TRIMESTRALE A DIFFUSIONE GRATUITA DI ATTUALITÀ E CULTURA Free distribution of news and culture ANNO 2 NUMERO 4 Novembre 2015 Year 2, Issue n° 4 November 2015
DIRITTI UMANI
EUROPA
SUMMARY
INGHILTERRA London calling! pag.
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ITALIA
Umbria pag.
10
GERMANIA
My city Berlin pag.
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TURCHIA La costa turca pag.
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ROMANIA
La storia di un Destino... pag.
EUROPA
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Trimestrale di attualità e cultura DISTRIBUZIONE GRATUITA.
Redazione: Terni, Via De Filis 12 Direttore responsabile: Alberto Mirimao Grafica e impaginazione Francesco Stufara Traduzioni Luisa Romano Editrice Projecta di Giampiero Raspetti info@lapagina.info - www.lapagina.info Stampa: Tipolitografia Federici - Terni Registrazione presso il Tribunale di Terni autorizzazione 3/2014. Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.
info:
Giampiero Raspetti Direttore editoriale info@lapagina.info
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SAN VALENTINO A TERNI - Giampiero Raspetti
.......................................................................................................................... pag.
CHI SIAMO - Associazione Culturale La Pagina
Who we are...................................................................................................... pag.
PRATICA DELL’ODIO E DIRITTO ALLA VITA - Rosella Mastodonti
Practice of hate and right to life................................................................... pag.
VALENTINO DI TERNI: dai “baci” ai diritti degli uomini - Edoardo D’Angelo
Valentine of Terni: from “kisses” to human rights...................................... pag.
MAGNA CARTA E DIRITTI UMANI - Luisa Romano
Magna Carta and the Human Rights............................................................ pag.
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VALENTINO E FRANCESCO IL CAMMINO DELL’AMORE UNIVERSALE - Loretta Santini
Valentine and Francis way of Universal Love.............................................. pag. 10
Rosella Mastodonti
Relazioni internazionali rosella.mastodonti@alice.it
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Loretta Santini
Storia e cultura del territorio lorettasantini@gmail.com
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EUROPA
San Valentino a Terni Giampiero Raspetti
Il nome Valentino probabilmente significa valorem tenens (che mantiene valore, che persevera cioè nella santità). Questo nome, particolarmente in febbraio, percorre le vie, le vetrine, i negozi di buona parte del mondo. La celebrazione della festa, centrata sullo scambio di messaggi d’amore e regali fra innamorati, risale all’alto medioevo, ha i suoi natali in Francia e in Inghilterra ed è solo frutto di leggende. Io penso che non solo il nome, ma soprattutto la sacralità cristiana di Valentino debba, finalmente, essere conosciuta e riconosciuta e che occorra, quindi, riflettere più e meglio in merito alla vita vera del Patrono di Terni. Nella nostra città, facendo salve le celebrazioni ad opera della Curia, che devono solo essere accettate e rispettate proprio come S. E. il Vescovo promuove, l’organizzazione per così dire laica è stata sempre prerogativa unica di chi si è distinto per carenza progettuale. Assemblare una paccottaglia di elementi (dai Baci Perugina ai fidanzatini di Peynet, dallo sport alle canzonette, dalle rappresentazioni sceniche alla degustazione del cioccolato) senza altro filo conduttore che il far rima con la parola amore o con il suffisso “ntino” o, peggio, erigersi ad impresari teatrali con i soldi pubblici (pagando cantanti e autori di presunta caratura nazionale -un anno, ricordo, addirittura festeggiarono con ballerine brasiliane!-) si configura come cattivo servizio fatto all’immagine della nostra città e del suo Santo Patrono. Noi vorremmo che molti giovani, di diversa nazionalità e di religioni diverse, in febbraio e a Terni, possano scambiare messaggi culturali, sociali, di solidarietà, d’amore cioè. Per questo, e al fine dell’interscambio culturale ed educativo, abbiamo già intessuto contatti intensi e proficui con uomini di cultura, insegnanti, associazioni, scolaresche delle seguenti nazioni: Austria, Repubblica Ceca, Cipro, Germania, Inghilterra, Francia, Malta, Norvegia, Spagna, Turchia. Ci proponiamo infatti di realizzare, insieme ai nostri partner, gemellaggi per San Valentino impostati su azioni di solidarietà umana. Questo si legge nel mio libro Germogli (Edizioni Projecta, 2010) che presenta progetti miei e dell’Arch. Paolo Leonelli e che è stato distribuito, in copioso numero, a titolo completamente gratuito (come tutti gli altri miei libri). Al suo interno, a pagina 101, si prende atto di una delibera del Collegio dei docenti del Liceo Classico, datata 13 ottobre 1998, che segna ufficialmente l’inizio del mio percorso di studio e di progettazione per san Valentino. Non sono mai stato interessato, pur rispettando tutto quello che di corretto e significativo fanno gli altri, alla parte commerciale legata al santo. Ho sempre pensato all’immagine spirituale, legata esclusivamente alla vita cristiana di Valentino. Ho pensato che l’amore che emanava non fosse rivolto solo ai fidanzati, ma dovesse essere universale e globale. A pagina 106, in merito al progetto Passi d’amore da me iniziato nel giugno 2002 con studenti di alcune classi del Liceo Classico Tacito, con i loro genitori, con l’amministrazione comunale di Stroncone e con padri francescani e domenicani, si legge: Il progetto propone i sensi più autentici dell’amore: per il genere umano, per la natura, per la cultura, per le attività dell’uomo, per i grandi ideali di solidarietà tra popoli, per la pace. Unisce idealmente tutti coloro che, nelle varie epoche, hanno esaltato il rispetto per l’uomo e per la natura, a prescindere da personali concezioni religiose o da propri convincimenti filosofici. I Santi dell’amore Valentino e Francesco rappresentano, particolarmente per i cristiani, uno straordinario esempio di amore totale ed incondizionato. L’unione tra i due Santi, enorme patrimonio spirituale ed esclusiva caratteristica del nostro territorio, costituisce un naturale primum movens per l’intero progetto e sarà sottolineata, seguendo i sentieri francescani, dal percorso Basilica di San Valentino - Santuario del Presepe di
Passi d’amore
Greccio. Parlavo già allora, dunque, di diritti umani e dell’unione dei due santi: Valentino e Francesco. Venti anni di lavoro, tra alterne vicende. Presentai il progetto ad autorevoli persone, ma tutto fermo... Anche gli interventi miei, insieme alla Prof. Georgianna Land, alto Funzionario del Ministero degli Esteri Americano, Ufficio Affari Intergovernativi, presso alcune autorità cittadine per assicurare una possibile presenza di centinaia di migliaia di persone ogni anno grazie al mio progetto (in modo graduale, certo, in attesa che la città gradualmente si organizzasse)… ... Poi il colpo d’ala: l’incontro con il Vescovo di Terni che trovò bellissimo il san Valentino da me proposto e mi invitò a proseguire i lavori. Il suo deciso e forte incoraggiamento ha permesso così la creazione del gruppo di studio che ha elaborato libro e progetto. Mi è grato dunque ringraziare sentitamente, a nome mio e delle donne e degli uomini di buona volontà che hanno lavorato con me, il nostro Vescovo, S.E. Mons. Giuseppe Piemontese. La città intera non tarderà a ringraziarlo.
The name Valentine probably in Latin means locum valorem (someone who perseveres in holiness). The celebration of the holiday is an exchange of gifts and lovely texts between lovers. It has began in France and England, in the Middle Ages, and it is just a legend. We should therefore think more about the real life of the Patron Saint of Terni. In our city, so far, there has only been a mix of elements (from the kisses to the people in a relationship of Peynet, from compositions to text messages of love, from the theater to tasting of chocolate) that rhymed with the word love or the suffix “ntino”. All of these things has made our city and its Patron in a bad light. We would like to do a cultural and social interexchange among many young people, from different nationalities and religions, in February and in Terni. In order to do it we are already in touch with many intellectuals, teachers, associations and school groups from the following countries: Austria, Czech Republic, Cyprus, Germany, England, France, Malta, Norway, Spain and Turkey. It would be lovely to do, with our partners, a twinning of solidarity respecting human rights. I began the studies on Valentine in 1998. I wrote a book about this called Germogli (Projecta Editions, 2010). I was never interested in the business linked to the saint. I always thought that the Valentinian love should be universal and worldwide. On page 106 has also written: The project offers the most authentic ways of love: for the people, for the nature, for the culture, for the jobs of man, for the ideals of solidarity between people, for the peace. This project put together all of the people who have been exalted from the respect for men and nature, without considering their personal religious and philosophical views. The saints of love, Valentine and Francis are, especially for Christians, an example of total and unconditional love. The combination of the two saints, spiritual heritage and characteristic of our country, is the first step of the project. We would like to organize the route of the Franciscan paths from the Basilica of St. Valentine to the Sanctuary of the Nativity in Greccio. I presented this project with Georgianna Land, high official of the Foreign Ministry American, Intergovernmental Affairs Office and with other influential people. The bishop of Terni has found the project about Valentine interesting and beautiful. A group of intellectual, only today, could drew up the book and the final project. I would really thanks our Bishop: S.E. Mons. Giuseppe Piemontesi. The whole city will thanks him. NOVEMBRE 2015 November 2015
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CHI SIAMO U
n gruppo di intellettuali, espressione di diverse istanze della comunità ternana, sta lavorando ad una ipotesi progettuale che integra rigore accademico e creatività visionaria, coinvolgimento istituzionale e radicamento nell’associazionismo culturale. Questa interessante e feconda alchimia di tensioni spirituali e vocazioni euristiche ha determinato, nel gruppo di lavoro, il desiderio di aprire la sua dialettica culturale alla città, intesa come stratificazione di tradizioni, sedimentazione di tracce di un passato in fase di dissolvenza, crogiuolo di tensioni di un presente massicciamente investito dalla crisi, anzi dalle crisi: quella economica ed occupazionale, in primis, legata alle convulsioni della siderurgia internazionale, ma anche quella morale, antropologica, identitaria che ne lacera il tessuto sociale. La complessità del campo di analisi del gruppo si è finalmente coagulata intorno a talune tematiche, nella prospettiva di offrire un contributo alla città in una fase difficile della sua storia; un contributo fattivo, operativo, che sia capace di collaborare a costruire tasselli della nuova identità che la città sta, faticosamente, cercando. Per quel che ci riguarda ciò non potrà avvenire se non a partire proprio dalle sue radici storiche, culturali e valoriali che sono solide e riccamente stratificate. Per muoverci all’interno di questo labirinto abbiamo selezionato un focus, un elemento identitario, che affonda le sue radici nella antica storia della città e che ne ha costituito una delle permanenze. Elemento identitario che, tuttavia, ha urgente bisogno di un processo analitico di ridefinizione, di rimozione delle incrostazioni che lo hanno intrappolato, nei secoli, entro una sorta di raffigurazione caricaturale (stereotipata), diffusa potentemente in tutto il mondo. Ci riferiamo, ovviamente, al vescovo Valentino, patrono della città, la cui fama pervade l’universo mondo, di cui ovunque viene enfatizzata l’importanza pur se in un ambito fortemente desacralizzato, laicizzato in direzione di una commercializzazione e banalizzazione del valore simbolico che ne snatura non solo la valenza religiosa ma anche quella etica, valoriale di cui la sua biografia è densa. Il san Valentino, insomma, dei cuoricini rossi, dei baci al cioccolato, delle frecce puntate al cuore degli innamorati di tutto il mondo, quella sorta di cupido con faccione sorridente, barba bianca che inonda, soprattutto nel mese di febbraio, le vetrine di tutti i negozi, da Londra a New York a Tokio e di ogni altro angolo del mondo. Persino Terni, la città che è stata teatro della sua azione di vescovo in età paleocristiana e che lo ha scelto come suo patrono, non sfugge a questa consuetudine e a febbraio lo celebra anche con manifestazioni commerciali ed eventi di varia natura. Manifestazioni ed eventi con i quali non vogliamo assolutamente interferire, ma che rispettiamo profondamente e sinceramente, così come amiamo il san Valentino protettore degli innamorati. La percezione di questo vulnus (banalizzazione della figura del Santo) ha indotto però il gruppo ad auspicare scelte nuove e coraggiose ed a maturare la convinzione che Valentino debba essere iscritto in un universo di significati che afferisce davvero al concetto di amore, ma inteso come amore universale verso tutti gli esseri umani, collocabile quindi in un repertorio di campioni dei diritti umani ante litteram, proprio in virtù della sua bellissima biografia, che giunge fino al martirio. Forse la intersezione più significativa, profonda e proficua è tuttavia quella rappresentata dalla evidente contiguità valoriale del nostro vescovo con l’altro, grandissimo, incommensurabile, campione
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della teologia dell’amore universale, dell’accoglienza del diverso, della difesa dei diritti umani, del dialogo fra le religioni, della difesa della natura e dell’azione concreta per la pace. È stato emozionante per noi mettere a confronto il nostro Valentino con Francesco d’Assisi che, molti secoli più tardi, ancora a partire dalle terre umbre, ha lottato strenuamente per quegli stessi valori in un cammino condotto per tutto l’arco della sua vita. Lanciamo dunque un messaggio alla città, una sorta di appello che contiene una sfida culturale rivolta a tutti coloro che vogliano condividere la nostra avventura intellettuale, chiedendo loro di unirsi a noi in questo cammino. Qualcuno ha suggerito una denominazione ambiziosa per gli aderenti all’impresa: Cavalieri di San Valentino. L’abbiamo accolta con gioia.
