura di filosofare. Contro il vortice del fast intellettuale che ci trascina agli estremi confini del nostro essere, ci annienta. Di filosofia, dunque, per restare Uomini nel senso più autentico del termine, non si può fare a meno. Ma perché? Non di certo per trovare le risposte a tutti gli interrogativi della nostra vita. Se neanche la scienza, oggi giorno sempre più esatta ed attendibile, può aspirare a tanto, di certo non può farlo il filosofo, che è -come scrive M. Merleau-Pontyl’uomo che si risveglia e che parla, l’uomo che ha in sé, silenziosamente, i paradossi della filosofia. Perché far filosofia e sentirne il bisogno, non è cercare risposte, ma è soprattutto domandare, ed avere il coraggio di alzare la testa per farlo: è stagliarsi sopra il proprio stesso destino, al di sopra delle forze centrifughe, e rivendicare il diritto di dire la propria. E di scontrarsi anche con gli altri, magari, perché nessuno ha una verità assoluta. La filosofia non è fede, né scienza: la filosofia è una chimera socratica che si agita dentro di noi. Facendola uscire, diamo voce ai contrasti che ci caratterizzano in quanto uomini, e lo siamo a pieno: e dal dibattito tra più uomini, dalla mancanza di una via univoca da perseguire, nascono la società, la politica, l’economia e i dibattiti che le animano Dunque, la filosofia in realtà non costituisce una risposta o uno strumento pratico dal punto di vista empirico in nessuna di queste discipline: è però il primo moto del pensiero dell’uomo che le fa scaturire. E per questo appare priva di uno scopo: perché non è un fine, bensì una causa. Genera e permette di generare. Cosa? Lo spirito della nostra umanità. Impedisce l’alienazione, i tabù, i luoghi comuni che ci imprigionano, e ci rende liberi. Ognuno di noi, nascendo, trova un mondo già fatto, ma in costante trasformazione. […] Ognuno di noi comincia una nuova storia, al cui centro inevitabilmente si pone -afferma ancora Remo Bodei. Ebbene, l’uomo deve lottare per continuare ad occupare il centro della sua storia. E deve farlo con criterio, essendo uomo pienamente. Non deve lasciarsi sbalzare all’esterno. Ha bisogno di essere filosofo. Di interrogarsi, di dire la propria, di scontrarsi con altri uomini. Solo così potrà sperimentare veramente l’entusiasmo di far parte dell’umanità. Del suo mondo. Di se stesso. Finché rimarrà oppresso dalla paura di far filosofia, non vivrà mai davvero. Sarà in catene, che chiamerà certezze.

La filosofia è innanzitutto una forza di interrogazione e di riflessione che verte sui grandi problemi della conoscenza e della condizione umana, così afferma Edgar Morin, filosofo contemporaneo francese, nella sua opera “La tête bien faite”. E come dargli torto? Da sempre la filosofia è stata la miglior arma che l’uomo avesse a disposizione per scandagliare gli abissi oscuri della vita, in quanto essa si nutre non solo di ragione ma anche di sentimento. Questa doppia risorsa della filosofia è ciò che più l’allontana dalla scienza e che, per lo stesso motivo, più l’avvicina a tutti gli uomini. Infatti, mentre la scienza richiede risorse intellettuali non sempre disponibili, la filosofia appartiene a tutti, dal momento che tutti possediamo un animo curioso ed inquieto, che porta ognuno di noi a fare delle domande, a chiedere delle risposte. Tuttavia, sebbene la filosofia, almeno nella sua versione metafisica, presuma di poter andare al di là di ogni realtà concreta, presenta un limite ben preciso e insuperabile: non dona risposte la cui validità sia universalmente riconosciuta ma soluzioni transeunti e, spesso, ambigue. E questa sua inadeguatezza a fornire una verità universalmente valida è ciò che la differenzia, ancora una volta, dalla scienza, ma, soprattutto, dalla religione. Quest’ultima, infatti, pretende l’annichilimento tanto della ragione quanto dell’animo che dovrebbe smettere di porsi domande, rinunciando, quindi, al suo tratto peculiare, e abbracciare la fede in cambio di una sicurezza duratura. Purtroppo, non tutti riescono ad accettare questo compromesso -seppur, di fatto, vantaggioso, in quanto libererebbe da ogni tipo di timore, inquietudine e angosciain nome di una volontà, di un desiderio di innalzarsi al di sopra della massa, di crearsi un personale orientamento di vita che, invece, la religione in parte esclude. Sebbene ogni filosofia porti a concezioni diverse, tutte hanno un’origine comune: ovvero, si preoccupano di dare risposta a quelle questioni che toccano profondamente e intimamente ogni uomo, di dare -come afferma Remo Bodei- un senso agli avvenimenti in cui è impegnato, alle idee che gli attraversano la mente, alle passioni che lo impregnano, ai progetti che lo guidano. Ogni uomo, infatti, sente il bisogno di chiedersi quale sia il senso della sua esistenza e quale sia lo scopo delle sue azioni, o se il tutto sia meramente regolato da un fato oscuro o da un “meccanismo inconsapevole e cieco”, come direbbe Giacomo Leopardi; e la filosofia, con la sua duttilità, si è sempre dimostrata una valida alleata sia nel caso di una conclusione positiva che negativa. Quando la filosofia porta a una conclusione positiva, si traduce molto spesso in uno stile di vita da seguire; quando, al contrario, porta a una conclusione negativa, diventa una consolazione, un luogo in cui rifugiarsi in cerca di protezione da una realtà nemica ed ostile; nei casi più estremi, si trasforma in una sorta di lente critica con cui fissare da lontano la realtà rinnegata. Dunque, che cos’è la filosofia? La filosofia è ciò che ci rende uomini, perché è quella spinta, quella scossa che percorre il nostro animo e lo rende vivo e capace di porsi quelle domande di senso che lo elevano al di sopra di tutte le creature animate, ma, allo stesso tempo, è anche ciò che rende ognuno di noi unico nel nostro genere. Lo sappiano o no -sostiene Karl Popper- tutti gli uomini hanno una filosofia. Certo può ben darsi che nessuna delle nostre filosofie valga un gran che, ma la loro influenza sui nostri pensieri e sulle nostre azioni è grande e spesso incalcolabile.