WHO WE ARE A
group of intellectuals is working on a cultural project that mixed academic rigor and institutional involvement. They, driven by their spiritual tension and desire to research,talked culturally to the city, which full of tradition, it also has a strong history in the process of fading, depite the fact that it now is strongly hit by the crisis, or rather the economic crisis and the employment crisis, firstly related to industrial problems, as well as moral and anthropological. The group focused to analyze some issues to give a contribution to the city,which is in a difficult time in its history. They would like to give a contribution, which would be able to hand over a new identity to the city that has been already tried hard for it. As far as we are concerned, this can not happen unless it starts right from its historical roots, cultural and values that are strongly and richly layered. We are refering to, of course, the Bishop Valentine, the patron saint of the city, whose reputation extends throughout the world, and which enhances the importance within the secularized, leading to its commercialization and trivialization of symbolic value, by passing into the background of its religious meaning and ethics which his biography is full. The well known St. Valentine of red hearts, chocolate kisses, arrows pointing to the heart of lovers all over the world, that sort of cupid with the big face smiling, white beard that echoed, especially in February, the windows of all stores, from London to New York to Tokyo and every other corner of the world. Even Terni, the city has been the scene of his action as a bishop in the early Christian has chosen him as its patron and it celebrates him in February with demonstrations and events. We do not want to interfere to these demonstrations and events and we also respect deeply and sincerely them, as we love the Valentine protector of lovers. The trivialisation of the saint led the group to make new and valiant choices and they have reached the conviction that Valentino can beentered in a universe of meanings, all thick of the concept of love, but understood as universal love to all human beings, placed in a repertoire of standards of human rights, through his beautiful biography, which leads to the martyrdom. Its figure is characterized by this ambivalent meaning: its importance as a bishop with his greatness as a champion of universal love, the acceptance of diversity, the defense of human rights, dialogue between religions, the protection of nature and its concrete action for peace. It was exciting for us to compare Valentine with St. Francis of Assisi, many centuries later, still starting from the Umbrian countryside, he has fought hard for those same values in a process conducted for his whole life. We are launching a message to the city, a kind of appeal containing a cultural challenge for all those people who want to share our intellectual adventure, asking them to join us in this experience. Someone has suggested an ambitious name for everyone who wants to take part of this project: the Knights of St. Valentine We are really appreciate and we received it with joy.
PRATICA DELL’ODIO E DIRITTO ALLA VITA Rosella Mastodonti
Non so bene in quale paradiso stia ora giocando, libero e felice, il bimbo curdo siriano che un mare nemico ha deposto sulla spiaggia turca di Bodrum, mentre tentava, in una notte di fine estate, di raggiungere l’isola greca di Kos, condannandolo ad una morte liquida della quale tutti, credo, non possiamo sentirci assolti. Ciao Valeria, che il vento ti porti dove c’è la pace... qualcuno ha scritto oggi, in rete, alla bellissima, giovane veneziana, volontaria di Emergency, cervello in fuga alla Sorbona, caduta al Bataclan, sotto i colpi del terrore, mentre voleva solo sentire buona musica. Di certo so che non può non esserci, da qualche parte, un paradiso cristiano, musulmano, indù, laico o chissà cos’altro, capace di accogliere i milioni di innocenti, vittime delle contraddizioni laceranti del nostro mondo che le cronache quotidiane, inclementi, ci palesano. L’orrore che oggi ha insanguinato Parigi è la metafora di un autunno della civiltà che sta mutando la nostra vita nelle sue radici più profonde, materializzando un inferno che travolge tutto e tutti e ci impedisce di trovare il bandolo della matassa. Mentre continuiamo a tormentarci, cercando di capire da che parte si collochino il bene ed il male nello scacchiere mediorientale o quali nuovi assetti la geopolitica planetaria stia spregiudicatamente sperimentando, dovremmo invece urlare il nostro diritto alla vita, lottare per l’affermazione di una religione globale della pace, del rispetto dell’altro, dei suoi diritti inalienabili, dell’amore universale. In prima linea su questo orizzonte valoriale … un gruppo di intellettuali, sta, da tempo, lavorando ad una ipotesi progettuale che integri rigore accademico e creatività visionaria, coinvolgimento istituzionale e radicamento nella vita culturale cittadina. Da questa alchimia di tensioni spirituali e scelte euristiche è scaturita la proposta antropologica, prima ancora che culturale, religiosa e politica, di lanciare, a partire dalla nostra città, un inno collettivo alla vita ed all’esercizio dei diritti umani fondamentali. L’etica francescana che impregna il nostro territorio, individuata quale elemento di forte identità locale, è stata analizzata nella sua continuità valoriale con la personalità, la vicenda biografica, la fama di santità del vescovo Valentino che -depurato, dopo attenta analisi filologica, di talune incrostazioni che ne hanno, nel tempo, impoverito la originaria ricchezza simbolica- viene restituito alla sua identità storica di martire in quanto testimone proprio di quel grumo valoriale perenne.
PRACTICE OF HATE AND RIGHT TO LIFE
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I do not know in which heaven is playing, free and happy, the Kurdish Syrian kid that has led by a enemy sea on a Turkey’s Bodrum beach, while was trying to reach, in a late summer night, the Greek island of Kos, sentencing death that everyone, I think, can not be absolved. Goodbye Valeria, the wind take you where the peace is... someone wrote today, on the web, to the beautiful young Venetian, volunteer of Emergency, brain drain from the Sorbonne, dead at the Bataclan, under the blows of the terror, while she wanted just listen to a good music. I know that can not be somewhere a Christian, Muslim, Hindu, laic paradise, or whatever, able to accommodate the millions of innocent victims of the contradictions of our world, that the inclement daily news is proclaiming. The horror which is now in Paris is the metaphor of a fall of civilization that is changing our lives in its deepest roots, materializing an inferno that overwhelms everything and everyone and prevents us from finding the key to the problem. While we keep to trouble ourselves, trying to figure out where the good and evil are placed -in the Middle East- or how the planetary geopolitics is making unscrupulously experiment, we should shout our right to life in order to fight for the establishment of a global peace, for the respect we should have the others and for the universal love. A group of intellectuals is working on a cultural project that mixed academic rigor and institutional involvement. They, driven by their spiritual tension and desire to search, talked culturally to the city. From them came the anthropological proposal, but even before there was the cultural proposal, also religious and political, to launch, from our city, a hymn to life and collective exercise of fundamental human rights. The Franciscan ethics which is impregnated in our area has been identified as a strong element of local identity and the life story of Bishop Valentine has been analyzed carefully. After a philological analysis was discovered that he had lost its original symbolic wealth. Therefore the Bishop Valentine is returned to its historical identity of martyr.
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Valentino di Terni: dai “baci” ai diritti degli uomini Edoardo D’Angelo
Figura liminale, di svolta assoluta, della storia dell’Umbria al passaggio dall’Antichità alla fase medievale e moderna è quella di san Valentino. La sua vicenda biografica ed umana, infatti, presenta una serie di caratteristiche che lo rendono senz’altro campione, fino al sacrificio estremo, di istanze di libertà, tolleranza, solidarietà, in una parola: di diritti umani. Stiamo parlando della recente rivalutazione storico-filologica della figura di Valentino di Terni che ha portato, oltre a ridatarne completamente la cronologia (non più un santo del III secolo, come ritenuto finora, bensì della metà del IV secolo dC), ad accertare e portare alla luce una figura biografica completamente diversa da quella che siamo abituati a conoscere. Poiché la figura di Valentino è andata ricoprendosi, nel corso dei secoli -per una serie di complesse motivazioni antropologicoculturali- di una ruggine tenacissima, che ne ha fatto un simbolo del romanticismo spicciolo (patrono degli innamorati) e del consumismo (canzonette, danze, feste, fiere, baracchette di cibarie varie, dolci, cioccolata… Sulla spinta tra l’altro di potenti multinazionali, alcuni anni fa il Giappone ha stabilito che il 14 febbraio fosse giorno festivo, dedicato a san Valentino e alla cioccolata!). Valentino di Terni, viceversa, è stato un prelato e un uomo che ha sacrificato la propria vita per degli alti ideali di libertà: libertà di religione, ma soprattutto libertà di cultura e di impegno sociale verso i più sfortunati (vedi: E. D’Angelo, Terni medievale. La città, la Chiesa, i santi, l’agiografia, Spoleto 2015). In altri termini, un campione dei Diritti Umani ante litteram, ed è così che bisogna conoscerlo e farlo conoscere, liberandolo dalla patina di una culturalizzazione popolare e/o commerciale. Tra tardoantico e altomedioevo abbiamo due fonti sul personaggio: le brevissime note del Martirologio Geronimiano e la Passio s. Valentini episcopi Interamnensis (BHL 8460), testo con tutta probabilità di sec. VI. Eccone un rapido sunto, con la vicenda del personaggio: A Roma, un importante intellettuale di origine e cultura greca, Cratone, ha un figlio afflitto da una malattia neurologica rara e terribile, che lo paralizza completamente. Il ricorso ai medici è inutile (essi non sanno dare nemmeno un nome al tipo di infermità). Da un amico Cratone apprende che, a Terni, il fratello del tribuno Fonteio, afflitto dalla stessa patologia, è stato guarito dal vescovo cittadino, Valentino. Manda allora a chiamare il presule ternano, e lo prega di intervenire anche a favore di suo figlio, Cerimone. Valentino chiede a Cratone di convertirsi al cristianesimo. Ma Cratone tituba, soprattutto perché non capisce come sia possibile che uno si salvi per mezzo delle preghiere di un altro (nel suo caso: del padre per il figlio), e come sia possibile che della semplice acqua possa mondare i peccati degli uomini. Ma Valentino gli spiega da un lato l’efficacia dell’intercessio altrui, dall’altra il mistero del battesimo (è lo Spirito Santo che agisce nell’acqua). Cratone accetta la conversione e Valentino di occuparsi del ragazzo. Si chiude allora con lui in una stanzetta, per tutta la notte, recitando delle orazioni secondo un rituale ben stabilito. All’alba, Cerimone esce dalla stanza completamente guarito e veramente rinato: Cratone e tutta la sua famiglia si convertono ipso facto al cristianesimo, e con loro gli allievi di Cratone, tra cui i giovani Procolo, Efebo e Apollonio; insieme a loro si converte Abbondio, che è nientemeno che il figlio del prefetto di Roma, Furioso Placido. Dietro Abbondio, si converte
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una moltitudine di scholastici, cioè di intellettuali. Il senato di Roma a questo punto interviene: il prefetto fa arrestare di notte e di nascosto Valentino, e lo fa giustiziare. Procolo, Efebo ed Apollonio ne recuperano il corpo, e lo seppelliscono a Terni, poco fuori la città. Il magistrato romano di Terni, Lucenzio, replica contro i tre giovani l’operazione segreta di polizia effettuata dal prefetto a Roma: fa arrestare e uccidere i tre giovani in totale segreto, fuggendo poi dalla città. Abbondio ne raccoglie i corpi e li seppellisce accanto a quello di Valentino. Questo testo è stato, per la mancanza delle cosiddette “coordinate agiografiche” e per la confusione della figura del Valentino ternano con un omonimo prete romano, ritenuto di nessuna validità storica. Recenti ricerche, però, ne hanno rivalutato la dimensione storiografica, restituendo un nuovo Valentino di Terni. Il collegamento della vicenda di Valentino con la struttura valoriale definibile complessivamente dei diritti umani è la seguente: accoglienza, solidarietà, salute, libertà d’istruzione e di cultura, libertà religiosa, giustizia. 1. ACCOGLIENZA In Terni, cristiani e pagani vivono in maniera perfettamente integrata, tanto che il magistrato romano Fonteio chiede tranquillamente e senza conseguenze l’intervento del vescovo Valentino per la guarigione di suo figlio; 2. SOLIDARIETÀ Valentino si reca volentieri e gratuitamente ad applicare le sue straordinarie capacità taumaturgiche; 3. SALUTE Valentino opera guarigioni da malattie neurologiche (sclerosi, etc.) molto gravi; 4. LIBERTÀ D’ISTRUZIONE E DI CULTURA Valentino converte il filosofo Cratone e tutta la sua casa e i suoi allievi: ed è solo a questo
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punto che il Senato di Roma interviene, decretandone l’arresto! 5. LIBERTÀ RELIGIOSA Valentino lotta contro la repressione del cristianesimo operata dallo Stato romano. 6. GIUSTIZIA Valentino viene arrestato e condannato a morte in maniera del tutto illegale: infatti si è nel 347, dopo l’Editto di Tolleranza di Costantino e Galerio del 313 che rende il cristianesimo tollerato. Ed i magistrati romani, dopo l’esecuzione, scappano dal loro ufficio (sanno di aver compiuto un atto illegale)! In questo senso, la figura biografica e storica di Valentino di Terni può perfettamente rappresentare il simbolo della ricerca e della rivendicazione, fino al sacrificio personale, dei diritti umani, portando la vis culturale dell’Europa celtica (gli Umbri) a contatto con la patria europea indiscussa del diritto, Roma. In più, egli porta con sé valori estranei alla cultura romana, come la solidarietà, l’accoglienza, il diritto alla salute e alla libertà culturale. Prima di Francesco d’Assisi e a fianco a Francesco, Valentino lega il mondo antico, romano e pagano, a quello medioevale e moderno, cristiano ed europeo.
Valentine of Terni: from “kisses” to human rights S.Valentine is a liminal figure of Umbria’s history. He indicates the transition from ancient to medieval and modern time. His life story shows a multiplicity of features that make him certainly champion of values -up to the extreme sacrifice- such as freedom, tolerance, solidarity, and in only one word: Human Rights. We are talking about the recent reassessment historical and philological of Valentine’s figure of Terni which has a now different date of birth (no any more the saint of the third century, as previously we have thought, but the mid-fourth century AD). We have also established and brought to light a figure biographical completely different from what we used to know. Since the figure of Valentine took over the centuries -for a number of hard reasons, cultural and anthropological, he has been considered as symbol of poor romance (patron saint of lovers) and consumerism (songs, dances, holy days, local fairs, shacks of various foodstuffs, sweets, chocolate...). Japan, some years ago, has established a holiday on the 14th February, dedicated to Saint Valentine and chocolate!). Valentine of Terni, vice versa, was a prelate and a man who sacrificed his life for the high ideal of freedom: freedom of religion, but especially freedom of culture and social commitment to the more unfortunate (see: E. D’Angelo, Terni medievale. La città, la Chiesa, i santi, l’agiografia, Spoleto 2015). In other words, he is a champion of Human Rights ante litteram, we should know him differently from how his figure has been known by everyone since now. There are two books on s. Valentine written between late antiquity and early Middle Ages: the very brief notes: Martirologio Geronimiano and Passio s. Valentini episcopi Interamnensis (BHL 8460). Here’s a summary, with the story about the character: In Rome, an important intellectual of Greek culture,
Craton, has a child suffering from a rare and terrible neurological disorder, which make him completely paralyzes. His family tried to appealed to doctors, but it was totally useless (they do not even know how to give a name to the type of disease). Craton knows from a friend of him that Fonteius’s brother, who lives also in Terni, was afflicted by the same disease. He was cured by Bishop Valentino. Craton called Valentine and asked him to do the same for his son, Cerimone. Valentine asks Craton to convert himself to Christianity. Craton hesitates, especially because he does not understand how it is possible that one might be saved through the prayers of another person, and how it is possible clean out, from a water, the sins of men. Valentine in order to make him aware, explains the effectiveness of the intercession by the other people and the mystery of baptism (is the Holy Spirit who acts in the water). Craton accepts the conversion and Valentine takes care of his son. They have been closed all night in a tiny room saying the prayers according to a prescribed ritual. Soon as the next day began Cerimone comes out the room completely healed and reborn, Craton and his whole family are converted to Christianity and Craton’s students did it with them, including the young Procolo, Efebo and Apollonius, Abbondio, the prefect’s son of Rome, Furious Placido. Soon after them a multitude of intellectuals named scholastic did the same. The Roman Senate intervenes: secretly at night the prefect arrested Valentino, and immediately he was executed. Procolo, Efebo and Apollonius recovered Valentino’s body then they bury him in Terni just outside the city. The Roman magistrate of Terni, Lucentio, does again the same police operation, carried out by the prefect of police in Rome, against the three guys: the three young guys, in total secrecy, were arrested and killed, after then fleeing from the city. Abbondio collected their bodies and buried them next to Valentino. This text didn’t have any effectiveness for two reasons: because of the lack of evidence on the life of the Saint and also because the s.valentine figure was messed up with an eponymous roman priest. Recent research, however, have reevaluated the historiographical dimension, returning a new Valentine of Terni. The sequence of events of Valentine’s life is connected with the human rights on a scale of values. They are: hospitality, solidarity, health, freedom of education and culture, freedom of religion, justice. 1. Hospitality: Christians and pagans live in Terni completely integrated. The Roman magistrate Fonteius asked quietly and without consequences the intervention of the bishop Valentine to nurse his son; 2. Solidarity: Valentine went willingly to apply his extraordinary miraculous abilities; 3. Health: Valentine operates healings from very serious neurological diseases (sclerosis…); 4. Freedom of education and culture: Valentine converts the philosopher Craton, everyone in his house and his students. The Senate of Rome after this intervened and then arrested Valentine; 5. Freedom of religion: Valentine struggle against repression of Christianity made by the Roman state; 6. Justice: Valentine was arrested and sentenced to death in a totally illegal way: it was after the Edict of Toleration of Constantine and Galerius in 313 the Christianity was tollerate; and the Roman magistrates, after the execution, run away from their office (they knew that was made an illegal act). The biographical and historical figure of Valentine of Terni can perfectly represent the symbol of the re-search and the claim, up to the personal sacrifice, human rights, bringing the vis cultural Europe’s Celtic (Umbrians) linked to Rome and the European homeland of law. He also brings different values from Roman culture, such as solidarity, hospitality, right to health and freedom of culture. Valentine, even before Francis of Assisi and then with him linked the ancient, Roman, pagan world to the Christian and European world. NOVEMBRE 2015 November 2015