Camilla Bernardinangeli III D

Raffaela Tessitore III D

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Voi siete lo sport! La parola sport, secondo la derivazione inglese (disport) e francese (desport), significa divertimento. Se ricorriamo al latino (exercitationes corporis, ma anche deportare, uscir fuori da cui le suesposte derivazioni) abbiamo il significato di uscire fuori porta dalle mura cittadine per svolgere attività fisiche, rilassarsi, divertirsi. Lo sport è tale dunque solo se mostra atteggiamenti tipicamente umani: impegno a fare, tensione alla vittoria, gusto del superamento dell’ostacolo, determinazione, dominio di sé, abnegazione, moderazione, coraggio, umiltà, dignità. Se queste caratteristiche vengono meno non si parla di sport ma di cialtronaggine, quella stessa che oggi emana la quasi totalità del mondo calcistico professionistico. Il calcio è ormai una pratica pecoreccia che presenta solo disvalori: delinquenza (Gennaro ‘a carogna o Ivan la bestia o i tanti altri escrementi che si nutrono di tifo), superstizione (con tanto di segno della croce utilizzato e sbandierato come gesto scaramantico teso a far proteggere il proprio malleolo e bacio terra che sa tanto di gioco della campana!), sotterfugi (trucchetti per irretire l’avversario), disonestà (il cercare di cambiare le carte in tavola davanti all’arbitro), vigliaccheria (le partite truccate), finzione (sceneggiate e cascate per ottenere il rigore), mentalità cinica e arrivista (tutto è lecito pur di vincere). Consiste oggi, il calcio, quasi unicamente nel chiacchiericcio giornalistico che l’accompagna, in cui il nulla si veste di niente. Mi autorizzo a fare tali dichiarazioni se non altro per aver giocato da sportivo vero, per più di cinquanta anni, a quello che per me e per i miei amici era lo sport per eccellenza, il calcio. Per me era importante non provocare danni all’avversario, anzi, proteggerlo se correva pericoli. Per me era importante giocare, dare tutto me stesso, uscire dalla partita con la mente come uscita da un lavacro, rigenerata perché per un po’ di tempo costretta a seguire una palla e non altri pensieri. Ora, da quel che si vede, in pratica sempre, sento unicamente di proporre di metterlo fuori legge, come si fa per le scommesse relative ai combattimenti tra cani o tra galli, proprie di altri popoli, di altre inciviltà! La pallavolo è oggi LO SPORT, insieme ad altre discipline, certamente. Ma è nella pallavolo che trovi il tifo corretto che unisce le tifoserie, la presenza di intere famiglie, con tanti bambini e tante bambine presenti a festeggiare lo sport che diverte. Provate a farlo con il calcio... vi arresterebbero immediatamente e vi toglierebbero, giustamente, la patria potestà! Lo sport è bello perché abitua ad un vero, sincero e genuino contatto con gli altri (e la nostra nazionale ha dato sempre il segno dell’unione). In un mondo spesso dominato dagli incontri virtuali, può aiutare a costruire una migliore cultura del rispetto e dell’amicizia (virtù tipiche della pallavolo). E poi determinazione (tutte le nostre atlete), dominio di sé e lucidità (Lo Bianco in particolare), freschezza (le nostre giovanissime), moderazione (Piccinini in particolare), fierezza (Arrighetti in particolare), coraggio, signorilità, abnegazione, umiltà, dignità... tutte doti delle nostre stupende ragazze. Lo sport è bello anche quando si perde, se si è giocata la partita in modo leale e rispettoso dell´avversario ed è sublime quando, con la tranquilla normalità dei grandi, non si umiliano gli avversari. Eccola allora la grandezza delle nostre ragazze della pallavolo. Avevano già battuto Cina e USA, non potevano certo umiliarle battendole ancora! Grazie giovanissime vestali dello sport autentico, l’Italia vi ama. Giampiero Raspetti