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London calling! Vanessa Ferriero
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o sempre avuto un’unica grande passione: viaggiare. Il viaggio inteso non solo come vacanza. Amo pensare ad una destinazione ed andarci, spesso da sola, per scoprire tutto quello che un luogo rivela. Lingua, cultura, cibi, religione, mode e usanze e, ancor più, conoscenze e relazioni con persone che possono offrirmi quello che una sola piccola città di provincia non ha saputo darmi. Così, appena finita l’università, il mio regalo di laurea è stato il biglietto aereo di sola andata per Londra. Zaino in spalla, una sola valigia da imbarcare e via. Ora sono passati 3 anni e mi ritrovo a scrivere da questa favolosa metropoli inglese. La prima volta che arrivai tutto mi sembrava enorme, le distanze per spostarsi da un posto ad un altro erano interminabili, la lingua inglese era più difficile da capire del cinese! Non avevo una casa così rimasi per un mese in una camera di un ostello che condividevo con altri 12 ragazzi fin quando così, quasi
per caso, mi trovai a vivere in un piccolo e frenetico appartamento di Notting Hill, con altre 7 ragazze di origini diverse. Giorno dopo giorno ogni ostacolo si trasformava in una bellissima scoperta e conquista. Iniziai a lasciare il mio curriculum vitae in tutti i ristoranti e locali del centro e solo dopo pochissimi giorni ecco che arriva “my first job”, in un ristorante-barca sul Tamigi. Subito dopo mi sono dedicata alla ricerca di un college che potesse darmi tutte le carte in regola per parlare bene l’inglese. Andò tutto esattamente così, fin quando all’improvviso, per motivi personali ritornai a Vanze, paesino del Salento (dove sono nata e cresciuta) che mi soffocava come non mai. Non ho mai e dico mai abbandonato il pensiero di tornare in Inghilterra. Ero rimasta affascinata e innamorata da tutto quello che Londra mi aveva regalato in un anno e mezzo. Sognavo tutte le notti la mia vita inglese e la mattina con gli occhi ancora pieni di speranza immaginavo il giorno in cui sarei potuta tornare. E quel giorno è arrivato lo scorso 17 ottobre. Ora lavoro al “The National Gallery Museum” in Trafalgar Square, e dico a tutti “don’t give up” perché oggi amo più che mai questa realtà che spero di lasciare solo per numerosi e brevi viaggi in giro per il mondo. Peace&Love. (brano musicale consigliato per la lettura: London Calling, artista: The Clash)
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always had one big passion: travelling. But the trip not just as a holiday. I love thinking of a destination and go there, quite often on my own, to find out everything that a place reveals. Language, culture, food, religion, fashions and customs and, even more, making relationships with people who can offer me what one small town hadn’t been able to give me. As soon as I finished university, my graduation present was a oneway plane ticket to London. Bag on my shoulders, one suitcase to ship and let’s go. I have been living in London for 3 years and now I am writing from this fabulous city. The first time I arrived here everything seemed huge, distances to get one place from another one looked endless, the English language was more difficult to understand than Chinese! I didn’t have a house so I stayed for a month in a hostel sharing one room with 12 other guys until I found a room in a small but lovely flat, very close to Notting Hill. I shared it with 7 other girls from different countries. Day by day every obstacle turned into a beautiful discovery and conquest. I started leaving my CV in center London in all the restaurants and shops and after a few days came my first job, in a restaurant-boat on the Thames. Soon as I got the job I made myself ready to find a college that could give me the chance to speak English properly. Everything went exactly like that, until when suddenly, for personal reasons, I had to go back to Vanze, a small town in Salento (where I was born and I grew up) that bored me like never before. The thought to come back to England never ever left me. I was fascinated and so in love with everything that London had
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given me in a year and a half. I dreamed every night of my English life and the morning after, with my eyes still full of hope, I imagined the day I could go back. That day has arrived last 17th of October. Now I am working at “The National Gallery Museum” in Trafalgar Square, and I’d like to say to everyone “don’t give up” because today I love this city more than ever and I hope to leave it just for many short trips around the world. Peace&Love. (song recommended for reading:London Calling,band:The Clash)
INGHILTERRA
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Magna Carta and the Human Rights “No free man shall be seized or imprisoned, or stripped of his rights or possessions, or outlawed or exiled, or deprived of his standing in any other way, nor will we proceed with force against him, or send others to do so, except by the lawful judgement of his equals or by the law of the land. To no one will we sell, to no one deny or delay right or justice”. The idea of human rights has been on the minds of many great people for centuries. It was for the first time on the mind of King John and his subjects when he was forced to sign the Magna Carta. Magna Carta, which means “Great Charter” in Latin, is the document that established Anglo-Saxon democracy and many of legal and political institutions. English barons and churchmen drew it up and forced the tyrannical King John of Englad to set his seal on it in June 15, 1215 along the south bank of the Thames in a meadow called Runnymede. Therefore, if we want to find political agreement between king and people that settle the liberties of the people, or limit the power of the crown we can find it in Magna Carta. It is recognised as a cornerstone of the idea of the liberty of citizens, essential in the fight for freedom, it remains a cornerstone of the British constitution. Although Magna Carta
contained 63 claused when it was first granted, only three of those clauses remain part of English law. One defends the liberties and rights of the English Church, another confirms the liberties and customs of London and other towns but the third one which I have highlight just above is the most famous. This clause gave all free men the right to justice and a fair trial. However, ‘free men’ comprised only a small proportion of the population in medieval England. The majority of the people were unfree peasants known as ‘villeins’, who could seek justice only through the courts of their own lords. Even though most of the 63 clauses granted by King John dealt with specific grievances relating to his rule, buried within them were a number of fundamental values that both challenged the autocracy of the king and proved highly adaptable in future centuries. Some of Magna Carta’s core principles are echoed in the United States Bill of Rights (1791) and in many other constitutional documents around the world, as well as in the Universal Declaration of Human Rights (1948) and the European Convention on Human Rights (1950). Despite of the fact Magna Carta, over the centuries, has been amended several times by ordinary laws enacted by the parliament,it still has the status of the British monarchy. LR
Nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, multato, messo fuori legge, esiliato o molestato in alcun modo, né noi useremo la forza nei suoi confronti o demanderemo di farlo ad altre persone, se non per giudizio legale dei suoi pari e per la legge del regno. L’ idea dei diritti umani è stata per secoli nelle menti di molti grandi luminari. Fu per la prima volta nella mente del re Giovanni e dei suoi sudditi, quando fu costretto a firmare la Magna Carta. Magna Carta significa in latino “Grande Carta” ed è il documento che ha fondato la democrazia e molte delle istituzioni giuridiche e politiche anglosassoni. Il 15 giugno 1215, lungo la riva sud del Tamigi, in un prato chiamato Runnymede, i baroni inglesi e gli uomini della chiesa costrinsero il tiranno Re Giovanni di Inghilterra a mettere il suo sigillo su di essa. Nella Magna Carta è quindi possibile trovare l’accordo politico tra il re e le persone che depositarono le libertà del popolo e i limiti del potere della corona. È stata interpretata a posteriori come il primo documento fondamentale per il riconoscimento universale dei diritti dei cittadini, essenziale nella lotta per la libertà e resta tutt’oggi una pietra angolare della costituzione britannica. Scritto in latino, quando fu concesso conteneva 63 clausole, oggi solo tre di quelle clausole rimangono parte integrante del diritto inglese. Una difende le libertà e i diritti della Chiesa inglese,
un’altra conferma libertà e costumi di Londra e di altre città, ma la terza, che ho riportato in evidenza, è la più famosa. Questa clausola ha dato agli uomini liberi sia il pieno diritto alla giustizia che la possibilità di un processo equo. Tuttavia nel medioevo, in Inghilterra, gli “uomini liberi” componevano solo una piccola parte della popolazione. La maggior parte del popolo era costituito da contadini non liberi, noti come villani, che potevano cercare giustizia solo attraverso i tribunali dei loro signori. Anche se la maggior parte delle 63 clausole concesse dal re Giovanni tratta di rimostranze specifiche relative al suo dominio, sepolta dentro di loro c’è una serie di valori fondamentali che mettevano alla prova, sfidandola, l’autocrazia del re e molte di loro si sono dimostrate altamente adattabili nei secoli futuri. Alcuni dei princìpi fondamentali della Magna Carta sono riportati nel “Bill of Rights” (1791), ovvero la Costituzione degli Stati Uniti d’America, e in molti altri documenti costituzionali in tutto il mondo, così come nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948) e nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo (1950). Nonostante la Magna Carta nel corso dei secoli sia stata più volte modificata da leggi ordinarie emanate dal parlamento, conserva tutt’oggi lo status di Carta fondamentale della monarchia britannica. Luisa Romano
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GERMANIA
My city Berlin Liana Kantowski Funzionaria statale nel Ministero degli Interni della Germania; ispettorato per la tutela del lavoro e la prevenzione degli infortuni nel governo tedesco.