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Memorial Paolo D’Aloja Il Lago di Piediluco rappresenta una grande risorsa per la sua bellezza paesaggistica e quindi turistica, che dovrebbe essere più partecipata. Un lago dotato di particolari condizioni ambientali per la quasi totale mancanza di vento ed assenza di correnti, nonché di un ampio tratto rettilineo di oltre 2000 metri. Proprio per queste caratteristiche peculiari, nel lontano 1972, l’allora Presidente della Federazione Italiana Canottaggio, Paolo D’Aloja, vi impiantò il proprio Centro Federale, con il decisivo appoggio delle Istituzioni Locali e la comparticipazione anche progettuale dell’allora Presidente della Azienda del Turismo Valentino Paparelli. Il Canottaggio Italiano ha vissuto stagioni di grandi risultati a livello internazionale con ottimi esiti agonistici sia europei, che mondiali ed olimpici, tutti partiti dal nostro lago di Piediluco e dal suo Centro Federale. Attualmente, sotto la guida del Presidente della Federazione di Canottaggio Giuseppe Abbagnale, il Centro di Piediluco è stato ribattezzato Centro di Preparazione Olimpica che accoglie la preparazione di tutte le Squadre Nazionali di Canottaggio. Alla indubbia fama internazionale a livello sportivo di Piediluco, ha contribuito in maniera determinante la manifestazione della Regata Internazionale di Canottaggio, nata nel 1987 per ricordare Paolo d’Aloja, colui a cui si deve la rinascita del remo azzurro dopo le pesanti sconfitte delle Olimpiadi del 1972. Ed il Memorial Paolo d’Aloja conterà ben 29 anni nel prossimo Aprile 2015, sempre con l’attenzione degli stessi EE.LL., i cui rappresentanti hanno costituito, insieme con la Federazione Italiana Canottaggio, il CONI-Comitato Provinciale di Terni, il Circolo Canottieri Piediluco ed il Distretto Integrato Turismo del Ternano (DITT), il Comitato che si occupa della organizzazione della Regata. La Azienda E-ON, produttrice di energia elettrica dall’acqua del bacino lacustre, contribuisce concretamente alla attività sportiva di questo comprensorio. Sin dalla sua prima edizione la Regata internazionale ha visto la presenza di decine di squadre nazionali provenienti da tutto il mondo, fino ad arrivare a più di 30 nazioni. La 28^ Edizione dello scorso 2014 ha visto ben 32 Nazioni rappresentate e provenienti dai 5 continenti. La manifestazione competitiva ha rappresentato, fin dall’inizio, un valido test tecnico per gli equipaggi presenti in quanto si svolge, da sempre, all’inizio della stagione agonistica, durante il mese di aprile, e quindi una opportunità per verificare la preparazione degli atleti in vista di Campionati del Mondo o dei Giochi Olimpici. La competizione ha sempre visto la presenza di equipaggi tecnicamente al top, vincitori appunto di medaglie olimpiche o mondiali e rappresenta anche una eccezionale opportunità di promozione per i territorio di Terni e provincia, in quanto registra la presenza di centinaia persone che alloggiano per una media di 4/5 giorni nelle strutture ricettive del Lago di Piediluco e di Terni. Da anni la redazione sportiva della RAI dedica una larga copertura TV nei giorni delle gare del Memorial, che viene seguito da giornalisti della carta stampata delle testate nazionali sportive e non. Ciò naturalmente rappresenta un notevole ritorno di immagine per la città di Terni, per il lago di Piediluco e per il territorio non solo della provincia di Terni ma dell’intera Regione Umbria. Ormai il lago di Piediluco è indissolubilmente legato allo sport del canottaggio. Nel 2015 si terrà la 29^ Edizione, dal 10 al 12 Aprile, e si prevede ancora una larga partecipazione, anche alla luce del nuovo corso del Consiglio della Federazione Italiana Canottaggio, capeggiata dall’olimpionico Giuseppe Abbagnale, contornato da alcuni ex grandi campioni del remo, che ha rimesso Piediluco con il suo Centro Nazionale del Canottaggio quale sede della attività olimpica della disciplina sportiva, che in passato ha inorgoglito l’Italia sportiva: da qui la nuova definizione di Centro Nazionale Preparazione Olimpica. L’eccellenza del sito lacustre ternano è acclarato anche dal «camp» che la Federazione Internazionale (FISA), ormai da alcuni anni, vi organizza per i Paesi in via di sviluppo circa la attività del Canottaggio: una settimana di lavoro sotto la guida dei valenti tecnici italiani con la disponibilità delle strutture del Centro Olimpico. Il Memorial Paolo d’Aloja rappresenta una eccellenza sportiva di Terni e Provincia, con un risvolto turistico e culturale che si sviluppa con le attività del sito lacustre, collegato con la bellezza naturale della Cascata delle Marmore, con quelle storiche di Carsulae e di città come Narni e Sangemini, di percorsi come la Valnerina, la vicinanza della capitale. Ma anche, in questo ambito, unire due speciali siti ormai famosi quali il Lago e la Cascata per le vie acquose del Canale e del fiume Velino, in modo da facilitare la più lunga permanenza, eliminando quel turismo poco produttivo del «mordi e fuggi», senza tralasciare la magia della religiosità del Santo protettore d’Italia, quel Francesco di Assisi che in questi luoghi ha dimorato e messo in opera il primo presepe della storia del cattolicesimo. In tempi di crisi della industria e della finanza rivolgere l’attenzione costruttiva e pagante verso quel turismo sportivo e culturale, può essere una linea innovativa e produttiva da perseguire. Benito Montesi FIC Delegato Regionale Umbria