Wir setzen den Besuch Berlins fort und fahren mit dem 100er Bus am Brandenburger Tor (1) vorbei. Eine Durchfahrt ist leider nicht mehr möglich. Ursprünglich stand an dieser Stelle die 1734 als Stadttor Berlins errichtete Zollmauer. Von 1788 bis 1791 wurde auf Anweisung des preußischen Königs Friedrich Wilhelm II. dort das Brandenburger Tor errichtet. Besonders im letzten Jahrhundert war es wie kaum ein anderes Bauwerk Symbol für deutsche Geschichte: 1933 feierten die Nationalsozialisten mit ihrem schaurigen Fackelzug der SA durch das Brandenburger Tor ihre „Machtergreifung“, 1945 wehte auf dem Tor die sowjetische rote Fahne als Symbol des Sieges über Nazideutschland. Diese rote Fahne wurde am 17. Juni 1953 beim Arbeiteraufstand heruntergeholt und verbrannt und die schwarz-rot-goldene Fahne gehisst. Nach der Niederschlagung des Aufstands durch russische Panzer wehte die rote Fahne wieder. An diesem Tor endete der freie Westen und wurde 1961 die Mauer errichtet und hier wurde sie 1989 vom Volk zum Einsturz gebracht. Das Brandenburger Tor war Symbol für die Teilung Deutschland und ist heute Symbol für seine Einheit. Merkt man, dass ich stolz darauf bin? An diesem Ort finden aber auch historisch weniger bedeutende Ereignisse statt: alljährlich steigt hier die größte Silvesterparty Deutschlands mit rd. 1 Million Besucher und ebenso der BerlinMarathon mit zuletzt 56.000 Teilnehmern aus 130 Nationen. Und nicht zu vergessen für die Deutschen: hier feierte die deutsche Fußballnationalmannschaft ihren Weltmeistertitel mit mehreren hunderttausend Fans. Nach diesem kleinen Schlenker fährt der 100er Bus weiter auf der wohl berühmtesten Allee Berlins: Unter den Linden (2). Leider sieht man zurzeit davon nur wenige, denn es wird eine neue –und wie viele sagen: unnötige– U-Bahn-Linie gebaut. Hier reiht sich eine Sehenswürdigkeit an die andere, prachtvolle Bauten längst vergangener Zeiten, die aufwändig restauriert wurden oder noch werden. Wir überqueren die ebenso berühmte “Friedrichstraße” – ideal für einen Einkaufsbummel durch schöne und teure Geschäfte. Beeindruckend sind die Gebäude der ehrwürdigen HumboldtUniversität (3). Das heutige Hauptgebäude entstand zwischen 1748-66. Erst um 1810 nahm die neugegründete Universität ihren Lehrbetrieb auf. Direkt gegenüber befindet sich der Bebelplatz (4). Am 10. Mai 1933 fand hier die von den Nationalsozialisten initiierte Bücherverbrennung statt. Neben Humboldt-Universität und Zeughaus (5), in dem heute das Deutsche Historische Museum mit einer ständigen Ausstellung zu 2000 Jahren Deutscher Geschichte untergebracht ist, befindet sich die recht kleine Neue Wache. Sie wurde in den Jahren 1816 bis 1818 nach den Entwürfen von Karl Friedrich Schinkel gebaut
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1 und ist seit 1993 die zentrale Gedenkstätte der Bundesrepublik Deutschland für die Opfer der Kriege und der Gewaltherrschaft. In der Mitte steht die 1939 vollendete ursprünglich kleine und auf Wunsch des damaligen Bundeskanzlers Helmut Kohl -so heißt esauf rund 1,6 Meter Höhe vergrößerte Kopie der Skulptur „Mutter mit totem Sohn“ (6) von Käthe Kollwitz, einer zu den bekanntesten deutschen Künstlerinnen des 20. Jahrhunderts zählenden Malerin und Bildhauerin. Nicht alle waren damit einverstanden. Das Zeughaus ist eines der ältesten und schönsten Gebäude der Berliner Prachtmeile Unter den Linden. Es wurde 1706 vollendet und ist als Waffenarsenal genutzt worden. Heute ist das Zeughaus auch Zeuge des neuesten Vergnügens der jungen Touristen: sie fahren vorbei mit Biertresen auf Rädern (7). Die vorerst letzte Station unserer Busfahrt führt uns zum Berliner Dom (8). Der 1905 vollendete Bau gehört zu den bedeutendsten protestantischen Kirchenbauten in Deutschland. In der Gruft des Doms ruhen zahlreiche Mitglieder des Hauses Hohenzollern, dem wohl bedeutendsten Adelsgeschlecht. Dessen brandenburgischpreußische Linie stellte nach der Erhebung Preußens zum Königreich 1701 bis 1918 die preußischen Könige. Friedrich Wilhelm I. und Friedrich der Große machten Preußen im 18. Jahrhundert zur europäischen Großmacht. Am Ende der Promenade befindet sich das Reiterstandbild von König Friedrich dem Großen (9). Das 13,5 m hohe Denkmal ist nach dem Entwurf von Christian Daniel Rauch entstanden und gehört zu den bedeutendsten Reiterdenkmälern des 19. Jahrhunderts. Damit endet die zweite Etappe der Tour mit dem 100er Bus, diesmal etwas angereichert mit Geschichte. Beim nächsten Mal wenden wir uns der links vom Dom gelegenen Museumsinsel und dem Neubau des Stadtschlosses zu, bevor die Tour am Alexanderplatz, dem Zentrum der City Ost, endet.
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We are going on a sightseeing tour around Berlin by bus N. 100, passing through Brandenburg Gate (1). Unfortunately it isn’t possible to cross it. In the 1793 was erected the Berlin Customs Wall (German: Akzisemauer). The Brandenburg Gate is an 18th-century neoclassical triumphal arch and one of the best-known landmarks of Germany. It is built by Carl Gotthard Langhans, from 1788 to 1791 as a city gate that marked the start of the road from Berlin to the town of Brandenburg an der Havel. It is located in the western part of the city centre and it was commissioned by King Frederick William II of Prussia as a sign of peace. In the past century, the Gate was considered the main symbol of tumultuos history of German: The nazist, in 1933, celebrated their Conquest by the horrible torchlight procession; in 1945, the Soviet red flag waved on the Brandenburg Door, as a symbol of the Soviet victory over Nazi Germany. The 17th of June 1953, during the labour revolt the flag was haul down, burned and replaced with a black, red and gold flag. After the suppression of the uprising by Russian tanks, the red flag restart waving. At the Brandenburg Gate ended the freedom of the West and was built in 1961 the Berlin Wall. The wall completely cut off, by land, West Berlin from surrounding East Germany and from East Berlin until it was opened in November 1989. The Brandenburg Gate came to symbolize the barrier but it is nowadays the symbol of freedom in Germany. Can you feel how I am proud of it? Other events historically less significant belong to this place: every new year’s eve a million of berliners and tourists from around the world celebrate the biggest party of Germany. Right here, also, every year comes and ends the Berlin Marathon that recently could count on 56,000 participants from 130 countries. There was also a memorable event for the Germans: the national soccer team along with several hundred thousand of fans celebrated the victory in the world championship. We have reached, after a short way by bus, the most famous avenue in Berlin: “Unter den Linden” (2), which means “under the lime trees”. Unfortunately it is possible to see just a few of them. They are building a new useless metro line (it has been said by many berliners). Along this road you can see, one after another, contemporary and ancient buildings, including some restored and others being restored. We are getting through the well-known “Friedrichstrasse” – great place to do shopping in beautiful and expensive shops. The main building of University of Humboldt (3) was established from 1748 to 1766, but its life starts as a college in 1810. The building is definitely awesome. Bebel square is just in front of the university (4). The 10th May 1933 the students burned upwards of 25,000 volumes of “un-German” books fire of books wanted by the Nazis.
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4 “Zeughaus” (5) is another historic building close to the University of Humboldt, which has got a permanent exhibition on the “2000 years of German history. Architect Karl Friedrich Schinkel engraved a certain style on Berlin, starting with New Guard house in 1816-18. In the 1993 was erected a central memorial for the victims of war and dictatorship, “Mother with dead son” (6) made by Käthe Kollwitz in 1939. He was one of the most popular artists in the twentieth century. The chancellor Helmut Kohl wanted increased it up to 1.60 meters high even if other people did not agree with him. The “Zeughaus” is one of the most beautiful and old buildings of the “Unter den Linden” Avenue. In 1706 soon as it has built was used as an arsenal for weapons. Nowaday the “Zeughaus” is the place where young tourists can have fun: there are breweries moving around on a van (7). Berlin cathedral is the last stop of our tour (8). The current building was finished in 1905 and is a main work of Historicist architecture of the “Kaiserzeist”. In 1817 –under the auspices of King Frederick William III of Prussia– the community of the Supreme Parish Church, like most Prussian Calvinist and Lutheran congregations joined the common umbrella organization named Evangelical Church in Prussia (under this name since 1821), with each congregation maintaining its former denomination or adopting the new united denomination. The community of the Supreme Parish Church adopted the new denomination of the Prussian Union. The equestrian statue of Frederick the Great (9) is an outdoor sculpture in cast bronze at the east end of Unter den Linden in Berlin, honouring King Frederick II of Prussia. The monument is 13.5 metres (44 ft) tall, it was designed in 1839 by Christian Daniel Rauch. Here ends the second leg of the tour by bus n.100, showed this time with historical anecdotes. Next time I will explain everything about the well-known “Museums island”, located on the left side of the cathedral, and the new huge castle under construction. NOVEMBRE 2015 November 2015
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Continuiamo la visita di Berlino: ora passiamo con l´autobus N°. 100 la Porta di Brandenburgo (1). Attraversarla purtroppo non è più possibile. Inizialmente nel 1734 qui c´era il muro della dogana che costituiva l’entrata nella città di Berlino. Dal 1788 al 1791 al posto del muro fu costruita la porta della città per ordine del re prussiano Federico Guglielmo II: era la Porta di Brandenburgo. Soprattutto nel secolo passato era il simbolo principale della storia tedesca: nel 1933 i nazisti hanno celebrato con la loro orrenda fiaccolata la presa del potere; nel 1945 sulla Porta di Brandenburgo sventolava la bandiera rossa sovietica come simbolo della vittoria sulla Germania dei nazi. Questa bandiera fu ammainata il 17 Giugno 1953 durante la sommossa degli operai, bruciata e sostituita da una bandiera nera, rossa e oro. Dopo la repressione della sommossa da parte dei carri armati russi sventolò di nuovo la bandiera rossa. Alla Porta di Brandenburgo finiva la libertà dell’Occidente e fu costruito nel 1961 il muro di Berlino. Nel 1989 il popolo tedesco festeggiò la caduta del muro. La Porta di Brandenburgo è stata un simbolo della separazione ed è oggi il simbolo della riunione della Germania. Si sente che sono fiera? A questo luogo appartengono anche altri eventi storicamente meno significativi: ogni ultimo dell’anno un milione di Berlinesi e turisti di tutto il mondo celebrano la più grande festa della Germania. Inoltre qui parte e arriva la maratona di Berlino che si corre ogni anno e che ultimamente ha potuto contare su 56.000 partecipanti provenienti da 130 nazioni. Sempre qui si è svolto un evento indimenticabile per i tedeschi: la squadra di calcio nazionale insieme a parecchie centomila di tifosi ha festeggiato la vittoria nel campionato mondiale. Dopo un piccolo tragitto con l’autobus continuiamo il nostro itinerario sul viale più famoso di Berlino: “Unter den Linden” (2), che significa “Sotto i tigli”. Purtroppo attualmente se ne vedono solo pochi. Stanno costruendo una nuova e, come dicono tanti, inutile linea metropolitana. Lungo questa strada si possono osservare, uno dopo l’altro, edifici notevoli e antichi tra cui alcuni restaurati altri in corso di restauro. Attraversiamo la famosa „Friedrichstraße“ – ideale per fare un giro per i negozi belli e costosi. Impressionanti sono gli edifici della rispettabile università di Humboldt (3). L’edificio principale fu costruito dal 1748/66, ma l’attività di insegnamento cominciò non prima del 1810. Proprio di fronte si trova la piazza di Bebel (4). Il 10 Maggio 1933 qui succedeva il terribile incendio dei libri voluto dai nazionalsocialisti. Accanto all’università di Humboldt si trova un altro edificio storico: “Zeughaus” (5) che ospita una mostra permanente avente per tema “2000 anni di storia tedesca”. Vi si osserva la piccola nuova guardia
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8 costruita dal 1816 /18 che ha la pianta di Karl Friedrich Schinkel. Dal 1993 è divenuto monumento commemorativo centrale della Germania per le vittime delle guerre e del dispotismo. Nel mezzo una piccola scultura “madre con figlio morto” (6) del 1939 di Käthe Kollwitz. Per il cancelliere Helmut Kohl -cosi è detto- era troppo piccola e allora la scultura fu aumentata fino a 1,60 metri di altezza. Non tutti erano d´accordo. Käthe Kollwitz era una delle artisti più conosciute del 20° secolo. Il “Zeughaus” è uno dei più belli e vecchi edifici del Viale “Unter den Linden”. Dopo il compimento della costruzione nel 1706 fu usato come arsenale per le armi. Oggi il “Zeughaus” è anche testimone del divertimento attuale dei turisti giovani: passano le birrerie mobili su un carrettino (7). L´ultima fermata di questo giro porta al Duomo (8). La costruzione fu terminata nel 1905 ed è una delle costruzioni protestanti più importanti in Germania. Nella cripta del duomo si trovano sepolti numerosi membri dei “Hohenzollern”, la famiglia nobile più nota di tutte. La linea del casato brandenburgo-prussiana dal 1701 fino a 1918 diede al regno Prussia il re Federico Guglielmo I e Federico il Grande che nell’800 resero la Prussia una grande potenza europea. Alla fine del viale vediamo la statua equestre di re Federico il Grande (9). Questo monumento, alto 13,5 metri, fu progettato da Christian Daniel Rauch ed è una della statue equestri più importanti del XIX secolo. A questo punto finisce la seconda tappa del giro con l’autobus n. 100, arricchita questa volta con un po’ di storia. Rimane la cosiddetto isola dei musei, sulla parte sinistra del duomo, e il nuovo castello gigante in costruzione. Lo spiegherò un´altra volta, prima di arrivare al centro est, stazione Alexanderplatz, dove finisce il nostro giro.