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La (s)fortunata vita di Amina La differenza fra sfortuna e fortuna è a volte così sottile da rischiare di essere confusa. Molto dipende dai parametri di giudizio che ciascuno di noi adotta nel valutare se un accadimento risulti propizio e in che misura, ma la stranezza sta nel fatto che una medesima situazione possa apparire fortunata e sfortunata nello stesso tempo. È il caso che riguarda Amina Nekiang, originaria dell’entroterra sub sahariano, nella zona di confluenza fra il Cameroun, la Guinea e il Gabon. In quella sperdutissima area vige ancora oggi un antico costume bantù che contempla, fra tante singolarità, la vendita di esseri umani, in particolare ragazze e ragazzi, destinati a svolgere in altri ambiti famigliari lavori domestici o nei campi. Molte famiglie si sostengono con tale ricorso finanziario e stupisce il fatto che la cessione non sia vissuta come atto contro natura, né dai genitori, che considerano la prole al pari di capi di allevamento, né dai diretti interessati, i figli, che crescono quasi aspettando la partenza dal villaggio, preoccupati, piuttosto, di risultare idonei al compito che li attende. Le famiglie non contano mai meno di dieci, dodici figli, con punte di oltre venti grazie (ma non esclusivamente) alla pratica della poligamia. È diffuso fra i bantù un senso di rassegnata tolleranza alla perdita di un figlio, sia che venga rapito da una malattia, sia che la ragione risieda in un meno nobile calcolo materialistico. Le quotazioni della cessione dipendono da vari fattori e rispecchiano i parametri delle economie di mercato: età, robustezza fisica, carattere, ma anche bellezza e salute. Amina non era bella, non era giovanissima, avendo passato i venti anni, anzi era piuttosto mingherlina e soggetta ad ammalarsi. Si considerò fortunata, pertanto, quando arrivò al villaggio la moglie dell’ambasciatore nigeriano in Guinea che la scelse solo perché, nell’incrociare gli sguardi, la signora vi lesse una sorta di sofferta supplica. Dal ridottissimo spazio che la ragazza condivideva con i fratelli all’interno della capanna, si ritrovò a vivere in una villa enorme, circondata da un bel parco di okumé, situata in cima a una assolata collina da cui si dominava lo svolgimento della vita cittadina: il formicolante mercato, il quartiere degli studi, l’area dell’artigianato e lo stadio, a un centinaio di metri dall’alto muro che delimitava il giardino. A furia di assistere agli incontri, Amina era diventata una fan della squadra locale, i Yellow Fawns e a scommettere sulle partite del campionato, spinta e incoraggiata dall’esempio del suo padrone. A onor del vero, Amina investiva una miseria nelle previsioni di gioco, il minimo consentito, 10 franchi cefas. Era cosciente del fatto che le possibilità di indovinare in una sola colonna i 13 risultati proposti nella football poll form erano vicine a zero. Ciononostante, per anni, tutte le settimane, senza mai mancare una sola volta, la ragazza si abbandonava al suo piacevolissimo sogno proibito di ricchezza. Con spietata regolarità, l’illusione si dissolveva nei tardi pomeriggi domenicali. Amina considerava il costo della scommessa una tassa sulla speranza, perfettamente congruo all’offerta. Quando era sola in casa, metteva in atto una sorta di rito, come se dovesse assistere a un incontro dalle tribune: anticipava il pranzo, preparava la radio sintonizzandola sui notiziari sportivi in diretta, appoggiava la schedina sul vetro del portaritratti, coprendo la foto della signora, si sedeva sulla comodissima bergère dell’ambasciatore, allungava le gambe sul tabouret, chiudeva gli occhi e dava inizio, così, al suo viaggio. Era sola anche quella domenica di maggio e lo sarebbe stata ancora per una settimana abbondante. I padroni di casa erano partiti per Boston, ospiti del fratello di lei, seguendo l’abituale usanza di scambiarsi visita. Sola e padrona della casa, affidata alle sue cure nella totale e incondizionata fiducia dei proprietari. L’altalena dei risultati era fonte inesauribile di emozioni: pronostici prima in linea con i momentanei score, poi miseramente mutati, seguiti da incredibili recuperi… Amina non aveva bisogno di controllare continuamente la schedina. Ricordava perfettamente come aveva distribuito vittorie, pareggi e sconfitte. Poteva continuare a tenere gli occhi chiusi, senza timore di sbagliarsi. Quando, quel giorno, li aprì, lo fece con un tuffo al cuore e con l’ansia di una conferma: riteneva di aver centrato dodici dei tredici pronostici in schedina. Quello mancante riguardava i suoi Yellow Fawns contro i Sailors, partita che si sarebbe giocata posticipata con inizio alle 20,00. Afferrò la schedina e scorse con fretta i match, poi tornò di nuovo sui risultati soffermandosi su ciascuno con accuratezza. Sì, tutto ok.

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S’era assicurato, intanto il dodici, exploit notevole, tenuto conto che nel montepremi erano confluite le somme non assegnate nelle tre precedenti settimane. Manteneva una calma nevrotica, una sospensione del respiro sul punto di esplodere in un urlo liberatorio. Temeva che qualcuno venisse a conoscenza di quanto le stava accadendo. Non poteva credere che proprio su di lei fosse piovuta tutta quella grazia di Dio. Era attonita, incredula, confusa, come in attesa di un ulteriore inutile segnale. Tornò a controllare i pronostici, brividi di freddo s’alternavano a vampate di calore; fremeva. Provò a pensare come sarebbe cambiata la sua vita; provò a progettare vacanze in America, lussi e vestiti. Non avrebbe trovato ostacoli a sposarsi; la sua dote avrebbe acceso una concorrenza senza freni fra i coetanei, tutti disposti a perdonarle i difettucci estetici. Non osava neppure prendere in considerazione la possibilità di indovinare anche l’ultimo pronostico. Erano le sei del pomeriggio, il sole stava calando e mai, come in questa circostanza, sentì protettive le tenebre che avanzavano. Spalancò la grande porta-finestra che dava sul giardino. Si fermò sulla soglia e fece un respiro profondo, poi entrò nella serra, ma ne uscì immediatamente per la forte umidità. Non sapeva dove andare. Più si imponeva la calma, più i battiti del cuore impazzivano. Si distese sull’amaca e tentò di rilassarsi, come quando in assenza dei proprietari faceva a volte per provare se davvero fosse confortevole come l’ambasciatore giurava che fosse. Lì, raggiunse un transitorio stato di abbandono, recuperò i giusti ritmi di respiro e fu assalita da una sensazione di beatitudine. Sorrideva guardandosi intorno, quasi vinta da una sopore imposto. Poi, all’improvviso, realizzò che quella fortuna poteva ancora accrescersi. Mancava poco all’inizio dell’ultimo incontro in schedina, incontro che sarebbe avvenuto proprio sotto ai suoi occhi. Le sarebbe stato sufficiente affacciarsi dalla finestra del piano superiore della villa per assistere al match o, uscire dalla porticina del giardino che dà sulla strada per sentirsi più vicina alle squadre. Aveva pronosticato la vittoria del team di casa, ma il risultato non era così scontato perché la squadra avversaria, prima in classifica, avrebbe messo, prevalendo, un’ipoteca sul campionato. L’incertezza del confronto aveva richiamato la folla delle grandi occasioni. Scelse di scendere in strada attraverso il giardino. Tenendo al sicuro la schedina in tasca, si portò con sé una birra e si sistemò sul bordo della via, insieme ad altri spettatori occasionali o impossibilitati a sostenere il prezzo del biglietto. Il primo tempo fu una sequela di emozioni. Ambedue le squadre sfiorarono più volte il vantaggio. Anzi, i Yellow Fawns sbagliarono un rigore, facendo presagire che la partita fosse segnata dalla malasorte. Amina era svuotata. Gridava come una pazza, imitata da altri spettatori presenti, tutti all’oscuro dell’interesse personale della ragazza e un po’ meravigliati di tanta passione sportiva. Nell’intervallo, rientrò per prendersi un’altra birra. Era visibilmente scossa, le gambe le tremavano e non riusciva a recuperare un minimo equilibrio emotivo. No, non sarebbe tornata ad assistere in diretta all’incontro. Non avrebbe resistito all’emozione. Sentiva il cuore, impazzito, isolato dal corpo, impegnato in un’attività frenetica avulsa dalle normali funzioni organiche. E poi, tutta quella confusione…, una tortura. Quello di cui aveva bisogno era silenzio, calma, tranquillità. Girò per la casa, ma gli echi dello stadio arrivavano in tutte le stanze. Decise di scendere in cantina. Prima della partenza per Boston i padroni di casa avevano fatto costruire una stanza blindata, ultimata proprio alla vigilia del loro viaggio, non ancora utilizzata, nella quale era loro intenzione conservare gli oggetti di maggior valore per difenderli dalla crescente delinquenza registrata in città. Si trattava, per l’appunto, di un’intera stanza di circa venti metri quadrati, senza finestre e con muri in cemento armato di quasi mezzo metro di spessore. L’entrata avveniva attraverso una porta altrettanto spessa, rivestita con lastre d’acciaio resistenti persino alla fiamma della saldatura a cannello. L’areazione era assicurata da una presa d’aria esterna del diametro di un fondo di bottiglia, protetta anch’essa da una croce d’acciaio temperato. La ragazza s’avvicinò, tirò a sé la pesante porta non ancora connessa ad alcun sistema elettrico di chiusura, entrò e mise, per ogni malaugurata evenienza, una tavola a contrasto per impedire che si chiudesse autonomamente. Quindi, accese la luce. Avvertì l’odore persistente delle tinte da parete, non ancora perfettamente asciutte e quello del legno da parquet, montato da poco. Una panca di circa due