EUROPA
TÜRKİYE
KARADENİZ BÖLGESİ
BEKİR ÖFKELİ
Project Expert Adana İl Milli Eğitim Müdürlüğü Department of Research and Development Foreign Language Teacher at Çağrıbey V
Sümela Manastırı & Doğal Parklar & Tütün Tarlaları Sahil, güzel taşlı kumsallarla, terk edilmiş kale ve kiliselerle, geleneksel tahta evlerin olduğu görülmeye değer köylerle ve surreal uçurumların olduğu Sümela Manastırıyla çevrili. Çok eski zamanlarda, girintili-çıkıntılı sahil şeridinin 1050 kmsi Amazon ve Jason efsanesine ev sahipliği yapmış. 13. Yüzyılda Jason ve Argonautslar, Aeetes Krallığına yaptıkları ejsanevi deniz yolculuğu sırasında, bugün Amasra adıyla bilinen Karadeniz sahillerinin köklü bir şekilde değişmeye başladğını muhtemelen fark etmişlerdir. Kızılırmak ve Yeşilırmak’ın hareketli deltaları dışında, vahşi ve ıssız dağlar denize hızlı bir şekilde düşmüş ve sahile, tüm eski Colchis düzlüklerine kadar paralel uzanmış. Bu denizciler için bu yolculuk göz korkutucu olmalı: karanlık ve çırpıntılı sular, zorlu açık kayalıklar, demirle yüklü siyah kumsallar, geçitlerle ayrılmış ve acımasız Amazon savaşçılarının yaşadığı yemyeşil puslu dağlar. Bu bölgedeki ilk topluluk, Miletus’tan gelen Yunan kolonileri tarafından 8. Yüzyılda Kerasus adıyla kurulmuştur. Daha sonraları kıyı bölgeleri, 3. Yüzyılda altın çağını yaşayan Pontus Krallığı tarafından birleştirilerek güçlü hale getirildi. 1. Yüzyıl civarında Romalılar Pontic krallığını işgal etti ve ilk kez Roman general Lucullus kiraz ağaçlarını bu bölgeden Avrupa’ya ihraç etti. Giresun tepelerinde hala fındık ağaçlarının yanı sıra kiraz bahçeleri bulunmaktadır. Köy halkı nazik misafirperverliğini gelen ziyaretçilere gösteriyor, özellikle de geleneksel yaz festivallerinin olduğu Temmuz aylarında. Trabzon, Doğu Karadeniz Bölgesi’nin en büyük kenti. Giresun gibi Trabzon da 8.yüzyılda Miletian kolonileri tarafından kuruldu ve sayısız fatihin işgaline uğradı: Persler, Büyük İskender, Pontus Krallığı, Bizanslılar, Selçuk Türkleri ve Osmanlı. Anadolu platolarından Trabzona giden ana yol Bayburt’tan Gümüşhane’ye kadar uzanır ve Zigana geçidi ile sağlanır. Marco Polo, 1295’te 24 yıllık gaiplikten sonra evinden Venedik’e giderken bu yolu deve ile geçmiştir. 1.yüzyıl sonlarına doğru, Asurlular, Argyropolis’i Romanlılardan aldı ve bu yolu Mezapotamya’ya kıymetli metaller taşımak için kullandı. Şimdi Eski Gümüşhane ya da Süleymaniye adıyla bilinen bu eski maden bölgesi tam anlamıyla terk edilmiş durumda. Ortaçağdaki ilk bağımsız krallık olan the Great Comnenoi of Trebizond, 13. yüzyılda Haçlılar İstanbul’u kuşattığında kuruldu. Bağımsızlığını yeni kazanan Pontic devleti, bölgenin uzak kesimlerinin yanı sıra Trabzonun büyük gelişimini gördüler.
TURKISH BLACK SEA COAST
Sumela Monastery & National Parks & Tea Plantations A wild and contrasting landscape is the series of lush verdant plains, tobacco and tea plantations set among the snow-capped peaks of the Black Sea Region, where the traditional rural village life high up on the surrounding mountain plateaus can be experienced. The coast is dotted with beautiful stony white beaches, abandoned castles and churches, picturesque villages with traditional wooden houses and the surreal cliff-clinging Sumela Monastery. The 1050 km of indented coastline, in very ancient times, hosted the myths of the Amazons and Jason: when, in the 13th century BC, Jason and the Argonauts made their legendary voyage to the kingdom of King Aeetes, they probably noted that the Black Sea coastline began to change dramatically beyond the area now known as Amasra. Except for the shifting deltas of the Kizilirmak and the Yesilirmak, wild and desolate mountains plunged to the sea and paralleled the coast all the way to the plains of ancient Colchis. It must have been an intimidating journey for those mariners: dark, choppy waters, tormenting exposed rocks, black sand beaches laden with iron, verdant, misty mountains slashed by river gorges and inhabited by fierce Amazon warriors. The first community in this area was established as Kerasus in the 8th century BC by Greek colonists from Miletus. The coastal areas were later consolidated as the Kingdom of Pontus which attained its golden age in the 3rd century BC. By about the 1st century BC, the Romans had conquered the Pontic Kingdom and the Roman general, Lucullus, exported the first cherry trees to Europe from this region. Cherry orchards still flourish in the hills of Giresun along with hazelnut trees. South of Giresun from the village of Dereli, an unpaved road climbs to Kumbet Yayla, a high mountain pasture with stately stands of pine trees. Villagers end their gracious hospitality to visitors, especially on the second Sunday in July when they hold their annual summer festivities. Trabzon is the main city of the Eastern Black Sea area. Like Giresun, it was founded by Miletian colonists in the 8th century BC Over the centuries, Trabzon became subject to numerous conquerors: the Persians, Alexander the Great, the Pontic Kings, the Romans, the Byzantine rulers, the Seljuk Turks, and the Ottoman Turks. The main route to Trabzon from the Central Anatolian Plateau extended from Bayburt to Gumushane and over the Zigana Pass. Marco Polo traveled by camel along this path on his way home to Venice in 1295 after an absence of twenty four years. NOVEMBRE 2015 November 2015
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By the end of the 1st century BC, the Assyrians had taken Argyropolis (city of silver) from the Romans and used this route to transport the precious metal back to Mesopotamia. Now known as Eski (old) Gumushane or Suleymaniye, this ancient mining town has been practically abandoned. The first independent medieval Greek state, the Empire of the Great Comnenoi of Trebizond, was established in the early 13th century when Constantinople was besieged and subsequently conquered by the Crusaders. The newly independent Pontic state saw a transformation of the main city of Trebizond as well as the outlying areas of the community. Control of the land and sea routes fell to the monasteries that expanded their authority to encompass huge fortress-monastery complexes. Monastic complexes along the Trabzon-Gumushane route included St. George Peristereota, St. John Prodromos of Vazelon, the Virgin of Soumelas, St. Gregory Nysse, the Virgin of Lachana and St. George Choutoura. In 38AD, two monks from Athens, Barnabas and Sophronius, were led by the famous icon, the Panayia Atheniotissa, to establish a skete (hermitage) in a cave on Mt. Mela. The area became known as Panagia tou Melas and eventually Soumelas or Sumela. The humble hermitage grew slowly until the 14th century when the Empire prospered and the monastic complex was constructed with rich endowments of land and money. Uzungol (Long Lake) and Ayder are popular weekend destinations for local people who like to picnic, fish for trout, enjoy the mountain meadows and in Ayder, relax in the warm waters of the thermal springs. Ayder has been more popular with foreigners because it is one of the main trailheads to the Kackar Mountains. There are two major trekking routes in the Kackar Mountains with side trips to peaks and other areas of interest.