metri attendeva di essere rimossa a completamento totale dell’opera. Si sedette sfinita, come se fosse stata lei a compiere quel lavoro. Le venne in mente che quello avrebbe potuto essere il luogo più sicuro per i suoi soldi, specie se fosse riuscita ad azzeccare quel dannato ultimo risultato, fonte di potenziale felicità ma, per il momento, di sicuro stress. Il secondo tempo della partita era già cominciato. Il risultato era fermo al pareggio. I minuti trascorrevano inesorabili. Ne mancavano dieci alla fine. Anche quel rifugio isolato le divenne insopportabile. Uscì per bere. Aveva la gola secca. S’affacciò alla finestra per gettare uno sguardo sconsolato allo stadio vociante. Poi, tornò indietro, decisa a non muoversi più. Scese di nuovo in cantina e mentre varcava la soglia della stanza blindata l’urlo dei tifosi la raggiunse come uno tsunami. Entrò e cominciò a ballare come una pazza. I Yellow Fawns erano in vantaggio e per lei si prospettava un futuro da regina. Ma nell’euforia, s’avvide con ritardo che la pesante porta s’era richiusa dietro di lei. Per l’esattezza, aveva fatto il primo dei due scatti necessari al serraggio completo, per cui, seppure allarmata, non si fece prendere dal panico. Sulla parete interna della porta, in acciaio lucido, scoprì che erano contemplate le norme di sicurezza da adottare nell’ipotesi dannata di restare chiusi nella stanza. Con una calma quasi irreale, considerati gli sconquassi emotivi fino a quel momento subiti, Amina lesse le indicazioni e dedusse che, per attivare l’apertura di sicurezza, la porta dovesse trovarsi completamente chiusa. Si trattava, quindi, di farle completare il secondo scatto e poi azionare il sistema di apertura interno. Prima con tranquillità, poi con frenesia, quindi con disperazione, si rese conto che la porta non aveva appigli utili ad eseguire quella indispensabile operazione. Cercò in tutti i modi di ovviare all’impedimento. Tentò di spingerla verso l’esterno, ma inutilmente. Inserì le dita sugli innesti, ma non riusciva ad avere la minima presa. La sua immagine deformata, riflessa sulla spessa lastra d’acciaio inossidabile sembrava restituirle un sorriso beffardo: quella di un destino crudele. La paura l’assalì e ruppe in un pianto dirotto e accorato. I derelitti non hanno alcun diritto di provare riscatti, né gioie; la loro condizione naturale è sempre la sofferenza. Si sentiva stremata, esausta e provò un senso di avvilimento e rassegnazione. Si sedette, tirò fuori la schedina, la guardò e assaporò in quel gesto tutta l’amarezza per l’ingiustizia immeritata. Si addormentò nella scomoda posizione, poi si svegliò, tornò a leggere le norme di sicurezza, provò ancora a smuovere la porta, ma invano. La testa le scoppiava, fra rabbia e costernazione giunse alla conclusione che non sarebbe morta di asfissia, né di fame, ma di sete.

Delle tre, la peggiore. Niente e nessuno l’avrebbe potuta aiutare. La domanda più ricorrente che si faceva era sapere quanto avrebbe potuto resistere. L’ignorava. Mai era venuta a conoscenza di situazioni simili, né aveva sentito raccontare quali sofferenze comporta la disidratazione. Costatava che, per il momento, non aveva sete e s’autoalimentava della speranza di saper resistere. S’addormentò senza più forze e dormì a lungo. Così, almeno, pensò d’aver fatto. La cognizione del tempo era persa, non sapeva più se fosse notte o giorno. Il foro d’aereazione non le consentiva d’avere indicazioni. Risvegli e sonni s’alternarono con frequenza crescente, favoriti dal cedimento fisico e dalla tensione nervosa. La difficoltà a deglutire le dette la misura dei giorni che passavano, sentiva la lingua rasposa e la sensazione di tenere in bocca una pallina da golf. E se fosse stata una punizione divina? Ma, poi, perché? Di quale colpa si sarebbe mai macchiata? Tutta la vita trascorsa nella miseria, uno spiraglio di luce arrivato con la nuova famiglia, la lealtà nel servizio… Che senso aveva averle fatto intravedere una prospettiva diversa dagli stenti patiti, se poi il prezzo da pagare per aver osato di sperare era così alto? Forse l’egoismo di non aver pensato, una volta ricca, a quanti, come lei, continuano a dibattersi nella miseria… o che altra espiazione si pretendeva? Non poteva essere niente di tutto questo, si diceva Amina, mentre la testa le doleva e la vista si offuscava. Era certa che la vita la stesse lasciando. Si guardò le braccia: erano diventate rugose e secche, non riusciva nemmeno ad estrarre la lingua, tanto s’era gonfiata, sentì le labbra spaccarsi in ferite sanguinolente. Non aveva più forze; s’accasciò vinta sulla panca, rassegnata ad attendere la morte, della quale ignorava le fasi progressive. Si ripromise di compiere un gesto generoso, fin quando fosse stata assistita dalla necessaria lucidità: distruggere la schedina e destinare, in tal modo, la cifra vinta a progetti di sostegno ai poveri. Era quanto contemplato dal regolamento del concorso per le somme vinte e non ritirate. Respirava a fatica, seccando ancor più le fauci; il battito cardiaco era accelerato e non aveva la forza necessaria ad alzarsi. Prese la schedina, se l’appoggiò sullo stomaco che le doleva terribilmente e cominciò a strapparla. Con determinazione ossessiva ne fece pezzi sempre più minuti, fino a ridurli ad un quarto di un’unghia. Fu una fatica immane, ma riuscì a completarla prima di abbandonarsi alla fine. Nello stato confusionale che precedeva la morte, fu vittima di allucinazioni. Seppure a occhi chiusi, vedeva lampi di luce, sentiva rumori indistinti, sognò che qualcuno la trascinasse in bilico sulla panca e avvertì il freddo intenso di aria purissima. Si sentì scuotere il viso e poi una voce: È viva. Oggi è la tua giornata fortunata, Amina. Immagina di aver fatto un tredici al totocalcio! Franco Lelli

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Riapre il PROGETTO: vi presentiamo il MANDELA 2.0! Siete pronti? Siete carichi? Siete abbastanza... mandeliani? Non preoccupatevi, siamo sicuri che avete tutti i requisiti necessari per cavalcare l’onda travolgente del Mandela 2.0: sì, il Progetto riapre i battenti! Non tentate di resistere, sarebbe impossibile! Dopo un anno di stop il Progetto Mandela, grazie ai fondi stanziati dalla Chiesa Valdese, è pronto a ripartire e a fare onore ai suoi 27 anni di storia. Dall’ormai lontano 1987, infatti, esso si occupa della diffusione dei diritti umani e della sensibilizzazione alle tematiche ad essi collegate. Ciò si traduce, in concreto, nella realizzazione di uno spettacolo teatrale conclusivo e di molte altre, numerose e diversificate iniziative collaterali durante tutto il corso dell’anno. Il tema di questa edizione per lo spettacolo di riapertura, come nella tradizione del Progetto, è stato scelto per la grande attualità: “migrazioni” e “viaggi della speranza” sono le parole chiave attorno alle quali si svilupperà la storia che vi racconteremo in primavera e il lavoro dei cinque differenti Laboratori in cui il Mandela è strutturato. Questi ultimi hanno già cominciato a riunirisi a partire dalla prima settimana di novembre, l’iscrizione è gratuita ed aperta a tutti i giovani fra i 15 e i 30 anni d’età. Ogni laboratorio ha un compito specifico, è gestito da un coordinatore esperto nel settore e riveste un ruolo indispensabile alla realizzazione e buona riuscita del Progetto. All’interno dei laboratori le differenti attività sono organizzate in modo da promuovere la partecipazione attiva di ogni componente, stimolandone e sviluppandone la creatività, in un contesto nel quale vige la libertà di espressione e si attribuisce valore al contributo di ognuno. Ci teniamo a dirvi che i ragazzi del Progetto hanno partecipato ad un incontro, sul tema della migrazione, tenuto da Valentina Itri, che lavora presso l’Ufficio immigrazione, asilo e lotta al razzismo dell’Arci nazionale. Durante l’incontro, che si è svolto nei locali della comunità valdese, i ragazzi non solo hanno potuto approfondire il tema finale del quale si faranno portavoce, ma hanno anche incontrato i minori ospitati attualmente al centro di Ferentillo creando una base di dialogo e integrazione. L’incontro è iniziato proponendo una riflessione sugli italiani come popolo di migranti, per sensibilizzare i giovani

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ad accogliere una realtà che sembra diversa da noi ma è più vicina di quanto pensiamo. Si è discusso sul primo articolo della convenzione di Ginevra, che considera rifugiato colui che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese”. Il rifugiato a differenza di un migrante economico, non può essere respinto. Dopo il trasferimento nei Centri di prima accoglienza, viene fotografato e schedato, perché il paese che ha fotosegnalato per primo il richiedente asilo è il primo competente per l’esame della domanda. Per la particolare posizione dell’Italia nella geografia europea, noi siamo uno dei primi paesi ad accogliere ma moltissimi migranti non vogliono affatto rimanere in Italia. I migranti forzati vengono soprattutto da aree di guerra. I principali conflitti in atto sono stati analizzati dai ragazzi che hanno scoperto quali e quante sono le aree di crisi nel mondo, e di che portata sul piano sociale per i morti e le privazioni alle quali costringono le popolazioni coinvolte. Si è così creato un ponte di apertura e reciproca comprensione tra culture e mondi differenti che ci auguriamo possa allargarsi sempre più per creare in Italia e in Europa una vera politica dell’accoglienza e dell’integrazione. Eleonora Landi e Veronica Sani


LABORATORIO DI DRAMMATURGIA Il Laboratorio di Drammaturgia è il primo ad attivarsi; è la mente del Progetto. Qui, dopo un attento lavoro di ricerca, documentazione ed analisi critica riguardo il tema dell’anno, si elabora la trama e si scrive il testo dello spettacolo che andrà in scena a conclusione del Progetto, nonché sceneggiature e copioni per eventuali iniziative e manifestazioni che il Mandela realizza nel corso dell’anno. Il Laboratorio di Drammaturgia si riunisce tutti i martedì dalle ore 17.00 alle 19.00 presso la sede del Progetto in via Camporeali 1 (locali del liceo scientifico G. Galilei).