La costa turca del Mar Nero
Monastero di Sumela, Parchi Nazionali & Piantagioni di tè La regione del Mar Nero presenta un paesaggio selvaggio e ricco di contrasti: dalle numerose pianure rigogliose e verdeggianti alle piantagioni di tabacco e di tè incastonate tra le vette innevate, dove è possibile sperimentare la tradizionale vita del villaggio rurale caratteristico di questi altipiani e delle montagne circostanti. La zona costiera è cosparsa di bellissime spiagge bianche e pietrose, di pittoreschi villaggi con le tradizionali case in legno, di castelli e chiese abbandonati, tra i quali si erge, dall’alto di una surreale rupe scoscesa, il Monastero di Sumela. I 1050 km di costa frastagliata, in tempi assai remoti, ospitarono i miti delle Amazzoni e di Giasone: quando, nel XII secolo aC, Giasone e gli Argonauti realizzarono il loro leggendario viaggio verso il regno del Re Eete, presumibilmente non poterono non notare che la costa del Mar Nero, al di là della zona ora conosciuta come Amasra, diventava drammaticamente differente. Fatta eccezione per i delta dei fiumi Kizilirmak e Yesilirmak, selvagge e deserte montagne si inabissavano nel mare parallelamente alla costa fino alle pianure dell’antica Colchide. Deve essere stato un viaggio spaventevole per i marinai: scuri flutti agitati, affilate rocce affioranti, spiagge di sabbia nera carica di ferro, montagne nebbiose squarciate dalle gole dei fiumi ed abitate dalle feroci guerriere Amazzoni. La prima comunità in questa area fu la città di Kerasus, fondata da coloni greci provenienti da Mileto. Kerasus raggiunse la sua epoca d’oro nel III secolo aC. Intorno al I secolo aC i Romani conquistarono il Regno del Ponto ed il generale romano Lucullo esportò da questa regione in Europa,
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TURKEY i primi ciliegi. Ciliegi che ancora fioriscono nelle colline di Giresun insieme agli alberi di nocciole. A sud di Giresun, partendo dal villaggio di Dereli, una strada sterrata sale verso Kumbet Yayla, un pascolo di alta montagna con maestosi pini. Qui, gli abitanti dei villaggi offrono la loro cortese ospitalità ai visitatori, soprattutto la seconda domenica di luglio, in occasione delle festività estive annuali. Trebisonda è la città principale dell’area orientale del Mar Nero. Come Giresun, fu fondata da coloni Milesi nell’VIII secolo aC. Nel corso dei secoli Trebisonda è stata preda di numerosi conquistatori: i Persiani, Alessandro il Grande, i re del Ponto, i Romani, i governanti Bizantini, i Turchi Selgiuchidi ed i Turchi Ottomano. La strada principale per Trebisonda dall’Altopiano Centrale dell’Anatolia si snoda da Bayburt fino a Gumushane e supera il Passo di Zigana. Marco Polo viaggiò a dorso di cammello lungo questo percorso tornando a casa, a Venezia, nel 1295 dopo un’assenza di ventiquattro anni. Alla fine del I secolo aC, gli Assiri avevano sottratto ai Romani Argyropolis (la città dell’argento) ed usato questa rotta per trasportare il metallo prezioso indietro verso la Mesopotamia. Ora conosciuta come Eski (vecchia) Gumushane o Solimano, questa antica città mineraria è stata praticamente abbandonata. Il primo stato greco medievale indipendente, l’Impero del Grande Comneno di Trebisonda, è stato istituito nel inizi del XIII secolo, quando Costantinopoli venne assediata e successiva conquistata dai Crociati. Lo stato del Ponto, diventato indipendente (nel 1917, nel nord est della moderna Turchia, come parte federata della Armenia, si era ribellato, durante la prima guerra mondiale, contro l’Impero Ottomano, ma mai venne ufficialmente proclamato) vide una trasformazione della principale città di Trebisonda, nonché delle zone periferiche della comunità. Il controllo delle vie di terra e di mare cadde in mano ai monasteri che ampliarono la loro autorità, inglobando complessi enormi di monasteri-fortezza. Complessi monastici lungo l’itinerario Trebisonda-Gumushane includevano San Giorgio Peristereota, San Giovanni Prodromo della Vazelon, la Vergine di Soumelas, San Gregorio Nysse, la Vergine di Lachana e San Giorgio Choutoura. Nel 38 dC, due monaci di Atene, Barnaba e Sofronio, furono guidati dalla famosa icona -la Panagia Atheniotissa- ad istituire un eremitaggio in una grotta sul monte Mela. L’area divenne nota come Panagia tou Melas ed infine Soumelas o Sumela. L’umile eremo crebbe lentamente fino al XIV secolo, quando l’impero prosperava ed il complesso monastico fu potenziato grazie a ricche dotazioni di terra e denaro. Uzungol (lungo lago) e Ayder sono destinazioni soprattutto frequentate nel fine settimana dalla popolazione locale che ama fare pic-nic, pescare trote, godere i prati di montagna e rilassarsi nelle calde acque delle sorgenti termali di Ayder, che è stata sempre molto apprezzata dagli stranieri, in quanto uno dei principali punti di partenza dei sentieri verso le montagne di Kackar. Sono due i principali percorsi da trekking nelle montagne di Kackar, caratterizzati da camminamenti a picco e da altre aree di interesse.
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The Story of a Destiny… Laura Nădăban – Inspector şcolar limbi moderne, Inspectoratul Şcolar Judeţean Arad, România/ profesor de limba engleză- limba romană la Liceul Pedagogic „Dimitrie Ţichindeal” Absolventă a facultăţii de litere şi filosofie din cadrul Universităţii de Vest din Timişoara, MA în Management Educaţional şi Limba engleza în afaceri
POVESTEA UNUI DESTIN
«Când în pădurile și mlaștinile unde astăzi se află Berlinul creștea pir, aici, în Transilvania, se cânta nemțește și se rosteau rugăciuni latinești”. Cu aceste cuvinte și-a întâmpinat preotul și scriitorul Eginald Norbert Schlattner un oaspete de seamă din Germania. Tot el este cel care a spus: Am dorit să le demonstrez că românii sunt europeni prin vocație și ținută”. Articolul de față își propune să vă spună o poveste, și anume povestea unui om. Motivele ar putea fi multiple: poate fi povestea unui destin aparent nesemnificativ sau poate fi povestea unei celebrități venite la apogeul vârstei. Dar mai ales articolul își dorește să dovedească, prin argumente bine susținute și întemeiate, că povestea acestui destin nu ar fi fost posibilă fără respectarea unui drept fundamental al omului: dreptul la educație. Dar haideți să vedem despre cine și despre ce este vorba în poveste: Eginald Norbert Schlattner s-a născut la 13 septembrie 1933 în orașul Arad. A copilărit și și-a petrecut tinerețea în orașul Făgăraș. După 23 august 1944, când România a întors armele împotriva Germaniei, toţi etnicii germani au fost declaraţi colaboratori ai lui Hitler. Tatăl lui, Felix Schlattner, a fost deportat în Rusia, la muncă silnică. În primăvara anului 1945, sașii și șvabii sunt expropriaţi. Nici familia lui Schlattner nu e cruţată, fiind azvârlită în stradă într-o noapte de noiembrie 1948. În perioada 1952-1953 Eginald a studiat timp de două semestre, la Institutul de Teologie Evanghelică la Cluj, după care a fost exmatriculat. El a declarat că în acei ani, era ateu convins, fiind adept al lecturilor lui Arthur Schopenhauer și Friedrich Nietzsche. A studiat timp de un semestru matematica și apoi, timp de 5 ani, hidraulica. În anul 1957, înainte de a-și susţine examenul de stat, a fost arestat din
motive politice. După ieșirea din închisoare, autorităţile comuniste i-au oferit lui Eginald Schlattner oportunitatea de a pleca în Germania. „Toţi foștii deţinuţi politici au primit imediat pașaportul, pentru că regimul de atunci era mulţumit să scape de ei. Atunci, mie o voce interioară – n-am știut că era vocea lui Dumnezeu – mi-a spus: Nu pleca!“, declara el mai târziu. Azi, el trăiește la Roșia, lângă Sibiu. După 1990 nu a plecat odată cu familia și cu ceilalți 1200 de sași în Germania. A rămas și a început să scrie. Cărțile lui sunt trei scrisori mai lungi către lume, către cei pe care îi iubește. In 2002 Eginald Schlattner este numit ambasador cultural al României. Iată ce spune el la momentul respectiv: “România nu este nici albă, dar nici neagră. Doar dacă recunoști exact așa cum ești, ai șansa ca ceilalţi să nu greșească atunci când te judecă. Mie nu-mi plac clișeele și România este văzută în clișee negative. Dacă spui stradă, străinii înţeleg: câini, copiii străzii, gropi. Toate conotaţii negative. De câte ori merg în Occident să vorbesc despre România, îi supăr pe toţi. Eu le spun: intrarea României în Europa a fost benefică, pentru că de la Europa învaţă democraţie, și asta e bine tot pentru Europa! Își poate imagina altfel o ţară mare de pe teritoriul ei? Am aici o biserică mai veche decât Berlinul, când în mlaștinile Germaniei cântau broaștele, noi cântam nemţește și ne rugam latinește în biserici. Aici, în Transilvania! Europa poate lua lecţii de la România. Eu am copilărit în Făgăraș și acolo erau patru biserici diferite, duminica porneau patru șiruri de oameni fiecare spre biserica lui. Iar aici, ascultaţi, se aude clopotul de la ortodocși, eu am biserică de aproape o mie de ani, mai jos sunt alte două biserici, baptistă și iehovistă. Unde mai vezi așa ceva? La școală am învăţat nemţește, am făcut
Eginald Norbert Schlattner
La Storia di un Destino...