LABORATORIO DI RECITAZIONE I volti e le voci che non dimenticherete si riuniscono qui! Durante i primi incontri del Laboratorio di Recitazione, in attesa della stesura del copione da parte del Laboratorio di Drammaturgia, i partecipanti potranno apprendere gli elementi di base di mimica, dizione, improvvisazione e recitazione. Ad ogni attore sarà poi assegnato il ruolo che dovrà interpretare nello spettacolo conclusivo e le riunioni si trasformeranno in vere e proprie sessioni di prove. Il Laboratorio di Recitazione si riunisce tutti i lunedì dalle 15.30 alle 17.30 presso la Tettoia al Caos e tutti i giovedì dalle 15.30 alle 17.30. Il numero settimanale d’incontri aumenterà con l’approssimarsi della messa in scena dello spettacolo.

LA BORATOR IO DI MUS IC A ABO RATO RIO MUSIC è con grandissimo piacere che annunciamo la riapertura di un Laboratorio da sempre parte integrante del Progetto, ma costretto da qualche anno alla sospensione dei lavori: il Laboratorio di Musica! Gli iscritti, dopo un periodo di reciproca “conoscenza musicale”, si dedicheranno alla composizione di quella che diverrà la colonna sonora dello spettacolo e che loro stessi eseguiranno dal vivo. Con l’avvento della messa in scena si avrà quindi un intensificarsi del ritmo settimanale delle prove. I musicisti del Mandela si esibiranno anche nelle eventuali uscite pubbliche dei laboratori. Il Laboratorio di Musica si riunisce tutti i mercoledì dalle 17.00 alle 19.00 presso la sede del Progetto in via Camporeali 1.

LABORATORIO DI SCENOGRAFIA E COSTUMI Il Laboratorio di Scenografia e Costumi è artefice di tutto (ma proprio tutto!) quello che vedrete sul palcoscenico: dopo alcune, indispensabili lezioni riguardo la teoria di base, arricchite da interessanti cenni storici sull’utilizzo della scena e dei costumi, i partecipanti saranno responsabili dell’elaborazione di bozzetti e modelli che verranno poi realizzati dai membri medesimi del Laboratorio, provvedendo così interamente alla creazione della scenografia e del guardaroba dello spettacolo. Il Laboratorio di Scenografia e Costumi si riunisce ogni mercoledì dalle ore 15.30 alle 17.30 presso la sede di via Camporeali 1.

LABORATORIO DI COMUNICAZIONE L’articolo che state leggendo ora è un esempio del lavoro svolto dal Laboratorio di Comunicazione. Quest’ultimo, infatti, rappresenta il tramite fra il Progetto ed il pubblico, fra il “dietro le quinte” ed il mondo esterno. Attraverso i linguaggi di stampa, video, fotografia, radio e web i partecipanti si occuperanno della realizzazione di inchieste sulle molteplici tematiche riconducibili al vasto ambito dei diritti umani e di un costante aggiornamento della comunità riguardo i lavori del Progetto. Si effettuerà un’analisi dei differenti mezzi di comunicazione e agli iscritti saranno fornite le nozioni di base per l’utilizzo di ognuno. A partire da gennaio, inoltre, come da tradizione, il Laboratorio tornerà ad occuparsi della realizzazione della trasmissione “Allarmi, siam razzisti!”, in onda settimanalmente su Radio Galileo. Novità di quest’anno è la collaborazione fra il Laboratorio ed il progetto Yes-Tr, quest’ultimo attivo dallo scorso anno, consistente nella gestione di una web radio. Il Laboratorio di Comunicazione si riunisce tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 presso la sede di via Camporeali 1.

Programma Dicembre 2014 - Gennaio 2015 Lungo cammino verso la libertà Palazzo di Primavera, Terni Ogni martedì dalle 15.30 alle 16.30

Corso introduttivo all conoscenza dei diritti umani e delle loro violazioni

16 dicembre 2014

9° Incontro

I DIRITTI DEL FANCIULLO, PARTE I La Convenzione sui diritti del fanciullo (1989), “Il monello” di C. Chaplin

13 gennaio 2015

10° Incontro

I DIRITTI DEL FANCIULLO, PARTE II Sfruttamento, negazione e violazione dei diritti dell’infanzia

20 gennaio 2015

11° Incontro

DIRITTI UMANI E BIOETICA Bioetica cattolica – bioetica laica

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