română doar două ore pe săptămână din clasa a treia. Eu am putut să-mi scriu cărţile în germană pentru că România mi-a dat voie să fiu neamţ. M-a lăsat să fiu eu însumi. ...Eram la televiziunea publică din Germania și am fost întrebat care este contribuţia României la sufletul Europei? Imediat n-am știut ce să spun, am ocolit răspunsul, apoi am spus: spiritualitatea ortodoxă! Au sărit toţi, cum așa ceva? Dar noi suntem catolici! Și le-am spus, dragilor, în România, Dumnezeu stă cu Ion și cu Gheorghe la masă, cum stau eu cu voi acum, poţi să pui mâna pe el! Este tangibil. Românul are prin credinţa lui ortodoxă un fel aparte de a se apropia de Dumnezeu care îl face special, și asta este contribuţia lui la sufletul Europei! Uitaţi-vă cum în Moldova și Oltenia stau fântânile la poartă să împartă apa, jumătate pentru el, jumătate pentru ceilalţi. La voi nu vezi așa ceva. Iar băncuţele la poartă, sunt două, faţă în faţă, ca să vină și vecinul la o poveste. E o deschidere spre celălalt, exact ce a uitat occidentalul să facă. Și asta are ca suport spiritualitatea ortodoxă!” Diversitatea lingvistică și culturală a Uniunii europene este unul din atuurile sale importante, dar, în același timp, una din principalele sale provocări. Înacest context, este imposibil să ignorăm importanța educației și a respectării dreptului la educație. De aici și mândria de a putea spune că în România acest drept este ceva firesc, normal și recunoscut. Și nu de oricând, ci de mulți ani încoace. Este adevărat că faptul s-a datorat contextului istoric în care România s-a aflat. Dar aceasta nu diminuează cu nimic din importanță și valoare. Și nu pot să închei decât tot cu cuvintele lui Eginald Schlattner: “De ce n-am plecat și eu? Pe mine Dumnezeu aici mă știe după nume.” NOVEMBRE 2015 November 2015
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La storia di un destino… “Quando i boschi e le paludi, su cui si estende oggi Berlino, erano infestati solo di malerba, qui, in Transilvania, noi cantavamo in tedesco e pregavamo in latino”. Queste furono le parole di benvenuto di Reginald Norbert Schlattner, pastore evangelico e scrittore, quando ricevette la visita di un alto ufficiale tedesco. Egli è anche colui che aveva detto: “Volevo dimostrare che i romeni sono europei per vocazione ed habitus”. Intento di questo articolo è narrare una storia, più precisamente la storia di un uomo. Le ragioni possono essere molteplici: potrebbe trattarsi del racconto di un destino apparentemente insignificante o invece la narrazione di una celebrità arrivata in età avanzata. Auspicio dell’articolo, tuttavia, è soprattutto dimostrare, attraverso argomentazioni ben supportate, che la vicenda di questo destino non sarebbe stata possibile senza del riconoscimento ed il rispetto di un diritto umano fondamentale: il diritto all’istruzione. Ma vediamo di chi e di cosa questa storia racconta. Eginald Norbert Schlattner, nato il 13 Settembre 1933 ad Arad, crebbe e trascorse i suoi anni giovanili a Făgăraș (nelle Alpi Transilvaniche). Dopo il 23 agosto 1944, quando la Romania, durante la seconda guerra mondiale, si schierò contro la Germania allora tutti i tedeschi che lì risiedevano furono dichiarati e trattati come collaborazionisti del regime hitleriano. Suo padre, Felix Schlattner, fu infatti deportato in Russia e nella primavera del 1945 tutti gli appartenenti alla etnia tedesca vennero espropriati dei loro beni. La famiglia di Schlattner non fece eccezione, in una notte di novembre nel 1948 fu infatti letteralmente buttata fuori dalla sua casa, nella strada. Tra il 1952 ed il 1953 Eginald studiò, per due semestri, presso l’Istituto Teologico Evanghelico di Cluj, da cui fu tuttavia espulso: Eginald ha dichiarato che, in quegli anni, egli era un ateo convinto, essendo un ammiratore di Arthur Schopenhauer e Friedrich Nietzsche. Studiò poi, per un semestre, Matematica e successivamente, per cinque anni, Ingegneria Idraulica. Nel 1957, prima della laurea, venne arrestato per motivi politici. Appena uscito dal carcere, le autorità comuniste offrirono ad Eginald la opportunità di lasciare la Romania per raggiungere la Germania. “Tutti gli ex prigionieri politici avevano ottenuto immediatamente il passaporto, in virtù del fatto che il regime del tempo era assolutamente lieto di potersi sbarazzare di loro. A quel punto, una voce interiore -io non avevo compreso che fosse la voce di Dio- mi suggerì: non andartene!”. Eginald, che rilasciò queste dichiarazioni molti anni più tardi, oggi vive a Rosia, una piccola città della Transilvania non lontana da Sibiu, Dal 1990 egli non ha infatti abbandonato la Romania, come del resto ha fatto la sua famiglia e gli altri 1200 cittadini di Rosia appartenenti alla etnia tedesca. Egli è rimasto. Ed ha cominciato a scrivere. I suoi libri sono lunghe lettere al mondo, a coloro che egli ama. Nel 2002 Eginald Schlattner è stato proclamato ambasciatore culturale della Romania. Ecco cosa disse proprio in quell’occasione: “La Romania non è né nero né bianco. Poiché nulla è, io posso aggiungere: …solo se si conosce e si ammette che cosa lui / lei è, si ha la possibilità di non essere mal giudicato dagli altri. Io personalmente deploro gli stereotipi per cui la Romania è rappresentata attraverso luoghi comuni negativi. Se pronunci la parola ‘strada’, gli stranieri intendono: cani, bambini abbandonati, strade dissestate. Il tutto intriso di accezioni negative. Ogniqualvolta viaggio nei paesi occidentali in Europa e parlo della Romania, io mi scaglio contro tutti. Dico loro: includere la Romania nell’Unione Europea è stato un processo benefico, perché il paese apprende così i percorsi della democrazia dall’Europa e questo è un bene per l’Europa stessa! Può la UE immaginare un grande paese posizionato diversamente all’interno del suo territorio? Qui, a Rosia, c’è una chiesa più antica che non a Berlino, quando lì si estendevano solo paludi, noi cantavamo in tedesco e pregavamo in latino. Qui, in Transilvania! L’Europa può prendere lezioni dalla Romania. Io sono cresciuto a Fagaras e lì operavano quattro diverse
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chiese, la domenica c’erano quattro file di persone, ciascuna diretta verso la sua chiesa. Qui noi possiamo ascoltare le campane della chiesa Ortodossa, c’è una chiesa vecchia di mille anni e ci sono anche alcune tra quelle più nuove, Battista ed altre. Dove altro si può vedere ciò ? A scuola io sono stato istruito in lingua tedesca, ho avuto insegnamento in rumeno solo per poche ore la settimana, al terzo anno. Io potrei scrivere i miei libri in tedesco perché la Romania mi ha permesso di essere tedesco. Mi ha permesso di essere me stesso... Ero un giorno in una televisione pubblica in Germania e mi è stato chiesto quale fosse il contributo della Romania allo ‘spirito’ dell’Europa. Lì per lì non seppi cosa replicare, elusi la risposta che è arrivata più tardi, quando affermai: la spiritualità Ortodossa! Tutti i presenti sono saltati per lo stupore, come possibile? Ma noi siamo Cattolici! Ma io risposi loro: miei cari, in Romania Dio siede al tavolo con Ion e Gheorghe come io sono seduto qui con voi. Voi potete toccarlo. Toccare Dio! I romeni hanno, grazie al loro credo ortodosso, un modo diverso di approcciarsi a Dio, un modo del tutto naturale: questo è il loro contributo allo ‘spirito’ dell’Europa! Se osservate attentamente come le fontane sono collocate di fronte alle case, potrete notare: metà sono per lui, metà per gli altri. Qui nei paesi occidentali non si vede niente di tutto questo. E i sedili di fronte alle case… sono in coppie di due, uno di fronte all’altro in modo che il vicino di casa possa giungere per raccontare una storia. C’è un’apertura verso gli altri, che è esattamente ciò che l’Occidente ha dimenticato. E ciò è supportato dalla spiritualità ortodossa! La diversità linguistica e culturale dell’Unione europea è uno dei suoi tratti più importanti, ma, nello stesso tempo, una delle sue più grandi sfide. All’interno di questo contesto, è impossibile ignorare l’importanza dell’educazione, della garanzia e del rispetto del diritto all’educazione. Ecco perché io sono orgoglioso di dire che, in Romania, ciò è qualcosa di assolutamente naturale e riconosciuto. E non solo ora. È stato così per molti, molti anni, nonostante quello che la storia le ha riservato. In verità questo rende tutto ancor più prezioso e mirabile”. Ed io non riesco a concludere questo articolo, o chiamatelo racconto se volete, senza menzionare ancora una volta Eginald Norbert Schlattner, perché questa era la sua storia, non è vero?: “Perché, allora, anche io non me ne sono andata dalla Romania? Qui, Dio mi conosce per nome!”.
Eginald Norbert Schlattner
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The story of a destiny… “When, among the woods and swamps of where Berlin stretches today, there were only weeds, here, in Transilvania, we sang in German and prayed in Latin.” These are the welcome words of Eginald Norbert Schlattner, priest and writer when he received the visit of a high German official. Also, he is the one who said: “I wanted to prove that Romanians are European through vocation and attire”. The present article’s aim is to tell a story, more precisely the story of a man. The reasons may be numerous: it can be the story of a destiny apparently insignificant or it can be the story of a celebrity came at a late age. But most of all, the article’s wish is to prove, through well supported arguments, that the story of this destiny would not have been possible without granting and respecting one fundamental human right: the right to education. But let us see who and what the story is about: Eginald Norbert Schlattner was born on September 13th, 1933 in Arad. He grew up and spent his youth years in Făgăraș. After August 23rd, 1944, when Romania turned against Germany during World War Two, all Germans in Romania were declared and regarded as colaboratos of Hitler’s regime. His father, Felix Schlattner, was deported to Rusia. In the spring of 1945, all German ethnics are expropriated. Schlattner’s familiy is no exception, being literally thrown out on streets on a November night in 1948. During 1952 – 1953 Eginald studied, for two semesters, at The Evanghelic Teological Institute of Cluj. After that he was expelled. Eginald declared that, during those years, he was a convinced atheist, being an admirer of Arthur Schopenhauer and Friedrich Nietzsche. He studied for one semester Mathematics and later, for five years Hidraulics Engineering. In 1957, before graduation, he was arrested for political reasons. After getting out of prison, the comunist authorities offered Eginald the opprtunity to leave to Germany. „All former political prisoners got their passport immediately, as the regime of those times was pleased to get rid of them. At that time, an inner voice – I did not know it was God’s voice- told me: don’t leave!”. Eginald declared later. Today, he lives in Rosia, near Sibiu. After 1990 he did not leave the country along
with his family and the other 1200 of German ethnics of Rosia. He stayed. And began to write. His books are long „letters” to the world, to those who he loves. In 2002 Eginald Schlattner is asigned cultural ambassador of Romania. Here is what he said at that time: „Romania is neither black nor white”. As nothing is, I may add. „only if one knows and admits what he/she is like, one has the chance to not be misjudged by others. I personally do not like cliches and Romania is seen through negative cliches. If you say street, foreigners understand: dogs, abbandoned children, bad roads. All having negative collocations. Each time I go to western countries in Europe and talk about Romania, I offense everybody. I tell them: including Romania in the European Union was beneficial, because it learns about democracy from Europe and this is a good thing for Europe itself! Can it imagine a large country on its territory otherwise? Here (in Rosia) there is a church older than Berlin, when there were swamps there, we sang in German and praye din Latin. Here, in Transilvania! Europe can take lessons from Romania. I grew up in Fagaras and there were four different churches there, on Sunday there were four lines of people, each heading towards its church. And here, we can hear the bells from the Orthodox church, there is a thousand year old church and there are also some newer ones, Baptist and others. Where else will you see this? At school I was taught in German, I had Romanian only a few hours a week in the third grade. I could write my books in German because Romania allowed me to be German. It allowed me to be myself... I was at a public television in Germany and I was asked which is Romania’s contribution to Europe’s soul? On the spot, I did not know what to answer, I avoided the answer and then, there it was. I said it: the Orthodix spirituality! All of them jumped, how come? But we are Catholics! And I answered them: My dear, in Romania God sits at the table with Ion and Gheorghe as I sit here with you. You can touch it. Touch God! Thr Romanians have, through their Orthodox belief a different way of approaching God, a natural way and this is their contribution to the soul of Europe! If you look closely of how fountains are placed in front of the houses, you will notice: half for him, half for the others. Here in western countries you cannot see this. And the benches in front of the houses. They are in pairs of two, facing one another so that the neighbour can come for a story. There is an opening towards the others, it is exactly what the west has forfotten. And this is supported by the Orthodox spirituality!”. The linguistic and cultural diversity of teh European Union is one of its important traits, but, at the same time, one og the great challenges. Within this context, it is imposible to ignore the importance od education and of granting and respecting the right to education. That is why i am proud to say that, in Romania, this is somethig natural and recognized. And not only now. It has been like this for many many years, despite what history has in its sleeve. In fact this makes everythin even more valuable and admirable. And I cannot end this article, or call it story if you want, without mentioning once again Eginald Norbert Schlattner, because it was his story, wasn’t it?: „Why didn’t I also leave Romania? Here, God knows me by the name!”. NOVEMBRE 2015 November 2015
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